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Minime. 850
- Subject: Minime. 850
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 13 Jun 2009 00:48:13 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 850 del 13 giugno 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. No alla guerra, no alle stragi 2. Roberto Malini: La morte di Vira 3. Giuseppe Di Lello: La mafia ringrazia 4. Angela Giuffrida: La realta' vera e quella immaginata 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 6. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino 7. Alcuni estratti da "Versi del senso perso" di Toti Scialoja 8. Letture: Massimo Dogliotti, Ermanno Ferrario, Pietro Landra, Francesco Santanera, I malati di Alzheimer. Dalla custodia alla cura 9. Letture: Valeria Finzi (a cura di), Matilde Bassani Finzi partigiana. Documenti 1943-1945 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. NO ALLA GUERRA, NO ALLE STRAGI In Afghanistan e' in corso una guerra terrorista e stragista. L'Italia vi partecipa in violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. Il primo dovere di ogni cittadino italiano e' di chiedere che l'Italia torni al rispetto della sua Costituzione, torni al rispetto del diritto internazionale, torni al rispetto per le vite umane. Il primo dovere di ogni cittadino italiano e' impegnarsi perche' cessi la guerra, perche' l'Italia esca dalla guerra e s'impegni per la pace. Solo la pace salva le vite. 2. UNA SOLA UMANITA'. ROBERTO MALINI: LA MORTE DI VIRA [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3/) - che lo riprende dal sito www.everyonegroup.com - col titolo "La 'sicurezza' uccide chi e' 'irregolare': Vira, che si faceva chiamare Ylenia" e il sommario "Badante ucraina muore per un'emorragia, senza chiedere aiuto: temeva una denuncia e l'espulsione Il marchio della "clandestinita'" uccide ancora. Vira Orlova, badante ucraina di 39 anni, incinta, e' morta dissanguata..."] Il marchio della "clandestinita'" uccide ancora. Vira Orlova, badante ucraina di 39 anni, incinta, e' morta dissanguata all'interno dell'appartamento in cui lavorava, a Torre a Mare, in provincia di Bari. Dopo tante ricerche, aveva da poco trovato un'occupazione. Improvvisamente, si e' sentita male e ha cominciato a sanguinare, ma non ha chiamato nessuno: la paura di perdere il lavoro o di essere denunciata per la sua condizione "irregolare" l'ha bloccata. Ha cercato una bacinella, in cui ha raccolto il sangue che abbandonava il suo corpo, a causa di un aborto spontaneo. Ha resistito, sperando di farcela. Ma l'emorragia non si e' arrestata e Vira, che si faceva chiamare Ylenia, e' caduta al suolo, dove ha perso la vita. Nella stanzetta in cui alloggiava, a Mola di Bari, ospite di amiche "clandestine" come lei, i carabinieri hanno trovato il suo passaporto, senza i visti di ingresso. 3. RIFLESSIONE. GIUSEPPE DI LELLO: LA MAFIA RINGRAZIA [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 giugno 2009 col titolo "La mafia ringrazia"] Il vero problema per le intercettazioni telefoniche era quello della loro pubblicazione e, quindi, del rispetto della privacy di persone che, seppur non implicate nelle indagini, venivano sbattute in prima pagina, spesso a causa della loro notorieta'. Il governo pero' ha preso al volo l'occasione per regolare i conti con il sistema stesso delle intercettazioni, con i magistrati e con la stampa, uniti in una specie di "grumo eversivo" che in questi ultimi anni tanto danno ha fatto agli affari berlusconiani, pubblici e privati. In un Paese afflitto da una cronica elusione delle leggi, la maggioranza di centrodestra sta rendendo ulteriormente complicati i controlli di legalita' e, procedendo a colpi di voti di fiducia, oggi frena le indagini e imbavaglia la stampa come antipasto al gia' depositato progetto di riforma del processo penale che lo allunghera' in ossequio alla certezza non della pena, ma della prescrizione. Le modifiche alle intercettazioni prescindono, innanzitutto, dal necessario carattere d'urgenza e tempestivita' richiesto dalle circostanze. La richiesta del pm infatti deve essere vistata dal procuratore capo e inviata non piu' al gip del tribunale competente, ma al gip del tribunale del capoluogo del distretto della corte d'appello nel cui ambito ha sede il gip competente che, poi, dovra' decidere in composizione collegiale. Cioe' se, per esempio, il gip competente e' quello di Agrigento, la richiesta va inviata al gip del tribunale di Palermo che, appunto, e' il tribunale del capoluogo del distretto. Alla sicura perdita di qualche settimana di tempo, si deve aggiungere che l'intercettazione puo' essere disposta solo se vi sono "gravi indizi di colpevolezza" ed e' "assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini": ma cio' attiene gia' ad una fase di acquisizione di prove abbastanza tranquillizzante per l'accusa e, pertanto, l'intercettazione sarebbe assolutamente superflua. Le intercettazioni non possono durare piu' di trenta giorni, prorogabili per altri trenta giorni in due volte, ma per una serie di reati gravi i termini possono essere prorogati per tutta la durata delle indagini preliminari e basta che ci siano sufficienti indizi di reato. E' abbastanza chiaro che queste modifiche restrittive comporteranno gravi intralci alle indagini, specie per i reati dei "colletti bianchi" che, a questo punto, saranno pressoche' impossibili per il combinato disposto dei gravi indizi di colpevolezza e della tagliola temporale. Seppur intralciate, di esse comunque non se ne potra' avere notizia "anche se non sussiste piu' il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari". Fatte salve le persone non implicate nelle indagini, perche' ci deve essere un cosi' pesante vulnus per il diritto all'informazione afferente, per giunta, anche a fatti sui quali non c'e' nemmeno il segreto istruttorio? I tempi delle indagini preliminari sono a volte lunghi - soprattutto quelli che riguardano la criminalita' organizzata - e sulle grandi inchieste calera' un silenzio tombale, rafforzato da pesanti sanzioni sia per i giornalisti (per i quali e' addirittura previsto il carcere) che per i magistrati. E' proprio a partire dall'inizio delle indagini che il diritto all'informazione deve dispiegarsi nella sua interezza se si vuole un vero ´"controllo sociale" sulla effettivita' e completezza delle stesse specie ora che si profila all'orizzonte una notizia di reato sottratta ai pm e affidata interamente alla polizia e, cioe', all'esecutivo. Avremo un paese imbavagliato a maggior gloria dei criminali che truffano lo Stato, corrompono, devastano l'ambiente e attentano alla salute o alla vita dei cittadini o degli operai nei cantieri, tanto per fare qualche esempio esemplificatorio e non esaustivo. A chi giova tutto cio' se non ad una maggioranza di governo che nell'illegalita' diffusa trova un grande bacino di consenso sociale ed elettorale? C'e' pero', ed e' necessario che monti e si rafforzi, una altrettanto grande area di opposizione sociale ed istituzionale a queste norme liberticide, a partire dai magistrati, dalle forze di polizia e dalla stampa, fino ai semplici cittadini, tutti espropriati del diritto-dovere di contrastare l'illegalita' e di essere informati sulle malefatte del potere: la sinistra, dovunque essa sia, ha una ulteriore occasione di ritrovare compattezza intorno ai valori di legalita' cosi' palesemente calpestati. 4. RIFLESSIONE. ANGELA GIUFFRIDA: LA REALTA' VERA E QUELLA IMMAGINATA [Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida43 at inwind.it) per questo intervento] Sono stata particolarmente colpita dall'articolo "Il Cavaliere, Draghi e le bugie sui precari" pubblicato da "la Repubblica" il 6 giugno scorso in cui Massimo Giannini, lamentando "l'irrealta' berlusconiana", cosi' scriveva: "Nell'archetipo berlusconiano, il 'principio della realta' immaginata' e' il cuore della politica. La propaganda non lascia spazio alla verita' e alla responsabilita'. Neanche su una frontiera dolorosa, come la vita agra dei disoccupati e dei precari. Tutto si gioca sempre e soltanto sulla manipolazione semantica del reale e nella rimozione psicologica dei fatti". Giannini si riferiva alla smentita del premier circa la veridicita' delle affermazioni del governatore di Bankitalia sul tasso di poverta' relativa, superiore in Italia rispetto alla media europea, e sulle lacune del nostro sistema di protezione sociale. "Ripetendo... clamorose bugie dai microfoni del servizio pubblico radiotelevisivo" Berlusconi ha invitato gli italiani - come d'altronde ha fatto in numerose altre occasioni - a non credere alla "realta' empirica" ma alla "realta' immaginata" da lui esposta. Per la verita' il nostro premier e' in buona compagnia se e' vero che nel pensiero filosofico gli empiristi, pur mettendo l'accento sull'esperienza, dubitano non meno degli idealisti della consistenza della realta' e come loro se la vedono sfumare proprio sotto gli occhi. D'altronde, essendo il soggetto politico un uomo neutro universale che non esiste realmente, tutta la politica, non solo quella berlusconiana, si muove in un universo fantasmatico ben lontano dagli esseri umani reali. Non a caso si parla di "giochi", di "teatrino" a proposito della politica, la quale dovrebbe invece occuparsi dei bisogni concreti della gente e realizzare quei valori che, avvolti come sono nei fumi della verbosita', restano nel mondo astratto dei puri ideali. D'altra parte il linguaggio non significa ne' vuole significare la realta' delle cose. Uguaglianza, giustizia, democrazia, termini tanto usati ed abusati in politica, non hanno alcuna possibilita' di realizzazione pratica nelle comunita' androcentriche, biecamente incentrate sul dominio. In esse, lo sappiamo, si puo' tranquillamente parlare di onesta' mentre si prospera sguazzando nella corruzione, si puo' ragionare di liberta' e ridurre in schiavitu' i propri simili, si puo' discutere di diritti umani mentre li si nega alle donne, ai bambini e non solo. Anche le varie sinistre, riconoscendo dopo le solenni batoste elettorali di non essersi confrontate con le persone in carne ed ossa e con le loro condizioni materiali di vita, scoprono l'inclinazione a defilarsi in un "mondo virtuale". Piuttosto strana suona poi la critica, espressa in varie occasioni da rappresentanti della sinistra, al "pensiero unico berlusconiano", visto che le organizzazioni sociali patrifocali si basano tutte sul "pensiero unico maschile". Se gli uomini legittimano l'estromissione in blocco della parte femminile della specie, presumendo che esista un unico tipo di razionalita', la loro, non possono meravigliarsi che qualcuno percepisca se stesso come il solo detentore del pensiero. "Vedere uno" e' il problema di fondo in quanto fornisce del reale un'immagine scarnificata non corrispondente al vero, quindi astratta. Purtroppo inseguire dati singoli e' il modo in cui il maschio umano si mette in rapporto col mondo e con se stesso. Superare la parzialita' di tale sguardo e' l'unica soluzione possibile. 5. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 7. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "VERSI DEL SENSO PERSO" DI TOTI SCIALOJA [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, Torino 2009] Indice del volume Il piu' crudele dei musi. di Paolo Mauri; Versi del senso perso: Amato topino caro; Una vespa! Che spavento: I. La zanzara senza zeta; II. Tigri pigre; La stanza la stizza l'astuzia: I. I corvi di Orvieto; II. Pane coltello e piatto; Ghiro ghiro tonto; La mela di Amleto: I. Il gatto bigotto; II. La mela di Amleto; III. La farfalla di Follonica; IV. Paesaggi senza peso; Tre lievi levrieri; Scialoja, la fortuna critica di un "ippogrifante", di Orietta Bonifazi; Nota all'edizione del 1989. * Da pagina V Paolo Mauri: Il piu' crudele dei musi Come avvenne che Toti Scialoja, stimato pittore e maestro di pittura, divenisse anche poeta? Si e' creata, intorno a questo, una leggenda e dunque, come conviene alle leggende, prendiamola per vera. Toti cammina per la strada, gli occhi a terra. Nella testa sente un suono, lo "zzzz" della (di una) zanzara. Improvvisamente "vede" la parola (non la zanzara) e subito comincia a smontarla: dentro la zanzara c'e' Zara, ma anche l'incipit di Zanzibar. E dentro a Zanzibar? Non c'e' un bar bello e pronto? E' stato lo stesso Scialoja ad assicurarci che e' andata proprio cosi': ma si puo' essere testimoni per se stessi? Su questo punto interverremo tra un po'. Nell'anno 1971, quando Scialoja pubblica da Bompiani Amato topino mio, sa gia' che le poesie incontreranno i bambini (o viceversa) ma sa anche che il paratesto verra' accuratamente vagliato dai critici. La struttura di queste poesie nasce da un metodo puramente linguistico automatico, al modo dello scioglilingua, della filastrocca e del nonsense. Gioco fonemico che i bambini intendono d'istinto, che eccita la loro curiosita', li muove alla scoperta della parola nuova come incantevole meccanismo sonoro. Infatti l'ostacolo che rappresenta il vocabolo inatteso, nell'assonanza con gli altri, contribuisce a creare "quei paesaggi di parole" che liberano il bambino dalla soggezione al linguaggio e dentro i quali essi entrano ed escono con felicita' e naturalezza. Antonio Porta riprese la presentazione (da attribuirsi senza dubbio all'autore) nella prefazione a La stanza la stizza l'astuzia, la plaquette uscita presso la Cooperativa Scrittori nel 1976. E', questa raccolta, il passaggio alla poesia per adulti o alla poesia tout court. Si apre con una quartina divenuta, almeno tra i cultori di Scialoja, celebre: "Il sogno segreto / dei corvi di Orvieto / e' mettere a morte / i corvi di Orte". Nell'aprile del '76, a Orvieto, la Cooperativa Scrittori, per iniziativa di Luigi Malerba e di altri soci come Nanni Balestrini, Porta stesso etc., organizzo' un convegno su Scrittura e lettura. Le sedute si tenevano al teatro Mancinelli non ancora restaurato. Una mattina, Porta, aprendo i lavori, volle recitare la poesia dei corvi che Toti gli aveva a sua volta detto in albergo la sera prima. Strepitosa. Non so se fosse nata proprio allora o prima, ma certo in quel momento aveva tutte le caratteristiche per diventare una poesia-manifesto. Proviamo a "smontarla". La parola "Orvieto", se la si guarda da vicino, contiene gia' la parola "Orte", cui manca poi solo la "m" iniziale per diventare "morte". Quanto al corvo, anch'esso sta (a parte la "c" iniziale) in Orvieto. E che il corvo incroci Orvieto e' chiaro da quest'altro distico "Ho visto un corvo sorvolare Orvieto. / Volava assorto, ne' triste ne' lieto". Nelle due volte in cui Scialoja gioca con Orvieto, illustrando egli stesso le rime, usa proprio la parola "Orvieto" e non un profilo della cittadina o del celebre duomo. E' dunque la parola in se' ad attrarre la sua attenzione, come sempre del resto nei suoi versi geografici e non. Anche se la poesia sul sogno segreto nasce dall'automatismo dei giochi sillabici, essa produce altri sensi. Geograficamente Orte e Orvieto sono molto vicine e ambedue arroccate su una rupe. La guerra dei corvi e' una metafora? La quartina potrebbe anche insinuare che il sogno segreto di un vicino e' quello di farti scomparire, di "mettere a morte". Ma "mettere a morte" non vale semplicemente "uccidere". L'atto si fa cerimonia pubblica, processo, istituto. Torniamo ai suoni. "I corvi di Orv..." agglutinano la materia, mentre l'allitterazione in "s" del verso iniziale sembra quasi zufolare il pettegolezzo: in fondo si tratta di svelare un segreto, di rendere chi ascolta partecipe di un "piano". Alla fine, non c'e' dubbio: la confidenza e' certamente amicale, ma presuppone persino una consorteria: che i corvi di Orvieto fossero gli scrittori della neoavanguardia mentre quelli di Orte, genericamente, i tradizionalisti? Illazione, e' chiaro: ma la messa in situazione, in quella situazione ormai storica, la consentirebbe persino. Di piu': alla fine si avverte come un retrogusto di malinconia. Scialoja perde il senso, lo riconquista in modo insperato creando suggestioni assolutamente inedite e un poco si rattrista. La macchina della messa a morte (la ghigliottina?), manovrata da mano invisibile, riguarda tutti. E poi, i corvi, seguitando la catena degli accostamenti inconsci, sono neri e dunque funebri. Sono funebri e lo sanno, dunque siamo di nuovo alla morte che sprigiona dalle loro penne. Vale la pena di rammentare anche "Ricordo i corvi a Nervi / torvi per la corve'..." (Un'ascissa letteraria qui ci porterebbe al corvo di Poe, ben noto a Scialoja). Ben diverso e' il caso del merlo. "L'uccello nero / salta leggero, / si chiama merlo / senza saperlo". Qui il nero, per completare il breve discorso analogico, non e' funereo: il merlo, infatti, "salta leggero", leggero e inconsapevole. Non conosce neppure il suo nome. E dunque salta leggero sui destini di chiunque. * Un bestiario Quando si parla dell'originalita' di Scialoja si allude soprattutto alla freschezza assolutamente originale con cui crea i suoi versi. Il suo ritmo e' inimitabile, la grazia con cui si fa poeta assoluta. Lo sanno gli amici che qualche volta tentavano di mettersi in gara con lui: questa poesia all'apparenza facile e' in realta', come abbiamo visto con i "corvi di Orvieto", estremamente complessa: quella che Toti ottiene e' dunque una semplicita' complessa, tipica appunto della autentica poesia. Dove invece Scialoja incrocia un'antica tradizione e' nella scelta del mondo animale: quello che nelle favole da sempre confina e si intreccia con il mondo dell'infanzia. Fin dalla prima raccolta Amato topino mio, il tradizionale topo salta fuori dai versi, ma naturalmente non e' solo. "Topo, topo, / senza scopo, / dopo te cosa vien dopo?". Tra topo e dopo c'e' solo uno scambio di consonante. Parturient montes, nascetur ridiculus mus, diceva il poeta latino. Mus: un monosillabo molto attraente (per il significante, ovviamente), ma non facile da maneggiare nella metrica classica. In italiano il bisillabo consente numerose variazioni. Sono molti i topi presenti nello zoo di Scialoja: c'e' addirittura, tra il lusco e il brusco un minuscolo topino etrusco. Ma ecco una poesia (dove il topo degrada in sorcio) che mette a nudo certi procedimenti creativi: "Era gruvi, gruvi era / il tuo cacio con i fori / era brughi, brughi era / il tuo bosco con i fiori, / era frutti, frutti era / la speranza del tuo viaggio, / era preghi, preghi era / quel che avevi nello sguardo, / fu piu' rapida di un sorso / la tua anima di sorcio". La parola spezzata consente di raddoppiare il senso e per analogia di frattura l'operazione ribatte su altre parole creandone cosi' di nuove molto provvisorie: come "gruvi" o "brughi", che durano un secondo e subito si riaccasano per ritrovare o rinnovare il senso perso. * Da pagina XII Geografia Oltre a creare, come si e' visto, un bestiario, Scialoja gioca, impareggiabile solfeggiatore di sillabe, con i nomi di luogo. Abbiamo gia' detto che a lui interessa il suono della parola, dal quale, come nel caso di Orvieto, ricava altri sensi. Chi avesse la curiosita' di sapere dove si trovavano i tre levrieri, gia' segnalati a proposito dei molti cani cantati da Toti, sappia che si trovavano a Treviri: "Ieri vidi tre levrieri / lungo i viali di Treviri". Si potrebbe addirittura stabilire la regola che i nomi di localita' geografiche comportano un secondo termine che entra con i nomi di animali in diretta collusione fonica: le ostriche stanno ad Ostenda, la pioggia a Fiuggi, il nibbio a Gubbio, Ninive evoca le nuvole, Acapulco il palco nella sublime, perentoria, dichiarazione: "Nel teatro di Acapulco / ogni pulce occupa un palco", a Taranto arde un cielo amaranto, e nell'ultimo verso l'anima viene definita "moribonda tarantola". (Arbasino aveva dichiarato a sua volta "Ossigenarsi a Taranto / e' stato il primo errore"). Molto emblematica "Sono in Asia ed Asia sia / vedo un sosia che mi spia / l'ansia e' falsa compagnia | stappero' la malvasia. // S'apre l'Arca ed Arca sia / sbarca all'alba qualche arpia / suona l'arpa per la via / rischiero' la nostalgia". L'Asia e' l'immediata intuizione geografica che sta dietro all'Ansia: la proietta in un paesaggio "senza peso" per dirla con lo stesso Scialoja: un paesaggio dell'anima, pero', dove lo scambio Asia-Ansia si conclude con la nostalgia evocata dall'arpa partorita semanticamente dall'Arpia. * Il linguaggio Ci siamo permessi di rimandare a poeti dell'Ottocento, o del primo Novecento, e alla lingua bambina di certe poesiole infantili perche', spesso, anche la lingua di Scialoja e' fondata sull'ortodossia, la linearita' narrativa, poi scardinata, fatta esplodere dal nonsense. Si prenda questa strofa: "Nei vapori del parco di Pavia / i pallidi pavoni si allontanano / a passo di pavana e vanno via". Qui quasi lo scarto del nonsense non si sente e il narrato ha un sapore antico. "La marmotta e il vecchio ghiro / passeggiavano a braccetto, / terminato un breve giro / con un rapido sospiro / si rimisero nel letto". "Oh formica! / Quanto e' antica / e nemica / la fatica / nell'ortica. / Ma tu vuoi che non si dica". Certo quando la mano di Scialoja accelera ecco che subito il ritmo scarta e il lettore capisce d'essere in trappola: "Cerco l'ago nel pagliaio / cerco l'ego nel migliaio / cerco l'ergo nel bisbiglio / cerco l'agro nell'intruglio / cerco il largo nel risveglio / cerco il drago nel vermiglio". Pero', va pur detto, la repetitio fa parte di antiche ricette: non ci sara' anche Petrolini nei ricordi di Scialoja? L'anafora rinforza il senso dell'indagine: "Che fai malato Amleto con una mela in mano / che fai mela di Amleto nella mano malata...", ma anche qui l'interrogazione e' diretta, la costruzione perfettamente lineare, forse - lo si e' gia' notato per un'altra poesia - nel ricordo classico di "che fai tu luna in ciel" etc. Ma certo per stabilire, con un poco di coerenza, il reale reticolo di rimandi entro cui si inserisce la poesia di Scialoja occorre un riesame non semplice. Manganelli, nella celebre bandella di copertina della raccolta Versi del senso perso, tirava in ballo anche un Foscolo ubriaco e ancora un Petrarca che "abbia letto Stevenson", scivolando nelle ucronie. Frabotta ricorda la passione di Scialoja per Ungaretti, e penso, tra le tante suggestioni possibili, che anche Penna, quel Penna che bussava alla sua porta per lucrare un quadretto da vendere all'istante, abbia giocato la sua parte e chissa', forse anche il vecchio Palazzeschi di Rio Bo e dintorni. * Da pagina 6 L'uccello nero salta leggero, si chiama merlo senza saperlo. * Pipistrello, ti par bello far pipi' dentro l'ombrello? * L'ippopota disse: "Mo nella mota ho il mio popo'!" * Da pagina 18 Uno due tre quattro passa un gatto quatto quatto. Quattro tre due uno era un gatto di nessuno. * Da pagina 30 Chiede il bombo: "Perche' ronzo? Perche' vado sempre a zonzo come un gonzo, senza meta? Perche' peso come il piombo sopra il fiore che si piega?" * A mezzanotte la luna spicca gobba a levante, e il grillo inghiotte la sua pasticca di tranquillante. * Fuori Farfa le farfalle vanno in folla a far follie: le pulcelle sono gialle quelle azzurre son le zie. * Da pagina 38 La zanzara dello Zambia quando zompa su una zampa da Kasempa alla Tanzania mica danza, mica smania, mica semina zizzania, sente solo che uno zampi rone brucia nella stanza. * La zanzara, per decenza, ha una tunica di organza, quando e' sbronza vola senza a zig zag per la Brianza. * Una volta spesi un gruzzolo per andare a Veracruz a veder sette zanzare un po' vizze nella teca ma di pura razza azteca. * Quando la talpa vuol ballare il tango il salone si svuota, ed io rimango. * C'e' una carpa che ama l'arpa ma la suona con la suola della scarpa. * Da pagina 40 L'albatro a cui tendevi un piccolo caimano volo' cosi' lontano che non si vede piu'. * Da pagina 41 Due oche di Ostenda in guanti e mutande pedalano in tandem all'ombra dei dolmen e in meno di un amen imboccano un tunnel. * C'era una volta un topo di professione proto, prese una topica per un tropo ma ormai ci vedeva poco. * Da pagina 50 Quando il tetro dromedario giunse dietro al tetraedro alzo' gli occhi e disse: "Diamine! Son davanti a una piramide!" * Un pollo su un pullman in viaggio per Baden avvolto in un loden si sente nell'Eden; sua moglie, col rimmel, gli fuma le Camel. * Da pagina 59 C'e' un micio d'agosto che dorme di gusto su un cencio all'ombra di un busto del Pincio. * Da pagina 61 Dentro l'antro sento un ranto lo nell'ombra, e' la lontra che si roto la al mio fianco e mi mormo ra: ´Dottore! Bell'incontro!" * Un camello, lungo il Corso, camminava lemme lemme e pensava: "Avra' rimorso chi mi scrive con due emme?" * Da pagina 69 Quando un orso passeggia lungo il Corso la gente corre al bar per bere un sorso. * Da pagina 119 Il mattino ha l'oro in bocca il gobbino ha l'ovo in groppa il mastino ha l'osso in bocca il triestino ha il porto in secca il santino ha l'ostia in bocca il bambino ha il lecca lecca. * Da pagina 123 Un cane bastardo che abbaia alla luna un nano balordo che scaglia la piuma un capo codardo che piega la schiena un sarto vegliardo che infila la cruna un santo testardo che imbocca la iena un calvo bugiardo che annoia la bruna un cardo beffardo che impiglia la lana. * Da pagina 218 Sere, ma quali sere, quali deserte attese, quali rose severe in azzurro paese. * Chi detesta l'estate sente pungere l'erbe e confonde le date in fondo al verde debole. * Mi faro' per l'autunno una cuccia di cane fino alla fin dell'anno sotto le tue sottane. * Ci sorbiremo un uovo il primo di gennaio poi tornero' di nuovo dove fa caldo e buio. * Da pagina 231 D'inverno venne a Vienna e senza alcun perche' rovescio' gli occhi e svenne s'una tazza di te'. Noi le facemmo vento con ventagli di penne: rinvenire e' uno stento quando si sviene a Vienna. * Da pagina 257 Orietta Bonifazi: Scialoja, la fortuna critica di un "ippogrifante" Rue de la Tombe Issoire, 1961. Chissa' se sia nato prima il topo (senza scopo) o la zanzara (di Zanzibar) o il gatto (quatto quatto). E' comunque iniziato tutto da li', per caso e per gioco. O forse li', quell'anno a Parigi, qualcosa si e' compiuto: la risposta, non casuale, a un richiamo creativo sonnecchiante per anni, che avrebbe avviato Toti Scialoja per un'avventura poetica unica e rivoluzionaria nella storia della letteratura del Novecento italiano, rendendolo poeta a sessant'anni e suo malgrado, quando gia' era un maestro dell'arte astratta, celebre sulle due sponde dell'Atlantico. Una storia che sorprende, per come si e' svolta (con la naturalezza d'una quasi predestinazione e una costellazione di leggende), e per la bizzarra accoglienza che ai suoi delicatissimi congegni di illusionismo verbale ha riservato la critica, subito divisa nelle due schiere dei "sospettosi" e degli entusiasti. Se la divulgazione ne risulto' penalizzata, lo si deve ai primi, mossi entro la domanda (retorica) se quel pittore, divenuto giocoliere di puri suoni, fosse un poeta "serio" o soltanto giocoso, appunto, se fosse anche per adulti o solo per bambini e, anzi, se fosse davvero un poeta, con tutti i crismi. Pregiudizi, che bene ha chiarito Giovanni Raboni nella prefazione al volume in cui ha raccolto le poesie della cosiddetta linea "seria", verso la quale esortava l'autore: il pregiudizio che i suoi versi, tutti e non solo quelli dichiaratamente per l'infanzia, appartenessero alla "ghettizzante categoria della produzione 'scherzosa' o 'giocosa'. Categoria che la seriosita' accademica [...] tende a considerare quasi fatalmente 'minore'"; e il sospetto d'una sua "violinita' d'Ingres", avendo Toti esordito editorialmente quando era "uno dei piu' importanti pittori della sua generazione". Il timore insomma d'una poesia scritta solo per divertimento, tenace anche dopo la "svolta" provocata da quella sensuale musa ironico-lirica che, dagli anni Ottanta, ispiro' a Scialoja versi piu' intimisti e tragici. A togliere l'ombra lunga dell'arte minore dagli "incantesimi sonori" di Scialoja si fece largo l'altra "cerchia", di illuminati (fra cui Calvino, Porta, Raboni e Manganelli), dapprima ristretta e poi via via piu' folta fino a formare un gruppo di epigoni, o nel caso migliore di "compagni di strada - osservava Barilli - costituito da tanti giovani poeti che insistono, chi piu' chi meno, in un simile 'viaggio al termine della parola'". Sembra aver trovato cosi' un lieto fine l'avventura di Scialoja poeta, misconosciuto in gioventu', quand'era appassionato e adolescente lettore di Ungaretti, e riconosciuto in tarda eta', anche con alcuni premi letterari. Piu' che a una fine, tuttavia, viene quasi da pensare al ritorno di un inizio, un tratto inciso nel Dna di Scialoja, pittore che sulla tela stesa a terra era volto a far durare, ripetere, rinnovare l'attimo originario del gesto, e poeta che continua a conquistarsi caparbio lo spazio e il ruolo che merita nella poesia contemporanea, entrando nelle antologie, nei manuali (come gli augurava Raboni), nello stratificarsi e complicarsi delle letture e delle riletture. E ora questi Versi del senso perso riattualizzano la godibilita' delle sue felici orchestrazioni sonore, e tornano finalmente a liberare dalla soggezione al linguaggio bambini e adulti. * Un artista "fuori strada" C'e' un altro tratto "genetico" di Scialoja che ha giocato la sua parte nel rapporto con la critica. Oltre i pregiudizi. E' la sua estraneita', anzi la sua insofferenza alle mode. Essere sempre fuori dai cori significava per Toti essere libero di esprimere tutto se stesso, la sua intera umanita'. Una finalita' profondamente etica dell'arte, di cui ha difeso l'autonomia con fierezza anceschiana, che ha procurato al pittore grandi soddisfazioni a fronte di amare battaglie e solitudini. Anche il suo mito americano degli anni Cinquanta era un mito di liberta', crollato gia' nel 1960, durante il secondo viaggio a New York, quando si avvide che tutto, persino l'action painting, era diventato una moda. "Sono sempre stato in fondo fuori tempo - disse in un'intervista - perche' quando tutti diventavano astratti, io ero ancora figurativo, quando poi divenni astratto io, le cose erano gia' cambiate". E infatti stava tornando il figurativo, con la pop art, la sua "bestia nera". Dunque, come il pittore inseguiva un "suo" sogno di pittura ispirato all'espressionismo europeo di Van Gogh, Ensor e Soutine, ma poi rielaborava ogni fermento come specchio di se stesso, anche quel poeta di squisita leggerezza che e' stato attingeva da un orizzonte europeo e da modelli che negli anni Sessanta non facevano granche' furore in Italia: si pensi all'uso della metrica, e per giunta della rima, e alla stessa poesia per l'infanzia. Scialoja ripescava gli echi di antiche letture di bambino, fra cui Il ciuco di Melasecche del Fucini, gli ottonari del "Corriere dei piccoli" con le rime di Fortunello e le immagini di Capitan Cocorico', i "versetti astratti, assurdi, gelidi e allegri", come li defini', delle poesie inglesi: Lewis Carroll e Edward Lear letti sull'Enciclopedia dei ragazzi. Eppure i suoi nonsense sono diversi da quelli di Lear: la loro anima non e' la demenzialita' tipica dello humour inglese che svapora nella freddura del nonsenso. Nei piu' mediterranei versetti scialojani la perdita di senso, o del "peso specifico" delle parole, dura quanto lo choc provocato da un raptus di sillabe impazzite. Poi, dal vuoto si ricompone d'improvviso un senso ritrovato, anzi moltiplicato, che sboccia dallo stupore silenzioso e fa scattare il riso, liberatorio. 8. LETTURE. MASSIMO DOGLIOTTI, ERMANNO FERRARIO, PIETRO LANDRA, FRANCESCO SANTANERA: I MALATI DI ALZHEIMER. DALLA CUSTODIA ALLA CURA Massimo Dogliotti, Ermanno Ferrario, Pietro Landra, Francesco Santanera, I malati di Alzheimer. Dalla custodia alla cura, Utet, Torino 1999, pp. X + 126. Nella collana "Strumenti per le scienze della formazione" e nella serie "Persona e societa': i diritti da conquistare", un'agile introduzione in quattro parti: la prima sugli aspetti medico-sociali; la seconda sui servizi sanitari, sociali ed assistenziali e gli interventi disponibili; la terza sui profili giuridici; la quarta su come tutelare le esigenze e i diritti dei malati di Alzheimer; in appendice riferimenti per contattare le principali associazioni di tutela dei malati di Alzheimer e dei loro congiunti. Con una prefazione di Claudio Ciancio. 9. LETTURE. VALERIA FINZI (A CURA DI): MATILDE BASSANI FINZI PARTIGIANA. DOCUMENTI 1943-1945 Valeria Finzi (a cura di), Matilde Bassani Finzi partigiana. Documenti 1943-1945, Milano 2004, pp. 158. Curato da Valeria Finzi con la collaborazione di Barbara Livecchi per la raccolta dei documenti e l'elaborazione dei testi e di Elena Casartelli per il rigoroso ed elegante progetto grafico, questo libro ricostruisce e documenta la straordinaria attivita' antifascista di Matilde Bassani Finzi nella Resistenza. A Matilde Bassani Finzi, deceduta alcuni mesi fa, e' dedicato il sito www.matildebassanifinzi.it Questo libro puo' essere richiesto scrivendo all'indirizzo e-mail: info at matildebassanifinzi.it o anche valeriafinzi at interfree.it 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 850 del 13 giugno 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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