Telegrammi. 266
- Subject: Telegrammi. 266
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 29 Jul 2010 00:52:04 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 266 del 29 luglio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal
Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della
nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. La guerra, la guerra assassina
2.
Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Aristarco
Scardanelli
3. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
4.
"Azione nonviolenta"
5.
Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento
Nonviolento 7. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. LA GUERRA, LA GUERRA
ASSASSINA
Cessi immediatamente la partecipazione italiana
alla guerra in Afghanistan.
Si impegni l'Italia per la pace con mezzi di
pace.
La guerra e' nemica dell'umanita'.
2.
LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO ARISTARCO
SCARDANELLI
[Ringraziamo Paolo
Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco
Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci
messo a disposizione questa intervista ad Aristarco
Scardanelli.
Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo. L'intervistato e' un vecchio amico di questo foglio] - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Come e' avvenuto il suo
accostamento alla nonviolenza?
- Aristarco Scardanelli: Come per chiunque, credo. Un po' per caso, e un
po' per l'esigenza personale di un'intima coerenza tra cio' che si pensa,
si dice, si fa. La nonviolenza, se la cerchi ti trova.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali personalita' della
nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?
- Aristarco Scardanelli: Difficile rispondere; tra quelle che hanno contato
di piu' per me, ve ne sono diverse che probabilmente molti non collocherebbero
nel museo della nonviolenza (ed e' per questo che ho sempre trovato insensato
ridurre la nonviolenza a una parata di autorita'). In breve: ho incontrato
Gandhi, Capitini e Dolci quando gia' avevo fatto le scelte fondamentali. Prima e
decisivi erano stati Giacomo Leopardi e Karl Marx, Franca e Franco Basaglia,
Rosa Luxemburg e Hannah Arendt, Victor Serge e Aleksandr Solzenicyn, tutto il
femminismo nelle sue varie articolazioni. E Lucrezio e Diderot, Cervantes e
Swift, la scuola di Francoforte e Guenther Anders, Gyorgy Lukacs e Agnes
Heller, Ernst Bloch e Karl Korsch, Jose' Carlos Mariategui e Antonio Gramsci,
Heinrich Boell e Albert Camus, Franco Fortini e don Milani, Piero Gobetti ed
Ernesto De Martino. E poi ancora: Primo Levi e Nuto Revelli, Emmanuel Levinas
e Hans Jonas, Simone Weil e Virginia Woolf, Ernesto Balducci ed Alex
Langer, Giulio Girardi e la rivoluzione sandinista, Vittorio Emanuele Giuntella
e l'Opera Nomadi, Norberto Bobbio e Giuliano Pontara, Nelson Mandela e Vandana
Shiva. Ma non so se questi elenchi hanno poi un senso.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali libri consiglierebbe di
leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri
sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e
scolastica?
- Aristarco Scardanelli: Come testi di base per un accostamento specifico
proporrei Teoria e pratica della nonviolenza di Gandhi; gli Scritti sulla
nonviolenza di Capitini (ma anche: Il messaggio di Aldo Capitini); Politica
dell'azione nonviolenta di Gene Sharp; L'antibarbarie di Giuliano Pontara;
Il bene comune della terra di Vandana Shiva; e quell'indispensabile capolavoro
che sono i Vangeli. Altri testi: gli Scritti di Franco Basaglia, le Opere di
Primo Levi, Le tre ghinee di Virginia Woolf, almeno Le origini del totalitarismo
e La banalita' del male di Hannah Arendt, e tanti altri libri degli autori
citati prima, e di numerosi altri (tutti i classici sono sempre un buon
nutrimento: i tragici greci e la Bibbia ebraica e cristiana, Seneca e
Shakespeare, Dante e Boccaccio, Moby Dick e Kafka... ma anche la Storia della
letteratura latina di Concetto Marchesi, Il Dizionario di filosofia di Nicola
Abbagnano, la Storia del pensiero filosofico e scientifico di Ludovico Geymonat,
Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, Nato di donna di Adrienne Rich, la
Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, tutte le opere di Silvia Vegetti
Finzi...).
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali iniziative nonviolente in
corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e
degne di essere sostenute con piu' impegno?
- Aristarco Scardanelli: Forse occorrerebbe anzitutto charire che tante
iniziative che vengono spacciate per nonviolente non lo sono affatto. Cio' non
significa che non possano essere apprezzabili, ma definirle nonviolente e' una
mistificazione; ed essendo la nonviolenza anche nonmenzogna, cominciare a fare
chiarezza su questo punto mi sembra preliminare.
Viceversa, vi sono molte iniziative che nonviolente non vengono definite e
che invece sono palesemente nonviolenza in atto.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: In quali campi ritiene piu'
necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Aristarco Scardanelli: Non saprei; posso dire che
le iniziative che oggi in Italia mi sembrano piu' necessarie ed urgenti sono
l'opposizione alla partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan e
l'opposizione al colpo di stato hitleriano realizzato dal governo Berlusconi con
le misure razziste imposte nel corso del tempo fino all'orribile culmine
dell'estate scorsa. Ho l'impressione che la generalita' degli italiani nativi
non si sia accorta di vivere in un paese che sta applicando misure naziste nei
confronti di rom e migranti, e preferisca fingere di non accorgersi di cio' a
cui stanno partecipando i soldati italiani in Afghanistan. Non accorgersi
- o fingere di non accorgersi - del colpo di stato razzista e della
guerra sterminista, significa esserne gia' diventati complici.E senza neppure
l'alibi di subire il ricatto di un regime terrorista.
* - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali centri, organizzazioni,
campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la
nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Aristarco Scardanelli: Purche' abbia sale in zucca e spirito critico,
puo' collaborare con molte esperienze. Una buona idea potrebbero essere di
entrare in contatto col Movimento Nonviolento. Sconsiglierei di impegnarsi in
esperienze a leadership maschile: in men che non si dica degenerano
nell'autoritarismo e nel militarismo.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e
quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Aristarco Scardanelli: E' la lotta contro la violenza in tutte le sue
forme, e la pratica della misericordia in tutte le sue possibilita'.
A voler dare una definizione piu' ampia commetto l'ineleganza di citare un
testo che su "La nonviolenza e' in cammino" e' stato molte volte
riproposto.
"I. Una premessa terminologica
Scriviamo la parola "nonviolenza" tutta attaccata, come ci ha insegnato
Capitini, per distinguerla dalla locuzione "non violenza"; la locuzione "non
violenza" significa semplicemente non fare la violenza; la parola "nonviolenza"
significa combattere contro la violenza, nel modo piu' limpido e piu'
intransigente.
Chiamiamo le persone che si accostano alla nonviolenza "amici della
nonviolenza" e non "nonviolenti", perche' nessuno puo' dire di essere
"nonviolento", siamo tutti impastati di bene e di male, di luci e di ombre, e'
amica della nonviolenza la persona che rigorosamente opponendosi alla violenza
cerca di muovere verso altre piu' alte contraddizioni, verso altri piu' umani
conflitti, con l'intento di umanizzare l'agire, di riconoscere l'umanita' di
tutti.
Con la parola "nonviolenza" traduciamo ed unifichiamo due distinti e
intrecciati concetti gandhiani: "ahimsa" e "satyagraha". Sono due parole
densissime che hanno un campo semantico vastissimo ed implicano una
concettualizzazione ricca e preziosa.
Poiche' qui stiamo cercando di esprimerci sinteticamente diciamo che ahimsa
designa l'opposizione alla violenza, e' il contrario della violenza, ovvero la
lotta contro la violenza; ma e' anche la conquista dell'armonia, il fermo
ristare, consistere nel vero e nel giusto; e' il non nuocere agli altri (ne' con
atti ne' con omissioni), e quindi innocenza, l'in-nocenza nel senso forte
dell'etimo. Ahimsa infatti si compone del prefisso "a" privativo, che nega
quanto segue, e il tema "himsa" che potremmo tradurre con "violenza", ma anche
con "sforzo", "squilibrio", "frattura", "rottura dell'armonia", "scissura
dell'unita'"; in quanto opposizione alla lacerazione di cio' che deve restare
unito, l'ahimsa e' dunque anche ricomposizione della comunita',
riconciliazione.
Satyagraha e' termine ancora piu' denso e complesso: tradotto solitamente
con la locuzione "forza della verita'" puo' esser tradotto altrettanto
correttamente in molti altri modi: accostamento all'essere (o all'Essere, se si
preferisce), fedelta' al vero e quindi al buono e al giusto, contatto con
l'eterno (ovvero con cio' che non muta, che vale sempre), adesione al bene,
amore come forza coesiva, ed in altri modi ancora: e' bella la definizione della
nonviolenza che da' Martin Luther King, che e' anche un'eccellente traduzione di
satyagraha: "la forza dell'amore"; ed e' bella la definizione di Albert
Schweitzer: "rispetto per la vita", che e' anch'essa un'ottima traduzione di
satyagraha. Anche satyagraha e' una parola composta: da un primo elemento,
"satya", che e' a sua volta derivato dalla decisiva parola-radice "sat", e da
"agraha". "Agraha" potremmo tradurla contatto, adesione, forza che unisce,
armonia che da' saldezza, vicinanza; e' la forza nel senso del detto "l'unione
fa la forza", e' la "forza di attrazione" (cioe' l'amore); e' cio' che unisce in
contrapposizione a cio' che disgrega ed annichilisce. "Satya" viene tradotto per
solito con "verita'", ed e' traduzione corretta, ma con uguale correttezza si
potrebbe tradurre in modi molto diversi, poiche' satya e' sostantivazione
qualificativa desunta da sat, che designa l'essere, il sommo bene, che e' quindi
anche sommo vero, che e' anche (per chi aderisce a fedi religiose) l'Essere,
Dio. Come si vede siamo in presenza di un concetto il cui campo di significati
e' vastissimo.
Con la sola parola nonviolenza traduciamo insieme, e quindi unifichiamo,
ahimsa e satyagraha. Ognun vede come si tratti di un concetto di una
complessita' straordinaria, tutto l'opposto delle interpretazioni banalizzanti e
caricaturali correnti sulle bocche e nelle menti di chi presume di tutto sapere
solo perche' nulla desidera capire.
II. Ma cosa e' questa nonviolenza? lotta come umanizzazione
La nonviolenza e' lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e
gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo di
riconoscimento di umanita'. La nonviolenza e' lotta o non e' nulla; essa vive
solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza.
Ed insieme e' quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo
vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba conio' il motto, stupendo,
"vittoria al mondo"; un motto dei militanti afroamericani dice all'incirca lo
stesso: "potere al popolo"); la nonviolenza e' quella specifica forma di lotta
il cui fine e' il riconoscimento di umanita' di tutti gli esseri umani: e' lotta
di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli stessi oppressori
contro il cui agire si solleva a combattere.
Essa e' dunque eminentemente responsabilita': rispondere all'appello
dell'altro, del volto muto e sofferente dell'altro. E' la responsabilita' di
ognuno per l'umanita' intera e per il mondo.
Ed essendo responsabilita' e' anche sempre nonmenzogna: amore della verita'
come amore per l'altra persona la cui dignita' di essere senziente e pensante,
quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire e' violare la
dignita' altrui in cio' che tutti abbiamo di piu' caro: la nostra capacita' di
capire).
Non e' dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una
prassi.
Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si da'
sempre in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in
astratto.
Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiche' la teoria nonviolenta
e' sempre e solo la riflessione e l'autocoscienza della nonviolenza come prassi.
La nonviolenza o e' in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o
semplicemente non e'.
Esistono tante visioni e interpretazioni della nonviolenza quanti sono i
movimenti storici e le singole persone che si accostano ad essa e che ad essa
accostandosi la fanno vivere, poiche' la nonviolenza vive solo nel conflitto e
quindi nelle concrete esperienze e riflessioni delle donne e degli uomini in
lotta per l'umanita'.
III. Tante visioni della nonviolenza quante sono le persone che ad essa si
accostano
Ogni persona che alla nonviolenza si accosta da' alla sua tradizione un
apporto originale, un contributo creativo, un inveramento nuovo e ulteriore, e
cosi' ogni amica e ogni amico della nonviolenza ne da' una interpretazione
propria e diversa dalle altre. Lo sapeva bene anche Mohandas Gandhi che defini'
le sue esperienze come semplici "esperimenti con la verita'", non dogmi, non
procedure definite e routinarie, non ricette preconfezionate, ma esperimenti:
ricerca ed apertura.
IV. La nonviolenza come insieme di insiemi
Io che scrivo queste righe propendo per proporre questa definizione della
nonviolenza cosi' come a me pare di intenderla e praticarla: la nonviolenza e'
cosa complessa, un insieme di insiemi, aperto e inconcluso.
1. E' un insieme di concetti e scelte logico-assiologici, ovvero di criteri
per l'azione: da questo punto di vista ad esempio la nonviolenza e'
quell'insieme di scelte morali che potremmo condensare nella formula del
"principio responsabilita'" in cui ha un ruolo cruciale la scelta della coerenza
tra i mezzi e i fini (secondo la celebre metafora gandhiana: tra i mezzi e i
fini vi e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta).
2. E' un insieme di tecniche interpretative (il riconoscimento dell'altro,
ergo il rifiuto del totalitarismo, della cancellazione o della sopraffazione del
diverso da se'), deliberative (per prendere le decisioni senza escludere alcuno)
ed operative (per l'azione di trasformazione delle relazioni: interpersonali,
sociali, politiche); come esempio di tecnica deliberativa nonviolenta potremmo
citare il metodo del consenso; come esempio di tecniche operative potremmo
citare dallo sciopero a centinaia di altre forme di lotta cui ogni giorno
qualcuna se ne aggiunge per la creativita' di chi contro la violenza ovunque si
batte.
3. E' un insieme di strategie: e ad esempio una di esse risorse strategiche
consiste nell'interpretazione del potere come sempre retto da due pilastri: la
forza e il consenso; dal che deriva che si puo' sempre negare il consenso e
cosi', attraverso la noncollaborazione, contrastare anche il potere piu'
forte.
4. E' un insieme di progettualita' (di convivenza, sociali, politiche):
significativo ad esempio e' il concetto capitiniano di "omnicrazia", ovvero: il
potere di tutti. La nonviolenza come potere di tutti, concetto di una ricchezza
e complessita' straordinarie, dalle decisive conseguenze sul nostro agire.
V. Un'insistenza
Insistiamo su questo concetto della nonviolenza come insieme di insiemi,
poiche' spesso molti equivoci nascono proprio da una visione riduzionista e
stereotipata; ad esempio, e' certo sempre buona cosa fare uso di tecniche
nonviolente anziche' di tecniche violente, ma il mero uso di tecniche
nonviolente non basta a qualificare come nonviolenta un'azione o una proposta:
anche i nazisti prima della presa del potere fecero uso anche di tecniche
nonviolente.
Un insieme di insiemi, complesso ed aperto.
Un agire concreto e sperimentale e non un'ideologia sistematica e
astratta.
Un portare ed agire il conflitto come prassi di umanizzazione, di
riconoscimento e liberazione dell'umanita' di tutti gli esseri umani; come
responsabilita' verso tutte le creature.
La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' questo cammino. Il cammino
vieppiu' autocosciente dell'umanita' sofferente in lotta per il riconoscimento
di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
VI. Una grande esperienza e speranza storica
Non patrimonio di pochi, la nonviolenza si e' incarnata in grandi
esperienze e speranze storiche, due sopra tutte: la Resistenza, e il movimento
delle donne; ed e' il movimento delle donne, la prassi nonviolenta del movimento
delle donne, la decisiva soggettivita' autocosciente portatrice di speranza e
futuro qui e adesso, in un mondo sempre piu' minacciato dalla catastrofe e
dall'annichilimento della civilta' umana".
Cosi' quel testo. Mi scuso per la citazione elefantiaca, ma forse ne valeva
la pena. *
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e femminismo?
- Aristarco Scardanelli: Il femminismo e' la maggiore esperienza storica
della nonviolenza. Dove non vi e' lotta di liberazione delle donne, li' e' gia'
il fascismo.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza ed ecologia?
- Aristarco Scardanelli: Ecologia e' il nome della relazione nonviolenta
tra gli esseri umani e la biosfera, biosfera di cui gli esseri umani sono
parte.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e psicoterapie?
- Aristarco Scardanelli: Un rapporto decisivo. Nella mia formazione mi
sono sembrati strumenti assai utili il Manuale critico di psichiatria di
Giovanni Jervis; la Pragmatica della comunicazione umana di Paul Watzlawick,
Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson; i lavori di Eugene Minkowski; ovviamente i
libri di Franca e Franco Basaglia. Utili strumenti di lavoro sono anche la
"garzantina" di Psicologia di Umberto Galimberti, e il suo Psiche e
techne.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla
riflessione sull'educazione?
- Aristarco Scardanelli: Un contributo cospicuo purche' non se ne faccia
stoltamente l'oggetto di un'operazione riduzionista e dogmatizzante. Tutta la
grande pedagogia e' tendenzialmente - e sovente pienamente e consapevolmente
- nonviolenta.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla
riflessione sull'etica e sulla bioetica?
- Aristarco Scardanelli: Dopo Auschwitz e dopo Hiroshima la
nonviolenza costituisce il criterio cruciale della riflessione
etica contemporanea; e della bioetica e' il cuore pulsante.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla
riflessione storica e alla pratica storiografica?
- Aristarco Scardanelli: Eredita ed invera le grandi acquisizioni della
riflessione e della ricerca storiografica novecentesca - la scuola delle
"Annales", in primo luogo.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Come caratterizzerebbe la
formazione alla nonviolenza?
- Aristarco Scardanelli: Forse puo' essere interessante citare per esteso
il capitolo ottavo, "Principi dell'addestramento alla nonviolenza", del libro di
Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d.
(ma 1967), capitolo piu' volte riprodotto ne "La nonviolenza e' in
cammino". E' una citazione lunga, ma decisamente autorevole.
"Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta
all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria
questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un
individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i
modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un
addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia
sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso
improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi,
talora una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in
minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema
dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le qualita'
fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della nonviolenza cio'
che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del guerriero sono formate e
addestrate fin dai tempi della preistoria e si ritrovano perfino al livello
della vita animale. Le qualita' del nonviolento hanno avuto una formazione piu'
incerta, meno consistente ed energica, per la stessa ragione che la strategia
della pace e' meno sviluppata della strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi
occupasse il campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e
articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti
alla nonviolenza, contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i
primi cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in
questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia
della posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e'
detta "il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per
resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era stato
espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava umilmente";
l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della prassi, ma anche
l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato in vista
all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio perche' sono
l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della preghiera.
Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei
Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame puo'
essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato sulla
persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana, sull'obbedienza
assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno posti insieme con
quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso nell'immedesimazione con un
Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione che e' lo Stato, nell'obbedienza
che e' rinuncia a scelte e ad iniziative; "chiuso", perche' il metodo
nonviolento non discende da un Capo, ma e' aperto a immedesimarsi con tutte le
persone, a cominciare dalle circostanti: non fa differenza tra compagni e non
compagni, perche' e' aperto anche agli avversari che considera uniti nella
comune realta' di tutti; ne' puo' fare dell'obbedienza un principio di assoluto
rilievo, perche' l'addestramento nonviolento tende a formare abitudini di
consenso e di cooperazione, riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i
quali essa venga concordata, per condurre un'azione particolare.
I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non
chiusa; essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per
es. la musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre
il cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che
l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi' e'
l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di una
persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta
affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta alla
vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla nonviolenza:
sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di voler vedere
subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non significhi nulla. Anche
se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come un sasso che cade nell'acqua
e causa onde che vanno lontano. Questo animo di operare da un centro genera a
poco a poco il sentimento della realta' di tutti., dell'unita' che c'e' tra
tutti gli esseri, un sentimento molto importante per la nonviolenza, che e'
incremento continuo del rapporto con tutti.
I. Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento
Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento. E
vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:
a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro
cui si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento,
un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per
raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta
situazione;
b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la
nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro generale
attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si stanno
formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un agire
assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che congiunge
persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per l'apparizione e
il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non valgono piu' le
vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la patria suprema e' la
realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di divinizzare gli Stati e i loro
Capi, di bruciare il granello d'incenso in loro onore.
Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:
a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi
e delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi
per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato finora
fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi
nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni,
critiche, disprezzo o ridicolo;
b) il mutamento della considerazione abituale della vita come
amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa societa'
sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita sara' scomoda,
che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male, veder distrutti
oggetti propri.
Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:
1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola
o dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante
delle passate affermazioni della nonviolenza. Esempi: Gesu' Cristo al momento
dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal metodo della
rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la visita di San
Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose; l'angoscia
dell'aviatore di Hiroshima;
2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come
hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese, ingiurie,
colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere arrestato,
legato).
Vediamo ora alcuni elementi psicologici:
a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli
altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non
vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio
vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso regalo
all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si imprimono per
sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare aspettassero il momento
adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che l'avversario e' un compagno di
viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza, senza amareggiarlo;
b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la
tenacia, l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la
cultura che cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si
forma lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e
instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi si
stanca, chi ha paura;
c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la
nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti; cioe'
non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi sentimenti,
perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma egli stabilisce,
con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva che mette al centro
lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati;
d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che
la nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la
scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla
realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere
personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e rafforzare
il proprio ordine interno;
e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisioni
come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla
psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni di
impegno.
Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di
comportamento:
1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e'
un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una
posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente
calmo e chiaro della voce;
2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti;
essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il
nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza, non
si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;
3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che
corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento lascia
ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;
4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli
sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al nonviolento
per possedere una riserva di energia per affrontare prove straordinarie.
II. Gli elementi sociali
Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento.
Vediamone alcuni:
a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta
importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani. San
Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia all'interno
della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un identico pezzo di
pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte corrispondente. La nonmenzogna
rende gli altri potenzialmente presenti alla propria vita, stabilisce che cio'
che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.
b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per
costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e
generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni
pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta che
comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del dialogo
di "ascoltare e parlare".
c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra
tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.
d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel
mondo circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando
iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare
malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli adulti,
di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i miseri. I
nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una normale attivita'
di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad essa, appena finita
la campagna con successo o no: e' anche un modo per ritemprare le forze, per non
incassare inerti una sconfitta.
e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale,
sull'importanza del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche'
crea un senso di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben
visibilmente, e abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno
scopo.
f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari,
passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.
g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei
soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il
gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le azioni
nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le promuove.
h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di
leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti, processi,
prigionia.
L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle
situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e
possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni
nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei
passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto venuto
anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la prigione per
un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a. sdrammatizzare
l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni, aiutando gli
ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente danneggiata dagli
improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto sul momento; che sono
quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per un quarto e'
amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due quarti e' coraggiosa
pazienza.
E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non
potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del metodo
nonviolento".
Cosi' Capitini.
E sempre nello stesso libro cosi' il filosofo perugino apostolo della
nonviolenza in Italia presenta e riassume, nel capitolo dodicesimo, Il "Manuale
dell'organizzatore dell'azione diretta nonviolenta" di Charles C. Walker (1961).
Ed anche questo testo e' piu' volte apparso ne "La nonviolenza e' in
cammino".
"Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta
nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della
nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Fremont lo ha tradotto in francese.
L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue, Enfield,
Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il confronto con il
Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione nonviolenta si sia
accresciuta negli anni, specialmente per le grandi campagne gandhiane e per
quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove. Del resto, il manuale integra
spesso i suoi suggerimenti con indicazioni bibliografiche. Metteremo in luce la
struttura del lavoro, e i punti piu' rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando
rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del
pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo continuamente
notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata, indicando alle
vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi il nome e
l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi e associazioni
che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le
azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere apertamente
notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne deduce: prima
di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere largamente.
2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle
vittime, stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente
all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere
preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative, assistenza
alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in comunita'. Utile
anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche,
economiche, implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto),
sull'atteggiamento dei vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima
di ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi
possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni
onorifiche date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione
importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per
rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare tutti
gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza
rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne
nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film, fare
riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di realizzazione di
iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro, raccontare fatti eroici,
prendere pasti in comune, formare bene gli individui per i compiti che saranno a
loro affidati; distinguere tra l'addestramento generale e quello per determinate
azioni.
5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un
comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e
comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per stampare,
per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio
giuridico).
6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale
pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai
funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni
pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere, anche
per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per affissioni,
automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella zona). Stabilire
un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione: telefono,
altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni appropriate per i
capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare manifesti e volantini
(da apprestare molto per tempo).
7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza
legale.
8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi
biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla
stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi,
visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli di
giornali.
10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano
dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni
(alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai
comitati).
11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo
gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta e
tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie.
Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli
avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni), e se
piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in quanto
possibile, un silenzio assoluto.
12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere
dal disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso
l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con la
violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio posto
disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della
prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di
ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e in
tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano e
reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le sofferenze
redentrici possono liberare dal veleno della violenza accumulatosi da tanto
tempo).
13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime
delle rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne,
ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al
corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di
personalita' eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli
aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far
agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in
gruppo.
15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni:
l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per
arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una
trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della
giustizia e dell'onesta' umana)".
Citazione lunga, ma credo non disutile. *
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Come caratterizzerebbe
l'addestramento all'azione nonviolenta?
- Aristarco Scardanelli: L'azione diretta nonviolenta e' il cuore
della nonviolenza, e richiede una preparazione specifica. Per un
approfondimento, oltre quanto riportato nella risposta precedente consiglio
vivamente di leggere l'utilissimo - e monumentale - Politica dell'azione
nonviolenta di Gene Sharp.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali
esperienze editoriali le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far
conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Aristarco Scardanelli: Anche in questo caso la prima cosa da fare e'
chiarire che molte iniziative spacciate per "nonviolente" non lo sono affatto;
che molti testi che pretendono di parlare di nonviolenza sono null'altro
che un cumulo di sciocchezze - di non innocenti sciocchezze -; e che
molti sedicenti "esperti" letteralmente non sanno quel che si
dicono. 3. APPELLI.
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Centre Royaumont pour une science de l'homme, Theories du langage
theories de l'apprentissage. Le debat entre Jean Piaget et Noam Chomsky
organise' et recueilli par Massimo Piattelli-Palmarini, Editions du Seuil, Paris
1979, 1982, pp. 544.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 266 del 29 luglio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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