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Nessuno si arrenda al razzismo
- Subject: Nessuno si arrenda al razzismo
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 17 Jul 2009 14:38:03 +0200
- Importance: Normal
============================== NESSUNO SI ARRENDA AL RAZZISMO ============================== Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" del 17 luglio 2009 1. Peppe Sini: Ieri, oggi, domani 2. Alcune associazioni di Ivrea: Per amore dei diritti di tutti 3. Monica Lanfranco: Appello al Presidente della Repubblica 4. Jones Mannino: Appello al Presidente della Repubblica 5. Maria Mantello: Appello al Presidente della Repubblica 6. Amalia Navoni: Appello al Presidente della Repubblica 7. Sergio Paronetto: Appello al Presidente della Repubblica 8. Lorella Pica: Appello al Presidente della Repubblica 9. Pasquale Pugliese: Dalla falsa alla vera sicurezza. Con la nonviolenza contro il razzismo 10. Roberta Ronchi: Al Presidente della Repubblica 11. Nanni Salio: Appello al Presidente della Repubblica 12. Giovanni Scotto: Proccupazione 13. Denunciato il governo per le criminali deportazioni 14. Massimo Solani: L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati denuncia le criminali deportazioni e le violenze sui migranti 1. UNA SOLA UMANITA'. PEPPE SINI: IERI, OGGI, DOMANI Pubblichiamo ancora alcuni interventi che abbiamo ricevuto nei giorni scorsi, nel corso dell'iniziativa che ha costituito un estremo tentativo di fermare l'introduzione del nazismo nel corpus legislativo italiano chiedendo coralmente ed accoratamente al Presidente della Repubblica di non promulgare il "pacchetto sicurezza" che contiene misure razziste e squadriste, anomiche ed incostituzionali, violatrici della dignita' e dei diritti di ogni essere umano. Ed insistiamo nel ricordare che la lotta nonviolenta per l'abolizione di questi provvedimenti illegali e criminali deve ora essere condotta dal popolo italiano detentore della sovranita' nazionale come dalle istituzioni che vogliano restare fedeli alla Costituzione su cui si incardina il nostro ordinamento giuridico statuale. * Il "pacchetto razzismo" non e' ancora in vigore: dovra' prima essere pubblicato sulla "Gazzetta ufficiale" e solo 15 giorni dopo avra' forza di legge. In questo lasso di tempo occorre proficuamente dispiegare le energie disponibili per costringere, se possibile, Parlamento e Governo a recepire almeno le obiezioni formulate dal Capo dello Stato nella lettera del 15 luglio che ha accompagnato la promulgazione delle norme dell'infamia, lettera che quelle norme smaschera e denuncia come illecite, antigiuridiche, scellerate, avverse alla Costituzione, alla ragione, alla civilta', all'umanita' (ed ogni persona di retto sentire non puo'non chiedersi sbigottita come abbia potuto il Presidente dela Repubblica, svolta quell'analisi, prestarsi a ratificare quelle oscene misure razziste e squadriste). * Se si riuscisse a promuovere una resipiscenza almeno nei molti parlamentari che nei mesi scorsi hanno a piu' riprese dichiarato la loro opposizione; se si riuscisse a far capire ai dirigenti di organizzazioni, associazioni, movimenti politici, sociali, culturali, assistenziali, l'immensa gravita' di quelle illegali e disumane misure; se si riuscisse a premere con forza affinche' si faccia luce nelle coscienze e nelle intelligenze obnubilate da retoriche ed ideologie necrofile e insensate: ebbene, si potrebbe almeno riuscire a limitare i danni nell'immediato, finche' non si riuscira' ad abrogare in toto le parti razziste e squadriste di quel deliberato. * Si e' talmente degradata la lotta e la riflessione politica nel nostro paese che i piu' neppur si avvedono che a fronte di tante grottesche frivolezze per "politica" spacciate di cui sono gremite le colonne dei giornali e gli schermi delle televisioni qui siamo invece dinanzi ad un colpo di stato. Un colpo di stato piduista e razzista. Un colpo di stato che impone al nostro paese il regime dell'apartheid. Un colpo di stato che provochera' inaudite umiliazioni e sofferenze a milioni di esseri umani. Un colpo di stato che provochera' la morte di tante persone innocenti. * E non perderemo tempo adesso a chiarire ancora un volta che tutti i migranti presenti in italia che non abbiano gia' acquisito la cittadinanza italiana sono sotto minaccia, sotto ricatto, sotto terrore: poiche' tutti possono essere minacciati di perdita del lavoro e con cio' divenire "irregolari", tutti possono non riuscire a rinnovare in tempo il permesso di soggiorno di cui sono in possesso (i tempi sono biblici, e i rinnovi vengono effettuati sovente con grande ritardo dalla macchina burocratica lasciando "scoperti" per mesi i richiedenti di un rinnovo dovuto) e con cio' divenire "irregolari". E non aggiungo, perche' tutti gia' sanno, che e' un principio fondamentale di civilta' il riconoscimento del diritto di ogni essere umano a muoversi nel mondo; per non dire del diritto di ogni essere umano a fuggire dalle guerre, le persecuzioni, la miseria, per poter vivere, semplicemente vivere. Vi e' una sola umanita'. E ogni vittima ha il volto di Abele. Non dimentichiamolo. * Insistiamo dunque: si torni in Parlamento, siano recepite le obiezioni svolte dal Presidente della Repubblica nella sua lettera al governo e ai presidenti delle Camere. E ci si prepari alla lotta nonviolenta in difesa della legalita', della civilta', dell'umanita'. Ci si predisponga tutte e tutti ad adempiere al dovere morale e civile di contrastare il nazismo che torna. Nei prossimi giorni, nei prossimi mesi, sara' responsabilita' di ogni cittadina e cittadino, di tutti i cittadini italiani, contrastare vittoriosamente le barbare misure razziste imposte da un governo golpista ed avallate da un pusillanime presidente, ottenere l'abrogazione dell'apartheid, respingere lo squadrismo. E difendere tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, opporsi ai campi di concentramento e alle deportazioni, sconfiggere il nazismo oggi al governo. Nessuno si arrenda al razzismo. Nessuno si rassegni all'apartheid. La nonviolenza e' in cammino. 2. UNA SOLA UMANITA'. ALCUNE ASSOCIAZIONI DI IVREA: PER AMORE DEI DIRITTI DI TUTTI Appello contro il reato di immigrazione clandestina. Disobbediamo per amore dei diritti di tutti. Difenderemo gli immigrati onesti, clandestini loro malgrado Noi, cittadini italiani ed europei, riteniamo di dover contrastare gli effetti delle norme riguardanti i cittadini qui immigrati, che il Parlamento Italiano si appresta ad approvare. In particolare pensiamo che l'introduzione del reato di immigrazione clandestina sia ingiusta, intollerabile, pericolosa, dannosa e contraria ai principi della Costituzione della nostra Repubblica e della Dichiarazione universale dei diritti umani. Ingiusta perche' gli irregolari presenti in Italia, al momento dell'ingresso non hanno commesso alcun reato e, successivamente, non possono richiedere di essere regolarizzati. Infatti anche se hanno un lavoro, questo puo' essere solo "in nero", e non essendo prevista una sanatoria non possono uscire dalla clandestinita'. La riduzione della clandestinita' sarebbe possibile con un saggio provvedimento che consentisse la regolarizzazione di chi lavora e delle loro famiglie. Intollerabile perche' produrra' paura soprattutto nei clandestini onesti che sono la quasi totalita'. Saranno questi infatti a rischiare la perdita di servizi anche minimi che oggi hanno, per la salute, per la scuola dei figli, per la possibilita' di movimento senza paura. Se lavorano per datori di lavoro senza scrupoli saranno piu' ricattabili. Pericolosa perche' esiste il rischio che nascano servizi clandestini per la sanita', per la scuola, per la sicurezza, gestiti da organizzazioni clandestine e criminali. Dannosa perche' diffonde tra le persone la falsa idea che gli immigrati irregolari siano un pericolo da cui difendersi e persone di cui diffidare; fra gli immigrati semina paura e diffidenza, la sensazione di essere mal visti e addirittura odiati. Genera un clima di reciproco sospetto che produrra' solo cattivi frutti. Noi crediamo che la sicurezza di ognuno sia il frutto di una comunita' rispettosa dei diritti di tutti, attenta ai piu' deboli, capace di costruire relazioni umane ricche e solidali. Noi che sottoscriviamo questo documento ci impegniamo a difendere i diritti dei cittadini di altri Paesi, che vivono qui senza avere altra colpa che non sia l'immigrazione o soggiorno clandestino, che la nostra coscienza ci impedisce di considerare reato. Ivrea, 2 giugno 2009, festa della Repubblica Italiana 3. UNA SOLA UMANITA'. MONICA LANFRANCO: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Sottoscrivo l'appello al Presidente. Monica Lanfranco 4. UNA SOLA UMANITA'. JONES MANNINO: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Ho diffuso l'appello a Napolitano e gli ho scritto in prima persona. Jones Mannino 5. UNA SOLA UMANITA'. MARIA MANTELLO: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Abbiamo scritto al Presidente della Repubblica ed abbiamo pubblicato l'appello contro il ritorno delle leggi razziali in Italia nel nostro sito www.periodicoliberopensiero.it Maria Mantello, presidente dell'Associazione nazionale del libero pensiero "Giordano Bruno" 6. UNA SOLA UMANITA'. AMALIA NAVONI: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Ho inviato al Presidente della Repubblica la lettera e l'ho ulteriormente diffusa. Cari saluti Amalia Navoni 7. UNA SOLA UMANITA'. SERGIO PARONETTO: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Come Pax Christi abbiamo gia' mandato una lettera a Napolitano il 2 giugno. Poi ne abbiamo inviate personalmente. Sergio Paronetto, Pax Christi Italia 8. UNA SOLA UMANITA'. LORELLA PICA: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Aderisco all'appello. Lorella Pica 9. UNA SOLA UMANITA'. PASQUALE PUGLIESE: DALLA FALSA ALLA VERA SICUREZZA. CON LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO [Ringraziamo Pasquale Pugliese per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso su "Azione nonviolenta" di luglio 2009 col titolo "Si scrive sicurezza, si legge razzismo. Ecco la politica della paura"] Sicurezza. Una parola alla deriva La parola sicurezza, che tecnicamente significa protezione dai pericoli e dalla paura, ha spesso subito nel linguaggio politico un destino analogo a quello di altre parole (per esempio pace o liberta') che hanno avuto una costante deriva semantica che le ha infine ribaltate nel loro contrario. Creando un danno irreparabile non solo alla lingua, che sarebbe il meno, ma nella pratica delle relazioni umane. Fino alla caduta del muro di Berlino, nelle relazioni internazionali, si diceva di sicurezza e si intendeva la corsa agli armamenti. Ossia si mascherava dietro alla retorica della sicurezza la follia di una continua escalation nucleare che avrebbe potuto - anziche' proteggere le persone dai pericoli - distruggere piu' volte l'umanita'. I blocchi politico-militari contrapposti sono infine crollati nell'89, ma il pericolo nucleare e' rimasto ancora oggi incombente sulla testa di tutti. Senza sicurezza per nessuno. Dopo il 2001, con un altro crollo, questa volta quello delle torri gemelle di New York, l'ideologia della sicurezza si trasforma ancora nel suo contrario: nell'alimentazione della paura, derivante non piu' da un "pericolo rosso" ma da un supposto "pericolo islamico". Come cio' sia avvenuto in maniera scientifica e deliberata e' raccontato, tra gli altri, da Loretta Napoleoni e Ronald J. Bee nel loro libro I numeri del terrore. Perche' non dobbiamo avere paura (Il Saggiatore, 2008) che cosi' inizia: "Tutti sanno che i terroristi fanno leva sulla paura per raggiungere i loro scopi, pochi pero' sono consapevoli che i capi di stato ricorrono alla medesima tattica. E non si tratta di un fenomeno nuovo: la politica della paura e' una strategia subdola orchestrata per raccogliere consensi, spesso per imporre politiche altrimenti impopolari". Nel nome della sicurezza, s'intende. E continua qualche pagina piu' avanti: "il timore di un nemico tanto potente e malvagio e' penetrato velocemente nella nostra societa' e ci ha convinti che in quanto singoli siamo tutti suoi bersagli. Attorno a questa psicosi i politici e i media hanno costruito a tavolino la 'politica della paura'". Rinforzata anche da questa incalzante e globale "politica della paura", in Italia la parola sicurezza ha subito un'ulteriore deriva negativa: e' diventata sinonimo di insofferenza, intolleranza, odio ed infine repressione nei confronti degli immigrati. Questa nuova retorica della sicurezza sta segnando i passaggi della costruzione del nuovo razzismo in atto in questo momento in Italia, sia su un piano ideologico che legislativo. Le dichiarazioni dei massimi vertici del governo italiano - amplificate, ribadite e rinforzate dai media di regime - sono infatti altrettanto pericolose dei vari "decreti sicurezza" perche' definiscono i contorni di una vera e propria "pedagogia razzista", che incanala contro i piu' deboli ed indifesi la "paura liquida" (Bauman) che pervade la vita precaria di molti. E mentre le leggi potranno forse in futuro essere modificate da una diversa maggioranza politica, i danni di questa pedagogia negativa rimarranno a lungo. Del resto non e' un fatto nuovo nella storia d'Europa: anche la crisi finanziaria del 1929 fu il pretesto per scaricare su un altro "altro" - gli ebrei - le responsabilita' della catastrofe economica, costruire l'ideologia antisemita e, con essa, aprire le porte alla scalata al potere del nazismo. "Non vogliano un'Italia multietnica" (il presidente del consiglio Berlusconi); con i clandestini "bisogna essere cattivi" (il ministro dell'interno, Maroni); sulla metropolitana di Milano "posti riservati ai milanesi ed alle persone perbene" (il deputato al parlamento Salvini), perche' "Milano sembra una citta' africana" (ancora Berlusconi): sono solo alcune delle formule utilizzate dai vertici del potere italiano, in queste ultime settimane, per delineare la costituzione materiale razzista del nostro paese - antitetica a quella in vigore - incontrando il favore di una parte consistente (e nel Nord-Est maggioritaria) delle "gente" a cui si rivolgono e da cui - proprio per questo - ricevono il consenso. * La vere "emergenze sicurezza" Dunque, e' proprio il razzismo una della vere "emergenza sicurezza" presenti oggi in Italia, che si aggiunge e, in qualche modo, si salda con le altre vere "emergenze sicurezza", che mettono seriamente in pericolo la tenuta democratica del nostro paese. Ma di queste il governo non si occupa. O, se lo fa, e' - come per il razzismo - per aggravarle. Proviamo a metterne brevemente a fuoco almeno altre tre. 1. Le mafie Ormai (come ha scritto nella propria relazione l'ultima Commissione parlamentare antimafia che ne ha redatta una, quella guidata da Francesco Forgione nella precedente legislatura) in alcune regioni italiane lo Stato ha completamente ceduto il proprio potere alle mafie. Per esempio, in Calabria bisogna constatare che e' ormai lo Stato che si deve "'infiltrare' nel tessuto sociale, mentre, viceversa, l'infiltrazione 'ndranghetista nelle amministrazioni pubbliche (Comuni, Asl, Regione) le consente di 'controllare' in modo sistematico il flusso economico degli appalti pubblici, della sanita', dei finanziamenti nazionali ed europei". A partire da questo dominio praticamente incontrastato nei territori d'origine, la 'ndrangheta si proietta con prepotenza nel circuito economico e politico nazionale e internazionale fino a diventare "l'unica organizzazione mafiosa ad avere due sedi; quella principale in Calabria, l'altra nei comuni del centro-nord Italia oppure nei principali paesi stranieri". Una mafia "liquida" (Bauman) nella sua capacita' espansiva e colonizzatrice e nello stesso tempo arcaica nella sua violenza efferata, la cui "diffusione planetaria si accompagna a un'intensificata ossessione per il controllo (militare, politico, amministrativo, affaristico) dei territori di competenza". Ma questo terrificante scenario nazionale e questa nostra vera - questa si' - invasione internazionale non e' una priorita' ne' sui mezzi di comunicazione ne' nelle agende della politica. 2. L'analfabetismo Rispetto a quest'altra emergenza, che come la mafia dovrebbe riguardare il passato remoto del nostro paese ma invece riguarda drammaticamente il nostro presente e il nostro futuro, riporto alcuni stralci di un articolo del linguista Tullio de Mauro pubblicato sul n. 734 di "Internazionale" del 6 marzo 2008, che analizza l'esito di alcune ricerche internazionali. "Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un'altra, una cifra dallíaltra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficolta' una scritta e a decifrare qualche cifra. Trentatre superano questa condizione ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi, di rilievo anche nella vita quotidiana, e' oltre la portata delle loro capacita' di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale e' un'icona incomprensibile. Secondo specialisti internazionali, soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una societa' contemporanea". E continua, "tra i paesi partecipanti all'indagine l'Italia batte quasi tutti. Solo lo stato del Nuevo Leon, in Messico, ha risultati peggiori. I dati sono stati resi pubblici in Italia nel 2001 e nel 2006. Ma senza reazioni apprezzabili da parte dei mezzi di informazione e dei leader politici". Il razzismo crescente nei discorsi del governo e nei suoi decreti legge, che trova consensi enormi tra le persone che non distinguono tra le vere e le false emergenze sicurezza, non ha forse a che fare con questa condizione di analfabetismo di massa? 3. L'informazione Ogni anno, il 3 maggio, in occasione della Giornata internazionale della liberta' di stampa, l'associazione no-profit statunitense Freedom House (fondata da Eleanor Roosvelt) stila un rapporto sulla liberta' di stampa nel mondo relativo a 195 paesi. Di questi i primi 70 sono giudicati "liberi", i successivi 61 sono "parzialmente liberi", gli ultimi 64 sono "non liberi". Per la prima volta, quest'anno l'Italia scivola al 73esimo posto collocandosi tra i paesi "parzialmente liberi", unico paese dell'Unione Europea. Nel comunicato della Ong si legge, tra le motivazioni, che l'Italia e' stata declassata per "le limitazioni imposte dalla legislazione, per l'aumento delle intimidazioni nei confronti dei giornalisti da parte del crimine organizzato e di gruppi dell'estrema destra, e a causa di una preoccupante concentrazione della proprieta' dei media". Se l'Italia fosse un paese libero questo giudizio di un'organizzazione indipendente internazionale sarebbe considerato dall'opinione pubblica un attentato alla democrazia e, in ultima analisi, alla sicurezza dei cittadini, ma poiche' siamo, appunto, "parzialmente liberi", anche questa informazione e' passata praticamente inosservata. * Solo la nonviolenza puo' dare vera sicurezza La continua manipolazione politico-mediatica - che fa buon uso del sostanziale analfabetismo degli italiani e rende l'Italia un paese "parzialmente libero", oltre che dominato in parte dalla mafia che esportiamo in giro per il pianeta - distoglie l'attenzione dalle vere "emergenze sicurezza" e, attraverso la "politica della paura", la indirizza contro la presenza degli immigrati, alimentando cosi' un'ulteriore emergenza reale, il razzismo diffuso, fondato sulla precarieta' economica ed esistenziale e sulla solitudine delle persone. "La solitudine fa crescere la paura", scrive Marco Aime, "e ci inventiamo un nemico comune per credere di essere uniti e solidali" (La macchia della razza, Ponte alla grazie, 2008). La paura dell'altro, in realta', fa aumentare il senso di insicurezza che crea dell'altra paura in un circuito perverso e senza fine. Che infine genera mostri sociali e politici. Questo circuito percio' va interrotto, prima che sia troppo tardi. Ancora una volta credo che la nonviolenza ci possa aiutare. Sia nella lotta contro la legislazione razzista che si sta impiantando in Italia, sia nella costruzione di una pedagogia positiva, rivolta agli adulti ancor prima che ai ragazzi, alternativa rispetto a quella egemonica che sta facendo assumere agli italiani "un volto spietato e crudele, egoista e violento" (Raniero La Valle, Nuovo volto crudele, "Rocca", 11/2009). Rispetto alle forme di lotta, l'obiezione di coscienza e la disobbedienza civile rimangono i principali strumenti di azione per quei cittadini italiani che sentono ancora la responsabilita' di opporsi a quanto sta avvenendo nel nostro paese. Ma accanto a cio' bisognera' ricominciare a studiare con attenzione la pratiche dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti, guidati da Martin Luther King. E bisogna farlo insieme alle associazioni degli immigrati, prima che l'oppressione generi in essi rassegnazione o contro-violenza. Contemporaneamente va ripresa con forza la dimensione educativa della nonviolenza, che in Italia ha avuto importanti figure di riferimento in Aldo Capitini, Lorenzo Milani e Danilo Dolci, per ricostruire un tessuto culturale ed antropologico fondato sull'umanita'. All'interno del quale la sicurezza, che e' un bisogno primario dell'essere umano, sia edificata su quelle solide basi - la forza d'animo, il potere personale e il legame sociale - che stanno a fondamento dell'approccio nonviolento. Vediamo. La forza d'animo e' alla radice del "satyagraha", la gandhiana fermezza nella verita', che ha il suo presupposto nella fermezza di se', ossia in quella forza costruttiva personale che e' esattamente il contrario della paura: e' il coraggio. La forza d'animo non e' una "dote" naturale, ma un apprendimento frutto di un'educazione attenta ai bisogni di ciascuno. Il potere personale e' la capacita' di agire e incidere nella realta'; non e' riferito al sostantivo "il potere" ma alle declinazioni del verbo "potere": io posso. Anche il potere personale non e' definito una volta per tutte dal destino, ma dipende dalla possibilita' data a ciascuno di strutturare una personalita' con un buon livello di autostima, di abnegazione, di pazienza e di tenuta. Elementi che consentono di sconfiggere il senso di impotenza di fronte agli eventi. "La violenza e' un potere disintegrativo, mentre la nonviolenza e' un potere integrativo", scrive Michael Nagler, "e puo' essere appreso" (Per un futuro nonviolento, Ponte alle Grazie, 2005). Infatti, la forza d'animo e il potere personale, fattori di sicurezza personale, generano la sicurezza collettiva nella misura in cui aiutano a costruire il legame sociale, quella dimensione di benessere relazionale che e' stata disintegrata dalla violenza sociale e culturale dell'individualismo, dell'odio e, infine, della solitudine. Si tratta dunque di re-imparare a tessere le reti sociali per fare comunita' aperte e solidali, che danno sicurezza e forza perche' non si fondano sulla paura dell'altro. Naturalmente siamo solo all'inizio tanto della lotta antirazzista quanto della ricostruzione di un nuovo modello solidale di societa', ma sappiamo che quando si agisce consapevolmente nella direzione giusta i risultati, prima o poi, arriveranno. Come negli Usa, dove i giornali riportavano di uno striscione issato a Washington nei giorni dell'elezione del presidente Obama, in cui c'e' scritto: "Rosa (Parks) si e' dovuta sedere perche' Martin (Luther King) potesse camminare; Martin ha marciato perche' Barak potesse correre; Barak corre perche' i nostri figli possano volare". Oggi negli Usa, domani in Italia. 10. UNA SOLA UMANITA'. ROBERTA RONCHI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Egregio Presidente della Repubblica, con riferimento al potere attribuitole dall'art. 74, comma 1, della Costituzione, le chiedo: - di non promulgare il testo di legge deliberato in via definitiva dal Senato il 2 luglio 2009, noto come "pacchetto sicurezza", in quanto recante norme palesemente incostituzionali e violatrici di fondamentali diritti umani; - di rinviarlo pertanto alle Camere con messaggio motivato affinche' esso sia modificato conformemente al dettato della Costituzione della Repubblica Italiana, alle norme di diritto internazionale recepite nel nostro ordinamento e ai principi della civilta' giuridica. Cordiali saluti, Roberta Ronchi Lugo (Ravenna) 11. UNA SOLA UMANITA'. NANNI SALIO: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Facciamo sicuramente nostro l'appello. Nanni Salio, Centro studi "Sereno Regis" di Torino 12. UNA SOLA UMANITA'. GIOVANNI SCOTTO: PREOCCUPAZIONE Condivido in pieno la preoccupazione. Giovanni Scotto 13. UNA SOLA UMANITA'. DENUNCIATO IL GOVERNO PER LE CRIMINALI DEPORTAZIONI [Da "Azione nonviolenta" di luglio 2009 riprendiamo la seguente sintesi di un esposto-denuncia, li' apparsa col titolo "In nome della Costituzione e della legge denunciamo Berlusconi e Maroni"] Ai Procuratori della Repubblica presso il Tibunale di Roma, il Tribunale Militare di Roma, il Tribunale di Agrigenti Esposto-denuncia Il 6 maggio, 227 extra-comunitari, provenienti principalmente dall'Africa sub-sahariana, sono stati soccorsi da una nave italiana nel mare di Sicilia. Dopo essere stati trasbordati in una nave della Marina militare sono stati condotti in Libia, a Twescha (35 chilometri da Tripoli). Tra questi, come si e' appreso dalle notizie di stampa, vi erano anche alcune donne incinte ed alcuni minorenni. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unchr) ha chiesto alle autorita' italiane di riconsiderare la scelta e di rispettare il principio di non-respingimento, considerato anche il fatto che la Libia non ha aderito alla convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. Gli ammonimenti delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa non hanno pero' fermato i respingimenti. La mattina del 10 maggio, il ministro Maroni ha annunciato che altre 240 persone, tra cui 42 donne e due neonati, erano state spedite a Tripoli a bordo del pattugliatore Spica della Marina Militare. (...) Una volta presi a bordo della nave italiana i migranti sono entrati nel territorio italiano, quindi qualsiasi iniziativa doveva essere presa in conformita' con l'ordinamento italiano e con le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute alle quali fa esplicito riferimento l'art 10, primo comma, della Costituzione. L'art 10, secondo comma, della Costituzione prevede che "lo straniero, al quale venga impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica". Questa disposizione deve ritenersi, secondo la quasi unanime posizione della giurisprudenza, norma immediatamente precettiva che attribuisce un diritto perfetto di asilo allo straniero che si trovi nelle condizioni previste dal citato art. 10, sicche' la promulgazione di una legge ordinaria che stabilisca le condizioni per l'esercizio di quel diritto non e' condizione di esistenza dello stesso, ma fonte di una sua eventuale concreta disciplina di dettaglio. (...) Le norme in materia di asilo si rifanno alla Convenzione di Ginevra del 1951 secondo la quale (art. 33) e' considerato rifugiato chi nel proprio paese e' perseguitato per motivi politici, religiosi, etnici, di razza, o ha comunque ragionevoli motivi per temere per la propria vita o di subire violazioni dei diritti umani. L'art 19, primo comma, del Testo Unico sull'Immigrazione (decreto legislativo 286/1998) stabilisce che "In nessun caso puo' disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione". L'esame letterale di questo primo comma ci fa ben comprendere come il divieto di respingimento e di espulsione viga per il sol fatto che vi sia la probabilita' (non la certezza) della persecuzione. In ogni caso una volta a bordo della nave, i migranti dovevano essere condotti in Italia per gli accertamenti necessari a stabilire quali di loro avessero il diritto di asilo o di rifugio. Quelli senza requisiti, ad eccezione delle donne incinte e dei minori, inespellibili ai sensi dell'art. 19 del Testo Unico sull'Immigrazione, sarebbero stati espulsi (e "accompagnati") con provvedimenti individuali motivati, previo vaglio dell'autorita' giudiziaria ai sensi dell'art. 14. La posizione dei minori respinti e' da valutarsi anche in base a quanto statuito dalla Convenzione sui diritti dei fanciulli (New York, 20 novembre 1989), ratificata in Italia con Legge n. 176/91, la quale, all'art. 3, comma 2, dichiara che "gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere (...) ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati", con particolare riguardo all'ambito della sicurezza e della salute; all'art. 6, stabilisce che "gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo"; all'art. 10 prevede il diritto del fanciullo di vedere "considerata con spirito positivo, con umanita' e con diligenza" la domanda presentata "in vista di entrare in uno Stato parte"; all'art. 11 prevede che "gli Stati parti adottano provvedimenti per impedire gli spostamenti ed i non ritorni illeciti di fanciulli all'estero". Tutte queste norme - di carattere universale e pertanto intangibili nella loro sostanza - sono state completamente disapplicate nel momento in cui e' stato attuato il respingimento di minori verso uno Stato che non ne garantiva la sicurezza e lo sviluppo, negando agli stessi il diritto di chiedere asilo e di entrare nello Stato Italiano; inoltre, nel momento in cui i minori sono stati presi a bordo delle navi italiane sono entrati nel nostro territorio; cio' obbligava il Comandante della nave - pubblico ufficiale - a darne immediatamente comunicazione al Comitato per i Minori Stranieri istituto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (competente nella vigilanza del soggiorno e dell'ammissione dei minori temporaneamente presenti sul territorio), nonche' al Tribunale per i Minorenni territorialmente competente. E' da sottolineare, poi, che l'espulsione dei minori deve essere disposta dall'Autorita' giudiziaria (in ossequio anche allíart. 13 Cost), identificabile nel caso di specie nel Tribunale per i Minorenni; non v'e' dubbio infatti che la Polizia di frontiera non sia l'ente istituzionalmente preposto a valutare la sussistenza dei requisiti in materia di protezione internazionale (...). L'art. 19, secondo comma, del Testo Unico sull'Immigrazione (d. lgs. 286/1998) prevede che non e' consentita l'espulsione o il respingimento: "a) degli stranieri minori di anni diciotto... d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono. La Carta di Nizza, inoltre, prevede il divieto delle espulsioni collettive. (...) Nel caso che ci occupa la patente violazione del Testo Unico sull'Immigrazione (art. 19) da parte del Ministro dell'Interno e del Presidente del Consiglio, nonche' dei pubblici ufficiali che si trovavano a bordo delle navi, a nostro avviso potrebbe configurare il reato di abuso di ufficio (art. 323 c.p.) nella ipotesi aggravata: infatti: a) il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Interno sono pubblici ufficiali; b) hanno dato l'ordine al comandante della nave nello svolgimento delle loro funzioni; c) hanno violato una precisa disposizione di legge (art. 19 del Testo Unico sull'Immigrazione che vieta il respingimento delle donne incinte e dei minori); e) il danno arrecato ha avuto un carattere di rilevante gravita'. (...) Nella fattispecie sussiste anche l'elemento soggettivo del reato posto che, allorquando e' stato dato l'ordine di rinviare in Libia i migranti il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Interno hanno agito con la precipua volonta' e consapevolezza che tale fatto avrebbe cagionato il danno ingiusto (perche' illegittimo) previsto dall'art 323 c.p. Qualora non si ravvisassero gli estremi del reato de quo, in punto di sussistenza dell'elemento soggettivo, i sottoscritti ritengono che in ogni caso siano presenti quelli del reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 c.p., atteso che l'ordine che legittimamente doveva essere dato al comandante della nave doveva comprendere: a) lo sbarco in Italia; b) la verifica della posizione di ciascun migrante in punto di asilo e/o rifugio; c) il rilascio del permesso di soggiorno alle donne incinte sino a sei mesi dopo il parto; d) la protezione dei migranti minorenni. (...) Tanto esposto si insta affinche' il Presidente del Consiglio dei Ministri on. Silvio Berlusconi nato a Milano il 29.09.1936, il Ministro dell'Interno on. Roberto Maroni nato a Varese il 15.03.1955 e tutti coloro che risultassero responsabili a vario titolo dei fatti citati: comandante della nave militare che ha riportato i migranti in Libia, e qualsiasi altro che abbia concorso, in via di azione o di omissione, alla commissione dei reati di cui sopra, vengano perseguiti e puniti a termini di legge per tutti i reati che l'Autorita' Giudiziaria adita ravvisera' dai fatti indicati in narrativa. Con perfetta osservanza. Redatto ed approvato dagli avvocati: Marcello Fagioli (Urbania), Sandro Canestrini (Rovereto), Giuseppe Ramadori (Roma), Maria Teresa Danieli (Macerata), Gianfranco Borgani (Macerata), Antonio Di Stasi (Ancona), Katia Monceri (Urbino), Domenico Fagioli (Urbino), Roberta Martelli (Urbino), Antonio Fabi (Urbino), Lucia Santini (Urbino), Lucilla Fabi (Urbino), Fabio Bucher (Verona), Emanuele Ricci (Roma), Vincenzo Teresi (Napoli), Antonio Lovatini (Padova). 14. UNA SOLA UMANITA'. MASSIMO SOLANI: L'ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI DENUNCIA LE CRIMINALI DEPORTAZIONI E LE VIOLENZE SUI MIGRANTI [Dal quotidiano "L'Unita'" del 15 luglio 2009 col titolo "L'Onu accusa l'Italia: respinti in mare 82 immigrati senza alcuna verifica" e il sommario "Da Ginevra l'Unhcr chiede chiarimenti al governo ma riceve solo insulti..."] Hanno trascorso quattro giorni in balia delle onde prima di essere salvati da una nave della Marina Militare al largo delle coste di Lampedusa. Ma il miraggio e' durato poche terribili ore, il tempo di essere trasbordati su una motovedetta libica e riportati sulle coste africane, da dove il viaggio della speranza era partito. Dodici ore senza cibo ne' soccorso medico, respinti senza che nessuno si preoccupasse di chiedere loro da dove venissero e da cosa scappassero. Ottantadue persone, fra loro anche sei bambini e nove donne, rispediti in Libia in nome della nuova politica italiana dei respingimenti. Lo ha denunciato ieri l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) con una lettera in cui ha chiesto chiarimenti all'Italia dopo aver incontrato i migranti respinti in Libia: eritrei soprattutto (76), ma anche etiopi, egiziani e u marocchino che dal 2 luglio sono reclusi nei centri di detenzione temporanea di Zuwarah e Zawaiyah. E sono stati proprio i migranti, settantasei dei quali hanno chiesto asilo politico, a raccontare ai rappresentanti dell'Unhcr di essere stati trasferiti con la forza dai marinai italiani sulla motovedetta libica vista la loro opposizione (sei di loro hanno riportato ferite curate soltanto dopo l'arrivo a Tripoli) e di essersi visti confiscati documenti e telefoni cellulari. Ore concitate senza che ai migranti, spossati da quattro giorni in balia del mare, sia stato fornito cibo. "In considerazione dalla gravita' di quanto riportato - ha scritto l'Alto commissariato in una nota - l'Unhcr ha inviato una lettera al governo italiano con la richiesta di chiarimenti sul trattamento riservato alle persone respinte in Libia e richiedendo il rispetto della normativa internazionale". A dire il vero, secondo indiscrezioni, una prima lettera era gia' stata inviata nei primi giorni di luglio, ma da parte del governo italiano non era arrivata alcuna risposta. Da qui la decisione di rendere pubblico quanto accaduto. Accuse che hanno scatenato la reazione furibonda dell'esecutivo. "Indignato", il ministro della Difesa Ignazio La Russa che ha puntato il dito contro "la faciloneria con cui questo organismo internazionale accusi i marinai italiani di essere ladri, affamatori e violenti". "Abbiamo fatto tutti i necessari accertamenti - ha proseguito - e le risultanze contrastano nettamente con quanto riferito dall'Unhcr che, per sua stessa ammissione, ha riportato soltanto la versione delle persone incontrate successivamente nei campi libici, senza interpellare sul punto le autorita' italiane". Una qualche ammissione, pero', La Russa l'ha fatta quando ha spiegato che "alcuni di questi migranti, pochi per la verita', hanno tentato una vera e propria azione di forza mettendo addirittura in pericolo la sicurezza dell'imbarcazione, tanto da costringere i militari ad immobilizzarli". Dura anche la replica del ministro per le Politiche Europee Andrea Ronchi, secondo cui quelle dell'Alto Commissariato sono "accuse avventate, false, demagogiche, offensive e ripugnanti. L'Unhcr si vergogni - ha concluso Ronchi -. E chieda scusa all'Italia". Dal canto suo il Partito Democratico ha chiesto al governo di "chiarire al piu' presto" quanto successo il primo luglio al largo di Lampedusa. ============================== NESSUNO SI ARRENDA AL RAZZISMO ============================== Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" del 17 luglio 2009 Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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