Nonviolenza. Femminile plurale. 261



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 261 del 24 luglio 2009

In questo numero:
1. Si e' svolta il 23 luglio 2009 a Viterbo la passeggiata per salvare
l'area archeologica e termale del Bulicame che i nuovi vandali del
mega-aeroporto vogliono devastare
2. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte
terza)
3. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte
quarta)
4. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
5. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti

1. INIZIATIVE. SI E' SVOLTA IL 23 LUGLIO 2009 A VITERBO LA PASSEGGIATA PER
SALVARE L'AREA ARCHEOLOGICA E TERMALE DEL BULICAME CHE I NUOVI VANDALI DEL
MEGA-AEROPORTO VOGLIONO DEVASTARE

Giovedi' 23 luglio si e' svolta una passeggiata nell'area archeologica e
termale del Bulicame, a Viterbo, con la partecipazione della dottoressa
Antonella Litta, del professor Osvaldo Ercoli, del professor Alessandro
Pizzi, e dell'on. Domenico Scilipoti, quest'ultimo presentatore di una
interrogazione parlamentare contro il mega-aeroporto che devasterebbe
irreversibilmente quel prezioso bene naturalistico, culturale e terapeutico.
Numerosi cittadini hanno partecipare all'iniziativa, e tra loro gli
agricoltori della zona riuniti in comitato, i consiglieri comunali in carica
Fersini e Mezzetti, il consigliere comunale della precedente consiliatura
Bellucci, vari rappresentanti di diverse forze politiche, figure autorevoli
dell'associazionismo, dei movimenti e della societa' civile.
L'iniziativa ancora una volta ha confermato la volonta' della popolazione
viterbese di difendere la propria terra e la propria vita dall'aggressione
di una lobby speculativa, devastatrice, avvelenatrice e fuorilegge.
La dottoressa Antonella Litta ha dichiarato che "la popolazione viterbese e'
sempre piu' consapevole del diritto e del dovere di difendere le
straordinarie risorse e bellezze del territorio e il proprio diritto alla
salute ed alla sicurezza, salute e sicurezza che sarebbero anch'esse
drammaticamente aggredite dal mega-aeroporto".
L'on. Scilipoti ha dichiarato: "Questa iniziativa e' una testimonianza
chiara dell'opposizione al mega-aeroporto che si vuole costruire a Viterbo
in una zona di immenso valore naturalistico, storico-culturale, terapeutico
e sociale; questa e' un'area che va salvaguardata da ogni forma di
inquinamento e deturpazione".
*
L'area archeologica e termale del Bulicame a Viterbo, un'area di preziose
emergenze e memorie storiche e culturali, e di altrettanto preziosi beni
naturalistici e risorse terapeutiche, e' minacciata di distruzione dalla
volonta' di una lobby speculativa di realizzarvi un mega-aeroporto.
Come e' noto, la realizzazione del mega-aeroporto avrebbe come immediate
conseguenze: lo scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e
culturali che vi si trovano; la devastazione dell'agricoltura della zona
circostante; l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle
risorse termali; un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed
elettromagnetico che sara' di grave nocumento per la salute e la qualita'
della vita della popolazione locale (l'area e' peraltro nei pressi di
popolosi quartieri della citta'); il collasso della rete infrastrutturale
dell'Alto Lazio, territorio gia' gravato da pesanti servitu'; uno sperpero
colossale di soldi pubblici; una flagrante violazione di leggi italiane ed
europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel territorio.
Nel viterbese un vasto movimento di cittadini si sta impegnando per
difendere ambiente, salute e diritti di tutti, sostenuto dalla solidarieta'
di illustri personalita' a livello nazionale ed anche internazionale del
mondo scientifico, delle istituzioni, dell'impegno civile e della
riflessione morale.

2. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA
(PARTE TERZA)
[Riproponiamo (l'abbamo gia' pubblicata nelle "Minime" dal n. 156 al n. 165
nel 2007) la seguente dispensa predisposta nell'aprile 2004 per il secondo
semestre dell'anno accademico 2003/2004 del corso su "Femminismo, studi di
genere e letteratura latina" che abbiamo ripreso dal sito www.uniroma2.it]

3. Il femminismo radicale americano e la nascita della critica letteraria
femminista (fine anni Sessanta - meta' anni Settanta)
Contenuto del capitolo
In questo capitolo tracceremo un profilo del cosiddetto "femminismo della
seconda ondata", quello che si sviluppa a partire dal 1968, detto anche
femminismo "radicale". Il nuovo movimento nasce negli Stati Uniti e si
diffonde rapidamente negli altri paesi occidentali. Vedremo alcune delle
principali figure di questa fase: Shulamith Firestone (La dialettica dei
sessi, 1970), Kate Millett (La politica del sesso, 1970), Germaine Greer
(L'eunuco femmina, 1970). Vedremo anche come in questo periodo si sviluppa
anche un femminismo lesbico, che trovera' in seguito una sistemazione
teorica per opera della poetessa Adrienne Rich. Chiudera' il capitolo
l'antropologa Gayle Rubin, che nel 1975 introduce nel dibattito corrente
l'opposizione tra sesso (determinato biologicamente) e genere (costruito
socialmente).
*
3. 1. Il femminismo radicale: "il personale e' politico"
Tra il 1968 e il 1969 nasce un nuovo femminismo, che sara' detto "radicale",
in quanto si pone come suo obiettivo quello di andare alle "radici" del
predominio maschile sulle donne: "Alle radici del predominio dei maschi c'e'
una supremazia assoluta nella sfera della sessualita' e della riproduzione,
nella quale una differenza biologica, anatomica, fisiologica, 'sessuale' nel
senso letterale del termine, viene trasformata dagli uomini, con tutti i
mezzi fino alla violenza piu' brutale (lo stupro e/o la minaccia di esso,
sempre incombente su qualsiasi donna), in differenza di 'ruoli' sociali e
familiari, di 'genere' che impone alla donna un ruolo subordinato all'uomo"
(Restaino (2002) pp. 32-3).
Dal Now e dalla "New Left" ai gruppi radicali. In parte il femminismo
radicale venne creato da donne che erano state attive nel Now ed erano
insoddisfatte da quello che ritenevano essere il conservatorismo di
quell'organizzazione. Nel 1967 al convegno annuale del Now un gruppo di
donne di New York abbandonarono il Now e formarono una prima organizzazione
femminista radicale, "The October 17th Movement" ("Il movimento 17
ottobre"), poi chiamato "The Feminists".
Il femminismo radicale era in larga parte costituito da donne la cui
precedente attivita' politica si era svolta in diverse organizzazioni della
"New Left" ("Nuova Sinistra"). E' il caso, per esempio, di donne come
Shulamith Firestone (vedi par. 3. 3) e Jo Freeman, che fondarono
l'organizzazione "Radical Women" a New York nell'autunno del 1967. Queste
due donne avevano in precedenza presentato una serie di richieste delle
donne a un convegno della New Left, nella primavera di quell'anno. Nessuna
delle loro richieste era stata considerata seriamente, e questo aveva fatto
credere loro che fosse necessario creare organizzazioni di donne separate.
L'inferiorita' della donna come fatto culturale. Le prime organizzatrici del
femminismo radicale condividevano con il resto della New Left la convinzione
che la natura di gran parte dell'ingiustizia politica fosse sistemica. Esse
usarono il termine "radicale" per esprimere la loro posizione, con
l'intenzione di significare appunto la loro volonta' di andare "alle radici"
del predominio maschile sulle donne. Le femministe radicali vedevano
l'attivita' delle donne del Now o di altre organizzazioni femminili negli
affari o nelle professioni come "riformista", utile e necessaria ma
fondamentalmente improduttiva. Esse pensavano infatti che le critiche che il
femminismo liberale muoveva alla relazioni tra uomo e donna sia nella vita
domestica che in quella pubblica non andassero abbastanza a fondo, e anche
che il femminismo liberale non tenesse conto dell'importanza del genere, e
delle relazioni sociali della vita domestica, nello strutturare tutta la
vita sociale. La fiducia nel potere della legge di porre rimedio alla
ineguaglianza donna-uomo testimoniava una mancanza di approfondimento del
"sistema sesso-ruolo", quelle pratiche ed istituzioni importanti nel creare
e mantenere le differenze sesso-ruolo. Di particolare importanza era la
famiglia, poiche' era la' che gli uomini e le donne biologiche imparavano i
costituenti culturali della mascolinita' e della femminilita', e imparavano
le differenze fondamentali di potere che erano una componente necessaria di
entrambe.
In sostanza, per le femministe radicali, lo status politico ed economico
inferiore delle donne non era che un sintomo di un problema piu'
fondamentale: uno status inferiore e una mancanza di potere inscritta nel
ruolo della femminilita'. Il femminismo radicale sfidava le credenza
dominanti secondo cui gli elementi costitutivi di questo ruolo, come le
capacita' e l'interesse delle donne nell'allevamento dei figli, o la
mancanza di aggressivita', o persino il contenuto degli interessi sessuali
delle donne, fossero "naturali". Si argomentava invece che tutte le
differenze tra uomini e donne, tranne certe differenze biologiche, fossero
culturali. Gli elementi costitutivi del sistema sesso-ruolo erano
costruzioni sociali, e, cosa piu' importante, tali costruzioni erano
fondamentalmente antitetiche agli interessi delle donne. Le norme
incorporate nella femminilita' scoraggiavano le donne dallo sviluppare le
loro capacita' intellettuali, artistiche e fisiche. Mentre la "mascolinita'"
incarnava certi tratti associati con lo stato adulto, come forza fisica,
razionalita' e controllo emotivo, la "femminilita'" in parte incarnava
tratti associati con l'infanzia, come debolezza e irrazionalita'. La fonte
del problema doveva essere trovata nella casa e nella famiglia, dove le
ragazze e i ragazzi ricevevano le loro prime lezioni sulle differenze tra i
sessi e dove le donne e gli uomini adulti mettevano in pratica le lezioni
che avevano imparato.
Nuove modalita' dell'organizzazione politica. Il femminismo radicale genero'
anche nuove forme di organizzazione politica. Le organizzazioni come il Now
usavano i tradizionali metodi politici per migliorare lo status delle donne:
mandavano telegrammi, facevano attivita' di lobbying al Congresso, talvolta
marciavano e facevano dimostrazioni. Anche le femministe radicali marciavano
e facevano dimostrazioni, ma l'intento era diverso: non volevano
necessariamente cambiare il modo di pensare della gente per farla votare in
modo diverso, ma cambiare il modo di pensare della gente per farla vivere in
modo diverso. Questo concetto di organizzazione politica era riassunto
nell'espressione "consciousness-raising" ("autocoscienza" in Italia). Nei
primi anni del femminismo radicale un metodo usato era lo "street theatre"
(teatro di strada). Nell'autunno del 1968 ci fu un evento che attiro'
l'attenzione dell'opinione pubblica sullo "Women's Lib": le femministe
radicali di New York fecero una manifestazione ad Atlantic City in occasione
del concorso di Miss America, incoronando una pecora come "Miss America", e
gettando accessori femminile come reggiseni, bigodini, ciglia finte e
parrucche in un "Freedom Trash Can" ("pattumiera della liberta'"). Fu in
seguito a questo evento che il movimento si guadagno' la qualifica di
"brucia-reggiseni" nei media.
I "gruppi di autocoscienza". La forma piu' diffusa assunta
dall'autocoscienza in quegli anni fu la discussione-confessione di gruppo
("gruppi di autocoscienza"). Le donne si riunivano per parlare dei problemi
che i ruoli sessuali ponevano loro nella vita quotidiana. Questa attenzione
all'"esperienza personale" (riassunta nello slogan "il personale e'
politico") ebbe grandissima influenza sulla direzione che il femminismo
statunitense imbocco'. A livello teorico, infatti, essa comporto' una
concentrazione di interesse sulla famiglia e sulla vita personale. Questo
porto' inevitabilmente a un confronto con la psicoanalisi, che venne
criticata da molte femministe in quanto accusata di riflettere in modo
acritico e non-politico i pregiudizi dominanti riguardo al genere, a partire
dalla posizione di supremazia ricoperta dall'uomo nella famiglia e nella
societa'.
*
3. 2. Il Redstockings Manifesto
Il nome "Redstockings" ("calze rosse") venne coniato negli Stati Uniti (a
New York) nel 1969. Esso combina "blue stockings", il termine attribuito con
intento denigratorio alle donne colte e progressiste nel Settecento e
Ottocento, con il "rosso" della rivoluzione sociale. Il gruppo Redstockings
e' stato uno dei primi gruppi radicali femministi della fine degli anni
Sessanta, creatore di alcuni degli slogan e delle parole d'ordine piu'
diffuse all'epoca. Il Redstockings Manifesto (datato 6 luglio 1969) e' la
loro dichiarazione di intenti. I primi articoli del manifesto possono dare
un'idea abbastanza chiara del tono della polemica del gruppo.
"I. Dopo secoli di lotta politica individuale e preliminare, le donne di
stanno unendo per raggiungere la loro liberazione finale dalla supremazia
maschile. Il movimento 'Redstockings' e' dedicato a costruire questa unita'
e a conquistare la nostra liberta'.
II. Le donne sono una classe oppressa. La nostra oppressione e' totale, e
coinvolge ogni aspetto delle nostre vite. Siamo sfruttate come oggetti
sessuali, generatrici, serve domestiche, e forza-lavoro a basso costo. Siamo
considerate esseri inferiori, il cui unico scopo e' quello di allietare le
vite degli uomini. La nostra umanita' e' negata. Il nostro comportamento
prescritto e' forzato dalla minaccia della violenza fisica...
III. Noi identifichiamo gli agenti della nostra oppressione negli uomini. La
supremazia maschile e' la forma di dominio piu' antica e piu' basilare.
Tutte le altre forme di sfruttamento e di oppressione (razzismo,
capitalismo, imperialismo, etc.) sono estensioni della supremazia maschile:
gli uomini dominano le donne; pochi uomini dominano il resto degli uomini.
Tutte le strutture di potere attraverso la storia sono state dominate dagli
uomini. Gli uomini hanno controllato tutte le istituzioni politiche,
economiche e culturali, e hanno sostenuto questo controllo con la forza
fisica. Essi hanno usato il loro potere per mantenere le donne in una
posizione inferiore. Tutti gli uomini ricevono benefici economici, sessuali,
e psicologici dalla supremazia maschile. Tutti gli uomini hanno oppresso le
donne".
Nel 1973, veterane del gruppo rifondarono "Redstockings", e l'associazione
e' attiva ancora oggi (www.redstockings.org).
*
3. 3. Shulamith Firestone
Una delle personalita' piu' importanti di questo nuovo femminismo
statunitense e' Shulamith Firestone (1945). Nata in Canada da una ricca
famiglia ebraica, studio' all'Art Institute di Chicago, dove divenne
un'attivista nelle agitazioni per i diritti civili e contro la guerra in
Vietnam della meta' degli anni Sessanta. Delusa dal maschilismo dei
"rivoluzionari" della controcultura, fondo' a New York l'organizzazione
"Radical Women", che molti considerano il primo collettivo moderno
femminista. Nel 1969 e' tra le fondatrici del gruppo "Redstockings".
L'opera piu' importante di Firestone, scritta quando aveva 25 anni, e' The
Dialectic of Sex: the Case for Feminist Revolution, intr. by Rosalind
Delmar, The Women's Press, New York-London 1970, dedicata a Simone de
Beauvoir. Il libro di Firestone si caratterizza per il suo fondarsi sulla
biologia come base per l'analisi. A suo parere, le cause ultime
dell'oppressione delle donne sono le differenze biologiche tra donne e
uomini. Il fatto che le donne generino e allattino i figli rende necessaria
una forma basica di famiglia in cui le donne sono sostanzialmente dipendenti
da altri in un modo in cui non lo sono gli uomini. Da questo sbilanciamento
basato sulla biologia risultano gli sbilanciamenti di potere che hanno
caratterizzato tutte le societa' umane. Tuttavia, per Firestone la biologia
non e' un destino ineluttabile. Gli sviluppi tecnologici nella riproduzione
dei figli uniti a cambiamenti culturali nell'allevamento dei figli porranno
fine alla "tirannia della famiglia biologica".
*
3. 4. Kate Millett: la "politica del sesso"
Il libro della saggista, scrittrice e scultrice Kate Millett (1934), Sexual
Politics, Avon, New York 1970, ha un'importanza particolare per il nostro
discorso, in quanto esso si puo' considerare il capostipite della critica
letteraria femminista.
Come moltre altre pensatrici del femminismo radicale, Millett vede la causa
principale dell'oppressione delle donne nella "politica del sesso", o
"sessismo", o "patriarcalismo", cioe' nel dominio sessuale dell'uomo sulla
donna. Nel suo libro (che derivava dalla sua tesi di dottorato alla Columbia
University) Millett analizza varie opere letterarie di autori come D. H.
Lawrence, Henry Miller, Norman Mailer e Jean Genet, mettendone in luce i
pregiudizi maschilisti e il sessismo.
*
3. 4. Germaine Greer: L'eunuco femmina
Un enorme successo di pubblico a livello internazionale ha nel 1970 il libro
di Germaine Greer, The Female Eunuch (1970), trad. it. L'eunuco femmina,
Bompiani, Milano 1972. Greer e' nata a Melbourne, Australia, nel 1939, ma si
e' trasferita per gli studi in Gran Bretagna, dove e' rimasta e ora insegna
Letteratura inglese e comparata all'universita' di Warwick. All'epoca,
L'eunuco femmina suscito' grande sensazione per l'irruenza polemica con cui
l'autrice attaccava l'istituzione del matrimonio ed esaltava la libera
espressione della sessualita'. Recentemente Greer ha pubblicato il "seguito"
del suo best-seller, The Whole Woman (1999), tradotto in italiano nello
stesso anno (La donna intera, Mondadori, Milano). Il libro ha suscitato un
certo sconcerto per quelli che sono sembrati dei voltafaccia della
scrittrice, e per certe prese di posizioni assai discutibili...
*
3. 5. Il femminismo lesbico e la nascita dei "Lesbian Studies"
Il femminismo lesbico e' una componente importante nel panorama del
femminismo radicale, anche se per almeno un decennio incontrera' molte
resistenze anche da parte dello stesso movimento femminista.
Il gruppo "Radicalesbians". Un articolo che contribui' in modo decisivo allo
sviluppo del femminismo lesbico e' "The Woman Identified Woman" ("La donna
identificata donna", 1971) del gruppo noto come "Radicalesbians". Questo
articolo sosteneva che le donne devono eliminare il bisogno
dell'approvazione maschile e la pratica di identificarsi con credenze e
valori maschili, entrambi componenti essenziali di una cultura misogina. Le
autrici ritenevano che un mezzo importante per raggiungere questi obiettivi
e rimuovere l'autodisprezzo che le donne hanno per se stesse fosse amare
altre donne, sia intellettualmente che sessualmente.
Adrienne Rich: esistenza lesbica e continuum lesbico. L'autrice che dara' il
maggior contributo teorico a questa corrente del femminismo e' la studiosa e
poetessa Adrienne Rich (1929; vedi anche parr. 4. 2, 9. 1) con il suo
articolo "Compulsory Heterosexuality and Lesbian Existence", in C. R.
Stimpson, E. S. Pearson (edd.), Women, Sex, and Sexuality, Chicago, Chicago
University Press, 1980, che contribuira' a dare alla teoria lesbica uno
status di "legittimita'" e rispettabilita' teorica. Rich vede
nell'eterossessualita' non la condizione naturale della sessualita'
femminile, ma un'"istituzione" imposta dal predominio maschile. La donna, in
realta', ha potenzialita' sessuali che non sono riducibili alla sola
eterosessualita'; tra queste, il lesbismo. Rich distingue due concetti:
l'"esistenza lesbica" e' "il riconoscimento della presenza storica delle
lesbiche" e "la nostra costante elaborazione del significato di tale
esistenza"; il "continuum lesbico" consiste invece in "una serie di
esperienze - sia nell'ambito di una vita singola di ogni donna che
attraverso la storia - in cui si manifesta l'interiorizzazione di una
soggettivita' femminile e non solo il fatto che una donna abbia avuto o
consciamente desiderato rapporti sessuali con un'altra donna". Per Rich sia
l'esistenza che il continuum dell'esperienza lesbica esprimono la
potenzialita' della donna in quanto donna. In questo l'autrice si
differenzia dalle femministe lesbiche piu' radicali (come Judith Butler,
vedi par. 7. 6), che respingeranno l'identificazione al femminile
dell'esperienza lesbica, che significherebbe sottomettersi al modello
maschile, e si dichiareranno "non-donne" e "non-uomini".
*
3. 6. Gayle S. Rubin e il sistema "sesso-genere"
Gayle S. Rubin, antropologa, esponente del femminismo lesbico, e' autrice di
un saggio enormemente influente (pare che sia in assoluto il piu' citato
articolo di antropologia, almeno negli Stati Uniti), "The Traffic in Women:
Notes on the 'Political Economy' of Sex", in M. Rayna Reiter (ed.), Towards
an Anthropology of Women, New York, Monthly Review Press, 1975, pp. 157-210.
Rubin, sulle orme di Mitchell, usa la psicoanalisi per una critica generale
della cultura patriarcale che si basa sullo scambio delle donne da parte
degli uomini. E' in questo saggio che viene introdotta per la prima volta
nel discorso scientifico l'espressione sex-gender system (sistema
sesso-genere) per indicare "quell'insieme di soluzioni con cui una societa'
trasforma la sessualita' biologica in un prodotto dell'attivita' umana".
Il concetto esprime dunque la distinzione (posta gia', come si e' visto
sopra, da Simone de Beauvoir) tra il "sesso" (sex) come fatto biologico e il
"genere" (gender) come fatto sociale, cui corrispondono, in inglese, le due
diverse coppie di aggettivi: female/male e feminine/masculine.
"'Femminilita'' e 'mascolinita'' sono, quindi, costruzioni socio-culturali a
partire dalla differenza biologica, che funzionano convertendo questa in
opposizione gerarchica, secondo un rapporto dominatore/dominato costante,
anche se i contenuti ideologici dell'opposizione variano storicamente e
geograficamente" (Izzo, in Izzo (1996) p. 57).
Rubin, nelle sue conclusioni, attenua la contrapposizione conflittuale
estrema con il maschio propria del femminismo radicale, suggerendo la
possibilita' di un "recupero" degli uomini che permetta di sorpassare il
"sistema sesso-genere". Un modo per raggiungere questo obiettivo e' comune a
varie pensatrici femministe dell'epoca (vedi par. 4. 3): la cura dei figli
dovrebbe essere responsabilita' comune ad entrmabi i genitori; in tal modo,
verrebbero meno le condizioni che originano il complesso di Edipo e il
conseguente formarsi dei "ruoli" di maschio e di femmina.
Negli anni successivi, Rubin dara' contributi allo sviluppo della
riflessione lesbica, soprattutto nel suo articolo "Thinking Sex" (1984).
(Parte terza - segue)

3. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA
(PARTE QUARTA)

4. Temi femministi degli anni Settanta e Ottanta (I): la critica della
psicoanalisi, la riflessione sulla maternita' e l'"etica della cura"
Contenuto del capitolo
In questo capitolo ci soffermeremo su alcuni dei temi che hanno piu'
interessato la riflessione femminista nel periodo immediatamente successivo
a quello del femminismo radicale. Dopo l'ostilita' iniziale verso la
psicoanalisi, le pensatrici femministe si impegnano in una rielaborazione
critica del pensiero freudiano, a partire da Juliet Mitchell (Psicoanalisi e
femminismo, 1974). Le femministe rivolgono la loro attenzione in particolare
al tema della maternita', con Adrienne Rich (Nato di donna, 1976), Nancy
Chodorow (La funzione materna, 1978), Dorothy Dinnerstein (La sirena e il
minotauro, 1977). La riflessione femminista sulla morale porta alcune di
loro a sviluppare la cosiddetta "etica della cura" (Carol Gilligan, Con vice
di donna, 1982).
*
4. 1. Psicoanalisi e femminismo: Juliet Mitchell
Le prime neofemministe avevano guardato con molto sospetto alla
psicoanalisi, vista come espressione di un punto di vista patriarcale. La
situazione cambia alla meta' degli anni Settanta, soprattutto in seguito
alla pubblicazione nel 1974 di Psychoanalysis and Feminism di Juliet
Mitchell, la femminista socialista inglese a cui abbiamo gia' accennato
sopra (par. 2. 4) (trad. it. Psicoanalisi e femminismo, Einaudi, Torino
1976). In esso, all'interno di un impianto marxista althusseriano relativo
alla ideologia e alla rivoluzione culturale, si sosteneva che la tradizione
freudiana (soprattutto nello sviluppo datole da Jacques Lacan) forniva
un'interpretazione del potere paterno nell'inconscio femminile, di cui il
femminismo aveva bisogno se voleva confrontarsi con successo con l'ordine
culturale del patriarcato. Nel libro vengono illustrati i molti malintesi e
fraintendimenti della teoria freudiana da parte delle prime femministe a
cominciare da Simone de Beauvoir fino alle contemporanee Kate Millett e
Betty Friedan. Mitchell e' stata tra le prime a ribadire con fermezza che
fare i conti con la psicoanalisi e' importante per il femminismo. Il suo
studio si serve del lavoro dell'antropologo Levi-Strauss, il quale sostiene
che il patriarcato dipende dallo scambio delle donne e dal tabu'
dell'incesto. Secondo Mitchell patriarcato e capitalismo sono due forze che
interagiscono tra loro: se il socialismo puo' ribaltare il capitalismo, solo
la psicoanalisi puo' sovvertire il patriarcato.
Successivamente Mitchell ha pubblicato numerosi saggi di critica letteraria,
alcuni dei quali ispirati al lavoro fondamentale della psicologa femminista
americana Phyllis Chesler, Women and Madness (1972; 2a ed. 1997), trad.
ital. Le donne e la pazzia, Einaudi, Torino 1977.
*
4. 2. La riflessione su donna e maternita' negli Stati Uniti: Adrienne Rich.
Abbiamo visto sopra (par. 3. 5; cfr. 9. 1) Adrienne Rich come esponente di
punta del pensiero lesbico. Rich si era sposata a 24 anni e aveva avuto tre
figli. Venti anni dopo racconta la sua difficile esperienza di moglie e
soprattutto di madre nel suo libro Of Woman Born: Motherwood as Experience
and Institution, Bantam, New York 1976 (trad. it. Nato di donna, Garzanti,
Milano 1977). Per quanto Rich sottolinei le difficolta' dell'essere madre,
ella respinge la visione negativa della maternita' che era espressa da
femministe radicali come Shulamith Firestone (par. 3. 3). Rich protesta
invece con forza contro la funzione materna come "istituzione" imposta alla
donna dal potere maschile. Fino a tempi recenti, nella maggior parte dei
casi il parto non era una libera scelta delle donne, ma piuttosto qualcosa
che capitava loro: "Per la maggior parte delle donne il parto non ha
implicato nessun tipo di scelta, e pochissima consapevolezza. Fin dai tempi
preistorici, l'idea del travaglio e' stata associata a paura, angoscia
fisica o morte, a una marea di superstizioni, disinformazione, teorie
teologiche e mediche, in breve a tutto cio' che ci hanno insegnato che
dovremmo provare, da una vittimizzazione volontaria a un senso di
realizzazione estatica".
Rich protesta con forza contro la "sottrazione" alle donne della gravidanza
e del parto da parte degli uomini, che controllano il corpo delle donne, e
deplora che l'educazione dei bambini sia stata presa in carico da psichiatri
di sesso maschile e da altri esperti che fanno sentire le donne incompetenti
persino in quello che si supporrebbe essere loro "naturale". Rich critica la
visione dell'uomo che concepisce se stesso in contrapposizione alla natura,
e auspica l'asserzione da parte delle donne della loro affinita' con la
natura.
*
4. 3. Nancy Chodorow e Dorothy Dinnerstein
Il libro della sociologa femminista americana (in seguito diventata
psicoanalista) Nancy Chodorow (1944) Reproduction of Mothering:
Psychoanalysis and the Sociology of Gender, University of California Press,
Berkeley 1978 (trad. it. La funzione materna: Psicoanalisi e sociologia del
ruolo materno, La Tartaruga, Milano 1991) ha avuto notevole influenza su
molte ricerche femministe. Chodorow, rifacendosi alle teorie della scuola
psicoanalitica delle "relazioni oggettuali", sosteneva che il senso di se'
femminile e' riprodotto da una struttura genitoriale in cui la madre e'
quella cui spetta principalmente il compito della cura dei figli, e che
figli e figlie si sviluppano diversamente a seconda che questo compito di
cura parentale spetti primariamente al genitore dello stesso sesso o al
genitore di sesso diverso. Le figlie giungono a definirsi in quanto connesse
o in relazione con gli altri. I figli maschi, invece, finiscono per
definirsi come separati dagli altri, o meno correlati. Un'implicazione delle
affermazioni di Chodorow e' che il compito di genitore dovrebbe essere
equamente ripartito fra padre e madre, in modo che i figli di entrambi i
sessi possano essere seguiti, nel loro sviluppo, sia da un individuo dello
stesso sesso sia da un individuo di sesso diverso.
Successivamente, Chodorow si e' spostata a un contesto microsociale, che
chiama "psicoanalisi in se'" o "per se stessa" (Feminism and Psychoanalytic
Theory, Polit, Cambridge 1989).
Dorothy Dinnerstein. Conclusioni analoghe a quelle di Chodorow, con
l'affermazione della necessita' del "dual parenting" ("doppio genitorato"),
sono raggiunte da Dorothy Dinnerstein, nel libro The Mermaid and the
Minotaur: Sexual Arrangements and Human Malaise, Harper and Row, New York
1977. La sirena ("mermaid") e il minotauro sono due mostri che simboleggiano
rispettivamente la "natura" femminile e quella maschile. Queste due "nature"
non sono un dato naturale, ma sono il prodotto dell'attuale modalita' di
cura dei figli, caratterizzata dalla totale assenza del padre nella fase
pre-edipica.
*
4. 4. L'"etica della cura": Carol Gilligan e Virginia Held
La psicologa Carol Gilligan espresse, nel libro In a Different Voice:
Psychological Theory and Women's Develoment, Harvard University Press,
Cambridge MA 1982 (trad. it. Con voce di donna. Etica e formazione della
personalita', Feltrinelli, Milano 1987, 1992), la sua idea della "voce
diversa" con cui ragazze e donne esprimono il proprio modo di intendere i
problemi morali. Come Chodorow, Gilligan approva la tendenza
all'affiliazione che sarebbe tipica soprattutto delle donne, e la loro
attitudine ad interpretare le proprie responsabilita' morali in funzione dei
propri rapporti con gli altri. E' solo il pregiudizio maschile che considera
di maggior valore l'autonomia e l'indipendenza personale rispetto
all'interesse per gli altri e all'attuazione dei rapporti. La voce di donne
esprime l'"etica della cura", dei rapporti interpersonali; la voce dell'uomo
esprime l'etica del diritto e della giustizia formale. Questa tesi di
Gilligan incontrera' approvazione da parte di molte studiose, ma anche
critiche, attirandosi l'accusa di "essenzialismo" ("essenzialismo" e'
"l'idea di una natura femminile essenziale, originaria, preesistente al
sociale, non modificata da differenze di classe e di razza", Izzo (1996) p.
67).
Virginia Held. Della corrente di pensiero che si rifa' all'"etica della
cura" teorizzata da Gilligan fanno parte altre studiose importanti, come
Virginia Held, autrice del libro Feminist Morality: Transforming Culture,
Society, and Politics, The University of Chicago Press, Chicago 1993 (trad.
it. Etica femminista. Trasformazioni della coscienza e societa'
post-patriarcale, Feltrinelli, Milano 1997), in cui sviluppa la teoria
morale allargando alla sfera sociale l'esperienza della maternita' e della
cura dei figli.
(Parte quarta - segue)

4. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE
LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

5. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI
DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 261 del 24 luglio 2009

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