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Minime. 914
- Subject: Minime. 914
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 16 Aug 2009 01:23:58 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 914 del 16 agosto 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Un appello urgente 2. Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 3. Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo 4. Istruzioni per l'uso e indirizzi utili 5. Renato Novelli: L'arroganza e l'ipocrisia 6. Sganassoni 7. Annachiara Rossi presenta "Persepolis" di Marjane Satrapi 8. Wanda Tommasi presenta "Manifesto per la soppressione dei partiti politici" di Simone Weil 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. UNA SOLA UMANITA'. UN APPELLO URGENTE A tutte le persone che ci leggono chiediamo di presentare esposti alle magistrature e ad altre istituzioni affinche' siano abrogate le misure razziste e squadriste contenute nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" e siano processati i colpevoli del tentativo di colpo di stato da esse misure configurato. * Vorremmo che nel lasso di tempo piu' breve possibile migliaia di esposti raggiungano tutte le Procure d'Italia e numerosi altri pubblici ufficiali ed attivino cosi' le procedure che portino con la massima tempestivita' possibile all'intervento della Corte Costituzionale che abroghi le illegali e criminali misure razziste, squadriste e golpiste contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94. * Vorremmo che si sviluppasse un movimento di dimensioni massive, corale, di popolo, in difesa della Costituzione e dell'umanita', in difesa della legalita' e della civilta', un movimento che si opponga al razzismo e allo squadrismo, che si opponga al tentativo di colpo di stato del governo dell'eversione dall'alto. * Proponiamo di utilizzare come modello gli esposti che abbiamo presentato noi stessi e di seguito riportiamo, oppure di formularne, presentarne, diffonderne di piu' elaborati e dettagliati ancora; in ogni caso di agire tempestivamente nel richiedere che le competenti magistrature intervengano per ripristinare la legalita' violata dai golpisti razzisti. Agire tempestivamente, poiche' ogni giorno che passa il razzismo miete vittime. Agire tempestivamente, per la legalita' e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Con la forza della verita'. Con la forza del diritto. Con la forza dell'ordinamento giuridico. Con la forza della nonviolenza. 2. UNA SOLA UMANITA'. ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE VARIE FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA LEGGE 15 LUGLIO 2009, N. 94 Alla Procura della Repubblica di Viterbo Al Presidente del Tribunale di Viterbo Al Presidente della Corte d'Appello di Roma Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di Viterbo Al Presidente della Provincia di Viterbo Al Presidente della Regione Lazio Al Questore di Viterbo Al Prefetto di Viterbo Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art. 1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico riferimento a: a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla Costituzione della Repubblica Italiana; b) violazione dei diritti dei bambini; c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione esistenziale; d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui all'art. 10 Cost.; e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Giuseppe Sini responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 8 agosto 2009 3. UNA SOLA UMANITA'. ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE IL FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO Alla Procura della Repubblica di Viterbo Al Presidente del Tribunale di Viterbo Al Presidente della Corte d'Appello di Roma Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di Viterbo Al Presidente della Provincia di Viterbo Al Presidente della Regione Lazio Al Questore di Viterbo Al Prefetto di Viterbo Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3, commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita' e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali dell'ordinamento giuridico vigente. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Giuseppe Sini responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 8 agosto 2009 4. AGENDA. ISTRUZIONI PER L'USO E INDIRIZZI UTILI Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione dei carabinieri. Puo' essere anche inviato per posta. Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve recare un indirizzo per ogni comunicazione. Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli espsoti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre istituzioni statali centrali). Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel capoluogo di provincia). Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere ampliati, o resi piu' dettagliati, se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente gli esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni. * Diamo di seguito gli indirizzi delle istituzioni centrali cui inviare gli esposti; gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano ovviamente da Comune a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione. Al Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, 00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito: www.cortedicassazione.it Al Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187 Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it; sito: www.cortecostituzionale.it Al Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it Al Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito: www.camera.it Al Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel. 0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it; sito: www.csm.it Al Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma; fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito: www.quirinale.it Al Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60, B-1047 Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 - +32(0)22307555; sito: www.europarl.europa.eu Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito: http://ec.europa.eu/index_it.htm Al Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg (France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito: www.coe.int/DefaultIT.asp Al Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters, Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York (Usa); sito: www.un.org Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei siti non sostituiscono l'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi di inviare sempre comunque anche copia cartacea degli esposti per posta (con raccomandata). Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it 5. MYANMAR. RENATO NOVELLI: L'ARROGANZA E L'IPOCRISIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 agosto 2009 col titolo "Aung San Suu Kyi: l'arroganza dei militari, l'ipocrisia internazionale"] Negli anni '20 del secolo scorso George Orwell, allora sconosciuto funzionario britannico in Birmania, scriveva un saggio intitolato "Shooting an elephant". Sparando a un incolpevole pachiderma, circondato da funzionari birmani che si aspettavano quel gesto come consacrazione del suo essere un Sahib coloniale, capi' la fragile impostura e l'ordine crudele del colonialismo imperiale britannico. La favolosa Birmania divenne cosi' il centro di una riflessione sulla crisi dei regimi coloniali. Oggi, con il suo nuovo nome di Myanmar, la Birmania e' oppressa da uno dei regimi piu' spudoratamente autoritari del mondo: ma non e' un caso limite di deviazione in un mondo avviato alla democrazia, bensi' la bussola della miope rotta della democrazia internazionale, simile in questo all'idea universale dell'Impero civilizzatore britannico. Con gesto grottesco, il regime militare birmano ha trasformato in reato la visita inattesa di un mormone americano, giunto a nuoto nella casa di Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione che si trovava agli arresti domiciliari in una residenza supersorvegliata dalla polizia. Il tribunale ha emesso una condanna a tre anni che i generali hanno trasformato con magnanimita' in un anno e mezzo di arresti domiciliari, giusto il tempo per impedire a Suu Kyi di partecipare alla campagna elettorale delle sbandierate elezioni del prossimo anno. La misura dell'arroganza militare e' commisurata all'impotenza internazionale. Dei governi, dell'Onu, ma anche della societa' civile internazionale. Eppure qualcosa si muove in queste ore di indignazione proclamata. India e Cina, due amici chiave del regime militare birmano, hanno ribadito l'auspicio di un percorso democratico, pur senza interferenze e "nel rispetto delle decisioni dei sovrani tribunali birmani". Fariseismo, certo, ma anche la volonta' di conservare i propri interessi economici e strategici senza fare la parte di protettori dei cattivi. La Cina - che ironia - ha aggiunto un riferimento alle minoranza etniche, uno dei problemi irrisolti di ogni eventuale democrazia birmana. Negli Usa Barack Obama parla forte: ma anche dopo la sentenza non ha cancellato la visita ufficiale a Myanmar del senatore Jim Webb, veterano del Vietnam, presidente della subcommissione del Senato per il Sud-est asiatico, che sbarchera' oggi a Yangoon con un seguito di industriali e incontrera' il generale Than Shwe, capo della giunta militare, nella capitale-fortezza di Napyidaw. Proporra' forte assistenza allo sviluppo, con investimenti basati sulle risorse naturali della Birmania, in cambio di un percorso verso una qualche democrazia: cosa che muterebbe l'attuale economia regionale della Birmania con i vicini paesi dell'Asean (l'organizzazione del sud-est asiatico) che si limitano, tutto sommato, a traffici lucrosi e a una linea di non interferenza: in Thailandia il primo ministro Abhisit ha rinviato un commento alla lettura integrale della sentenza; a Singapore l'ex premier Goh ha detto che Suu Kyi e' un problema e non la soluzione come pensano gli europei. Domani nella capitale indonesiana Jakarta si riuniscono gli oppositori birmani in esilio. Una road map di democrazia reale metterebbe in questione l'opportunismo dei paesi dell'Asean, e la complicita' di Cina e India, oltre a dare una misura dell'eventuale tentativo di Obama: il quale credera' senz'altro nella democrazia, ma di sicuro crede anche agli interessi americani e di rado le due cose coincidono. Cina e India potrebbero essere garanti e partners del progetto di sviluppo, che forse non e' realistico politicamente, ma lo sarebbe economicamente. 6. LE ULTIME COSE. SGANASSONI Invece di abolire il cosiddetto sport in cui due energumeni si prendono a pugni per infliggersi dolore e lesioni (reato previsto e punito dal codice), si sbandiera come un trionfo della civilta' che anche delle energumene possano esercitarvisi in occasione delle Olimpiadi. Dappoiche' e' considerato fin dal '700 come una delle belle arti, a quando l'inclusione dell'assassinio tra le discipline olimpiche? 7. LIBRI E CINEMA. ANNACHIARA ROSSI PRESENTA "PERSEPOLIS" DI MARJANE SATRAPI [Dalla rivista on-line "Per amore del mondo" della comunita' filosofica femminile di Diotima (www.diotimafilosofe.it) riprendiamo la seguente recensione dal titolo "Persepolis: mediazione di comunicazione politica"] L'inspiegabile Iran, agli occhi di noi occidentali, che per quanto ci sforziamo rimane inesorabilmente incommensurabile, ci si svela attraverso la matita ed il coraggio di una giovane iraniana esule in Francia. La percezione di comprensione e di universalita' delle problematiche iraniane, nonostante una naturale empatia e indignazione soprattutto per il vissuto femminile, e' solo apparente, essendo noi sprovvisti, e fatichiamo a rendercene conto, delle chiavi di lettura culturali e sociali per capire non solo i dilemmi umani, ma le basi sulle quali si fonda un'intera cinematografia "oltre Golfo Persico". Attraverso una mediazione culturale, che, non dobbiamo dimenticare, lei stessa ha operato su di se', Marjane Satrapi adatta il suo sguardo e accompagna il nostro. L'esule si fa interprete per noi, ed e' questa la potenza del racconto di Persepolis ed il motivo del suo successo in Europa e oltre. E' infatti proprio in Francia, da lei definita sua seconda patria, che nasce nell'autrice il bisogno di liberazione e superamento che la porta a scrivere il lungo fumetto autobiografico. Dopo scelte, guerre, ritorni e abbandoni, Marjane trova il suo punto fermo, una citta' ed un uomo, e decide di fare i conti con il proprio vissuto, la propria interiorita' e l'immaginario della casa natale. La sua storia, espressa attraverso le chine del fumetto, successo editoriale internazionale (qui in Italia riedito da Sperling & Kupfer), coerentemente riadattata assieme al compagno Vincent Paronnaud nel lungometraggio animato, percorre la Rivoluzione Islamica del '79, la lunga guerra con l'Iraq, la fuga da Teheran in Austria, ed il ritorno in patria in un clima di repressione e privazioni dovuti al rigido governo teocratico. Una lunga saga familiare, ma anche romanzo di formazione e testimonianza politica, costruiti sull'intreccio del proprio presente, dell'infanzia e dei racconti dei propri cari. Ben costruito, schietto, a volte crudo (ma non privo di punte d'ironia), Persepolis ha il pregio della leggerezza e dell'immediatezza nella sua semplicita'. Ma soprattutto di essere un inedito e acuto sguardo interno sugli avvenimenti politici iraniani di quegli anni, nitido e solido, affascinante ed espressivo, come i tratti dei suoi personaggi, addolciti e smussati della rigidita' dei disegni originali e animati abilmente in un gioco di ombre cinesi e di silhouettes. Gli scenari di Vienna, di Teheran e dei racconti di viaggio dello zio toccano a volte la poesia, recuperando immaginari ed icone della cultura mediorientale. Ma anche occidentale, come quando, nell'orrore della visione della morte, il viso d'infanzia della bimba si tramuta sfumando nella maschera dell'urlo di Munch. L'uso del bianco e nero e' magistrale e ricorda a tratti le lunghe ombre dell'espressionismo tedesco a cui lei si e' esplicitamente ispirata, tanto che il chador, il velo ampio e scuro che le donne sono costrette a portare, e' stato paragonato ad un vero e proprio buco nero sia visivo che concettuale. E sempre di occidente si parla, quando la Satrapi dichiara d'essersi ispirata oltre che ai maestri tedeschi, anche al neorealismo italiano, forse proprio per lo stesso spirito e vissuto post-bellico che li caratterizza e li avvicina alla sua opera. L'autrice fa un passo indietro rispetto al proprio paese per poterne scrivere e farcelo comprendere, ma lo fa fare anche a noi, quando descrive quella Vienna d'Europa creduta tanto liberale ma portatrice di altrettanti fondamentalismi e limiti. Una doppia distanza che intesse un dialogo molteplice tra lei e il suo paese, lei e noi, conducendoci ad un'analisi critica dei nostri valori dominanti. Ma a quale prezzo. La spinta politica della Satrapi, per quanto personale e catartica nel descrivere un'epopea familiare, si intreccia inevitabilmente e volutamente con i nodi e le contraddizioni del regime iraniano, che ha fatto sapere il proprio disappunto per la presentazione del film a Cannes 2007 attraverso una lettera da parte del Ministero per la cultura iraniano all'ambasciata francese di Teheran, riportando che il Festival avrebbe "selezionato un film sull'Iran che presenta una visione irreale delle conseguenze della rivoluzione islamica". Satrapi ha quindi capito e deciso di non poter piu' far ritorno in patria. Ma, per quanto insista presso i giornali di non aver affatto voluto fare un film politico e di denuncia e che si tratta pur sempre di "un film" e non della "realta'", ha comunque con tutta evidenza aperto un dialogo con il proprio paese, e se non con l'autorita' (che ne ha vietato la proiezione in Iran), con chi lo abita, dato che nonostante il divieto la pellicola e' circolata via cellulare e attraverso visioni clandestine. In effetti il centro politico di Persepolis non risiede esclusivamente nella contestazione del regime: peso parimenti importante e' il suo fare politica nelle dinamiche di scambio e di relazione, e i fulcri a partire dai quali si costruisce questo lavoro di relazione sono rappresentati dalle figure delle madri, la madre e la nonna, e solo in parte dalle figure paterne, il padre e lo zio che rappresenta l'esempio di militanza politica. La seconda stesura del racconto autobiografico dovuta al passaggio dal libro a fumetti al film, ha comportato, oltre a migliorie sul piano stilistico, dei tagli significativi. La figura della nonna, madre della madre (quindi anch'essa portatrice e erede degli stessi valori), acquista cosi' una posizione centrale: e' il punto di riferimento principale etico e politico di Marjane dall'infanzia all'eta' adulta. Paradossalmente, nonostante le distanze generazionali, e' la figura piu' illuminata, liberale, di larghe vedute del racconto; esempio di coerenza e di anticonformismo, sara' guida per la protagonista in diversi passaggi cruciali del suo percorso di crescita. Divorziata in tempi in cui nessuno osava farlo in Iran, detrattrice del velo e delle imposizioni di regime, schietta e diretta nell'evidenziare sempre la verita' dei fatti, e' la figura piu' moderna e al tempo stesso nesso con la ricchezza della memoria. La madre, che esercita l'autorita' nell'educazione di Marjane, per come e' descritta dall'autrice, sembra assumere spesso ruoli e caratteristiche propri della figura paterna, mentre il padre si scopre piu' di una volta sopraffatto dalla commozione e dalla dignita' del sentimento. Indubbiamente, e non e' taciuto, i genitori dell'autrice sono un esempio inusuale per la societa' iraniana: benestanti e liberali forniscono a Satrapi uno sguardo e un punto di partenza privilegiato per la presa di coscienza del suo ruolo femminile nella societa' iraniana e non a caso sono loro che insistono a piu' riprese perche' la figlia parta e possa, all'estero, acquisire quell'emancipazione che in patria le e' negata. Interessante spunto di riflessione e' osservare quanto Satrapi sappia comunicare con il mondo femminile "attraverso" la sua opera, ben piu' di quanto non comunichi con esso "all'interno" del suo racconto autobiografico. Ad esclusione della madre e della nonna, infatti, l'autrice non si sofferma mai sulla descrizione delle proprie amicizie femminili se non per sottolinearne aspetti negativi o incomunicabilita'. Gli esempi sono molteplici nel fumetto ma ben presenti anche nel film. Indubbiamente l'abbandono della patria in eta' scolare crea in lei una frattura incolmabile e una distanza culturale con le sue coetanee europee (che vede irrispettose e frivole) e sociale con le sue coetanee iraniane al suo ritorno in patria (ostentanti spinte occidentali ma permeate in realta' da moralismo religioso), frattura che la porta ad una maggiore attenzione per i legami con le figure maschili; sara' anche questa scissione interna, il sentirsi un'occidentale in Iran e un'iraniana in occidente con il conseguente sfilacciamento della propria identita' a calarla nella depressione e portarla al tentativo di suicidio (in parte taciuto e non esplicitato nell'opera filmica). Ne uscira' attraverso il "fare" e l'"agire" e' forse l'unico mezzo di riconoscimento da parte del mondo femminile (a differenza di quello maschile, dal quale siamo riconosciute gia' semplicemente nella nostra diversita'). Piu' volte nelle relazioni femminili, ad esclusione dei ruoli di figlia o allieva (che possiedono un "incolmabile" intrinseco e accettato), mi sono trovata a riflettere sulla distanza che intercorre tra il riconoscimento fondato sulla stessa appartenenza di sesso, che dovrebbe coimplicare una naturale empatia fondata sulla somiglianza (di pensiero, problematiche, sensibilita') e il riconoscimento invece fondato sulla concretezza dell'agire, degli oggetti prodotti e delle imprese, attraverso i quali abbiamo una visibilita' reciproca. L'empatia dell'appartenenza, anche se superficialmente forte e sentita con chi ci e' affine, si rivela spesso illusoria o insufficiente: sommessamente prevale il piu' delle volte la timorosa difesa della propria dignita' (a volte, ma non necessariamente, mossa da competizione) rispetto al rischio dello scoprirsi e dell'esporsi; cio' si evince frequentemente, ad esempio, nella difficolta' della comunicazione del dolore, che ha sempre bisogno di un tramite, di un mezzo che crei la distanza sufficiente per essere compreso o per darci la sensazione di poter essere compreso; la stessa autrice ha avuto infatti bisogno dell'opera per esprimere e confessare la propria discesa di disperazione. Nell'opera di Satrapi colgo questo divario e questa contraddizione esistenziale: l'incomunicabilita' con le coetanee porta l'autrice a descrivere e confrontarsi piu' spontaneamente con gli uomini all'interno del percorso autobiografico (e forse non e' un caso che sempre maschile, nelle sue figure chiave, sara' il team con il quale portera' a termine la trasposizione cinematografica), mentre la potenza politica dell'opera, nella sua concretezza, crea un ponte diretto con il femminile, gli parla, comunica finalmente. L'oggetto-opera permette il riconoscimento e il legame di valore con il mondo femminile e diventa volano della forza del messaggio politico. 8. LIBRI. WANDA TOMMASI PRESENTA "MANIFESTO PER LA SOPPRESSIONE DEI PARTITI POLITICI" DI SIMONE WEIL [Dalla rivista on-line "Per amore del mondo" della comunita' filosofica femminile di Diotima (www.diotimafilosofe.it) riprendiamo la seguente recensione del libro che reca il saggio di Simone Weil, Manifesto per la soppressione dei partiti politici, tr. it. di Fabio Regattin, Castelvecchi, Roma 2008] E' stato recentemente tradotto in italiano e pubblicato dalla casa editrice Castelvecchi il Manifesto per la soppressione dei partiti politici di Simone Weil. Il titolo italiano per la verità non e' felice e non e' fedele all'originale francese, che suona "Note sur la suppression generale des parties politiques": e' noto infatti come Weil fosse poco incline a redigere e a firmare manifesti, proclami e simili. Tuttavia, questa traduzione e' sicuramente meritoria, in quanto rende accessibile al pubblico italiano un saggio che, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1950, fu salutato da Breton e da Alain, dei quali opportunamente si riportano nell'edizione italiana i commenti entusiastici, come un testo di scottante attualita'. Sia in Breton sia in Alain era ancora viva, nel 1950, la memoria dello stalinismo e della sua influenza sul partito comunista francese e, piu' in generale, l'asservimento delle coscienze, all'interno dei partiti, in nome di parole d'ordine piu' o meno altisonanti. Nel tempo che ci separa dalla prima pubblicazione di questo testo, avvenuta a sette anni di distanza dalla morte dell'autrice, la sua attualita' non ha fatto che crescere. Potremmo dire che le tesi qui sostenute diventino tanto piu' condivisibili quanto piu' cresce il discredito nei confronti della politica dei partiti; un discredito che oggi, in Italia, non e' certo minore di quello che Breton ed Alain denunciavano nel 1950 in Francia; verrebbe da dire: "il peggio non e' mai morto", come recita un noto proverbio popolare. Le argomentazioni che Simone Weil sviluppa in questo saggio sono di una semplicita' disarmante e al tempo stesso di un'estrema radicalita': come sottolinea Alain, il testo dimostra che non i partiti, ma tutti i cittadini, ciascuno in prima persona, dovrebbero fare politica; esso esprime "l'opinione femminile", che consiste in "un radicalismo dominato da molto in alto dalla Giustizia" (p. 65). In effetti, il radicalismo di Simone Weil e' guidato esclusivamente dal senso della giustizia, non da considerazioni di convenienza, di opportunita' o di fattibilita'. L'autrice esordisce constatando il carattere totalitario dei partiti europei, fin dalla loro nascita nella Francia nel periodo del Terrore; il loro ideale, allora come in seguito, fino all'epoca buia dei totalitarismi, era: "Un partito al potere e tutti gli altri in prigione". L'autrice si chiede poi se vi sia nei partiti qualcosa di bene, che renda sensata la loro conservazione, o se essi non siano piuttosto "un male allo stato puro, o quasi" (p. 24). Il criterio di valutazione viene definito a partire dalla verita', dalla giustizia e dall'utilita' pubblica: la democrazia non e' un bene in se', e' solo un mezzo in vista del bene, un mezzo piu' o meno efficace. Lo si comprende facilmente se si pensa che i crimini commessi da Hitler non sarebbero stati meno terribili se fossero stati autorizzati da una maggioranza parlamentare democraticamente eletta. Weil si sofferma in seguito sulla nozione di "volonta' generale" di Rousseau, che e' alla base dell'ideale democratico: Rousseau era convinto che la ragione tenda a scegliere la giustizia, mentre le passioni sono per lo piu' fonti di errori e di crimini; e, poiche' la ragione e' uguale in tutti gli uomini mentre le loro passioni differiscono, riteneva che il consenso generale, frutto della convergenza razionale dei piu' e dell'elisione delle loro passioni contrastanti, potesse avvicinarsi alla verita' e alla giustizia. Solo se permette di raggiungere tale risultato, la democrazia e' buona. Tuttavia, l'efficacia della democrazia come mezzo per realizzare la giustizia e' seriamente compromessa quando sono in gioco delle passioni collettive, ed e' chiaro che i partiti sono delle potenti casse di risonanza di passioni collettive. Inoltre, la democrazia e' altrettanto inefficace come strumento per raggiungere la verita' quando il popolo non e' chiamato ad esprimere il proprio volere riguardo ai problemi della vita pubblica, ma solo ad operare una scelta di persone, o addirittura di "collettivita' irresponsabili", come sono i partiti. Ad eccezione del periodo che precedette la rivoluzione francese, quando un movimento di popolo fece sentire le proprie aspirazioni attraverso i cahiers de doleances e controllo' che i propri rappresentanti esprimessero esattamente le rivendicazioni popolari, la Francia non ha mai conosciuto nulla che somigli a una vera democrazia. Secondo l'autrice, non e' facile trovare una soluzione al problema di come far si' che un popolo possa davvero esprimere un giudizio sulle questioni pubbliche, senza essere intralciato da passioni collettive. Tuttavia, cosi' prosegue Weil, "qualunque soluzione implicherebbe innanzitutto la soppressione dei partiti politici" (p. 31). Questi ultimi infatti sono macchine "per fabbricare passione collettiva" (p. 31); essi inoltre esercitano una pressione sui propri membri, ostacolandone la liberta' di opinione e di giudizio e, infine, hanno come scopo principale la propria stessa crescita. Mentre un partito dovrebbe essere solo un mezzo per realizzare il bene pubblico, esso diventa il proprio stesso fine: oggetto di idolatria, esso rivela cosi' la sua vocazione totalitaria e la sua inclinazione alla menzogna; perdendo di vista il bene e la giustizia, si considera l'unico bene l'incremento del partito stesso e, a tale fine, si esercita una pressione collettiva sul pensiero degli uomini attraverso la propaganda. Qualunque uomo politico che abbia a cuore il bene pubblico e la giustizia, dovrebbe sempre anteporli alla fedelta' al proprio partito: ma, poiche' questo palesemente non accade quasi mai, l'unica soluzione e' quella di sopprimere i partiti, esonerando cosi' chi voglia partecipare attivamente agli affari pubblici dall'obbligo di entrare in un partito. In questo breve saggio, vi sono echi della concezione della politica come arte di composizione su piani multipli, di cui l'autrice parla ne La prima radice: per una politica degna di questo nome, occorrono attenzione alla giustizia, cura del bene pubblico, capacita' di leggere i segni dei tempi e di ispirare un popolo. Una qualita' cosi' elevata e complessa di attenzione e' impossibile se la preoccupazione principale di un politico e' invece quella di essere in sintonia con la linea del proprio partito. Per l'autrice, dunque, l'istituzione dei partiti politici e' un male in tutti i sensi e la loro abolizione non potrebbe essere che "un bene quasi allo stato puro" (p. 50). Potrebbero continuare ad esistere si' dei movimenti di opinione, ma allo stato fluido, senza etichette e senza separazioni nette fra interno ed esterno. Non sembra dunque esserci, secondo l'autrice, "nessun inconveniente di nessun tipo legato alla soppressione dei partiti" (p. 53). Tutta la vita pubblica se ne avvantaggerebbe, liberando i singoli dall'obbligo di pronunciarsi sempre pro o contro qualcosa - segno che lo spirito di partito ha contaminato ogni cosa e che il fatto di prendere posizione ha sostituito lo sforzo di pensare. La proposta weiliana di abolizione dei partiti politici ha la radicalita' delle cose grandi, che spesso sono anche semplici. Eppure, come l'autrice stessa osserva quasi di sfuggita, "per un singolare paradosso, le misure di questo genere, che non presentano inconvenienti, sono in realta' quelle che hanno la minore possibilita' di essere attuate" (p. 53). Il perche', Weil stessa lo suggerisce, non in questo saggio, ma in un altro, intitolato Non ricominciamo la guerra di Troia, quando osserva che le parole altisonanti ma in realta' vuote del nostro lessico politico - nazione, sicurezza, fascismo, democrazia, ecc. - non rimangono inoperanti, ma diventano anzi estremamente distruttive, perche' dietro di loro vi sono apparati di stato, armamenti, polizie, eserciti. Dietro di loro vi e', in definitiva, il potere. Lo stesso vale per i partiti: pur svuotati di senso e screditati, oggi ancor piu' che all'epoca di Weil, essi continuano ad esistere perche' gestiscono denaro e consensi: in breve, potere. Per una politica identificata con il potere e giocata tutta nella lotta per la sua spartizione, i partiti sono una necessita'. Weil aveva in mente tutt'altra cosa: non solo la politica come arte di composizione su piani multipli, dall'attenzione alla giustizia fino al discernimento delle piu' minute circostanze, ma anche la possibilita' per operai e contadini di dire la propria esperienza senza prendere le parole in prestito da altri, la capacita' di formarsi un'opinione nello scambio con i propri pari, la circolazione di idee allo stato fluido nei movimenti. In breve, una politica sganciata dalla lotta per il potere. Quest'ultima, a causa dell'identificazione fra potere e politica, quasi non si percepisce piu' nemmeno come politica. Eppure, come il movimento delle donne ha giustamente rivendicato, si tratta in realta' della politica prima. Questa nota di Simone Weil sulla soppressione dei partiti politici rilancia il senso alto della politica prima e invita a prendere le distanze da quella competizione per il potere a cui si e' ridotta la politica a causa della sua occupazione ad opera dei partiti. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 914 del 16 agosto 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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