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Voci e volti della nonviolenza. 355
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 355
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 1 Aug 2009 09:56:12 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 355 del primo agosto 2009 In questo numero: 1. Roberto Barzanti: Per la motivazione del premio Pozzale 2008 a Renato Solmi 2. Andrea Casalegno presenta l'"Autobiografia documentaria" di Renato Solmi 3. Vittorio Gregotti presenta l'"Autobiografia documentaria" di Renato Solmi 4. Alberto Papuzzi presenta l'"Autobiografia documentaria" di Renato Solmi 5. Michele Sisto presenta l'"Autobiografia documentaria" di Renato Solmi 6. Et coetera 1. MAESTRI. ROBERTO BARZANTI: PER LA MOTIVAZIONE DEL PREMIO POZZALE 2008 A RENATO SOLMI [Dal sito del "L'ospite ingrato" (www.ospiteingrato.org) riprendiamo il testo della motivazione dell'attribuzione del premio Pozzale 2008 a Renato Solmi] Rievocando il momento - 1954 - in cui usci' in italiano Minima moralia di Theodor W. Adorno, tradotto e introdotto da Renato Solmi allora ventisettenne, Franco Fortini scrisse: "Leggere le cinquanta pagine introduttive e' chiedersi come un giovane da poco uscito d'universita' abbia potuto scrivere pagine di tanta assoluta intelligenza e lucidita' storica; e come simile risultato si sia dato in una situazione politica e intellettuale di chiusura, di dimissione e irrigidimento" (1). Il grato stupore di Fortini, ad oltre mezzo secolo di distanza dall'anno in cui apparvero quelle pagine, e' ancora il nostro, anzi e' cresciuto nel tempo, perche' ora ci e' dato comprendere meglio che intellettuali della levatura di Renato Solmi sono casi rarissimi nel nostro Paese, e ne travalicano ampiamente i confini. Autobiografia documentaria (Verbarium - Quodolibet, Macerata 2007) attesta una lunga e faticosa, quanto strenua e coerente, tensione di ricerca. Nel libro che raccoglie gli scritti di Renato Solmi dal 1950 al 2004 risaltano le stagioni di un impegno, vissuto con schiva onesta' e curiosita' inappagata, fin dai mesi trascorsi all'Istituto di Studi Storici di Napoli e dal successivo fervore con il quale egli partecipa a "Discussioni", una rivista-incunabolo sulla soglia degli Anni Cinquanta di tormentati confronti. Solmi si schiera a favore di una "politicita' consapevole e volontaria della cultura" contro una partitarieta' obbligante e disciplinata. Era un modo per opporsi alle gabbie dello stalinismo e per rivendicare un marxismo come campo aperto, "sintesi di forze molteplici". Quindi e' la volta del lavoro editoriale in Casa Einaudi, della scoperta, entusiasta, dello "storicismo sconsolato" di Adorno e della Scuola di Francoforte, della quale si sente spinto a diventare "semplice adepto". Dopo l'allontanamento dall'Einaudi i trent'anni di insegnamento di storia e filosofia nei licei e lo studio appassionato e partecipe di movimenti che fanno intravedere nuove modalita' di organizzazione e una nuova radicalita': dai "Quaderni rossi" ai "Quaderni Piacentini", alla "nuova Internazionale pacifista e nonviolenta" che - ritiene Solmi - si sta sviluppando un po' dovunque nel mondo. Renato Solmi e' stato ed e' nei luoghi di fecondi e minoritari gruppi ereticali. Al fianco: come compagno ostinato, e maestro severo. Autobiografia documentaria ha una rilevanza da Opera omnia: testi e esperienze vi si rispondono a vicenda in stretta complementarita'. La modestia di Renato Solmi nello scegliere il titolo e' stata eccessiva, ma e' pur vero che non si potrebbe facilmente scovare un titolo unitario per un libro cosi' ricco, straripante d'intelligenza e lucidita', visto che le pagine - scarne e necessarie, prive di qualsiasi artificio e ben lontane da ogni accomodante autobiografismo filtrato dal senno di poi - su De Martino, su Clausewitz, Brecht o Raniero Panzieri non sono meno importanti di quelle dedicate a Walter Benjamin, Guenther Anders, Leo Spitzer. Con la stessa liberta' e penetrazione con cui tratta questi autori, di alcuni dei quali egli ha dato traduzioni definitive, Solmi sa parlarci dei problemi della scuola in Italia e dei movimenti della sinistra americana. E proprio nelle pagine sulla Nuova sinistra americana sono disseminate osservazioni e intuizioni che risultano lungimiranti, da meditare con attenzione. Anche se Solmi, sempre scontento e pronto ad additare vuoti e scompensi, inadeguatezze e illusioni, semplificazioni e ingenuita', rifiuta la benche' minima boria profetica e non lesina riflessioni autocritiche. Non si tratta di tracciare un bilancio o lanciare ammonimenti, ma di un invito a pensare e a capire oltre il contingente. Nella Prefazione Solmi confessa la propria impressione che "questo libro, che e', se cosi' si puo' dire, un sommario dettagliato della sua vita, sia tutto rivolto verso il passato". L'Autobiografia documentaria di Renato Solmi ci aiuta, in realta', a interpretare il passato perche' ha presente ad ogni riga un futuro che mai e' stato. E ci interroga. Non offre soluzioni ma propone domande, incita indirettamente ad agire. Nella consapevolezza, adorniana, delle difficolta' e delle sconfitte: "Comunque agisca, l'intellettuale sbaglia. Egli sperimenta radicalmente, come una questione di vita, l'umiliante alternativa di fronte alla quale il tardo capitalismo mette segretamente tutti i suoi sudditi: diventare un adulto come tutti gli altri o restare un bambino" (2). Il premio letterario "Pozzale - Luigi Russo" e' fiero, a sessant'anni dalla sua fondazione, di scrivere nel suo album di insigni protagonisti di un'Italia civile e combattiva il nome caro, fraternamente amico, di Renato Solmi. Roberto Barzanti Empoli, 15 luglio 2008 * Note 1. Quando arrivo' Adorno, "Corriere della sera", 6 febbraio 1977. 2. Th. W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino 1954, p. 127. 2. LIBRI. ANDREA CASALEGNO PRESENTA L'"AUTOBIOGRAFIA DOCUMENTARIA" DI RENATO SOLMI [Dal quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 20 gennaio 2008 col titolo "Impegno nel nome di Adorno" e il sommario "Raccolti gli scritti di una delle figure piu' schive della nostra cultura. Introdusse in Italia i Minima moralia, fu cacciato dall'Einaudi"] Sempre di piu', mentre la vita avanza, tocchiamo con mano che poche cose contano davvero: la salute, come ben sapeva Massimo Troisi, e gli affetti, e fra questi il piu' nobile e disinteressato, l'amicizia. Un monumento all'amicizia e' Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004 di Renato Solmi: un grande volume magistralmente curato dall'amico Luca Baranelli, uno dei migliori redattori che abbia mai avuto l'editoria italiana, finanziato da piu' di 70 amici generosi e da varie istituzioni culturali, tra cui spiccano l'Associazione culturale Michele Ranchetti, l'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e il Centro studi Piero Gobetti, e soprattutto traboccante di amicizia nei contenuti. Il primo carattere di Renato, accanto alla severita' verso se stesso, e' il riconoscimento caloroso senza riserve del merito altrui. Nato ad Aosta nel 1927 dal poeta Sergio Solmi, una figura importante nella cultura italiana del Novecento, Renato e' l'intellettuale schivo e troppo modesto che, chiamato dalla casa editrice Einaudi a 24 anni, e' stato "l'importatore" di Theodor Wiesengrund Adorno e di Walter Benjamin in Italia. E' stato lui a tradurre e a scrivere l'introduzione ai due capolavori apparsi per primi nel nostro Paese, Minima moralia, il grande e difficile libro di aforismi di Adorno, e la mirabile antologia Angelus novus di Benjamin, un libro che fece epoca. Solmi lesse i Minima moralia. Meditazioni dalla vita offesa fin dal 1952, quando uscirono in Germania, e li propose subito all'Einaudi, incontrando notevoli difficolta'. Poi, innamoratosi del pensiero della Scuola di Francoforte, la raggiunse e la frequento' nel 1956-57. Adorno e' sempre rimasto per Renato "il mio grande maestro". Basterebbe questo per meritargli un posto nella cultura del dopoguerra, accanto alla sua vasta attivita' di traduttore e saggista. Non minore apprezzamento merita la precocita' con cui scese in campo, nella disputa politico-culturale, contro lo stalinismo allora dominante nella sinistra. Impossibile affrontare anche solo di scorcio i temi di un volume che in pratica raccoglie l'opera omnia di Solmi, con studi che spaziano dalla filosofia greca (Solmi si laureo' con una tesi su Platone in Sicilia) ai classici del marxismo, con articoli, introduzioni, saggi, interventi politici oggi introvabili. Ma uno almeno va citato. Nel saggio "I miei anni all'Einaudi" Solmi racconta fedelmente e senza rancore la nota vicenda del 1963: la sua defenestrazione dalla casa editrice. Il gruppo dirigente si era opposto compatto, spaccando pero' il consiglio editoriale, alla pubblicazione di L'immigrazione meridionale a Torino di Goffredo Fofi, che uscira' poi da Feltrinelli, la prima inchiesta importante sull'argomento; e subito dopo si vendico' contro i redattori che avevano apertamente contestato quella decisione. Cacciando sia Solmi sia Raniero Panzieri, il fondatore dei "Quaderni rossi". A dire le cose come stavano, la casa editrice aveva ricevuto da poco un sostanzioso contributo dalla Fiat; cosi' racconta Piero Bairati nella sua biografia di Valletta. "Se la cosa fosse stata presentata francamente in questi termini - commenta Renato - la validita' di quei motivi sarebbe stata riconosciuta, sia pure con amarezza. A suscitare l'indignazione dell'autore e dei curatori interni dell'opera fu il modo obliquo e indiretto" con cui venne attaccata, ricorrendo ipocritamente a "obiezioni di carattere stilistico e formale". La cattiva coscienza non giova alle battaglie culturali. 3. LIBRI. VITTORIO GREGOTTI PRESENTA L'"AUTOBIOGRAFIA DOCUMENTARIA" DI RENATO SOLMI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 26 gennaio 2008 col titolo "La lezione di Francoforte" e il sommario "Allievo di Adorno ha fatto conoscere il suo pensiero in Italia e lo ha sostenuto discutendo con Cesare Cases l'aspetto apparentemente antilluminista"] Anche se ho conosciuto suo padre Sergio (a cui e' dedicato un bel testo in questa raccolta), non ho mai incontrato personalmente Renato Solmi, che ha esattamente la mia stessa eta'. Tuttavia posso dire che, a piu' riprese, alcuni dei suoi scritti hanno cambiato la mia vita di architetto. Naturalmente delle ottocento pagine che raccolgono in questa meritevolissima raccolta di tutti i suoi scritti a cura di Michele Ranchetti (Renato Solmi, Autobiografia documentaria, scritti 1950-2004, Quodlibet, pp. 836, 60 euro) ne conoscevo solo una piccola parte ed in particolare quelli dedicati alla scuola di Francoforte: a cominciare dall'introduzione a Minima Moralia che ha fatto scoprire nel 1954, almeno al pubblico dei non specialisti come me, le idee di Theodor Wiesengrund Adorno (di cui egli e' stato allievo a meta' degli anni Cinquanta) e l'intera importanza della scuola di Francoforte. Infine, otto anni piu' tardi, la prefazione alla sua traduzione di Angelus Novus di Benjamin. Negli anni successivi sono andato alla caccia dei suoi testi, sovente di difficile reperimento, ma molti di questa raccolta erano a me sconosciuti. Qualche anno fa sono tornato a leggere, in occasione di un testo che stavo scrivendo intorno all'uso della nozione di realismo critico in architettura, la sua traduzione del celebre libro di Lukacs sull'argomento. Ne' posso dimenticare a questo proposito il suo dibattito con l'amico Cesare Cases (ripreso poi in varie occasioni) a proposito dell'aspetto apparentemente antilluminista di Adorno per i suoi caratteri radicalmente critici; peraltro messi in discussione anche dalla scuola fenomenologica di Enzo Paci. Al di la' di quelli intorno alla Sozialforschung di Francoforte, il volume raccoglie scritti che coprono piu' di mezzo secolo e sono organizzati cronologicamente, ma anche per argomenti di interesse via via piu' rilevanti per Renato Solmi, anche se alcuni temo non lo abbandonano mai. Dai due primi gruppi dedicati prima all'antropologia poi, piu' accentuatamente, alla politica si passa ad un terzo che e' soprattutto connesso al suo lavoro presso la casa editrice Einaudi: scritti su Thomas Mann, su Giaime Pintor, su Norberto Bobbio e sul Disgelo di Ilya Ehrenburg. Poi viene il lungo capitolo dei saggi su Adorno, Benjamin e Marcuse. Nel capitolo successivo Solmi, diventato professore di liceo, scrive soprattutto sulle condizioni della scuola: a partire dalle esperienze di contestazione del '68 riguardate con profonda simpatia. Il penultimo capitolo e' intitolato "la nuova sinistra americana, la guerra del Vietnam e lo sviluppo dei movimenti pacifisti", un pacifismo fondato su convinzioni teoretiche profonde che mi sembra l'atteggiamento dominante anche nei suoi ultimi anni. Infine un'ultima parte contiene una serie di scritti sul proprio passato e ripensa al suo intero percorso intellettuale criticamente, senza rimpianti o smentite. A questi ricordi appartiene, nella descrizione in uno scritto del 2000 dei suoi anni presso Einaudi, una frase che mi ha colpito per la precisione in cui come generazione mi sono identificato: "Quella polarita' - egli scrive - di comunismo e di nichilismo, di solidarieta' umana e di disperazione individuale, che anch'io, come molti altri, ritengo, della mia generazione, nati e cresciuti nell'epoca del fascismo e della seconda guerra mondiale, sentivo vivere e agitarsi dentro di me". Ho scritto all'inizio che alcuni saggi di Solmi hanno cambiato la mia vita di architetto, ma credo anche abbiano influito sull'atteggiamento generale della mia generazione e voglio schematicamente spiegare perche'. Ancor piu' degli sconvolgimenti portati sulla cultura dall'ottimismo un po' burocratico della sinistra politica, l'effetto della ragione dialettica del pensiero negativo sul semplificato pensiero teoretico degli architetti fu di importanza decisiva per la comprensione dello scivolamento del progetto moderno in architettura verso una sua interpretazione positivista, interpretazione che accompagno' il dilagare del suo successo dopo il 1950. Il nostro fu, invece, un tentativo di ricollocare il movimento moderno a confronto critico con il contesto e con la tradizione storica della propria disciplina. Il pensiero della scuola di Francoforte, pur nelle sue interne differenze, assunto come metodo della dialettica della ragione, fu cio' che permise alla mia generazione un'interpretazione dello stato dell'architettura in grado di ripensare, pur senza illusioni, le radici ideali di liberazione che una parte importante della tradizione del moderno in architettura aveva messo in campo: compreso il problema della sua revisione di fronte a nuovi ostacoli. Proprio di fronte a tali nuovi ostacoli e confusioni il contributo degli scritti di Renato Solmi potrebbe contare ancora molto anche per i destini della mia disciplina oggi. 4. LIBRI. ALBERTO PAPUZZI PRESENTA L'"AUTOBIOGRAFIA DOCUMENTARIA" DI RENATO SOLMI [Dal quotidiano "La Stampa" del 20 dicembre 2007 col titolo "Renato Solmi, autobiografia della cultura italiana"] E' un volume di oltre ottocento pagine, nella collana "Verbarium" dell'editore Quodlibet (euro 60), e segna la nascita di un nuovo genere, come si evince dal titolo: Autobiografia documentaria, cioe' autobiografia costruita semplicemente attraverso una collazione di scritti saggistici, che documentano la storia sia intellettuale sia professionale di un protagonista della vita culturale italiana. In questo primo caso si tratta di Renato Solmi (Aosta, 1927), il germanista che ha il merito della traduzione e della cura di due testi fondamentali del pensiero moderno come i Minima moralia di Adorno e Angelus novus di Benjamin. Figlio del poeta Sergio Solmi, laureatosi a Milano in storia greca, conosce due esperienze che ne segnano la vita: fra il 1951 e il 1963 lavora nella redazione della casa editrice di Giulio Einaudi e alla meta' degli Anni Cinquanta passa un periodo di studio in Germania; a Francoforte, seguendo gli insegnamenti di Theodor W. Adorno. Sugli anni einaudiani il volume raccoglie una testimonianza apparsa sulla rivista "L'Indice" nell'estate del 1999, che racconta fra l'altro il licenziamento in tronco da via Biancamano, insieme con l'amico Raniero Panzieri, a causa della burrascosa vicenda attorno a L'immigrazione meridionale a Torino, libro di Goffredo Fofi poi edito da Feltrinelli. Alla Scuola di Francoforte, che per primo Solmi introdusse in Italia, e' dedicata un'altra sezione del volume, con le introduzioni a Minima moralia e a Angelus novus, una riflessione su Herbert Marcuse, una discussione con Cesare Cases e un profetico intervento della primavera del 1959, sulla rivista "Passato e presente", a proposito di televisione e cultura di massa. Questa singolare autobiografia e' in realta' un affascinante viaggio a ritroso nel tempo, attraverso fasi memorabili della storia della cultura italiana, fra il 1950 e il 2004: dalle ricerche di Ernesto De Martino, l'autore del Mondo magico, al lavoro militante attorno al foglio ciclostilato "Discussioni", che riproponeva il dibattito sui limiti della situazione della cultura in Urss. Quindi il lavoro editoriale con interventi su Thomas Mann, su Giaime Pintor e soprattutto sul bobbiano Politica e cultura, e il lavoro nella scuola, perche' Solmi, lasciata l'Einaudi ha insegnato in licei di Torino e Aosta. Infine i classici temi che hanno attanagliato la sinistra negli anni Settanta: l'America, il Vietnam, la sorte di Eatherly, il pilota di Hiroshima. In chiusura il senso di questa vita fra impegno e ricerca e' ricapitolato con una sezione da titolo sintomatico: "Sguardi sul passato". 5. LIBRI. MICHELE SISTO PRESENTA L'"AUTOBIOGRAFIA DOCUMENTARIA" DI RENATO SOLMI [Dal sito "Nazione indiana" (www.nazioneindiana.com) riprendiamo questa recensione apparsa col titolo "Sulla linea piu' avanzata del fronte". Una stesura con lievi varianti e' nel sito www.germanistica.it] "La mia generazione ha un trucco buono Critica tutti per non criticar nessuno E fa rivoluzioni che non fanno male Cosi' che poi non cambi mai Essere innocui insomma che se no e' volgare" (Afterhours, Baby, fiducia) * "... Negli anni che stiamo attraversando, quando una greve cappa di inerzia e di rassegnazione, un clima soffocante di ottusita' e di atonia, sembra quasi paralizzare noi stessi e la maggior parte dei nostri conoscenti: al punto da farci desiderare che qualcuno possa tornare [...] a destarci dal nostro sonno pesante, a farci sentire la scossa elettrica di una corrente vitale, a risvegliare in noi le energie sopite e la coscienza di cio' che sappiamo e ci sforziamo invano di dimenticare". Tra i miei coetanei - sono nato nel 1976 - o meglio, tra quelli di loro che come me si sono avviati, e i migliori non senza remore e perplessita', alla carriera "intellettuale" e dedicano gran parte della loro giornata a leggere e scrivere in universita', istituti di ricerca, case editrici, redazioni di riviste, il nome di Renato Solmi suscita un misto di curiosita' e ammirazione. Insieme a Cesare Cases, Franco Fortini, Sebastiano Timpanaro e non molti altri Solmi, sebbene piu' giovane di loro, fa parte di quella leva di maestri che in Italia, con particolare efficacia negli anni Cinquanta e Sessanta, ha dato senso e dignita' al ruolo dell'intellettuale, e alla quale la mia generazione guarda con crescente interesse dopo decenni, nel campo culturale, di stanchezza e, come ci capita di sbottare quando parliamo tra noi, di dominio quasi incontrastato della piu' vacua fuffa. In quei decenni ci e' stato insegnato, tra l'altro, che non e' di buon gusto, in uno scritto che si pretende scientifico, esprimersi in prima persona, dire "io". Ma d'altra parte sono persuaso che l'unico modo di rendere giustizia a questo libro di Renato Solmi sia assumerne - o almeno provarci, per lo spazio di una recensione - l'atteggiamento mentale, l'habitus: proprio cio' che, per la sua inattualita', suscita l'interesse dei miei coetanei. Non mi soffermero' molto, dunque, come questa sede richiederebbe, sul Solmi germanista, che peraltro e' anche il piu' noto, poiche' le sue introduzioni a Minima moralia di Adorno (1954) e ad Angelus novus di Benjamin (1962) sono state per decenni le porte d'accesso al pensiero di questi due autori. (Meno nota e' forse la sua intensa frequentazione con Gyorgy Lukacs, del quale nel 1957 ha tradotto Il significato attuale del realismo critico e nel 1961 Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica, e con Guenther Anders, di cui ha tradotto nel 1960 Essere o non essere e nel 1962 La coscienza al bando). Quanto segue e' il tentativo di descrivere questo habitus, la sua genesi e cio' che a sua volta ha prodotto, e di ricavarne una serie di indicazioni che possano essere di qualche utilita' nell'orientare chi e' interessato a dare un senso e una direzione a cio' che sta facendo, e fara'. * Già negli Studi e recensioni - la prima delle sette sezioni in cui questa Autobiografia documentaria e' suddivisa - dei primissimi anni Cinquanta si riconosce la disposizione di Solmi, che proviene da un ambiente borghese e intellettuale (suo padre, com'e' noto, e' il poeta e saggista Sergio Solmi), a superare i limiti dellì"illusione scolastica" (Pierre Bourdieu), dominante tanto nell'"alta cultura universitaria, del tutto apolitica e disinteressata" quanto in famiglia, nella figura del padre che, come molti intellettuali della sua generazione, "aveva in mente solo una cosa: la poesia, o, in senso piu' ampio, la letteratura". La critica che Solmi muove alla generazione dei padri, svelando ad esempio il "segreto desiderio di fuga dalla realta' presente" implicito nell'ideale umanistico di un Werner Jaeger, si inserisce a pieno titolo nella resa dei conti avviata nell'immediato dopoguerra tra il vecchio storicismo idealista che faceva capo a Croce e il nuovo storicismo materialista di cui si era fatto interprete Gramsci. Si tratta, in sostanza, di affermare la verita' materialistica che non e' il pensiero (lo Spirito) a determinare la realta', ma la realta' ("i fenomeni infrastrutturali, l'evoluzione economica e politica") a determinare il pensiero: per questo Solmi trova di grande interesse il tentativo compiuto da Ernesto de Martino nel Mondo magico (e presto rinnegato nel nome dell'ortodossia crociana) di storicizzare le categorie della coscienza moderna, ovvero di dire che non esiste una razionalita' innata ma che la stessa razionalita', il nostro modo di pensare (cosi' come il linguaggio, la morale, la sensibilita' estetica) e' il prodotto storico di determinate condizioni e - questa e' l'acquisizione piu' gravida di conseguenze - come esso e' mutato dal passato al presente, cosi' esso potra' mutare in futuro, al determinarsi di nuove condizioni infrastrutturali. E ciascuno e' responsabile di decidere se riprodurre le condizioni che ha ereditato o di produrre il cambiamento. Il riconoscimento di questo principio, dell'ineludibile politicita' della cultura, comporta, per l'intellettuale, un'assunzione di responsabilita' politica, in altri termini la necessita' di "un impegno attivo e volontario". Non vorrei concedere troppo alla tentazione di disegnare qui un percorso troppo lineare, ma i saggi raccolti nella terza sezione, Il lavoro editoriale, siamo nel 1952-55, appaiono, riletti oggi, proprio come la ricerca di una declinazione pratica di questo "impegno". E da subito questa ricerca e' impostata - o si impone - come "compito generazionale". Constatando che "l'isolamento culturale [...] e', in questo momento, il destino comune degli intellettuali (e non dei peggiori) delle classi piu' giovani" Solmi da' il benvenuto alla rivista "Il Mulino", appena fondata, e suggerisce ai giovani che la animano di non indulgere all'indulgenza: "una certa 'violenza' del pensiero (che non ha niente a che fare con quella delle parole) e' indispensabile - scrive - a dissipare la cortina di nebbia che si riproduce continuamente intorno a noi. Una volonta' lucida, una critica intransigente: ecco cio' di cui abbiamo bisogno oggi". Il modello di questa che definirei autocoscienza generazionale e' individuato, non a caso, in Giaime Pintor - che questa coscienza aveva molto netta - ed e' nel recensire Il sangue d'Europa che Solmi insiste di piu' sul pronome "noi". Per dire, pero', che in dieci anni, dal 1943 al '53 (Solmi e' di soli otto anni piu' giovane di Pintor), la situazione storica e' mutata, i compiti sono altri e il compito e' affrontarne "apertamente gli aspetti cruciali". Ora Solmi ha ventisei anni. Ora comincia ad agire. E con una capacita' di presa sulla realta', di individuare gli "aspetti cruciali", che per almeno due decenni appare sbalorditiva, e anche in seguito - nonostante una riconosciuta "stanchezza" - non viene mai meno. * Anziche' soffermarmi su alcuni dei temi o dei saggi raccolti nelle altre sezioni - La scuola di Francoforte (4), La contestazione nella scuola (5), La nuova sinistra americana, la guerra del Vietnam e lo sviluppo dei movimenti pacifisti (6) e Sguardi sul passato (7) - vorrei provare a trarne alcune indicazioni pratiche, una sorta di prontuario ad uso di un giovane intellettuale. Sono consapevole della forzatura, ma vorrei avventurarmi ugualmente su questa via confortato dalla disposizione educativa, e in fondo morale, riconoscibile in Solmi e in gran parte dei suoi maestri, da Adorno a Lukacs, da Brecht a Delfino Insolera, al quale il volume e' dedicato. * E vorrei cominciare da questo: in Solmi la cultura e' uno strumento, non un fine. "Raccogliere e neutralizzare nel pantheon culturale, in una biblioteca o in un museo immaginario, le creazioni dell'arte e del pensiero, significa toglier loro la punta, tradirle nell'atto in cui si finge di riconoscerle", sostiene Adorno. E cosi' Adorno stesso viene trattato da Solmi, che nell'introduzione a Minima moralia ne recepisce il pensiero solo nella misura in cui gli fornisce strumenti concettuali per meglio comprendere lo stato delle cose e lo respinge in quanto non da' indicazioni per cambiarlo. Dopo averlo tradotto, interpretato e difeso di fronte ai possibili critici, non esita infatti a concludere che "chi si e' formato sui testi dei classici, di Lukacs, di Gramsci, e vive in paesi dove la lotta di classe ha ancora un senso, non puo' condividere il pessimismo di Adorno". Con questa presa di posizione Solmi mostra di aver fatto passi avanti nel liberarsi dall'illusione scolastica, verso la concretezza; e ne fara' numerosi altri, sebbene ancora a distanza di anni si senta tenuto a riconoscere la sua ammirazione per chi come Raniero Panzieri ne e' a tal punto esente da ritenere non solo Adorno "inutile ai fini di un movimento rivoluzionario", ma anche Lukacs "idealistico e fumoso". Se la cultura non è un fine, allora ai maestri si deve rispetto, non venerazione. Si può misurare questo atteggiamento sul caso di Walter Benjamin, di cui Solmi e' ad un tempo il primo divulgatore in Italia e il primo critico. Nell'introduzione ad Angelus novus si preoccupa di "guidare l'attenzione sulla parte piu' positiva e originale del suo pensiero", mettendone in luce tutta la "fragilita' teoretica", e di "salvaguardarlo dagli equivoci piu' grossolani": che si sono poi puntualmente verificati, con l'affermarsi negli anni Ottanta di "una specie di culto esoterico della sua figura". Ma, soprattutto, Angelus novus e' una selezione molto orientata, si potrebbe tranquillamente dire "militante", dei saggi allora editi in Germania: operazione che, per quanto oggi a un giovane della mia generazione possa apparire semplicemente sconsiderata, e' molto piu' coraggiosa e utile, perche' impone la responsabilita' di una presa di posizione critica, che "farlo tutto", come si e' deciso più tardi. Non importa qui, vorrei sottolineare, il giudizio dato allora su Benjamin o su Adorno, che Solmi stesso piu' tardi ha in parte corretto: importa invece la disposizione, la liberta' con cui il giudizio e' stato formulato. Direi da pari a pari. * E anche: nel tentativo di raggiungere una "sintesi tra teoria e pratica, impegno sociale e visione storica complessiva". La prosa di Solmi e' fitta di appelli a cogliere la "sostanza della questione", a individuare le "dinamiche latenti" dei processi, a suggerire "orientamenti", una "prospettiva", "germi del futuro", la "direzione giusta", una "risposta adeguata", "indicazioni valide per lo sviluppo di un'azione di rinnovamento e di trasformazione". La ruota del suo argomentare si rifiuta di girare a vuoto, di scivolare sul terreno senza aderirvi. La ricerca di prassi alternative a quelle esistenti e' evidente gia' negli anni del lavoro editoriale, nel "rudimentale tentativo di organizzare i rapporti tra una casa editrice e il suo pubblico" attraverso la Settimana del libro Einaudi o nella creazione di una collana orientata alla "pratica" come i Libri bianchi, ma si manifesta pienamente solo dopo il passaggio al mondo della scuola, negli anni della contestazione studentesca e dei tentativi di realizzare una pedagogia progressiva: in particolare nelle cronache dei casi di Luciano Rinero e Margherita Marmiroli. Recalcitrando alla divisione capitalistica del lavoro, che sempre piu' vuole il pensiero separato dalla prassi, in una drammatica incoerenza appena riscattata dall'ironia con cui l'intellettuale prende le distanze dal prodotto del suo lavoro e si sottrae alla verifica delle sue implicazioni o ricadute, l'argomentazione di Solmi fa appello alla totalita'. Non c'e' separatezza o autonomia per niente e nessuno. "Non si puo' pretendere di educare senza educare - scrive nel saggio sulla Marmiroli -; non si puo' fingere di insegnare evitando di parlare di cio' che e' veramente necessario a coloro a cui si insegna". Se, come scrive Adorno, "nessuna emancipazione e' possibile senza l'emancipazione della societa'", e' evidente che anche la cultura dev'essere un'impresa collettiva. E' vivissimo, nelle pagine sulla Marmiroli, il senso della lotta, che, a partire dall'ostinata fermezza con cui una professoressa di liceo pretende di attenersi ai principi - ministeriali! - di una scuola rinnovata, arriva a coinvolgere gli studenti, i loro genitori e a costringere la classe dirigente di Cremona e nazionale a prendere posizione, svelando il proprio volto autoritario o lasciando che la prassi dell'insegnamento cambi realmente. Perche' il cambiamento e' possibile; la lotta collettiva produce risultati. Nel saggio su "La nuova sinistra americana" possiamo leggere la pacata epopea del movimento dei neri del sud, che in pochi anni non solo ottiene la legislazione sui diritti civili e la sua applicazione, ma accende la miccia del movimento studentesco e di quello antimilitarista che confluiranno nel '68. Da queste esperienze trae alimento la speranza concreta di Solmi, che lo scorso anno, mentre la sua Autobiografia documentaria andava in stampa, manifestava a Vicenza contro l'allargamento della base Nato. * Non vorrei, con queste parole, trasmettere l'immagine, che sarebbe falsa, di un Solmi intemperante e trascinatore. Se dovessi scegliere tre parole per descrivere cosa si trae da questo libro direi: pazienza; umilta'; fiducia. Attraverso il trauma del licenziamento dall'Einaudi e la lunga attivita' di base degli anni successivi Solmi sviluppa una singolare sensibilita' per i costi umani dell'impegno. Si sofferma, nelle sue cronache, sulle "conversioni somatiche delle tensioni psichiche" di Rinero, o sulla "pressione fisica che si esercita da parte dell'ambiente circostante" sulla Marmiroli. E nell'87 raccomanda agli studenti: "Pensate anzitutto a voi, anche come singoli individui. Non lasciatevi mai assorbire interamente da una causa"; infatti "bisogna diffidare di chi e' disposto a sacrificare se stesso, e' molto probabile che sacrifichi se stesso, ma e' assolutamente certo che anzitutto sacrifichi qualcun altro". Anche se "nel mondo in cui viviamo sarebbe ridicolo pensare di poter programmare la propria esistenza individuale o quella della propria famiglia o dei propri figli senza porsi, direi, anche solo e semplicemente il problema della sopravvivenza del genere umano, che purtroppo oggi e' all'ordine del giorno". Erano gli anni in cui il problema veniva assumendo proporzioni tali - la parola chiave era Cernobyl, ma oggi sarebbe Kyoto - che si e' reagito, generalmente, rimuovendolo del tutto (questo e' anche un mea culpa). E invece Solmi persiste nel non abdicare alla totalita': suggerisce di accostarla senza impazienza, cominciando dai problemi che si pongono "in termini chiari ed urgenti", come fu per il Vietnam, come e' per Vicenza: "l'unita', la totalita' verranno dopo". * Una delle caratteristiche piu' ricorrenti nel volume, soprattutto negli scritti piu' recenti, e' l'ammissione di aver sbagliato. Dagli anni Ottanta in poi molti hanno condannato l'ideologia, i limiti di un pensiero portato alle sue conseguenze estreme, prendendone le distanze; pochissimi invece hanno riconosciuto in se stessi gli errori e i limiti che hanno impedito o sviato i tentativi di cambiamento. Ma il riconoscere di aver sbagliato, riconoscere anche la propria cattiva coscienza e', nella modestia autocritica di Solmi, un'arma potentissima, che gli permette di rimanere "in buoni rapporti con la verita'", ovvero di non rinunciare alla totalita' e di continuare a cercare le vie del cambiamento. La certezza hegeliana che cio' che e' razionale e' reale non va perduta, e si resta immuni dalle derive irrazionalistiche, dal misticismo religioso all'economicismo liberista, che hanno dominato la fine secolo. Libero dall'incombenza di giustificare (o rimuovere) il proprio passato, Solmi puo' continuare a guardare al futuro, porsi "il problema di quanto, nella tradizione socialista e marxista, e' tuttora pienamente valido, e puo' fornire ancora i lineamenti essenziali di una concezione complessiva della societa' e del mondo". La stessa umilta' si manifesta nella disposizione a farsi mediatore: Solmi non e', ne' pretende di essere, un pensatore originale, rifiutando cosi' quello che e' forse il paradigma dominanti negli ambienti intellettuali. Rinunciando all'originalita' a tutti i costi, e' libero di cercare nel lavoro altrui e di far conoscere idee buone e spesso gia' collaudate nella prassi. * La fiducia, terza e ultima parola marcante, e' nella Umwaelzung, nella rivoluzione: nella tranquilla convinzione che verra'. Si tratta, per Solmi, di capire da dove e di "partecipare [...], in uno spirito di solidarieta' appassionata e di comprensione attiva, al movimento". In modo non molto dissimile da Sebastiano Timpanaro, portavoce dei limiti naturali dell'uomo (la malattia, la morte, il conflitto "leopardiano" con la natura), che negli anni Ottanta prosegue la sua militanza marxista-leninista nel movimento ecologista (si vedano gli scritti de Il rosso e il verde), cosi' Solmi riconosce i germi di una nuova Internazionale nel movimento nonviolento. Sebbene si presenti come un neofita, giunto solo tardivamente agli studi sulla pace, la sua attenzione a questi temi data almeno dai primi anni '60, dagli incontri con Guenther Anders, dagli studi sulla Nuova sinistra americana sorta intorno allo Student nonviolent coordinating committee (Sncc), sul pilota di Hiroshima Claude Eatherly, e svariati altri. Proprio nello studio sulla Nuova sinistra americana pubblicato nei "Quaderni piacentini" nel 1965 - quanto avra' influenzato il movimento studentesco questo vero e proprio prontuario di prassi politiche alternative, che fornisce "indicazioni" tuttora utilissime tanto ai Social forum quanto ai movimenti No Tav, No base, ecc.? - Solmi constata per la prima volta che "vi e', senza dubbio, un rapporto fra l'ideologia della nonviolenza [...] e la tendenza ad elaborare forme nuove ed aperte di organizzazione politica, profondamente diverse dai partiti tradizionali di stampo socialdemocratico o bolscevico" e che "sembra che questa tendenza getti le sue radici in esigenze profonde dello sviluppo e della trasformazione in senso socialista delle societa' capitalistiche a livello avanzato". E gia' in quello scritto e' messo a fuoco l'obiettivo politico che Solmi ritiene tuttora prioritario: realizzare l'incontro - sul piano pratico come su quello teorico - dei movimenti di orientamento nonviolento con la tradizione e l'ideologia del movimento socialista. La fiducia che questo incontro debba e possa realizzarsi e' rimasta inalterata, cosi' come l'idea che ciascuno puo' fare la sua parte. * Ora, nulla ci impedirebbe di trattare questo libro come qualsiasi altro buon libro, trovandovi molti spunti da approfondire e qualche frase da citare nella nostra prossima monografia; ma significherebbe non afferrarne il senso piu' profondo. Solmi non e' - non e' mai stato - un germanista o uno studioso di letteratura tout court, e a volerlo intendere per tale lo si fraintenderebbe. Il suo habitus e' quello di chi sconfina, e si ostina a occuparsi di cose che esulano dalle sue strette competenze disciplinari. Assumerlo e' pericoloso e salutare ad un tempo: perche' da una parte ci espone al rischio di cadere, per inesperienza, in un astratto velleitarismo; dall'altra ci costringe a riflettere senza sosta sui presupposti, sulle condizioni di possibilita' del nostro lavoro. Che farcene, allora? Forse si puo' seguire un suggerimento implicito di Cases, che nelle Confessioni di un ottuagenario assegna a Solmi il ruolo di suo "consigliere in politicis": sceglierlo come un compagno di viaggio che ci interroga sul senso e lo scopo del nostro andare. Ha una sporta di argomenti, che ha ricavato da un lungo dialogo con Panzieri, Lukacs e Adorno, coi "maestri" della "Monthly review" e coi propri studenti a scuola, con Guenther Anders e Alexander Langer, con Jonathan Schell. E ci invita a non perdere mai di vista, nel nostro mestiere e fuori di esso, "la linea piu' avanzata del fronte che separa il passato dal futuro". 6. ET COETERA Renato Solmi ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 355 del primo agosto 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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