La domenica della nonviolenza. 237



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 237 dell'11 ottobre 2009

In questo numero:
1. Ida Dominijanni: Due cose che sciolgono il cerone
2. Nadia Urbinati: Il Cavaliere e la dignita' violata
3. Daniela Preziosi intervista Manuela Fraire
4. Iaia Vantaggiato intervista Lorella Zanardo
5. Giovanna Providenti: Donne in India guidano il cambiamento
6. Luisella Battaglia presenta "Il secondo sesso" di Simone de Beauvoir

1. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: DUE COSE CHE SCIOLGONO IL CERONE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2009 col titolo "Due cose che
sciolgono il cerone"]

Concitato, ecco, Berlusconi era solo un po' concitato, dice il fido
Bonaiuti, e quando uno e' concitato "puo' succedere"... Puo' succedere che
gli scappi una battuta piu' sessista che razzista o piu' razzista che
sessista, scegliete voi. Ma puo' anche succedere, a Berlusconi succede
sempre piu' spesso, che la concitazione gli strappi dalla faccia la maschera
di cerone con cui di solito si ingessa in tv, e che improvvisamente ci
appaia com'e' in natura: un poveraccio circondato da poveracci, uno che non
sa piu' che fare di se stesso e che come tutti quelli che non sanno che fare
di se stessi se la prende con la prima donna che gli capita a tiro. "Vedo
che c'e' la signora Bindi, che e' sempre piu' bella che intelligente".
Bell'autogoal, complimenti. Raddoppiato dal compagno di merenda di turno,
l'ingegner Castelli nonche' - absit iniuria verbis - ex guardasigilli: "Ma
perche' parli sempre, zitella petulante?". Complimenti raddoppiati. Giacche'
si diverte a portare in tribunale salvo se stesso chiunque e qualsiasi cosa,
domande impertinenti comprese, il premier potrebbe querelare la tv e la sua
adorata "Porta a porta" per alto tradimento. L'immagine non mente, e lo
schermo assegna nettamente il vantaggio a Bindi. Per quello che dice,
"Presidente, io sono una donna che non e' a sua disposizione, e che dice la
verita'", e per come lo dice, a testa alta, sguardo piantato nella
telecamera e concitazione zero. L'immagine non mente anche sugli astanti,
uomini: tutti zitti stecchiti, dal padrone di casa agli ospiti. E poi dicono
che su Berlusconi c'e' "il silenzio delle donne".
Per l'occasione peraltro ritrovano la lingua anche molte colleghe della
vicepresidente della Camera che in questi mesi l'avevano perduta o
balbettavano, e perfino molti colleghi, gli stessi che finora hanno parlato
solo per dire che la faccenda dei rapporti di Berlusconi con le donne e' una
sua faccenda privata poco seria in cui la politica, che invece e' una cosa
seria, non deve mettere il dito. Rosi Bindi, che invece e' una che sulla
faccenda ha parlato e con nettezza fin da subito, da donna e da cattolica,
merita beninteso questo e altro, infatti siamo tutte pronte a sostenere con
lei quella tranquilla sfida - "la vedremo" - con cui ha chiuso il suo duello
col premier. Ma e' lecito chiedersi se anche sulla dignita' delle donne
valgano, in casa Pd, due pesi e due misure? La dignita' delle donne vale
doppio nel caso che la donna in questione sia una parlamentare, e vale la
meta' nel caso di mogli (Veronica), giornaliste (variamente aggredite dal
premier qua e la'), per non dire delle escort (minacciate di essere spedite
in galera per 18 anni)? Misteri di classe e di ceto (politico). Incassiamo
comunque questo risveglio. Meglio ancora, il ceffone di rimando di Livia
Turco al premier: "Le donne pensano, sanno valutare e presto lo manderanno a
casa". Lo sa anche il premier, che sono le donne che lo stanno mandando a
casa. Da sua moglie a Rosi Bindi, una vera persecuzione, altro che i
giudici. "Sono una donna che non e' a sua disposizione" e "dico la verita'"
sono precisamente le due cose che Berlusconi e quelli come lui da una donna
non possono sopportare: gli si rompe lo specchio in cui ricompongono a
fatica un se' inesistente. E' per questo, Bonaiuti, che il premier e' ormai
da mesi perennemente concitato?

2. RIFLESSIONE. NADIA URBINATI: IL CAVALIERE E LA DIGNITA' VIOLATA
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 10 otobre 2009 col titolo "Il Cavaliere
e la dignita' violata"]

Berlusconi ripete spesso che "la maggioranza degli italiani e' con me". Ma
forse pensa che quando parla di donne la totalita' degli italiani (uomini)
e' con lui. Il silenzio protratto di molti, troppi uomini su come il premier
tratta e descrive le donne, sembrerebbe provare che egli rappresenta davvero
il costume di una gran parte dei maschi. Anche alcuni leader
dell'opposizione, quando si comincio' a sapere di escort e festini, dissero
che erano affari privati e che la politica non doveva infilarsi sotto le
lenzuola. Poi pero' si seppe che spesso le lenzuola vennero usate come
trampolino per poltrone, affari e clientele e allora la tesi giustificativa
del "privato" non tenne piu'.
Naturalmente, il ricorso al privato e' ancora l'arma piu' brandita dal
leader e da chi lo sostiene anche con la strategia del dileggio contro chi
la mette in discussione. E tutto viene liquidato con l'accusa dell'invidia,
la quale e' un vizio privato non giustificabile; e' un vizio e basta.
La donna, dice il signor Berlusconi, e' il piu' bel dono che il creato ci
(leggi: a noi uomini, non al genere umano) ha dato. La logica e' vecchia
come il mondo ma sempre nuova: noi siamo state create ed educate per
alleggerire il peso di chi ha potere e responsabilita'. Noi siamo solo
privato. Se proviamo a essere noi, ne' doni ne' veline, allora siamo niente,
oggetto di offesa e di attacco: brutte, vecchie, e via di seguito. Anche in
questo caso l'accusa di invidia viene usata per squalificare le nostre
ragioni: perche', presumibilmente, se fossimo giovani e belle non ci
offenderebbe essere trattate come un dono. Se ci offende, ecco la
conclusione della filosofia dell'invidia del signor Berlusconi, e' perche'
nessuno ci vuole piu' come un dono. Risultato: a bocca chiusa siamo
accettate sempre, da giovani o vecchie, se belle o brutte; ma se usiamo il
cervello siamo offese sempre: se belle perche' pensare non si addice alla
bellezza, se brutte perche' pensare e' germe di invidia.
La logica e' chiara: il leader del nostro paese usa le armi del maschilismo
piu' trito per azzerare nelle abitudini la cultura dei diritti e dell'eguale
dignita' che generazioni di donne e di uomini hanno con durissima fatica
costruito. Si potrebbe dire che la sua e' una logica controrivoluzionaria da
manuale, una truculenta reazione contro una cultura che ci ha consentito di
essere cittadine uguali fra cittadini uguali. Con una precisazione
importante: non e' la presenza nel pubblico che ci viene tolta; molto piu'
subdolamente, e' l'autonomia, la scelta competente di poter essere parte del
pubblico che ci si vuole togliere (le poche ministre del governo sono li'
perche' sono gradevoli al capo, per ragioni tutte private e soprattutto per
volonta' altrui). E' anche per questo che la distinzione tra pubblico e
privato oggi non tiene: perche' questa distinzione ha valore solo se riposa
su un presupposto di eguaglianza di dignita'; diversamente il privato e' un
serraglio e il pubblico uno spazio dispotico e di fatto un'estensione del
privato, dei suoi interessi e delle sue pulsioni.
Viviamo un tempo in cui i diritti dell'eguaglianza sono sotto attacco:
dall'istituzione della carta di poverta', alla demolizione della scuola
pubblica e del servizio sanitario nazionale, al trattamento di privilegio
rispetto alla legge che i potenti pretendono: tutto va nella direzione di
una maggiore diseguaglianza. E l'offesa che subiscono le donne - l'insulto
alle ragazze veline, a Rosy Bindi e a tutte noi - e' la madre di tutte gli
arbitri e di tutte le diseguaglianze. E per troppo tempo questo fenomeno e'
stato digerito come cibo normale, come se, appunto, il signor Berlusconi
fosse davvero rappresentativo della mentalita' generale di tutti gli
italiani. E' vero che troppo spesso si vedono platee di convegni o di eventi
pubblici popolate di soli uomini, come se il genere femminile non
contemplasse anche studiose oltre che intrattenitrici. Ed e' vero che
purtroppo e' quasi sempre solo l'occhio delle donne a vedere questa
uniformita' al maschile. Certo, e' bene non generalizzare. Tuttavia non e'
fuori luogo ricordare anche a chi lo sa gia' che la dignita' violata delle
donne e' dignita' violata per tutti, anche per gli uomini. I quali, in una
societa' compiutamente berlusconiana non sarebbero meno subalterni e piu'
autonomi delle loro concittadine.

3. RIFLESSIONE. DANIELA PREZIOSI INTERVISTA MANUELA FRAIRE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2009 col titolo "Silvio, il
caso D'Addario e il silenzio-dissenso" e il sommario "Manuela Fraire: non
solo complici gli uomini che tacciono"]

Con Manuela Fraire - psicoanalista romana, approdata alla professione da un
intenso percorso nel femminismo e nella pratica dell'autocoscienza, autrice
di saggi e pubblicazioni sul pensiero della differenza - parliamo di sesso e
potere a partire dall'ultimo schiaffo che Berlusconi ha tentato di tirare a
una donna, Rosy Bindi. Schiaffo che lei ha trasformato in un boomerang.
Parliamo di Berlusconi, attacca Fraire, perche' "se fosse solo un
imprenditore ricco non m'importerebbe niente di lui e del suo mondo. Invece,
per la sua posizione nelle istituzioni e nei media, e' diventato la figura
di un transfert collettivo, ha assunto una carica simbolica. Lui pensa di
'privatizzare' tutto il suo rapporto con le donne? Io dico che deve mettere
tutto nel pubblico. E' il valore simbolico delle istituzioni, del resto. A
suo modo Bindi ha detto questo".
*
- Daniela Preziosi: Cosa, piu' precisamente?
- Manuela Fraire: Il presidente del consiglio le ha detto: guarda, sei solo
una donna. Ti dico addirittura che sei piu' bella che intelligente, anche se
non somigli alle veline che piacciono a me. Come dire: ne' sei una velina,
ne' hai l'autorevolezza per parlare di politica, per queste cose ci sono i
signori Alfano e Casini. E lei gli ha risposto chiaro: non sono a
disposizione dell'uso del femminile che tu fai.
*
- Daniela Preziosi: Sul rapporto fra sesso e potere, a partire da Berlusconi
e le due donne che hanno preso parola pubblica contro di lui - Veronica
Lario e Patrizia D'Addario - sono in molti e in molte a pensare che si
tratti del "privato" del premier, di cui non e' interessante, o giusto,
parlare.
- Manuela Fraire: E invece io credo che "leggere la condizione femminile
inforcando le lenti giuste per riconoscere tracce di resistenza che si
sviluppano anche dove la politica e i media non le vedono", come dice il
testo di convocazione del convegno su "Sesso e politica nel postpatriarcato"
di domani, sia proprio quello che dobbiamo fare: leggere fra le righe cio'
che e' cambiato anche nelle donne che agiscono semplicemente una ribellione,
senza una piena consapevolezza politica. E' come se in qualche modo il
femminismo avesse dato loro un'emancipazione aggiuntiva, cosi' la chiamavamo
negli anni '70, la possibilita' di immaginare che se si ribelleranno
troveranno ascolto. La loro parola diventa pubblica non perche' parlano
pubblicamente - in America le escort del potere parlano da tempo - ma
perche' c'e' un pubblico femminile ormai presente, disturbante. E' questa
lettura femminista che infatti ha sfilato le loro parole dalla rivalsa e
dalla vendetta maschile. Oggi noi possiamo commentare la vicenda di queste
donne perche' non abbiamo paura di mescolarci a loro. Abbiamo abbastanza
autorevolezza da imprimere a quello che diciamo di loro, e anche a loro. La
loro parola viene cosi' sottratta a un contesto di significati nei quali
sarebbe stata triturata, magari anche ascoltata, ma solo in termini di
scandalo.
*
- Daniela Preziosi: Contesti in cui sarebbe stata solo "parola di velina
ingrata" o "di prostituta". Qualche giornale ci ha provato.
- Manuela Fraire: Ma non ce l'ha fatta. Perche' alcune donne occupano
posizioni in cui la loro parola deve essere ascoltata. Posizioni dalle quali
esercitano una certa signoria. La signoria di riconoscere, per esempio, che
la vicenda D'Addario racconta un rapporto fra sesso e potere che appartiene
anche alla nostra storia antica. E non per simpatia con le altre donne, ma
perche' riconosco che tu, Berlusconi di turno, tenteresti di mettere anche
me in questa situazione.
*
- Daniela Preziosi: La risposta di Bindi e' stata perfetta anche per questo:
ha ricordato a Berlusconi che non ha nella propria disponibilita' tutte le
donne. Un gesto politico. Eppure da queste vicende molti politici, quasi
tutti, si sono tenuti alla larga. Proteggendosi con l'ombrello del "gossip":
e' gossip, non una storia seria su cui ragionare.
- Manuela Fraire: Il ragionamento e': questo e' un gossip, noi uomini seri
di sinistra vogliamo occuparci del caso Mills e simili. E allora chiedo:
perche' questa distinzione fra la corruzione di un giudice e la corruzione
di tutto lo staff che sta intorno a Berlusconi? Perche' gli uomini che gli
stanno intorno non gli hanno detto: "fermati"? Come si sentono ad essere
confusi con quest'uomo? Ecco, io chiamerei questo "la crisi del padre", la
difficolta' a identificarsi con figure maschili autorevoli. Questo riguarda
il nostro paese, che infatti ha il premier che si merita. Ecco perche' si
tenta di dividere il pubblico dal privato: perche' tutto questo non deve
essere assolutamente associato a come loro gestiscono il potere. Il fatto
che loro gestiscano il potere attraverso la compravendita di chi e' meno
forte e' solo un "fatto privato".
*
- Daniela Preziosi: Un modello a cui, in misure diverse, aderirebbero tutti
gli uomini?
- Manuela Fraire: No, non tutti. Ma e' possibile che un uomo possa non
vivere la parola e il pensiero femminile su queste sue miserie come una
castrazione profonda, se non altro perche' lui per primo non ha potuto
fermare tutto questo? Ci sono uomini che hanno dentro di loro figure di
riferimento maschili, identificazioni primarie dice la psicoanalisi, tali da
permettergli un'autocoscienza che non sia soltanto un suicidio? Rispondo io:
no. Quindi per un periodo devono solo abbassare la testa di fronte
all'enormita' dell'autorevolezza femminile, quella che riconoscono quando si
rendono conto che in questo momento le donne sono arrivate, nella
comprensione del mondo, molto piu' in la' di loro. Ma per loro questo e'
micidiale. Berlusconi propone agli uomini - che hanno perso potere sociale,
economico e simbolico - un modello che loro stessi non possono seguire. Fra
loro ci sono gli invidiosi, che si nutrono di un immaginario impraticabile,
e quelli che affrontano il cambiamento al costo del crollo dell'autostima e
della depressione. Eppure molti avvertono che questo cambiamento ha da
donargli qualcosa che non hanno mai avuto: la capacita' di governare la
relazione con l'altro non solo in modo difensivo, nel senso che o il potere
ce l'hai o sei stracciato. Questi uomini, che in questo momento in larga
misura tacciono, non sono asserviti a un vecchio immaginario, ne' sono
necessariamente dei vili. Parlano una lingua che noi non conosciamo.
*
- Daniela Preziosi: Intende dire che c'e' un "uomo nuovo" che non
decifriamo? Che il silenzio non e' per forza assenso?
- Manuela Fraire: Non hanno l'equivalente del nostro linguaggio della
differenza. Il rispecchiamento collettivo degli uomini non ha l'equivalente
di quello che hanno le donne, che possono dire "lo decido io che posso dire
che D'Addario ha detto una verita'". Non hanno le parole. Come mai tanti
uomini cercano un'analista donna? Perche' temono che un uomo non capisca la
loro trasformazione. Perche' non credono di trovare un uomo "sensibile come
una donna".

4. RIFLESSIONE. IAIA VANTAGGIATO INTERVISTA LORELLA ZANARDO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2009 col titolo "Parla Lorella
Zanardo: Mettiamoci la faccia e troviamo il coraggio di non piacere"]

Lorella Zanardo e' autrice, insieme a Marco Malfi, di un ormai famoso
documentario intitolato "Il corpo delle donne" nonche' curatrice di un blog
(www.ilcorpodelledonne.net) al momento gia' tradotto in cinque lingue. La
raggiungiamo telefonicamente a Praga dove partecipa - come ogni anno ormai
da dodici anni - alla conferenza mondiale "Wisdom in Action", un incontro di
donne che ricoprono nelle piu' diverse organizzazioni ruoli di altissima
responsabilita' e che provengono da tutti i continenti. "Devo dire con
tristezza - dice Zanardo - che quest'anno sono stata accolta sicuramente
bene dal punto di vista personale ma per la prima volta, in quanto italiana,
ho sentito intorno a me come una sorta di alone di compatimento. Due
dirigenti indiane mi hanno chiesto come sopportiamo questa situazione,
perche' non reagiamo, perche' accettiamo che la televisione ci descriva come
oggetti sessuali".
*
- Iaia Vantaggiato: Forse avranno visto la puntata di "Porta a porta" in cui
Rosi Bindi e' stata volgarmente attaccata prima dal presidente del consiglio
e poi dall'ex ministro Castelli?
- Lorella Zanardo: Rispetto a quell'episodio posso solo dire che mi
vergogno.
*
- Iaia Vantaggiato: Il potere e la sessualita' maschile si esercitano o no,
secondo te, su donne ridotte a corpi rifatti?
- Lorella Zanardo: Molte donne dicono "mi rifaccio perche' lo voglio" e ci
mancherebbe altro che non fossimo d'accordo. Ma il problema e' un altro. Io
credo che l'orrenda colonizzazione che e' stata fatta sull'immagine
femminile sia avvenuta attraverso l'introiezione di uno sguardo maschile
presunto.
*
- Iaia Vantaggiato: Cosa intendi?
- Lorella Zanardo: Noi, noi donne intendo, ci guardiamo e ci valutiamo l'un
l'altra come pensiamo farebbe un uomo. E dico pensiamo perche' noi non siamo
uomini. Io "mi rifaccio", insomma, solo per piacere a un presunto sguardo
maschile ma non possiamo neanche essere sicure che quello sguardo maschile
sia reale. Mi ricordero' sempre la tenerezza che mi fece un'intervista ad
Alba Parietti che confesso' di essersi rifatta il seno perche' cosi' voleva
il suo lui. E il suo lui era un filosofo.
*
- Iaia Vantaggiato: Ma sul tuo blog c'e' un post che recita: "La nostra vera
nemica non e' la dominazione maschile ma quella dell'immagine".
- Lorella Zanardo: Noi viviamo, ci muoviamo, ci vestiamo prendendo a modello
le immagini televisive e quello che noi "presumiamo" sia lo sguardo maschile
che proprio da quelle immagini deduciamo.
*
- Iaia Vantaggiato: Che si puo' fare?
- Lorella Zanardo: Ormai la colonizzazione e' avvenuta ma come diceva Rosa
Luxemburg anche solo chiamare le cose col loro nome e' un atto
rivoluzionario.
*
- Iaia Vantaggiato: Quindi?
- Lorella Zanardo: Bisogna reagire e lavorare molto sui livelli di
consapevolezza. Bisogna uscire da quello stato di presunzione in cui siamo
state soprattutto noi donne di sinistra.
*
- Iaia Vantaggiato: Di che cosa sarebbero colpevoli le donne di sinistra?
- Lorella Zanardo: Siamo colpevoli di non aver guardato abbastanza la
televisione. Ci siamo rifugiate verso interessi piu' alti e alternativi -
libri, cinema, teatro - e abbiamo consegnato il paese (che invece la
televisione la guarda e per il quale rappresenta all'80% l'unico mezzo di
informazione) nelle mani di chi il potere televisivo se lo stringe ben
saldo. Non abbiamo compreso che la televisione sarebbe stata un'educatrice.
*
- Iaia Vantaggiato: Un modello per le veline?
- Lorella Zanardo: Non sono loro che devono vergognarsi ma noi che abbiamo
permesso che tutto cio' accadesse. Per riparare, ora, dovremmo guardare la
tv con chi la guarda e offrire il nostro sguardo critico.
*
- Iaia Vantaggiato: E' quello che fai quando presenti il tuo documentario?
- Lorella Zanardo: Quando andiamo ai dibattiti, moltissimi - soprattutto
donne e ragazze - ci dicono: guardo la tv da 20 anni e quello che lei ci
mostra lo guardo tutti i giorni ma in realta' non l'avevo mai visto
veramente. Questo intendo quando dico che bisogna alzare il livello di
consapevolezza.
*
- Iaia Vantaggiato: Di cosa abbiamo paura?
- Lorella Zanardo: Di non piacere. Va trovato il coraggio di non piacere.
*
- Iaia Vantaggiato: E gli uomini?
- Lorella Zanardo: Posso parlare dei ragazzi sotto i vent'anni che scrivono
sul mio blog e che sono alla ricerca di un femminile con cui confrontarsi.
Presentiamoci e "mettiamoci la faccia".

5. RIFLESSIONE. GIOVANNA PROVIDENTI: DONNE IN INDIA GUIDANO IL CAMBIAMENTO
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "India. Guardando al
cambiamento" e il sommario "Una societa' in trasformazione spinge le indiane
ad uscire allo scoperto"]

Nel parlamento indiano la presenza femminile e' inferiore persino a quella
dell'Italia (penultima in Europa), in cui ci sono 134 donne su 630 deputati,
mentre in India sono 59 su 543. Eppure molte e interessanti lezioni ci
arrivano da questo subcontinente complesso e ricco di contraddizioni, in cui
il 2 luglio 2009 l'Alta Corte di New Delhi ha finalmente riconosciuto
anticostituzionale il reato di omosessualita' e in cui le donne sono sia nei
gradini piu' infimi della scala sociale sia nei luoghi istituzionali piu'
importanti, da dove si rendono interpreti di progresso. E' probabile che
nell'Alta Corte di Delhi ha avuto una qualche influenza la presenza tra i
giudici di donne aperte come Leila Seth, oggi in pensione, che era stata
Chief Justice proprio nell'Alta Corte di Delhi e che nella sua autobiografia
On Balance si dichiara favorevole ai diritti degli omosessuali.
Parlando di donne al potere in India vi sono almeno due cose che non possono
essere tralasciate:
1) in India quando le donne ricoprono ruoli decisionali, dal primo
ingranaggio del complesso sistema democratico indiano, come i consigli di
villaggio, fino alle cariche istituzionali piu' alte, le condizioni sociali
della popolazione migliorano;
2) la donna governatrice o presidente della repubblica o a capo di un
partito, da Indira Gandhi a Pratibha Patil a Sonia Gandhi, sembrano aderire
bene al simbolico popolare indiano (del resto gia' intriso di molto divino
femminile) ed essere benvolute dalla maggioranza di cittadini e cittadine.
Alle ultime elezioni di maggio 2009 si e' riaffermato il partito di
coalizione governativa, United Progressive Alliance, guidato da Sonia
Gandhi, grazie anche al carisma di questa donna nata e cresciuta in Italia
prima di sposare, nel 1968, Rajiv Gandhi, figlio della premier Indira, e
assassinato, come la madre, mentre era primo ministro. Oggi il primo
ministro riconfermato e' Manmohan Singh, sostenuto sia dalla presidente
Pratibha Patil che da Sonia Gandhi, la quale ha anche fortemente voluto la
nomina alla presidenza della Lock Sabha (Camera Bassa) di un'altra donna,
appartenente alla casta degli intoccabili: Meira Kumar che nel precedente
governo di Singh, dal 2004 al 2009, era stata membro del Ministero per la
Giustizia Sociale e l'Empowerment e quindi probabile responsabile dei
progressi sociali riportati dal rapporto dell'Unfpa.
Al momento presente dunque in India ci sono tre cariche istituzionali
importanti (presidenza della repubblica, presidenza della Lock Sabha e
presidenza del partito di coalizione governativa o Upa) occupate da donne:
Pratibha Patil, Meira Kumar e Sonia Gandhi. Proviamo a vederle piu' da
vicino, sperando di non soffrire troppo al confronto delle nostre quattro
ministre, di cui due senza portafoglio ed una ex soubrette senza precedente
esperienza politica.
*
Pratibha Patil, nata nel 1934 e appartenente alle fila del partito
progressista dell'alleanza di sinistra, ha vinto le ultime elezioni
presidenziali tenutesi il 19 luglio del 2007, superando il conservatore
Bhairon Singh Shekhawat, che era stato presidente nei cinque anni
precedenti. Per salire alla presidenza della Repubblica Patil ha lasciato il
suo posto di Governatora del Rajasthan, che teneva dal 2004. Prima era
stata, gia' dagli anni Sessanta, deputata nella Camera Bassa nazionale e
nell'assemblea legislativa del Maharashtra, dove era stata eletta poco dopo
la laurea in legge. Ma la carriera politica, vissuta per molti anni dalla
parte dell'opposizione di sinistra, e finendo in carcere con Indira Gandhi
nel 1977, non e' il suo unico interesse. Nei primi anni Settanta Pratibha
Patil, insieme al marito da cui ha avuto anche due figli, ha fondato un
centro educativo, Vidya Bharati Shikshan Prasarak Mandal, rivolto a dare
opportunita' formative alle persone piu' deboli socialmente. Inoltre Pamil
ha fondato e diretto strutture rivolte all'accoglienza e alla formazione
universitaria delle donne, una cooperativa per la produzione dello zucchero
e la Pratibha Women Cooperative Bank che ha l'esplicito obiettivo di
rafforzare il potere delle donne.
Insediandosi nella poltrona presidenziale Pamil, non dimenticando di
ringraziare Sonia Gandhi per averla sostenuta, ha annunciato di volersi
interessare della legge sullo sviluppo agricolo proposta dall'Upa e del
rafforzamento della presenza nei luoghi decisionali delle donne, sostenendo
proposte di legge mirate ad assicurare una presenza del 50% di donne nei
consigli di villaggio ed aumentare le "quote rosa" in tutti gli organi
legislativi.
*
Anche l'altra donna fortemente sostenuta da Sonia Gandhi, Meira Kumar,
durante il suo discorso inaugurale in parlamento, non ha dimenticato di
collegarsi alle altre donne che l'hanno sostenuta e di ribadire il bisogno
di riforme e atti concreti rivolti a migliorare le condizioni sociali e il
livello di istruzione delle donne che rimane molto basso, anzi uno dei piu'
bassi di tutto il continente asiatico, specialmente nelle aree remote e
nelle campagne. Meira Kumar, 64 anni, membro della comunita' dei "dalits"
(oppressi) considerati al margine della societa' tanto da essere esclusi dal
mondo del lavoro e dalle attivita' sociali, in passato impegnata in
attivita' di assistenza umanitaria, dopo essere stata ambasciatora a Madrid
e a Londra, ha iniziato la carriera politica nel 1985, divenendo cinque
volte deputata. Nel precedente governo aveva collaborato nel Ministero della
giustizia sociale ed ora era gia' stata nominata ministro delle risorse
idriche da Singh. Nonostante il suo curriculum ha occupato le cronache di
tutti i giornali internazionali in quanto per la prima volta nella storia
dell'India, una persona appartenente alla casta degli "intoccabili" e' stata
eletta presidente del Parlamento. Ma nel suo primo discorso in Parlamento,
la neopresidente Kumar ha preferito rilevare il suo essere donna piu' che
dalit: "Sono profondamente onorata di essere stata eletta la prima donna
speaker di questa grande e vibrante democrazia che noi abbiamo. Sono lieta
di informarvi che in questa quindicesima Lok Sabha, il numero delle donne e'
aumentato... Questi sono indicatori della presenza di un'autentica
intenzione di rendere la posizione delle donne piu' forte".
*
Che dire sulla "nostra" Sonia Gandhi? A settembre 2007 la rivista americana
"Forbes" la ha posizionata al sesto posto nella classifica delle donne piu'
potenti del pianeta. Questa donna cosi' potente, nata e cresciuta come
Edvige Antonia Albina Maino in un paese vicino Torino nel 1946, si e'
naturalizzata indiana nel 1983, quindici anni dopo la sua unione con Rajiv,
per evitare che la sua cittadinanza italiana potesse in qualche modo
intralciare la politica del marito. Dal 1998 e' entrata in politica, ma per
favorire il dialogo tra le varie comunita' religiose ed etniche e
contrastare le pulsioni nazionalistiche, ha rinunciato alla poltrona di
primo ministro. Oggi detiene un ruolo fondamentale nella vita politica
indiana, fidandosi delle qualita' delle donne e occupandosi del loro
empowerment ai vari livelli della scala sociale. Soprattutto la
italo-indiana leader di uno dei partiti di sinistra piu' importanti del
mondo sembra davvero in grado di farsi amare da tutte le cittadine e tutti i
cittadini.
Del resto l'India e' anche il luogo in cui esistono luoghi come Kavathe
Piran. Si tratta di un piccolo villaggio dello stato del Maharashtra, nella
costa occidentale, in passato conosciuto per essere un paese di combattenti
maschi in cui le donne, dedite quasi esclusivamente alle cure della casa in
obbedienza ai mariti e padri, vivevano in una situazione di inferiorita'. Ma
da qualche anno un gruppo di diciassette donne ha destituito i capi del
villaggio e istituito un nuovo panchayat (consiglio del villaggio) composto
di sole donne. La prima misura intrapresa e' stata il divieto di fare uso di
alcolici e del gutka, una sorta di tabacco profumato, il cui uso e' molto
diffuso in India tra gli uomini, anticipando la decisione del governo
indiano che a sua volta ne ha vietato l'uso in tutto il paese. Oltre a
queste misure, il Consiglio del villaggio tutto al femminile, ha intrapreso
varie azioni per promuovere lo sviluppo, come aiutare gli abitanti ad aprire
caseifici, ristoranti, negozi di alimentari ed altre misure rivolte a
favorire l'occupazione giovanile.
Dal livello piu' basso del villaggio al livello della piu' alta carica
istituzionale le donne indiane stanno venendo allo scoperto e non lo fanno
in nome dell'uguaglianza ne' mostrando di rincorrere l'ottenimento di un
qualcosa. Lo fanno spinte dalla necessita' di un cambiamento e del
miglioramento delle condizioni reali di se stesse e di tutta la popolazione.

6. LIBRI. LUISELLA BATTAGLIA PRESENTA "IL SECONDO SESSO" DI SIMONE DE
BEAUVOIR
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Simone de Beauvoir.
Maestra 'cattiva' o 'cattiva maestra'?" e il sommario "La sfida della
cultura femminista e' nella ricerca di una sintesi che coniughi le istanze
innovative del pensiero della differenza con l'eredita' irrinunciabile del
femminismo umanistico"]

Sono passati 60 anni dalla pubblicazione de Il secondo sesso (1949) di
Simone de Beauvoir, un libro che appartiene alle donne (e non solo) come
analisi, come provocazione, come cruciale testimonianza storica. Testo
scandaloso, destinato a suscitare fin dal suo apparire le reazioni piu'
indignate da destra come da sinistra, criticato da Francois Mauriac come da
Albert Camus, messo all'indice dei libri proibiti, puo' considerarsi una
delle opere principali della saggistica del '900 per l'ampiezza della
visione e la portata teorica, filosofica ed etica. Insieme ad Una stanza
tutta per se' di Virginia Woolf e' probabilmente il libro che ha esercitato
il maggior impatto sull'elaborazione di teorie e pratiche dei movimenti
delle donne nella seconda meta' dello scorso secolo.
Quale eredita' lascia al femminismo contemporaneo? L'opera della de
Beauvoir - che spazia dalla sessualita' alla maternita', dalla famiglia al
lavoro salariato, dall'alienazione all'impegno della donna nella propria
liberazione - puo' collocarsi senz'altro nell'alveo del cosiddetto
femminismo "umanistico" al cui centro e' il valore-guida dell'eguaglianza,
secondo la tradizione emancipazionistica piu' classica. Una tradizione che
nega l'esistenza di una "natura" femminile intesa come un'identita'
differente: la donna e' l'eguale dell'uomo, e' una persona razionale, ha
valore di fine, non di mezzo - e' la tesi centrale della Vindication of
Rights of Women (1792) di Mary Wollstonecraft - e deve pertanto godere dei
diritti pieni della cittadinanza, da cui e' stata arbitrariamente esclusa.
Sara' Olimpia de Gouges a chiedere - in polemica con Rousseau che vagheggia
un ideale femminile esemplato dalla docile Sophie, contraltare di Emile -
l'estensione alle donne della "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del
cittadino" proclamata dalla Rivoluzione francese. Nel 1869 ne La servitu'
della donna John Stuart Mill affermera' con assoluta nettezza che cio' che
si definisce "natura" femminile e' in realta' un prodotto culturale, il
frutto di un costume e di un'educazione che ha mirato nei secoli a plasmare
il carattere delle donne, deprimendone forzatamente taluni tratti, come
l'intraprendenza e l'ambizione, per esaltarne invece altri, come la
docilita' e l'abnegazione. La de Beauvoir porta in certo modo a compimento
la linea di pensiero propria dell'emancipazionismo liberale attingendo a
fonti letterarie, storiche, antropologiche, filosofiche per la sua opera di
decostruzione di un mito, l'"eterno femminino", equivalente, per molti
aspetti, a suo avviso, all'"anima negra" e al "carattere ebraico". Lungi dal
designare una differenza radicale e naturale, l'essenza della femminilita'
non sarebbe che un mito che traduce l'angoscia degli uomini dinanzi
all'ambiguita' dell'esistente e la loro volonta' di confinare la donna in un
mondo chiuso e diverso, identificandola con l'inessenziale e il non essere.
"La donna - scrive - si determina e si differenzia in relazione all'uomo,
non l'uomo in relazione a lei: e' l'inessenziale di fronte all'essenziale.
Egli e' il Soggetto, l'Assoluto: lei e' l'Altro. Qual e' dunque l'umanita'
della donna? Da un lato appare quasi sovra-umana in talune idealizzazioni -
si pensi a Jules Michelet che la pone su un altare, come una dea destinata a
celebrare i sacri misteri della natura o a Auguste Comte che la esalta come
il 'sesso affettivo', apportatrice d'amore per l'intera umanita'; dall'altro
si direbbe quasi sub-umana nella sua vicinanza al mondo naturale e animale,
non pienamente razionale, comunque destinata ad essere guidata da
un'autorita' maschile - paterna, fraterna, maritale -: 'sexus sequior',
appunto, come nella classica visione misogina di Aristotele e Tommaso
d'Aquino. Mai comunque solo umana, mai chiamata a condividere con l'uomo i
diritti e le responsabilita' della politica e della storia".
Da qui prende le mosse l'analisi della de Beauvoir che trova il suo
riferimento teorico, oltre che nella dialettica hegeliana e marxiana, nella
filosofia esistenzialistica al cui centro e' il tema della "trascendenza".
In questo quadro si colloca in termini assai originali la "questione
femminile". Pur essendo come ogni individuo una liberta' autonoma, la donna
si scopre in una societa' in cui le viene imposta la parte dell'Altro. Il
dramma della sua condizione consiste nel conflitto tra la rivendicazione
fondamentale di ogni soggetto che si pone sempre come essenziale e le
esigenze di una situazione che fa di lei un'inessenziale. Come potra' dunque
rivendicare la sua piena umanita'? Solo a condizione che accetti il rischio
e non sia tentata dalla fuga dalla liberta', potra' profilarsi per lei una
possibilita' di conversione: anziche' arrestarsi atterrita alle soglie della
realta' dovra' rispondere alla sfida del mondo e "fare nell'angoscia e
nell'orgoglio il noviziato della sua trascendenza". Anziche' vegetare
nell'immanenza, la donna dovra' accedere alla trascendenza oltrepassando il
dato della sua condizione naturale e assumendo la liberta' e la
responsabilita' delle sue scelte. Ma - avverte la de Beauvoir - e' un
cammino tutt'altro che agevole: la donna spesso si compiace nella parte
dell'Altro e l'uomo trova in lei una complicita' profonda. D'altra parte,
nella costruzione di situazioni di inautenticita' per le donne, gli uomini
hanno creato senza accorgersene le condizioni per la loro stessa illiberta'.
"Donna non si nasce, si diventa". La celebre frase con cui si apre la
seconda parte del saggio prefigura con largo anticipo il concetto di genere
e la nozione della costruzione sociale dei sessi. La credenza nella piena
umanita' della donna e nel suo diritto a definire se stessa - al centro del
femminismo "umanistico" - e' parsa tuttavia alle odierne esponenti del
"femminismo differenzialista" una visione legata ad un modello di
emancipazione omologante, prettamente maschile. Numerose sono le critiche
rivolte al Secondo sesso dalle teoriche del pensiero della differenza. La de
Beauvoir, in sostanza, additerebbe alle donne un ideale di persona umana di
tipo universalistico e di ascendenza kantiana, senza avvedersi che si tratta
di un universalismo fittizio di cui resta celata la natura sessuata e
androcentrica. Cio' spiegherebbe la sua sottostima delle tradizionali
attivita' di cura delle donne e soprattutto la sua svalutazione della
procreazione, ritenuta "funzione" meramente naturale. Com'e' noto nella
maternita' e, soprattutto, nella mistica che l'accompagna, la filosofa
francese ravvisa una delle cause principali della dipendenza della donna, la
cui "disgrazia" e' di essere destinata a riprodurre la vita. Si tratta di
una delle tesi piu' contestate del saggio. Col sorgere del "pensiero della
differenza" e il prevalere nel femminismo della dimensione culturale su
quella ideologica, si privilegiano infatti i temi relativi al corpo, alla
sessualita, alla fisiologia, riguardati come specifici delle donne. Decisiva
e' altresi' la distinzione tra maternita' come istituzione, controllata
dalla societa' patriarcale e fonte di oppressione, e maternita' come
esperienza originaria, forza unificatrice del movimento femminista. Studiose
di psicoanalisi e psicologia sociale - la più nota e' Carol Gilligan col suo
libro Con voce di donna - riflettono sul "pensiero materno", esaminando le
capacita' e le attitudini che l'esser madre avrebbe sviluppato nella donna.
Potremmo dire che se il mito della donna come Altro era per la de Beauvoir
uno dei principali ostacoli alla realizzazione della donna come persona, ora
tale alterita' non e' piu' vissuta dal femminismo post-moderno come una
condizione che deve essere trascesa, bensi' come una peculiarita' da
rivendicare orgogliosamente: un modo d'essere e di pensare che significa
estraneita' rispetto alla cultura dominante e ai suoi valori, ma che e'
insieme condizione privilegiata per avviarne una critica radicale. La
distanza tra i due femminismi non potrebbe essere piu' netta. In effetti,
occorre aggiungere, l'obiettivo della lotta della de Beauvoir era di
garantire alle donne l'accesso al mondo dei valori creato dagli uomini nella
convinzione che "l'avvenire non potra' che condurre ad una loro
assimilazione sempre piu' profonda nella societa' una volta maschile". In
tal modo, veniva negata una specifica creativita' femminile capace di
esprimere le esperienze peculiari - storiche, sociali, biologiche - delle
donne e le loro particolari letture del mondo. Non si deve tuttavia
dimenticare che l'auspicio generoso che guida la sua visione e' quello di un
incontro fraterno tra i sessi che consenta di riconoscersi reciprocamente
nella scoperta di un'alterita' finalmente positiva: un incontro che
significhi dialogo paritetico, nella dialettica della differenza e della
somiglianza. "Fraternita'" e' davvero parola chiave, dal momento che
nell'uno come nell'altro sesso si svolge lo stesso dramma, della carne e
dello spirito, del finito e del trascendente: "ambedue sono rosi dal tempo,
spiati dalla morte, hanno lo stesso bisogno essenziale l'uno dell'altro e
possono trarre dalla loro liberta' la stessa gloria; se sapessero goderne
non sarebbero tentati di disputarsi falsi privilegi e la fraternita'
potrebbe nascere tra loro".
Probabilmente la sfida che sta dinanzi alla cultura femminista oggi consiste
nella ricerca di una nuova sintesi che sappia coniugare le istanze
innovative espresse dal pensiero della differenza con l'eredita'
irrinunciabile del femminismo umanistico, espressa esemplarmente da Simone
de Beauvoir, forse maestra "cattiva", come e' stata talora definita, per la
sua severita' e intransigenza, ma non certo "cattiva maestra".

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 237 dell'11 ottobre 2009

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