Telegrammi. 283
- Subject: Telegrammi. 283
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 15 Aug 2010 00:42:24 +0200
| TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO 
 Numero 283 del 15 agosto 2010 Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal 
Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della 
nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Ancora due crucci di un padre di famiglia 2. Paolo Arena e Marco 
Graziotti intervistano Vergiliano Scorticossi 3. Walter Benjamin: Tesi di 
filosofia della storia 4. Un ferragosto alternativo e nonviolento a Viterbo 5. Si e' svolto il 14 agosto un incontro di studio a Viterbo "Per un'etica 
della responsabilita'" 6. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento 7. 
"Azione nonviolenta" 8. 
Segnalazioni librarie 9. La "Carta" del Movimento 
Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ANCORA DUE CRUCCI DI UN PADRE 
DI FAMIGLIA La partecipazione militare italiana alla guerra 
afgana. Mi guardo le mani e sono sporche di sangue. Il colpo di stato razzista. Come ho potuto non 
impedirlo? 2. 
LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI 
INTERVISTANO VERGILIANO SCORTICOSSI [Ringraziamo Paolo 
Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco 
Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci 
messo a disposizione questa intervista a Vergiliano 
Scorticossi. Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo. Vergiliano Scorticossi, manco a dirlo, e' un vecchio amico di questo foglio] 
 - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Come e' 
avvenuto il suo accostamento alla 
nonviolenza? - Vergiliano Scorticossi: Per un sentimento di disgusto e di disprezzo nei 
confronti della bassezza intrinseca nella violenza e nella menzogna. 
Ovvero: per un sentimento di rispetto della mia stessa dignita'. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di 
piu' per lei? - Vergiliano Scorticossi: Socrate, Spartaco. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che 
si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal 
fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica? - Vergiliano Scorticossi: Macbeth, Tartuffe. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e 
in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute 
con piu' impegno? - Vergiliano Scorticossi: Quelle contro la guerra (e gli eserciti, e le 
armi). Quelle contro il razzismo (e la schiavitu', ed ogni 
discriminazione). * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un 
impegno nonviolento? - Vergiliano Scorticossi: Sui campi di battaglia, nei campi di 
detenzione. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a 
un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi 
in Italia? - Vergiliano Scorticossi: Sia lui il centro, cominci con l'aver cura di chi 
gli sta intorno e del luogo in cui vive. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue 
caratteristiche fondamentali? - Vergiliano Scorticossi: La lotta contro la violenza, la compassione 
universale. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta 
antimafia? - Vergiliano Scorticossi: Nonviolenza e antimafia sono la stessa cosa. Le 
due stesse parole si equivalgono in perfetto equilibrio. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte delle 
persone, delle classi e dei popoli 
oppressi? - Vergiliano Scorticossi: Solo in quelle lotte si da' la nonviolenza. Solo 
la nonviolenza quelle lotte porta alla vittoria. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla 
salute e all'assistenza? - Vergiliano Scorticossi: La lezione di Giulio A. Maccacaro e 
di Franco Basaglia. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione 
filosofica? - Vergiliano Scorticossi: I ragionamenti rigorizzati da Emmanuel Levinas e 
da Hans Jonas. Le pratiche del femminismo come inveramento. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e 
sulle religioni? - Vergiliano Scorticossi: Critica dell'alienazione ed apertura reciproca. E 
l'incontro tra religione e visione meramente immanente del mondo sul 
piano dei valori liberamente e responsabilmente assunti e condivisi, con 
diversi linguaggi declinati. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione 
sull'educazione? - Vergiliano Scorticossi: Nulla. Tutto. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione 
sull'economia? - Vergiliano Scorticossi: La corrente calda del marxismo. La corrente 
calda dell'intreccio tra femminismo ed ecologia. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul 
diritto e le leggi? - Vergiliano Scorticossi: La voce di Antigone, l'esempio di Gesu' di 
Nazareth. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica 
e sulla bioetica? - Vergiliano Scorticossi: Il primato della difesa del vivente. Il brocardo 
"In dubio contra projectum". * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla 
scienza e la tecnologia? - Vergiliano Scorticossi: La coscienza della non neutralita' sia dei saperi 
che delle pratiche. La coscienza della complessita' e 
dell'interdipendenza. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione 
storica e alla pratica storiografica? - Vergiliano Scorticossi: Il punto di vista delle vittime. La storia come 
storia della liberazione dell'umanita'. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande 
importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe? - Vergiliano Scorticossi: Il prudente intreccio tra il principio di Pericle 
(pensare prima di agire) e il cardine etico del taoismo (l'azione non agente). 
Ovvero decidere solo cio' che persuade tutti, e mantenere le condizioni per la 
reversibilita' delle scelte. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella 
gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene piu' importanti, e 
perche'? - Vergiliano Scorticossi: L'esempio, l'ascolto. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla 
nonviolenza? - Vergiliano Scorticossi: Lenta e faticosa. Nel fuoco del 
conflitto. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione 
nonviolenta? - Vergiliano Scorticossi: Primato della prassi ed apertura alle ragioni 
altrui. Atteggiamento sperimentale e contestuale (ovvero: cosciente della 
complessita' e fallibilista). * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze 
editoriali le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a 
promuovere la nonviolenza? - Vergiliano Scorticossi: Spegnere le televisioni e guardarsi intorno con i 
propri occhi. Ascoltare e parlare. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e percezione dell'unita' dell'umanita': 
quale relazione e quali implicazioni? - Vergiliano Scorticossi: Vi e' una sola umanita'. Ma essa si da' solo 
nella irriducibile pluralita' e assoluta diversita' delle singole persone che la 
compongono. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e politica: quale relazione? - Vergiliano Scorticossi: Quella che hanno spiegato Hannah Arendt e Vandana 
Shiva. Quella che hanno spiegato Simone Weil e Luce Fabbri. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e vita quotidiana: quale 
relazione? - Vergiliano Scorticossi: Non essendovi in realta' altra vita che quella 
quotidiana, la nonviolenza ne e' ad un tempo esatta percezione e accudente 
rivelazione. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali 
riflessioni? - Vergiliano Scorticossi: Tra Epicuro ed Elias Canetti. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Quali le maggiori esperienze storiche della 
nonviolenza? - Vergiliano Scorticossi: Il femminismo. Il referendum brasiliano contro il 
commercio delle armi. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e intercultura: quale 
relazione? - Vergiliano Scorticossi: Ogni cultura e' gia' intercultura. La nonviolenza 
e' sempre incontro dialogico ed incessante apertura. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e conoscenza di se': quale 
relazione? - Vergiliano Scorticossi: La pratica della nonviolenza comincia dentro di 
se'. La lotta nonviolenta comincia contro di se'. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e scienze umane: quale 
relazione? - Vergiliano Scorticossi: Finche' le applicazioni delle scienze umane sono 
ordinate al mantenimento ed al rafforzamento dei poteri disumani, la nonviolenza 
e' la scienza dell'opposizione ad esse; quando ed in quanto le scienze 
umane umanizzano l'altro e contrastano quindi la sua denegazione, la sua 
umiliazione, il suo asservimento, la nonviolenza di esse si nutre e 
s'illumina. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e linguaggio: quale relazione? - Vergiliano Scorticossi: Nacque il linguaggio come alternativa alla 
violenza; ma presto fu piegato a strumento di menzogna a fini di potere. La 
nonviolenza e' tensione al linguaggio veritiero e liberante, che sia via e 
salvezza comune. * - Paolo Arena e Marco 
Graziotti: Nonviolenza e stili di vita: quale 
relazione? - Vergiliano Scorticossi: La nonviolenza, dite bene voi medesimi, e' stile 
di vita fondato sul rispetto per i viventi, la biosfera, la "madre terra"; sulla 
compresenza, la convivenza, scelte di vita comunitarie; sul riconoscimento 
dell'altro, il principio responsabilita', scelte di giustizia, misericordia. La 
nonviolenza, dite bene voi medesimi, e' coscienza del 
limite ed agire di conseguenza per il bene comune. 3. REPETITA IUVANT. WALTER BENJAMIN: TESI DI FILOSOFIA DELLA STORIA 
 [Riproduciamo ancora una volta questo intenso testo benjaminiano, da Walter 
Benjamin, Angelus novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962, 1976, 1981, 
1995 (ma noi abbiamo sotto gli occhi l'edizione del 1981). Questo breve scritto 
e' a nostro avviso un'opera ad un tempo enigmatica e capitale, fomite a 
molteplici riflessioni e prisma dai riflessi cangianti ad ogni rilettura; e' 
proprio dei pensatori piu' grandi non trarti a un consenso passivo, non emanare 
fogli d'ordini, ma suscitare riflessione altra e ulteriore, convocare a una 
crisi e a un decidersi, disporsi ad un tempo alla perplessita' ed alla 
persuasione, all'ascolto (sentire insieme: consentire; sentire diversamente: 
dissentire) che chiama alla condivisione e all'agire, farsi cercatori ed 
assumere responsabilita'. La traduzione e' di Renato Solmi, maestro tra i 
maestri. Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente 
profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel 1940 
al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di Walter 
Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e frammenti Angelus 
novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da L'opera d'arte 
nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi, Torino. Sempre presso 
Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere, a cura di Giorgio 
Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e recensioni, Diario 
moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco (Scritti 1919-1922), 
Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta', Infanzia berlinese, Metafisica 
della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre corte (Scritti 1928-1929), Parigi 
capitale del XIX secolo, Strada a senso unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia 
(Carteggio 1933-1940 con Gershom Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere 
(1913-1940). Presso Adelphi cfr. la sua antologia di lettere commentate di 
autori del passato, Uomini tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la 
bibliografia: M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale 
(1913-1983), Aesthetica, Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. 
Bibliografia italiana, 1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. 
VV. (a cura di Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. 
VV., Paesaggi benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 
189-190, 1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori 
Riuniti, Roma 1983; Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993 
(saggio incluso anche in Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, 
Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori 
Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993; Gershom 
Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978; Gershom Scholem, 
Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano 1992. Cfr. anche Paolo 
Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della storia" di Walter Benjamin, 
Cappelli, Bologna 1980. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha 
introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del 
pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di 
generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che 
attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della 
propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del 
Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in 
cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la 
seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' 
laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso 
un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto 
Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. 
A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire 
i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e 
tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa 
trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da 
tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza 
attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha 
collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", 
"Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi 
Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il 
manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - 
oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, 
Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, 
ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy 
Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane 
Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, 
Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max 
Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); 
Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti 
(ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 
(Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente 
la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, 
Quodlibet, Macerata 2007] 1. Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad 
ogni mossa di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la 
vittoria. Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di 
fronte alla scacchiera, poggiata su un'ampia tavola. Un sistema di specchi 
suscitava l'illusione che questa tavola fosse trasparente da tutte le parti. In 
realta' c'era accoccolato un nano gobbo, che era un asso nel gioco degli scacchi 
e che guidava per mezzo di fili la mano del burattino. Qualcosa di simile a 
questo apparecchio si puo' immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il 
fantoccio chiamato "materialismo storico". Esso puo' farcela senz'altro con 
chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi, com'e' noto, e' 
piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno. * 2. "Una delle caratteristiche piu' notevoli dell'animo umano, - scrive Lotze, 
- e', fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del 
presente verso il proprio futuro". La riflessione porta a concludere che l'idea 
di felicita' che possiamo coltivare e' tutta tinta del tempo a cui ci ha 
assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che 
potrebbe suscitare la nostra invidia, e' solo nell'aria che abbiamo respirato, 
fra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto 
farci dono di se'. Nell'idea di felicita', in altre parole, vibra 
indissolubilmente l'idea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione 
del passato, che e' il compito della storia. Il passato reca seco un indice 
temporale che lo rimanda alla redenzione. C'e' un'intesa segreta fra le 
generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come 
ad ogni generazione che ci ha preceduto, e' stata data in dote una debole forza 
messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia 
soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa. * 3. Il cronista che enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i piccoli e i 
grandi, tiene conto della verita' che nulla di cio' che si e' verificato va dato 
perduto per la storia. Certo, solo all'umanita' redenta tocca interamente il suo 
passato. Vale a dire che solo per l'umanita' redenta il passato e' citabile in 
ognuno dei suoi momenti. Ognuno dei suoi attimi vissuti diventa una "citation a 
l'ordre du jour" - e questo giorno e' il giorno finale [der juengste Tag]. * 4. "Cercate dapprima cibo e vestimento; e il regno di Dio vi arrivera' da solo" (Hegel, 1807) La lotta di classe, che e' sempre davanti agli occhi dello storico educato 
su Marx, e' una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non esistono 
quelle piu' fini e spirituali. Ma queste ultime sono presenti, nella lotta di 
classe, in altra forma che non sia la semplice immagine di una preda destinata 
al vincitore. Esse vivono, in questa lotta, come fiducia, coraggio, umore, 
astuzia, impassibilita', e agiscono retroattivamente nella lontananza dei tempi. 
Esse rimetteranno in questione ogni vittoria che sia toccata nel tempo ai 
dominatori. Come i fiori volgono il capo verso il sole, cosi', in forza di un 
eliotropismo segreto, tutto cio' che e' stato tende a volgersi verso il sole che 
sta salendo nel cielo della storia. Di questa trasformazione, meno appariscente 
di ogni altra, deve intendersi il materialista storico. * 5. La vera immagine del passato passa di sfuggita. Solo nell'immagine, che 
balena una volta per tutte nell'attimo della sua conoscibilita', si lascia 
fissare il passato. "La verita' non puo' scappare" - questo motto, che e' di 
Gottfried Keller, segna esattamente il punto, nella concezione storicistica 
della storia, in cui essa e' spezzata dal materialismo storico. Poiche' e' 
un'immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente che 
non si riconosca significato, indicato in esso. (La lieta novella che lo storico 
del passato porta senza respiro, viene da una bocca che forse, gia' nel momento 
in cui si apre, parla nel vuoto). * 6. Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo "come 
propriamente e' stato". Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena 
nell'istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare 
l'immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico 
nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della 
tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso e' lo stesso per entrambi: di 
ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di 
strappare la tradizione al conformismo che e' in procinto di sopraffarla. Il 
Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell'Anticristo. Solo 
quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza, 
che e' penetrato dall'idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, 
se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere. * 7. "Considerate il buio e il freddo grande di questa valle echeggiante di lacrime" (Brecht, L'opera da tre soldi) Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un'epoca di 
cacciarsi di mente tutto cio' che sa del corso successivo della storia. Non si 
potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha 
rotto i ponti. E' un procedimento di immedesimazione. La sua origine e' la 
pigrizia del cuore, l'acedia, che dispera di impadronirsi dell'immagine storica 
autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del 
Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva 
fatto la conoscenza, scriveva: "Peu de gens devineront combien il a fallu etre 
triste pour ressusciter Carthage". La natura di questa tristezza si chiarisce se 
ci si chiede in chi propriamente "si immedesima" lo storico dello storicismo. La 
risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma i padroni di ogni volta sono 
gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L'immedesimazione nel vincitore torna 
quindi ogni volta di vantaggio ai padroni del momento. Con cio' si e' detto 
abbastanza per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la 
vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano 
sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si e' sempre usato, e' 
trascinata nel trionfo. Essa e' designata con l'espressione "patrimonio 
culturale". Esso dovra' avere, nel materialista storico, un osservatore 
distaccato. Poiche' tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo 
sguardo ha immancabilmente un'origine a cui non puo' pensare senza orrore. Esso 
deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno 
creato, ma anche alla schiavitu' senza nome dei loro contemporanei. Non e' mai 
documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E 
come, in se', non e' immune dalla barbarie, non lo e' nemmeno il processo della 
tradizione per cui e' passato dall'uno all'altro. Il materialista storico si 
distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera come suo 
compito passare a contrappelo la storia. * 8. La tradizione degli oppressi ci insegna che lo "stato di emergenza" in cui 
viviamo e' la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda 
a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del 
vero stato di emergenza; e cio' migliorera' la nostra posizione nella lotta 
contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in cio' che i suoi 
avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo 
stupore perche' le cose che viviamo sono "ancora" possibili nel ventesimo secolo 
e' tutt'altro che filosofico. Non e' all'inizio di nessuna conoscenza, se non di 
quella che l'idea di storia da cui proviene non sta piu' in piedi. * 9. "La mia ala e' pronta al volo, ritorno volentieri indietro, poiche' restassi pur tempo vitale, avrei poca fortuna" (Gerhard Scholem, Il saluto dell'angelo) C'e' un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo 
che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli 
occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve 
avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena 
di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su 
rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i 
morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si e' 
impigliata nelle sue ali, ed e' cosi' forte che egli non puo' piu' chiuderle. 
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, 
mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Cio' che chiamiamo il 
progresso, e' questa tempesta. * 10. Gli oggetti che la regola dei conventi dava in meditazione ai fratelli, 
avevano il compito di distoglierli dal mondo e dalle sue faccende. Il pensiero 
che svolgiamo qui nasce da una determinazione analoga. Esso si propone, nel 
momento che i politici in cui avevano sperato gli avversari del fascismo 
giacciono a terra e ribadiscono la disfatta col tradimento della loro causa, di 
liberare l'infante politico mondiale dalle pastoie in cui lo hanno avviluppato. 
La considerazione muove dal fatto che la cieca fede nel progresso di quei 
politici, la loro fiducia nella loro "base di massa", e infine il loro servile 
inquadramento in un apparato incontrollabile, non erano che tre aspetti della 
stessa cosa. Essa cerca di dare l'idea di quanto deve costare, al nostro 
pensiero abituale, una concezione della storia che eviti ogni complicita' con 
quella cui quei politici continuano ad attenersi. * 11. Il conformismo, che e' sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non 
riguarda solo la sua tattica politica, ma anche le sue idee economiche. Ed e' 
una delle cause del suo sfacelo successivo. Nulla ha corrotto la classe operaia 
tedesca come l'opinione di nuotare con la corrente. Lo sviluppo tecnico era il 
filo della corrente con cui credeva di nuotare. Di qui c'era solo un passo 
all'illusione che il lavoro di fabbrica, trovandosi nella direzione del 
progresso tecnico, fosse gia' un'azione politica. La vecchia morale protestante 
del lavoro celebrava la sua resurrezione - in forma secolarizzata - fra gli 
operai tedeschi. Il programma di Gotha reca gia' tracce di questa confusione. 
Esso definisce il lavoro come "la fonte di ogni ricchezza e di ogni cultura". 
Allarmato, Marx ribatte' che l'uomo che non possiede altra proprieta' che la sua 
forza-lavoro, "non puo' non essere lo schiavo degli altri uomini che si sono 
resi... proprietari". Ciononostante la confusione continua a diffondersi, e poco 
dopo Josef Dietzgen proclama: "Il lavoro e' il messia del tempo nuovo. Nel... 
miglioramento... del lavoro... consiste la ricchezza, che potra' fare cio' che 
nessun redentore ha compiuto". Questo concetto della natura del lavoro, proprio 
del marxismo volgare, non si ferma troppo sulla questione dell'effetto che il 
prodotto del lavoro ha sui lavoratori finche' essi non possono disporne. Esso 
non vuol vedere che i progressi del dominio della natura, e non i regressi della 
societa'; e mostra gia' i tratti tecnocratici che appariranno piu' tardi nel 
fascismo. Fra cui c'e' anche un concetto di natura che si allontana funestamente 
da quello delle utopie socialiste anteriori al '48. Il lavoro, come e' ormai 
concepito, si risolve nello sfruttamento della natura, che viene opposto - con 
ingenuo compiacimento - a quello del proletariato. Paragonate a questa 
concezione positivistica, le fantasticherie che hanno tanto contribuito a far 
ridere di Fourier, rivelano un senso meravigliosamente sano. Secondo Fourier, il 
lavoro sociale ben ordinato avrebbe avuto per effetto che quattro lune avrebbero 
illuminato la notte terrestre, che il ghiaccio si sarebbe ritirato dai poli, che 
l'acqua del mare non avrebbe piu' saputo di sale, e che gli animali feroci 
sarebbero entrati al servizio degli uomini. Tutto cio' illustra un lavoro che, 
lungi dallo sfruttare la natura, e' in grado di sgravarla dalle creature che 
dormono latenti nel suo grembo. Al concetto corrotto del lavoro appartiene come 
suo complemento la natura che, per dirla con Dietzgen, "esiste 
gratuitamente". * 12. "Noi abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il 
fannullone viziato nei giardini del sapere" (Nietzsche, Sull'utilita' e il danno della storia) Il soggetto della conoscenza storica e' la classe stessa oppressa che 
combatte. In Marx essa appare come l'ultima classe schiava, come la classe 
vendicatrice, che porta a termine l'opera della liberazione in nome di 
generazioni di vinti. Questa coscienza, che e' tornata ad affermarsi per breve 
tempo nella Lega di Spartaco, e' sempre stata ostica alla socialdemocrazia. Nel 
corso di trent'anni essa e' riuscita ad estinguere quasi completamente il nome 
di un Blanqui, che ha fatto tremare col suo timbro metallico il secolo 
precedente. Essa si compiaceva di assegnare alla classe operaia la parte di 
redentrice delle generazioni future. E cosi' le spezzava il nerbo migliore della 
sua forza. La classe disapprese, a questa scuola, sia l'odio che la volonta' di 
sacrificio. Poiche' entrambi si alimentano all'immagine degli avi asserviti, e 
non all'ideale dei liberi nipoti. * 13. "Forse che la nostra causa non diventa ogni giorno piu' chiara, e il popolo 
ogni giorno piu' saggio?" (Wilhelm Dietzgen, La religione della socialdemocrazia) La teoria socialdemocratica, e piu' ancora la prassi, era determinata da un 
concetto di progresso che non si atteneva alla realta', ma presentava un'istanza 
dogmatica. Il progresso, come si delineava nel pensiero dei socialdemocratici, 
era, anzitutto, un progresso dell'umanita' stessa (e non solo delle sue 
capacita' e conoscenze). Era, in secondo luogo, un progresso interminabile 
(corrispondente a una perfettibilita' infinita dell'umanita'). Ed era, in terzo 
luogo, essenzialmente incessante (tale da percorrere spontaneamente una linea 
retta o spirale). Ciascuno di questi predicati e' controverso, e da ciascuno 
potrebbe prendere le mosse la critica. Ma essa, se si vuol fare sul serio, deve 
risalire oltre questi predicati e rivolgersi a qualcosa di comune a essi tutti. 
La concezione di un progresso del genere umano nella storia e' inseparabile da 
quella del processo della storia stessa come percorrente un tempo omogeneo e 
vuoto. La critica dell'idea di questo processo deve costituire la base della 
critica dell'idea del progresso come tale. * 14. "L'origine e' la meta" (Karl Kraus, Parole in versi I) La storia e' oggetto di una costruzione il cui luogo non e' il tempo 
omogeneo e vuoto, ma quello pieno di "attualita'" [Jetztzeit]. Cosi', per 
Robespierre, la Roma antica era un passato carico di attualita', che egli faceva 
schizzare dalla continuita' della storia. La Rivoluzione francese s'intendeva 
come una Roma ritornata. Essa richiamava l'antica Roma esattamente come la moda 
richiama in vita un costume d'altri tempi. La moda ha il senso dell'attuale, 
dovunque esso viva nella selva del passato. Essa e' un balzo di tigre nel 
passato. Ma questo balzo ha luogo in un'arena dove comanda la classe dominante. 
Lo stesso balzo, sotto il cielo libero della storia, e' quello dialettico, come 
Marx ha inteso la rivoluzione. * 15. La coscienza di far saltare il continuum della storia e' propria delle 
classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. La grande rivoluzione ha 
introdotto un nuovo calendario. Il giorno in cui ha inizio un calendario funge 
da acceleratore storico. Ed e' in fondo lo stesso giorno che ritorna sempre 
nella forma dei giorni festivi, che sono i giorni del ricordo. I calendari non 
misurano il tempo come orologi. Essi sono monumenti di una coscienza storica di 
cui in Europa, da cento anni a questa parte, sembrano essersi perdute le tracce. 
Ancora nella Rivoluzione di Luglio si e' verificato un episodio in cui si e' 
affermata questa coscienza. Quando scese la sera del primo giorno di battaglia, 
avvenne che in molti luoghi di Parigi, indipendentemente e nello stesso tempo, 
si sparasse contro gli orologi delle torri. Un testimone oculare, che deve forse 
la sua divinazione alla rima, scrisse allora: "Qui le croirait! on dit, 
qu'irrites contre l'heure / De nouveaux Josues au pied de chaque tour / Tiraient 
sur les cadrans pour arreter le jour". * 16. Al concetto di un presente che non e' passaggio, ma in bilico nel tempo ed 
immobile, il materialista storico non puo' rinunciare. Poiche' questo concetto 
definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia. lo 
storicismo postula un'immagine "eterna" del passato, il materialista storico 
un'esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie forze 
con la meretrice "C'era una volta" nel bordello dello storicismo. Egli rimane 
signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il continuum della 
storia. * 17. Lo storicismo culmina in linea di diritto nella "storia universale" 
[Universalgeschichte]. Da cui la storiografia materialistica si differenzia - 
dal punto di vista metodico - forse piu' nettamente che da ogni altra. La prima 
non ha un'armatura teoretica. Il suo procedimento e' quello dell'addizione; essa 
fornisce una massa di fatti per riempire il tempo omogeneo e vuoto. Alla base 
della storiografia materialistica e' invece un principio costruttivo. Al 
pensiero non appartiene solo il movimento delle idee, ma anche il loro arresto. 
Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni, 
le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il 
materialista storico affronta un oggetto storico unicamente e solo dove esso gli 
si presenta come monade. In questa struttura egli riconosce il segno di un 
arresto messianico dell'accadere o, detto altrimenti, di una chance 
rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far 
saltare un'epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far 
saltare una determinata vita dall'epoca, una determinata opera dall'opera 
complessiva. Il risultato del suo procedere e' che nell'opera e' conservata e 
soppressa l'opera complessiva, nell'opera complessiva l'epoca e nell'epoca 
l'intero decorso della storia. Il frutto nutriente dello storicamente compreso 
ha dentro di se' il tempo, come il seme prezioso ma privo di sapore. * 18. "I cinque scarsi decenni dell'homo sapiens - dice un biologo moderno - 
rappresentano, in rapporto alla storia della vita organica sulla terra, qualcosa 
come due secondi al termine di una giornata di ventiquattr'ore. La storia infine 
dell'umanita' civilizzata occuperebbe, riportata su questa scala, un quinto 
dell'ultimo secondo dell'ultima ora". Il tempo attuale [die Jetztzeit], che, 
come modello del tempo messianico, riassume in una grandiosa abbreviazione la 
storia dell'intera umanita', coincide esattamente con la parte che la storia 
dell'umanita' occupa nell'universo. a) Lo storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra momenti 
diversi della storia. Ma nessun fatto, perche' causa, e' gia' percio' storico. 
Lo diventera' solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono esserne 
divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione cessa di 
lasciarsi scorrere fra le dita la successione dei fatti come un rosario. Coglie 
la costellazione in cui la sua propria epoca e' entrata con un'epoca anteriore 
affatto determinata. E fonda cosi' un concetto del presente come del "tempo 
attuale", in cui sono sparse schegge di quello messianico. b) E' certo che il tempo non era appreso dagli indovini, che cercavano di 
estrarne cio' che si cela nel suo grembo, come omogeneo ne' come vuoto. Chi 
tenga presente questo, puo' forse giungere a farsi un'idea del modo in cui il 
passato era appreso nella memoria: e cioe' nello stesso. E' noto che agli ebrei 
era vietato investigare il futuro. La thora' e la preghiera li istruiscono 
invece nella memoria. Cio' li liberava dal fascino del futuro, a cui 
soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini. Ma non per 
questo il futuro divento' per gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto. Poiche' ogni 
secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il 
Messia. 4. INCONTRI. UN FERRAGOSTO ALTERNATIVO E 
NONVIOLENTO A VITERBO 
 Domenica 15 agosto 2010, con inizio alle ore 
15,30, presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" a Viterbo, si 
svolgera' il trentasettesimo incontro di studio del percorso di formazione 
e informazione nonviolenta iniziato da alcuni mesi. All'incontro partecipa il responsabile del 
Centro di ricerca per la pace di Viterbo. Il centro sociale autogestito "Valle Faul" si trova in strada 
Castel d'Asso snc, a Viterbo. L'iniziativa e' ovviamente aperta alla partecipazione di tutte le persone 
interessate. 5. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 14 AGOSTO UN INCONTRO 
DI STUDIO A VITERBO "PER UN'ETICA DELLA RESPONSABILITA'" 
 Sabato 14 agosto 2010 si e' svolto a Viterbo, 
presso il Centro di ricerca per la pace, un incontro di studio sul tema: "Per 
un'etica della responsabilita'". * Nel corso dell'incontro sono state analizzate 
alcune riflessioni ed opere di Hannah Arendt e di Primo Levi, di Edith 
Stein e di Simone Weil, di Gregory Bateson e della scuola di Palo Alto, di 
Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia, di Emmanuel Levinas e di Hans 
Jonas, di Ivan Illich e di Vandana Shiva. * Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo e' fin 
dagli anni '70 del secolo scorso impegnato - oltre che nell'organizzazione di 
iniziative pratiche in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, 
contro la guerra e contro la devastazione della biosfera - nella 
promozione di incontri di riflessione e di studio orientati alla costruzione di 
una cultura condivisa della nonviolenza e della 
solidarieta'. 6. APPELLI. 
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. 
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"  "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata 
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle 
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: 
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo 
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto 
"copia di 'Azione nonviolenta'". 8. SEGNALAZIONI LIBRARIE Riedizioni - Melanie Klein, La psicoanalisi dei bambini, Fabbri - Rcs Libri, Milano 
2007, 2010, pp. II + 378, euro 9,90. - Ludwig Wittgenstein, The Big Typescript, Einaudi, Torino 2002, Mondadori, 
Milano 2010, pp. XX + 772, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici 
Mondadori). 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale 
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e 
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento 
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della 
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo 
di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 283 del 15 agosto 2010 Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca 
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 
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