Nonviolenza. Femminile plurale. 252



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 252 del 4 giugno 2009

In questo numero:
1.. Alcuni estratti da "Le donne" di Lucia Motti
2. Bruna Bianchi: L'anarcofemminismo di Emma Goldman

1. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LE DONNE" DI LUCIA MOTTI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Lucia Motti, Le donne, Editori Riuniti, Roma 2000 (volume della Storia
fotografica della societa' italiana)]

Indice del volume
Fotografia e storia delle donne; Non solo madri; A cavallo tra due secoli;
Donne italiane tra le due guerre; In guerra e nella ricostruzione; Il pane e
le rose; Donne del nuovo millennio; Foto simbolo; Letture consigliate;
Referenze fotografiche.
*
Da pagina 5
Fotografia e storia delle donne
Lo sguardo che proponiamo per raccontare, attraverso le fotografie, come
cambiano le donne in un secolo e mezzo di storia d'Italia, intende
soffermarsi sulla sottile linea di confine che corre tra pubblico e privato:
un limen che ci porta al cuore della storia delle donne nella
contemporaneita'. Non solo la vita privata, o "il costume", che vedrebbero
le donne racchiuse nella sfera della domesticita' e dell'effimero, ma anche
i momenti di maggiore protagonismo politico, in cui esse acquistano
visibilita' pubblica. Non solo, ma anche donne "eccezionali", che spesso
hanno anticipato, in solitudine e pagando prezzi altissimi, comportamenti
che diventeranno comuni.
Le donne cambiano e, nel loro cambiamento, trasformano la societa' e i
rapporti tra i sessi. Raccontare di storia delle donne vuol dire allora
metterle al centro del nostro immaginario obiettivo fotografico, senza
dimenticare pero' che vivono e si muovono all'interno di reti di relazioni
che vedono uomini e donne interagire reciprocamente.
La storia delle donne pone domande nuove alle fonti storiche; tra queste,
accanto a biografie e autobiografie, testimonianze e fonti letterarie, un
posto importante e' occupato dalla fotografia. Le donne popolano sin
dall'inizio la fotografia, e la macchina fotografica ci rinvia l'idea che
una societa' ha delle donne. In modo particolare, prima dell'avvento di
altri media come il cinema e la televisione, la fotografia ha svolto un
ruolo fondamentale nella costruzione di modelli e stereotipi, rivelandosi
uno strumento indispensabile per cogliere i mutamenti della rappresentazione
del "femminile". Ma, quella ambiguita' che, secondo studiosi come Castel, la
contraddistingue, fa si' che, almeno in parte, l'immagine fotografica
contribuisca a produrre nell'opinione pubblica quei cambiamenti che
documenta, diventandone, allo stesso tempo, testimone e origine; in altre
parole, mentre rappresenta il cambiamento, mettendolo in scena, lo rende
pensabile e quindi lo legittima (Di Cori). L'immagine fotografica, inoltre,
non nega, anzi mette esplicitamente in scena i corpi, rendendo, tra l'altro,
possibile scorgere come muta, e se muta, lo sguardo maschile sul corpo
femminile. Sappiamo anche che, dietro l'apparente oggettivita' di immagini
che dovrebbero "parlare da sole", le fotografie sono dei testi aperti ad una
molteplicita' di interpretazioni possibili e, d'altra parte, qualsiasi
documento risponde solo alle sollecitazioni di chi lo interroga, puo' tacere
del tutto o illuminare zone prima immerse nell'ombra. Per quanto riguarda le
donne, il documento fotografico tende a cristallizzare nella
rappresentazione una precisa identita' sociale o un mondo di relazioni dove
i ruoli sessuali sono rigorosamente definiti, ma ci invita anche a porre
un'ulteriore domanda: oltre alla rappresentazione che la foto "mette in
scena", e' rintracciabile una autorappresentazione delle donne ritratte, una
loro "interpretazione" del ruolo assegnato?
*
Da pagina 13
Donne italiane tra le due guerre
Quando la guerra finisce molte voci si levano perche' le donne riprendano il
loro posto "naturale" all'interno della famiglia, soprattutto perche'
lascino liberi per i reduci i posti di lavoro occupati durante l'emergenza
bellica: la pretesa di continuare a lavorare viene bollata come un atto di
egoismo femminile. Nel dopoguerra, infatti, continua la polemica, che gia'
si era accesa negli anni del conflitto, contro le donne che lavorano per
"migliorare il guardaroba" e sciupare i guadagni in "calze di seta e
fronzoli". Ma ormai le cose sono profondamente mutate e non torneranno piu'
come prima, nemmeno per le donne, malgrado i tentativi di ricondurre alla
normalita' comportamenti femminili poco rassicuranti, come quelli che
portano ad una riduzione del tasso di natalita', o quelli in aperta
concorrenza con il bisogno di lavoro dei reduci. [...]
Il dopoguerra sembra portare con se' per le donne la conquista di una piena
cittadinanza politica: non c'e' forza politica che, almeno a parole, non
dichiari maturi i tempi per la "concessione" del diritto di voto con cui
alcune nazioni, come l'Inghilterra e la Germania, "premiano" l'impegno
femminile negli anni di guerra. Anche in Italia la discussione riprende su
questo terreno: il primo passo e' la legge Sacchi del 1919 che abolisce
l'autorizzazione maritale e ammette, anche se con qualche eccezione, le
donne all'esercizio delle professioni e nell'impiego pubblico; non a caso e'
definita "premio di smobilitazione". Sempre nel 1919 la Camera dei deputati
decide di estendere alle donne di tutte le classi sociali, anche se solo in
via di principio, il diritto di elettorato attivo e passivo. L'obiettivo per
cui, sin dall'indomani dell'unita', si era battuta una generazione di
emancipazioniste sembra a portata di mano ma, pochi anni dopo, l'avvento al
potere del fascismo neghera' ad ambedue i sessi l'esercizio del diritto di
voto.
La politica del fascismo nei confronti delle donne segue un tracciato ben
noto, anche se contraddittorio, se inizialmente si assume un atteggiamento
di disponibilita' rispetto alla partecipazione diretta delle donne alla vita
politica (le donne sono iscritte ai primi fasci di combattimento e il voto
attivo e passivo alle donne e' previsto nel programma del 1919), negli anni
del regime si afferma invece un modello che vede la donna essenzialmente
come forza riproduttiva e individua nella sfera domestica il suo luogo
"naturale". L'esclusione delle donne dall'insegnamento nei licei, il limite
del 10% posto alle assunzioni nell'impiego pubblico e privato, le tasse
scolastiche piu' alte rispetto a quelle pagate dai loro colleghi maschi, la
decurtazione del salario operaio femminile, sono alcune delle tappe che
scandiscono il tentativo di ridimensionare la presenza femminile negli
impieghi e nelle professioni.
*
Da pagina 17
La legge n. 23 del primo febbraio 1945, denominata "estensione del voto alle
donne", pone fine ad un'esclusione di lunga durata e rende alle italiane la
piena cittadinanza politica. A dispetto di quanti avevano previsto una
scarsa affluenza delle donne alle urne, le italiane vanno a votare in tante,
facendo registrare alte percentuali sia alle amministrative della primavera
del 1946, che alle elezioni per la Costituente del 2 giugno: 21 saranno le
elette. Tra queste troviamo cattoliche come Maria Federici e Maria Guidi
Cingolani, antifasciste che venivano dall'esperienza del carcere,
dell'emigrazione e del confino come Teresa Noce, Angela Merlin e Adele Bei,
giovanissime, maturatesi nell'esperienza della Resistenza, come Teresa
Mattei e Nilde Jotti.
*
Da pagina 19
Il pane e le rose
Lo slogan che sintetizza lo spirito degli anni Settanta e' "vogliamo il pane
e le rose"; uno slogan, ma soprattutto un modo di guardare alla politica: il
pane, e quindi il protagonismo di tante donne, giovani e meno giovani nelle
lotte dell'"autunno caldo", ma soprattutto le rose, cioe' una qualita'
diversa della vita che investa tutti gli aspetti dell'esistenza.
Il passaggio dagli anni Sessanta ai Settanta e' caratterizzato dal "baby
boom" e dal massiccio ingresso delle donne nel terziario e nel pubblico
impiego, anche connesso con lo sviluppo del Welfare State. Accanto ad un
esercito di insegnanti, commesse, impiegate di banca e delle assicurazioni,
si fa strada una nuova professionalita' legata a settori che, come la
sanita', sono stati investiti da processi riformatori. Ma alle porte c'e'
una nuova rivoluzione che, certo non a caso, parte da una inchiesta sulla
condizione della donna. "La Zanzara", giomale studentesco del liceo Parini
di Milano, decide di pubblicare, il 22 febbraio 1966, i risultati di un
dibattito tra gli studenti, in cui sono state poste anche domande intorno ai
rapporti sessuali. Un quotidiano milanese riprende queste risposte
innescando lo scandalo. Interrogazioni al ministro della pubblica
istruzione, convocazione dal sostituto procuratore della Repubblica del
preside del liceo e degli studenti responsabili della pubblicazione: Marco
De Poli, Marco Sassano, Claudia Beltramo. I tre vengono invitati a
spogliarsi per sottoporsi alla visita medica prevista dal codice per i
minorenni colpevoli di reato. La ragazza rifiuta e pretende di vedere un
avvocato. Il preside del Parini e i tre studenti sono rinviati a giudizio
per il 30 marzo. Il 23, per la prima volta nel dopoguerra, migliaia di
studenti scendono in piazza in segno di protesta. Un episodio di cronaca
solo apparentemente marginale, in realta' il primo soffio di un vento che,
di la' a pochi anni, investira' tutto il paese.
L'alleanza tra giovani donne e giovani uomini contro l'autoritarismo del
mondo dei padri, soprattutto nella scuola e nella famiglia, che e' alla base
del '68 e che vede tante ragazze al fianco dei loro compagni, si incrina di
fronte alla contraddizione di genere. Il passaggio da "angeli del focolare"
ad "angeli del ciclostile" non e' sufficiente per il protagonismo politico
delle donne dei gruppi.
La fotografia riesce a restituirci figure che manifestano una naturalezza
piena: donne che intervengono alle assemblee, che distribuiscono volantini,
che partecipano alle manifestazioni occupando con grande padronanza la scena
pubblica. Sono ad esempio le donne della Milano industriale ritratte da
Silvestre Loconsolo, appassionato testimone ed interprete di quelli che sono
stati definiti "gli anni dell'impazienza". Sono donne a proprio agio
all'ombra dei capannoni quanto i propri compagni di lavoro, anche nel
momento piu' acuto di una lotta di fabbrica. Il sorriso e l'allegria di
queste donne fanno presagire gli ironici e scanzonati cortei degli anni del
femminismo e la fotografia ne coglie la disinvoltura, il nuovo protagonismo.
*
Da pagina 23
Quando le donne fotografano
Alla grande esposizione di arti decorative a Torino nel 1902, nel padiglione
eretto nel parco del Valentino, venne ospitata la prima grande
manifestazione internazionale di fotografia d'arte. All'esterno del
padiglione erano sistemate due piramidi fatte dai cavalletti di due macchine
fotografiche gigantesche, intorno erano dipinte alcune scenette: "veggonsi
due bambine, con macchine istantanee, in atto di ritrarre una signora seduta
che sembra schermirsi con l'ombrellino, mentre un'altra damina sta
osservando la scena; a destra invece e' una signora che con macchina e
treppiede vuol fotografare un gruppo lontano di tre fanciulle". La
fotografia viene quindi proposta come una attivita' facile, alla portata di
donne e bambini.
Sin dai suoi inizi la fotografia, per la relativa semplicita' delle
competenze tecniche richieste, ha visto le donne fotografare, sia come
dilettanti sia, seppure piu' raramente, come professioniste. Nomi come
quelli di Anna Atkins, Julia Margaret Cameron, Lady Clementina Hawarden,
Constance Talbot, per non citarne che alcune, documentano una passione verso
il nuovo mezzo a cui molte si avvicinano o in collaborazione con altri
membri della famiglia o da sole, spesso casualmente e senza nessuna
competenza tecnica.
[...] Tina Modotti rappresenta un esempio di come iniziasse ad essere
possibile, per una donna, cominciare una carriera accanto ad un uomo, e poi
farle assumere una sua orbita autonoma. Dopo una breve attivita' di attrice,
la sua attivita' di fotografa inizio' accanto al grande Edward Weston, di
cui era diventata la compagna, anche se la sua conoscenza della tecnica
fotografica poteva risalire a quanto appreso dallo zio, fotografo, in
Italia. In breve tempo fu pero' in grado di acquisire un suo sguardo
fotografico del tutto autonomo e uno stile, che la fecero diventare
un'affermata fotografa a prescindere dal rapporto con Weston.
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Da pagina 25
Anche in Italia, tra Otto e Novecento troviamo le prime fotografe
professioniste. E' un terreno ancora poco studiato, che puo' riservare delle
interessanti scoperte. E' il caso di Clementina Corti o delle Ganzini, una
vera e propria dinastia di donne fotografe che si tramanderanno di madre in
figlia il mestiere attraverso tre generazioni. Ritrattista famosissima a
Roma negli anni Trenta, con lo studio in via Margutta, era l'inglese Eva
Barrett, specializzata in ritratti di bambini. Altra fotografa famosissima
in Italia dagli anni Trenta al dopoguerra e' Ghitta Carrel, nel cui studio
passarono le piu' significative personalita' dell'epoca.
La vera frattura rispetto al passato avviene pero' negli anni Settanta:
molte sono le donne che, partendo dall'impegno nel movimento femminista e
dalla riflessione sugli stereotipi che caratterizzano la rappresentazione
del "femminile", individuano nella fotografia un prezioso strumento per una
indagine sulla propria identita', avviando cosi' una fase di riflessione su
di se' e sul senso del proprio lavoro. Si tratta di un percorso accidentato
che vede ancora oggi molte fotografe impegnate in un lavoro che intreccia
esperienza politica, professionalita' e creativita', alla ricerca di uno
sguardo di donne sul mondo.
*
Riferimenti
Letture consigliate
- Storia delle donne/storia di genere:
P. Di Cori (a cura di), Altre storie.  La critica Femminista alla storia.
Bologna, Clueb, 1996;
G. Bonacchi e A. Groppi (a cura di), Il dilemma della cittadinanza. Diritti
e doveri delle donne, Roma-Bari, Laterza, 1993;
D. Gagliani e M. Salvati (a cura di), La sfera pubblica femminile. Percorsi
di storia delle donne in eta' contemporanea, Bologna, Clueb, 1992;
A. Rossi Doria (a cura di), La liberta' delle donne. Voci della tradizione
politica suffragista, Torino, Rosenberg & Sellier, 1990.
- Opere di carattere generale:
A. Galoppini, Il lungo viaggio verso la parita'. I diritti civili e politici
delle donne dall'Unita' ad oggi, Bologna, Zanichelli, 1980;
M. De Giorgio, Le italiane dall'Unita' ad oggi. Modelli culturali e
comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992;
P. Nava (a cura di), Operaie, serve, maestre, impiegate, Torino, Rosenberg &
Sellier, 1992;
A. Groppi (a cura di), Il lavoro delle donne, Roma-Bari, Laterza, 1996;
M. D'Amelia (a cura di), Storia della maternita', Roma-Bari, Laterza, 1997.
- Il Risorgimento:
I. Pordani e A. Scattigno, Donne, ricerca e scrittura di storia in Italia
tra Otto e Novecento. Un quadro d'insieme, in "Annali dell'Istituto storico
italo-germanico in Trento", a. XII, 1997, pp. 265-299.
- L'emancipazionismo tra fine '800 e eta' giolittiana:
F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia
1848-1892, Torino, Einaudi, 1963;
P. Gaiotti De Biase, Le origini del movimento femminile cattolico, Brescia,
Morcelliana, 1963;
A. M. Mozzoni, La liberazione della donna, a cura di E. Pieroni Bortolotti,
Milano, Mazzotta, 1975;
A. Buttafuoco, Cronache femminili. Temi e momenti della stampa
emancipazionista in Italia, Arezzo, Dipartimento di studi storico-sociali e
filosofici, Universita' di Siena, 1988.
- Fascismo, antifascismo e Resistenza:
G. De Luna, Donne in oggetto. L'antifascismo nella societa' italiana:
1922-1939, Torino, Bollati Boringhieri, 1995;
V. De Grazia, Le donne nel regime fascista, Venezia, Marsilio, 1993;
A. Bravo (a cura di), Donne e uomini nelle guerre mondiali, Roma-Bari,
Laterza, 1991;
A. Bravo e A. M. Bruzzone, In guerra senz'armi. Storie di donne 1943-1945,
Roma-Bari, Laterza, 1995.
- Il secondo dopoguerra:
A. Rossi Doria, Diventare cittadine. Il voto alle donne in Italia, Firenze,
Giunti, 1996;
M. Mafai, L'apprendistato della politica. Le donne italiane nel dopoguerra,
Roma, Editori Riuniti, 1980;
S. Piccone Stella, La Prima Generazione. Ragazze e ragazzi nel miracolo
economico italiano, Milano, Franco Angeli, 1993;
F. R. Koch, Le donne dal dopoguerra a oggi, in Storia sociale d'Italia, vol.
XXV, Milano, Teti, 1990, pp. 223-289;
L. Cicognetti e L. Servetti, Dalla parte di lei. Dall'angelo del focolare
alla donna con i calzoni: l'immagine femminile tra vecchio e nuovo
1945-1955, in "Storia e problemi contemporanei", n. 23, 1999, pp.81-99;
C. Valentini, Le donne fanno paura, Milano, Il Saggiatore, 1996.
- Il femminismo degli anni Settanta:
Il movimento femminista degli anni '70, numero monografico di "Memoria", n.
19-20, 1987, in particolare Y. Ergas, Tra sesso e genere;
Anna Maria Crispino (a cura di), Esperienza storica femminile nell'eta'
moderna e contemporanea, vol. II, Udi, Circolo "La Goccia", Roma, 1989;
L. Passerini, Storie di donne e femministe, Torino, Rosenberg & Sellier,
1991.
- Storia delle donne e fonti visive:
Val Williams, Women photographers. The other observers, London, Virago
Press, 1986;
R. Di Cori, Il doppio sguardo. Visibilita' dei generi sessuali nella
rappresentazione fotografica (1908-1918), in D. Leoni, C. Zadra (a cura di),
La grande guerra. Esperienze, memorie, immagini, Bologna, Il Mulino, 1986;
A. Buttafuoco, Uno specchio dotato di memoria. Note su fotografia e storia
delle donne in margine alla mostra, in Donna Lombarda. Un secolo di vita
femminile, a cura di C. Colombo, Milano, Electa, 1989;
M. T. Sega, La memoria provocata. Fotografia e storia personale, in L.
Lanzardo (a cura di), Storia orale e storie di vita, Milano, Angeli, 1989;
C. Sullivan, Women photographers, New York, H. N. Abrains Inc., 1990;
A. Higonnet, Le donne e le immagini: apparenze, divertimento, sopravvivenza,
in G. Duby, M. Perrot (a cura di), Storia delle donne in Occidente, vol. IV,
L'Ottocento, Roma-Bari, Laterza, 1991 e Immagini e rappresentazioni
femminili, vol. V, Il Novecento, 1992.
- Volumi fotografici, mostre e cataloghi:
P. Agosti, S. Bordini, R Spagnoletti, A. Usai, Riprendiamoci la vita.
Immagini del movimento delle donne, foto di P. Agosti, Roma, Savelli, 1976;
M. Campagnano, Donne Immagini, testo di L. Campagnano, Milano, Moizzi
Editore, 1976;
P. Agosti, La donna e la macchina, Roma, Oberon, 1983;
P. Codognotto e M. Mazzei (a cura di), Erotica, Firenze, Libreria delle
donne, 1984;
Libreria delle donne (a cura di), Oltre la posa. Immagini di donne negli
Archivi Alinari, Firenze, Alinari, 1984;
Regione Piemonte - Fondazione Sella, Sapere la strada. Percorsi e mestieri
dei biellesi nel mondo: storie di emigrazione, Milano, Electa, 1988;
L. Nora (a cura di), Percorsi di vita femminile. La donna  attraverso
l'immagine tra '800 e '900, Comune di Carpi, 1990;
F. Iacono, Le donne in 40 anni di immagini, Modena, Udi, Centro
documentazione donna. 1991;
M. P. Miani (a cura di), Camera D., I luoghi dello sguardo, Centro Donna del
Comune di Venezia, 1995;
Sicilia Singolare femminile, fotografie di D. Polizzi Piazza, testi di G.
Bongiorno, Acireale, Bonanno Editore, 1996;
S. Truppi (a cura di), Udina Ganzini fotografa a Milano l894-1939, Milano,
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, 1997;
S. Bartoloni (a cura di), Donne al fronte. Le Infermiere Volontarte nella
Grande Guerra, Roma, Jouvence, 1998.

2. LIBRI. BRUNA BIANCHI: L'ANARCOFEMMINISMO DI EMMA GOLDMAN
[Da "A. rivista anarchica", anno 39, n. 343, aprile 2009 col titolo
"L'anarcofemminismo di Emma Goldman" e il sommario "E' stata una delle donne
anarchiche piu' impegnata nella rivendicazione e nella messa in pratica dei
diritti dell'altra meta' del cielo. Ora le edizioni Bfs ne pubblicano
un'ennesima raccolta di scritti, con il titolo Femminismo e anarchia. Ne
pubblichiamo ampi stralci dell'introduzione"]

Il mito di Emma Goldman
Negli ultimi decenni sono stati dedicati ad Emma Goldman numerosi scritti;
si tratta per lo piu' di studi di carattere biografico, pervasi da
un'ammirazione profonda per il suo attivismo appassionato, il suo
temperamento indomabile, l'audacia delle sue campagne sul controllo delle
nascite e il libero amore, il rigore della sua lotta contro la coscrizione e
la guerra, il prezzo altissimo pagato per le sue idee. In una tale
impostazione la maggior parte degli autori ha seguito il sentiero tracciato
da Emma Goldman stessa nell'autobiografia, Vivendo la mia vita, l'avventura
eroica di una donna, ebrea, immigrata, anarchica che seppe aderire nella
propria vita ai propri ideali. (...)
Gia' negli anni Trenta Emma Goldman era diventata una figura mitica,
un'icona, il simbolo della fierezza anarchica. Raramente gli studi hanno
messo in discussione un mito che pero' ha oscurato a lungo la complessita' e
la radicalita' del pensiero di Emma Goldman. L'attivista focosa e la ribelle
hanno messo in secondo piano la pensatrice... spesso esclusa tanto dagli
studi generali sull'anarchismo che da quelli sul femminismo, essa e' stata
descritta come una divulgatrice delle teorie di altri, in particolare di
Bakunin e di Kropotkin. "Ella non fu assolutamente una pensatrice politica e
sociale di rilievo". Questo giudizio, espresso nel 1961 da Richard Drinnon
in Rebel in Paradise, e' stato costantemente ripreso negli anni successivi.
Perpetuando una concezione consolidata nella storia del pensiero politico
che contrappone vita emozionale e pensiero, la maggior parte degli studiosi
ha sminuito il contributo dell'anarchica russa sul piano teorico. Non
stupisce quindi che siano state soprattutto le studiose femministe, nella
convinzione che l'esperienza esistenziale arricchisca e illumini il
pensiero, a considerare la filosofia politica e sociale di Emma Goldman
degna di attenzione.
Le ricerche recenti hanno messo in rilievo la ricchezza della sua formazione
culturale e teorica che, oltre agli anarchici europei, all'individualismo di
Nietzsche, Stirner e Ibsen, attinse agli autori della tradizione radicale di
resistenza all'autorita' americani. Fondendo il suo pensiero con quello di
Ralph Waldo Emerson, Walt Whitman, Henry David Thoreau, Emma Goldman
contribui' a sfatare il mito che considerava l'anarchismo un prodotto
europeo, una dottrina estranea agli Stati Uniti, introdotta dagli immigrati.
Dalla tradizione dell'individualismo americano, dall'ideale della piena
liberta' degli esseri umani, sia come persone che come cittadini, Emma
Goldman trasse nuovo impulso per la sua stessa concezione anarchica.
*
Individuo e societa'
"Solo l'anarchismo enfatizza l'importanza dell'individuo, le sue
possibilita' e bisogni in una societa' libera. L'anarchismo insiste sul
fatto che il centro di gravita' nella societa' e' l'individuo, che egli
debba pensare da se', agire in liberta' e vivere pienamente la propria
vita".
Cosi' scriveva Emma Goldman in un articolo del 1934 in cui faceva un
bilancio della sua vita. L'anarchismo, il "meraviglioso ideale", "il grande
fermento del pensiero", era la filosofia della piena espressione individuale
e della "fusione armoniosa" di individuo e societa' (...)
La visione di Emma Goldman del "meraviglioso ideale" e' una visione aperta
alla possibilita'. L'impegno di tutta la sua vita fu quello di favorire le
condizioni per lo sviluppo e l'espressione di una interiorita' vitale e
creativa in tutti gli aspetti della vita contrastando i tentativi della
societa' di controllare gli individui attraverso codici morali coercitivi e
distruttivi dei legami personali e sociali che imponevano distorsioni agli
impulsi naturali. I temi ai quali si rivolse la sua lotta politica e ai
quali dedico' i suoi scritti: liberta' di parola, indipendenza femminile,
liberta' sessuale, controllo delle nascite, diritti dei lavoratori,
educazione alla liberta' e al pensiero critico, a suo parere erano
strettamente correlati, aspetti inscindibili di un unico processo che
avrebbe condotto allo sviluppo di individualita' forti e indipendenti,
capaci di creare nuove e piu' libere forme di espressione.
*
Liberazione personale e mutamento sociale
Il modo di vivere la propria vita secondo gli ideali di liberta', a partire
dalle relazioni piu' intime con gli altri, era per Emma Goldman un fine in
se' e un aspetto cruciale del mutamento sociale. (...)
Di quei dodici saggi scelti ad illustrazione del suo pensiero, risultato
dello "sforzo della mente e dell'anima", cinque erano dedicati alla
questione femminile: al tema del suffragio, della prostituzione, del
matrimonio, della sessualita' e dell'amore.
Le sue convinzioni radicali su questi argomenti apparvero ai contemporanei
ben piu' pericolose delle idee che giustificavano la violenza rivoluzionaria
e neppure nel movimento anarchico esse erano pienamente accolte, bensi'
considerate questioni di secondaria importanza, se non vere e proprie
deviazioni. E' nota la conversazione di Emma Goldman con Kropotkin durante
la quale l'anarchico russo le chiese se "valesse la pena perdere tanto tempo
a discutere di sesso" e la sua raccomandazione rivolta alle anarchiche
americane affinche' dessero la priorita' nella loro azione politica alla
liberazione dei lavoratori. (...)
A differenza della maggior parte delle suffragiste, Emma Goldman era
convinta che l'indipendenza femminile non si sarebbe realizzata in seguito a
miglioramenti economici o a concessioni dall'alto, ma avrebbe preso le mosse
da una rigenerazione interiore, da una trasformazione del modo di pensare.
Una tale impostazione rivela la consapevolezza della natura complessa del
dominio, una costrizione che si esercita in ogni aspetto della vita: sui
bisogni materiali, sui corpi, sulla mente e sulla condotta. Il dominio e'
anche un modo di porsi di fronte all'esperienza sociale e personale che
soffoca la vita, distorce la personalita' degli individui, conduce alla
omologazione delle idee e alla passivita'.
Opporsi al dominio in tutte le sue forme implicava un processo di
liberazione dalle costrizioni esterne e interiori, imponeva che si rompesse
il cerchio della dipendenza - economica, psicologica ed emotiva - perche' si
potessero manifestare ed esprimere i propri desideri e le proprie
inclinazioni. In questo processo i temi della sessualita' e della
riproduzione assumevano un'importanza fondamentale, in particolare per le
donne, oppresse dalla famiglia patriarcale e dalla morale puritana.
*
La critica al suffragismo
Le convinzioni di Emma Goldman sul rapporto tra liberazione personale e
mutamento sociale la ponevano in aperto contrasto con il movimento
suffragista. Le donne avrebbero dovuto liberare se stesse dai propri
"tiranni interiori" e non attendersi l'emancipazione dalla partecipazione
alla politica parlamentare, "corruttrice della personalita' e delle
convinzioni". Un tale antisuffragismo radicale non trovava consensi unanimi
neppure tra le femministe anarchiche, alcune delle quali vedevano nel voto
il riconoscimento del diritto delle donne ad esprimersi e pertanto un passo
verso l'affermazione della propria dignita'.
A parere di Emma Goldman era in primo luogo il modo di vivere la propria
vita da parte delle sostenitrici del suffragio a dimostrare che la via da
loro indicata era sbagliata. Il rifiuto delle convenzioni sociali, infatti,
aveva condotto molte di loro ad escludere dalla propria vita le relazioni di
intimita' con gli uomini. Un messaggio di rinuncia, una scelta di
impoverimento della propria vita affettiva da cui non poteva scaturire
alcuna emancipazione (...)
Un altro motivo di contrasto con le suffragiste era legato al tema della
differenza di genere. "La mia divergenza con le femministe [...] sta nel
fatto che la maggior parte di loro vede la propria schiavitu' come qualcosa
di distinto dal resto del genere umano". "Malgrado tutte le teorie politiche
ed economiche che si occupano delle differenze fondamentali tra i vari
gruppi della specie umana, malgrado le differenze di classe e di razza,
malgrado tutte le artificiali linee di demarcazione tra i diritti dell'uomo
e quelli della donna, da parte mia sono convinta che esista un punto in cui
queste differenziazioni possono incontrarsi e riunificarsi in un insieme
perfetto" (La tragedia dell'emancipazione femminile).
Uno dei principali argomenti avanzati dalle suffragiste a favore del voto
alle donne si fondava sulla convinzione della loro superiorita' morale. Se
le donne avessero potuto esprimersi attraverso il voto - affermavano -, se
avessero potuto riversare nella societa' i valori femminili della cura e
della difesa della vita, avrebbero contribuito a liberare la convivenza
sociale dai mali che la affliggevano.
Al contrario - a parere di Emma Goldman - uomini e donne non rappresentavano
mondi antagonisti, il dualismo dei sessi era una nozione assurda, una
separazione meschina. Le donne non erano migliori degli uomini e non
sarebbero riuscite la' dove gli uomini avevano fallito. Gli esiti deludenti
del suffragio femminile nella sfera sociale e politica nei paesi in cui le
donne avevano ottenuto il diritto di voto, stavano a dimostrarlo.
*
Donne e uomini
Il rifiuto delle premesse del movimento per il suffragio condussero Emma
Goldman a non misurarsi con la riflessione femminista contemporanea sulla
differenza di genere. Benche' nel complesso il movimento per il suffragio
fosse un movimento di donne delle classi medie, conservatore e puritano, non
mancava una corrente femminista che fondava la sua analisi sulla differenza
tra i generi e che muoveva una critica radicale alla societa' industriale,
al militarismo, allo sfruttamento sessuale delle donne, alla violenza
domestica.
L'enfasi sulla necessita' dell'incontro tra uomini e donne, sulla comune
umanita', sul carattere artificiale delle divisioni e l'avversione per ogni
forma di puritanesimo possono spiegare una tale sottovalutazione che
condusse Emma Goldman a limitare le sue stesse argomentazioni. Infatti,
quando essa fa riferimento alle esperienze femminili, non le definisce e non
le analizza. "Femminilita'", "istinto materno", "animo femminile", "emozioni
profonde di una vera donna, innamorata e madre" sono espressioni che hanno
potuto apparire conservatrici perche' non si accompagnavano ad una
riflessione sulla specificita' femminile, che non poteva essere
semplicemente elusa.
Ugualmente, la sua critica penetrante al concetto corrente di emancipazione,
esteriore e superficiale, una emancipazione che finiva col rivendicare una
parita' vuota e acritica, come "il privilegio di diventare giudice,
carceriera, boia", o quello di diventare "un automa da lavoro", si arresta
di fronte alla mancata definizione del diverso processo di liberazione
nell'uomo e nella donna. (...)
Tanto Emma Goldman era distante dal modo di pensare delle suffragiste delle
classi medie, quanto si sentiva vicina al vissuto delle donne delle classi
lavoratrici. Lo rivelano i saggi dedicati al tema della prostituzione.
In questi scritti la sua analisi e' acuta, penetrante, radicale,
provocatoria. Essa equipara la prostituzione alle relazioni matrimoniali,
individua le sue cause principali non solo nel fattore economico, ma anche
nell'ignoranza e nella condizione di inferiorita' in cui erano tenute le
ragazze, nel pregiudizio che le condannava. Le ragazze sono definite le
"vittime della moralita'", ovvero di un'ipocrisia bigotta che considerava la
prostituzione una necessita' o un vizio femminile.
Anche in questo caso, la sua critica si arresta di fronte alla differenza
tra i generi. Dopo aver affermato che la prostituzione "succhia la linfa
vitale sia degli uomini che delle donne", la sua attenzione si fissa su
colei che si prostituisce e ne analizza anche la distorsione dell'impulso
sessuale, quella particolare sovreccitazione provocata dal lavoro negli
stanzoni affollati delle fabbriche e dalla frequentazione dei locali di
divertimento a basso costo. Sulla distorsione dell'impulso sessuale negli
uomini, un tema che altre femministe del suo tempo andavano affrontando,
Emma Goldman non fa alcun cenno.
Il rifiuto delle facili contrapposizioni tra uomini e donne, la volonta' di
fustigare l'ipocrisia puritana, conducono Emma Goldman ad eludere alcune
tematiche cruciali dei rapporti tra i generi. Per queste ragioni il suo
appello alla liberazione femminile appare talvolta volontaristico, quasi
incurante degli ostacoli che le donne avrebbero dovuto affrontare per
conquistare la dignita' necessaria a rivendicare la propria indipendenza e
tradisce una certa insofferenza per coloro che non seguivano il suo esempio.
*
Una pioniera e un modello
Attraverso i suoi scritti, le sue conferenze e l'autobiografia Emma Goldman
voleva portare un messaggio e offrire un modello, dimostrare che la vita
delle donne poteva essere libera ed emotivamente appagante. Il testo di una
conferenza dedicata nel 1911 a Mary Wollstonecraft, al suo desiderio di fare
l'esperienza di relazioni coniugali rivoluzionarie, alla ribellione contro
le costrizioni autoritarie, al temperamento passionale, e' particolarmente
illuminante dell'immagine che Emma Goldman aveva di se' e dello spirito con
cui si accostava alla questione femminile. Emma Goldman fu una delle poche
femministe a far riferimento a Mary Wollstonecraft, sulla cui opera cadde
ben presto il silenzio a causa della sua vita "scandalosa" e delle sue sfide
al conformismo ritenute dannose per la causa emancipazionista. In Mary
Wollstonecraft Emma Goldman si rispecchiava; in essa vedeva una figura
tragica, la pioniera del moderno concetto di femminilita' la cui vita e il
cui pensiero la collocavano al di la' della capacita' di comprensione dei
contemporanei. (...)
Come Mary Wollstonecraft, Emma Goldman in diverse fasi della vita fu
travolta dalla passione per un uomo, una passione che sentiva come un limite
alla sua liberta' e che la sua ragione rifiutava. La tensione tra liberta' e
reciprocita', tra il desiderio di completa indipendenza e quello della
sicurezza di un legame, tra le sue convinzioni sul libero amore e
l'incapacita' di liberarsi dalla gelosia, fu un vissuto lacerante. Lo
rivelano l'autobiografia e soprattutto le lettere inedite. Cosi' scriveva a
Ben Reitman nel 1909: "Non ho il diritto di portare un messaggio agli altri
quando non c'e' messaggio nella mia anima. Non ho il diritto di parlare di
liberta' poiche' sono diventata una schiava abietta in amore".
Le riflessioni piu' radicali contro la monogamia e la gelosia, come quelle
contenute nella conferenza "La gelosia, le sue cause e una possibile cura",
furono elaborate nei periodi piu' tormentati delle sue relazioni d'amore,
quando stava conducendo una lotta interiore per superare quei sentimenti che
criticava pubblicamente. Le esortazioni a condurre una vita libera che
rivolgeva alle sue uditrici, i suoi appelli alla volonta', erano gli stessi
che rivolgeva, in modo sofferto, a se stessa.
Nel 1931, cosi' scriveva ad Alexander Berkman: "Nella lotta che mi lacerava
ogni volta che dovevo decidere tra il mio amore per un uomo e le mie idee,
invariabilmente le mie idee e non la mia passione hanno deciso la mia
strada". Il fatto e' che non abbiamo scelta, aveva scritto, sempre ad
Alexander Berkman, nel 1925, "l'impulso verso la liberta', che spinge alla
lotta per un ideale piu' elevato, e' talmente grande e trascinante che non
possiamo resistere". L'ideale di un futuro anarcofemminista, un tempo in cui
tutti sarebbero stati liberi nell'amore e nel lavoro, in grado di fare di se
stessi persone pienamente umane e creative in grado di produrre vera
ricchezza sociale. (...)
Tale era lo "splendido ideale" a cui aveva dedicato la sua vita e che la
rendeva insofferente di ogni meschinita', di ogni prospettiva politica
ristretta, che animava la sua critica sferzante e determinava la sua
intransigenza.
Emma Goldman ci ha lasciato un'eredita' complessa; attraverso la sua vita e
la sua elaborazione teorica ha contribuito a dare una dimensione femminista
all'anarchismo e una dimensione libertaria al femminismo. La sua convinzione
dell'interdipendenza tra il mutamento sociale e collettivo e quello
interiore degli individui merita di essere ripresa, apprezzata in tutto il
suo valore, arricchita dall'esperienza della nostra vita.
*
Postilla. Red Emma
In sessant'anni di attivita' Emma Goldman ha scritto molte tra le pagine
piu' note della storia dell'anarchismo statunitense e internazionale. Donna
di forte carattere e di notevoli doti oratorie, nata nel 1869 da una
famiglia di origine ebraica a Kovno (oggi Kaunas) in Lituania, allora
provincia dell'impero russo, Emma emigra giovanissima negli Usa dove entra
in contatto con gli ambienti dei lavoratori immigrati, fra i quali
l'anarchismo e' una delle idee piu' diffuse. Vive intensamente l'"epoca
d'oro" del movimento libertario a cavallo fra il XIX e il XX secolo,
fondando nel 1906 la rivista "Mother Earth", pubblicata fino al 1917. In
breve si guadagna la fama di "donna piu' pericolosa d'America";
nell'opinione pubblica il suo soprannome e' Emma the red, "Emma la rossa".
Emma Goldman si impegna a fondo nella denuncia della condizione di
sfruttamento delle donne utilizzando le sue capacita' oratorie e di
scrittura in conferenze, meeting, articoli, pubblicazioni attraverso i quali
promuove l'emancipazione femminile, l'uso dei contraccettivi e il controllo
delle nascite. Durante il primo conflitto mondiale svolge un'aperta
opposizione alla politica interventista del governo americano, contribuendo
alle attivita' antimilitariste tanto da essere spesso sottoposta ad arresti
e persecuzioni, fino all'espulsione dagli Stati Uniti decretata alla fine
del 1919. Testimone sul campo dell'involuzione autoritaria della Rivoluzione
russa, negli anni Venti e Trenta prosegue la sua attivita' a sostegno del
movimento rivoluzionario e anarchico. Bandita dagli Usa e costretta a
cambiare spesso il suo luogo di residenza in vari Paesi europei e
d'oltreoceano, nel 1936, nonostante l'eta' avanzata, visita la Spagna
repubblicana e libertaria in lotta contro il fascismo. Muore a causa di un
malore dopo una conferenza a Toronto, in Canada, nel 1940.
Dagli anni Settanta in avanti sono stati pubblicati in italiano diversi
volumi e antologie dei suoi scritti, tra i quali si ricordano i quattro
libri dell'autobiografia Vivendo la mia vita (Milano, La Salamandra,
1980-1985 e Milano, Zero in condotta, 1993) e alcune raccolte di saggi
dedicati alla questione femminile e alla Russia: Anarchia e femminismo e
altri saggi (Milano, La Salamandra, 1976), Amore e emancipazione (Ragusa,
Ipazia, 1975, seconda ristampa Ragusa, La Fiaccola, 1996), Tre anzi sei
saggi sulla donna apparentemente obsoleti (Napoli, Malora, 2000), La
sconfitta della rivoluzione russa e le sue cause (Milano, La Salamandra,
1977).

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 252 del 4 giugno 2009

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