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Voci e volti della nonviolenza. 356
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 356
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 4 Aug 2009 11:12:32 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 356 del 4 agosto 2009 In questo numero: 1. Amnesty International 2. "Kamen'" intervista Edoarda Masi (2004) (parte prima) 3. Riletture: Luigi Pintor, I mostri 4. Riletture: Luigi Pintor, Parole al vento 5. Riletture: Luigi Pintor, Servabo 6. Riletture: Luigi Pintor, La signora Kirchgessner 7. Riletture: Luigi Pintor, Il nespolo 8. Riletture: Luigi Pintor, Politicamente scorretto 9. Riletture: Luigi Pintor, I luoghi del delitto 10. Riletture: Luigi Pintor, Punto e a capo 11. Riletture: AA. VV., Dibattito sul "Manifesto" quotidiano 1. RIFERIMENTI. AMNESTY INTERNATIONAL Per contattare la sezione italiana di Amnesty International: gli uffici si trovano in via Giovanni Battista De Rossi 10, 00161 Roma, tel. 0644901 (il centralino risponde dal lunedi' al venerdi' dalle 9,30 alle 13 e dalle 14 alle 16), fax: 064490222, e-mail: info at amnesty.it, sito: www.amnesty.it 2. MAESTRE. "KAMEN'" INTERVISTA EDOARDA MASI (2004) (PARTE PRIMA) [Dal sito www.criticamente.com riprendiamo la seguente intervista a Edoarda Masi (1) li' riprodotta per gentile concessione della rivista di poesia e filosofia "Kamen'" (2)] - Edoarda Masi: Nel XIX secolo e' risultata chiara, ed e' stata analizzata nella teoria economica e sociologica, la contrapposizione fra capitale e lavoro e la complementarieta' dei due poli. Essendo il lavoro l'elemento vitale del capitale, la lotta contro il capitale cresceva dall'interno dei meccanismi di quest'ultimo. Il lavoro si incarnava nel proletariato industriale - non solo avversario del capitale perche' oppresso, sfruttato ecc., ma perche' sua componente necessaria e contraddittoria. La possibilita' di uscire da quel sistema si fondava sul lavoro, che ne era a un tempo la componente base e il nemico radicale. * - "Kamen'": Il paradigma del lavoro era proprio quello. - Edoarda Masi: Si', non si trattava solo di ideologia: della validita' di quella teoria abbiamo una prova storica in centocinquanta anni di lotta. * - "Kamen'": Era un corrimano, uno strumento razionale che permetteva di mettere in evidenza una prospettiva, un certo numero di fatti. Le due classi sono un portato storico della rivoluzione industriale: non c'e' l'una senza l'altra, in un legame fondamentale. - Edoarda Masi: Nella sua trionfale evoluzione il capitale ha finito, nella fase presente, con il divorare letteralmente sia la classe proletaria sia quella borghese. Nel Manifesto del Partito comunista c'e' un'espressione sottolineata da Hobsbawn, a cui di solito non si bada: Marx dice grosso modo che, a un certo momento, il capitale dovra' essere superato dal lavoro oppure si avra' la fine di entrambe le classi in lotta. Credo che proprio questo si sia verificato. Una cosa e' la borghesia, una cosa e' il capitale. Questo e' un meccanismo economico, mentre la borghesia e' la classe dirigente che lo ha gestito in una ascesa sociale durata secoli fino al trionfo nell'Ottocento. Oggi gli eredi della borghesia non hanno piu' il carattere di classe dirigente. Il tratto di una classe dirigente e' quello di difendere si' i propri interessi economici, ma nello stesso tempo di riuscire a rappresentare in qualche modo anche interessi generali. * - "Kamen'": Per un'etica di classe? - Edoarda Masi: Prima che per un'etica, per necessita' di fatto. Ad esempio, prendiamo la miserabile piccola borghesia italiana. Al momento dell'unita', per poter gestire lo sviluppo ha dovuto promuovere l'istruzione universale, costruire le infrastrutture, creare i servizi pubblici, ecc. Questo era nell'interesse anche pubblico. Non le era dato perseguire i propri interessi di classe senza costruire un'entita' superiore, lo stato-nazione; che finiva col rappresentare tutti i cittadini, pur nelle differenze sociali. * - "Kamen'": L'idea che ha interpretato ad esempio, in epoca piu' recente, anche Olivetti. - Edoarda Masi: Si', Olivetti in modo ancora piu' accentuato perche' era anche un innovatore. Esisteva una dimensione della politica che non era la stessa identica dimensione della struttura economica. * - "Kamen'": C'era un senso del privato e del pubblico, di una loro suddivisione che oggi non c'e' piu'. Non e' il frutto di un certo Sessantotto? - Edoarda Masi: Secondo me, no; e' il frutto di una evoluzione del capitale. Oggi il capitale dominante e' in primo luogo quello finanziario, che e' cresciuto enormemente; e poi il capitale speculativo. La recente crisi asiatica, ad esempio, e' dovuta al capitale speculativo: un capitale che pretenderebbe, in certo qual modo, di eliminare il lavoro e vivere su se stesso, come fosse il gioco della roulette. E' un assurdo, poiche' lo stesso capitale finanziario, che genera la speculazione, si basa sul lavoro, sulla produzione. Se non ci sono merci non si ha profitto: se non si ha profitto, non si ha speculazione. La tendenza del capitale, tendenza suicida, e' quella di eliminare oggi il lavoro che lo minaccia. * - "Kamen'": In che senso lo minaccia? - Edoarda Masi: Perche' il lavoro pretende sempre piu' di essere interamente remunerato, a scapito del profitto e quindi della possibilita' stessa dell'accumulazione e della riproduzione allargata - la cosiddetta "crescita", senza la quale la struttura del capitale crollerebbe. Uno dei mezzi con cui il capitale oggi (ma la tendenza era gia' visibile nell'Ottocento) tende in modo ancor piu' clamoroso a liberarsi del lavoro, con le sue giuste rivendicazioni, e' la colonizzazione. Gia' Rosa Luxemburg aveva elaborato una teoria secondo me valida nella sostanza, nonostante le critiche ricevute per le carenze nei calcoli tecnico-matematici: il capitale ha avuto bisogno di espandersi fuori delle sfere industrializzate, perche' vi trova manodopera disponibile, senza limiti, a costi bassissimi. Oggi la tendenza si e' estesa al punto di coinvolgere non solo la manodopera industriale malpagata, ma il mondo contadino, dove le transnazionali sono penetrate direttamente attraverso il sistema dell'agribusiness, dei brevetti dei semi, ecc. Vi e' quindi un controllo diretto dell'agricoltura nei paesi dove i lavoratori per la maggioranza coltivano la terra o abitano nelle zone rurali. Il controllo e la rapina colpiscono pure gli agricoltori benestanti, soggetti alle transnazionali che, in luoghi ricchi dal punto di vista naturale, si appropriano delle sementi e le brevettano diventandone i proprietari. Perfino i floricoltori di San Remo, ad esempio, sono obbligati ogni anno a ricomprare i semi dei loro fiori, che non appartengono piu' al regno della natura: hanno subito modifiche biologiche per cui spesso non si riproducono piu' nel secondo anno. E anche quando tecnicamente non e' cosi', lo e' comunque sul piano giuridico, perche' i semi brevettati non sono proprieta' di chi li usa. Negli Stati Uniti questo e' accaduto da tempo anche per il pollame, le uova, ecc. Sono convinta che una delle campagne importanti da fare sia quella contro la cosiddetta "proprieta' intellettuale" - che in questo come in ogni altro campo ha ben poco a che vedere con la difesa dei "prodotti dell'intelletto", ma e' uno strumento di dominio economico delle grandi corporazioni. Nella struttura in apparenza sfuggente assunta oggi dal mondo capitalistico, sembra che non riusciamo a trovare l'equivalente di quello che era stato un tempo il lavoro, la forza che possa combattere strutturalmente questo sistema. Si fanno manifestazioni contro la guerra: il fronte dei partecipanti e' molto ampio e vi sono tante motivazioni eterogenee. Nel complesso, pero', sono motivazioni etiche e interne al sistema stesso, prive di un progetto alternativo. * - "Kamen'": E' gia' molto questo pero'! - Edoarda Masi: No. e' molto nel senso che si e' formata una massa di gente che protesta. Ma poi si trova impotente, perche' non e' in grado di proporre niente che sia alternativo a questo sistema. * - "Kamen'": Ma l'etica e' per noi strutturale, come l'arte, il pensiero ecc. Che ne pensa? - Edoarda Masi: Le motivazioni etiche, come quelle utilitarie, sono il punto di partenza delle posizioni assunte dagli individui e delle loro azioni. Dopo di che e' necessaria un'analisi della realta' - risalire ai motivi e alle cause che generano i fatti che ripugnano alla nostra visione morale - e l'elaborazione di progetti alternativi e di strategie politiche. Diversamente, saremo solo quel che Hegel chiamava "anime belle". * - "Kamen'": Ma riprendiamo il discorso sulla incapacita' di ripensare un progetto alternativo: in tutto questo non si rimette in gioco la funzione degli intellettuali e della politica e la crisi della ragione illuminista, in termini francofortesi, l'avanzare della ragione strumentale, in un sistema della ragione che diventa autoreferenziale in una corsa dei saperi e delle discipline all'autoreferenzialita'? - Edoarda Masi: Questo perche' la dialettica dell'illuminismo ha percorso la sua parabola. Se poi ci riferiamo al lavoro specifico degli intellettuali, bisogna riconoscere che non tutti, ma una loro minoranza fra cui non pochi americani, a cominciare da Chomsky, l'analisi di come funziona questo orrendo sistema ce la fanno. Disponiamo di tutti i dati, intere biblioteche, per vedere come tutto cio' funziona. Quello che non viene fatto e' il passaggio ulteriore alla politica. Constatiamo, per esempio, che dietro alla guerra in corso vi sono da un lato gli interessi petroliferi, dall'altro il disegno di egemonia mondiale degli Stati Uniti (che devono impossessarsi dell'Asia occidentale e centrale per poi procedere verso oriente, mettendo in difficolta' anche l'Europa). Questo e' abbastanza chiaro. Quel che non viene spiegato e' il rapporto tra questa prassi e i fatti strutturali che la determinamo. Perche' gli americani, che in fondo hanno una grande tradizione democratica e proprio nel settore piu' conservatore sono stati a lungo isolazionisti, sono passati a una politica di espansione globale? Che cosa c'e' dietro? Perche' questa trasformazione? E' su questo che secondo me oggi non si fa piu' l'analisi. Un tempo si sarebbe detto, si fa l'analisi della sovrastruttura e non della base economica strutturale. * - "Kamen'": Ma un'economia che si basa prevalentemente sul capitale finanziario puo' stare in piedi? E non e' un effetto di quell'ansia e autonomia schizofrenica dei saperi che non fanno piu' struttura? - Edoarda Masi: Questa e' una situazione di suicidio, che pero' trascina nella morte il mondo intero, anche sul piano ecologico, assolutamente distruttiva. Uno dei grandi pensatori di oggi, Istvan Meszaros, ungherese allievo di Lukacs, che lascio' l'Ungheria nel 1956 e da molti anni e' professore di filosofia in Inghilterra, ha pubblicato nel '95 l'ultimo grosso libro, intitolato Oltre il capitale. E' stato tradotto in molte lingue, e ha avuto in America Latina piu' di una edizione in pochi mesi. Rovesciando con una battuta un'affermazione di Schumpeter, secondo il quale il capitale procede a una distruzione costruttiva, Meszaros dice che attualmente il capitale costruisce la distruzione. E' effettivamente cosi'. Si uscira' dallo stallo? Personalmente ho poca fiducia che se ne esca partendo dall'Europa, e' piu' probabile che dall'Asia e da una parte dell'America Latina vengano dei cambiamenti. * - "Kamen'": Un pensatore come Amartya Sen, l'economista, che dici di lui? - Edoarda Masi: E' bravo, ma non e' solo, tutta l'India e' ricca di vita intellettuale, politica, scientifica. Anche il movimento delle donne indiane produce pensiero. * - "Kamen'": Non e' come noi che siamo a fare il nulla. - Edoarda Masi: No, non si puo' dire per gli individui, ma e' nel complesso che l'Europa in questo momento... Vedi, anche la resistenza francese che e' ammirevole rispetto alla schifezza di casa nostra, secondo me e' residuale, si basa ancora sulle idee golliste dello stato-nazione. Allora, perche' Francia si' e Italia no? Perche' i francesi godono di un'enorme eredita' che li rende ancora forti, uno stato-nazione che risale a Giovanna d'Arco e anche prima, a Luigi IX; e poi l'eredita' della rivoluzione, e quella napoleonica. Lo stato napoleonico non e' uno scherzo. Napoleone non e' stato solo un guerriero, ha costruito un sistema giuridico, il codice civile, la grande struttura amministrativa... Tuttavia questa eredita' e' residuale. * - "Kamen'": Ha detto un'amica e storica francese che questa attivita' residuale ha coalizzato tutto il paese, destra e sinistra. - Edoarda Masi: Meno male, ma non apre a un futuro. E' un po' come la Toscana in Italia: e' il paese dove si sta meglio, regge su un passato. Mentre per esempio Milano e' uno sfacelo. Ma in un certo senso Milano e' piu' avanti della Toscana, giacche' per lo sfacelo si deve passare. * - "Kamen'": Edoarda Masi e' nota al pubblico colto soprattutto come sinologa. Com'e' la situazione attuale della Cina, rispetto a quella di anni fa. - Edoarda Masi: Una giovane giornalista del "Manifesto", molto brava, Angela Pascucci, che si occupa degli esteri ma soprattutto della Cina, e' stata di recente a Shanghai e ha scritto un articolo sulla Fiat di Nanchino. Mi aveva mandato questo pezzo per un parere; lei non ne era soddisfatta, eppure era un articolo ottimo. Le ho detto che non deve preoccuparsi se non e' soddisfatta di quello che ha scritto perche' oggi scrivere sulla Cina e' difficilissimo, a meno che non si ripieghi sulla critica letteraria; cosa relativamente agevole, perche' hanno scrittori notevoli, sia narratori che poeti. Hanno dei poeti straordinari. I cinesi per tradizione hanno sempre avuto un grande poesia. E' un paese che si esprime in poesia. * - "Kamen'": Sono tradotti in italiano questi poeti? - Edoarda Masi: Si', in parte. Tradurre la poesia cinese e' straordinariamente difficile, specie in italiano. E' leggermente piu' facile tradurla in inglese. La lingua cinese non e' flessa ed e' molto sintetica. La lingua europea piu' sintetica e meno flessa e' l'inglese. Se hai un verso cinese di cinque sillabe, in italiano diventa di venticinque sillabe. E' necessario un vero poeta per tentare un equivalente. Questo vale per qualsiasi poesia, ma per la poesia di una lingua cosi' diversa l'ostacolo e' maggiore. Allora, alcuni fra i piu' grandi traduttori non poeti scelgono di fare quelle che Fortini chiamava traduzioni di servizio. Come nelle versioni interlineari, ti dicono il senso parola per parola, ti dicono il suono di ogni carattere cinese, e poi danno una semplice versione in prosa del testo. E' il metodo seguito da David Hawkes per Tu Fu (per il suono adotta la pronuncia di oggi, diversa da quella dell'epoca Tang –- Tu Fu e' dell'VIII secolo. Tuttavia, pur essendo cambiato il suono, le rime rimangono nel passaggio alla pronuncia odierna, come pure, naturalmente, i toni). Hawkes aggiunge una breve esposizione sulle circostanze in cui il testo e' stato scritto; segue l'esegesi sulla forma, sulla metrica, che in quell'epoca era rigidamente regolata. Con questo metodo sono riuscita a far leggere la poesia in cinese a gente che della lingua cinese non sapeva nulla. Anche Francois Cheng, sinologo francese, traduce con questo sistema. Invece il grande Arthur Waley traduceva in inglese direttamente e riusciva a farlo bene, favorito comunque dalla lingua inglese. I poeti contemporanei sono particolarmente difficili da tradurre, sono poeti di avanguardia e per di piu' con molti riferimenti alla poesia tradizionale. Sono di difficile lettura anche per i cinesi. Nell'opera di traduzione e' benemerita Claudia Pozzana, che e' lei stessa autrice di versi e da anni segue la nuova poesia cinese. Ha il merito di pubblicare sempre le sue traduzioni col testo originale a fronte. Ha tradotto bene, per esempio, Yang Lian. Eppure devo dire che quando Yang Lian e' venuto a Milano e ha fatto una lettura dei suoi versi, e' stata una cosa straordinaria, era bello sentire l'originale, la forza dell'originale. La traduzione ti aiuta, se non avessi avuto la traduzione, forse non avrei capito neanche il senso; pero' molto va perduto. Non e' facile tradurre neanche i prosatori contemporanei, ma per i poeti e' veramente difficile. Dicevo che parlare della Cina attraverso la mediazione degli scrittori e' piu' facile. E' un paese immerso in tremende contraddizioni, eppure e' estremamente vitale. C'e' la critica, c'e' il pensiero, c'e' la scrittura, e' un paese culturalmente in effervescenza. E' impossibile prevedere se procedera' verso una crescita o verso un'involuzione (indipendentemente dal successo economico e politico, incontestabile). Un giudizio sulla situazione politica e' quasi impossibile. Un giudizio politico, per quanto si voglia distaccato e obiettivo, comporta una presa di posizione dell'osservatore. Dobbiamo tenere in considerazione che oggi la Cina si presenta come possibile bersaglio futuro degli Stati Uniti nella loro pretesa di egemonia sul mondo. Di fronte a una situazione simile, non solo chi per motivi di studio e di frequentazione ha come me in quel paese una seconda patria, ma anche qualunque persona civile non puo' non schierarsi dalla parte della Cina, potenza pacifica che rischia di essere aggredita e strangolata. Il problema delle sfere dirigenti americane e' su come sia meglio strangolarla. Discutono su questo: bastera' la penetrazione capitalistica per controllarla? Oppure no, giacche' con lo sviluppo del capitale crescera' come grande potenza indipendente, sfida e ostacolo alla nostra egemonia globale? meglio allora aggredirla anche militarmente. Il dilemma e' di questo tipo, riguarda il come strangolarla. Su questo piano la Cina va comunque appoggiata, senza molte distinzioni fra popolo e governo. D'altra parte chi studia la storia sociopolitica della Cina e' portato a un atteggiamento fortemente critico di fronte all'attuale governo. Per esempio, hanno fatto di tutto per entrare nell'Organizzazione mondiale del commercio. Ma apertura al mercato con il Wto significa subalternita'. Hanno puntato sull'investimento di capitali esteri e sulla produzione per l'esportazione: il che li mette in condizione d'essere ricattati e di possibile instabilita'. La situazione economica interna e' spaventosa perche' spaventosa e' la forbice che dal punto di vista del reddito e delle condizioni di vita divide i vari strati della popolazione. C'e' una minoranza piccolissima straricca, e un buon numero di abitanti delle maggiori citta' che se la cava: un tenore di vita inferiore al nostro ma decente. Il sessanta per cento della popolazione vive nelle campagne e sta sempre peggio. La riprivatizzazione della terra coltivabile - peraltro assai scarsa - ha prodotto l'espulsione dal lavoro di un gran numero di persone. Si e' tornati a un fenomeno proprio dell'epoca prerivoluzionaria, la formazione di un "popolo vagante" di centinaia di milioni, migranti interni per miseria totale, che si accampano in baraccopoli ai margini delle citta'. * - "Kamen'": E' sottoproletariato urbano? - Edoarda Masi: Non e' tanto un sottoproletariato, e' un vero e proprio proletariato perche' si tratta di lavoratori, sottopagati e supersfruttati. Sono l'equivalente degli immigrati da noi (prima dal sud al nord, ora dai paesi asiatici, africani, latinoamericani). Lo sono anche amministrativamente. Per esempio in zone ricche come Shanghai. La Cina e' divisa in province intese alla latina, una provincia ha le dimensioni di uno stato europeo. Shanghai e Pechino, che sono le citta' piu' grandi, hanno una amministrazione propria, non fanno parte della provincia che hanno intorno, ma formano come una provincia a se'. L'amministrazione di Shanghai per accogliere quelli che vengono dalle altre province richiede ben tre permessi di soggiorno: uno di polizia, uno per l'alloggio, e un contratto di lavoro. Senza di questi, se uno viene beccato viene messo in un centro di detenzione temporanea. E' interessante questa analogia con quanto accade da noi, a prova che non si tratta di un meccanismo razzista, ma del frutto di un sistema economico, tanto da presentarsi anche fra abitanti della stessa nazionalita'. Questi irregolari sono in parte tollerati perche' sono lavoratori non protetti, a basso salario, che vengono adoperati principalmente nell'edilizia, dove si costruisce con velocita' sbalorditiva, in pochi mesi si trasformano le citta'. Questi operai lavorano a cottimo di gruppo, se il gruppo entro il termine non consegna il lavoro, non viene pagato, semplicemente. Sono sistemi brutali di capitalismo selvaggio. A volte a profitto di capitale misto cinese e estero, a volte di solo capitale cinese. Il capitale estero e' poi spesso di cinesi all'estero. Esiste una Cina della costa diversa dall'interno e dal nord, dove prevale il commercio. Gia' nel passato commercianti e anche banchieri cinesi si sono diffusi per l'ambiente del Pacifico. Gente che manovra denaro in Indonesia, nelle Filippine, e fino negli Stati Uniti... * - "Kamen'": La Cina rimane ancora in gran parte un paese rurale? - Edoarda Masi: E' rurale nel senso che la maggioranza della popolazione vive in campagna. Maria Regis diceva che l'avvenire della Cina puo' essere solo industriale e non rurale. Benche' abbia una grande estensione, la terra coltivabile e' scarsa. La maggior parte della terra e' fatta di deserti e montagne. Rispetto all'enorme popolazione sempre in crescita, anche col migliore dei sistemi di coltivazione non sarebbe in grado di nutrire i suoi abitanti. Ha sempre importato cereali, anche nell'epoca di Mao importava cereali dall'Australia, dal Canada... Non e' un paese che possa contare su un'agricoltura ricca, come certi paesi dell'America Latina, rovinati per altri motivi. Dopo la morte di Mao, nei primi anni del governo di Deng Xiaoping, c'e' stato un relativo miglioramento delle condizioni di vita in una parte delle zone rurali, grazie a una politica dei prezzi che favoriva i prodotti agricoli. Ma in generale i contadini stavano meglio semplicemente perche' si erano messi a fare una quantita' di mestieri, diciamo di piccolo commercio, sul quale i piu' abili o furbi o fortunati hanno lucrato, a danno di altri. La terra e' stata ridistribuita ai coltivatori - misura inopportuna data la estrema scarsita' di terra coltivabile. A ogni famiglia tocca una superficie coltivabile microscopica, che non consente ai suoi membri di mantenersi in vita. Anche prima delle riforme socialiste un certo grado di cooperazione era indispensabile. L'unico modo per poter sopravvivere e' collaborare. Un gruppo di famiglie, una cooperativa, una comune potevano acquistare e impiegare utilmente macchine agricole e altri mezzi di produzione, proibitivi e anche eccessivi per la singola famiglia. La collettivizzazione degli anni Cinquanta non ha avuto il carattere drammatico che aveva avuto in Russia. In Russia una parte dei contadini era contraria, non cosi' in Cina, dove si e' trattato di un fenomeno semispontaneo, partito dalla base. Il disaccordo ci fu in seguito, quando si tento' nelle comuni una sorta di "militarizzazione" della vita quotidiana, che ai contadini non piaceva. L'idea di mangiare alla mensa invece che a casa era senza dubbio piu' razionale, si risparmiavano soldi, tempo e fatica; ma a una famiglia contadina piace mangiare a casa sua secondo la tradizione. Certi eccessi non sono piaciuti ai contadini, ma l'idea di fare le cooperative era bene accetta. La redistribuzione della terra ha finito col portare molti alla miseria, alla fuga. Il piu' furbastro riusciva ad accaparrarsi la terra migliore, poi prendeva gli altri come braccianti (ora e' consentito) e cercava di produrre il piu' possibile, sfruttandoli e riducendone il numero al minimo. Cosi' e' cominciata l'enorme fuga, e in certi casi perfino l'abbandono della terra - un paradosso in un paese che non ha terra sufficiente per nutrire i suoi abitanti. La burocrazia cinese e' particolarmente brava, ha alle spalle piu' di duemila anni di esperienza. Finora e' riuscita a stare in equilibrio in una situazione assurda, in cui per un verso si continua il controllo statale sull'economia e per l'altro si apre al mercato internazionale: due cose che fanno a pugni. Finora si sono barcamenati, naturalmente con una serie di contrasti: fra poteri locali e centrale, la connivenza fra privati e funzionari statali, con corruzione a livelli incredibili. * - "Kamen'": E Tien an men? - Edoarda Masi: Tien an men e' stato uno dei risultati di questa politica. Come e' stata diffusa nel mondo dalla Cnn, la faccenda e' apparsa centrata unicamente sulla rivolta studentesca, si e' omesso il fatto che mentre gli studenti protestavano a piazza Tien an men, quattro milioni di cittadini di Pechino erano in rivolta, e poi milioni e milioni di cittadini delle grandi citta' della Cina. C'e' stata la rivolta guidata dai sindacati liberi. I primi militari inviati a domare la folla sono stati pacificamente persuasi da questa a desistere: le donne di Pechino mettevano i loro bambini in braccio ai soldati. Allora per "riportare l'ordine" hanno dovuto mandare soldati da province lontane che parlano altri dialetti e che non potevano comunicare con la popolazione. Era stato loro raccontato che a Pechino c'era una rivolta contro il socialismo e bisognava domare i controrivoluzionari. Quei poveracci hanno condotto l'operazione senza sapere quel che facevano, non potendo comunicare. Non si trattava solo degli studenti nella piazza, era in rivolta gran parte della Cina urbana. I motivi dell'insurrezione sono tanti, e' l'insieme dei motivi per cui la popolazione nelle sue varie componenti era contro la politica governativa. Per spiegarli occorrerebbe una lezione di piu' ore sulla storia della Cina. Fra gli studenti le motivazioni erano abbastanza confuse, una rivendicazione da un lato per la democrazia, dall'altro per il benessere del popolo. Un amico cinese mi diceva che quelli di Tien an men erano principalmente figli di quadri, si trattava cioe' di una faccenda quasi interna al partito. Pero' hanno innescato una rivolta generale del popolo. Questo non e' nuovo in Cina. Gli studenti sono stati quelli che hanno innescato anche la rivoluzione culturale. * Note 1. Edoarda Masi e' nata a Roma nel 1927. Si e' laureata in giurisprudenza a Parma nel luglio 1948. Dal 1950 al 1973 e' stata bibliotecaria (ruolo direttivo, ruolo dirigente) nelle biblioteche statali (Biblioteca Nazionale di Firenze, Biblioteca Nazionale dì Roma, Biblioteca Nazionale di Milano). Nel 1956 si e' diplomata presso l'Ismeo di Roma in lingua e istituzioni cinesi e in lingua russa. Dopo un corso di perfezionamento in lingua cinese presso lo stesso Ismeo, ha frequentato un corso speciale di lingua cinese presso l'Universita' di Pechino, nel cui campus ha vissuto nel 1957 e 1958. Dal l968 al 1971 ha tenuto seminari sulla cultura e la storia della Cina moderna presso le universita' di Torino, Venezia, Roma, l'Istituto superiore di sociologia di Milano, l'Istituto universitario orientale di Napoli, l'Istituto di studi storici e sociologici dell'Universita' di Urbino, l'Istituto superiore di scienze sociali di Trento. Nel 1970-71 ha insegnato lingua cinese presso l'Ismeo di Milano. Nel l971 ha conseguito la libera docenza in lingua e letteratura cinese. Negli anni accademici 1971-72, 1972-73,1973-74 e' stata incaricata dell'insegnamento di letteratura cinese moderna e contemporanea presso l'Istituto universitario orientale di Napoli. Nel 1976 ha lavorato informalmente presso l'Ambasciata d'Italia a Pechino. Nell'anno accademico 1976-77 ha insegnato lingua italiana presso l'Istituto universitario di lingue straniere di Shanghai. Oltre che in Cina, ha viaggiato (in Asia) in Giappone e in Vietnam. Ha collaborato a diversi periodici, fra i quali: "Alfabeta", "Annali Feltrinelli", "Antigone", "Asahi", "Aut aut", "Azimuth", "Cina", "Critica. Revista de la Maestria en ciencias sociales de la Universidad Autonoma de Guerrero", "Guerre & Pace", "Ideologies", "Kursbuch", "L'Indice", "Linea d'ombra", "Nuova rivista storica", "L'ospite ingrato. Annuario del Centro studi Franco Fortini", "Quaderni dell'amicizia (Associazione Italia-Cina)", "Quaderni piacentini", "Quaderni rossi", "Rivista di storia contemporanea", "Rivista storica del socialismo", "Socialist revolution", "Tempi moderni", "Les temps modernes", "Ulisse". Ha pubblicato i seguenti volumi: La contestazione cinese, Torino, Einaudi, 1968, 1969, 1971 (trad. tedesca: Die chinesische Herausforderung, Berlin, Wagenbach, 1970); Lo stato di tutto il popolo e la democrazia repressiva, Milano, Feltrinelli, 1976; Per la Cina, Milano, Mondadori, 1978 (trad. americana, con variazioni e aggiunte: China Winter, New York, Dutton, 1982); Breve storia della Cina contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1979; Il libro da nascondere, Casale Monferrato, Marietti, 1985; Cento trame di capolavori della letteratura cinese, Milano, Rizzoli, 1991; Ritorno a Pechino, Milano, Feltrinelli, 1993; Storie del bosco letterario, Milano, Scheiwiller, 2002. Ha curato le seguenti traduzioni dal cinese: Cao Xueqin, Il sogno della camera rossa. Torino, Utet, 1964, 1981; Lu Xun, La falsa liberta', Torino, Einaudi, 1968; Feng Youlan, Sommario di storia della filosofia cinese, in: "I problemi della pedagogia", 1971-72; Lao She, Citta' di gatti, Milano, Garzanti, 1986; Confucio, I dialoghi, Milano, Rizzoli, 1989; Chuanqi: storie fantastiche Tang, Parma, Pratiche, 1994; Lu Xun, Erbe selvatiche, Macerata, Quodlibet, 2003. 2. "Kamen'. Rivista di poesia e filosofia", anno XIII, n. 23, gennaio 2004, direttore responsabile: Amedeo Anelli. (parte prima - segue) 3. RILETTURE. LUIGI PINTOR: I MOSTRI Luigi Pintor, I mostri, Alfani, Roma 1976, pp. 152. Una raccolta di corsivi di Luigi Pintor apparsi sul "Manifesto" tra il 1971 e il 1975, con stupende illustrazioni di Tullio Pericoli (il titolo originale completo del libro e': I corsivi del Manifesto. I mostri descritti da Pintor e disegnati da Pericoli). Luigi Pintor (1925-2003), resistente e fratello del Giaime della Resistenza martire - e destinatario dell'ultima lettera di Giaime, del 28 novembre 1943, di cui almeno l'incipit tutti sappiamo a memoria (e che puo' esser letta in Giaime Pintor, Il sangue d'Europa, Einaudi, Torino 1950, 1977, e in Idem, Doppio diario 1936-1943, Einaudi, Torino 1978) -, militante del Pci prima, fondatore e direttore del "Manifesto" poi, una delle figure piu' nitide della sinistra italiana, e' stato - oltre che un moralista da stare alla pari coi francesi del Gran Secolo - l'ultimo grande prosatore della nostra lingua, della nostra letteratura. 4. RILETTURE. LUIGI PINTOR: PAROLE AL VENTO Luigi Pintor, Parole al vento. Brevi cronache degli anni '80, Kaos, Milano 1990, pp. 400. Una raccolta di corsivi di Luigi Pintor apparsi sul "Manifesto" tra il 1980 e il 1989. E il corsivo piu' bello e' forse la commovente nota introduttiva. 5. RILETTURE. LUIGI PINTOR: SERVABO Luigi Pintor, Servabo. Memoria di fine secolo, Bollati Boringhieri, Torino 1991, pp. 96 + 4 pp. di apparato iconografico. Tra ripiegamento autobiografico, ferma moralita', profondita' di sguardo nei recessi del profondo e dell'ingorgo psichico, delle trame dei mondi vitali quotidiani e storico, con una precisione di dettato e di movimento educata sulla grande prosa d'invenzione e sulla grande musica strumentale, il libriccino squisito che rivelo' al pubblico colto il Pintor memorialista e narratore. 6. RILETTURE. LUIGI PINTOR: LA SIGNORA KIRCHGESSNER Luigi Pintor, La signora Kirchgessner, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pp. 152 (con un segnalibro che presenta questo ed il precedente volume). In quest'autobiografia per squarci narrativi ora fulminei, ora appena piu' distesi, tu leggi il Pintor che sempre t'impressiono'. Ricordo riandando alla mia gioventu' che in quel prestigioso gruppo dirigente del giornale che si era fatto allora anche partito, Pintor era quello che sentivo piu' distante e profondo. Anche la Rossanda, altera incarnazione della cultura europea tutta, la percepivi come ti guardasse da un'alta torre (non cosi' Magri, la Castellina, la Menapace, ne' Milani, ne' Notarianni, ne' Parlato, ne' gli altri, tutti piu' amichevoli, meno monumentali), ma Pintor recava in se' qualcosa di tellurico e di sacrale, un lutto immedicabile, una distanza siderale, un eccesso di umanita' e una cognizione del dolore che tu capivi che nei suoi corsivi distillava e combatteva, e quella scrittura perfetta era un suo modo di combattere il male, diagnosi e terapia, e conflitto e liberazione ad un tempo, e la fiducia che donava ad altri col rigore suo nasceva da una personale disperazione, solidale disperazione, come Leopardi; o come in quel verso di Fortini: "ironia che resiste e contesa che dura". E quando nel corso delle vicende degli anni '70 (che furono anni di molte insensate rotture tra quanti pur condividevano molto seppur tra fraintendimenti immensi) ci si allontano', fu il dirigente del distacco dal quale sentii il morso - il rimorso - piu' acerbo, piu' crudo, piu' fondo, un'amarezza e quasi un rancore provandone - perche' Pintor non era piu' con noi? - come capita ai giovani. Negli anni, nei decenni che vennero poi - e che furon durissimi - anch'io come tutti malamente invecchiando, sempre piu' ho sentito un afflato, una sintonia con quel suo tragitto, ed anche con quel suo carattere di resistente senza illusioni - emerso sempre piu' chiaramente dai suoi libri di scritti non giornalistici, non immediatamente "militanti". Un pessimismo ormai senza lenimenti, un'abissale disperazione, e insieme un continuare la lotta, un contrasto fermo e luminoso come di faro e di torre ad ogni oppressione, ad ogni menzogna; e un risolvere in forma letteratissima i compiti dell'ora, in quella splendida scrittura restituendo quella felicita' che l'oppressione storica e biologica nella vita e nella societa' ci nega... E vale anche per lui quel che di Leopardi scriveva De Sanctis in quell'indimenticabile saggio del 1858 in forma di dialogo tra A e D. 7. RILETTURE. LUIGI PINTOR: IL NESPOLO Luigi Pintor, Il nespolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 120. Franto in brevi e brevissimi scritti organizzati in tre parti corrispondenti a tre anni, dal 1997 al 1999, ed ogni parte divisa per mesi (ma non tutti i mesi sono presenti), di una scrittura ad un tempo aforistica e narrativa per ardite scorciatoie, e ancora una volta e' una resa dei conti con la propria vita, con la vicenda del Novecento, questo libriccino e' un incandescente - e raggelato per virtu' di stile - amalgama di memorialismo, moralismo, saggio storico e politico; testimonianza, osservazione e distanziamento che ad un tempo pudicamente esibisce e fieramente cauterizza ferite che giammai cicatrizzano. 8. RILETTURE. LUIGI PINTOR: POLITICAMENTE SCORRETTO Luigi Pintor, Politicamente scorretto. Cronache di un quinquennio 1996-2001, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. VIII + 306. Una raccolta quasi completa degli editoriali di Luigi Pintor apparsi sul "Manifesto" tra il 1996 e il 2001. Con una cronologia politica della XIII legislatura e un indice dei nomi. 9. RILETTURE. LUIGI PINTOR: I LUOGHI DEL DELITTO Luigi Pintor, I luoghi del delitto, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 80. Datata all'ultima pagina nell'"Ultimo semestre 2001", l'ultima - sublime, e chirurgica una volta di piu' - operetta morale di Pintor. 10. RILETTURE. LUIGI PINTOR: PUNTO E A CAPO Luigi Pintor, Punto e a capo. Scritti sul Manifesto 2001-2003, Manifestolibri, Roma 2004, pp. 160. Una raccolta di corsivi di Luigi Pintor apparsi sul "Manifesto" tra il 2001 e il 2003 (l'anno in cui e' deceduto). 11. RILETTURE. AA. VV.: DIBATTITO SUL "MANIFESTO" QUOTIDIANO AA. VV., Dibattito sul "Manifesto" quotidiano, Alfani, Roma 1975, pp. 224. Il dibattito sul quotidiano "Il manifesto" che, aperto da Pintor (che firma anche la prefazione a questo volume), sul medesimo "Manifesto" si svolse nel marzo-aprile 1975, con quasi cento interventi. In appendice un estratto da un articolo apparso sul "Manifesto" mensile nel 1970 che l'esigenza del quotidiano poneva; e un dibattito sul medesimo tema apparso sul settimanale "L'Espresso" nel '71 tra Nello Ajello, Umberto Eco e Luigi Pintor. Quando anni fa chi stende queste note si persuase dell'esigenza odierna di un quotidiano - cartaceo, che giunga nelle edicole - della nonviolenza, era anche memore di quell'antica esperienza che nel contesto di allora poteva forse essere adeguato ed esatto uno svolgimento, e fu invece dipoi un'occasione persa. Oggi - e son dieci anni almeno - quel che occorre, piu' necessario del pane, e' un quotidiano della nonviolenza che metta a disposizione di tutte le persone di volonta' buona il punto di vista e la strumentazione ermeneutica ed operativa della nonviolenza, che proponga la nonviolenza come la prospettiva e il principio necessari per la lotta che oggi e' da condurre per difendere, promuovere, inverare i diritti umani di tutti gli esseri umani e per salvare la biosfera dalla catastrofe. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 356 del 4 agosto 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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