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Telegrammi. 230
- Subject: Telegrammi. 230
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 23 Jun 2010 00:52:52 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 230
del 23 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino
proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche
della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. In breve
2. Tre anni di menzogne, deliri e mascalzonate
3. Erasmo Annibale Carsolari: Righe interrotte in memoria di Corso
Salani, cineasta, militante
4. Walter Benjamin: Tesi di filosofia della storia
5. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
6.
"Azione nonviolenta"
7.
Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento
Nonviolento 9. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. IN BREVE
Per dirla in breve: dobbiamo opporci alla guerra: e quindi qui e adesso
dobbiamo innanzitutto far cessare la partecipazione italiana alla guerra
afgana; e tornare al rispetto dell'articolo 11 della Costituzione della
Repubblica Italiana.
E inoltre: dobbiamo opporci al colpo di stato razzista: e quindi qui e
adesso dobbiamo innanzitutto ottenere l'abrogazione della legge 94/2009 e
delle altre misure razziste imposte nel nostro paese dai governi susseguitisi
negli ultimi decenni; e tornare al rispetto dei diritti umani di tutti gli
esseri umani.
In breve: facciamo queste due cose, il resto sara' facile.
2. VITERBO. TRE ANNI DI MENZOGNE, DELIRI E
MASCALZONATE
Negli ultimi anni tanta parte del ceto politico
viterbese ha ingannato la popolazione sostenendo che il rimedio per tutti i mali
dell'Alto Lazio era nella realizzazione di un mega-aeroporto nel cuore dell'area
naturalistica, archeologica e termale del Bulicame.
Un'idea semplicemente insensata: come voler
abbattere il Colosseo per realizzarvi un centro commerciale.
Ma un'idea intorno a cui una lobby speculativa di
affaristi e carrieristi senza scrupoli ha costruito una propaganda subdola e
forsennata, al cui amo tanti deboli, tanti insipienti, tanti
irresponsabili hanno abboccato.
E su questa idea insensata pressoche' tutto il
ceto politico locale ha costruito dal 2007 ad oggi campagne elettorali
e promesse clientelari, ha corrotto le coscienze ed ottenebrato le
intelligenze di molti.
Senonche' alle menzogne dei farneticanti e dei
mascalzoni si contrappone la dura replica della realta'.
E la realta', per dirla in breve e per ripetere
ancora una volta una riflessione condivisa da ogni viterbese onesto,
e' che la realizzazione di un mega-aeroporto nella preziosa area naturalistica,
archeologica e termale del Bulicame di dantesca memoria, un'area di immenso
pregio ambientale, culturale e terapeutico, e a ridosso di popolosi quartieri
della citta', avrebbe come immediate conseguenze lo
scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi si
trovano; la devastazione dell'agricoltura della
zona circostante; l'impedimento alla
valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse termali; un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed
elettromagnetico di grave nocumento per la salute e la qualita' della vita della
popolazione locale; il collasso della rete
infrastrutturale dell'Alto Lazio, territorio gia' gravato da pesanti servitu';
uno sperpero colossale di soldi pubblici;
una flagrante violazione di leggi italiane ed
europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel
territorio.
E non c'e' bisogno di ricordare che la magistratura
penale ha gia' aperto un'inchiesta per corruzione a carico di
amministratori e dirigenti del Comune di Viterbo in relazione a
operazioni urbanistiche connesse alla realizzazione
del mega-aeroporto.
*
Il mega-aeroporto non si fara'.
Perche' e' nocivo, distruttivo ed illegale.
Perche' e' irrealizzabile e
fuorilegge.
Ma gia' solo aver per tre anni orientato
l'attivita' amministrativa (e il dibattito politico ed economico) locale in
materia di modello di sviluppo e sistema della mobilita' al pressoche'
unico scopo di voler realizzare un irrealizzabile e criminale
mega-aeroporto ha avuto effetti disastrosi per il territorio. Perche' anche
il proporre l'impossibile tralasciando il necessario ha esiti estremamente
dannosi. E valga il vero.
In questi tre anni si poteva fare molto per le
ferrovie; si poteva fare molto per il trasporto pubblico locale; si poteva
fare molto per l'adeguamento sostenibile e funzionale della viabilita'
provinciale e comunale nell'Alto Lazio; invece si e' perso tempo dietro al
delirio speculativo del mega-aeroporto.
Ed in questi tre anni si poteva fare molto per
l'agricoltura, per l'artigianato, per il turismo - quello vero, adeguato,
responsabile -; invece si e' perso tempo dietro al delirio speculativo del
mega-aeroporto.
Ed in questi tre anni si poteva fare molto per
difendere e valorizzare le straordinarie risorse naturalistiche e
storico-culturali del viterbese; invece si e' perso tempo dietro al delirio
speculativo del mega-aeroporto.
Ed in questi tre anni si poteva fare moltissimo per
il termalismo; invece si e' perso tempo dietro al delirio speculativo del
mega-aeroporto.
Si e' mentito, imbrogliato, truffato, corrotto: in
un'orgia di deliri e mascalzonate.
Sono accadute soperchierie cosi' miserabili che
solo a rammentarle l'indignazione nuovamente erompe: si sono oscenamente
ingannati e manipolati tanti giovani disoccupati arrivando al punto di
farsi inviare i loro curricula ambiguamente promettendo loro l'impossibile; si
sono sperperati soldi pubblici per fare video promozionali di un mega-aeroporto
inesistente; si sono costruite carriere amministrative e finanche forze
politiche fondate su un imbroglio squallido e ignobile; si sono
condotte campagne elettorali basate sulle menzogne piu' spudorate; e si e'
data in dimensioni mastodontiche una corruzione, una prostituzione e
una complicita' della generalita' del ceto politico locale (personggi
che praticano amenamente la doppia verita': per cui in privato ammettono
ghignando che il mega-aeroporto e' un'irrealizzabile idiozia, una iattura
sesquipedale e una trappola per gonzi; ma in veste
ufficiale, nelle sedi ed occasioni istituzionali, ripetono compunti la
beffarda truffaldina litania che il mega-aeroporto e' il giardino delle
delizie, la panacea e l'eldorado).
*
Il mega-aeroporto non si fara'.
Perche' lo impediremo. Perche' vogliamo difendere
la salute della nostra gente dall'avvelenamento che esso produrrebbe, perche'
vogliamo difendere il nostro territorio dalla devastazione che esso
provocherebbe, perche' vogliamo difendere la legalita', la democrazia, la
civile convivenza dall'aggressione dei nuovi vandali.
Il mega-aeroporto non si fara'.
Ma gli speculatori, gli imbroglioni, i corruttori,
i devastatori, gli avvelenatori, i saccheggiatori ed i cinici complici loro
che per tre anni - ed ancora in questi ultimi giorni - hanno tentato
in tutti i modi di imporre questo crimine e questa follia, dovranno rendere
conto del loro turpe e scellerato agire nei tribunali della Repubblica; e devono
essere al piu' presto allontanati dal governo della cosa
pubblica. 3. LUTTI. ERASMO ANNIBALE CARSOLARI: RIGHE
INTERROTTE IN MEMORIA DI CORSO SALANI, CINEASTA, MILITANTE
[Ringraziamo
il nostro buon amico Erasmo Annibale Carsolari per questo epicedio.
Corso Salani (Firenze 1961 - Ostia 2010) e' stato
un regista cinematografico di forte impegno linguistico, morale,
civile]
Poi vi era il cinema di Corso Salani
saltatore di muri, voci nel vento
motori di sabbia, cristalli di legno
la denuncia del patriarcato
che strazia le carni e le anime.
Poi vi era la parola di Corso Salani
torrente di fuoco, chiave spezzata
eterno ritorno nel niente che annienta
sfida alla morte, sfida al razzismo
che squarta le genti e le persone.
Poi vi era lo sguardo di Corso Salani
ipnotico, enigmatico, speculare
stridulo, randagio, liminare
di tutti i confini nemico
che gli esseri umani fanno nemici.
E poi la morte di Corso Salani
il nastro che si riavvolge
la lotta che deve continuare. 4. MAESTRI. WALTER BENJAMIN: TESI DI FILOSOFIA DELLA STORIA
[Riproduciamo ancora una volta questo intenso testo benjaminiano, da Walter
Benjamin, Angelus novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962, 1976, 1981,
1995 (ma noi abbiamo sotto gli occhi l'edizione del 1981). Questo breve scritto
e' a nostro avviso un'opera ad un tempo enigmatica e capitale, fomite a
molteplici riflessioni e prisma dai riflessi cangianti ad ogni rilettura; e'
proprio dei pensatori piu' grandi non trarti a un consenso passivo, non emanare
fogli d'ordini, ma suscitare riflessione altra e ulteriore, convocare a una
crisi e a un decidersi, disporsi ad un tempo alla perplessita' ed alla
persuasione, all'ascolto (sentire insieme: consentire; sentire diversamente:
dissentire) che chiama alla condivisione e all'agire, farsi cercatori ed
assumere responsabilita'. La traduzione e' di Renato Solmi, maestro tra i
maestri.
Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente
profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel 1940
al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di Walter
Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e frammenti Angelus
novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da L'opera d'arte
nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi, Torino. Sempre presso
Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere, a cura di Giorgio
Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e recensioni, Diario
moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco (Scritti 1919-1922),
Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta', Infanzia berlinese, Metafisica
della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre corte (Scritti 1928-1929), Parigi
capitale del XIX secolo, Strada a senso unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia
(Carteggio 1933-1940 con Gershom Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere
(1913-1940). Presso Adelphi cfr. la sua antologia di lettere commentate di
autori del passato, Uomini tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la
bibliografia: M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale
(1913-1983), Aesthetica, Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia.
Bibliografia italiana, 1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA.
VV. (a cura di Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA.
VV., Paesaggi benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn.
189-190, 1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori
Riuniti, Roma 1983; Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993
(saggio incluso anche in Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino,
Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori
Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993; Gershom
Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978; Gershom Scholem,
Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano 1992. Cfr. anche Paolo
Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della storia" di Walter Benjamin,
Cappelli, Bologna 1980.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha
introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del
pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di
generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che
attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della
propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del
Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in
cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la
seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e'
laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso
un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto
Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi.
A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire
i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e
tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa
trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da
tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza
attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha
collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico",
"Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi
Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il
manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni -
oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi,
Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca,
ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy
Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane
Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders,
Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max
Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980);
Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti
(ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918
(Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente
la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004,
Quodlibet, Macerata 2007]
1.
Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad
ogni mossa di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la
vittoria. Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di
fronte alla scacchiera, poggiata su un'ampia tavola. Un sistema di specchi
suscitava l'illusione che questa tavola fosse trasparente da tutte le parti. In
realta' c'era accoccolato un nano gobbo, che era un asso nel gioco degli scacchi
e che guidava per mezzo di fili la mano del burattino. Qualcosa di simile a
questo apparecchio si puo' immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il
fantoccio chiamato "materialismo storico". Esso puo' farcela senz'altro con
chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi, com'e' noto, e'
piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno.
*
2.
"Una delle caratteristiche piu' notevoli dell'animo umano, - scrive Lotze,
- e', fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del
presente verso il proprio futuro". La riflessione porta a concludere che l'idea
di felicita' che possiamo coltivare e' tutta tinta del tempo a cui ci ha
assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che
potrebbe suscitare la nostra invidia, e' solo nell'aria che abbiamo respirato,
fra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto
farci dono di se'. Nell'idea di felicita', in altre parole, vibra
indissolubilmente l'idea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione
del passato, che e' il compito della storia. Il passato reca seco un indice
temporale che lo rimanda alla redenzione. C'e' un'intesa segreta fra le
generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come
ad ogni generazione che ci ha preceduto, e' stata data in dote una debole forza
messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia
soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa.
*
3.
Il cronista che enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i piccoli e i
grandi, tiene conto della verita' che nulla di cio' che si e' verificato va dato
perduto per la storia. Certo, solo all'umanita' redenta tocca interamente il suo
passato. Vale a dire che solo per l'umanita' redenta il passato e' citabile in
ognuno dei suoi momenti. Ognuno dei suoi attimi vissuti diventa una "citation a
l'ordre du jour" - e questo giorno e' il giorno finale [der juengste Tag].
*
4.
"Cercate dapprima cibo e vestimento;
e il regno di Dio vi arrivera' da solo"
(Hegel, 1807)
La lotta di classe, che e' sempre davanti agli occhi dello storico educato
su Marx, e' una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non esistono
quelle piu' fini e spirituali. Ma queste ultime sono presenti, nella lotta di
classe, in altra forma che non sia la semplice immagine di una preda destinata
al vincitore. Esse vivono, in questa lotta, come fiducia, coraggio, umore,
astuzia, impassibilita', e agiscono retroattivamente nella lontananza dei tempi.
Esse rimetteranno in questione ogni vittoria che sia toccata nel tempo ai
dominatori. Come i fiori volgono il capo verso il sole, cosi', in forza di un
eliotropismo segreto, tutto cio' che e' stato tende a volgersi verso il sole che
sta salendo nel cielo della storia. Di questa trasformazione, meno appariscente
di ogni altra, deve intendersi il materialista storico.
*
5.
La vera immagine del passato passa di sfuggita. Solo nell'immagine, che
balena una volta per tutte nell'attimo della sua conoscibilita', si lascia
fissare il passato. "La verita' non puo' scappare" - questo motto, che e' di
Gottfried Keller, segna esattamente il punto, nella concezione storicistica
della storia, in cui essa e' spezzata dal materialismo storico. Poiche' e'
un'immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente che
non si riconosca significato, indicato in esso. (La lieta novella che lo storico
del passato porta senza respiro, viene da una bocca che forse, gia' nel momento
in cui si apre, parla nel vuoto).
*
6.
Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo "come
propriamente e' stato". Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena
nell'istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare
l'immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico
nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della
tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso e' lo stesso per entrambi: di
ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di
strappare la tradizione al conformismo che e' in procinto di sopraffarla. Il
Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell'Anticristo. Solo
quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza,
che e' penetrato dall'idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico,
se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.
*
7.
"Considerate il buio e il freddo grande
di questa valle echeggiante di lacrime"
(Brecht, L'opera da tre soldi)
Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un'epoca di
cacciarsi di mente tutto cio' che sa del corso successivo della storia. Non si
potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha
rotto i ponti. E' un procedimento di immedesimazione. La sua origine e' la
pigrizia del cuore, l'acedia, che dispera di impadronirsi dell'immagine storica
autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del
Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva
fatto la conoscenza, scriveva: "Peu de gens devineront combien il a fallu être
triste pour ressusciter Carthage". La natura di questa tristezza si chiarisce se
ci si chiede in chi propriamente "si immedesima" lo storico dello storicismo. La
risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma i padroni di ogni volta sono
gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L'immedesimazione nel vincitore torna
quindi ogni volta di vantaggio ai padroni del momento. Con cio' si e' detto
abbastanza per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la
vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano
sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si e' sempre usato, e'
trascinata nel trionfo. Essa e' designata con l'espressione "patrimonio
culturale". Esso dovra' avere, nel materialista storico, un osservatore
distaccato. Poiche' tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo
sguardo ha immancabilmente un'origine a cui non puo' pensare senza orrore. Esso
deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno
creato, ma anche alla schiavitu' senza nome dei loro contemporanei. Non e' mai
documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E
come, in se', non e' immune dalla barbarie, non lo e' nemmeno il processo della
tradizione per cui e' passato dall'uno all'altro. Il materialista storico si
distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera come suo
compito passare a contrappelo la storia.
*
8.
La tradizione degli oppressi ci insegna che lo "stato di emergenza" in cui
viviamo e' la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda
a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del
vero stato di emergenza; e cio' migliorera' la nostra posizione nella lotta
contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in cio' che i suoi
avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo
stupore perche' le cose che viviamo sono "ancora" possibili nel ventesimo secolo
e' tutt'altro che filosofico. Non e' all'inizio di nessuna conoscenza, se non di
quella che l'idea di storia da cui proviene non sta piu' in piedi.
*
9.
"La mia ala e' pronta al volo,
ritorno volentieri indietro,
poiche' restassi pur tempo vitale,
avrei poca fortuna"
(Gerhard Scholem, Il saluto dell'angelo)
C'e' un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo
che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli
occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve
avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena
di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su
rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i
morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si e'
impigliata nelle sue ali, ed e' cosi' forte che egli non puo' piu' chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle,
mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Cio' che chiamiamo il
progresso, e' questa tempesta.
*
10.
Gli oggetti che la regola dei conventi dava in meditazione ai fratelli,
avevano il compito di distoglierli dal mondo e dalle sue faccende. Il pensiero
che svolgiamo qui nasce da una determinazione analoga. Esso si propone, nel
momento che i politici in cui avevano sperato gli avversari del fascismo
giacciono a terra e ribadiscono la disfatta col tradimento della loro causa, di
liberare l'infante politico mondiale dalle pastoie in cui lo hanno avviluppato.
La considerazione muove dal fatto che la cieca fede nel progresso di quei
politici, la loro fiducia nella loro "base di massa", e infine il loro servile
inquadramento in un apparato incontrollabile, non erano che tre aspetti della
stessa cosa. Essa cerca di dare l'idea di quanto deve costare, al nostro
pensiero abituale, una concezione della storia che eviti ogni complicita' con
quella cui quei politici continuano ad attenersi.
*
11.
Il conformismo, che e' sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non
riguarda solo la sua tattica politica, ma anche le sue idee economiche. Ed e'
una delle cause del suo sfacelo successivo. Nulla ha corrotto la classe operaia
tedesca come l'opinione di nuotare con la corrente. Lo sviluppo tecnico era il
filo della corrente con cui credeva di nuotare. Di qui c'era solo un passo
all'illusione che il lavoro di fabbrica, trovandosi nella direzione del
progresso tecnico, fosse gia' un'azione politica. La vecchia morale protestante
del lavoro celebrava la sua resurrezione - in forma secolarizzata - fra gli
operai tedeschi. Il programma di Gotha reca gia' tracce di questa confusione.
Esso definisce il lavoro come "la fonte di ogni ricchezza e di ogni cultura".
Allarmato, Marx ribatte' che l'uomo che non possiede altra proprieta' che la sua
forza-lavoro, "non puo' non essere lo schiavo degli altri uomini che si sono
resi... proprietari". Ciononostante la confusione continua a diffondersi, e poco
dopo Josef Dietzgen proclama: "Il lavoro e' il messia del tempo nuovo. Nel...
miglioramento... del lavoro... consiste la ricchezza, che potra' fare cio' che
nessun redentore ha compiuto". Questo concetto della natura del lavoro, proprio
del marxismo volgare, non si ferma troppo sulla questione dell'effetto che il
prodotto del lavoro ha sui lavoratori finche' essi non possono disporne. Esso
non vuol vedere che i progressi del dominio della natura, e non i regressi della
societa'; e mostra gia' i tratti tecnocratici che appariranno piu' tardi nel
fascismo. Fra cui c'e' anche un concetto di natura che si allontana funestamente
da quello delle utopie socialiste anteriori al '48. Il lavoro, come e' ormai
concepito, si risolve nello sfruttamento della natura, che viene opposto - con
ingenuo compiacimento - a quello del proletariato. Paragonate a questa
concezione positivistica, le fantasticherie che hanno tanto contribuito a far
ridere di Fourier, rivelano un senso meravigliosamente sano. Secondo Fourier, il
lavoro sociale ben ordinato avrebbe avuto per effetto che quattro lune avrebbero
illuminato la notte terrestre, che il ghiaccio si sarebbe ritirato dai poli, che
l'acqua del mare non avrebbe piu' saputo di sale, e che gli animali feroci
sarebbero entrati al servizio degli uomini. Tutto cio' illustra un lavoro che,
lungi dallo sfruttare la natura, e' in grado di sgravarla dalle creature che
dormono latenti nel suo grembo. Al concetto corrotto del lavoro appartiene come
suo complemento la natura che, per dirla con Dietzgen, "esiste
gratuitamente".
*
12.
"Noi abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il
fannullone viziato nei giardini del sapere"
(Nietzsche, Sull'utilita' e il danno della storia)
Il soggetto della conoscenza storica e' la classe stessa oppressa che
combatte. In Marx essa appare come l'ultima classe schiava, come la classe
vendicatrice, che porta a termine l'opera della liberazione in nome di
generazioni di vinti. Questa coscienza, che e' tornata ad affermarsi per breve
tempo nella Lega di Spartaco, e' sempre stata ostica alla socialdemocrazia. Nel
corso di trent'anni essa e' riuscita ad estinguere quasi completamente il nome
di un Blanqui, che ha fatto tremare col suo timbro metallico il secolo
precedente. Essa si compiaceva di assegnare alla classe operaia la parte di
redentrice delle generazioni future. E cosi' le spezzava il nerbo migliore della
sua forza. La classe disapprese, a questa scuola, sia l'odio che la volonta' di
sacrificio. Poiche' entrambi si alimentano all'immagine degli avi asserviti, e
non all'ideale dei liberi nipoti.
*
13.
"Forse che la nostra causa non diventa ogni giorno piu' chiara, e il popolo
ogni giorno piu' saggio?"
(Wilhelm Dietzgen, La religione della socialdemocrazia)
La teoria socialdemocratica, e piu' ancora la prassi, era determinata da un
concetto di progresso che non si atteneva alla realta', ma presentava un'istanza
dogmatica. Il progresso, come si delineava nel pensiero dei socialdemocratici,
era, anzitutto, un progresso dell'umanita' stessa (e non solo delle sue
capacita' e conoscenze). Era, in secondo luogo, un progresso interminabile
(corrispondente a una perfettibilita' infinita dell'umanita'). Ed era, in terzo
luogo, essenzialmente incessante (tale da percorrere spontaneamente una linea
retta o spirale). Ciascuno di questi predicati e' controverso, e da ciascuno
potrebbe prendere le mosse la critica. Ma essa, se si vuol fare sul serio, deve
risalire oltre questi predicati e rivolgersi a qualcosa di comune a essi tutti.
La concezione di un progresso del genere umano nella storia e' inseparabile da
quella del processo della storia stessa come percorrente un tempo omogeneo e
vuoto. La critica dell'idea di questo processo deve costituire la base della
critica dell'idea del progresso come tale.
*
14.
"L'origine e' la meta"
(Karl Kraus, Parole in versi I)
La storia e' oggetto di una costruzione il cui luogo non e' il tempo
omogeneo e vuoto, ma quello pieno di "attualita'" [Jetztzeit]. Cosi', per
Robespierre, la Roma antica era un passato carico di attualita', che egli faceva
schizzare dalla continuita' della storia. La Rivoluzione francese s'intendeva
come una Roma ritornata. Essa richiamava l'antica Roma esattamente come la moda
richiama in vita un costume d'altri tempi. La moda ha il senso dell'attuale,
dovunque esso viva nella selva del passato. Essa e' un balzo di tigre nel
passato. Ma questo balzo ha luogo in un'arena dove comanda la classe dominante.
Lo stesso balzo, sotto il cielo libero della storia, e' quello dialettico, come
Marx ha inteso la rivoluzione.
*
15.
La coscienza di far saltare il continuum della storia e' propria delle
classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. La grande rivoluzione ha
introdotto un nuovo calendario. Il giorno in cui ha inizio un calendario funge
da acceleratore storico. Ed e' in fondo lo stesso giorno che ritorna sempre
nella forma dei giorni festivi, che sono i giorni del ricordo. I calendari non
misurano il tempo come orologi. Essi sono monumenti di una coscienza storica di
cui in Europa, da cento anni a questa parte, sembrano essersi perdute le tracce.
Ancora nella Rivoluzione di Luglio si e' verificato un episodio in cui si e'
affermata questa coscienza. Quando scese la sera del primo giorno di battaglia,
avvenne che in molti luoghi di Parigi, indipendentemente e nello stesso tempo,
si sparasse contro gli orologi delle torri. Un testimone oculare, che deve forse
la sua divinazione alla rima, scrisse allora: "Qui le croirait! on dit,
qu'irrités contre l'heure / De nouveaux Josués au pied de chaque tour / Tiraient
sur les cadrans pour arrêter le jour".
*
16.
Al concetto di un presente che non e' passaggio, ma in bilico nel tempo ed
immobile, il materialista storico non puo' rinunciare. Poiche' questo concetto
definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia. lo
storicismo postula un'immagine "eterna" del passato, il materialista storico
un'esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie forze
con la meretrice "C'era una volta" nel bordello dello storicismo. Egli rimane
signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il continuum della
storia.
*
17.
Lo storicismo culmina in linea di diritto nella "storia universale"
[Universalgeschichte]. Da cui la storiografia materialistica si differenzia -
dal punto di vista metodico - forse piu' nettamente che da ogni altra. La prima
non ha un'armatura teoretica. Il suo procedimento e' quello dell'addizione; essa
fornisce una massa di fatti per riempire il tempo omogeneo e vuoto. Alla base
della storiografia materialistica e' invece un principio costruttivo. Al
pensiero non appartiene solo il movimento delle idee, ma anche il loro arresto.
Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni,
le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il
materialista storico affronta un oggetto storico unicamente e solo dove esso gli
si presenta come monade. In questa struttura egli riconosce il segno di un
arresto messianico dell'accadere o, detto altrimenti, di una chance
rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far
saltare un'epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far
saltare una determinata vita dall'epoca, una determinata opera dall'opera
complessiva. Il risultato del suo procedere e' che nell'opera e' conservata e
soppressa l'opera complessiva, nell'opera complessiva l'epoca e nell'epoca
l'intero decorso della storia. Il frutto nutriente dello storicamente compreso
ha dentro di se' il tempo, come il seme prezioso ma privo di sapore.
*
18.
"I cinque scarsi decenni dell'homo sapiens - dice un biologo moderno -
rappresentano, in rapporto alla storia della vita organica sulla terra, qualcosa
come due secondi al termine di una giornata di ventiquattr'ore. La storia infine
dell'umanita' civilizzata occuperebbe, riportata su questa scala, un quinto
dell'ultimo secondo dell'ultima ora". Il tempo attuale [die Jetztzeit], che,
come modello del tempo messianico, riassume in una grandiosa abbreviazione la
storia dell'intera umanita', coincide esattamente con la parte che la storia
dell'umanita' occupa nell'universo.
a) Lo storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra momenti
diversi della storia. Ma nessun fatto, perche' causa, e' gia' percio' storico.
Lo diventera' solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono esserne
divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione cessa di
lasciarsi scorrere fra le dita la successione dei fatti come un rosario. Coglie
la costellazione in cui la sua propria epoca e' entrata con un'epoca anteriore
affatto determinata. E fonda cosi' un concetto del presente come del "tempo
attuale", in cui sono sparse schegge di quello messianico.
b) E' certo che il tempo non era appreso dagli indovini, che cercavano di
estrarne cio' che si cela nel suo grembo, come omogeneo ne' come vuoto. Chi
tenga presente questo, puo' forse giungere a farsi un'idea del modo in cui il
passato era appreso nella memoria: e cioe' nello stesso. E' noto che agli ebrei
era vietato investigare il futuro. La thora' e la preghiera li istruiscono
invece nella memoria. Cio' li liberava dal fascino del futuro, a cui
soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini. Ma non per
questo il futuro divento' per gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto. Poiche' ogni
secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il
Messia. 5. APPELLI.
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Dino Formaggio, L'arte come idea e come esperienza, Isedi, Milano 1973,
Mondadori, Milano 1981, 1990, pp. 268.
- Mikel Dufrenne, Dino Formaggio (a cura di), Trattato di estetica,
Mondadori, Milano 1981, 2 voll. rispettivamente di pp. VI + 546 e di pp. VI
+ 366.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 230 del 23 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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