La domenica della nonviolenza. 225



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 225 del 19 luglio 2009

In questo numero:
Syeda Hameed: Donne musulmane forti e indipendenti

RIFLESSIONE. SYEDA HAMEED: DONNE MUSULMANE FORTI E INDIPENDENTI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente discorso tenuto
a Nuova Delhi dalla dottoressa Syeda Hameed, gia' membro della Commissione
nazionale per le donne in India, dal titolo "Non temere il vento avverso, o
falcone"]

"E quante donne hanno diretto gli affari, si sono fatte notare per
l'intelligenza e la perfezione, e la loro istruzione non dipendeva dagli
uomini". Questa frase e' stata scritta nel 1892 da Hind Nawfel, la prima
donna egiziana a dare vita ad un giornale femminista in arabo, "Al-Fatat",
che fu seguito da una lunga scia di periodici femministi nei successivi due
decenni. In effetti, all'epoca della prima guerra mondiale, piu' di 25
giornali femministi arabi venivano prodotti da donne in tutto il Medio
Oriente: al Cairo, a Damasco, a Beirut, a Baghdad. Hind Nawfel parla di
donne musulmane forti ed indipendenti, la cui fiducia in se stesse e la cui
assertivita' non erano avvolte nei veli. Ci sono state tante di queste
donne, queste grandi antenate, le "Perdute regine dell'Islam", come dice
Fatima Mernissi, che sono sempre state parte integrante della tradizione
islamica, ma i cui nomi sono stati oscurati dalle sabbie del tempo, i cui
successi sono stati dimenticati, e il tutto e' stato rimpiazzato con
un'immagine differente. E' lo stereotipo che vuole le donne musulmane prive
di potere, oppresse, deboli, senza voce. Oggi vorrei discutere con voi
quest'immagine (dando riconoscimento al fatto che esiste non solo come
immagine) ma anche viaggiare attraverso i secoli e gli spazi dell'Islam per
mostrarvi che cio' che vedete e avete visto non e' il quadro completo. Sia
l'Islam spirituale sia l'Islam politico sono zeppi di storie e di lotte che
hanno per protagoniste donne forti, non soggiogate, le cui eredita' ci
chiedono oggi di ripensare le donne nell'Islam, di reimmaginarle.
*
Vorrei cominciare con la Surah "Al Ahzab", il comando coranico spesso citato
al giorno d'oggi per ribadire l'eguaglianza tra donne ed uomini [la Surah
viene ovvamente letta dalla dott. Hameed in arabo, io ne riporto parte in
versione italiana - ndt]:
"Per gli uomini musulmani e le donne musulmane
Per i credenti e le credenti
Per gli uomini obbedienti e le donne obbedienti
Per gli uomini sinceri e le donne sincere
Per gli uomini pazienti e le donne pazienti
Per gli umili e le umili
Per i caritatevoli e le caritatevoli (...)
Per costoro Allah ha il perdono e una grande ricompensa".
Questa Surah postula l'eguaglianza tra uomini e donne. Eppure attorno a noi
vediamo giornalmente come questa eguaglianza, questa dignita', che fu data
come diritto di ciascuna di noi e di noi tutte, vengano violate. La
condizione che vivono i 75 milioni di donne e ragazze musulmane in India mi
strazia. Come musulmana so che la legge islamica, quale fu estrapolata dai
piu' eminenti Fuqaha o giuristi, non ha mai ordinato le ingiustizie che
vengono commesse contro le donne in nome della religione.
*
Sono stata membro della Commissione nazionale per le donne. Nella ricerca
per documentare lo status delle donne musulmane, ho viaggiato per il paese
in lungo e in largo, dalle metropoli come Chennai, Trivandrum, Bangalore e
Bombay a piccole citta' come Ahmedabad, Tezpur, Kozhikode, Bhopal, a
villaggi ancora piu' piccoli come Reshampura in Gwalior, Hariya ki Ghari in
Mathura, Sudaka in Mewat e Nehtaur in Bijnore, e ovunque ho tenuto audizioni
pubbliche con le donne musulmane, per ascoltare i loro problemi.  Ho udito
storie di matrimoni di bambine, di poligamia, di divorzi unilaterali. Ho
udito storie di sorelle adolescenti che avevano stretto il patto di aiutarsi
reciprocamente a morire, perche' erano state tolte da scuola per essere date
in mogli. Le donne hanno narrato di come vengono separate dai figli, o come
viene loro comunicato il ripudio via posta o persino via e-mail dopo decenni
di matrimonio. Nessuno, ne' le loro famiglie ne' la societa', si era fatto
avanti per aiutarle. Il mio rapporto che scaturi' da questi incontri, "Voce
delle senzavoce", fu pubblicato nel 2000. Ma le parole di una donna che
venne all'audizione, Ayesha Khatoon, mi risuonano ancora nelle orecchie:
"Mio marito mi ha ripudiata quando ero incinta di tre mesi. Non ho ricevuto
compenso ne' qualcosa per il mantenimento". Ci sono centinaia di migliaia di
Ayesha non solo in India, oggi, ma in tutto il mondo.
Nel mio rapporto ho documentato che per le donne musulmane, in circa un
secolo, ben poco e' cambiato. Ed in alcuni casi il cambiamento e' stato per
il peggio. Io vengo da un posto che si chiama Panipat, nella regione di
Haryana. C'e' stato un tempo in cui le abitazioni di Panipat erano
conosciute per il nome delle donne che ci vivevano, tale era il livello di
riconoscimento per esse. Oggi lo stesso stato, Haryana, e la stessa citta',
Panipat, sono famose per i crimini contro le donne. In questo posto, dove le
donne musulmane sono state rispettate ed avevano ruoli di potere, oggi non
si permette loro quasi neppure di nascere [Panipat ha un altissimo tasso di
aborti selettivi - ndt]. E questo mi addolora immensamente ogni volta che
penso a cos'era Panipat un tempo, e a cos'e' oggi.
*
Si', le donne musulmane sono oppresse, e lo sono in nome della religione che
ha tentato di riconoscere loro dei diritti, ma queste violazioni non vengono
passivamente accettate come in genere si pensa. C'e' stata una lotta
costante all'interno della comunita' per raddrizzare questa gravosa
ingiustizia. Piu' di un secolo fa, nel 1905, il mio bis-bisnonno Maulana
Altaf Hussain Hali, scrisse la sua famosa poesia "Chup ki Daad" (In lode di
chi e' silente), nella quale non parlava solo delle donne musulmane, ma
delle donne di tutti i gruppi:
"Fino a che vivi sei deprivata di istruzione, di insegnamento.
Ignorante sei giunta qui, e ignorante diparti.
Apprendere, che per gli uomini e' l'elisir della vita,
per te e' veleno, e' amaro, e' mortale.
Ma il tempo della giustizia si approssima,
il giorno del giudizio e' vicino,
e il mondo dovra' ripagare l'averti derubata dei tuoi diritti".
Nel periodo in cui tentavo di comprendere le molteplici difficolta'
incontrate dalle musulmane indiane, mi imbattei nelle interpretazioni
femministe del Corano. La mia scoperta comincio' con gli scritti di Fatima
Mernissi. Altre studiose femministe seguirono: Amina Wudood, Riffat
Hasan e, piu' di recente, Farida Shaheed. Costoro hanno guardato all'Islam
attraverso una lente di genere, ed hanno trovato un mondo differente
dall'Islam patriarcale che viene insegnato e propagato. Nel suo libro Donne
nell'Islam Fatima Mernissi parla della rivelazione della Surah "Al Ahzab":
"Come mai, chiese Umm Salama moglie del Profeta, gli uomini sono menzionati
nel Corano e noi no? Il Corano e' solo per gli uomini?".
Fu allora che i versetti della Surah che ho letto poco fa, e che parlano di
uguaglianza fra donne ed uomini, furono rivelati. La domanda di Umm Salama
fu l'inizio di un concreto movimento di protesta fra le donne. Secondo lo
storico Tabari, alcune donne credenti andarono dalle mogli del Profeta e
dissero: "Allah vi ha parlato nel nome del Corano, ma non ha detto nulla di
noi donne. Non c'e' nulla, su di noi, che meriti menzione?".
La risposta che venne da Allah nella Surah metteva in discussione i ruoli
che regolavano la relazione interpersonale tra i due sessi. Le donne ebbero
tale successo nella loro ricerca che un'intera Surah fu rivelata, e porta il
loro nome. Essa contiene nuove indicazioni che furono interpretate poi dai
giuristi e codificate come legge civile musulmana. Per esempio, le leggi
sull'eredita' danno dettagliate istruzioni sul rapporto fra donne e
proprieta'. Per dirla francamente, la Surah  "Al Nisa" privo' gli uomini
dell'epoca dei loro privilegi tradizionali. La donna non poteva piu' essere
vista come una proprieta', un bene di consumo, non poteva piu' essere
"ereditata" come un pezzo di terra, ma per la prima volta poteva ella stessa
ereditare. In effetti cio' ebbe l'effetto metaforico di una bomba, a Medina,
perche' scosse le fondamenta del patriarcato. Dio c'era in eguaglianza per
donne ed uomini.
*
E il femminismo islamico, comunque, non e' nulla di nuovo. Fin dai primordi,
le donne nell'Islam hanno contribuito ad ogni aspetto della vita, hanno
fatto poesia e persino guerre. Il loro contributo e' stato immenso, ed e'
impossibile elencare tutte queste donne ed i loro successi, pero' puo'
essere interessante esplorare alcune delle loro storie che si estendono nei
continenti e nei secoli.
La prima a cui penso e' Hazrat Khadija, moglie del Profeta. Poi sua figlia
Hazrat Fatima Zehra. E le sue nipoti, Hazrat Zainab e Hazrat Kulsum, e le
donne che affiancarono Imam Husain, il nipote del Profeta, alla battaglia di
Karbala.
Ma la storia ha moltissimi altri esempi. Amina di Zazzau, nata nel 1533, che
apprese le arti del governo e del combattimento sin da bambina, sdegno' di
sposarsi, e indipendente e nubile divenne regina nel 1576; Nana Asma'u, che
diede inizio al movimento per l'istruzione delle donne (yan-taru) nel 1840
in Nigeria; Fatima Aliyeh Hanim, la prima scrittrice della Turchia moderna,
che nel XIX secolo denuncio' come l'Islam fosse interpretato male
appositamente per opprimere le donne e nei suoi lavori incito' le donne ad
istruirsi e a partecipare alla societa'.
Penso a Huda Sharaawi, pioniera del movimento delle donne egiziano ai
primordi del XX secolo, cresciuta in un harem, che fu la prima donna a
scendere in piazza contro il colonialismo britannico e fu profondamente
coinvolta nell'attivismo politico per il suffragio universale. Come
presidente dell'Unione delle femministe egiziane dichiaro' che lo scopo
dell'associazione era il restaurare i diritti perduti dalle donne egiziane,
rivendicando la propria storia.
Attraverso i secoli, dalla nascita dell'Islam, le donne musulmane sono state
guide ed esploratrici di nuovi territori.
Un altro esempio di questo e' Bibi Zainab, una donna povera di Tabriz, la
cui milizia femminile scosse l'Iran come una tempesta nello sciopero del
1880 contro il monopolio britannico sul tabacco. Quando gli uomini
abbandonarono la lotta, per la presenza dell'esercito inglese, Bibi Zainab
apparve con le sue donne. Togliendosi il velo, lo getto' in mezzo agli
uomini ed annuncio': "Potete tutti andarvene a casa. D'ora in poi, le mie
compagne ed io combatteremo le battaglie". Persino dopo che il monopolio
britannico fu cancellato, i sette reggimenti di donne monitoravano
differenti parti della citta' e dispensavano giustizia e legge: furono loro
ad aprire i magazzini alimentari per distribuire il grano ai poveri. Queste
donne ordinarie ruppero molti tabu': il velo, la separatezza, il prendere le
armi ed il mescolarsi liberamente agli uomini nelle case da te', tabu' che
erano stati creati dal sistema di valori patriarcale per negare alle donne
cio' che era loro di diritto.
Anche in India le musulmane hanno spesso dissolto gli stereotipi con il loro
lavoro e le loro scelte personali. La Begum Jahanawara Shahnawaz nacque nel
1896 e fu una delle due donne musulmane elette nell'assemblea federale
indiana pre-indipendenza. Fece parte dell'assemblea costituente, ed e'
grazie a lei che le donne furono incluse nelle clausole dei diritti
fondamentali.
Nell'India pre-indipendenza, dopo che la Mohameddan Educational Conference
aveva deciso di escludere le donne nel 1924, Atiya Fyzee decise di
protestare durante il giubileo nell'anno successivo. Nonostante le proteste
della presidenza, Atiya sali' sul podio, senza velo, e tenne un magnifico
discorso in cui chiedeva eguali diritti per donne ed uomini.
Poi negli anni '30 l'India del nord fu scossa da Rashid Jahan, marxista ed
attivista sociale che si uni' al partito comunista di Lahore e fu arrestata
per la sua attivita' politica nel decennio successivo. Rashid Jahan era
diventata medica negli anni '30, ma non fu questa la causa del furore.
Furono i suoi scritti, in cui personaggi di sesso femminile parlavano di
argomenti considerati tabu'. Aggredita come "anti-islamica" e accusata di
oscenita', tenne le proprie posizioni. Nel 1932, le storie della sua
antologia Angarey erano discusse nella comunita' con tanta intensita' che il
libro venne bandito nel giro di pochi mesi. Rashid Jahan contribui' a dare
inizio al Movimento degli scrittori progressisti ed ispiro' molte altre
donne, inclusa Ismat Chughtai, l'icona femminista della meta' del secolo
scorso, il cui racconto di un amore lesbico (Lihaaf, o La trapunta, 1940) fu
pure bandito per decenni.
All'incirca nello stesso periodo, Begum Sharifa Hamid Ali formulo' un
modello di contratto matrimoniale in cui, fra le altre condizioni, inseri'
il diritto di divorziare per le donne. Lo diede alle stampe nel 1937 e la
sua circolazione fu ampia. Durante la seconda guerra mondiale una delle sue
battute favorite era: "Noi donne abbiamo sofferto molti Hitler domestici in
ogni generazione".
*
Questi sono solo esempi dei traguardi e delle lotte di donne musulmane
attraverso i secoli. Tali donne erano forti, determinate e disposte a
lottare: molto distanti dall'immagine comunemente accettata che vuole le
donne musulmane silenziose, acquiescenti e separate dal resto del mondo.
Esse smantellano il mito che le societa' islamiche non sono interessate
dalla lotta delle donne per i propri diritti. Invece, come in ogni altra
societa', comunita' o religione, le donne si sono alzate in piedi ed hanno
lavorato per la giustizia sociale, lottato per i diritti delle donne,
sfidato la visione patriarcale attribuita all'Islam ed hanno vissuto vite di
cui esse stesse definivano i termini.
*
E ci sono numerose donne musulmane, oggi, invisibili e senza nome, che
giornalmente lottano contro l'ingiustizia, il patriarcato e l'oppressione,
anche se questo non le fara' finire sui libri di storia. I media non
riportano il loro valoroso impegno; le vittorie che ottengono e le loro
interpretazioni del Corano sono oscurate, e l'Islam viene presentato ovunque
come contrario alle donne.
Per contrastare questo stato di cose, e' importante andare indietro e capire
le origini dell'Islam. Dobbiamo ricordare che l'Islam nasce in un contesto:
era inteso per guarire i mali di una società araba preislamica. In quel
momento e in quel luogo, le parole del Profeta, il suo messaggio, erano
sicuramente rivoluzionarie. Ma noi musulmani ci aggrappiamo a quelle parole
senza comprendere lo spirito profondo che ci sta dietro, e qui e' il nostro
problema. Ibn al-Arabi, ne La mistica dell'Islam, ha detto: "Tutto cio' che
la tradizione ci ha lasciato sono mere parole. Sta a noi scoprire cosa esse
significano".
Il Profeta ci ha mostrato una strada e noi l'abbiamo intesa come una
destinazione. Non siamo cambiati, non abbiamo progredito, abbiamo fatto
pochi passi e poi ci siamo fermati. Le porte della "ijtehad"
(interpretazione) ci sono state chiuse in faccia da interessi di parte.
Abbiamo smesso di leggere e di capire lo spirito del Corano. Abbiamo smesso
di valutare criticamente gli Hadith (I detti del Profeta). Abbiamo smesso di
comprendere il messaggio di Allah e ci basiamo sulle sue interpretazioni
fatte da altri. Abbiamo imbevuto l'Islam di altre religioni, ma non di cio'
che c'e' di buono nelle altre religioni, l'abbiamo imbevuto di ideologia
patriarcale e cultura della separatezza.
Per fare un esempio, l'Islam per sua stessa definizione propaga una societa'
senza caste, ma grazie al sistema classista antitetico allo spirito
dell'Islam, donne vengono uccise in "delitti d'onore" in tutta l'Asia del
sud. Io ricordo ancora Maimum, una diciottenne di un piccolo villaggio
chiamato Sudaka. Venne alla Commissione nazionale per le donne assieme al
marito Idris, a chiedere aiuto. Oggi, Maimum non esiste piu'. Nonostante
l'intervento della Commissione e' stata assassinata. La sua colpa era
questa: aveva rifiutato di sposare il quarantenne scelto per lei dallo zio
ed aveva sposato il ragazzo che amava. Idris, secondo la famiglia di lei,
apparteneva ad una casta differente, e percio' il matrimonio non era valido.
E' davvero triste che noi si sia dimenticato tutto quel che il Profeta ci ha
insegnato, e si seguano pratiche e costumi patriarcali. Ed e' davvero tempo
che noi, come musulmani, si incarni lo spirito dell'Islam, quello spirito
che sanci' i diritti delle donne, il loro diritto a progredire e ad agire.
Dobbiamo nuovamente valutare le pratiche patriarcali che tentano ancora una
volta di relegare le donne alla loro posizione pre-islamica.
Abbiamo bisogno di ascoltare le voci di donne come Rashid Jahan e Ismat
Chughtai. In effetti non solo noi, anche i non musulmani hanno bisogno di
ascoltare queste voci, le storie di Biwi Zainab e della Begum Sharifa Hamid,
per muoversi oltre gli stereotipi e riconoscere l'Islam per cio' che
realmente e'. Cio' non servirebbe solo come rimedio base per i pregiudizi,
ma contribuirebbe a porre fine alle varie discriminazioni che i musulmani
affrontano attualmente. Io ho partecipato all'audizione pubblica dei
rifugiati interni del Gujarat e le storie che ho sentito la', storie di
boicottaggio economico, di esclusione sociale, di denegazione, ancora mi
causano notti insonni. Questo deve finire. Il genere non puo' essere una
scusa per la negazione dei diritti umani, ne' puo' esserlo la religione, e
sia i musulmani sia i non musulmani devono capire questo.
Inoltre, dobbiamo smettere di considerare i musulmani una massa omogenea. I
musulmani non sono un monolito. Le loro condizioni ed i loro problemi
variano da paese a paese, da stato a stato, persino da distretto a
distretto, proprio come le condizioni di ogni altro gruppo. I musulmani
algerini, sauditi, francesi e indiani sono completamente differenti. Persino
entro la stessa India, i musulmani delle zone di Kerala, Karnataka e Tamil
Nadu stanno economicamente assai meglio dei musulmani delle zone di Bihar e
Assam. E mentre i musulmani e i non musulmani si imbarcano in questo viaggio
di introspezione e mutua comprensione, il governo deve mantenere i propri
impegni per l'equita': il rapporto della Commissione Sachar ha mostrato che
una donna musulmana indiana su due e' analfabeta, cioe' che solo il 50%
delle donne musulmane sa leggere e scrivere. Si tratta della percentuale
piu' bassa del nostro paese. Similmente, la percentuale del musulmani che si
situano sotto la linea di poverta' e' molto piu' alta della media nazionale.
Le zone a maggioranza musulmana hanno minor accesso a servizi pubblici quali
l'acqua, gli ospedali e le scuole. Tutto questo io l'ho visto con i miei
occhi a Benares, Malegaon, Murshidabad. Un governo democraticamente eletto
e' vincolato ad onorare la promessa di rimuovere iniquita' e
discriminazioni.
*
Per quanto riguarda le donne musulmane, noi stiamo creando nuovi modi
affinche' reclamino uno status che appartiene loro di diritto, attraverso la
promozione di programmi educativi, usando l'apprendimento a distanza,
aprendo speciali ostelli per donne, tenendo seminari per ispirarle alla
leadership ed al dispiegamento delle loro capacita' e volonta'. Se togliamo
il tappo, per cosi' dire, alle potenzialita' delle donne questo avra'
certamente un effetto di riverbero sulle loro comunita'. Dobbiamo ricordare
cio' che Maulana Hali, poeta e femminista, disse ai suoi tempi, un centinaio
di anni fa. Questi versi famosi parlano semplicemente e direttamente dello
status delle donne nella societa', non solo delle donne musulmane, ma di
tutte le donne:
"O sorelle, madri, figlie
voi siete l'ornamento del mondo
voi siete la vita delle nazioni
voi siete la dignita' di ogni civilta'".
E' in questa luce che dobbiamo reimmaginare le donne musulmane. Nella luce
lasciata a noi dalle grandi antenate che ci hanno precedute, queste donne
che hanno sfidato le strutture e le norme dell'ingiustizia, ed hanno
lastricato la strada per noi sin dalla stessa fondazione dell'Islam. Hanno
creato un varco per le donne, ed anche per gli uomini, un varco attraverso
il quale possiamo seguire i loro passi e creare un nuovo sentiero che ci
conduca all'eguaglianza. Siano le loro lotte, la loro saggezza, il loro
coraggio a guidarci e a donarci il potere di ricostruire l'immagine delle
donne nell'Islam come pilastri di forza, donne che esprimono fiducia e
vigore, che camminano al loro proprio passo in ogni paese del mondo.
In conclusione, vorrei chiudere con una poesia di Iqbal:
"Non temere il vento avverso, o falcone.
Esso soffia contro di te solo per spingerti piu' in alto".

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