Coi piedi per terra. 305
- Subject: Coi piedi per terra. 305
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 27 Jul 2010 10:49:12 +0200
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Numero 305 del 27 luglio 2010
In questo numero:
1. Il 5 agosto a Viterbo
2.
Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Alessandro
Colocolli
3.
Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Carlo
Ruta
4. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
1. INIZIATIVE. IL 5 AGOSTO A VITERBO
Il 5 agosto festeggeremo in piazza S. Pellegrino,
nel cuore del quartiere medioevale di Viterbo, il terzo anniversario della nascita del comitato che si oppone al
mega-aeroporto e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo.
Utilizzando variegate
forme espressive (e col prezioso contributo di artisti dell'immagine, del
suono e della parola), in quella occasione riassumeremo la storia e il
senso di questi tre anni di esperienze di impegno per la verita', per
l'ambiente, per i diritti umani, per la legalita', per salvare l'area
naturalistica, archeologica e termale del Bulicame dall'insensato ed
illegale mega-aeroporto degli speculatori, degli avvelenatori, dei
vandali.
Parteciperanno anche varie autorevoli
personalita' che da varie parti d'Italia in questi anni hanno sostenuto
l'iniziativa del comitato e condiviso il suo impegno locale e globale per la
riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della
democrazia, dei diritti di tutti; tra gli ospiti
che saranno presenti e interverranno, l'illustre magistrato Ferdinando
Imposimato e la prestigiosa saggista ambientalista Marinella
Correggia.
Nel corso dell'iniziativa verra' anche ricordato
Alfio Pannega, figura storica della Viterbo
popolare e antifascista, che e' deceduto il 30 aprile scorso e che al comitato
prese parte fin dalla sua fondazione.
2.
LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO ALESSANDRO
COLOCOLLI
[Ringraziamo Paolo
Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco
Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci
messo a disposizione questa intervista ad Alessandro
Colocolli.
Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo. L'intervistato e' un vecchio amico di questo foglio] - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Come e' avvenuto il suo
accostamento alla nonviolenza?
- Alessandro Colocolli: Come approfondimento e rigorizzazione di cio' che
gia' pensavo e gia' facevo.
* - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?- Alessandro Colocolli: Tutte quelle condotte dalle donne.
*
- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento? - Alessandro Colocolli: Oggi qui nell'opposizione alla guerra; nella
resistenza contro il colpo di stato razzista; nella lotta contro il patriarcato
e il maschilismo assassini; nella difesa della biosfera casa comune.
*
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia? - Alessandro Colocolli: Il Movimento Nonviolento.
* - Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali? - Alessandro Colocolli: La lotta contro la violenza, l'ascolto dell'altro,
la responsabilita' e l'accudimento. La cognizione della complessita', il
fallibilismo, la coerenza tra mezzi e fini, la coscienza del limite, il metodo
maieutico. Volendo condensare tutto in una formula: tu non uccidere.
* - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e
femminismo?
- Alessandro Colocolli: Il femminismo e' l'esperienza di riferimento per
ogni persona amica della nonviolenza.
* - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed
ecologia?
- Alessandro Colocolli: Sono la stessa cosa.
* - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza,
impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti
umani di tutti gli esseri umani?
- Alessandro Colocolli: La nonviolenza e' per l'appunto la
lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri
umani.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e
lotta antimafia?
- Alessandro Colocolli: La lotta antimafia e' in Italia l'ambito specifico
in cui la nonviolenza ha fatto le sue migliori prove. E non mi riferisco solo a
Danilo Dolci, ma all'insieme delle esperienze di lotta, da quelle
del movimento contadino ad oggi. Cos'e' l'esperienza di Peppino Impastato
se non nonviolenza in atto? Cos'e' l'esperienza di Pippo Fava se non nonviolenza
in atto?
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e
lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed
oppresse?
- Alessandro Colocolli: La gran parte delle tecniche della nonviolenza sono
state inventate dal movimento operaio e contadino; e particolarmente le
organizzazione sindacali del movimento operaio e contadino sono state le
maggiori esperienze organizzative nonviolente. La nonviolenza e' la
teoria-prassi del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la
liberazione dell'umanita'.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e
lotte di liberazione dei popoli oppressi?
- Alessandro Colocolli: Solo quando ed in quanto scelgono la nonviolenza le
lotte di liberazione dei popoli oppressi hanno una possibilita' di riuscita;
altrimenti anche se sconfiggono i regimi oppressivi contro cui si sollevano ne
riproducono alcuni decisivi tratti; le rivoluzioni socialiste e libertarie
fondate sulla via militare cessano presto di essere pienamente socialiste e
libertarie. Il militarismo porta in se' il fascismo.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e pacifismo?
- Alessandro Colocolli: La nonviolenza e' il pacifismo giunto alla
rigorizzazione logica e assiologica per cui si coglie che la pace si costruisce
solo con mezzi di pace, si coglie che la pace non e' quiete ma vita attiva, e si
coglie che la pace e' gestione dei conflitti adeguata, responsabile e
liberatrice.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e antimilitarismo?
- Alessandro Colocolli: L'impegno contro la guerra o si traduce anche in
impegno contro gli eserciti e contro le armi o non e' nulla. E se non fosse
antimilitarista la nonviolenza non sarebbe anche quella proposta politica,
sociale ed esistenziale che invece e': il militarismo essendo intrinsecamente
autoritario, gerarchico, oppressore del debole e del fragile, distruttore del
vivo fiore; ebbene, questo essendo il militarismo, la nonviolenza ne e'
l'antagonista piu' netta.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e disarmo?
- Alessandro Colocolli: Impegno per la pace, opposizione alla guerra,
antimilitarismo, implicano l'impegno per il disarmo: le armi col loro stesso
esistere sono nemiche dell'umanita'.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e diritto alla salute e all'assistenza?
- Alessandro Colocolli: Essendo la nonviolenza la lotta per il
riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, e
l'inveramento di essi nel farsi stesso di essa lotta, la relazione e' di
necessaria implicazione.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e psicoterapie?
- Alessandro Colocolli: La pratica della nonviolenza e' gia'
terapeutica.
* - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali rapporti vede tra
nonviolenza e informazione?
- Alessandro Colocolli: In quanto nonmenzogna, in quanto educazione come
pratica della liberta' e della responsabilita', ed in quanto comunicazione
che riconosce e degnifica, ebbene, la nonviolenza e' gia' interazione
conoscitiva.
* - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla
riflessione filosofica?
- Alessandro Colocolli: La consapevolezza degli esiti pratici dei processi
di pensiero. *
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla
riflessione sul diritto e le leggi?
- Alessandro Colocolli: Svolgimenti evolutivi decisivi: si veda
l'esperienza della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" in Sud
Africa.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla
riflessione sulla scienza e la tecnologia?
- Alessandro Colocolli: La consapevolezza tematizzata da Hans Jonas nel suo
classico libro Il principio responsabilita'.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti
in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza,
inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la
qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?
- Alessandro Colocolli: In primo luogo occorre uscire dalla
subalternita'.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Nonviolenza e istituzioni: quali
rapporti?
- Alessandro Colocolli: La nonviolenza deve farsi giuriscostituente.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Nonviolenza e amicizia: quale
relazione?
- Alessandro Colocolli: La nonviolenza e' un atto di amicizia inclusiva, di
rivolgimento amoroso al "tu-tutti" (secondo la formula capitiniana).
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Nonviolenza e politica: quale
relazione?
- Alessandro Colocolli: La nonviolenza costituisce il criterio
cruciale e la scelta indispensabile della politica del XXI
secolo.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quale e' lo stato della
nonviolenza oggi nel mondo?
- Alessandro Colocolli: E' in crescita la coscienza che solo la scelta
della nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali iniziative intraprendere
perche' vi sia da parte dell'opinione pubblica una percezione corretta e una
conoscenza adeguata della nonviolenza?
- Alessandro Colocolli: Semplicemente condurre lotte nonviolente sulle
questioni decisive: l'opposizione alla guerra, l'opposizione al colpo di stato
razzista...
*
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa
persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a
un lettore che non la conoscesse affatto?
- Alessandro Colocolli: Sono una persona vecchia, e stanca. Non c'e' altro
di interessante da dire.
*
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: C'e' qualcosa che vorrebbe
aggiungere?
- Alessandro Colocolli: Per carita'.
3.
LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO CARLO
RUTA
[Ringraziamo Paolo
Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco
Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci
messo a disposizione questa intervista a Carlo Ruta di cui riportiamo ampi
stralci.
Per un profilo di
Carlo Ruta si veda la risposta all'ultima domanda di questa intervista e la voce
a lui dedicata in Wikipedia]
- Paolo Arena e Marco
Graziotti: Come e' avvenuto il suo
accostamento alla nonviolenza? - Carlo Ruta: E' avvenuto per gradi, con lo scorrere degli anni, che mi hanno consentito di riflettere, soprattutto sulla natura dell’atteggiamento violento, rivelatore delle lesioni che fino a oggi hanno egemonizzato la storia. La violenza e' un trauma a prescindere, che lascia il segno, sempre e comunque, fino a generarne altre. Ho maturato allora la convinzione che la nonviolenza, sostenuta da una coerente razionalita', sia il modo piu' consono di resistervi. * - Paolo Arena e Marco
Graziotti: Quali personalita' della
nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'? - Carlo Ruta: Come tanti, mi sono trovato a fare i conti con le esperienze di Gandhi, Aldo Capitini, Martin Luther King, don Milani. Ho avuto quindi nozione di eventi che, per quanto marginali o apparentemente tali, hanno influito sul “normale” corso delle cose, ponendolo in qualche modo in discussione. Da Machiavelli a Hobbes, a Clausewitz, e' stato insegnato che il realismo, se propriamente tale, non puo' che essere bellicista. Esiste ed e' operante nondimeno un realismo della nonviolenza, che sconfessa tale visione monolitica della storia. Tanto piu' nel tempo segnato dalla tragedia dei genocidi, sono state tracciate e testimoniate vie che e' possibile percorrere e che in taluni snodi sono risultate perfino determinanti. Specie dopo l’esperienza gandhiana, la nonviolenza e' divenuta in sostanza una possibilita' operativa, una metodica, una prassi. E tutto questo per me ha contato. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica? - Carlo Ruta: La nonviolenza e' una fiumana che ha accompagnato il grande fiume della prepotenza. Consiglierei quindi di accostarsi a questo torrente, minuscolo e tuttavia irriducibile, attraverso le opere o i brani di opere che lo hanno meglio rappresentato, sin dall’antichita'. Per comprenderne l’essenza e la varieta' di sfaccettature, suggerirei comunque la seguente bibliografia minima: William Godwin, Political justice; Henry David Thoreau, La disobbedienza civile; Lev Tolstoj, In che consiste la mia fede; Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale; Mohandas Karamchand Gandhi, Nonviolenza in pace e in guerra e Autobiografia; Hannah Arendt, La banalita' del male; don Lorenzo Milani, L’obbedienza non e' piu' una virtu'; Martin Luther King, La forza di amare e Marcia verso la liberta'; Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza; Hans Jonas, Il principio responsabilita'; Amartya Sen, Lo sviluppo e' liberta'. Suggerirei altresi' la lettura di alcuni brani di Kant: in particolare, i passi della Critica della ragion pratica che definiscono il valore assoluto della dignita' umana e le “geometrie” che reggono l’imperativo categorico. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno? Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia? - Carlo Ruta: Mi preme ricordare anzitutto l’organizzazione della Freedom Flotilla, che nei mesi scorsi ha pagato il proprio impegno con nove uccisi, per aver tentato di forzare il blocco su Gaza, in sostegno al popolo palestinese. Le realta' che meritano vicinanza e sostegno sono comunque tante. Penso, per esempio, a Emergency di Gino Strada, ad Amnesty International, alle associazioni israeliane e palestinesi che hanno deciso di cooperare sul terreno della nonviolenza. Fra le realta' italiane che si sono distinte per rilievo e costanza dell’iniziativa, mi piace ricordare i Comboniani, Pax Christi, la Rete italiana per il disarmo, la Comunita' di Sant’Egidio, la Chiesa Valdese, il Movimento Nonviolento, l’associazione Libera di don Luigi Ciotti, il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, Peacelink, Fortresse Europe, L’Arci, i Beati Costruttori di Pace, la Gioventu' Francescana. E si potrebbe continuare, giacche' sono numerose le associazioni che, legate comunemente al territorio, hanno deciso di seguire la traccia di Aldo Capitini, Alexander Langer, don Tonino Bello. Trovo infine essenziale l’impegno della Lav e di altre associazioni animaliste. * - Paolo Arena e Marco
Graziotti: In quali campi ritiene piu'
necessario ed urgente un impegno nonviolento? - Carlo Ruta: L’impegno nonviolento chiama a confrontarsi, giorno dopo giorno, con l’emergenza delle guerre, con epidemie e carenze alimentari che colpiscono i continenti, con le offese delle mafie, con la realta' dei migranti, con il disagio della disoccupazione, diffusa in ogni parte della terra, tanto piu' in periodi come l’attuale. Tutto questo propone sfide che e' doveroso raccogliere. Fatto salvo tale dato, imprescindibile, volgerei pero' l’attenzione su un impegno diverso, per certi versi minimalistico, e nondimeno essenziale. Mi riferisco a due terreni specifici: la scuola e la famiglia. Non credo che la nonviolenza possa stabilizzarsi nelle societa', fino a influire nelle cose in modo determinante, se manca un criterio educativo di fondo. Il rispetto della dignita' e della vita puo' essere trasmesso, suggerito, insegnato. Il germe della violenza puo' essere snidato, isolato, posto in discussione, controllato. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali? - Carlo Ruta: Rappresentata non di rado come una debolezza, la nonviolenza e' in realta' una risorsa, una tensione civile, positiva, volta a imbrigliare la hybris che si annida negli esseri umani e nella storia. E' il gesto di resistenza al disordine degli istinti, la sconfessione quindi di una concezione totalitaria della biologia che si risolve nell’immanenza del male, in quell’orizzonte onnicomprensivo che i militaristi chiamano regno della necessita'. Costituisce altresi' un cammino, un tirocinio faticoso e volontario, recante alla base l’assunzione di un impegno radicale, razionalmente fondato appunto, verso se' e gli altri, atto a testimoniare, in primo luogo, la dignita' incondizionata della vita. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo? - Carlo
Ruta: Alla
luce di tutto, ritengo si tratti di un rapporto inscindibile. Le lotte delle
donne del secondo Novecento, che hanno determinato una svolta epocale, non si
sono risolte nella sola rivendicazione dei diritti. I movimenti femminili,
spontanei e organizzati, hanno offerto e continuano a offrire un contributo
straordinario, per quanto non sufficientemente riconosciuto, all’affermazione
della nonviolenza, ponendo in campo il punto di vista, il sentire, le differenze
della donna. Non e' un caso che siano stati perentori nel rigettare talune
“pari opportunita'” come quella dell’inquadramento negli eserciti e altre dello
stesso tenore, non coerenti con i modi d’essere della donna, e abbiano reclamato
invece, con altrettanta perentorieta', l’espulsione della guerra dalla storia.
Da tale prospettiva l’impegno delle donne e' stato e rimane insostituibile,
testimoniato comunque da tantissime esperienze: dal Movimento delle madri in
Bosnia durante il conflitto scatenato dalle milizie di Karadzic, alla
scelta determinata di tante donne statunitensi di scendere in campo contro le
guerre in Iraq e in Afghanistan. Importanti lezioni di nonviolenza e di pace,
insistono a venire d’altronde dalle donne d’Africa, impegnate in prima linea
nella lotta per la sopravvivenza, lungo gli orizzonti infelici delle guerre,
della fame, delle dittature, delle epidemie. * - Carlo Ruta: L’impegno antirazzista costituisce un aspetto fra i piu' rappresentativi della nonviolenza. Direi che ne costituisca anzi il fondamento, opponendosi a quel male assurdo e primordiale che, coltivato dai nazionalismi e dalle ideologie di regime, proprio nel Novecento, definito il “secolo dei diritti”, ha generato le piu' grandi mattanze della storia. Una domanda torna allora inevitabile: cosa puo' fare il movimento nonviolento per impedire che ritornino Auschwitz, il Ruanda, Srebrenica? E la risposta, per quanto precaria, e' essenzialmente una: giocare d’anticipo, valorizzando i percorsi di coscienza, di educazione alla nonviolenza, con strategie d’impegno complessive, pure di livello sopranazionale, che riescano a interloquire con i legislatori, le opinioni pubbliche, le agenzie civili in senso lato, e a coinvolgere, in modo idoneo, le sedi formative, la scuola. * - Carlo
Ruta: Inevitabilmente,
la lotta alle mafie e' stata e tanto piu' tende ad essere oggi una delle
linee piu' avanzate dell’impegno nonviolento. Costituiva gia' negli anni
Cinquanta-Sessanta un momento essenziale del lavoro civile di Danilo Dolci, che
si sostanzio', oltre che in testimonianze sul terreno e nelle analisi sul
fenomeno del banditismo di Partinico, in una serrata denuncia, indirizzata ai
parlamenti, ai governi e alle istituzioni giudiziarie, sul sistema di potere che
vigeva nell’isola, cui facevano capo uomini politici come Bernardo Mattarella,
Calogero Volpe, Salvo Lima, Giovanni Gioia, Vito Ciancimino. Nonviolenta era
altresi', negli anni Settanta, la lotta alla mafia di tanti ragazzi siciliani
che, sulle vie del Sessantotto, avevano scoperto e fatto propri gli ideali di
giustizia e pace. Ne ritroviamo l’emblema nell’impegno di Giuseppe Impastato
contro i mafiosi del proprio paese e della sua stessa famiglia, che facevano
capo a Gaetano Badalamenti. Nonviolenta era altresi' l’iniziativa di Mauro
Rostagno, che, giunto a Trapani con la comunita' Saman, non esito' a sottoporre
a una serrata inchiesta televisiva la mafia che dominava la citta'. Dopo le
stagioni delle grandi stragi in Sicilia, e tanto piu' dopo gli eccidi di Capaci
e via D’Amelio, l’impegno antimafia e' divenuto infine caratterizzante in
realta' nonviolente attive su tutto il territorio nazionale, come Libera, Pax
Christi, il movimento Scout, Peacelink, e non solo. Ha ispirato altresi'
iniziative specifiche come nel caso di “Antimafia Duemila”, l’associazione
“Ammazzateci tutti” in Calabria, e cosi' via. Oggi le narcomafie cingono
d’assedio numerosi paesi, pregiudicano la vita civile, favorite dalla recessione
economica globale, vanno all’assalto della finanza, delle borse, fino a influire
vistosamente, in numerosi Stati, sulla formazione del prodotto nazionale. Per i
movimenti nonviolenti si tratta allora di insistere, intensificare
l’impegno. * - Carlo Ruta: Si tratta di una problematica complessa. L’oppressione di classe e' violenza. Il diritto degli oppressi a resistere, a battersi per difesa della propria dignita', per l’acquisizione di liberta' negate, e' percio' un fatto sacrosanto. Dopo le grandi rivoluzioni industriali dell’Ottocento, che hanno messo a nudo l’indole bellicista dei capitalismi, hanno prevalso modelli di lotta di tipo insurrezionale: dalle rivoluzioni del 1848 alla Comune parigina del 1871, dall’ottobre russo del 1917 alla lunga marcia di Mao Tse Tung e alla rivoluzione cinese portata a compimento nel 1949. Era il risultato di oppressioni lunghe, di vere e proprie tirannidi, di condizioni di vita estreme, di grandi calamita' e necessita'. La lotta delle classi oppresse, procedendo per prove ed errori, determinava beninteso altri modelli, pacifici. E' stato comunque lo shock dei fascismi, del secondo conflitto mondiale, della Shoah, di Hiroshima, a portare a maturazione nelle societa', nei movimenti operai, progetti di crescita civile pacifisti. Da tali sfondi infatti erompevano, in Italia, la democrazia progressiva di Eugenio Curiel, il socialismo liberale dei fratelli Rosselli, di Guido Calogero e Aldo Capitini, le elaborazioni sui diritti di Piero Calamandrei e Norberto Bobbio. La resistenza al nazifascismo si chiudeva d’altronde con un miracolo civile, giacche' si generava nel vivo del paese il rifiuto della guerra quale mezzo di risoluzione delle controversie fra Stati. Anche la Costituzione, alla cui redazione avevano contribuito persone come Lazzati, Dossetti, Scoccimarro, Sturzo, Pertini, La Pira, e lo stesso Calamandrei, finiva con il parlare allora il linguaggio del pacifismo. In realta', si era a uno snodo, che in tutti i paesi induceva i movimenti popolari organizzati a interloquire con le ragioni della nonviolenza, anche se questa non veniva direttamente evocata. Esemplari possono essere considerate in tal senso le battaglie del movimento contadino nel Sud d’Italia, organizzato dalle leghe e dalla camere del lavoro. Si tratto' a tutti gli effetti di un movimento pacifico e nonviolento, non dissimile in fondo da quello gandhiano che, alcuni decenni prima, aveva scompigliato le carte in India con la disobbedienza civile, il digiuno, la marcia del sale. E rimase tale, nel solco di un progetto democratico contrastato ma in evoluzione, quando le reazioni degli agrari, nel palermitano e altrove, si fecero furenti. Ammirato e sostenuto da numerosi uomini di cultura, pacifisti e nonviolenti, dallo stesso Capitini a Carlo Levi, fu d’altronde tale “vento del sud” ad attrarre Danilo Dolci e Franco Alasia nell’isola, dove con quelle lotte poterono interloquire, e a cui vollero contribuire con iniziative emblematiche, come lo sciopero alla rovescia per il lavoro. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti? - Carlo Ruta: Quanto argomentato fin qui testimonia che esiste una naturale assonanza fra nonviolenza e mondo del lavoro. E' fin troppo significativo del resto che lo strumento dello sciopero, che ha scandito i passaggi dei movimenti operai sin dalle rivoluzioni industriali dell’Ottocento, abbia avuto un rilievo decisivo nella stessa vicenda del satyagraha gandhiano. Tale assonanza, su talune linee particolari, e' andata altresi' crescendo e puo' crescere ancora. Una delle questioni che nei paesi industrializzati meglio definisce oggi il ruolo della nonviolenza e' quella degli immigrati. E a tale riguardo e' da considerare esemplare la linea di alcune voci del movimento sindacale italiano, in particolare della Cgil, che, attraverso uffici immigrazione locali, promuove l’accoglienza, il rispetto, l’integrazione, lo scambio interculturale, facendo cosi' argine alla xenofobia leghista e alle logiche di espulsione del governo. L’odio razziale cova nel paese sotto la cenere, e puo' anche esplodere. Ne da' conto quanto e' avvenuto in questi anni in centri come Castel Volturno e Rosarno, dove ad “accogliere” gli immigrati sono stati, rispettivamente, i gangster della camorra e i caporali della ‘ndrangheta, con le armi in pugno e con l’intimidazione. Ritengo allora che la coesione fra movimento nonviolento e sindacati, su tale piano, paradigmatico, e non solo su questo, sia fondamentale. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi? - Carlo Ruta: I popoli hanno diritto di opporsi all’oppressione. E' indubitabile. Il problema e' costituito dai mezzi e dai modi. La decolonizzazione del Novecento, tanto piu' dopo il secondo conflitto mondiale, e' avvenuta a prezzi altissimi. Per liberarsi dal dominio francese, gli algerini dell'Fln non esitarono a ricorrere al terrorismo, e terroristici furono i modi in cui replicarono i francesi. Alle radici di quel terrorismo c’erano lutti e sofferenze, una sopraffazione antica, generazioni di morti che chiedevano giustizia. Frantz Fanon ne I dannati della terra spiego' con efficacia le ragioni della rivolta armata. Era uno psichiatra. Conosceva a fondo i tormenti dell’Algeria. E furono tanti gli intellettuali d’Europa che condivisero le sue parole, a partire da Sartre, che non esito' a firmare la prefazione al libro. Di altro tenore era invece la visione di Albert Camus, che pure in Algeria era nato e vissuto; l’autore de L'etranger preferi' ritrarsi da quelle violenze, dicendosene disgustato, al punto da proporre una tregua. La risposta fu istantanea: tanto i Pied-Noirs quanto i militanti dell'Fln lo considerarono un traditore. Si trattava forse di realta' simmetriche? La violenza e' cieca, come puo' esserlo un masso che con impeto si schianta al suolo. Ma quella di un popolo umiliato puo' essere rappresentata come tale? Si puo' ritenere che non lo sia, o che lo sia meno. I teologi della liberazione hanno finito con il comprendere e legittimare la rivolta in armi dei diseredati e dei popoli oppressi. Il sacerdote peruviano Gustavo Gutierrez, autore di Teologia della liberazione, ha creduto nella protesta liberatrice dalla poverta'. Frei Betto ha creduto e continua a credere nell’esperienza di Cuba. Leonardo Boff, da padre francescano, ha condiviso a lungo la vicenda sandinista, al pari di sacerdoti e teologi come Ernesto Cardenal e Miguel D'Escoto, che parteciparono da ministri al governo rivoluzionario sandinista. Corre, evidentemente, un abisso fra la violenza cieca e sopraffattrice di una giunta militare e quella di un popolo vessato, senza diritti, ridotto alla fame, che ha deciso di rivoltarsi in difesa della propria dignita'. La violenza di Ernesto Guevara era altra da quella di Batista. Ma in tutti i casi si tratta di un trauma, di un danno, di un costo altissimo in termini civili. E' il dramma della storia, che tuttavia ha indicato possibili vie d’uscita, o almeno delle varianti. In India, alcuni settori radicali del movimento per l'indipendenza sostennero il metodo violento, proponendo pure il ricorso al terrorismo; ma alla fine fu il satyagraha gandhiano a scortare l’uscita dei britannici dal paese. Si tratta beninteso di problematiche aperte, giacche' esistono condizioni e condizioni. Non si puo' non tenerne conto. Sarebbe incongruo chiudere gli occhi davanti all’oppressione dei popoli. Si tratta nondimeno di farvi i conti in modo coerente, con le proprie sensibilita' e le proprie aspirazioni, perche' possano prevalere le ragioni della vita, cosi' come occorre fare i conti con la tragedia assurda dei terrorismi, che continua a germinare, purtroppo, pure dal terreno degli oppressi. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo, antimilitarismo e disarmo? - Carlo Ruta: La nonviolenza e' l’abc di un pacifismo coerente, la condizione cioe' di un pacifismo maturo e senza condizioni. E' quindi naturale che nell’agenda dei movimenti che la propugnano, un punto fermo debba essere costituito dall’impegno antimilitarista, per la pace. Si tratta di un compito tra i piu' difficili, tanto piu' se si considera che il militarismo intanto ha mutato aspetto, finendo con il non averne piu' uno distinto. Nell’Ottocento e nella prima meta' del Novecento la guerra veniva nobilitata, esaltata per se stessa, come igiene dei popoli. I militaristi della cosiddetta “eta' dei diritti”, che e' anche eta' dell’atomica e delle guerre tecnologiche, tendono a ripiegare invece su nozioni piu' complesse, di ordine morale. La teoria dello Justum bellum, tratta dalla tradizione scolastica e giusnaturalistica, attualizzandola con i passaggi, per certi versi inediti, della supreme emergency e dell’attacco preventivo, oggi costituisce la dottrina ufficiale dell’America. Gli sfondi sono quelli di un ordine che, a dispetto delle resistenze, sempre piu' tende a porre in discussione alcuni cardini del sistema westfaliano, degli Stati nazionali, proponendosi di fatto, sotto il profilo della sicurezza in primo luogo ma non solo, come unipolare e imperiale. Come e' noto, nel 1998, alla vigilia della guerra in Kosovo, il segretario di Stato di Clinton Madeleine Albright replicava ad alcune riluttanze degli europei a ricorrere alle armi con queste parole: "Se dobbiamo usare la forza e' perche' noi siamo l’America. Siamo la nazione indispensabile. Noi ci ergiamo alti. Vediamo piu' lontano nel futuro". E gli eventi successivi, tanto piu' lungo gli anni zero, danno conto di quanto tale linea, a lungo incubata nei delicati equilibri della guerra fredda con l’Urss, gia' attiva comunque nella prima guerra del Golfo, sia divenuta strategica. A rendere la situazione piu' pregiudizievole sono d’altronde le rettifiche in direzione dello Justum bellum di intellettuali che tanto hanno interloquito nel secondo Novecento con l’opinione pubblica pacifista... E' importante allora che, nell’attuale snodo, i movimenti pacifisti e nonviolenti facciano i conti con tali atteggiamenti, identificandone le radici. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica, alla riflessione sull'etica e sulla bioetica, alla riflessione sulla scienza e la tecnologia, alla riflessione sull'economia? Quali rapporti tra nonviolenza e cultura? - Carlo Ruta: Chiuso l’Ottocento, con le elaborazioni di Thoreau e Tolstoj, la nonviolenza e' divenuta man mano l’architrave di numerose riflessioni, sebbene non tutte situabili con pienezza nell’orizzonte della medesima. Le ragioni risiedono nelle peculiarita' del nuovo secolo. Il Novecento ha segnato significativi progressi negli iter del diritto e della democrazia, ma, come si diceva prima, e' stato macchiato da guerre e genocidi che per estensione, metodo, tecniche e "razionalita'" posta in gioco non hanno avuto precedenti nella storia. E' stato altresi' il secolo dei totalitarismi. Gia' nei primi decenni mentre si svolgeva, fra il Sudafrica e l’India, la lezione di Gandhi, il messaggio nonviolento si avvaleva di significativi rilanci. Nelle forme di un sostenuto pacifismo ispirava infatti intellettuali come Romain Rolland, Karl Kraus, Heinrich Mann, Simone Weil, Thorstein Veblen, Mikhail Bulgakov, e molti altri ancora. Ma soprattutto dopo la Shoah e Hiroshima, che hanno smascherato, da due opposti versanti, il fondo buio della razionalita' occidentale, il filosofo, tanto piu' nell’Occidente liberale, si e' sentito interpellato e sollecitato a dare risposte, oltre che a porre domande che non erano state mai poste. Il Novecento e' cosi' divenuto il secolo che piu' di ogni altro ha interrogato se stesso sul terreno dei valori e dei non-valori. La domanda etica, pacifista e nonviolenta, ha finito con il "contaminare" altresi', piu' di quanto fosse avvenuto in passato, i territori della conoscenza e della creativita' umana: le letterature, le arti, fino al capolinea del sapere scientifico, che con le sue assunzioni di responsabilita', piu' di ogni altro da' la misura di quanto sia stata profonda l’autocoscienza del secolo. Pure il fisico nucleare Albert Einstein, a quel punto, ha sentito il bisogno di riflettere da filosofo morale, con posizioni forti contro l’atomica, in favore della pace e del disarmo. Nella primavera del 1955, con Bertand Russell e con altri nove scienziati, da Max Born a Hermann Muller, da Leopold Infeld a Hideki Yukawa, ha firmato un manifesto riconosciuto come il piu' importante atto di denuncia mai scritto da scienziati sulla minaccia delle armi atomiche per il genere umano. Ad essere colpito di piu' dall’inquietudine, resa dal nuovo senso dell’imponderabile, e' stato comunque il pensiero filosofico, da varie prospettive. Ne L’uomo in rivolta, l’esistenzialista Albert Camus, si espresse con radicalita' contro la violenza, la guerra, la pena di morte, rivendicando il valore assoluto della solidarieta'. E si possono citare ancora i filosofi della scuola di Francoforte, Adorno, Horkheimer, Marcuse; Agnes Heller che evidenzia che le guerre non possono mai realizzare istanze morali, a dispetto delle intenzioni; Hannah Arendt. Tale impegno anziche' estinguersi insieme con la guerra fredda, insiste peraltro sull’onda dei nuovi processi: la globalizzazione, le imponenti migrazioni dal sud al nord del mondo, dall’est all’ovest europeo, le nuove guerre: "preventive" e "umanitarie". L’economista bengalese Amartya Sen ha forzato gli orizzonti della scienza economica introducendo tra i fattori di progresso materiale la variabile forte della liberta'. Hans Jonas ha teorizzato doveri da parte degli individui e delle istituzioni pubbliche nei riguardi delle generazioni che devono ancora venire. Ulteriori elaborazioni sulla solidarieta' e il rispetto della vita sono venute da Emmanuel Levinas, Giuliano Pontara, Fulvio Cesare Manara, l’australiano Peter Singer e molti altri. E, ovviamente, si potrebbe continuare, con la presa d’atto che la nonviolenza e il pacifismo costituiscono una risorsa non indifferente del pensiero contemporaneo. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione? - Carlo Ruta: C’e' un rapporto strettissimo, perche' l’informazione puo' rivelare le cose. E a volte basta davvero poco per rivelare un mondo. L’immagine della bambina di Hanoi che fugge dai bombardamenti, senza vesti e deturpata dal napalm, e' bastata a dare agli americani e agli europei il senso profondo della guerra in Vietnam. Ha costituito un tarlo che si e' insinuato nel sentire di intere generazioni, senza piu' uscirne. In sostanza, nel loro svelarsi, nel loro irrompere nella coscienza sociale, attraverso il linguaggio di un cronista, i fatti sono in grado di fare memoria in modo denso, fino a scandire fino in fondo gli itinerari civili delle societa'. Il reportage, di concerto con altri saperi, con altre consapevolezze, e' in grado di concorrere allora alla memoria resistente delle cose, di forgiare la “scatola nera” di questa modernita', mentre tanti abusi, delitti, torti alla dignita' della vita, rischiano di rimanere ignoti, quindi “inesistenti”. La vicenda dell’ultimo secolo e il presente suggeriscono beninteso che l’informazione puo' essere anche altro. Puo' scendere come pietra tombale sui percorsi di conoscenza. Puo' scortare addirittura l’iter di un regresso. In tali casi, il giornalismo finisce per essere tuttavia altra cosa: l’oracolo di una ragione silenziosa, incapace di resistere al buio, purtroppo ritornante, della storia. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali le maggiori esperienze storiche della nonviolenza? - Carlo Ruta: Come gia' annotato, le origini sono antichissime. Se il pacifismo e' gia' ravvisabile infatti nelle scelte antimilitariste del faraone Ekhnaton (1377-1358 a. C.), atteggiamenti nonviolenti si riscontrano nel Vecchio Testamento (ad esempio Zaccaria, IV, 6; Isaia, XI, 1-9; Geremia, XXVII) e negli insegnamenti del saggio cinese Lao Tzu. Riguardo al Nuovo Testamento atteggiamenti ispirati alla nonviolenza sono particolarmente evidenti; e si veda ad esempio il Discorso della montagna (Matteo, 5, 43-44), e nelle lettere di Paolo quella Ai Romani, 7-21. Esperienze pacifiste e atteggiamenti nonviolenti si rilevano ancora nel cristianesimo dei primi secoli. Nel medioevo, quando era opinione comune che vi potessero essere guerre giuste, si ispiravano alla nonviolenza i Valdesi. Piu' tardi tali idee vennero accolte dalle sette protestanti dei mennoniti, seguaci di Menno Simons (1496-1561), e degli ammanniti, seguaci di Jacob Amman, vissuto nel XVII secolo. Contrario a ogni forma di conflitto armato fu inoltre il movimento religioso dei quaccheri, fondato da George Fox (1624-1692). Fra il Settecento e l’Ottocento il credo pacifista, variamente influenzato dall’illuminismo e dall’ideale romantico, venne sostenuto, fra gli altri, da William Godwin e dal poeta Percy B. Shelley. Riguardo al Novecento, che ha costituito una svolta epocale, ho detto nelle risposte precedenti. * - Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto? - Carlo Ruta: Formazione storico-filosofica. All’attivo studi storiografici, riguardanti soprattutto l’eta' moderna e contemporanea. In particolare, ricerche su Portella della Ginestra, il passaggio in Italia fra prima e seconda Repubblica, casi politico-giudiziari irrisolti. Impegno giornalistico e inchieste su vari fronti: criminalita' finanziaria, poteri forti, mafie, tematiche civili in genere. Due saggi di prossima pubblicazione. Il primo: “Logiche di guerra. Gli argomenti di Walzer e le strategie dell’America”. Il secondo: “Mafie e crisi. Perche' e come e' scoppiato l’eldorado”. 4. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI
OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO
AEREO
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti:
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
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COI PIEDI PER TERRA
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Numero 305 del 27 luglio 2010
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