Richiesta



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RICHIESTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
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Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" del 13 luglio
2009

1. Contro la violenza razzista e squadrista ogni persona di retto sentire,
ogni associazione democratica, ogni istituzione fedele alla Costituzione
scriva al Presidente della Repubblica affinche' respinga le
incostituzionali, anomiche, criminali e disumane misure del cosiddetto
"pacchetto sicurezza"
2. Hannah Arendt: La Resistenza nonviolenta in Danimarca

1. UNA SOLA UMANITA'. CONTRO LA VIOLENZA RAZZISTA E SQUADRISTA OGNI PERSONA
DI RETTO SENTIRE, OGNI ASSOCIAZIONE DEMOCRATICA, OGNI ISTITUZIONE FEDELE
ALLA COSTITUZIONE SCRIVA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA AFFINCHE' RESPINGA
LE INCOSTITUZIONALI, ANOMICHE, CRIMINALI E DISUMANE MISURE DEL COSIDDETTO
"PACCHETTO SICUREZZA"

Egregio Presidente della Repubblica,
con riferimento al potere attribuitole dall'art. 74, comma 1, della
Costituzione, le chiediamo:
- di non promulgare il testo di legge deliberato in via definitiva dal
Senato il 2 luglio 2009, noto come "pacchetto sicurezza", in quanto recante
norme palesemente incostituzionali e violatrici di fondamentali diritti
umani;
- di rinviarlo pertanto alle Camere con messaggio motivato affinche' esso
sia modificato conformemente al dettato della Costituzione della Repubblica
Italiana, alle norme di diritto internazionale recepite nel nostro
ordinamento e ai principi della civilta' giuridica.
*
Per scrivere al Presidente della Repubblica l'indirizzo postale e':
Presidente della Repubblica, piazza del Quirinale, 00187 Roma; il fax:
0646993125; l'indirizzo di posta elettronica e':
presidenza.repubblica at quirinale.it ; nel web:
https://servizi.quirinale.it/webmail/
Ci si ricordi che, ovviamente, le lettere devono recare nome, cognome e
indirizzo preciso del mittente.

2. UNA SOLA UMANITA'. HANNAH ARENDT: LA RESISTENZA NONVIOLENTA IN DANIMARCA
[Da Hannah Arendt, La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme,
Feltrinelli, Milano 1964, 1993, alle pp. 177-182. E' un brano che abbiamo
gia' altre volte riprodotto su questo foglio.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo
l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano
2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su
Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl,
Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici:
Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito,
L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996;
Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti,
Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona
Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi
politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994;
Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia
Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due
piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato
iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei
Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

La storia degli ebrei danesi e' una storia sui generis, e il comportamento
della popolazione e del governo danese non trova riscontro in nessun altro
paese d'Europa, occupato o alleato dell'Asse o neutrale e indipendente che
fosse. Su questa storia si dovrebbero tenere lezioni obbligatorie in tutte
le universita' ove vi sia una facolta' di scienze politiche, per dare
un'idea della potenza enorme della nonviolenza e della resistenza passiva,
anche se l'avversario e' violento e dispone di mezzi infinitamente
superiori. Certo, anche altri paesi d'Europa difettavano di "comprensione
per la questione ebraica", e anzi si puo' dire che la maggioranza dei paesi
europei fossero contrari alle soluzioni "radicali" e "finali". Come la
Danimarca, anche la Svezia, l'Italia e la Bulgaria si rivelarono quasi
immuni dall'antisemitismo, ma delle tre di queste nazioni che si trovavano
sotto il tallone tedesco soltanto la danese oso' esprimere apertamente cio'
che pensava. L'Italia e la Bulgaria sabotarono gli ordini della Germania e
svolsero un complicato doppio gioco, salvando i loro ebrei con un tour de
force d'ingegnosita', ma non contestarono mai la politica antisemita in
quanto tale. Era esattamente l'opposto di quello che fecero i danesi. Quando
i tedeschi, con una certa cautela, li invitarono a introdurre il distintivo
giallo, essi risposero che il re sarebbe stato il primo a portarlo, e i
ministri danesi fecero presente che qualsiasi provvedimento antisemita
avrebbe provocato le loro immediate dimissioni. Decisivo fu poi il fatto che
i tedeschi non riuscirono nemmeno a imporre che si facesse una distinzione
tra gli ebrei di origine danese (che erano circa seimilaquattrocento) e i
millequattrocento ebrei di origine tedesca che erano riparati in Danimarca
prima della guerra e che ora il governo del Reich aveva dichiarato apolidi.
Il rifiuto opposto dai danesi dovette stupire enormemente i tedeschi,
poiche' ai loro occhi era quanto mai "illogico" che un governo proteggesse
gente a cui pure aveva negato categoricamente la cittadinanza e anche il
permesso di lavorare. (Dal punto di vista giuridico, prima della guerra la
situazione dei profughi in Danimarca non era diversa da quella che c'era in
Francia, con la sola differenza che la corruzione dilagante nella vita
amministrativa della Terza Repubblica permetteva ad alcuni di farsi
naturalizzare, grazie a mance o "aderenze", e a molti di lavorare anche
senza un permesso; la Danimarca invece, come la Svizzera, non era un paese
pour se debrouiller). I danesi spiegarono ai capi tedeschi che siccome i
profughi, in quanto apolidi, non erano piu' cittadini tedeschi, i nazisti
non potevano pretendere la loro consegna senza il consenso danese. Fu uno
dei pochi casi in cui la condizione di apolide si rivelo' un buon pretesto,
anche se naturalmente non fu per il fatto in se' di essere apolidi che gli
ebrei si salvarono, ma perche' il governo danese aveva deciso di difenderli.
Cosi' i nazisti non poterono compiere nessuno di quei passi preliminari che
erano tanto importanti nella burocrazia dello sterminio, e le operazioni
furono rinviate all'autunno del 1943.
Quello che accadde allora fu veramente stupefacente; per i tedeschi, in
confronto a  cio' che avveniva in altri paesi d'Europa, fu un grande
scompiglio. Nell'agosto del 1943 (quando ormai l'offensiva tedesca in Russia
era fallita, l'Afrika Korps si era arreso in Tunisia e gli Alleati erano
sbarcati in Italia) il governo svedese annullo' l'accordo concluso con la
Germania nel 1940, in base al quale le truppe tedesche  avevano il diritto
di attraversare la Svezia. A questo punto i danesi decisero di accelerare un
po' le cose: nei cantieri della Danimarca ci furono sommosse, gli operai si
rifiutarono di riparare le navi tedesche e scesero in sciopero. Il
comandante militare tedesco proclamo' lo stato d'emergenza e impose la legge
marziale, e Himmler penso' che fosse il momento buono per affrontare il
problema ebraico, la cui "soluzione" si era fatta attendere fin troppo. Ma
un fatto che Himmler trascuro' fu che (a parte la resistenza danese) i capi
tedeschi che ormai da anni vivevano in Danimarca non erano piu' quelli di un
tempo. Non solo il generale von Hannecken, il comandante militare, si
rifiuto' di mettere truppe a disposizione del dott. Werner Best,
plenipotenziario del Reich; ma anche le unita' speciali delle SS (gli
Einsatzkommandos) che lavoravano in Danimarca trovarono molto da ridire sui
"provvedimenti ordinati dagli uffici centrali", come disse Best nella
deposizione che rese poi a Norimberga. E lo stesso Best, che veniva dalla
Gestapo ed era stato consigliere di Heydrich e aveva scritto un famoso libro
sulla polizia e aveva lavorato per il governo militare di Parigi con piena
soddisfazione dei suoi superiori, non era piu' una persona fidata, anche se
non e' certo che a Berlino se ne rendessero perfettamente conto. Comunque,
fin dall'inizio era chiaro che le cose non sarebbero andate bene, e
l'ufficio di Eichmann mando' allora in Danimarca uno dei suoi uomini
migliori, Rolf Guenther, che sicuramente nessuno poteva accusare di non
avere la necessaria "durezza". Ma Guenther non fece nessuna impressione ai
suoi colleghi di Copenhagen, e von Hannecken si rifiuto' addirittura di
emanare un decreto che imponesse a tutti gli ebrei di presentarsi per essere
mandati a lavorare.
Best ando' a Berlino e ottenne la promessa che tutti gli ebrei danesi
sarebbero stati inviati a Theresienstadt, a qualunque categoria
appartenessero - una concessione molto importante, dal punto di vista dei
nazisti. Come data del loro arresto e della loro immediata deportazione (le
navi erano gia' pronte nei porti) fu fissata la notte del primo ottobre, e
non potendosi fare affidamento ne' sui danesi ne' sugli ebrei ne' sulle
truppe tedesche di stanza in Danimarca, arrivarono dalla Germania unita'
della polizia tedesca, per effettuare una perquisizione casa per casa. Ma
all'ultimo momento Best proibi' a queste unita' di entrare negli alloggi,
perche' c'era il rischio che la polizia danese intervenisse e, se la
popolazione danese si fosse scatenata, era probabile che i tedeschi avessero
la peggio. Cosi' poterono essere catturati soltanto quegli ebrei che
aprivano volontariamente la porta. I tedeschi trovarono esattamente 477
persone (su piu' di 7.800) in casa e disposte a lasciarli entrare. Pochi
giorni prima della data fatale un agente marittimo tedesco, certo Georg F.
Duckwitz, probabilmente istruito dallo stesso Best, aveva rivelato tutto il
piano al governo danese, che a sua volta si era affrettato a informare i
capi della comunita' ebraica. E questi, all'opposto dei capi ebraici di
altri paesi, avevano comunicato apertamente la notizia ai fedeli, nelle
sinagoghe, in occasione delle funzioni religiose del capodanno ebraico. Gli
ebrei ebbero appena il tempo di lasciare le loro case e di nascondersi, cosa
che fu molto facile perche', come si espresse la sentenza, "tutto il popolo
danese, dal re al piu' umile cittadino", era pronto a ospitarli.
Probabilmente sarebbero dovuti rimanere nascosti per tutta la durata della
guerra se la Danimarca non avesse avuto la fortuna di essere vicina alla
Svezia. Si ritenne opportuno trasportare tutti gli ebrei in Svezia, e cosi'
si fece con l'aiuto della flotta da pesca danese. Le spese di trasporto per
i non abbienti (circa cento dollari a persona) furono pagate in gran parte
da ricchi cittadini danesi, e questa fu forse la cosa piu' stupefacente di
tutte, perche' negli altri paesi gli ebrei pagavano da se' le spese della
propria deportazione, gli ebrei ricchi spendevano tesori per comprarsi
permessi di uscita (in Olanda, Slovacchia e piu' tardi Ungheria), o
corrompendo le autorita' locali o trattando "legalmente" con le SS, le quali
accettavano soltanto valuta pregiata e, per esempio in Olanda, volevano dai
cinquemila ai diecimila dollari per persona. Anche dove la popolazione
simpatizzava per loro e cercava sinceramente di aiutarli, gli ebrei dovevano
pagare se volevano andar via, e quindi le possibilita' di fuggire, per i
poveri, erano nulle.
Occorse quasi tutto ottobre per traghettare gli ebrei attraverso le
cinque-quindici miglia di mare che separano la Danimarca dalla Svezia. Gli
svedesi accolsero 5.919 profughi, di cui almeno 1.000 erano di origine
tedesca, 1.310 erano mezzi ebrei e 686 erano non ebrei sposati ad ebrei.
(Quasi la meta' degli ebrei di origine danese rimase invece in Danimarca, e
si salvo' tenendosi nascosta). Gli ebrei non danesi si trovarono bene come
non mai, giacche' tutti ottennero il permesso di lavorare. Le poche
centinaia di persone che la polizia tedesca era riuscita ad arrestare furono
trasportate a Theresienstadt: erano persone anziane o povere, che o non
erano state avvertite in tempo o non avevano capito la gravita' della
situazione. Nel ghetto godettero di privilegi come nessun altro gruppo,
grazie all'incessante campagna che in Danimarca fecero su di loro le
autorita' e privati cittadini. Ne perirono quarantotto, una percentuale non
molto alta, se si pensa alla loro eta' media. Quando tutto fu finito,
Eichmann si senti' in dovere di riconoscere che "per varie ragioni" l'azione
contro gli ebrei danesi era stata un "fallimento"; invece quel singolare
individuo che era il dott. Best dichiaro': "Obiettivo dell'operazione non
era arrestare un gran numero di ebrei, ma ripulire la Danimarca dagli ebrei:
ed ora questo obiettivo e' stato raggiunto".
L'aspetto politicamente e psicologicamente piu' interessante di tutta questa
vicenda e' forse costituito dal comportamento delle autorita' tedesche
insediate in Danimarca, dal loro evidente sabotaggio degli ordini che
giungevano da Berlino. A quel che si sa, fu questa l'unica volta che i
nazisti incontrarono una resistenza aperta, e il risultato fu a quanto pare
che quelli di loro che vi si trovarono coinvolti cambiarono mentalita'. Non
vedevano piu' lo sterminio di un intero popolo come una cosa ovvia. Avevano
urtato in una resistenza basata su saldi principi, e la loro "durezza" si
era sciolta come ghiaccio al sole permettendo il riaffiorare, sia pur
timido, di un po' di vero coraggio. Del resto, che l'ideale della "durezza",
eccezion fatta forse per qualche bruto, fosse soltanto un mito creato
apposta per autoingannarsi, un mito che nascondeva uno sfrenato desiderio di
irreggimentarsi a qualunque prezzo, lo si vide chiaramente al processo di
Norimberga, dove gli imputati si accusarono e si tradirono a vicenda
giurando e spergiurando di essere sempre stati "contrari" o sostenendo, come
fece piu' tardi anche Eichmann, che i loro superiori avevano abusato delle
loro migliori qualita'. (A Gerusalemme Eichmann accuso' "quelli al potere"
di avere abusato della sua "obbedienza": "il suddito di un governo buono e'
fortunato, il suddito di un governo cattivo e' sfortunato: io non ho avuto
fortuna"). Ora avevano perduto l'altezzosita' d'un tempo, e benche' i piu'
di loro dovessero ben sapere che non sarebbero sfuggiti alla condanna,
nessuno ebbe il fegato di difendere l'ideologia nazista.

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2009
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