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Nonviolenza. Femminile plurale. 280
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 280
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 7 Oct 2009 08:13:26 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 280 del 7 ottobre 2009 In questo numero: 1. Ida Dominijanni: Corpi femminili minacciati. Dalla violenza maschile e razzista 2. Cettina Militello intervista Elena Bartolini (2002) 3. Margherita Hack: Ipazia 1. UNA SOLA UMANITA'. IDA DOMINIJANNI: CORPI FEMMINILI MINACCIATI. DALLA VIOLENZA MASCHILE E RAZZISTA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 settembre 2009 col titolo "La solidarieta' dell'onorevole"] La mirabile sintesi dei fatti e' di Vittorio Feltri sul "Giornale" di ieri, eccola: "Altro che integrazione e societa' multiculturale predicata da chi ha la testa nelle nuvole; siamo all'allarme rosso. Tre o quattro giorni fa un cuoco marocchino ha ucciso a coltellate la figlia diciottenne colpevole di essere fidanzata con un cittadino italiano e di vivere all'occidentale; e ieri l'onorevole Daniela Santanche' e' stata malmenata perche', al teatro Ciak di Milano, dove era in corso la cerimonia di fine Ramadan, protestava pacificamente contro il burqa indossato da numerose donne islamiche". La sequenza non fa una piega e porta alla inevitabile conclusione: primo, "le signore islamiche in burqa non sono in regola" e dunque vanno punite; secondo, e' ora di smetterla col buonismo di chi "preferisce subire culture esotiche piuttosto che conservare e difendere la propria", e di usare il pugno duro contro gli immigrati islamici. Naturalmente, sulla veridicita' della sequenza ricostruita a' la Feltri non si trova su tutta la stampa una sola conferma: se la protesta dell'onorevole Santanche' fosse davvero pacifica o se viceversa, come sostiene la comunita' islamica, fosse una provocazione bella e buona con tanto di turbativa di culto, non e' dato saperlo in base alle testimonianze. Quello che invece e' finalmente chiaro e' come l'onorevole intende portare avanti la sua "battaglia per la liberta' delle islamiche". Presentandosi a una festa religiosa scortata da una decina (altri scrivono una trentina) di uomini, per esempio. Invocando contro l'uso del burqa una legge emessa con motivazioni (controversissime) di ordine pubblico, come se fra chi si copre il viso per - poniamo - lanciare una bomba e rendersi irriconoscibile e chi se lo copre perche' costretta da una consuetudine disumana non ci fosse nessuna differenza. Proponendo di elaborare, noi europei, una carta dei diritti delle islamiche che "sancisca il rispetto dei nostri valori", compreso, si suppone, il diritto a prostituirsi per l'ormai famoso divertimento dell'imperatore. Alzando il livello dello scontro di civilta' fra Occidente e Islam nelle nostre citta' e nei nostri quartieri. E incoronandosi liberatrice delle altre, che "non osano ribellarsi, quindi dobbiamo farlo noi per loro". Lo schema e' quello, pari pari, delle guerre in Afghanistan e in Iraq: la' si esporta democrazia con le bombe, qua si esportano diritti femminili con le incursioni virilmente scortate nei luoghi di culto (del resto, quelle guerre furono legittimate anche in base a questi diritti). Nell'un caso e nell'altro, in nome dell'universalismo. Conosciamo l'antifona. Quello che non sapevamo, e' che tanta professione di fede nell'universalismo dei diritti e nella solidarieta' femminile potesse valere per le diverse ma non per le simili: qualcuno ricordera' che l'onorevole in questione e' la stessa che si presto', su "Libero" allora diretto dal solito Feltri, alla lapidazione di Veronica Lario tramite "rivelazione" della sua presunta tresca con una body guard. E qui finisce la santificazione e martirizzazione dell'onorevole. Quello che non finisce invece e' il compianto per l'assassinio di Sanaa Dafani per mano di suo padre, nonche' l'esterrefazione per la dichiarazione (spontanea? obbligata? estorta?) di sua madre, disposta a perdonare il marito colpevolizzando la figlia e il fidanzato della figlia, reo di essere italiano e cattolico. Anche qui, come ha gia' scritto Manuela Cartosio venerdi' scorso, il copione delle reazioni si ripete, ricalcato sull'analogo caso di Hina Saleem. Mi ripeto anch'io dicendo che la "mostruosita'" del padre di Sanaa e' pari a quella dei padri, mariti, fidanzati di casa nostra che ogni giorno massacrano figlie, mogli, fidanzate ed ex fidanzate riempiendo le statistiche della cosiddetta "violenza domestica" sulle donne; e che l'essere marocchino e musulmano non e' ne' un'attenuante ne' un'aggravante. Ha ragione pero' Manuela quando dice che questo non ci esonera dalla ricerca di un di piu' di vicinanza alle immigrate che subiscono la pressione incrociata della violenza di sesso, dell'ossessione identitaria delle loro comunita', dello stress culturale. Mentre il Berlusconigate ci sospinge a combattere sul fronte della mercificazione organizzata del corpo femminile "liberato", altri corpi femminili minacciati ci chiamano a un confronto e a uno scambio. Ma non con le provocazioni, non con le leggi di ordine pubblico, non con la spocchia malriposta della superiorita' occidentale. 2. RIFLESSIONE. CETTINA MILITELLO INTERVISTA ELENA BARTOLINI (2002) [Da "Vita pastorale", n. 12, dicembre 2002, col titolo "Donne e teologia: Elena Bartolini. Le scomode e sante radici da cui partire" e il sommario "La duplice appartenenza culturale (madre di origine ebraica e padre cattolico) segna la ricerca di una teologa che, con il metodo storico-critico e l'esegesi rabbinica, persegue il recupero delle tradizioni comuni capaci di riavvicinare anche le singole confessioni cristiane"] Ho incontrato Elena Bartolini, Elena Lea, come preferisce flettere il suo nome in ossequio alla sua duplice appartenenza (cristiana di origine ebraica), in occasione di alcuni incontri di studio promossi dall'Ufficio famiglia della Cei. Per fortuna oggi non ci troviamo piu' a negare, possedendola, la matrice ebraica - penso a Teresa d'Avila che si guardava bene dal ricordare il proprio nonno ebreo convertito - ma a metterla in circolo come ricchezza in piu'. Il riferimento e' a Edith Stein che, cristiana e carmelitana, muore come ebrea, solidale con il suo popolo. Nel caso di Elena Lea, poi, il modello e' dichiaratamente quello "giudeo-cristiano". Il tentativo e' di riallacciarsi alla Chiesa delle origini, alla sua realta' spirituale e culturale e flettere insieme la fedelta' alla tradizione ebraica con quella alla tradizione cristiana. Il tentativo di ripristinare comunita' giudeo-cristiane caratterizza, in Palestina come altrove, non pochi gruppi di cristiani provenienti dall'ebraismo. Cio' affianca l'attenzione verso lo stesso Gesu' a partire dalla sua ebraicita' e si iscrive, piu' in generale, nella ricerca di modelli piu' rispettosi circa la continuita'-discontinuita' tra la Chiesa e Israele. L'esperienza della Bartolini e' tuttavia singolare. Non solo per i contesti ecclesiali e accademici che le hanno consentito di intrecciare scientificamente la sua doppia matrice, ma anche per la determinazione con cui, come donna e laica, percorre la via della ricerca teologica, malgrado le non poche difficolta'. E, tuttavia, la sentiamo affermare che val la pena di rischiare, di esplorare, e questo e' un invito alle altre donne perche' insistano, senza volgersi indietro. Il nuovo paradigma prodotto dalla presenza di laici e di donne nella riflessione teologica e nel dialogo tra le diverse tradizioni religiose, alla fine produrra' una nuova qualita' nei rapporti tra le Chiese e le altre tradizioni religiose, e, prima di ogni altra, con quella d'Israele a cui, come afferma Paolo nella Lettera ai Romani, Dio non ha mai revocato ne' l'alleanza ne' la promessa. * - Cettina Militello: Com'e' nato questo tuo interesse per la teologia? - Elena Bartolini: La passione per la teologia, e in particolare per quella biblica, e' nata nel contesto di quella che puo' essere definita una sorta di "duplice appartenenza": attraverso mia madre ho origini ebraiche, mentre attraverso mio padre sono piu' direttamente legata al cristianesimo cattolico. Sono cresciuta, quindi, in un ambiente in cui, pur ricevendo una formazione cristiana, ero continuamente a contatto con tradizioni e racconti che suscitavano ogni volta in me un particolare fascino che evocava l'Egitto, il Cairo, citta' natale di mia madre, che cercavo di immaginare attraverso le fotografie, i soprammobili orientali e tutto cio' che, soprattutto a casa della nonna e delle zie, era segno di quel luogo, della lingua che li' avevano parlato, e che nelle loro conversazioni spesso riemergeva e io comprendevo a fatica. A un certo punto ho capito che non si trattava solo di un Paese lontano e di una cultura diversa, ma connessa a quei segni c'era anche una tradizione religiosa che aveva dovuto fare i conti con il cristianesimo entrato in famiglia attraverso matrimoni misti. * - Cettina Militello: Personalmente come hai elaborato un problema cosi' complesso? - Elena Bartolini: Da una parte scoprivo valori e segni significativi, dall'altra prendevo atto di quanto una simile situazione potesse creare incomprensioni e problemi di sopravvivenza. Ho scoperto che, in alcuni casi, la scelta di battezzare i figli aveva creato fratture difficilmente sanabili, che tuttavia mia madre mi invitava a considerare tenendo conto delle ragioni di entrambe le parti. Ho saputo inoltre che anche nella mia famiglia c'erano stati problemi durante il periodo nazista a causa delle origini ebraiche. Io stessa, in particolare nel periodo della scuola dell'obbligo, attorno agli anni '60-'70, ho dovuto misurarmi con la diffidenza e il fraintendimento nei confronti di cio' che, inevitabilmente, dal mio modo di relazionarmi traspariva: quando parlavo della mia famiglia, dei miei parenti vissuti fuori dall'Italia, delle lingue a loro familiari, delle tradizioni religiose diverse, potevo incontrare curiosita' e interesse come potevo invece essere giudicata negativamente o zittita. Non capivo esattamente le ragioni di tali reazioni, ma sperimentavo che l'appartenenza al popolo ebraico puo' creare problemi e che, certe conclusioni per me ovvie, non lo erano invece per gli altri. * - Cettina Militello: Era una tua impressione o c'erano episodi concreti a riguardo? - Elena Bartolini: Ricordo che in quinta elementare frequentavo una scuola statale della periferia di Milano e, in occasione di un tema sulla Pasqua, ho imprudentemente descritto il dolore di Maria ai piedi della croce paragonandolo a quello di una donna ebrea di fronte alla morte violenta del figlio. La cosa non e' piaciuta alla mia maestra che, non solo ha valutato molto negativamente il mio tema, ma ha ritenuto opportuno sgridarmi pubblicamente davanti a tutta la classe perche', a suo avviso, avevo formulato delle considerazioni discutibili che in qualche modo offendevano la coscienza cattolica italiana. Non ero in grado di valutare l'accaduto, non capivo dove stesse il problema, provavo il disagio di chi si sente accusato e punito per qualcosa che invece dovrebbe essere ovvio per tutti: non erano forse ebrei Gesu' e Maria? Perche' non potevo immaginarmeli come tali? Perche' preferire interpretazioni lontane dalla loro tradizione invece a me vicina? Perche' qualsiasi riferimento a questa dimensione della loro umanita' faceva problema? Fortunatamente un giovane sacerdote che insegnava religione nella scuola, e che era stato invitato dalla mia maestra a esprimere un giudizio sull'accaduto, ha ridimensionato la faccenda. Con parole semplici ma convincenti mi ha fatto capire che non avevo fatto nulla di male, tuttavia il modo in cui avevo espresso il mio pensiero, che andava a toccare una questione delicata per i cristiani, poteva non essere recepito correttamente. Dovevo avere un po' di pazienza perche' i tempi e la riflessione teologica maturassero. * - Cettina Militello: Oggi pero' la situazione e' completamente diversa! - Elena Bartolini: A distanza di oltre trent'anni la prospettiva e' radicalmente cambiata: fra i temi che le facolta' e gli istituti teologici cattolici con cui collaboro mi chiedono sovente di trattare, c'e' sia quello di Maria figlia di Sion testimone della fede del suo popolo, sia quello dell'ebraicita' di Gesu' di Nazareth. A dieci anni non potevo certo immaginarlo. * - Cettina Militello: Ma in che modo e' poi maturata la tua scelta? - Elena Bartolini: La progressiva presa di coscienza di queste "scomode" radici che attraverso esperienze, sia positive che problematiche, sono andata maturando, non mi ha lasciata indifferente: mi ha spinta a porre domande sia sul patrimonio di fede comune a ebrei e cristiani sia sulle differenze, nell'ambito delle quali diventava sempre piu' importante e urgente rivisitare criticamente stereotipi e pregiudizi che, nei secoli, hanno di fatto allontanato e posto in conflitto due tradizioni religiose. * - Cettina Militello: Di cui e' innegabile la prossimita'... - Elena Bartolini: Di piu', le direi legate da un "vincolo" che il concilio Vaticano II ha riconosciuto in stretta connessione con il mistero stesso della Chiesa (cfr. Nostra Aetate n. 4). Ho cercato quindi di acquisire attraverso gli studi teologici gli strumenti adatti per comprendere le ragioni di entrambe le parti e rimettere a tema il contesto in cui la frattura si e' prodotta: ho scelto percio' un percorso ecumenico che mi ha permesso di approfondire la teologia biblica sia utilizzando il metodo storico-critico sia l'esegesi rabbinica e, in questo orizzonte, mi occupo della ricerca volta al confronto e al dialogo fra le Chiese cristiane e gli ebrei. * - Cettina Militello: Quale attenzione all'ebraismo e' stata posta dopo il Concilio? - Elena Bartolini: Il cammino ecumenico postconciliare ha mostrato un'importante relazione fra il recupero delle radici ebraiche nelle singole confessioni cristiane e il riavvicinamento delle medesime, pensiamo ad esempio al Documento di Lima su battesimo-eucaristia-ministeri del 1982 o alla recente Carta Oecumenica. Come ha piu' volte ricordato monsignor Carlo Maria Martini per la teologia e la prassi cristiana e' fondamentale lo studio dei problemi che derivano dall'interruzione del contributo che la teologia e la prassi dei giudeo-cristiani hanno dato alla primitiva comunita' ecclesiale. Nel 1984, all'International council of christians and jews tenutosi a Vallombrosa, egli ha affermato che "ogni scisma e divisione nella storia della cristianita' priva la Chiesa di contributi che avrebbero potuto essere preziosi e produce una certa carenza nell'equilibrio vitale della comunita' cristiana. Se questo e' vero per ogni grande divisione che si e' verificata nella storia della Chiesa, lo e' particolarmente per il primo grande scisma che ha privato la Chiesa del contributo che le sarebbe venuto dalla tradizione ebraica" (L'intervento e' ritrovabile in: C. M. Martini, Israele, radice santa, Centro Ambrosiano/Vita e Pensiero, Milano 1993, pp. 37-54). * - Cettina Militello: Hai potuto maturare il tuo percorso in una felice congiuntura ecclesiale. - Elena Bartolini: Si', ho avuto la fortuna di maturare le mie scelte di vita e di studio in un contesto culturale e religioso in cui il dialogo cristiano-ebraico ha trovato uno spazio sempre piu' rilevante. Ho percio' riletto progressivamente la mia particolare situazione come una provvidenziale occasione per un impegno in questa direzione. Comunque non e' stata una scelta indolore... Ha richiesto tentativi non sempre andati a buon fine. In ogni caso lo studio e la ricerca in ambito teologico sono stati, e continuano a essere, determinanti nella ricerca di un equilibrio che permetta di mantenere le due prospettive in reciproco ascolto. E' questa la condizione per un confronto rispettoso dell'identita' dell'altro. * - Cettina Militello: Il fatto d'essere donna ti ha complicato le cose? - Elena Bartolini: Se escludiamo le difficolta', peraltro note, di ogni laico/a che intraprende studi e carriera teologica in Italia (come il relativo riconoscimento statale dei titoli e la precaria collocazione giuridico-economica negli ambiti accademici), devo dire che la mia esperienza e' stata finora positiva: fin dal primo ciclo di studi a Milano ho incontrato docenti che, non solo hanno incoraggiato la mia scelta, ma hanno anche cercato di suggerirmi luoghi e possibilita' affinche' potessi specializzarmi realizzando il piu' possibile le mie attese. Grazie all'Istituto di studi ecumenici di Venezia ho potuto conseguire la licenza con un lavoro di ricerca nell'ambito dell'esegesi rabbinica guidato da Amos Luzzatto, esperto di midrash e presidente dell'Unione delle comunita' ebraiche italiane. Sotto la sua guida continuo la mia ricerca per il dottorato presso l'Antonianum di Roma, avvalendomi anche della collaborazione e del confronto con alcuni ricercatori di Gerusalemme sia dell'Universita' ebraica sia di atenei cristiani. * - Cettina Militello: Sei impegnata anche in diverse realta' teologiche... - Elena Bartolini: L'accoglienza presso gli istituti teologici, le scuole bibliche per laici e altri ambiti accademici con i quali in questi anni ho avuto rapporti di lavoro e' stata buona. Probabilmente il particolare ambito delle mie ricerche, per certi aspetti di "frontiera", suscita interesse e curiosita' che forse contribuiscono a rendere piu' facili i rapporti. Cio' non toglie la difficolta' oggettiva, precedentemente ricordata, con cui ogni laico/a deve misurarsi nell'ambito delle facolta' teologiche italiane e che, inevitabilmente, puo' scoraggiare. * - Cettina Militello: Lo dici riferendoti alle donne? - Elena Bartolini: No, il problema e' piu' ampio. Sono pero' persuasa che dovunque esista qualche spazio, qualche possibilita' di collocazione, e' importante che la ricerca sia portata avanti anche dalle donne: l'approccio femminile alla Scrittura e ai temi teologici, in un reciproco e costruttivo confronto con quello maschile, puo' mettere in luce e sviscerare prospettive e dinamiche finora rimaste in ombra o poco valorizzate. Una lettura solo al maschile del dato biblico e teologico rischia di essere riduttiva. Se, per molto tempo e per particolari contesti storici, tutto cio' e' stato monopolio degli uomini, oggi le donne non solo hanno una possibilita' prima negata ma anche una grossa responsabilita', che e' quella di riequilibrare una comprensione unilaterale del dato rivelato e della sua elaborazione teologica. Per questo e' importante che le donne acquisiscano mezzi scientifici che permettano loro di intervenire autorevolmente nel dibattito in corso con tutti gli strumenti possibili. * - Cettina Militello: Cosa puoi dirci del ruolo della donna nella ricerca teologica di matrice e cultura ebraica? - Elena Bartolini: Sul versante ebraico l'orizzonte di riferimento e' un po' diverso. Innanzitutto e' bene precisare che il termine "teologia", cosi' come lo intende l'Occidente cristiano, e' estraneo alla comprensione ebraica, che lo introduce nel suo vocabolario per esigenze di confronto dialettico con le culture circostanti. L'ebreo ritiene di non dover ragionare "su Dio" ma su cio' che egli fa per gli uomini, tenendo presente che l'unico dogma di riferimento e' che il Signore ha parlato, si e' rivelato; ma su cosa abbia detto l'uomo puo' e deve discutere nella prospettiva halakhika, cioe' dell'applicazione dei precetti/insegnamenti che deve essere costantemente verificata e attualizzata in riferimento al mutare dei contesti storici. Una riflessione sistematica su Dio e sul mondo attraverso categorie filosofiche inizia non a caso in ambito giudeo-ellenistico, si accentua durante il Medioevo quando si rende necessaria un'apologetica ebraica che risponda alle sollecitazioni cristiane e islamiche, per poi trovare un ulteriore sviluppo in epoca moderna e contemporanea secondo filoni diversi che discutono sull'opportunita' o meno di mantenere unite prospettive filosofiche e religiose. Premesso questo, dobbiamo sottolineare che lo studio delle Scritture e della Tradizione e' per l'ebreo un precetto di uguale importanza a quello della preghiera, ma che tuttavia prevede un'applicazione differenziata fra uomini e donne: tale obbligo riguarda infatti solo l'uomo. * - Cettina Militello: Ci sono donne che studiano la Scrittura nella tradizione ebraica? - Elena Bartolini: Si', ma il problema e' un altro: la donna non e' obbligata, puo' farlo. E questo spiega perche', in ogni tempo, ci sono state comunque donne ebree perfette conoscitrici delle interpretazioni rabbiniche relative alla Scrittura e all'osservanza dei precetti. Donne capaci di commentare i testi in lingua originale. * - Cettina Militello: Resta tuttavia assai diversa la posizione della donna... - Elena Bartolini: Relativamente alla preghiera pubblica, la donna, a eccezione dell'ebraismo riformato, non puo' presiedere il culto sinagogale o diventare rabbino. Ma una valutazione di questo tipo e' scorretta e riduttiva: innanzitutto la donna e' esonerata da qualsiasi precetto legato a un orario (non e' obbligata alla preghiera pubblica) in quanto cio' potrebbe ostacolare i suoi impegni materni (ad esempio l'allattamento); in secondo luogo il momento celebrativo piu' importante della liturgia ebraica non e' quello sinagogale ma quello familiare, nell'ambito del quale la donna svolge un ruolo fondamentale e insostituibile. E' lei che garantisce le condizioni necessarie per la liturgia domestica e accende le candele della festa, segno della presenza divina; e' lei che col marito guida la celebrazione e testimonia la tradizione nei confronti dei figli, sia durante le feste che nello svolgersi della quotidiana vita religiosa, in quanto da lei dipende l'organizzazione della vita familiare secondo i precetti, tra i quali quello della kasherut, l'alimentazione secondo la Tora', cioe' secondo l'insegnamento divino rivelato al Sinai. Per questo la tradizione riconosce che l'ebraicita' della discendenza e' matrilineare, e non solo per la ragione che la madre "e' sempre certa", ma perche' la sua presenza nella famiglia e' determinante ai fini della vita religiosa ebraica. * - Cettina Militello: Sembrano considerazioni un po' apologetiche... - Elena Bartolini: Nonostante un certo maschilismo che e' un dato rilevante anche per l'ebraismo, si trovano significative espressioni di maestri della tradizione che non mancano di sottolineare l'importanza della donna, arrivando tra l'altro ad affermare che l'uomo deve onorarla poiche' "le benedizioni di Dio scendono sulla sua casa per la presenza della moglie", pertanto "l'uomo che vive senza donna vive senza bene", in quanto Dio ha liberato il popolo di Israele dall'Egitto "per i meriti delle donne" (cf Talmud Babilonese, Bava Matz'ia' 59a; Jevamoth 62b; Sota' 11b). Interessante e' anche un'altra affermazione tradizionale relativa a donne che, come Deborah, hanno svolto un ruolo profetico nei confronti del popolo di Israele (cfr. Gdc 4, 4): si sostiene che su tutti, in virtu' delle proprie opere, puo' posarsi lo spirito santo di Dio, e chi si trova in tale situazione e' in una posizione superiore a quella del sommo sacerdote del Tempio (cfr. Jalkuth Shimeoni, Shofetim 1). Secondo questa prospettiva la donna che profetizza relativizza il ruolo di chi presiede il culto pubblico secondo una somma autorita' riconosciuta. * - Cettina Militello: Tutto questo non e' gia' frutto di un certo ripensamento? - Elena Bartolini: In un orizzonte piuttosto variegato e articolato, in quanto l'ebraismo non ha magistero e vede nella multiformita' una ricchezza, sia all'interno del giudaismo piu' tradizionale che di quello riformato, il ruolo della donna e' oggi oggetto di ripensamento e di discussione. Se le posizioni piu' liberali hanno consentito alla donna di diventare rabbino, anche fra quelle piu' conservative si colgono interessanti segnali: ad esempio, proprio nel nostro Paese, Tullia Zevi e' stata in passato eletta e confermata per piu' anni presidente dell'Unione delle comunita', ruolo che l'ha dunque vista portavoce ufficiale dell'ebraismo italiano. Se poi guardiamo alle figure femminili che, in modi diversi, possono essere considerate testimoni autorevoli della tradizione ebraica contemporanea, possiamo ricordare Sara Kamin e Nehama Leibowitz per lo studio della Scrittura secondo l'ermeneutica rabbinica; Lea Sestieri, nota non solo per le sue ricerche storiche ma anche per i suoi saggi sulla spiritualita' ebraica; Elena Loewenthal alla quale dobbiamo studi e saggi che abbracciano aspetti molteplici della tradizione e del pensiero ebraico; Giacoma Limentani e Clara Costa Kopciowski che, con i loro scritti, ripropongono al grande pubblico l'esegesi midrashica e le tradizioni religiose; Liliana Treves Alcalay che recupera e ripropone il patrimonio religioso legato alla musica della diaspora. Non si tratta certo di teologhe nel senso occidentale del termine, sono comunque donne che, attraverso diversi ambiti di ricerca, hanno contribuito all'elaborazione della riflessione ebraica e al suo ripensamento critico. * - Cettina Militello: Quale contributo possono dare le donne alla teologia? - Elena Bartolini: Sicuramente quello di rimanere se stesse, coscienti del particolare apporto che, in quanto tali, possono portare nella ricerca con e di fronte agli uomini. La relazione originaria secondo la Scrittura, cioe' l'essere a immagine di Dio nella reciprocita' uomo-donna (Gen 1, 27), implica uno sguardo diverso e complementare anche a livello di riflessione teologica. Non avrebbe senso una teologia femminista in contrapposizione a una maschilista; dobbiamo invece pensare e lavorare nella prospettiva di una teologia dialogica capace di riconoscere nella diversita' d'approccio una ricchezza, un bene per tutti, dove la pre-comprensione femminile e quella maschile si confrontano nella comune ricerca della verita'. Per questo e' auspicabile che le donne operino il piu' possibile in tutti gli ambiti teologici. * Postilla prima. Gli studi ecumenici. In dialogo con i "fratelli maggiori" Elena Lea Bartolini e' nata a Pavia il 14 marzo 1958 e risiede a Casalpusterlengo (Lodi). Ha conseguito il magistero in scienze religiose a Milano presso l'Istituto superiore di scienze religiose con la tesi: Ebrei e cristiani dopo Auschwitz. Poi la licenza in teologia ecumenica di indirizzo biblico-giudaico a Venezia presso l'Istituto di studi ecumenici San Bernardino, incorporato al Pontificio ateneo Antonianum, con la tesi: Un programma dell'universalismo ebraico, una provocazione per il cristianesimo, a partire da Genesi 12, 1-4. Ha attualmente in corso, come ampliamento di questo medesimo tema, il dottorato in teologia ecumenica di indirizzo biblico-giudaico a Roma, presso l'Antonianum in collaborazione con lo Studio biblico francescano di Gerusalemme. Molteplici i suoi contatti e scambi scientifici con diversi istituti di ricerca: il Cisec (Centro interdipartimentale di studi sull'ebraismo e cristianesimo) diretto da Mauro Pesce presso l'Universita' degli studi di Bologna; l'Ise (Istituto di studi ecumenici) San Bernardino di Venezia. A Gerusalemme: il Ratisbonne Center (Christian Center of Jewish Studies); lo Studium biblicum franciscanum; e la Hebrew University - Department of Bible. * Postilla seconda. La fertile penna di una teologa "giudeo-cristiana". L'ebraismo spiegato ai cristiani Omettendo le pur interessanti curatele e i molti articoli, ci limitiamo a segnalare i volumi pubblicati da Elena Bartolini e i suoi interventi in volumi di autori vari. Tra i primi: Gesu' ebreo per sempre (con C. Vasciaveo), Dehoniane, Bologna 1991; Anno sabbatico e giubileo nella tradizione ebraica, Ancora, Milano 1999; Come sono belli i passi... La danza nella tradizione ebraica, Ancora, Milano 2000; Gerusalemme..., di prossima pubblicazione; La donna nella tradizione ebraica, di prossima pubblicazione. Tra i contributi in opere di autori vari e negli atti di convegni: "Uscite e vedete", in AA.VV., Per il dialogo cristiano-ebraico. Andare oltre, Morcelliana, Brescia 1991, pp. 85-88; "La tolleranza nell'ebraismo", in AA.VV., La tolleranza, Itinerari di Ricerca e Associazione Amici del don, Milano 1994, pp. 51-62; "Chiesa e popolo di Israele. Punto di vista cristiano", in AA.VV., Riempiti di Spirito Santo si misero a parlare in altre lingue, Dehoniane, Roma 1995, pp. 231-239; "Il corpo e l'estasi: danza e rito nella tradizione ebraica", in AA.VV., I linguaggi del rito, Clas, Bergamo 1995, pp. 42-49; "Il linguaggio del corpo", in AA.VV., Ebraismo. Le espressioni artistiche, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1997, pp. 78-104; "Narrazione e salvezza nelle storie chassidiche", in AA.VV., Ebraismo. Le espressioni artistiche, pp. 48-56; "La proclamazione della Tora' nella liturgia sinagogale", in AA.VV., Ebraismo. Esperienze e testimonianze, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1997, pp. 113-122; "Dall'antigiudaismo al dialogo cristiano-ebraico" (con E. Bianchi), in AA.VV., Enciclopedia del cristianesimo, De Agostini, Novara 1997, pp. 261-263; "La fede ebraica", in Ibidem, pp. 259-261; "Shoa'", in Ibidem, p. 632; "Bibbia e donna, coppia e famiglia", Edizioni Cei, Roma 1998, pp. 100-105; "Il precetto di Gesu': Fate questo in memoria di me", in AA.VV., Ebraismo. Il giudaismo e i vangeli , Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1998, pp. 155-168; "La storia dell'amato e dell'amata come epifania dell'eterno nel Cantico dei Cantici", in AA.VV., Matrimonio e Verginita': due parabole dell'unico amore, Ancora, Milano 1998, pp. 103-126; "L’ esperienza di Dio nel chassidismo", in AA.VV., Ebraismo. Narrare l'esperienza mistica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1999, pp. 99-150; "La santita' del Dio dell'Alleanza radice della reciprocita' verginita'-matrimonio", in AA.VV., La reciprocita' verginita'-matrimonio. Il dono dell'alterita' nella Chiesa una santa, Cantagalli, Siena 1999, pp. 37-63; "La tenerezza di Dio: i tratti paterno/materni del Dio dell'Alleanza", in AA.VV., Padri e madri. Per crescere a immagine di Dio, Citta' Nuova, Roma 1999, pp. 116-145; "Il linguaggio del corpo", in AA.VV., La gestualita' e la Bibbia, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 75-96; "Il sacerdozio dell'Alleanza rinnovata. Prospettiva ebraica", in AA.VV., Il sacerdozio della Nuova Alleanza, Ancora, Milano 1999, pp. 139-145; "Preghiera e linguaggio non-verbale nella tradizione biblica", Edizioni Cei, Roma 2000, pp. 14-34; "Il punto di vista ebraico", in Le religioni alle soglie del 2000: iniziative per un cammino di pace, Rotary international distretto 2040, Milano 2000, pp. 9-15; "Segni e simboli nel rituale ebraico del matrimonio", in AA.VV., La reciprocita' verginita'-matrimonio. Profezia di comunione nella Chiesa sposa, Cantagalli, Siena 2000, pp. 201-231; "La sponsalita' del banchetto nella tradizione ebraica", in AA.VV., Eucaristia e matrimonio. Unico mistero nuziale, Citta' Nuova, Roma 2000, pp. 19-44; "La famiglia di Nazareth testimone della fede in Israele", in AA.VV., La Santa Famiglia nella storia della salvezza, Grafiche Andreis, Malcesine (Vr) 2000, pp. 55-79; "La santita' della relazione uomo-donna nella rivelazione", in AA.VV., La reciprocita' uomo-donna via di spiritualita' coniugale e famigliare, Citta' Nuova, Roma 2001, pp. 33-71; "Dialogo interreligioso con particolare riferimento alla Teshuvah", in AA.VV., Icone di riconciliazione, Paoline, Milano, pp. 169-196; "L'uso dei beni secondo la Scrittura", in AA.VV., Dacci oggi il nostro pane. I cristiani in un'economia di giustizia per sfamare il mondo , Emi, Bologna 2002, pp. 18-39; "Israele: popolo di Dio per le nazioni", in AA.VV., Secondo le Scritture. Chiese cristiane e popolo di Dio, Edb, Bologna 2002, pp. 71-81. 3. MEMORIA. MARGHERITA HACK: IPAZIA [Da "Micromega" del 30 settembre 2009, col titolo "Ipazia, storia della prima scienziata vittima del fondamentalismo religioso" e la nota redazionale "Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo la prefazione di Margherita Hack al libro Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo d.C., di Antonio Colavito e Adriano Petta (La Lepre Edizioni), in libreria dal 20 ottobre"] In questo romanzo storico si ricostruisce l'ambiente e l'epoca in cui ha vissuto la prima donna scienziata la cui vita ed opere ci sono state tramandate da numerose testimonianze. Gli autori hanno fatto ricorso a una ricchissima bibliografia, che permette di far emergere dalla lontananza di sedici secoli questa figura di giovane donna in tutti i suoi aspetti umani, privati e pubblici, la sua vita quotidiana, i suoi dialoghi con la gente comune, con i suoi allievi, con gli scienziati. Ipazia era nata ad Alessandria d'Egitto intorno al 370 d.C., figlia del matematico Teone. Fu barbaramente assassinata nel marzo del 415, vittima del fondamentalismo religioso che vedeva in lei una nemica del cristianesimo, forse per la sua amicizia con il prefetto romano Oreste che era nemico politico di Cirillo, vescovo di Alessandria. Malgrado l'amicizia con Sinesio, vescovo di Tolemaide, che seguiva le sue lezioni, i fondamentalisti temevano che la sua filosofia neoplatonica e la sua liberta' di pensiero avessero un'influenza pagana sulla comunita' cristiana di Alessandria. L'assassinio di Ipazia e' stato un altro atroce episodio di quel ripudio della cultura e della scienza che aveva causato molto tempo prima della sua nascita, nel III secolo dopo Cristo, la distruzione della straordinaria biblioteca alessandrina, che si dice contenesse qualcosa come 500.000 volumi, bruciata dai soldati romani e poi, successivamente, il saccheggio della biblioteca di Serapide. Dei suoi scritti non e' rimasto niente; invece sono rimaste le lettere di Sinesio che la consultava a proposito della costruzione di un astrolabio e un idroscopio. Dopo la sua morte molti dei suoi studenti lasciarono Alessandria e comincio' il declino di quella citta' divenuta un famoso centro della cultura antica, di cui era simbolo la grandiosa biblioteca. Il ritratto che ci e' stato tramandato e' di persona di rara modestia e bellezza, grande eloquenza, capo riconosciuto della scuola neoplatonica alessandrina. Ipazia rappresenta il simbolo dell'amore per la verita', per la ragione, per la scienza che aveva fatto grande la civilta' ellenica. Con il suo sacrificio comincia quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tenta di soffocare la ragione. Tanti altri martiri sono stati orrendamente torturati e uccisi. Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno fu mandato al rogo per eresia, lui che scriveva: "Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi, similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al nostro Sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi". Galileo, convinto sostenitore della teoria copernicana, indirettamente provata dalla sua scoperta dei quattro maggiori satelliti di Giove, fu costretto ad abiurare. Il fondamentalismo non e' morto. Ancora oggi si uccide e ci si fa uccidere in nome della religione. Anche nei nostri civili e materialistici paesi industrializzati avvengono assurde manifestazioni di oscurantismo, come in alcuni stati della civilissima America in cui si proibisce di insegnare nelle scuole la teoria dell'evoluzione di Darwin e si impone l'insegnamento del creazionismo. Su questa strada di ritorno al Medioevo si e' messa anche la nostra ministra dell'Istruzione (o dovremmo dire della distruzione?) tentando di cancellare la teoria darwiniana dalle scuole elementari e medie. Perche'? Per ignoranza? Per accontentare una Chiesa cattolica che non mi sembra ingaggi piu' queste battaglie perse in partenza. Questa storia romanzata ma vera di Ipazia ci insegna ancora oggi quale e quanto pervicace possa essere l'odio per la ragione, il disprezzo per la scienza. E' una lezione da non dimenticare, e' un libro che tutti dovrebbero leggere. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 280 del 7 ottobre 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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