Telegrammi. 213



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 213 del 6 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. La via
2. Alcune parole dette in memoria di Alfio Pannega nel trigesimo della scomparsa
3. Oggi a Viterbo
4. Lyse Doucet: Sulle spalle di Nargis
5. La dottoressa Litta relatrice al convegno nazionale del 7 giugno a Roma su "Politiche per l'ambiente e la salute"
6. Ritu Sharma: Una bacchetta magica per l'economia
7. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
8. "Azione nonviolenta"
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. LA VIA
 
La nonviolenza e' la via.
 
2. MEMORIA. ALCUNE PAROLE DETTE IN MEMORIA DI ALFIO PANNEGA NEL TRIGESIMO DELLA SCOMPARSA
[Le parole che seguono costituiscono la trama delle considerazioni svolte a braccio (e qui sommariamente ricostruite a memoria quasi una settimana dopo) il 30 maggio 2010 presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" ricordando Alfio Pannega nel trigesimo della scomparsa; ad esse si accompagnava il riferimento ad alcuni canti della Divina Commedia, particolarmente cari al cuore di Alfio che ne era un appassionato e fine dicitore. Questa rievocazione faceva seguito alla consumazione di un pasto in comune durante una riunione simposiale degli amici (tra gli altri, ed ovviamente, Luciano Bernabei, Osvaldo Ercoli...), e fungeva da introduzione alla lettura di alcune luminose poesie ed alcune memorialistiche riflessioni estratte dal libro di Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io (Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010), lettura poi effettuata da Antonello Ricci e da Michela e Pietro Benedetti, Olindo Cicchetti, Sara Grimaldi, del gruppo teatrale de "La banda del racconto". Dopo la lettura-recitazione delle sue parole l'omaggio ad Alfio Pannega e' proseguito con il consueto incontro del seminario domenicale di accostamento alla nonviolenza - cui Alfio aveva sempre attivamente partecipato - e con una conclusiva performance musicale.
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i  motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi fa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti. Un piu' ampio ricordo - una sintesi dell'orazione funebre alle esequie del primo maggio 2010 - e' nel n. 179 dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino"]
 
1. Dall'emarginazione sociale al protagonismo politico
Alfio Pannega, ben lo sappiamo noi che oggi siamo qui convenuti per ricordarlo ancora, fino alla fine dei suoi giorni non e' mai stato un oggetto passivo dell'altrui azione, ma un soggetto attivo, originale e creativo, una figura esemplare della vita sociale, culturale, civile e politica di Viterbo.
E bastera' ricordare il suo orgoglioso ed energico antifascismo, la sua persuasa militanza nel movimento dei lavoratori contro lo sfruttamento e l'ingiustizia, la sua intensa e feconda partecipazione alle lotte per la pace e contro il razzismo, contro l'emarginazione e per i diritti sociali, in difesa dell'ambiente e della democrazia (e tra le sue piu' recenti splendide lotte civili ricordiamo la sua partecipazione fin dalla fondazione al movimento contro il mega-aeroporto e in difesa del Bulicame, la sua ultima grande lotta per il diritto alla casa).
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2. Alfio Pannega e il centro sociale, una storia d'amore
Alfio Pannega e' sempre stato inserito nella vicenda della Viterbo popolare e resistente, ma e' stata la nascita del centro sociale che ne ha suscitato e inverato il passaggio da una condizione di dura emarginazione sociale al pieno, incisivo protagonismo politico, e ne ha rivelato a tutta la citta' la vocazione di educatore, l'originale e profondo magistero pedagogico.
Il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" e' stato il luogo, il contesto, la comunita' in cui Alfio ha potuto finalmente pienamente valorizzare ed esercitare le sue molte virtu' di maestro di vita e di compagno di lotte, di memoria profonda e di utopia incarnata, di guida comprensiva e generosa, di persona ironica e misericorde; ed Alfio a sua volta ha caratterizzato il centro sociale costituendone il peculiare punto di riferimento. Alcune delle scelte maggiormente caratterizzanti dell'esperienza di questo centro sociale, come quella della nonviolenza, sono anche il frutto della sua presenza, del suo apporto di intelligenza e saggezza, di esperienza e benignita'.
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3. Tre caratteristiche
Tre caratteristiche di Alfio Pannega vorrei ora sottolineare, usando come termine di riferimento tre canti danteschi, di quel Dante che amava declamare a memoria e che recava nello scrigno del suo animo come un tesoro prezioso e incandescente.
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4. La virtu' della compassione
La compassione verso tutti i sofferenti, l'indignazione per tutte le ingiustizie, l'impegno inesauribile per la solidarieta', la verita', la giustizia.
E del suo amato Dante prediligeva declamare a memoria il canto del conte Ugolino, il XXXIII dell'Inferno, il canto del dolore piu' atroce e della pieta' piu' profonda.
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5. L'amore per la vita, per il mondo reale
Aveva una visione lucreziana e leopardiana della vita, sobria ed eroica, mai astratta e mai sacrificale, ma sempre accudente e responsabile.
Un amore profondo per il mondo, per la vita, per tutti gli esseri viventi che amorevolmente, empaticamente conosceva, per l'umanita' come realmente e'; senza alcuna illusione, senza nascondersi il dolore, la sofferenza, lo scacco, la miseria, ma insieme con l'orgoglio di fare la cosa buona, la cosa giusta, di amare ed aiutare senza riserve, con assoluta generosita'.
E qui sovviene il canto X dell'Inferno dantesco, quello di Farinata e di Cavalcante, dell'eroismo che si prolunga "com'avesse l'inferno a gran dispitto" e dello strazio infinito per ogni altrui sofferenza.
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6. Un amore sconfinato per il sapere e la virtu'
Ed aveva un amore sconfinato per il sapere che e' fondamento del ben operare. Volonta' orientata verso la conoscenza e la virtu', in una rigorosa e avventurosa ricerca della verita' e della condivisione.
A lui piu' che a ogni altra persona si addiceva come motto quel distico dell'"orazion picciola" del XXVI canto dell'Inferno, il canto di Ulisse, che suona "Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza". La virtu', senza la quale la conoscenza e' vana; e la conoscenza, senza la quale la virtu' e' cieca.
Nella lectio magistralis tenuta pochi mesi fa alla Sala Regia di Palazzo dei Priori, sede del Comune di Viterbo, conclusa poi con quel gesto fiero e luminoso, magnifico e sublime del rifiuto di un'onorificenza finche' non fosse stato rispettato il diritto, ai giovani studenti delle scuole medie li' convenuti ad ascoltarlo (in una tensione ed un entusiasmo che molto lo conforto') Alfio indico' lo studio, l'accostamento al sapere, come primo dovere, come prassi di solidarieta' e di liberazione; un dovere non avulso dagli altri, ma fondativo del ben operare, dell'azione buona perche' consapevole, perche' solidamente basata su una adeguata conoscenza, comprensione, interpretazione, riflessione, scelta. Esortando quei giovanissimi allo studio, Alfio Pannega testimoniava una volta ancora: recando ad esempio la sua medesima vicenda di persona dalla vita travagliata, vissuta sempre in dignitosa, eroica poverta', ed insieme sempre generosa, e sempre generosa perche' ricca di quell'amore del vero profondamente inteso, di quella sapienza del giusto intimamente sentito, di quell'esperienza del bene auteticamente compiuto, in cui consiste la sola comune saggezza, la sola condivisa salvezza dall'oceano del dolore in cui ogni vita e' naufraga.
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7. Due immagini, una persona
E poiche' mi capita sovente di veder tutte le cose e le vicende lacerarsi in due e solo raramente e faticosamente ricomporsi in una, vorrei aggiungere infine che, ancora una volta, anche in questo caso, vi sono due immagini di Alfio Pannega nella memoria dei viterbesi.
L'una, falsa, e' quella stereotipata, puerile, di figurina pittoresca, personaggio folklorico, un'immagine ridotta a caricatura, a macchietta; di rovina archeologica e mummificato monumento, di enigmatico residuo e patetico relitto di una oleografica Viterbo del passato, remota e inattingibile, ormai ridotta a frammenti e frantumi, a favola e nuvola.
Ma questa e' solo un'immagine fittizia, una scorza svuotata, un fantasma ed un'allucinazione. Alfio non era questo.
Ma e' sintomatico che taluni che pur pretendono di averlo conosciuto ne ricordino solo il lavoro umile e faticoso ed al piu' pochi motti burberi e frizzanti, tramandati di bocca in bocca. Costoro credono di conoscere Alfio, ma non lo hanno mai ascoltato, non si sono mai veramente accostati a lui da persona a persona, come eguali. Costoro hanno avuto nei suoi confronti un atteggiamento nella migliore delle ipotesi scioccamente ed arrogantemente paternalista, ed hanno perso cosi' un'occasione unica di arricchimento spirituale.
Perche' c'e' un'altra memoria e un'altra immagine di Alfio, la memoria e l'immagine dell'Alfio reale, concreto, persona poliedrica e colta, sapiente di infinite esperienze ed inesausto studiare, maestro di vita che insegnava la responsabilita', il prendersi cura degli altri, la condivisione di tutto, l'amore per la vita, l'incontro fraterno con tutti.
Noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo lo ricorderemo e lo onoreremo e lo testimonieremo sempre come veramente era: una persona buona come il pane, luminosa come le stelle.
E qualche scintilla della sua generosita', della sua sapienza, della sua saggezza, risplendera' ora ancora nella lettura delle sue poesie.
 
3. INCONTRI. OGGI A VITERBO
 
Oggi, domenica 6 giugno 2010, con inizio alle ore 15,30, presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" a Viterbo, si svolgera' il ventisettesimo incontro di studio del percorso di formazione e informazione nonviolenta iniziato da alcuni mesi.
All'incontro partecipa il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Il centro sociale autogestito "Valle Faul" si trova in strada Castel d'Asso snc, a Viterbo.
L'iniziativa e' ovviamente aperta alla partecipazione di tutte le persone interessate.
 

4. TESTIMONIANZE. LYSE DOUCET: SULLE SPALLE DI NARGIS

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo del 23 maggio 2010 di Lyse Doucet, corrispondente da Kabul per la Bbc]

 

La sua giornata comincia bussando alle porte. Alle 6 del mattino, a Kabul, la decenne Nargis va di casa in casa per le strade piu' ricche della capitale, mendicando il pane. Il quartiere di Sherpur, famoso per i suoi magnificenti palazzi, sorge ai piedi della collina dove Nargis e la sua famiglia vivono in una sola stanza fatta di mattoni di fango.

Il giorno in cui la incontro, chiunque risponda al suo bussare dice di non aver pane da darle. “Oggi, un ragazzino e' passato prima di me. Si e preso tutto lui”, spiega con un filo di voce, prima di tornare a casa senza aver nulla da mangiare per la sua famiglia. Questa bimba randagia, vestita di una tunica rosa rammendata da fili argentei, e' la provveditrice di cibo per una famiglia che ha sette figli. Mandare per le strade le sorelle adolescenti di Nargis sarebbe considerato “disonorevole”, e gli altri fratelli sono troppo piccoli. Suo padre non puo' o non vuole lavorare: e' un tossicodipendente. Percio', tutto dipende da Nargis.

Ma Nargis e' solo una delle decine di migliaia dei bambini di strada a Kabul. Nati in un paese devastato da tre decenni di guerra ed in una economia alimentata dal commercio di oppio, hanno perso i loro padri grazie alla violenza o al vizio. Di giorno, sciamano attorno alle automobili incastrate nel fitto traffico di Kabul brandendo qualsiasi cosa da vendere, dai pacchetti di gomme da masticare all'incenso, oppure uno straccio sbrindellato per pulire i parabrezza.

Di notte, quelli adolescenti sono ancora nelle strade principali a vendere strisce di carte per telefoni cellulari. Bambini che dovrebbero essere a scuola stanno imparando a sopravvivere in strade molto dure. Usando un campionario di trucchi, cercano di guadagnare quei pochi soldi che metteranno del cibo sulla tavola familiare. E quest'armata di bimbi al lavoro nelle strade sta crescendo.

“Giorno dopo giorno ci sono sempre piu' bambini a lavorare nelle strade, perche' i rifugiati dall'Iran e dal Pakistan stanno tuttora tornando, e la gente e' ancora sfollata a causa della guerra”, dice l'ingegner Mohammed Yousef, fondatore e direttore di “Aschiana”, un rifugio per i bambini di strada. Avendo la reputazione di essere pestiferi, spesso sono ignorati o cacciati via. Ma i bambini crescono. “Quando diventano adulti, impararenno altre cose dalla strada, e non ce ne saranno molte di positive”, continua Mohammed Yousef, “In maggioranza i bambini hanno talento, e se hanno l'opportunita' di essere istruiti in un buon ambiente useranno il loro talento in modo positivo e diventeranno brave persone, altrimenti lo useranno in modo negativo”. Bambini non protetti possono cadere preda di ragazzi piu' vecchi che li indirizzano al crimine; sono anche un bersaglio per le gang criminali che trafficano persone e droga.

In Afghanistan, il numero dei tossicodipendenti sta vertiginosamente crescendo. Le ultime stime parlano di un milione e mezzo di persone: un quarto sono donne e bambini. Fra i bambini c'e' il tredicenne Omid. Dapprima tenta di negare, dicendo che non e' piu' dipendente, ma gli occhi dalle palpebre pesanti lo smentiscono. Infine ammette che sniffare colla allevia in qualche modo la sua difficile esistenza: “Ti senti come se fossi un gigante. Non avverti il peso di cio' che porti in spalla”.

Nel rifugio di “Aschiana”, i bambini ricevono qualche ora di istruzione combinandola con il lavoro di strada. I piu' cresciuti possono ricevere addestramento professionale, e a tutti i piu' piccoli e' data la possibilita' di giocare, e persino di sognare. Nargis e' una di questi “fortunati”: alle lezioni sta seduta composta in prima fila, strizzata in mezzo ad altre bambine, su una lunga panca di legno. Chinata sul suo quaderno, dove scrive con linee impeccabili parole in lingua Dari, sembra fuggita in un mondo che le promette un futuro migliore.

Al quattordicenne Mahfouz, che sa citare a memoria i nomi di tutti i maggiori calciatori mondiali, “Aschiana” da' la possibilita' di mettere da parte per qualche ora le sue preoccupazioni e di unirsi ad altri ragazzi per giocare a pallone. Ma fin troppo presto eccolo di nuovo al lavoro in strada, dove lava automobili per mantenere la sua famiglia. Mahfouz lo fa da quando aveva sette anni, da quando suo padre ha abbandonato la moglie per un'altra donna: “Ci ha rovinato la vita. Gia' eravamo poveri, e adesso io devo lavorare per guadagnare il pane per tutti”.

Il posto in cui sta lavorando ora si trova a breve distanza dal luogo di un recente attentato suicida. “No, non ho piu' paura. Ho affrontato questa cosa per la maggior parte della mia vita”, dice Mahfouz, “Non sono piu' un bambino piccolo”. Nonostante le arie da adulto che si da', questo ragazzo ha solo quattordici anni e lo si vede quando parla dell'assenza paterna: “Essere privati dell'abbraccio di un padre e' una cosa assai triste”.

Anche Nargis lamenta il comportamento paterno, cosi' come fa sua madre con una lacrima che le scorre sul viso: “Se avessimo denaro potremmo farlo disintossicare ed io non dovrei mandare mia figlia per le strade”.

“Io mi arrabbio quando mia madre piange”, attesta Nargis piu' tardi, adottando un tono che apparentemente smentisce la sua giovanissima eta'. Ma subito dopo rompe in un fiume di lacrime. Alla fine di ogni giornata, Nargis scala l'ultima collina verso casa. Da una spalla le pende un sacchetto di stoffa stracciata in cui sta il suo quaderno. Dall'altra spalla le pende un'ampia borsa di plastica piena di piccole cose utili tratte da un mucchio di spazzatura.

Fin dalla nascita, i bambini afgani come Nargis portano sulle spalle le peggiori eredita' della guerra.

 

5. INCONTRI. LA DOTTORESSA LITTA RELATRICE AL CONVEGNO NAZIONALE DEL 7 GIUGNO A ROMA SU "POLITICHE PER L'AMBIENTE E LA SALUTE"
[Riceviamo e diffondiamo]
 
La dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'"Associazione italiana medici per l'ambiente", sara' relatrice il 7 giugno 2010 al convegno nazionale che si terra' a Roma su tema "Politiche per l'ambiente e la salute".
Il convegno si svolgera' per l'intera giornata presso la Sala Colonne di Palazzo Marini, sede degli uffici del Parlamento italiano; altre relazioni saranno svolte da autorevolissime figure della ricerca scientifica, cattedratici universitari, prestigiose personalita' delle istituzioni e della cultura.
*
Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi. E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e' responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali.
*
Nota per la stampa a cura del comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 5 giugno 2010
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
 

6. RIFLESSIONE. RITU SHARMA: UNA BACCHETTA MAGICA PER L'ECONOMIA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Ritu Sharma apparso su "Business Week" del 4 maggio 2010.

Ritu Sharma e' la cofondatrice e presidente di "Women Thrive Worldwide" (sito: www.womenthrive.org)]

 

Stavo accanto al piccolo chiosco di Shareena, in cui lei vendeva spuntini fatti in casa. Il posto era Hambantota, in Sri Lanka, un anno dopo lo tsunami del 2004. Gli aiuti continuavano ad arrivare, ma i segni della devastazione erano ovunque: case in pezzi, barche ammucchiate sulle strade ad un miglio dalla spiaggia, tende sbrindellate ancora usate come rifugi.

Shareena aveva ricevuto un finanziamento (microcredito) da una locale organizzazione femminile che gestiva un progetto umanitario per aiutare le donne come Shareena a rimettersi in piedi. Con il prestito ricevuto, 50 dollari, Shareena fu in grado di riprendere la sua attivita': compro' una nuova stufa e ricomincio' a vendere cio' che cucinava, stando vicina a casa per prendersi cura del marito disabile e del figlio.

Questa, ovviamente, e' il tipo di storia su donne e microcredito che il mondo ama ascoltare. Le donne ottengono piccoli prestiti, lavorano duro, e piu' del 95% ripaga il debito nel tempo stabilito. Il prestatore ci guadagna e reinveste in altro microcredito, e tutti sono contenti. Il potere del microcredito l'ho visto con i miei occhi in Afghanistan, Sudafrica, Sri Lanka, Honduras, Burkina Faso, ed in molti altri luoghi. Per le donne che non saranno mai in grado di condurre attivita' economiche piu' vaste, o che non saranno in grado di lasciare le loro case per lavorare, il microcredito e' un salvavita.

Ma pur riconoscendo che il microcredito si e' guadagnato un giusto posto nell'economia globale e che e' un attrezzo utile a ridurre la poverta', io ho visto di persona anche i suoi limiti. Chiedetelo a Shareena e a milioni di donne come lei e sentirete la stessa storia. Piu' che sullo sviluppo della loro attivita' sono costrette a concentrarsi sul ripagamento del debito, che a volte ha scadenza bisettimanale ed interessi assai alti. Praticamente stanno in bilico sull'orlo della poverta', anziche' esserci immerse sino al collo, ma devono mettercela tutta solo per rimanere in bilico. Il microcredito produce “microguadagni”, e spesso per le donne non c'e' altro che il micro.

Shareena non potra' mai accedere al prestito di 5.000 dollari di cui avrebbe bisogno per ingrandire la sua attivita', a causa delle barriere che le vengono poste di fronte come donna. Non ha proprieta', ha scarsa conoscenza della finanza, non puo' accedere a mercati piu' grandi per quel che produce, e non puo' lasciare facilmente la sua famiglia per viaggiare.

Piu' di un miliardo di persone al mondo vivono con un dollaro, o meno, al giorno: la maggioranza di esse sono donne. Sette su dieci affamati al mondo sono donne. I tre quarti degli analfabeti al mondo sono donne. Non riusciremo a raggiungerle tutte con prestiti individuali di cento dollari, ne' ogni donna povera puo' trasformarsi in piccola commerciante.

Non c'e' abbastanza microcredito, ed il microcredito non e' abbastanza. La dimensione del problema richiede soluzioni che rispondano a queste domande: da dove facciamo venire un introito decente per un miliardo di persone, e come ci assicuriamo che le donne abbiano accesso a tale introito? L'ultima e' la piu' importante, perche' la crescita del Pil e della macroeconomia non si traducono automaticamente in risultati per le donne povere.

Dopo anni ed anni di attivismo, sono arrivata a credere che c'e' una bacchetta magica che potrebbe migliorare le condizioni delle donne ed aiutare l'economia globale allo stesso tempo. Le donne la portano nelle bluse, o in sacchetti di stoffa, o la infilano sotto il materasso. E' il freddo e duro contante, e le donne hanno bisogno di averne di piu'. Il danaro nelle mani delle donne e' cio' che spinge le comunita' fuori dalla miseria. I risultati di tutti i programmi umanitari del mondo non si avvicinano neppure alla trasformazione che avviene quando le donne hanno la possibilita' di dar da mangiare alle loro famiglie, acquistare medicinali e pagare i costi dell'istruzione, anche minima, per le loro figlie ed i loro figli.

Un piano veramente ispirato per l'opportunita' economica delle donne deve includere il settore privato, i governi e l'aiuto umanitario. Le politiche governative possono fare i giusti investimenti sociali, dare priorita' al commercio ed agli investitimenti in determinate zone, ed incentivare inclusivita' e sostenibilita': su queste basi l'impresa privata puo' essere costruita. In effetti, vorremmo arrivare a stare in luoghi in cui l'aiuto umanitario non e' piu' necessario, ma ci sono al suo posto istituzioni e strutture che permettono all'economia locale di fiorire, ed alle donne piu' povere di parteciparvi in modo significativo.

Cominciamo da dove le donne sono ed investiamo nella crescita dei loro affari. E' ben l'ora che le donne si muovano oltre il “micro” e possiedano piccole e medie attivita' economiche. Queste attivita', oltre a generare un reddito reale per chi le gestisce, possono generare impiego per altre donne. Con piu' lavoro e piu' reddito, le economie locali cominiciano a svilupparsi, creano piu' domanda e piu' affari. Quando le attivita' economiche delle donne toccano il tetto della domanda locale, le aiutiamo a raggiungere mercati regionali e globali. Le donne hanno bisogno dell'addestramento, delle riforme legali e del capitale che le portera' oltre il “micro”.

Concentriamoci su dove le donne fanno la maggior parte del lavoro. La stragrande maggioranza delle donne, al mondo, vive in aree rurali e lavora in agricoltura. Puo' darsi che noi si pensi all'agricoltura come ad “un uomo su un trattore”, ma la verita' e' che la maggior parte del cibo sul pianeta Terra viene prodotto da donne in appezzamenti non piu' grandi del cortile sul retro di casa nostra, spesso irrigati ad un secchio alla volta.

Ci sono un mucchio di chiacchiere sulla seconda rivoluzione verde che sarebbe necessaria a nutrire la popolazione globale, ma troppe di queste chiacchiere si concentrano per intero sull'agribusiness e saltano a pie' pari le donne. Riforme agrarie e legali, di questo abbiamo bisogno affinche' le donne abbiano titolo legale sulle terre che coltivano; istruzione; accesso alle sementi, alla tecnologia, all'acqua; apertura di mercati locali, regionali e globali per i prodotti agricoli; investimenti nelle cooperative ed in altri modelli di successo, di modo che le opzioni per le donne non siano limitate all'agricoltura di sussistenza o al lavoro sottopagato nelle monocolture industriali.

Creiamo un accesso al mercato per i prodotti delle donne. Ci sono un buon numero di produzioni in cui le lavoratrici donne sono la parte dominante: il settore tessile, per dirne uno, dove il lavoro di una sola donna sostiene di solito famiglie di sei/sette membri. Il commercio globale ha le potenzialita' per aiutare milioni di persone ad uscire dalla poverta', attraverso la creazione di lavori decenti e sostenibili per donne, ma solo se le politiche dei governi incentivano tale creazione. E quando i cambiamenti nel commercio globale causano la perdita del lavoro per le donne, il loro sfollamento, o la necessita' di apprendere nuove abilita', le donne devono ricevere assistenza transitoria e sostegno.

Creiamo posti dove le donne possano tenere al sicuro il loro danaro. Sotto il materasso non e' piu' un'opzione: va perduto, viene rubato, non genera interessi. Accanto al microcredito c'e' un gran bisogno di “microrisparmio”, “microassicurazioni”, ed un'intera gamma di servizi finanziari per i poveri, ed in special modo per le donne. Il controllo delle donne sul loro reddito e' un fattore cruciale per creare un circolo virtuoso di sviluppo economico locale e riduzione della poverta'.

Molte di queste cose stanno cominciando ad accadere, ma la loro dimensione e' minuscola se paragonata alla domanda. Le donne meritano la possibilita' di accedere all'economia globale in un modo che migliori le loro vite. E questo in effetti farebbe star meglio tutti noi. Piu' soldi nelle mani delle donne povere si traducono direttamente in quel tipo di sostenibilita' di cui l'economia globale ha bisogno. E le donne hanno aspettato abbastanza a lungo.

 
7. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
8. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Paolo Flores d'Arcais, Albert Camus filosofo del futuro, Codice, Torino 2010, pp. IV + 66, euro 9.
- Giovanna Gallio (a cura di), Basaglia a Colorno, Il Saggiatore, Milano 2009, volume monografico di "Aut aut", n. 342, aprile-giugno 2009, pp. 208, euro 19.
*
Riedizioni
- Carl Gustav Jung, Il problema dell'inconscio nella psicologia moderna, Einaudi, Torino 1964, 1994, Rcs Libri, Milano 2007, pp. XXVIII + 306, euro 9,90.
- John Maynard Keynes, Teoria generale del'occupazione, dell'interesse e della moneta, Utet, Torino 1975, 2005, De Agostini - Il sole 24 ore, Novara-Milano 2010, pp. 588, euro 12,90.
- Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche. Osservazioni sui colori. Esperienza privata e dati di senso, Einaudi, Torino 1967, 1981, 2007, Mondadori, Milano 2010, pp. XX + 636, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori).
 
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
11. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 213 del 6 giugno 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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