Minime. 850



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 850 del 13 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. No alla guerra, no alle stragi
2. Roberto Malini: La morte di Vira
3. Giuseppe Di Lello: La mafia ringrazia
4. Angela Giuffrida: La realta' vera e quella immaginata
5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
6. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino
7. Alcuni estratti da "Versi del senso perso" di Toti Scialoja
8. Letture: Massimo Dogliotti, Ermanno Ferrario, Pietro Landra, Francesco
Santanera, I malati di Alzheimer. Dalla custodia alla cura
9. Letture: Valeria Finzi (a cura di), Matilde Bassani Finzi partigiana.
Documenti 1943-1945
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. NO ALLA GUERRA, NO ALLE STRAGI

In Afghanistan e' in corso una guerra terrorista e stragista.
L'Italia vi partecipa in violazione del diritto internazionale e della
legalita' costituzionale.
Il primo dovere di ogni cittadino italiano e' di chiedere che l'Italia torni
al rispetto della sua Costituzione, torni al rispetto del diritto
internazionale, torni al rispetto per le vite umane.
Il primo dovere di ogni cittadino italiano e' impegnarsi perche' cessi la
guerra, perche' l'Italia esca dalla guerra e s'impegni per la pace.
Solo la pace salva le vite.

2. UNA SOLA UMANITA'. ROBERTO MALINI: LA MORTE DI VIRA
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3/) - che lo
riprende dal sito www.everyonegroup.com - col titolo "La 'sicurezza' uccide
chi e' 'irregolare': Vira, che si faceva chiamare Ylenia" e il sommario
"Badante ucraina muore per un'emorragia, senza chiedere aiuto: temeva una
denuncia e l'espulsione Il marchio della "clandestinita'" uccide ancora.
Vira Orlova, badante ucraina di 39 anni, incinta, e' morta dissanguata..."]

Il marchio della "clandestinita'" uccide ancora. Vira Orlova, badante
ucraina di 39 anni, incinta, e' morta dissanguata all'interno
dell'appartamento in cui lavorava, a Torre a Mare, in provincia di Bari.
Dopo tante ricerche, aveva da poco trovato un'occupazione. Improvvisamente,
si e' sentita male e ha cominciato a sanguinare, ma non ha chiamato nessuno:
la paura di perdere il lavoro o di essere denunciata per la sua condizione
"irregolare" l'ha bloccata.
Ha cercato una bacinella, in cui ha raccolto il sangue che abbandonava il
suo corpo, a causa di un aborto spontaneo. Ha resistito, sperando di
farcela. Ma l'emorragia non si e' arrestata e Vira, che si faceva chiamare
Ylenia, e' caduta al suolo, dove ha perso la vita.
Nella stanzetta in cui alloggiava, a Mola di Bari, ospite di amiche
"clandestine" come lei, i carabinieri hanno trovato il suo passaporto, senza
i visti di ingresso.

3. RIFLESSIONE. GIUSEPPE DI LELLO: LA MAFIA RINGRAZIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 giugno 2009 col titolo "La mafia
ringrazia"]

Il vero problema per le intercettazioni telefoniche era quello della loro
pubblicazione e, quindi, del rispetto della privacy di persone che, seppur
non implicate nelle indagini, venivano sbattute in prima pagina, spesso a
causa della loro notorieta'. Il governo pero' ha preso al volo l'occasione
per regolare i conti con il sistema stesso delle intercettazioni, con i
magistrati e con la stampa, uniti in una specie di "grumo eversivo" che in
questi ultimi anni tanto danno ha fatto agli affari berlusconiani, pubblici
e privati.
In un Paese afflitto da una cronica elusione delle leggi, la maggioranza di
centrodestra sta rendendo ulteriormente complicati i controlli di legalita'
e, procedendo a colpi di voti di fiducia, oggi frena le indagini e
imbavaglia la stampa come antipasto al gia' depositato progetto di riforma
del processo penale che lo allunghera' in ossequio alla certezza non della
pena, ma della prescrizione.
Le modifiche alle intercettazioni prescindono, innanzitutto, dal necessario
carattere d'urgenza e tempestivita' richiesto dalle circostanze. La
richiesta del pm infatti deve essere vistata dal procuratore capo e inviata
non piu' al gip del tribunale competente, ma al gip del tribunale del
capoluogo del distretto della corte d'appello nel cui ambito ha sede il gip
competente che, poi, dovra' decidere in composizione collegiale. Cioe' se,
per esempio, il gip competente e' quello di Agrigento, la richiesta va
inviata al gip del tribunale di Palermo che, appunto, e' il tribunale del
capoluogo del distretto. Alla sicura perdita di qualche settimana di tempo,
si deve aggiungere che l'intercettazione puo' essere disposta solo se vi
sono "gravi indizi di colpevolezza" ed e' "assolutamente indispensabile ai
fini della prosecuzione delle indagini": ma cio' attiene gia' ad una fase di
acquisizione di prove abbastanza tranquillizzante per l'accusa e, pertanto,
l'intercettazione sarebbe assolutamente superflua.
Le intercettazioni non possono durare piu' di trenta giorni, prorogabili per
altri trenta giorni in due volte, ma per una serie di reati gravi i termini
possono essere prorogati per tutta la durata delle indagini preliminari e
basta che ci siano sufficienti indizi di reato. E' abbastanza chiaro che
queste modifiche restrittive comporteranno gravi intralci alle indagini,
specie per i reati dei "colletti bianchi" che, a questo punto, saranno
pressoche' impossibili per il combinato disposto dei gravi indizi di
colpevolezza e della tagliola temporale.
Seppur intralciate, di esse comunque non se ne potra' avere notizia "anche
se non sussiste piu' il segreto, fino a che non siano concluse le indagini
preliminari". Fatte salve le persone non implicate nelle indagini, perche'
ci deve essere un cosi' pesante vulnus per il diritto all'informazione
afferente, per giunta, anche a fatti sui quali non c'e' nemmeno il segreto
istruttorio?
I tempi delle indagini preliminari sono a volte lunghi - soprattutto quelli
che riguardano la criminalita' organizzata - e sulle grandi inchieste
calera' un silenzio tombale, rafforzato da pesanti sanzioni sia per i
giornalisti (per i quali e' addirittura previsto il carcere) che per i
magistrati.
E' proprio a partire dall'inizio delle indagini che il diritto
all'informazione deve dispiegarsi nella sua interezza se si vuole un vero
´"controllo sociale" sulla effettivita' e completezza delle stesse specie
ora che si profila all'orizzonte una notizia di reato sottratta ai pm e
affidata interamente alla polizia e, cioe', all'esecutivo.
Avremo un paese imbavagliato a maggior gloria dei criminali che truffano lo
Stato, corrompono, devastano l'ambiente e attentano alla salute o alla vita
dei cittadini o degli operai nei cantieri, tanto per fare qualche esempio
esemplificatorio e non esaustivo. A chi giova tutto cio' se non ad una
maggioranza di governo che nell'illegalita' diffusa trova un grande bacino
di consenso sociale ed elettorale?
C'e' pero', ed e' necessario che monti e si rafforzi, una altrettanto grande
area di opposizione sociale ed istituzionale a queste norme liberticide, a
partire dai magistrati, dalle forze di polizia e dalla stampa, fino ai
semplici cittadini, tutti espropriati del diritto-dovere di contrastare
l'illegalita' e di essere informati sulle malefatte del potere: la sinistra,
dovunque essa sia, ha una ulteriore occasione di ritrovare compattezza
intorno ai valori di legalita' cosi' palesemente calpestati.

4. RIFLESSIONE. ANGELA GIUFFRIDA: LA REALTA' VERA E QUELLA IMMAGINATA
[Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida43 at inwind.it) per questo
intervento]

Sono stata particolarmente colpita dall'articolo "Il Cavaliere, Draghi e le
bugie sui precari" pubblicato da "la Repubblica" il 6 giugno scorso in cui
Massimo Giannini, lamentando "l'irrealta' berlusconiana", cosi' scriveva:
"Nell'archetipo berlusconiano, il 'principio della realta' immaginata' e' il
cuore della politica. La propaganda non lascia spazio alla verita' e alla
responsabilita'. Neanche su una frontiera dolorosa, come la vita agra dei
disoccupati e dei precari. Tutto si gioca sempre e soltanto sulla
manipolazione semantica del reale e nella rimozione psicologica dei fatti".
Giannini si riferiva alla smentita del premier circa la veridicita' delle
affermazioni del governatore di Bankitalia sul tasso di poverta' relativa,
superiore in Italia rispetto alla media europea, e sulle lacune del nostro
sistema di protezione sociale. "Ripetendo... clamorose bugie dai microfoni
del servizio pubblico radiotelevisivo" Berlusconi ha invitato gli italiani -
come d'altronde ha fatto in numerose altre occasioni - a non credere alla
"realta' empirica" ma alla "realta' immaginata" da lui esposta.
Per la verita' il nostro premier e' in buona compagnia se e' vero che nel
pensiero filosofico gli empiristi, pur mettendo l'accento sull'esperienza,
dubitano non meno degli idealisti della consistenza della realta' e come
loro se la vedono sfumare proprio sotto gli occhi. D'altronde, essendo il
soggetto politico un uomo neutro universale che non esiste realmente, tutta
la politica, non solo quella berlusconiana, si muove in un universo
fantasmatico ben lontano dagli esseri umani reali. Non a caso si parla di
"giochi", di "teatrino" a proposito della politica, la quale dovrebbe invece
occuparsi dei bisogni concreti della gente e realizzare quei valori che,
avvolti come sono nei fumi della verbosita', restano nel mondo astratto dei
puri ideali. D'altra parte il linguaggio non significa ne' vuole significare
la realta' delle cose. Uguaglianza, giustizia, democrazia, termini tanto
usati ed abusati in politica, non hanno alcuna possibilita' di realizzazione
pratica nelle comunita' androcentriche, biecamente incentrate sul dominio.
In esse, lo sappiamo, si puo' tranquillamente parlare di onesta' mentre si
prospera sguazzando nella corruzione, si puo' ragionare di liberta' e
ridurre in schiavitu' i propri simili, si puo' discutere di diritti umani
mentre li si nega alle donne, ai bambini e non solo.
Anche le varie sinistre, riconoscendo dopo le solenni batoste elettorali di
non essersi confrontate con le persone in carne ed ossa e con le loro
condizioni materiali di vita, scoprono l'inclinazione a defilarsi in un
"mondo virtuale". Piuttosto strana suona poi la critica, espressa in varie
occasioni da rappresentanti della sinistra, al "pensiero unico
berlusconiano", visto che le organizzazioni sociali patrifocali si basano
tutte sul "pensiero unico maschile". Se gli uomini legittimano
l'estromissione in blocco della parte femminile della specie, presumendo che
esista un unico tipo di razionalita', la loro, non possono meravigliarsi che
qualcuno percepisca se stesso come il solo detentore del pensiero. "Vedere
uno" e' il problema di fondo in quanto fornisce del reale un'immagine
scarnificata non corrispondente al vero, quindi astratta. Purtroppo
inseguire dati singoli e' il modo in cui il maschio umano si mette in
rapporto col mondo e con se stesso. Superare la parzialita' di tale sguardo
e' l'unica soluzione possibile.

5. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

6. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

7. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "VERSI DEL SENSO PERSO" DI TOTI SCIALOJA
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Toti
Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, Torino 2009]

Indice del volume
Il piu' crudele dei musi. di Paolo Mauri; Versi del senso perso: Amato
topino caro; Una vespa! Che spavento: I.  La zanzara senza zeta; II. Tigri
pigre; La stanza la stizza l'astuzia: I.  I corvi di Orvieto; II. Pane
coltello e piatto; Ghiro ghiro tonto; La mela di Amleto: I. Il gatto
bigotto; II. La mela di Amleto; III. La farfalla di Follonica; IV. Paesaggi
senza peso; Tre lievi levrieri; Scialoja, la fortuna critica di un
"ippogrifante", di Orietta Bonifazi; Nota all'edizione del 1989.
*
Da pagina V
Paolo Mauri: Il piu' crudele dei musi
Come avvenne che Toti Scialoja, stimato pittore e maestro di pittura,
divenisse anche poeta? Si e' creata, intorno a questo, una leggenda e
dunque, come conviene alle leggende, prendiamola per vera. Toti cammina per
la strada, gli occhi a terra. Nella testa sente un suono, lo "zzzz" della
(di una) zanzara. Improvvisamente "vede" la parola (non la zanzara) e subito
comincia a smontarla: dentro la zanzara c'e' Zara, ma anche l'incipit di
Zanzibar. E dentro a Zanzibar? Non c'e' un bar bello e pronto? E' stato lo
stesso Scialoja ad assicurarci che e' andata proprio cosi': ma si puo'
essere testimoni per se stessi? Su questo punto interverremo tra un po'.
Nell'anno 1971, quando Scialoja pubblica da Bompiani Amato topino mio, sa
gia' che le poesie incontreranno i bambini (o viceversa) ma sa anche che il
paratesto verra' accuratamente vagliato dai critici.
La struttura di queste poesie nasce da un metodo puramente linguistico
automatico, al modo dello scioglilingua, della filastrocca e del nonsense.
Gioco fonemico che i bambini intendono d'istinto, che eccita la loro
curiosita', li muove alla scoperta della parola nuova come incantevole
meccanismo sonoro. Infatti l'ostacolo che rappresenta il vocabolo inatteso,
nell'assonanza con gli altri, contribuisce a creare "quei paesaggi di
parole" che liberano il bambino dalla soggezione al linguaggio e dentro i
quali essi entrano ed escono con felicita' e naturalezza.
Antonio Porta riprese la presentazione (da attribuirsi senza dubbio
all'autore) nella prefazione a La stanza la stizza l'astuzia, la plaquette
uscita presso la Cooperativa Scrittori nel 1976. E', questa raccolta, il
passaggio alla poesia per adulti o alla poesia tout court. Si apre con una
quartina divenuta, almeno tra i cultori di Scialoja, celebre: "Il sogno
segreto / dei corvi di Orvieto / e' mettere a morte / i corvi di Orte".
Nell'aprile del '76, a Orvieto, la Cooperativa Scrittori, per iniziativa di
Luigi Malerba e di altri soci come Nanni Balestrini, Porta stesso etc.,
organizzo' un convegno su Scrittura e lettura. Le sedute si tenevano al
teatro Mancinelli non ancora restaurato. Una mattina, Porta, aprendo i
lavori, volle recitare la poesia dei corvi che Toti gli aveva a sua volta
detto in albergo la sera prima. Strepitosa. Non so se fosse nata proprio
allora o prima, ma certo in quel momento aveva tutte le caratteristiche per
diventare una poesia-manifesto.
Proviamo a "smontarla". La parola "Orvieto", se la si guarda da vicino,
contiene gia' la parola "Orte", cui manca poi solo la "m" iniziale per
diventare "morte". Quanto al corvo, anch'esso sta (a parte la "c" iniziale)
in Orvieto. E che il corvo incroci Orvieto e' chiaro da quest'altro distico
"Ho visto un corvo sorvolare Orvieto. / Volava assorto, ne' triste ne'
lieto". Nelle due volte in cui Scialoja gioca con Orvieto, illustrando egli
stesso le rime, usa proprio la parola "Orvieto" e non un profilo della
cittadina o del celebre duomo. E' dunque la parola in se' ad attrarre la sua
attenzione, come sempre del resto nei suoi versi geografici e non. Anche se
la poesia sul sogno segreto nasce dall'automatismo dei giochi sillabici,
essa produce altri sensi. Geograficamente Orte e Orvieto sono molto vicine e
ambedue arroccate su una rupe. La guerra dei corvi e' una metafora? La
quartina potrebbe anche insinuare che il sogno segreto di un vicino e'
quello di farti scomparire, di "mettere a morte". Ma "mettere a morte" non
vale semplicemente "uccidere". L'atto si fa cerimonia pubblica, processo,
istituto. Torniamo ai suoni. "I corvi di Orv..." agglutinano la materia,
mentre l'allitterazione in "s" del verso iniziale sembra quasi zufolare il
pettegolezzo: in fondo si tratta di svelare un segreto, di rendere chi
ascolta partecipe di un "piano". Alla fine, non c'e' dubbio: la confidenza
e' certamente amicale, ma presuppone persino una consorteria: che i corvi di
Orvieto fossero gli scrittori della neoavanguardia mentre quelli di Orte,
genericamente, i tradizionalisti? Illazione, e' chiaro: ma la messa in
situazione, in quella situazione ormai storica, la consentirebbe persino. Di
piu': alla fine si avverte come un retrogusto di malinconia. Scialoja perde
il senso, lo riconquista in modo insperato creando suggestioni assolutamente
inedite e un poco si rattrista. La macchina della messa a morte (la
ghigliottina?), manovrata da mano invisibile, riguarda tutti. E poi, i
corvi, seguitando la catena degli accostamenti inconsci, sono neri e dunque
funebri. Sono funebri e lo sanno, dunque siamo di nuovo alla morte che
sprigiona dalle loro penne. Vale la pena di rammentare anche "Ricordo i
corvi a Nervi / torvi per la corve'..." (Un'ascissa letteraria qui ci
porterebbe al corvo di Poe, ben noto a Scialoja).
Ben diverso e' il caso del merlo. "L'uccello nero / salta leggero, / si
chiama merlo / senza saperlo". Qui il nero, per completare il breve discorso
analogico, non e' funereo: il merlo, infatti, "salta leggero", leggero e
inconsapevole. Non conosce neppure il suo nome. E dunque salta leggero sui
destini di chiunque.
*
Un bestiario
Quando si parla dell'originalita' di Scialoja si allude soprattutto alla
freschezza assolutamente originale con cui crea i suoi versi. Il suo ritmo
e' inimitabile, la grazia con cui si fa poeta assoluta. Lo sanno gli amici
che qualche volta tentavano di mettersi in gara con lui: questa poesia
all'apparenza facile e' in realta', come abbiamo visto con i "corvi di
Orvieto", estremamente complessa: quella che Toti ottiene e' dunque una
semplicita' complessa, tipica appunto della autentica poesia. Dove invece
Scialoja incrocia un'antica tradizione e' nella scelta del mondo animale:
quello che nelle favole da sempre confina e si intreccia con il mondo
dell'infanzia. Fin dalla prima raccolta Amato topino mio, il tradizionale
topo salta fuori dai versi, ma naturalmente non e' solo. "Topo, topo, /
senza scopo, / dopo te cosa vien dopo?". Tra topo e dopo c'e' solo uno
scambio di consonante. Parturient montes, nascetur ridiculus mus, diceva il
poeta latino. Mus: un monosillabo molto attraente (per il significante,
ovviamente), ma non facile da maneggiare nella metrica classica. In italiano
il bisillabo consente numerose variazioni. Sono molti i topi presenti nello
zoo di Scialoja: c'e' addirittura, tra il lusco e il brusco un minuscolo
topino etrusco. Ma ecco una poesia (dove il topo degrada in sorcio) che
mette a nudo certi procedimenti creativi: "Era gruvi, gruvi era / il tuo
cacio con i fori / era brughi, brughi era / il tuo bosco con i fiori, / era
frutti, frutti era / la speranza del tuo viaggio, / era preghi, preghi era /
quel che avevi nello sguardo, / fu piu' rapida di un sorso / la tua anima di
sorcio". La parola spezzata consente di raddoppiare il senso e per analogia
di frattura l'operazione ribatte su altre parole creandone cosi' di nuove
molto provvisorie: come "gruvi" o "brughi", che durano un secondo e subito
si riaccasano per ritrovare o rinnovare il senso perso.
*
Da pagina XII
Geografia
Oltre a creare, come si e' visto, un bestiario, Scialoja gioca,
impareggiabile solfeggiatore di sillabe, con i nomi di luogo. Abbiamo gia'
detto che a lui interessa il suono della parola, dal quale, come nel caso di
Orvieto, ricava altri sensi. Chi avesse la curiosita' di sapere dove si
trovavano i tre levrieri, gia' segnalati a proposito dei molti cani cantati
da Toti, sappia che si trovavano a Treviri: "Ieri vidi tre levrieri / lungo
i viali di Treviri". Si potrebbe addirittura stabilire la regola che i nomi
di localita' geografiche comportano un secondo termine che entra con i nomi
di animali in diretta collusione fonica: le ostriche stanno ad Ostenda, la
pioggia a Fiuggi, il nibbio a Gubbio, Ninive evoca le nuvole, Acapulco il
palco nella sublime, perentoria, dichiarazione: "Nel teatro di Acapulco /
ogni pulce occupa un palco", a Taranto arde un cielo amaranto, e nell'ultimo
verso l'anima viene definita "moribonda tarantola". (Arbasino aveva
dichiarato a sua volta "Ossigenarsi a Taranto / e' stato il primo errore").
Molto emblematica "Sono in Asia ed Asia sia / vedo un sosia che mi spia /
l'ansia e' falsa compagnia | stappero' la malvasia. // S'apre l'Arca ed Arca
sia / sbarca all'alba qualche arpia / suona l'arpa per la via / rischiero'
la nostalgia". L'Asia e' l'immediata intuizione geografica che sta dietro
all'Ansia: la proietta in un paesaggio "senza peso" per dirla con lo stesso
Scialoja: un paesaggio dell'anima, pero', dove lo scambio Asia-Ansia si
conclude con la nostalgia evocata dall'arpa partorita semanticamente
dall'Arpia.
*
Il linguaggio
Ci siamo permessi di rimandare a poeti dell'Ottocento, o del primo
Novecento, e alla lingua bambina di certe poesiole infantili perche',
spesso, anche la lingua di Scialoja e' fondata sull'ortodossia, la
linearita' narrativa, poi scardinata, fatta esplodere dal nonsense. Si
prenda questa strofa: "Nei vapori del parco di Pavia / i pallidi pavoni si
allontanano / a passo di pavana e vanno via". Qui quasi lo scarto del
nonsense non si sente e il narrato ha un sapore antico. "La marmotta e il
vecchio ghiro / passeggiavano a braccetto, / terminato un breve giro / con
un rapido sospiro / si rimisero nel letto". "Oh formica! / Quanto e' antica
/ e nemica / la fatica / nell'ortica. / Ma tu vuoi che non si dica". Certo
quando la mano di Scialoja accelera ecco che subito il ritmo scarta e il
lettore capisce d'essere in trappola: "Cerco l'ago nel pagliaio / cerco
l'ego nel migliaio / cerco l'ergo nel bisbiglio / cerco l'agro
nell'intruglio / cerco il largo nel risveglio / cerco il drago nel
vermiglio". Pero', va pur detto, la repetitio fa parte di antiche ricette:
non ci sara' anche Petrolini nei ricordi di Scialoja? L'anafora rinforza il
senso dell'indagine: "Che fai malato Amleto con una mela in mano / che fai
mela di Amleto nella mano malata...", ma anche qui l'interrogazione e'
diretta, la costruzione perfettamente lineare, forse - lo si e' gia' notato
per un'altra poesia - nel ricordo classico di "che fai tu luna in ciel" etc.
Ma certo per stabilire, con un poco di coerenza, il reale reticolo di
rimandi entro cui si inserisce la poesia di Scialoja occorre un riesame non
semplice. Manganelli, nella celebre bandella di copertina della raccolta
Versi del senso perso, tirava in ballo anche un Foscolo ubriaco e ancora un
Petrarca che "abbia letto Stevenson", scivolando nelle ucronie. Frabotta
ricorda la passione di Scialoja per Ungaretti, e penso, tra le tante
suggestioni possibili, che anche Penna, quel Penna che bussava alla sua
porta per lucrare un quadretto da vendere all'istante, abbia giocato la sua
parte e chissa', forse anche il vecchio Palazzeschi di Rio Bo e dintorni.
*
Da pagina 6

L'uccello nero
salta leggero,
si chiama merlo
senza saperlo.

*

Pipistrello, ti par bello
far pipi' dentro l'ombrello?

*

L'ippopota disse: "Mo
nella mota ho il mio popo'!"

*
Da pagina 18

Uno due tre quattro
passa un gatto quatto quatto.
Quattro tre due uno
era un gatto di nessuno.

*
Da pagina 30

Chiede il bombo: "Perche' ronzo?
Perche' vado sempre a zonzo
come un gonzo, senza meta?
Perche' peso come il piombo
sopra il fiore che si piega?"

*

A mezzanotte
la luna spicca
gobba a levante,
e il grillo inghiotte
la sua pasticca
di tranquillante.

*

Fuori Farfa le farfalle
vanno in folla a far follie:
le pulcelle sono gialle
quelle azzurre son le zie.

*
Da pagina 38

La zanzara dello Zambia
quando zompa su una zampa
da Kasempa alla Tanzania
mica danza, mica smania,
mica semina zizzania,
sente solo che uno zampi
rone brucia nella stanza.

*

La zanzara, per decenza,
ha una tunica di organza,
quando e' sbronza vola senza
a zig zag per la Brianza.

*

Una volta spesi un gruzzolo
per andare a Veracruz
a veder sette zanzare
un po' vizze nella teca
ma di pura razza azteca.

*

Quando la talpa vuol ballare il tango
il salone si svuota, ed io rimango.

*

C'e' una carpa
che ama l'arpa
ma la suona
con la suola
della scarpa.

*
Da pagina 40

L'albatro a cui tendevi
un piccolo caimano
volo' cosi' lontano
che non si vede piu'.

*
Da pagina 41

Due oche di Ostenda
in guanti e mutande
pedalano in tandem
all'ombra dei dolmen
e in meno di un amen
imboccano un tunnel.

*

C'era una volta un topo
di professione proto,
prese una topica per un tropo
ma ormai ci vedeva poco.

*
Da pagina 50

Quando il tetro dromedario
giunse dietro al tetraedro
alzo' gli occhi e disse: "Diamine!
Son davanti a una piramide!"

*

Un pollo su un pullman
in viaggio per Baden
avvolto in un loden
si sente nell'Eden;
sua moglie, col rimmel,
gli fuma le Camel.

*
Da pagina 59

C'e' un micio
d'agosto
che dorme
di gusto
su un cencio
all'ombra
di un busto
del Pincio.

*
Da pagina 61

Dentro l'antro
sento un ranto
lo nell'ombra,
e' la lontra
che si roto
la al mio fianco
e mi mormo
ra: ´Dottore!
Bell'incontro!"

*

Un camello, lungo il Corso,
camminava lemme lemme
e pensava: "Avra' rimorso
chi mi scrive con due emme?"

*
Da pagina 69

Quando un orso passeggia lungo il Corso
la gente corre al bar per bere un sorso.

*
Da pagina 119

Il mattino ha l'oro in bocca
il gobbino ha l'ovo in groppa
il mastino ha l'osso in bocca
il triestino ha il porto in secca
il santino ha l'ostia in bocca
il bambino ha il lecca lecca.

*
Da pagina 123

Un cane bastardo che abbaia alla luna
un nano balordo che scaglia la piuma
un capo codardo che piega la schiena
un sarto vegliardo che infila la cruna
un santo testardo che imbocca la iena
un calvo bugiardo che annoia la bruna
un cardo beffardo che impiglia la lana.

*
Da pagina 218

Sere, ma quali sere,
quali deserte attese,
quali rose severe
in azzurro paese.

*

Chi detesta l'estate
sente pungere l'erbe
e confonde le date
in fondo al verde debole.

*

Mi faro' per l'autunno
una cuccia di cane
fino alla fin dell'anno
sotto le tue sottane.

*

Ci sorbiremo un uovo
il primo di gennaio
poi tornero' di nuovo
dove fa caldo e buio.

*
Da pagina 231

D'inverno venne a Vienna
e senza alcun perche'
rovescio' gli occhi e svenne
s'una tazza di te'.

Noi le facemmo vento
con ventagli di penne:
rinvenire e' uno stento
quando si sviene a Vienna.

*
Da pagina 257
Orietta Bonifazi: Scialoja, la fortuna critica di un "ippogrifante"
Rue de la Tombe Issoire, 1961. Chissa' se sia nato prima il topo (senza
scopo) o la zanzara (di Zanzibar) o il gatto (quatto quatto). E' comunque
iniziato tutto da li', per caso e per gioco. O forse li', quell'anno a
Parigi, qualcosa si e' compiuto: la risposta, non casuale, a un richiamo
creativo sonnecchiante per anni, che avrebbe avviato Toti Scialoja per
un'avventura poetica unica e rivoluzionaria nella storia della letteratura
del Novecento italiano, rendendolo poeta a sessant'anni e suo malgrado,
quando gia' era un maestro dell'arte astratta, celebre sulle due sponde
dell'Atlantico.
Una storia che sorprende, per come si e' svolta (con la naturalezza d'una
quasi predestinazione e una costellazione di leggende), e per la bizzarra
accoglienza che ai suoi delicatissimi congegni di illusionismo verbale ha
riservato la critica, subito divisa nelle due schiere dei "sospettosi" e
degli entusiasti. Se la divulgazione ne risulto' penalizzata, lo si deve ai
primi, mossi entro la domanda (retorica) se quel pittore, divenuto
giocoliere di puri suoni, fosse un poeta "serio" o soltanto giocoso,
appunto, se fosse anche per adulti o solo per bambini e, anzi, se fosse
davvero un poeta, con tutti i crismi. Pregiudizi, che bene ha chiarito
Giovanni Raboni nella prefazione al volume in cui ha raccolto le poesie
della cosiddetta linea "seria", verso la quale esortava l'autore: il
pregiudizio che i suoi versi, tutti e non solo quelli dichiaratamente per
l'infanzia, appartenessero alla "ghettizzante categoria della produzione
'scherzosa' o 'giocosa'. Categoria che la seriosita' accademica [...] tende
a considerare quasi fatalmente 'minore'"; e il sospetto d'una sua
"violinita' d'Ingres", avendo Toti esordito editorialmente quando era "uno
dei piu' importanti pittori della sua generazione". Il timore insomma d'una
poesia scritta solo per divertimento, tenace anche dopo la "svolta"
provocata da quella sensuale musa ironico-lirica che, dagli anni Ottanta,
ispiro' a Scialoja versi piu' intimisti e tragici.
A togliere l'ombra lunga dell'arte minore dagli "incantesimi sonori" di
Scialoja si fece largo l'altra "cerchia", di illuminati (fra cui Calvino,
Porta, Raboni e Manganelli), dapprima ristretta e poi via via piu' folta
fino a formare un gruppo di epigoni, o nel caso migliore di "compagni di
strada - osservava Barilli - costituito da tanti giovani poeti che
insistono, chi piu' chi meno, in un simile 'viaggio al termine della
parola'".
Sembra aver trovato cosi' un lieto fine l'avventura di Scialoja poeta,
misconosciuto in gioventu', quand'era appassionato e adolescente lettore di
Ungaretti, e riconosciuto in tarda eta', anche con alcuni premi letterari.
Piu' che a una fine, tuttavia, viene quasi da pensare al ritorno di un
inizio, un tratto inciso nel Dna di Scialoja, pittore che sulla tela stesa a
terra era volto a far durare, ripetere, rinnovare l'attimo originario del
gesto, e poeta che continua a conquistarsi caparbio lo spazio e il ruolo che
merita nella poesia contemporanea, entrando nelle antologie, nei manuali
(come gli augurava Raboni), nello stratificarsi e complicarsi delle letture
e delle riletture. E ora questi Versi del senso perso riattualizzano la
godibilita' delle sue felici orchestrazioni sonore, e tornano finalmente a
liberare dalla soggezione al linguaggio bambini e adulti.
*
Un artista "fuori strada"
C'e' un altro tratto "genetico" di Scialoja che ha giocato la sua parte nel
rapporto con la critica. Oltre i pregiudizi. E' la sua estraneita', anzi la
sua insofferenza alle mode. Essere sempre fuori dai cori significava per
Toti essere libero di esprimere tutto se stesso, la sua intera umanita'. Una
finalita' profondamente etica dell'arte, di cui ha difeso l'autonomia con
fierezza anceschiana, che ha procurato al pittore grandi soddisfazioni a
fronte di amare battaglie e solitudini. Anche il suo mito americano degli
anni Cinquanta era un mito di liberta', crollato gia' nel 1960, durante il
secondo viaggio a New York, quando si avvide che tutto, persino l'action
painting, era diventato una moda. "Sono sempre stato in fondo fuori tempo -
disse in un'intervista - perche' quando tutti diventavano astratti, io ero
ancora figurativo, quando poi divenni astratto io, le cose erano gia'
cambiate". E infatti stava tornando il figurativo, con la pop art, la sua
"bestia nera". Dunque, come il pittore inseguiva un "suo" sogno di pittura
ispirato all'espressionismo europeo di Van Gogh, Ensor e Soutine, ma poi
rielaborava ogni fermento come specchio di se stesso, anche quel poeta di
squisita leggerezza che e' stato attingeva da un orizzonte europeo e da
modelli che negli anni Sessanta non facevano granche' furore in Italia: si
pensi all'uso della metrica, e per giunta della rima, e alla stessa poesia
per l'infanzia. Scialoja ripescava gli echi di antiche letture di bambino,
fra cui Il ciuco di Melasecche del Fucini, gli ottonari del "Corriere dei
piccoli" con le rime di Fortunello e le immagini di Capitan Cocorico', i
"versetti astratti, assurdi, gelidi e allegri", come li defini', delle
poesie inglesi: Lewis Carroll e Edward Lear letti sull'Enciclopedia dei
ragazzi. Eppure i suoi nonsense sono diversi da quelli di Lear: la loro
anima non e' la demenzialita' tipica dello humour inglese che svapora nella
freddura del nonsenso. Nei piu' mediterranei versetti scialojani la perdita
di senso, o del "peso specifico" delle parole, dura quanto lo choc provocato
da un raptus di sillabe impazzite. Poi, dal vuoto si ricompone d'improvviso
un senso ritrovato, anzi moltiplicato, che sboccia dallo stupore silenzioso
e fa scattare il riso, liberatorio.

8. LETTURE. MASSIMO DOGLIOTTI, ERMANNO FERRARIO, PIETRO LANDRA, FRANCESCO
SANTANERA: I MALATI DI ALZHEIMER. DALLA CUSTODIA ALLA CURA
Massimo Dogliotti, Ermanno Ferrario, Pietro Landra, Francesco Santanera, I
malati di Alzheimer. Dalla custodia alla cura, Utet, Torino 1999, pp. X +
126. Nella collana "Strumenti per le scienze della formazione" e nella serie
"Persona e societa': i diritti da conquistare", un'agile introduzione in
quattro parti: la prima sugli aspetti medico-sociali; la seconda sui servizi
sanitari, sociali ed assistenziali e gli interventi disponibili; la terza
sui profili giuridici; la quarta su come tutelare le esigenze e i diritti
dei malati di Alzheimer; in appendice riferimenti per contattare le
principali associazioni di tutela dei malati di Alzheimer e dei loro
congiunti. Con una prefazione di Claudio Ciancio.

9. LETTURE. VALERIA FINZI (A CURA DI): MATILDE BASSANI FINZI PARTIGIANA.
DOCUMENTI 1943-1945
Valeria Finzi (a cura di), Matilde Bassani Finzi partigiana. Documenti
1943-1945, Milano 2004, pp. 158. Curato da Valeria Finzi con la
collaborazione di Barbara Livecchi per la raccolta dei documenti e
l'elaborazione dei testi e di Elena Casartelli per il rigoroso ed elegante
progetto grafico, questo libro ricostruisce e documenta la straordinaria
attivita' antifascista di Matilde Bassani Finzi nella Resistenza. A Matilde
Bassani Finzi, deceduta alcuni mesi fa, e' dedicato il sito
www.matildebassanifinzi.it Questo libro puo' essere richiesto scrivendo
all'indirizzo e-mail: info at matildebassanifinzi.it o anche
valeriafinzi at interfree.it

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 850 del 13 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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