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Coi piedi per terra. 263
- Subject: Coi piedi per terra. 263
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 15 Jun 2010 11:37:19 +0200
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 COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 263 del 15 giugno 2010 In questo numero: 1. Vandana Shiva: Le automobili si nutrono di esseri umani 2. Jean-Marie Muller: Momenti e metodi dell'azione nonviolenta (parte terza 
e conclusiva) 3. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e 
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo 1. TESTI. VANDANA SHIVA: LE AUTOMOBILI SI NUTRONO DI ESSERI UMANI [Da Vandana Shiva, Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009, pp. 79-80. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti 
istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni 
Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa 
dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di 
riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di 
opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di 
operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra 
le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; 
Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, 
Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra 
madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il 
mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, 
Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 
2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il 
Saggiatore, Milano 2008; Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009] In Gran Bretagna, durante la stesura degli enclosure acts, Tommaso Moro 
scrisse: "Le pecore mangiano gli uomini". Si riferiva al passaggio dalla terra 
coltivata per le necessita' e il sostentamento degli uomini a quella destinata 
all'allevamento per produrre la lana e il materiale grezzo finalizzati al 
profitto dei proprietari terrieri e delle fabbriche. I contadini furono 
sradicati e nacque una nuova poverta'. La terra, che fino ad allora aveva 
nutrito le persone, era ora destinata ad alimentare le fabbriche. Oggi sono le macchine che mangiano gli uomini. La terra e' destinata alla 
costruzione di parcheggi, di autostrade, di cavalcavia e di fabbriche 
automobilistiche. L'estrazione del ferro e della bauxite da cui si ricavano 
l'acciaio e l'alluminio sta distruggendo la terra e l'ecosistema. Le 
trivellazioni per estrarre il petrolio stanno divorando altra terra. Le macchine 
mangiano la terra e gli ecosistemi. E le emissioni dei combustibili fossili 
l'atmosfera. 2. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: MOMENTI E METODI DELL'AZIONE NONVIOLENTA 
(PARTE TERZA E CONCLUSIVA) [Riproponiamo ancora una volta il testo di un opuscolo edito dal Movimento 
Nonviolento che a sua volta riproduceva anastaticamente un capitolo di una piu' 
ampia opera. L'opuscolo e': Jean-Marie Muller, Momenti e metodi dell'azione 
nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, s. i. l. 1981; il libro e' 
Jean-Marie Muller, Strategia dell'azione nonviolenta, Marsilio, Venezia-Padova 
1975 (il capitolo e' il settimo, alle pp. 73-99). Noi riproduciamo qui il testo 
di Muller senza le note dell'autore e senza la presentazione del traduttore 
Matteo Soccio (uno dei maggiori studiosi ed amici della nonviolenza in Italia), 
rinviando per la lettura del testo integrale all'acquisto dell'opuscolo, 
disponibile presso il Movimento nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 
0458009803, fax 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, 
ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative 
nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi 
presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits 
(Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo 
avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle 
armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour 
une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader 
dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente 
armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel 
far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato 
dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, 
Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; 
Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e 
metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico 
della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della 
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses 
Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, 
Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la 
non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005] b. Azioni dirette d'intervento Se la manifestazione e' un confronto diretto con il pubblico che si cerca 
di far aderire alla propria causa perche' eserciti una pressione capace di 
provocare il cambiamento ricercato, se l'azione di non-cooperazione ha lo scopo 
di inaridire le fonti del potere dell'avversario e di costringerlo a soddisfare 
le rivendicazioni che gli vengono presentate, l'intervento nonviolento e' un 
confronto diretto con l'avversario attraverso il quale ci si sforza di provocare 
il cambiamento nei fatti. Con l'intervento nonviolento si porta il conflitto nel 
campo dell'avversario che e' posto di fronte ai fatti compiuti, per cui lo 
scontro diventa inevitabile. L'intervento provoca deliberatamente le 
rappresaglie e la repressione, per cui i rischi in cui si incorre devono essere 
accuratamente calcolati. - Il sit-in. Il piu' noto metodo di intervento diretto nonviolento e' il 
sit-in (letteralmente: stare seduti dentro) che fu impiegato soprattutto dai 
neri negli Stati Uniti per ottenere la fine della segregazione nei ristoranti, 
nei cinema, nelle biblioteche, ecc. Si tratto' allora di sfidare i responsabili 
di quei locali pubblici mettendoli di fronte al fatto compiuto e di obbligarli a 
cedere di fronte alla pressione sociale cosi' esercitata. Generalmente il sit-in e' un'occupazione che si fa stando seduti nei locali 
di proprieta' dell'avversario allo scopo di imporsi a lui come interlocutori 
necessari e di obbligarlo a riconoscere i diritti che si e' rifiutato, fino a 
quel momento, di prendere in considerazione. Durante uno sciopero operaio, 
questo metodo dovrebbe consistere nell'occupare pacificamente gli uffici del 
padrone per costringerlo a negoziare nel caso che si rifiuti di farlo. Esso 
dovrebbe essere sistematicamente preferito al sequestro del padrone nel suo 
ufficio, per ragioni morali e tattiche, e dovrebbe rivelarsi piu' 
efficace. In senso lato il sit-in consiste nello svolgere una manifestazione 
sedendosi in un luogo pubblico. Questo metodo puo' essere impiegato in 
particolare da quelli che partecipano ad una manifestazione che rischia di 
scontrarsi con le forze di polizia. Essa permette allora un'occupazione efficace 
del terreno che diventa molto difficile da "pulire", e permette alla 
manifestazione di durare. E' possibile allora che le forze di polizia 
indietreggino di fronte alla responsabilita' di caricare, a colpi di sfollagente 
e di bombe lacrimogene, una folla silenziosa il cui solo torto e' di star seduta 
in una strada per far valere i propri diritti. Ma e' anche possibile che esse 
non indietreggino e si decidano invece a fare una carica. Queste due 
possibilita' si sono verificate negli Stati Uniti nel corso di manifestazioni 
nonviolente dei neri in lotta per 1'integrazione. Si tratta di valutare nel modo 
piu' giusto possibile il rischio che si corre, partendo dall'analisi del clima 
politico e sociale nel quale si svolge la manifestazione. Se si prendera' la 
decisione di andare fino in fondo, e' opportuno che le prime file dei 
manifestanti siano particolarmente preparate, sia psicologicamente che 
tecnicamente, ad affrontare le cariche della polizia e conoscano in particolare 
i metodi elementari di protezione che devono essere presi in quel momento (si 
tratta soprattutto di proteggersi la nuca con le mani). Se la polizia non osa 
disperdere la manifestazione con la violenza, si trova costretta a portar via 
uno alla volta tutti i manifestanti. Si puo' dare allora la parola d'ordine di rifiutare qualsiasi cooperazione 
con le forze di polizia, e cioe' di "diventare molli" (come dicono gli 
anglosassoni) e lasciarsi "manipolare" con calma dai poliziotti mentre questi 
riempiono i furgoni destinati a ricevere i manifestanti. - L'ostruzione. L'ostruzione consiste nell'impedire la libera circolazione 
su una via pubblica facendo dei proprio corpo un ostacolo inevitabile per chi 
volesse passare. Questo metodo e' stato utilizzato in particolare in occasione 
di scioperi operai per impedire ai non-scioperanti di accedere al loro posto di 
lavoro. Si e' pure ricorso a questo procedimento per ottenere l'arresto e 
l'immobilizzazione di veicoli che servono ad alimentare direttamente, sia in 
uomini che in materiali, l'ingiustizia che si combatte. Puo' essere utilizzata 
anche per impedire una costruzione giudicata indesiderabile come quella di una 
base militare, di una centrale atomica o di una realizzazione di prestigio che 
costituirebbe un'ingiuria per i poveri: si tratterebbe in questi casi di 
occupare il cantiere e di impedire agli operai di lavorare. Si puo' anche 
concepire l'ostruzionismo simbolico dell'ingresso di un edificio ufficiale: 
ostruendo ad esempio l'ingresso del ministero della Difesa nazionale per 
protestare contro la vendita di armi che vanno ad alimentare l'oppressione in 
diversi paesi stranieri. In genere, e' preferibile che l'ostruzione sia compiuta da un gran numero 
di persone piuttosto che da poche. Vi sono soprattutto meno pericoli e l'azione 
sara' capita meglio dal pubblico. In questi ultimi tempi, si sono sviluppate altre tecniche di ostruzione: 
non si tratta piu' soltanto di fare ostruzione con il proprio corpo ma con la 
propria automobile, con il proprio trattore, o con il proprio camion. Il fine 
dell'ostruzione qui non e' piu' di impedire gli spostamenti dell'avversario o di 
rendere impossibile la cooperazione con lui, ma di impedire semplicemente la 
circolazione al fine di creare il fatto che consenta di far conoscere 
l'ingiustizia all'opinione pubblica. E' noto che in Francia i commercianti, gli 
agricoltori e i camionisti sono ricorsi a queste tecniche, e generalmente con 
successo. - L'usurpazione civile. Invece che abbandonare il proprio posto e 
interrompere ogni attivita', puo' essere piu' efficace, per dare scacco al 
sistema, sovvertirlo dall'interno restando al proprio posto. Si tratta allora di 
ignorare volutamente le istruzioni che giungono dall'alto e d'impegnarsi a 
seguire, nel proprio lavoro, le disposizioni dei movimento di resistenza. Invece 
di scioperare, questa o quella categoria di funzionari o di professionisti puo' 
esercitare sul governo una pressione maggiore mettendo a disposizione del 
movimento "le sue armi e i suoi bagagli". Questo metodo di azione e' chiamato 
"usurpazione civile". Theodor Ebert ne da' la seguente definizione: "Lungi 
dall'interrompere il lavoro, gli insorti si assumono direttamente 
l'organizzazione dei lavoro secondo i metodi del sistema sociale che essi 
auspicano ed e' l'ampiezza di questa azione che costringe gli attuali detentori 
del potere ad adattarsi alle strutture create dagli insorti". Ci sembra 
opportuno precisare che non si tratta qui di fare evolvere le strutture 
dall'interno sforzandosi di sfruttare il piu' possibile il margine d'iniziativa 
lasciato dal sistema. Salvo qualche eccezione, questo comportamento avalla 
maggiormente il sistema piu' di quanto non lo metta in discussione. Serve spesso 
di pretesto a chi non ha il coraggio di rifiutare apertamente la propria 
collaborazione con l'ingiustizia. L'usurpazione civile si colloca certamente 
all'interno delle strutture, pero' essa opera una rottura con il sistema 
dominante e sfida apertamente la gerarchia. Si tratta di dirottare le strutture 
dal fine che e' loro assegnato dal sistema e di rivolgere la loro efficacia 
contro di esso. Questo metodo puo' essere utilizzato allo scopo di incominciare a 
realizzare direttamente nei fatti il cambiamento sociale che si vuole 
promuovere, invece che esercitare una pressione per ottenerlo. Arriviamo percio' 
alla nozione di "controllo operaio" cosi' come e' stato gia' espresso nel 
contesto della lotta di classe. "L'assunzione del controllo da parte dei 
lavoratori significa che questi smettono di giocare secondo le regole. Significa 
che essi stessi decidono delle loro condizioni di lavoro, e soprattutto della 
loro produzione. Significa rifiutare totalmente la collaborazione con il sistema 
esistente. Significa farsi carico della vita dell'impresa (formazione 
professionale, ritmi, sicurezza, orari, ripartizione dei lavoro, movimenti del 
personale...). (...) La strategia del fatto compiuto e' sempre comprensibile a 
condizioni che sia onesta' fin dall'inizio della sua proposta. Infatti, non 
bisogna nascondere ai lavoratori che l'esercizio del controllo non puo' essere 
transitorio e legato ad un rapporto di forza. Cio' finisce sempre in uno scontro 
globale con l'avversario di classe (lock-out...). Ma soprattutto, l'esercizio 
dei controllo collettivo resta la forma migliore di apprendimento da parte dei 
proletariato delle responsabilita' che l'attendono per la presa del potere e la 
transizione verso il socialismo" ("Le controle ouvrier"). Cosi', invece di porsi in sciopero per reclamare nuovi ritmi di lavoro in 
fabbrica, gli operai decidono da soli di lavorare con i nuovi ritmi e instaurano 
in fabbrica una situazione di fatto. La pressione cosi' esercitata puo' 
rivelarsi piu' efficace. L'usurpazione civile realizza contemporaneamente sia il programma di 
non-cooperazione con il quale ci si rifiuta di servire un sistema ingiusto, sia 
il programma costruttivo che permette di realizzare nei fatti le soluzioni 
concrete proposte dal movimento. I settori di attivita' sociale, in cui 
l'organizzazione dei lavoratori e' riuscita a soppiantare la direzione legata al 
sistema e in cui diventa possibile applicare concretamente i principi della 
nuova societa', costituiscono dei "territori liberati". Certo, anche qui si dovra' fare i conti con i mezzi di risposta di cui 
dispone l'avversario. Egli tentera' di porre fine a questa usurpazione e di 
riprendere possesso dei servizi amministrativi o dei settori sociali che sono 
sfuggiti al suo controllo. Questa risposta dell'avversario potra' essere piu' o 
meno efficace a seconda dei rapporti di forza gia' esistenti. Puo' divenire 
necessario evacuare i territori momentaneamente liberati e organizzare la 
resistenza facendo ricorso unicamente ai metodi classici di non-cooperazione, e 
cioe' alle diverse forme di sciopero. Ma e' anche possibile che l'avversario si 
trovi disarmato per riprendere questi territori e che questi giochino allora un 
ruolo determinante nell'evoluzione del conflitto. - Usurpazione delle funzioni governative e governo parallelo. Quando tutto 
un paese e' abbandonato all'arbitrio di un governo che intende imporre il 
dominio rinnegando tutti i principi della vita democratica, non si tratta piu' 
soltanto di opporsi a una legge particolare, si trattera' di opporsi al governo. 
Converra' percio', allo scopo di bloccare i meccanismi del governo e di 
paralizzarlo, estendere la disobbedienza civile alle leggi che, pur non essendo 
di per se stesse ingiuste, servono nondimeno ai progetti del governo. Nella misura in cui la disobbedienza civile avra' potuto essere organizzata 
su scala nazionale, i leader dei movimento di resistenza potranno essere 
considerati come rappresentanti dell'autorita' legittima del paese. Se la 
situazione l'esiga e lo permetta - e bisogna ammettere che cio' si puo' 
verificare solo eccezionalmente - il movimento di resistenza puo' essere 
condotto a usurpare certe funzioni governative, fino a creare un governo 
parallelo. La popolazione ignorerebbe allora sistematicamente le decisioni del 
governo per obbedire solo alle disposizioni del movimento di resistenza. "Quando 
un gruppo di uomini rinnega lo Stato sotto la cui dominazione hanno vissuto fino 
ad allora - scrive Gandhi -, essi costituiscono quasi un proprio governo. Dico 
"quasi" perche' essi non arrivano al punto d'impiegare la forza quando lo Stato 
resiste". 3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO 
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di 
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della 
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: 
info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa 
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 263 del 15 giugno 2010 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su 
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