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Minime. 976
- Subject: Minime. 976
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 17 Oct 2009 00:47:04 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 976 del 17 ottobre 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Contro il razzismo come contro la guerra 2. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 3. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo 4. Cosa fare 5. Ida Dominijanni intervista Michelangelo Bovero su Norberto Bobbio 6. Maria Grazia Olivero e Angelo Dalmasso ricordano Giuseppe Girotti (2005) 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. CONTRO IL RAZZISMO COME CONTRO LA GUERRA Poiche' vi e' una sola umanita'. 2. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE VARIE FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA LEGGE 15 LUGLIO 2009, N. 94 Alla Procura della Repubblica di ... Al Presidente del Tribunale di ... Al Presidente della Corte d'Appello di ... Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di ... Al Presidente della Provincia di ... Al Presidente della Regione ... Al Questore di ... Al Prefetto di ... Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art. 1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico riferimento a: a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla Costituzione della Repubblica Italiana; b) violazione dei diritti dei bambini; c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione esistenziale; d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui all'art. 10 Cost.; e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Firma della persona e/o dell'associazione esponente indirizzo luogo e data 3. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE IL FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO Alla Procura della Repubblica di ... Al Presidente del Tribunale di ... Al Presidente della Corte d'Appello di ... Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di ... Al Presidente della Provincia di ... Al Presidente della Regione ... Al Questore di ... Al Prefetto di ... Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3, commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita' e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali dell'ordinamento giuridico vigente. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Firma della persona e/o dell'associazione esponente indirizzo luogo e data 4. UNA SOLA UMANITA'. COSA FARE Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione dei carabinieri. Puo' essere anche inviato per posta. Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve recare un indirizzo per ogni comunicazione. * Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli esposti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre istituzioni statali centrali). Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel capoluogo di provincia). Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere resi piu' dettagliati se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente gli esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni. * Indirizzi cui inviare gli esposti: Naturalmente gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano da Comune a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione. Comunque solitamente: - l'indirizzo e-mail delle Procure e' composto secondo il seguente criterio: procura.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Procura della Repubblica ad Agrigento e' procura.agrigento at giustizia.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail dei Tribunali e' composto secondo il seguente criterio: tribunale.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail del Tribunale ad Agrigento e' tribunale.agrigento at giustizia.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail delle Prefetture e' composto secondo il seguente criterio: prefettura.citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Prefettura di Agrigento e' prefettura.agrigento at interno.it (analogamente per le altre province). - Sempre per le prefetture e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp), composto secondo il seguente criterio: urp.pref_citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e' urp.pref_agrigento at interno.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail delle Questure e' composto secondo il seguente criterio: uffgab.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Questura di Agrigento e' uffgab.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). - Sempre per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp), composto secondo il seguente criterio: urp.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e' urp.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). - E ancora per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per gli immigrati, composto secondo il seguente criterio: immigrazione.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Ufficio per gli immigrati della Prefettura di Agrigento e' immigrazione.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). Quanto alle istituzioni nazionali: - Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, 00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito: www.cortedicassazione.it - Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187 Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it; sito: www.cortecostituzionale.it - Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it - Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito: www.camera.it - Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel. 0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it - Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it; sito: www.csm.it - Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma; fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito: www.quirinale.it Quanto alle istituzioni sovranazionali: - Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60, B-1047 Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 - +32(0)22307555; sito: www.europarl.europa.eu Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito: http://ec.europa.eu/index_it.htm - Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg (France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito: www.coe.int/DefaultIT.asp - Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters, Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York (Usa); sito: www.un.org * Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei siti istituzionali possono non essere ritenuti dai destinatari equipollenti all'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi, almeno per quanto riguarda le Procure, di inviare comunque anche copia cartacea degli esposti per posta ordinaria (preferenzialmente per raccomandata). Ma poiche' ormai crediamo di aver gia' raggiunto con almeno un invio gran parte delle Procure, chi non avesse tempo ed agio di procedere agli invii cartacei per posta ordinaria puo' limitarsi all'invio per e-mail, che costituira' comunque un sostegno visibile e rilevante all'iniziativa. * Ovviamente e' opportuno che gli esposti siano inviati anche a mezzi d'informazione, movimenti democratici, persone interessate: una delle funzioni dell'iniziativa e' anche quella di ampliare la mobilitazione contro il colpo di stato razzista informandone l'opinione pubblica e coinvolgendo piu' persone, piu' associazioni e piu' istituzioni che sia possibile nell'impegno in difesa della legalita', della Costituzione della Repubblica Italiana, dei diritti umani di tutti gli esseri umani. * Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it Grazie a tutte e tutti, e buon lavoro. 5. MEMORIA. IDA DOMINIJANNI INTERVISTA MICHELANGELO BOVERO SU NORBERTO BOBBIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 ottobre 2009 col titolo "Il catalogo del presente" e il sommario "'Viviamo in regimi autocratici, in cui le elezioni funzionano come un rito di identificazione di una massa, locale o nazionale, in un capo, locale o nazionale'. Intervista a Michelangelo Bovero su attualita' e smentite del pensiero di Norberto Bobbio alla vigilia del centenario della nascita del grande maestro"] Norberto Bobbio e' morto il 9 gennaio del 2004 a novantaquattro anni, e ne compirebbe cento domenica prossima se fosse vivo. I cinque anni che sono passati dalla sua fine hanno, se possibile, ulteriormente drammatizzato tutti i nodi del presente che Bobbio aveva evidenziato soprattutto nell'ultima stagione del suo lavoro: le promesse non mantenute della democrazia e lo scarto fra le democrazie reali e democrazia possibile; il rapporto fra opacita' del potere e passivita' dei cittadini nelle "societa' dell'applauso", come lui le definiva gia' nei primi anni '90; la forbice fra le fortune del liberismo e le disgrazie del liberalismo nelle destre che impugnano la bandiera della liberta', ma anche nelle sinistre moderate che non sanno come riprendersela; l'alterno andamento della fede nei diritti nella sinistra ex comunista che pure non cessa di proclamarla; la crisi del diritto internazionale in cui versa il mondo globale, e la crisi del nesso fra democrazia e diritto in cui versa cio' che resta degli stati nazionali occidentali. Piu' che un rito alla memoria di quello che e' unanimemente riconosciuto come l'intellettuale piu' significativo del Novecento italiano, il centenario si presenta dunque come un'occasione di dialogo con il pensiero vivo di un grande e piu' che mai imprescindibile maestro. Ce ne parla Michelangelo Bovero, allievo e collaboratore di Bobbio (in comune la Teoria generale del diritto), suo successore all'insegnamento di Filosofia politica all'universita' di Torino, autore fra l'altro di Contro il governo dei peggiori e Quale liberta' (Laterza, 2000 e 2004). * - Ida Dominijanni: Qual e' per te il senso di questo centenario? - Michelangelo Bovero: Per quanto non sia possibile sottrarsi all'ufficialita' e alla solennita' della circostanza, il nostro intento non e' quello di una celebrazione accademica di Bobbio: il personaggio non si presta, e poi non e' tempo di celebrazioni. Del resto, nel convegno che si apre oggi c'e' un solo momento, la tavola rotonda di sabato, dedicata direttamente a Bobbio, in particolare alla sua incidenza in varie aree culturali del mondo. Per il resto, l'idea e' piuttosto quella di discutere alcuni problemi di fondo del nostro tempo che nell'opera di Bobbio trovano tematizzazione e riscontro. Che vuol dire riproporlo per quello che effettivamente e' stato, un interlocutore della cultura politica e giuridica internazionale. Bobbio e' stato l'intellettuale italiano piu' influente nel mondo nella seconda meta' del Novecento, piu' di quanto lo sia stato Croce nella prima, e la sua e' stata un'influenza non solo teorica ma anche direttamente politica. Quando fu scritta la Costituzione spagnola, nel 1978, la rappresentante del Psoe formulo' la sua proposta sulla base delle Lezioni di democrazia di Bobbio. Quando Bobbio ando' in Cile, tre anni prima della caduta di Pinochet, superando il timore di legittimare con quella visita la dittatura e decidendo alla fine di accettare l'invito per sostenere l'opposizione al regime, fu accolto dai resistenti con un enorme striscione di benvenuto, un gesto politico che li metteva piu' a rischio di quanto gia' non fossero. Potrei farti altri esempi, ma vorrei ricordare che a questa influenza internazionale va aggiunta la popolarita' di cui godeva in Italia, grazie anche alla sua collaborazione con "La Stampa" dal '76 in poi. Com'e' stato detto una volta in una laudatio per Bobbio a Stoccolma, il caso di Bobbio non e' paragonabile nemmeno a quello di un altro intellettuale influente su tutta la scena occidentale come Habermas, il primo essendo stato letto e amato in Italia molto piu' di quanto non lo sia il secondo in Germania. Questa "popolarita'" di Bobbio, o meglio questo legame con il suo pubblico, e' un dato non secondario, che ha contribuito non poco a farne una presenza simbolica cosi' forte in Italia, un punto di riferimento etico-politico in cui la sostanza del pensiero del filosofo e' tutt'uno con la sostanza morale dell'uomo. Questa funzione simbolica di Bobbio non si e' esaurita con la sua morte, anzi e' destinata a crescere in un'Italia come quella di oggi dove manca non solo un'opposizione politica ma anche, fatte salve alcune voci singolari, un'opposizione culturale e morale identificata e identificabile come tale. * - Ida Dominijanni: Quali sono i problemi del presente pensati da Bobbio che il convegno rimette a tema? - Michelangelo Bovero: Lo dicono gli stessi titoli delle relazioni, che ricalcano i principali titoli dell'opera bobbiana: Il futuro della democrazia, L'eta' dei diritti, Il diritto nel mondo globale, Il problema della guerra e le vie della pace, Politica e cultura... Abbiamo ancora a che fare con questo catalogo di questioni, no? I problemi che si sono affacciati sulla scena del mondo nell'ultima fase della vita di Bobbio - ovvero dall'ondata neoliberista degli anni Ottanta in poi, e soprattutto dall'89 in poi - sono ancora i nostri problemi. Con l'aggravante che si sono incarogniti. E che il modo di porli si e' impoverito, fino a diventare fuorviante. Bobbio sapeva vigilare su questo. Come quando, all'indomani della caduta del Muro di Berlino, mise in guardia dal celebrare troppo frettolosamente il funerale di Marx e del socialismo, sostenendo che entrambi avevano ancora molto da dire. O quando sobbalzo' sentendo che D'Alema invocava una nuova rivoluzione liberale citando Gobetti, e replico' che il liberalismo di Gobetti non era l'iniezione liberista che voleva D'Alema e che se la sinistra abbandonava il principio dell'uguaglianza non sarebbe stata piu' sinistra. Profezia realizzata, a quanto pare. * - Ida Dominijanni: Lasciamo perdere la sinistra e parliamo della democrazia. I problemi di oggi sono gli stessi dell'ultimo Bobbio, d'accordo. Ma anche le soluzioni sono le stesse? C'e' qualcosa nel presente, innanzitutto nello stato presente delle nostre democrazie, che sfida il pensiero di Bobbio, richiamandolo ma anche revocandolo in dubbio? - Michelangelo Bovero: Sto giusto lavorando a un libro sulla democrazia che riattraversa Bobbio per smentirlo. La prima parte e' una teoria delle condizioni logiche della democrazia, delineate sulla base della teoria bobbiana delle regole del gioco: fin qui il pensiero di Bobbio funziona perfettamente. Nella seconda parte pero' io rovescio la sua diagnosi sul futuro della democrazia, tracciata nel suo omonimo libro dell'84: allora, Bobbio sosteneva che nonostante tutti i limiti, le promesse mancate e i compromessi delle democrazie contemporanee, non si poteva comunque dire che esse fossero degenerate in stati autocratici. Oggi viceversa possiamo dirlo, e dobbiamo. I regimi democratici attuali sono tutti, quale piu' quale meno, autocrazie elettive, basate sulla formula della democrazia d'investitura che e' una democrazia plebiscitaria. E a questa conclusione si arriva precisamente applicando alle democrazie reali i parametri di Bobbio sui prerequisiti democratici. E' proprio se prendiamo sul serio la sua teoria della democrazia che siamo costretti a smentire la sua diagnosi sulle democrazie di oggi. * - Ida Dominijanni: Quindi Bobbio, da pensatore disincantato della democrazia come "male minore" qual era, oggi diventa paradossalmente un pensatore della democrazia troppo ottimista? - Michelangelo Bovero: Nell'84 Bobbio poteva ancora sostenere che non c'era degenerazione della democrazia in autocrazia, perche' il suo parametro di riferimento erano i totalitarismi del Novecento. Ma oggi noi dobbiamo confrontarci con il "cittadino diseducato", il cittadino che non ha altro dio al di fuori dell'apparire, il consumatore di televisione che non solo non si sottrae al Grande Fratello ma lo cerca, lo schiavo fanatico che obbedisce a capetti fanatici che gli ingiungono di espellere i diversi, commercializzare il corpo femminile e via dicendo. Questa non e' una generica trasformazione antropologica, e' l'esito specifico di un processo incardinato sull'autocrazia elettiva, cioe' su modalita' di legittimazione elettorale che vengono agite come un rito di identificazione di una massa, locale o nazionale, in un capo, locale o nazionale. Della democrazia, in questo modo, resta solo il nome, o i vestiti, su una sostanza tutta diversa. In questo scenario anche Obama e' un autocrate, per quanto simpatico. * - Ida Dominijanni: Su questo potremmo discutere: il rito di identificazione e' lo stesso, ma i contenuti dell'identificazione cambiano e questo ha la sua importanza. Comunque il punto e' un altro ed e' piu' radicale: se della democrazia resta, nelle attuali autocrazie, solo il nome, quel nome va salvato comunque? - Michelangelo Bovero: Bobbio diceva che gli italiani sono democratici non per convinzione ma per abitudine. Noi oggi parliamo di democrazia per abitudine, anche se nessuna delle democrazie reali di oggi soddisfa le condizioni della democrazia. * - Ida Dominijanni: Insisto e provo a spiegarmi meglio. Oggi sono molte le voci, ad esempio Tronti in Italia, Badiou, Balibar, Nancy, Ranciere in Francia, Wendy Brown negli Usa, che denunciano spietatamente lo stato delle democrazie occidentali e la distanza fra il nome e la cosa, cioe' fra l'idea di democrazia e le democrazie reali. Salvo i primi due pero' nessuno mette in discussione la validita' di quel nome. Ma se la cosa e' cosi' malmessa, come si fa a salvare il nome? Se la democrazia e' diventata quella che e' oggi, si puo' ancora salvare, e come? Il circolo che unisce la legittimazione autocratica e il cittadino diseducato, ad esempio, come lo si spezza? - Michelangelo Bovero: Io la metterei cosi'. La democrazia - quell'insieme di regole che aveva reso possibile una dimensione accettabile di vita politica democratica - e' come una statua che e' stata sottoposta ad atti vandalici. Bisogna vedere se la statua e' restaurabile - stando pero' attenti ai cattivi restauratori. Se il problema numero uno e' il cittadino diseducato, io credo che si debba ripartire dalla vecchia questione dell'educazione alla democrazia: quel cittadino diseducato o maleducato bisogna provare a rieducarlo. Ci sono un'infinita' di cose da fare per questo. Ripartendo da questa base, forse anche la statua puo' rimettersi in piedi. * Postilla. Centenario. L'opera aperta di Norberto Bobbio. Seminari, convegni e mostre sul filosofo torinese Si intitola "Dal Novecento al Duemila. Il futuro di Norberto Bobbio" il convegno internazionale che si apre oggi al teatro Regio di Torino, evento centrale delle celebrazioni per il centenario della nascita del filosofo. A sottolineare la solennita' dell'evento, dopo l'apertura di Gastone Cottino, presidente del comitato per il centenario, e l'intervento introduttivo di Luigi Bonanate ("Il nostro Bobbio"), e' prevista una testimonianza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio la prima sessione, dedicata a "Gli ideali di Bobbio: bilanci e prospettive", con relazioni di Michelangelo Bovero, Ernesto Garzon Valdes, Stefano Rodota', Celso Lafer. Domani due sessioni, la prima su "Il diritto nel declino dello Stato" (Michel Troper, Luigi Ferrajoli, Alfonso Ruiz Miguel), la seconda su "Il futuro della politica" (Stephen Holmes, Michael Walzer, Remo Bodei). Sabato mattina la tavola rotonda conclusiva, con Richard Bellamy, Veronique Champeill-Desplats, Alastair Davidson, Elias Diaz, Jose' Fernandez Santillan, Otto Kallscheuer, Mario G. Losano. Si avvicendano alla presidenza Ezio Pellizzetti, Riccardo Guastini, Marco Revelli, Gregorio Peces-Barba. Al convegno si affiancano altri eventi: una mostra all'Archivio di stato di Torino, curata da Marco Revelli e Paola Agosti, su "Bobbio e il suo mondo. Storie di impegno e di amicizia nel '900", che ricostruisce le figure degli amici, dei maestri e dei compagni della formazione di Bobbio, con particolare attenzione al gruppo degli antifascisti torinesi (Leone Ginzburg, Franco Antonicelli, Giorgio Agosti, Massimo Mila, Alessandro Galante Garrone, Vittorio Foa e altri). Un seminario internazionale, gia' in corso da aprile, con vari incontri sul futuro della democrazia, su diritto e politica nell'era globale, sul (neo)costituzionalismo, sulle istituzioni internazionali, sul rapporto fra cultura laica e cultura cattolica. Ancora, nella primavera del 2010, un ciclo di lezioni sul tema dell'Italia civile e una settimana di iniziative intotalate "Elogio della mitezza". Infine, entro la fine del 2012 sono programmati una serie di passi per l'acquisizione in formato digitale delle opere di Bobbio in vista della pubblicazione on line dell'opera omnia, per la pubblicazione dell'inventario dell'Archivio Norberto Bobbio, per il completamento del catalogo della sua biblioteca. 6. MEMORIA. MARIA GRAZIA OLIVERO E ANGELO DALMASSO RICORDANO GIUSEPPE GIROTTI (2005) [Da "Vita pastorale", n. 4, aprile 2005, col titolo "Padre Giuseppe Girotti (1905-1945). Un domenicano nell'inferno di Dachau" e il sommario "Mori' a Dachau, dove era stato rinchiuso per aver aiutato perseguitati ed ebrei. La citta' di Alba, dove nacque, prepara una serie di iniziative per commemorarne la memoria. La sua vicenda, narrata dall'amico don Angelo Dalmasso che percorse con lui le tappe del lungo calvario, testimonia il coraggio e l'abnegazione del cristiano e del prete"] Il suo olocausto si compi' il giorno di Pasqua, il primo aprile 1945. Pochi giorni dopo - il 29 - gli americani liberarono il campo. Padre Giuseppe Girotti, oggi "giusto tra le genti", mori' a Dachau, dov'era rinchiuso per aver aiutato ebrei e perseguitati. A sessant'anni dalla morte e a cento dalla nascita la figura del domenicano - per il quale la causa di canonizzazione e' iniziata presso la Curia di Torino nel 1988 - raccoglie un rinnovato interesse. La citta' di Alba, che lo vide nascere, prepara una serie di iniziative a lui dedicate, a cominciare dal 25 aprile. Quasi tutte le testimonianze su padre Girotti fanno riferimento alle parole dell'amico don Angelo Dalmasso, rettore del santuario di Sant'Antonio di Cuneo, che fu con lui a Dachau. L'anziano sacerdote e' morto il 19 marzo scorso a 87 anni di eta'. Quella che segue e' la sua ultima intervista su padre Giuseppe. I due religiosi non si conoscevano. Come si incontrarono? La "colpa" del giovane sacerdote cuneese fu di aver celebrato a Natale del 1943 una messa per i partigiani. Immediato, il giorno seguente, venne l'arresto, poi mesi d'isolamento e, finalmente, un barlume di speranza, a Torino, nell'incontro con padre Girotti. Inizio', cosi', nella capitale piemontese, un'amicizia intensa e discreta, che vide padre Girotti e don Dalmasso percorrere tutte le tappe del lungo calvario di Dachau. Padre Girotti non torno'. Don Angelo rivide la sua Cuneo, dove arrivo' che pesava appena 35 chili. Ecco la storia raccontata con le sue stesse parole. * Le tappe di un lungo calvario "Ricordo il giorno in cui conobbi padre Girotti. Dopo sette mesi di isolamento alle Nuove di Torino ci preparavamo a partire per la Germania", racconta don Dalmasso. "In confronto alla durezza della cella, un po' d'aria mi parve una liberazione. Nel cortile vidi subito il domenicano. Mi avvicinai e gli chiesi di confessarmi. Era il primo prete con cui avevo contatti da mesi. Subito ci intrupparono sui pullman, diretti a Bolzano. Padre Girotti ebbe un attimo di esitazione prima di salire. Giro' lo sguardo. Un tedesco gli diede un pugno, lo spintono', lo fece cadere. L'aiutai, gli raccolsi gli occhiali. Mi ringrazio' con un sorriso che non dimentichero'. Uno dei suoi sorrisi". Sul volto di don Angelo i ricordi sono immagini. E le parole trasferiscono con cautela e fatica il dolore: dopo Torino, San Vittore di Milano, poi ancora Bolzano, dove il triangolo rosso dei prigionieri politici segno' il destino dei due religiosi. Infine, Dachau, l'inferno di Dachau, la vergogna. Ancora don Dalmasso: "Arrivati a Dachau, ci accolsero secche e sconosciute parole tedesche, finche' qualcuno ci spiego'. Dovevamo svestirci completamente per la disinfezione, noi sacerdoti per primi. Padre Girotti mi disse, sconsolato: 'Siamo alla decima stazione della Via crucis. Gesu' spogliato delle vesti'. Si era alla Madonna del rosario, la prima domenica di ottobre. Il nostro calvario inizio' al blocco di quarantena". Non e' difficile immaginare la bolgia infernale, l'abbrutimento, la privazione morale e fisica. Niente da mangiare, solo brodaglia fatta con erba falciata nel prato e un tozzo di pane nero. L'umiliazione era il companatico. "Chi stava nelle baracche pari andava a lavorare e poteva uscire. Noi eravamo nella 25: si poteva far nulla", ricorda don Angelo. "Un giorno il capobaracca mi chiese di pulire il gabinetto. Io protestai, rivendicando di essere un prete. Mi copri' di botte e mi obbligo' a pulire con le mani... Imparai a tacere". In questo scenario padre Girotti emergeva per serenita', umilta' e bonta'. Dopo la quarantena, il trasferimento tra i sacerdoti, nel nuovo blocco, sembro' a don Dalmasso un passo avanti: "Arrivammo alla baracca 26, dove c'erano solo preti. Eravamo 3.800 a Dachau. Cercai di entrare nei gruppi di lavoro, perche' li' si poteva avere un supplemento di cibo. Padre Girotti non se ne curava, invece. Aveva fatto amicizia con un luterano, studioso della Bibbia. Stavano tutto il giorno a riflettere, a scrivere, a leggere. Ho raccolto quanto ho potuto - la corona del rosario l'ho data a un chierico francese - e ho consegnato il materiale, i poveri scritti, ai domenicani di Torino". Padre Girotti appariva distaccato? "Ricordo che un giorno padre Roth, un tedesco, porto' un po' di pane e formaggio. Padre Girotti, allora, mi disse: 'Prendilo tu. Sei piu' giovane, ne hai piu' bisogno'. Senza pensarci - tanta era la fame - lo presi e lo mangiai". Nella baracca con don Angelo e padre Girotti vivevano una trentina d'italiani, insieme a jugoslavi, belgi, cecoslovacchi, qualche tedesco, ungheresi, francesi. "Al mattino non si sapeva se si sarebbe arrivati a sera e alla sera si sperava nel mattino. Alla fine dormivamo in tre, quattro insieme". * Le giornate al campo di Dachau Come trascorreva le giornate il padre domenicano? "Viveva appartato, ma interveniva, quando era necessario. Ricordo un episodio. Un giorno, mentre distribuivano la minestra, presi inavvertitamente il posto di un sacerdote fiammingo, che s'infurio'. Rischiammo di venire alle mani. Padre Girotti chiamo' don Foglia, che ci divise. Ma il suo pensiero era altrove. Diceva: 'Se torniamo, vado al convento di Racconigi o Cavallermaggiore. Voglio vivere appartato. Tu verrai a trovarmi'. Ci vedevamo mattino e sera. Pregavamo con un padre gesuita belga. Mi accorgevo che Girotti andava giu'. Anche lui se ne rese conto. Intorno a marzo constato': 'Sono solo piu' pelle e ossa. Un mucchietto d'ossa e pelle flaccida'". Tanto che fu necessaria l'infermeria, nota come il luogo in cui si andava a morire. "Ando' all'infermeria del campo e, incredibilmente, torno' un po' piu' in forma. Non duro'. Ritorno' alla baracca. Seppi, poi, che vi stava languendo. Un giorno si diffuse la notizia che gli era stata praticata un'iniezione letale di benzina. Quando si seppe della morte, andai a cercare il cadavere tra le cataste ammonticchiate. I corpi caddero. Fuggii, per timore di punizioni. In quel periodo i forni non funzionavano piu'. Per questo credo che padre Girotti sia finito in una fossa comune. Non ne seppi piu' nulla. Celebrai la messa per lui al mattino, la domenica di Pasqua o quella successiva. Non ricordo con precisione". Che cosa lascia, don Angelo, un compagno di tal fatta? "Un grande insegnamento di vita. Un esempio. Padre Girotti era rassegnato, generoso, paziente, non reagiva, sorrideva, dimagriva". * Postilla prima. Un motto valido in qualsiasi condizione: "Tutto quello che faccio e' solo per la carita'" Padre Giuseppe Girotti nacque ad Alba, in provincia di Cuneo, il 19 luglio 1905. La sua era una famiglia umile, ma stimata per laboriosita' e buon cuore. A tredici anni ebbe la possibilita' di realizzare la sua aspirazione al sacerdozio, entrando nel seminario domenicano di Chieri, in provincia di Torino. Nel 1923 emise la professione religiosa e il 3 agosto 1930 venne ordinato sacerdote a Chieri. Il suo percorso formativo lo porto' all'Ecole biblique di Gerusalemme. Con queste basi si dedico' all'insegnamento della Scrittura nel seminario teologico di Santa Maria delle rose di Torino. Qui pubblico' anche un ampio commento ai libri sapienziali e al profeta Isaia. Se la cultura fu il suo pane, l'attenzione agli ultimi divenne il senso che padre Girotti scelse di dare alla vita. Tra i poveri e gli umili dell'ospizio vicino al convento trovo' modo di esprimere l'autenticita' della sua fede. Ci furono diversi momenti difficili nell'esistenza terrena del padre domenicano albese. "Tutto quel che faccio e' solo per la carita'", fu il suo motto in qualsiasi condizione. Per l'aiuto che diede agli ebrei e ai perseguitati fu arrestato il 29 agosto 1944 a Torino. Da quel momento le tappe della sua Via Crucis furono le Nuove di Torino, San Vittore di Milano, Bolzano e il campo di Dachau, in Germania (dove trovo' la morte), sempre con don Angelo Dalmasso accanto. Nel lager padre Girotti si distinse per fede e mitezza. La forza gli veniva dall'eucaristia e dalle Scritture, che prosegui' a studiare e approfondire. Mori' il primo aprile 1945, forse per un'iniezione letale. Nel 1988 e' iniziato presso la Curia di Torino il processo di canonizzazione, ora giunto a Roma, presso la Congregazione per le cause dei santi. * Postilla seconda. Il primo campo di concentramento nazista. Il Lager per prigionieri politici Derivato dalla ristrutturazione degli edifici e dei terreni di una fabbrica di munizioni in disuso, il campo era progettato per 5.000 deportati. Fu un lager "modello", nel quale furono sperimentate le piu' raffinate tecniche di annientamento fisico e psichico degli avversari politici, in "rieducazione". Ospito' per primi funzionari e dirigenti del partito comunista. Poi vennero i socialdemocratici e i cattolici. Se uno dei prigionieri era anche ebreo, il trattamento era particolarmente avvilente. Esisteva nel campo una "Compagnia di punizione" alloggiata in una baracca separata dalle altre. In seguito divennero due, perche' la forza di questa formazione speciale era aumentata. In altre parole erano aumentate le sevizie, era diventato piu' duro il lavoro, insopportabile il regime di vita. I prigionieri venivano stroncati dalla fatica, altri subirono l'inumana pena del bunker, dove molti languirono per mesi incatenati, alimentati con pane e acqua o costretti a stare in piedi, dentro cubicoli di 60 centimetri quadrati, senza luce ne' aria. Nei primi tempi i prigionieri erano destinati alle opere di completamento delle installazioni del campo o in lavori stradali e di sistemazione del territorio intorno. Poi furono distaccati presso varie imprese appaltatrici delle forniture di materiali per impiego bellico, che si erano nel frattempo installate nella zona. A Dachau i nazisti affidarono la gestione interna del campo agli stessi deportati. Trattandosi di un lager a prevalente presenza di prigionieri politici, fu facile per loro trovare un comune linguaggio - quello dell'antifascismo - fra uomini che, man mano che l'invasione nazista si espandeva a macchia d'olio sull'Europa, venivano rastrellati e avviati a Dachau, una vera babilonia: tedeschi, austriaci, russi, polacchi, francesi, italiani, cecoslovacchi, ungheresi vissero insieme, dividendosi la fatica, le umiliazioni, la violenza degli aguzzini. Un comitato antinazista clandestino consenti' la convivenza di tutti, all'insegna della solidarieta'. Dachau ospito' anche numerosi sacerdoti che vennero rinchiusi nei cosiddetti "blocchi dei preti". Ma fu anche sede di infami esperimenti pseudo-scientifici, che avrebbero dovuto far conoscere i modi per salvare la vita ai combattenti del Terzo Reich, ma che costarono la vita a centinaia di suoi oppositori. Progettato e attrezzato per ospitare 5.000 detenuti, ad onta di successive estensioni e ramificazioni in innumerevoli sottocampi, il lager fu sovraffollato a tal punto che tre persone dovevano dormire nello stesso letto, servirsi degli stessi impianti igienici, dividere il poco e pessimo cibo. A Dachau furono registrati a turno circa 200.000 deportati (di cui oltre 10.000 italiani), ma in effetti essi furono molti, molti di piu'. Il 29 aprile 1945 gli americani che liberarono il campo contarono 31.432 persone, piu' altre 36.246 presenti nei sottocampi e distaccamenti. Questi erano i superstiti rimasti, ma non si conosce il numero di quelli che, poco prima dell'arrivo degli alleati, furono smistati con marce forzate verso Mauthausen e Buchenwald. Non e' ancora stato possibile stabilire esattamente il numero dei morti di Dachau, cui si attribuisce il triste primato di durata e d'insopportabilita' del regime di detenzione. L'anagrafe del campo ha registrato circa 45.000 decessi, ma questa e' sicuramente una cifra irrisoria di fronte alla tragica realta' di Dachau. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 976 del 17 ottobre 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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