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Coi piedi per terra. 332
- Subject: Coi piedi per terra. 332
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 23 Aug 2010 11:40:09 +0200
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Numero 332 del 23 agosto
2010
In questo numero:
1. Peppe Sini: Fanatici (con un decalogo per gli smemorati)
2. Giulio A. Maccacaro: Medicina Democratica, movimento di lotta per la
salute (1976)
3. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
1. IN SCIENZA E COSCIENZA. PEPPE SINI: FANATICI (CON UN DECALOGO PER GLI
SMEMORATI)
[Riproponiamo questo vecchio intervento]
Sono uno di quei "fanatici" (questa la graziosa definizione di uno che se
ne intende) che tra il 1977 e il 1987 si opposero alla follia nucleare.
Come tante altre persone - gente comune ed autorevoli scienziati - ero a
Pian dei Cangani (il luogo in cui doveva sorgere la centrale nucleare di
Montalto di Castro) alla "festa della primavera" del '77 che fu la prima grande
manifestazione antinucleare; e nell'87 ero ancora li' all'ultima manifestazione
di blocco dei cancelli del cantiere nucleare, e fui investito ahime' dall'ultima
carica di quella vicenda (che speravo conclusa per sempre, ed invece al peggio
non c'e' mai fine).
Sono cose vecchie, del secolo scorso. Molti hanno dimenticato, e alcuni non
erano nati.
Sara' allora forse opportuno ricordare due o tre cose che erano chiare
allora e dovrebbero esserlo anche oggi.
1. Non esiste il nucleare sicuro.
2. La realizzazione di centrali nucleari implica la militarizzazione del
territorio e della societa'; devasta l'ambiente, l'economia, la politica e la
cultura. Ne sappiamo qualcosa noi che viviamo nell'Alto Lazio.
3. Finanziare il nucleare significa non finanziare le fonti rinnovabili,
che sono la prima necessita' e la massima urgenza.
4. A fermare la follia nucleare in Italia non fu il "fanatismo ecologico di
una parte politica" come amenamente proclama oggi un barzellettiere che aspira
alla dittatura, ma la volonta' del popolo italiano legittimamente espressa in un
referendum.
5. Il nucleare militare e quello cosiddetto civile (e tra le due produzioni
non vi e' una vera soluzione di continuita') hanno gia' fatto morire fin troppe
persone.
6. Preferiremmo vivere, e lasciare alle generazioni future un mondo
vivibile.
7. A tutto cio' si aggiunge certo anche la diseconomicita' del nucleare; ma
anche se fosse economicamente vantaggiosa per chi ne trarrebbe profitti, questo
giustificherebbe una scelta criminale?
8. A tutto cio' si aggiunge anche la questione delle scorie. Non risolta,
perche' non risolvibile. L'unico modo per gestirle in sicurezza e' non produrle
affatto.
9. A tutto cio' si aggiunge infine la possibilita' di utilizzare gli
impianti stessi come arma di distruzione di massa (ad esempio con attacchi
terroristici contro di essi - e l'orrore dell'11 settembre 2001 ha dimostrato
una volta per sempre che non esistono luoghi inattaccabili).
10. E per non farla troppo lunga, ci sarebbe anche qualche buon libro da
leggere: come quelli di Guenther Anders, o Preghiera per Cernobyl di Svetlana
Aleksevic. Tu li leggi, e decidi in scienza e coscienza di farla finita per
sempre con la follia nucleare.
2. MAESTRI. GIULIO A. MACCACARO: MEDICINA DEMOCRATICA, MOVIMENTO DI LOTTA
PER LA SALUTE (1976)
[Riproponiamo ancora una volta la relazione da Giulio Maccacaro pronunciata
in apertura del convegno costitutivo di Medicina Democratica tenutosi a Bologna
il 15-16 maggio 1976. Sappiamo che certe formule linguistiche in essa presenti -
e caratterizzanti - possono oggi suonare per taluni forse persino arcaiche: e'
il linguaggio della tradizione del movimento operaio, della corrente calda del
pensiero socialista, di vaste e profonde e decisive esperienze di resistenza e
di liberazione; ed anche coloro tra i lettori di questo notiziario che per eta'
o situazione quel linguaggio non conoscono o trovano ostico sapranno
decodificare e cogliere la sostanza - che appunto sta sotto e dentro e oltre le
forme del dire. Anni fa cosi' presentavamo questo testo: Giulio Maccacaro:
partigiano, medico, scienziato, intellettuale democratico, militante del
movimento dei lavoratori. La sua figura, la sua esperienza, le sue ricerche e le
sue riflessioni, costituiscono un punto di riferimento per tutti coloro che
ritengono di doversi impegnare per la dignità umana, per la dignita' di ogni
essere umano, e quindi per il diritto di ogni essere umano alla solidarieta'.
Scrivevamo, ripresentando questo testo di Giulio Maccacaro in opuscolo nel 1991:
"Pubblicando ancora una volta (...) questa illuminante relazione di Giulio
Maccacaro, pronunciata in apertura del convegno costitutivo di Medicina
Democratica tenutosi a Bologna il 15-16 maggio 1976, pensiamo di offrire
un'occasione di riflessione sui fondamenti della nostra lotta, ed uno strumento
analitico, e un orizzonte progettuale, invero necessari a fronte dell'attacco
politico, sociale e culturale che il sistema di potere sta conducendo in Italia
contro il diritto alla salute, contro gli spazi di democrazia e verita'
conquistati a prezzo di dure lotte dagli oppressi e dal loro movimento. Cosa non
e' successo nei quindici anni che da quelle parole ci separano! Ed esse oggi
costituiscono, ci pare, a un tempo un documento in certo senso storico, e uno
specchio del presente, degli interrogativi e delle lotte nel presente da porre e
condurre. E' in corso, ed e' a tutti evidente, un'azione incalzante, percussiva,
e senza scrupoli condotta, da parte del sistema di potere che in questo paese
effettualmente domina, la quale mira allo smantellamento del diritto alla
salute, delle strutture pubbliche, della partecipazione popolare; che mira a
fare della salute e della medicina occasione di speculazione, potere, privilegio
e oppressione feroci. E questo con laide manovre, con sgangherati sofismi, ma
con determinazione ferrea: sa quel che vuole il sistema del profitto, come il
lupo della favola di Fedro. Per resistere abbiamo bisogno anche, di fronte alla
raffica di menzogne delle agenzie del rimbambimento, di fronte alla narcosi e
all'amnesia in tanti indotte, di riesporre le vere ragioni della lotta che
ancora e' la nostra. Per questo fine le parole di Maccacaro ancora ci sembrano
nitide e dure, come le pietre che infrangono ed edificano. Insegnamento,
ammonimento, che avremmo vergogna se dimenticassimo". Un altro decennio e'
passato e l'aggressione al diritto alla salute, lo smantellamento del welfare
state, hanno proceduto vieppiu'. Ricordare oggi cosa stabiliva la legge di
riforma sanitaria del 1978 conquistata dalle lotte sociali degli anni Sessanta e
Settanta par quasi esercizio di archeologia ed ha suono di beffa, tanto quelle
verita' paiono remote, quei diritti sono stati ridotti a rovine, a ruderi di
un'epoca in cui non si aveva paura di affermare che ogni essere umano ha diritti
inalienabili, e tra essi il diritto alla salute e all'assistenza. Giulio
Maccacaro: le sue riflessioni sulla scienza, il suo lavoro di medico, il suo
impegno diretto per ogni buona causa: e quanto avremmo bisogno di persone come
lui oggi, che occorre contrastare la mercificazione totalitaria della ricerca
scientifica come della sanita'; oggi che il diritto all'assistenza sempre piu'
e' negato, e dal welfare si sta tornando alla piu' cruda speculazione sulla
sofferenza. Forse mai come oggi tanto l'area della scienza quanto l'area dei
servizi sono state asservite alla logica della massimizzazione del profitto, al
delirio di onnipotenza, all'irresponsabilita' dei nuovi apprendisti stregoni,
alla prepotenza dei poteri economici che tutto stritolano per distillarne
ricchezza. Le parole di Maccacaro, il suo esempio, costituiscono ancora un forte
appello politico e morale, uno strumento analitico ed interpretativo, una
proposta d'azione comune per difendere e promuovere concretamente i diritti di
tutti gli esseri umani.
Giulio Alfredo Maccacaro e' nato a Codogno nel 1924, ancora studente prese
parte alla Resistenza; medico, docente universitario, noto in campo
internazionale per le sue ricerche di microbiologia, genetica e biometria, ha
dedicato un'intensa attivita' alla costruzione di una medicina democratica. Ha
collaborato, fondato e diretto importanti riviste e collane editoriali. E'
scomparso nel 1977. Tra le opere di Giulio A. Maccacaro: Per una medicina da
rinnovare. Scritti 1966-1976, Feltrinelli, Milano 1979 (che contiene anche una
bibliografia completa); cfr. anche: a cura di G. A. Maccacaro e di A.
Martinelli, Sociologia della medicina, Feltrinelli, Milano 1977; AA. VV., La
salute in fabbrica, Savelli, Roma 1974. Opere su Giulio A. Maccacaro: si veda il
fascicolo monografico a Maccacaro dedicato della rivista "Sapere", n. 798, marzo
1977; ed in volume: AA. VV., Attualita' del pensiero e dell'opera di G. A.
Maccacaro, Cooperativa Centro per la salute "Giulio A. Maccacaro", Milano
1988]
In nessuna delle altre occasioni - accademiche, scientifiche o politiche -
in cui ebbi il compito di svolgere una relazione introduttiva, ho sentito su di
me pesare tanta responsabilita' e dentro di me vibrare tanta emozione.
Perche' siamo convenuti qui affinche' qualcosa che supera ogni nostra
persona nasca, viva e cresca: qualcosa che abbiamo sentito prima esprimersi come
speranza progettuale e poi urgere come volonta' perentoria da un sempre piu'
largo, diffuso, articolato, motivato comando di base: la costituzione di
"Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute". E poiche' ogni comando
di base, quando spontaneo e autentico come questo, non e' oblazione ai vertici
ma volonta' di partecipazione, noi siamo qui per obbedirgli con tutta la
lealta', la dedizione e lo spirito unitario di cui siamo capaci.
Siamo qui noi ma non per noi, compagni ma per altri compagni, tanti ma per
i ben piu' tanti che attendono da Medicina Democratica non solo un messaggio
responsabile ma anche un'azione efficace per la salute e la integrita' di chi e'
oggetto di sfruttamento, emarginazione e repressione, onde questi ne emerga con
tutto il suo diritto e la sua capacita' di porsi quale soggetto politico
primario.
Infine, siamo qui anche per gli altri - per gli amici che ci osservano e ci
interrogano, per i nemici che ci temono ma non ci sfidano - ed a tutti e con
tutti vogliamo fare chiarezza.
*
Vogliamo dire, anzitutto, "perche' ora" e "perche' cosi'" si apre il
convegno costitutivo di Medicina Democratica. Questa e' un'ora di crisi profonda
del nostro paese: crisi economica, politica ed istituzionale. Una crisi che non
ci e' affatto oscura nelle sue cause e ci e' ben chiara nei suoi effetti.
Per quanto riguarda le cause essa nasce da:
1) la dipendenza diretta e indiretta dal comando imperialista che -
attraverso il sistema delle multinazionali il cui potere non riconosce piu' ne'
i confini politico-geografici ne' quelli di regime - aspira dai paesi subalterni
capitali e profitti esportandovi continuamente le sue contraddizioni, le sue
crisi e costringendoli a pagare il costo umano, ambientale ed economico del suo
sfruttamento di rapina: fin dove e fin quando il rischio politico non supera il
prelievo effettuato. Oltre questo limite abbiamo conosciuto altrove e abbiamo
sentito incombere su di noi le soluzioni piu' violente. Oggi sentiamo che altre
ci minacciano: ma non tutti hanno chiaro che il golpe tecnocratico verso il
quale qualcuno vorrebbe avviare l'Italia e' diverso da quello militare soltanto
per l'uso della divisa;
2) la inadeguatezza storica del capitalismo italiano che, incapace di
sviluppare persino il modello d'impresa e il sistema di investimento gia'
praticati da altre societa' e in altre economie del secolo scorso, si e'
trattenuto ancora in questo dopoguerra alla pigra avidita' della rendita
parassitaria, scaricando nel finanziamento di Stato tutta la sua avidita' di
profitto e speculando non sulle sue capacita' imprenditoriali ma su un selvaggio
prelievo di plusvalore dalla forza-lavoro;
3) l'indegnita' criminosa della dirigenza democristiana e satellite che,
dietro lo schermo scientemente artefatto e mistificante dell'interclassismo, non
ha saputo per sei lustri esprimere alcun esercizio di governo ma solo gestione
di un potere delegato dai gruppi del piu' arrogante e ottuso privilegio: di
classe, di casta e di arma, di corpi separati e di corruttori riuniti, contro i
lavoratori e le loro organizzazioni. Questo per le cause.
Per quanto riguarda gli effetti, la stessa crisi:
1) produce un deterioramente delle condizioni di vita e di lavoro della
classe operaia e delle masse popolari, attraverso la perdita di potere
d'acquisto dei salari, la precarieta' dell'occupazione, la insufficienza della
casa, l'impoverimento della vita;
2) determina un obiettivo decadimento di salute attraverso la
intensificazione dello sfruttamento, la diffusione del lavoro nero, il
conseguente incremento della nocivita', il deterioramento delle strutture
socio-sanitarie;
3) rinvia (ancorche' pretestuosamente, se si pone mente alla volonta'
negativa manifestatasi in congiunture di altro segno) ogni ipotesi credibile di
riforma dell'assetto sanitario del paese che sia intesa al benessere della
collettivita' e non, come avviene, alla speculazione, statalmente partecipata o
mutualisticamente mediata, del capitale finanziario, industriale e
farmaceutico.
Se queste note sono del tutto inadeguate per un discorso, anzi non sono
intese come un discorso sulla crisi che stiamo vivendo, pero' bastano a
riaffermare che questa crisi non e' affatto (come nessuna e' mai) complessiva,
interclassista, accomunante, egualitaria: non e' affatto una catastrofe che si
abbatte quale un'oscura calamita' naturale su un intero paese: questo o altri
che sia. Ma e' un'ulteriore aggressione di cui sono identificabili i mandanti e
gli esecutori, i destinatari e le vittime: e' l'aggressione piu' dura sferrata
dal padronato nazionale e internazionale contro la classe lavoratrice italiana,
come quella piu' politicamente maturata e organizzata, creativa e combattiva,
nel sistema di controllo e di egemonia dell'imperialismo capitalista.
Questa aggressione, anche se ha forme piu' manifeste di incidenza politica
ed economica, per cio' stesso va oltre e colpisce pesantemente, come ho appena
accennato, in tutto cio' che e' "salute" individuale e collettiva aggravando le
minacce, moltiplicando le offese, disarmando le difese.
*
Questo ho detto come breve premessa per sottolineare che la nascita "ora"
di "Medicina Democratica" non e' casuale ne' coincidentale, ma sembra a noi
dettata da una precisa tempestivita' in rapporto e alla gravita' della
situazione gia' presente e all'importanza della consultazione gia'
imminente.
Ma questa affermazione, che credo condivisa da tutti i compagni, resterebbe
una premessa incompiuta ove non fosse subito detto e chiarito che Medicina
Democratica sarebbe nata ora ed ormai anche se questa crisi non fosse stata;
anche se questa congiuntura non si fosse data.
La gestazione del nostro movimento e' piu' lunga e complessa, se ne possono
rintracciare antecedenti e premesse su un arco di tempo assai lungo; ma
certamente non e' scorretto ritenere decisive e significative le lotte
studentesche e operaie degli ultimi anni Sessanta e dei successivi.
Da allora sono venuti maturando e affrontandosi due processi di enorme
portata e di opposto segno: la medicalizzazione della politica e la
politicizzazione della medicina: la prima come scelta della classe del capitale,
la seconda come scelta della classe del lavoro.
Ne parleremo ancora quando il movimento vorra' veramente approfondire
l'analisi di questi processi e il senso di questi termini, ormai entrati e
discussi nel dibattito internazionale.
Ne parlammo gia' in quel memorabile convegno sulla salute che si svolse a
Firenze nel 1973 e le individuammo allora come linee di uno scontro entro il
quale ognuno avrebbe dovuto fare presto la sua scelta. Cosicche' ora sarebbe
abbastanza semplice dire che, nella chiarezza e nella crudezza di quello
scontro, "Medicina Democratica" e' la nostra scelta, e che perche' questa scelta
si compisse e diventasse premessa di un movimento nel movimento era naturale
giungere alla costituzione di Medicina Democratica.
Sarebbe semplice ma sarebbe insufficiente. Dobbiamo sviluppare qualche
riflessione ulteriore che ci permetta di individuare - e naturalmente discutere
- una linea chiara e ferma che attraversi i principali problemi in cui si
articola la lotta per la salute e quindi l'impegno di Medicina Democratica: una
linea che di volta in volta, di problema in problema, misuri la coerenza delle
nostre scelte, confermi la solidarieta' del nostro impegno, individui la
chiarezza dei nostri obiettivi (quella chiarezza che sola puo' far giustizia di
ogni residuo settarismo e di qualsiasi sopraggiungente parrocchialita').
Dobbiamo anzitutto riflettere sul concetto di salute per dire subito che
non hanno qui molto rilievo, perche' ci sono semplicemente ovvie, le definizioni
di salute individuale, ancorche' autorevolmente formulate come quella
dell'Organizzazione mondiale della sanita'.
Naturalmente - ma anche questo e' ovvio - ognuno di noi e' impegnato, come
operatore sanitario o come compagno di milizia o come membro della
collettivita', al soccorso piu' efficace, alla dedizione piu' generosa per la
liberazione dell'altro dalla sofferenza comunque vissuta, per la promozione del
suo benessere psichico e fisico comunque personalizzato. Ma il nostro pensiero e
la nostra azione si impegnano ben oltre: su quella salute che va privilegiata
nella sua dimensione collettiva e cui occorrono, quindi, una dottrina e una
pratica politica.
Si tratta, cioe', di affermare oggi - come non fu mai in passato - la
centralita' della lotta per la salute nello scontro di classe. E l'esattezza di
questa affermazione - assolutamente generalizzabile ad ogni ambito sociale -
appare con lampante evidenza nella realta' della fabbrica riverberando da questa
su tutto il territorio. La fabbrica infatti e' non solo il luogo dove si
realizzano insieme ed in massimo grado la concentrazione della nocivita' e la
spoliazione di salute - quale estremo e preciso portato di una scienza
lungamente votatasi, nel comando borghese, alla organizzazione detta, appunto,
"scientifica" del lavoro - ma e' ancora il luogo dove il movimento operaio ha
chiarito a se' e agli altri che la lotta collettiva per la salute collettiva
investe tutto il modo di produzione e lo contesta proprio in cio' di cui e' piu'
geloso: la sua falsa - o deviata - razionalita'.
Quella razionalita' asservita quanto piu' si dichiara oggettiva, che ne
alimenta e vorrebbe legittimarne la pretesa a porsi come modello per la gestione
della societa' in tutte le sue articolazioni: dalla struttura urbana
all'organizzazione dei servizi, dalla scansione dei tempi al dettato dei
consumi, dalla scuola e per ogni altro dove sociale fino alla sanita':
recuperando, infine, da questa sanita' modi e strumenti per dare una risposta
preformata e normalizzante, quindi contenitiva ed infine repressiva, ad una
domanda che nasce da un malessere classificato come patologico ma autenticamente
esistenziale (sociale).
E' il controllo sociale che cerca di rinchiudere un problema di relazione,
cioe' strutturale, nella malattia dell'individuo, cioe' accidentale, per
separare il lavoratore dalla sua classe e la classe dalla sua coscienza.
A questa luce che ci viene di la', dalla fabbrica, dove e' piu' chiaro e
piu' duro il confronto tra capitale e lavoro, dove il movimento operaio ha
combattuto per la sua e per l'altrui liberazione - come sentiremo tra poco nel
discorso di reali avanguardie - la salute collettiva va intesa per quello che e'
e che conta: valore totalizzante di altri valori, assunzione in una lotta di
altre lotte, affermazione nella pratica di una corretta priorita' politica. La
salute collettiva non e', quindi, soltanto la somma di benesseri individuali ne'
di individuali riscatti dalla malattia, proprio perche' identifica nel privato
del benessere e nel malessere del sociale i disvalori che la
contraddicono.
*
Su questo primo punto - sulla salute collettiva come condizione e sostanza
di quella individuale - Medicina Democratica non lascia spazio ad equivoci
teorici e ne deriva precise indicazioni pratiche. Se in una occasione ulteriore
la nostra analisi avra' ulteriore ampiezza ed approfondimento, gia' ora ci e'
dato, per coerenza alla premessa, dichiarare il nostro impegno, globalmente
politico e specificamente sanitario, contro:
1) la ristrutturazione e le nuove forme di organizzazione capitalistica del
lavoro e della societa',
2) la campagna sull'assenteismo che tende ad occultare la rapina di salute
collettiva continuamente perpetrata sulla classe del lavoro,
3) la teorizzazione delle "compatibilita'" che cerca di riproporre e
recuperare la subordinazione di tale salute alle esigenze del profitto,
4) la consegna al capitale pubblico, privato e misto della progettazione,
organizzazione e gestione dei presidi sanitari;
e il nostro impegno per:
a) il ritiro ad ogni livello della delega sanitaria,
b) l"autogestione di base della tutela della salute,
c) la lotta ad ogni tipo di emarginazione,
d) la nascita e lo sviluppo di forme di governo popolare e di democrazia
diretta con particolare riguardo allo specifico socio-sanitario.
*
Queste indicazioni, che saranno riprese e documentate negli interventi
previsti e in quelli attesi, gia' ci portano a considerare altri punti oltre il
primo e subito un secondo: quello della partecipazione che e' il fattor comune
degli impegni ora detti. Conviene dedicargli qualche attenzione perche' la
nostra linea si chiarisca oltre e a fronte dell’uso e dell'abuso che l'esercizio
dei poteri ne ha fatto in questi anni, mistificando per partecipazione cio' che
partecipazione non era.
Ancora una volta vorrei fare riferimento alle lotte e alle conquiste del
movimento operaio ma vi rinuncio serenamente perche' altri compagni ne diranno:
diranno come un nuovo modo di intendere la partecipazione nasca proprio da cio'
che io mi limito a ricordare e mi trattengo dall'illustrare: la liberazione
della soggettivita', l'emergenza del gruppo omogeneo, la sua assunzione di
funzioni politiche, sanitarie e scientifiche.
Voglio soltanto sottolineare come, dal gia' detto primato della salute
collettiva, discenda che se una sociologia medica d'altro tempo ha definito la
malattia come perdita di partecipazione, oggi siamo arrivati ad intendere la
perdita di partecipazione come sostanza di malattia. Pero' noi crediamo che alla
partecipazione autentica non basti mai l'articolato di una legge ma occorra
sempre l'impegno di una lotta: che si sviluppa continuamente
nell'identificazione dei suoi obiettivi, che si accresce progressivamente
nell'allargamento del suo campo, che non riconosce limiti a questo campo ne'
ammette che esista l'ultimo di quegli obiettivi. Questo non e' un discorso
estremista nel senso deteriore dell'insinuazione che di solito accompagna tale
termine, ma e' anche un discorso meditatamente estremista se e' vero come credo
che in medicina e per Medicina Democratica l'unico e sacrosanto estremismo e' la
salute collettiva e che questa non puo' darsi senza partecipazione. Allora
vogliamo definire questa partecipazione - sempre con riferimento preciso alla
tematica di questo convegno e di questo movimento - sia in positivo sia in
negativo secondo l'insegnamento del piu' grande rivoluzionario: "Quali sono i
nostri nemici e quali sono i nostri amici? Questa e' una questione di primaria
importanza per ogni rivoluzione".
I nemici della partecipazione sono almeno tre: l'autorita', l'efficienza e
la provvidenzialita'.
Nell'ambito del nostro impegno a definirci come Medicina Democratica
l'autorita' cui opponiamo la partecipazione e' identificata come quella che -
indossati i panni della competenza, separatasi nella tecnica, costituitasi come
corporazione, legittimatasi come ordine - si pone di fatto quale esecutrice dei
comandi di un potere che la sovrasta e che, pagatala con ruoli e privilegi, ne
fa lo strumento piu' insidioso ed efficace del controllo sociale nelle forme
della medicalizzazione. Per tutto cio' essa pretende: il diritto di un sapere
separato, la consegna di un uomo oggettivato, l'esercizio di un insindacabile
potere. Questo e' un nemico della partecipazione.
Un altro nemico e' l'efficienza che in un sistema dato e' sempre una
domanda del potere costituito. Essa si avvale della voluta e perpetrata
confusione con l'efficacia. Cui corrisponde un'altra consapevole e consumata
confusione tra funzione e funzionamento. La funzione di ogni sistema e' definita
dai suoi fini, il funzionamento dai suoi modi.
Noi vogliamo che la funzione dell'istituzione sanitaria sia rivolta
interamente alla promozione e alla difesa della salute collettiva, come la
abbiamo gia' definita, e che il suo funzionamento sia giudicato soltanto a
misura della capacita' di adempimento di tale funzione.
L'istituzione sanitaria e', invece, ordinata all'ottimizzazione di se
stessa, del suo vantaggio economico, delle sue autorita' di comando, del suo
plesso di potere. Pertanto nell'occultamento di una profonda divergenza della
sua funzione dai fini sociali cui dovrebbe rendere e misurare il suo servizio,
riconosce ogni primato al funzionamento e converte la totale perdita di
efficacia in una ulteriore domanda di efficienza. Non e' questa la sede per
esempi che sono innumeri e noti: avremo presto un'altra occasione in cui
discuteremo a lungo - nel riscontro reale, nel dettaglio specifico, struttura
per struttura, servizio per servizio - questo problema dei rapporti, in
medicina, tra funzionamento e funzione, tra efficienza ed efficacia.
Qui ci basta riconoscere e ricordare che e' in nome dell'efficienza del
funzionamento per una mentita efficacia della funzione che la partecipazione
popolare e' sempre stata sistematicamente esclusa - come e' esclusa la madre del
bambino ricoverato, come e' esclusa la consapevolezza del paziente abusato, come
e' esclusa la realta' della sofferenza sociale - dalla gestione della cosa
sanitaria, dalla possibilita' di intervenire per indicarle fini nuovi, ulteriori
impegni, piu' vere destinazioni.
Il terzo nemico della partecipazione e' la provvidenzialita'. E qui il
nostro discorso si sposta dal luogo sanitario al governo sanitario, rivolgendosi
francamente anche a chi ne porta responsabilita' locali in un quadro politico
alternativo a quello nazionale.
C'e' un modo che non vogliamo nemmeno discutere di intendere tale
responsabilita': come occasione di potere, tessitura di clientele, pretesto di
corruzioni: e' il modo "democristiano" per antonomasia.
Ma c'e' un altro modo che e' pure antipartecipatorio. E' di chi - ente o
persona, ma piu' spesso il primo che la seconda - si ritiene investito del
compito e titolare della capacita' di anticipare la domanda sociale di salute,
di presentirla prima che sia espressa, di immaginarla prima che sia concepita,
infine di provvedere ad essa prima che si sia consapevolizzata.
Con un termine corrente cio' si chiama anche "paternalismo" ma ritengo piu'
corretto definirlo "provvidenzialita'". Perche' cosi' mi pare meglio indicato
quel modo di mettersi in rapporto con la realta' che prescinde dal suo ascolto;
quell'attitudine a disporre risposte preformate che prescindono dalla formazione
delle domande; quell'interpretazione del mandato amministrativo che infine
determina una richiesta cui si consente soltanto di conformarsi
all'offerta.
Medicina Democratica e' contro tutto cio' - l'autorita' ma non soltanto
perche' e' inautorevole, l'efficienza ma non soltanto perche' e' inefficace, la
provvidenzialita' ma non soltanto perche' e' improvvida - e' contro tutto cio'
perche' tutto cio' e' contro la partecipazione e Medicina Democratica e' un
movimento partecipatorio di base non solo perche' da questa base e' nata ma
perche' vuole continuare a restarci: per raccogliere, assecondare, collegare,
moltiplicare, potenziare onde siano infine vincenti, tutte quelle lotte che, in
specifici diversi - dalla fabbrica al territorio, dalla scuola all'ospedale, dal
quartiere all'istituzione, dalla casa alla caserma - la soggettivita' di base
viene conducendo per la salute, anche individuale, ma assunta in quella
collettiva.
*
Si pone cosi', naturalmente, il terzo punto sul quale occorre sviluppare
qualche riflessione ed e' quello della soggettivita' per una definizione, ora in
positivo, della partecipazione. Ancora una volta e' dall'esperienza e dalla
lotta di fabbrica che e' emersa la soggettivita' del lavoratore rivendicata ed
affermata contro la volonta' oggettivante del capitale.
Ma ancora una volta dalla fabbrica le conquiste del movimento operaio
incidono su tutto l'ambito sociale e ne reinterpretano e riqualificano la
realta'.
La soggettivita' di cui parliamo e' una anche se, nell'uso ormai corrente
all'interno della tematica che ci e' comune, le vengono attribuiti due
significati complementari: uno e' in alternativa alla definizione - cosiddetta
obiettiva - della salute e della malattia, del benessere e del disagio, della
nocivita' e del danno. Costituisce, quindi, la base di quel ritiro della delega
lungamente rilasciata al "tecnico" quale verificatore e falsificatore di una
sofferenza soggettivamente patita e dunque reale ma che poteva essere negata, in
conto della pretesa "obiettivita'" di una scienza che non e' retorico chiamare
padronale.
Da questa rivendicata soggettivita' e' nata la identificazione di un quarto
gruppo di fattori di nocivita', e' nata una ridefinizione del
benessere-malessere non piu' come conformita'-difformita' a modelli espressi ed
imposti dalla logica della produzione per il profitto, ma come vissuto
individuale e di gruppo del rapporto con le condizioni di lavoro e di
vita.
L'altro significato di "soggettivita'", che si integra al primo, e', oltre
i limiti di cio' che puo' pur sempre essere ricondotto a una lettura medica,
l'affermazione di se' non solo come soggetto di salute ma come soggetto di
sanita' capace di appropriazione e di autogestione della medesima.
E' su questa seconda soggettivita' che vorrei insistere ancora un poco per
dire che essa riconosce, abilita ed esprime - nel suo crescere nell'esperienza
senza la quale non si ha partecipazione e nel suo evolvere a volonta' collettiva
senza la quale non si ha la trasformazione - una pluralita' di soggetti, che
vanno dal singolo al gruppo, dal gruppo al collettivo, dal collettivo alla
classe, ma per ciascuno dei quali e' acquisito il diritto di porsi, all'interno
dell'atto medico, dell'istituzione sanitaria, dell'organizzazione assistenziale,
in un rapporto finalmente dialettico con tutto cio' che - strutture e persone -
lo avevano sin allora considerato l'oggetto di un rapporto analitico.
*
Questa e' la straordinaria e nuova ricchezza che in questi anni e' venuta
crescendo in quella base da cui ora si esprime Medicina Democratica.
E questo e' stato il mio tentativo di contribuire al vostro dibattito
costruendo, pezzo a pezzo, quella che io credo sia la linea che connota il
nostro movimento - che lo fara' capace di attraversare in chiarezza e coerenza
la molteplicita' quasi innumere dei problemi che lo confrontano e che ora vorrei
cosi' formulare: il primato politico della salute collettiva come momento
centrale della lotta di classe fondata su una reale partecipazione capace di
accogliere nella loro genuina espressione e assumere a livello di integrazione
ulteriore le molteplici soggettivita' della base sociale.
Se questa linea e' corretta (ma vostro ne e' il giudizio) essa deve essere
capace di dare corrette e chiare indicazioni pratiche, così come deve essere
capace di sollecitare analisi ed approfondimenti ulteriori.
A questi secondi io credo che noi vogliamo impegnarci in vario modo e con
vari mezzi: costituiremo gruppi di studio per problemi specifici, prepareremo
nelle sedi piu' appropriate dibattiti e confronti, andremo entro l'anno a un
congresso ordinato sui temi e sulle tesi che saranno stati oggetto di studio e
discussione adeguati, secondo le indicazioni del movimento. Questo convegno di
oggi, del quale ho cercato di dire "perche' ora" e del quale mi si e' incaricato
di dire "perche' cosi'", nasce, dunque, come convegno di fondazione e di
presentazione. Nasce, dicevo all'inizio, da una volonta' anzi da una urgenza di
incontro e di collegamento chiaramente formulata dalla base.
E' allora parso giusto che fosse dedicato alla piu' libera e articolata
espressione di questa base, compatibilmente con le costrizioni imposte dal tempo
ma anche con i doveri imposti dalla responsabilita'. Per questo il comitato
promotore ha creduto di assicurare alle diverse componenti l'opportunita' del
loro contributo ed ha invitato tutti i compagni a far convergere il loro.
Per questo io, incaricato di aprire il dibattito, ho cercato di individuare
- tra le molte e preziose indicazioni raccolte in questi mesi - una linea che
fosse di aggregazione per noi e di definizione per gli altri.
Per questo, infine, mi sono trattenuto dall'entrare nei problemi che
emergeranno dagli interventi previsti, convinto tuttora di averne soltanto
interpretato la scelta comune, senza volerne anticipare le articolate
proposte.
*
Mi pare tuttavia che da quella linea le indicazioni che discendono siano
chiare e riconoscibili nel senso che Medicina Democratica
1) si impegna in una lotta per la salute che non separa il campo sanitario
da quello sociale ma li attraversa entrambi secondo una direttrice fondamentale
segnata dalla contraddizione di classe. E' rispetto a questa direttrice che sa
qualificarsi una nuova solidarieta' tra il lavoratore alla sanita' e la sanita'
dei lavoratori: noi opereremo perche' cio' avvenga;
2) si impegna ad operare per un radicale cambiamento degli attuali studi
medici nel senso di una articolata ma congiunta formazione di tutto il personale
sanitario orientandolo a:
a) saldare la pratica con la teoria,
b) mettere la prevenzione al primo posto,
c) priorizzare la medicina di base e di comunita',
d) attendere alla educazione sanitaria come premessa di
partecipazione;
3) si impegna ad operare per la deistituzionalizzazione dell'assistenza e
per la territorializzazione dei servizi nel pieno e diretto controllo popolare
di tutta l'attivita' sanitaria, valorizzando da una parte i consigli dei
delegati, stimolando dall'altra i comitati sanitari di zona, sostenendo e
assistendo ogni forma spontanea di partecipazione di base, proprio perche' tale
e perche' in quanto tale, nella sua assunzione e coscienza politica e collettiva
della medicina e' l'alternativa irriducibile alla medicalizzazione della
collettivita' e della politica;
4) riconosce e valorizza nella autogestione della salute non un riduttivo
"far da se'" e una rinuncia all'uso di ogni valido sussidio medico, ma assume
questo in un diverso comando politico come momento fondamentale per la
riaffermazione della soggettivita', per il recupero di un rapporto dialettico
tra i soggetti dell'atto sanitario individuale e complessivo: pertanto e'
impegnata ad un'ulteriore valorizzazione di tale soggettivita' - che riconosce
nell'insegnamento del movimento operaio e nella lotta dei movimenti femministi -
in ogni occasione ove sia negata e repressa (a breve termine, per esempio,
Medicina Democratica concludera' la elaborazione di una legge di iniziativa
popolare contro la sperimentazione sull'uomo e promuovera' l'applicazione della
carta dei diritti del bambino ricoverato in ospedale);
5) rifiuta - per tutto quanto la sua linea dice in tema di salute
collettiva, di partecipazione e di soggettivita' - qualsiasi uso repressivo, di
controllo sociale, di emarginazione della devianza da parte della medicina e dei
suoi operatori, impegnandoli non solo a rifiutarlo ma a contrastarlo in ogni
modo;
6) rifiuta, conseguentemente ma intransigentemente, ogni ruolo limitativo o
condizionante della liberta' della donna in ordine alle sue scelte di
generazione e di salute; solidarizza con i movimenti della sua liberazione e
intende operare perche' a questo fine siano orientate la struttura e la funzione
dei consultori;
7) assume la responsabilita' di promuovere e ottenere l'inserimento sociale
degli handicappati come soggetti di piena partecipazione e di assicurare diretta
collaborazione alla loro azione e alla piu' diffusa conoscenza dei loro
problemi;
8) impegna i suoi aderenti a dare senso e prassi alla concezione della
medicina come servizio per il popolo: quindi ad opporsi fino alla loro
estinzione ad ogni forma di arroccamento corporativo ed antipopolare
dell'ordinaismo medico, perche' la sanita' non sia - come e' stata altrove - un
banco di prova generale del blocco di destra;
9) si impegna a cercare le solidarieta' politiche e sindacali che
riconoscano negli obiettivi di Medicina Democratica reali obiettivi della
classe, ma anche a conservare a se stessa le funzioni e i caratteri di movimento
autonomo di base, capace di accogliere e valorizzare politicamente tutte le
istanze e le iniziative che da tale base sono espresse nelle diverse forme del
suo articolarsi ed aggregarsi su obiettivi individuati dalla volonta'
popolare;
10) intende compiere e ha gia' iniziato un lavoro di collegamento con
movimenti che in altri paesi - pur in una estrema diversificazione di metodi e
di prassi congrue alle diversita' dei quadri istituzionali e di regime -
sviluppano azioni e conducono lotte per la riappropriazione e l'autogestione
della salute.
Questi dieci punti, compagni, non sono un decalogo. Sono soltanto alcuni
degli impegni - pero' chiari ed esplicati - ed altrettante scelte di azione -
pero' incidenti e coerenti - secondo la linea che ci siamo dati e che e' sintesi
di quanto voi, non solo nelle assemblee di questi mesi, ma nelle lotte di questi
anni siete venuti esprimendo. Il dibattito ne arricchira' i contenuti, ne
aggiungera di ulteriori, ne indichera' la priorita'.
Cosi', avviandomi a concludere quella che non poteva essere che una
introduzione a un convegno di fondazione, che desse la parola a tutti senza
sottrarla a nessuno, vorrei sottolineare a chi ci ascolta la nostra piena
consapevolezza di un'altra crisi che, come quella ricordata all'inizio, e' oggi
congiunturalmente clamorosa ma e' da tempo strutturalmente deteriorata: e' la
crisi di questa medicina contemporanea che, di giorno in giorno, si fa sempre
piu' assistenzialmente inefficace e socialmente repressiva.
*
L'inefficacia dell'assistenza e' dimostrata da:
1) progressivo deterioramento, statisticamente documentabile, della salute
collettiva per l'incidenza crescente di tutte le malattie legate alla nocivita'
- dell’ambiente di lavoro, di abitazione, di alimentazione e di vita - che e' il
portato inseparabile del modo di produzione capitalistico;
2) ricorrenza - frequente e dilagante - di patologie infettive che si
credevano e potevano essere state debellate;
3) vertiginoso incremento del consumo di farmaci in larga misura meramente
sintomatici e concretamente tossici;
4) emergenza di un diffuso malessere, socialmente determinato e
personalmente patito, che investe larghi strati della popolazione indotta o
costretta a vivere come "disturbo mentale" cio' che e' soltanto
"insopportabilita' di vita".
La funzione repressiva e' dimostrata da:
1) crescente trasferimento dei problemi sociali e personali
(conflittualita', trasgressione dei limiti di "norma", domanda di
soggettivazione, ecc.) in un'area di gestibilita' istituzionale e di
silenziamento terapeutico;
2) avanzante tecnicizzazione dell'atto medico fino alla estinzione dei suoi
contenuti di rapporto interpersonale;
3) diffusione di false o inefficaci pratiche di prevenzione secondaria per
deviare la domanda di conversione del modo di produzione;
4) attribuzione al medico di nuovi compiti repressivi nei confronti del
comportamento infantile, se e' un pediatra, del diritto di aborto se e' un
ostetrico, del rifiuto del lavoro se e' un fiscale, dell'uso di droga se e' un
medico, della devianza se e' uno psichiatra, della rivolta alla nocivita' se e'
un medico del lavoro, e cosi' via.
A questo ed oltre ci porta la "medicalizzazione della politica", e a questo
si oppone la scelta di Medicina Democratica che e' "politicizzazione della
medicina".
*
Cio' significa, per noi e nei fatti, puntare su tutte le forme di
appropriazione e di autogestione che possono mettere la classe a soggetto di una
lotta per la salute che non cessi mai di essere, in quanto tale, una lotta
contro il sistema.
Non appartiene alla classe l'insidioso dilemma: o le riforme oggi o la
rivoluzione un'altra volta. Per la classe contano quelle riforme - meglio:
quelle conquiste - che fanno parte di una strategia per la rivoluzione. Perche'
ciascuna di esse - se, oltre il suo valore assoluto, non fosse anche un
acceleratore del processo di mutazione strutturale - sarebbe soltanto apparente
e, alla fine, perdente.
Occorre, dunque, assecondare - ognuno all'interno del suo ruolo che e' pur
sempre un ruolo interno - il processo di appropriazione da parte della classe e
delle masse 1) degli strumenti di conoscenza dei meccanismi di profitto e di
sfruttamento del capitale e 2) degli strumenti di autocontrollo e di
autogestione della salute.
Occorre dare ogni appoggio, ogni contributo - di forze, di idee, di
critiche - ai consigli di fabbrica, ai consigli di zona, ai comitati di
quartiere, ai collettivi e ai movimenti nei quali si esprime la volonta' di base
delle masse, cui naturalmente si raccordano quei medici, quegli studenti, quegli
operatori sanitari di ogni grado e funzione, quegli operatori sociali di vario
ruolo e qualificazione, quei - piu' comprensivamente - "tecnici della salute e
per la salute" che abbiano fatto una corretta scelta di classe e che si siano
dati una pratica congruente.
Questo che dico, qui ed ora, e', con le stesse parole, l'impegno ed il
voto, il progetto e il proposito formulati negli anni addietro.
*
Ebbene, questo ora avviene perche' da questa premessa, con questi
connotati, su questa linea nasce Medicina Democratica, movimento di lotta per la
salute. Nasce da una grande ricchezza di lotte, di esperienze, di volonta'
collettiva e individuali che vogliono collegarsi per procedere insieme in
un'analisi che sia verificata e in una prassi che sia coordinata.
Nasce, deve nascere, fuori da ogni settarismo e da ogni
subalternita'.
Nasce, deve nascere, fuori da ogni pia illusione di farne una zattera di
salvataggio per annaspanti coscienze nel mare di questa o di quella
corporazione.
Nasce, deve nascere, fuori di ogni risibile velleita' di farne un "partito
sanitario" o la proiezione sanitaria di questo o quel partito.
Nasce da uno scontro di classe per la vittoria di una classe, quella,
l’unica che - Marx ci ha insegnato - liberando se' libera anche gli altri
uomini.
E' un duro scontro, e' tuttora una vittoria da conquistare: e' una lotta
cui occorrono l'impegno di tutti noi, anche quello della lealta' di confronto,
della dialetticita' di posizioni.
E' quindi questo un momento di grande e positiva tensione ma anche di grave
e riflessiva responsabilita'. Io sento e penso che tutti i compagni debbano
sentire e riconoscere le dimensioni della nostra responsabilita': che e' quella
di dar vita a un movimento che non si ripieghi sui problemi pur autentici dei
suoi aderenti ma si rivolga anche a quelli della popolazione al cui servizio
deve porsi, che si conquisti fin dall'inizio e conservi la credibilita' di
fronte anche al giudizio piu' severo delle masse.
Che per loro - come gia' si intende e vede da ogni parte - cio' che oggi
nasce, sappia crescere per una lotta che sara' lotta di
liberazione. 3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti:
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 332 del 23 agosto
2010
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