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Nonviolenza. Femminile plurale. 252
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 252
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 4 Jun 2009 12:49:28 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 252 del 4 giugno 2009 In questo numero: 1.. Alcuni estratti da "Le donne" di Lucia Motti 2. Bruna Bianchi: L'anarcofemminismo di Emma Goldman 1. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LE DONNE" DI LUCIA MOTTI [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Lucia Motti, Le donne, Editori Riuniti, Roma 2000 (volume della Storia fotografica della societa' italiana)] Indice del volume Fotografia e storia delle donne; Non solo madri; A cavallo tra due secoli; Donne italiane tra le due guerre; In guerra e nella ricostruzione; Il pane e le rose; Donne del nuovo millennio; Foto simbolo; Letture consigliate; Referenze fotografiche. * Da pagina 5 Fotografia e storia delle donne Lo sguardo che proponiamo per raccontare, attraverso le fotografie, come cambiano le donne in un secolo e mezzo di storia d'Italia, intende soffermarsi sulla sottile linea di confine che corre tra pubblico e privato: un limen che ci porta al cuore della storia delle donne nella contemporaneita'. Non solo la vita privata, o "il costume", che vedrebbero le donne racchiuse nella sfera della domesticita' e dell'effimero, ma anche i momenti di maggiore protagonismo politico, in cui esse acquistano visibilita' pubblica. Non solo, ma anche donne "eccezionali", che spesso hanno anticipato, in solitudine e pagando prezzi altissimi, comportamenti che diventeranno comuni. Le donne cambiano e, nel loro cambiamento, trasformano la societa' e i rapporti tra i sessi. Raccontare di storia delle donne vuol dire allora metterle al centro del nostro immaginario obiettivo fotografico, senza dimenticare pero' che vivono e si muovono all'interno di reti di relazioni che vedono uomini e donne interagire reciprocamente. La storia delle donne pone domande nuove alle fonti storiche; tra queste, accanto a biografie e autobiografie, testimonianze e fonti letterarie, un posto importante e' occupato dalla fotografia. Le donne popolano sin dall'inizio la fotografia, e la macchina fotografica ci rinvia l'idea che una societa' ha delle donne. In modo particolare, prima dell'avvento di altri media come il cinema e la televisione, la fotografia ha svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di modelli e stereotipi, rivelandosi uno strumento indispensabile per cogliere i mutamenti della rappresentazione del "femminile". Ma, quella ambiguita' che, secondo studiosi come Castel, la contraddistingue, fa si' che, almeno in parte, l'immagine fotografica contribuisca a produrre nell'opinione pubblica quei cambiamenti che documenta, diventandone, allo stesso tempo, testimone e origine; in altre parole, mentre rappresenta il cambiamento, mettendolo in scena, lo rende pensabile e quindi lo legittima (Di Cori). L'immagine fotografica, inoltre, non nega, anzi mette esplicitamente in scena i corpi, rendendo, tra l'altro, possibile scorgere come muta, e se muta, lo sguardo maschile sul corpo femminile. Sappiamo anche che, dietro l'apparente oggettivita' di immagini che dovrebbero "parlare da sole", le fotografie sono dei testi aperti ad una molteplicita' di interpretazioni possibili e, d'altra parte, qualsiasi documento risponde solo alle sollecitazioni di chi lo interroga, puo' tacere del tutto o illuminare zone prima immerse nell'ombra. Per quanto riguarda le donne, il documento fotografico tende a cristallizzare nella rappresentazione una precisa identita' sociale o un mondo di relazioni dove i ruoli sessuali sono rigorosamente definiti, ma ci invita anche a porre un'ulteriore domanda: oltre alla rappresentazione che la foto "mette in scena", e' rintracciabile una autorappresentazione delle donne ritratte, una loro "interpretazione" del ruolo assegnato? * Da pagina 13 Donne italiane tra le due guerre Quando la guerra finisce molte voci si levano perche' le donne riprendano il loro posto "naturale" all'interno della famiglia, soprattutto perche' lascino liberi per i reduci i posti di lavoro occupati durante l'emergenza bellica: la pretesa di continuare a lavorare viene bollata come un atto di egoismo femminile. Nel dopoguerra, infatti, continua la polemica, che gia' si era accesa negli anni del conflitto, contro le donne che lavorano per "migliorare il guardaroba" e sciupare i guadagni in "calze di seta e fronzoli". Ma ormai le cose sono profondamente mutate e non torneranno piu' come prima, nemmeno per le donne, malgrado i tentativi di ricondurre alla normalita' comportamenti femminili poco rassicuranti, come quelli che portano ad una riduzione del tasso di natalita', o quelli in aperta concorrenza con il bisogno di lavoro dei reduci. [...] Il dopoguerra sembra portare con se' per le donne la conquista di una piena cittadinanza politica: non c'e' forza politica che, almeno a parole, non dichiari maturi i tempi per la "concessione" del diritto di voto con cui alcune nazioni, come l'Inghilterra e la Germania, "premiano" l'impegno femminile negli anni di guerra. Anche in Italia la discussione riprende su questo terreno: il primo passo e' la legge Sacchi del 1919 che abolisce l'autorizzazione maritale e ammette, anche se con qualche eccezione, le donne all'esercizio delle professioni e nell'impiego pubblico; non a caso e' definita "premio di smobilitazione". Sempre nel 1919 la Camera dei deputati decide di estendere alle donne di tutte le classi sociali, anche se solo in via di principio, il diritto di elettorato attivo e passivo. L'obiettivo per cui, sin dall'indomani dell'unita', si era battuta una generazione di emancipazioniste sembra a portata di mano ma, pochi anni dopo, l'avvento al potere del fascismo neghera' ad ambedue i sessi l'esercizio del diritto di voto. La politica del fascismo nei confronti delle donne segue un tracciato ben noto, anche se contraddittorio, se inizialmente si assume un atteggiamento di disponibilita' rispetto alla partecipazione diretta delle donne alla vita politica (le donne sono iscritte ai primi fasci di combattimento e il voto attivo e passivo alle donne e' previsto nel programma del 1919), negli anni del regime si afferma invece un modello che vede la donna essenzialmente come forza riproduttiva e individua nella sfera domestica il suo luogo "naturale". L'esclusione delle donne dall'insegnamento nei licei, il limite del 10% posto alle assunzioni nell'impiego pubblico e privato, le tasse scolastiche piu' alte rispetto a quelle pagate dai loro colleghi maschi, la decurtazione del salario operaio femminile, sono alcune delle tappe che scandiscono il tentativo di ridimensionare la presenza femminile negli impieghi e nelle professioni. * Da pagina 17 La legge n. 23 del primo febbraio 1945, denominata "estensione del voto alle donne", pone fine ad un'esclusione di lunga durata e rende alle italiane la piena cittadinanza politica. A dispetto di quanti avevano previsto una scarsa affluenza delle donne alle urne, le italiane vanno a votare in tante, facendo registrare alte percentuali sia alle amministrative della primavera del 1946, che alle elezioni per la Costituente del 2 giugno: 21 saranno le elette. Tra queste troviamo cattoliche come Maria Federici e Maria Guidi Cingolani, antifasciste che venivano dall'esperienza del carcere, dell'emigrazione e del confino come Teresa Noce, Angela Merlin e Adele Bei, giovanissime, maturatesi nell'esperienza della Resistenza, come Teresa Mattei e Nilde Jotti. * Da pagina 19 Il pane e le rose Lo slogan che sintetizza lo spirito degli anni Settanta e' "vogliamo il pane e le rose"; uno slogan, ma soprattutto un modo di guardare alla politica: il pane, e quindi il protagonismo di tante donne, giovani e meno giovani nelle lotte dell'"autunno caldo", ma soprattutto le rose, cioe' una qualita' diversa della vita che investa tutti gli aspetti dell'esistenza. Il passaggio dagli anni Sessanta ai Settanta e' caratterizzato dal "baby boom" e dal massiccio ingresso delle donne nel terziario e nel pubblico impiego, anche connesso con lo sviluppo del Welfare State. Accanto ad un esercito di insegnanti, commesse, impiegate di banca e delle assicurazioni, si fa strada una nuova professionalita' legata a settori che, come la sanita', sono stati investiti da processi riformatori. Ma alle porte c'e' una nuova rivoluzione che, certo non a caso, parte da una inchiesta sulla condizione della donna. "La Zanzara", giomale studentesco del liceo Parini di Milano, decide di pubblicare, il 22 febbraio 1966, i risultati di un dibattito tra gli studenti, in cui sono state poste anche domande intorno ai rapporti sessuali. Un quotidiano milanese riprende queste risposte innescando lo scandalo. Interrogazioni al ministro della pubblica istruzione, convocazione dal sostituto procuratore della Repubblica del preside del liceo e degli studenti responsabili della pubblicazione: Marco De Poli, Marco Sassano, Claudia Beltramo. I tre vengono invitati a spogliarsi per sottoporsi alla visita medica prevista dal codice per i minorenni colpevoli di reato. La ragazza rifiuta e pretende di vedere un avvocato. Il preside del Parini e i tre studenti sono rinviati a giudizio per il 30 marzo. Il 23, per la prima volta nel dopoguerra, migliaia di studenti scendono in piazza in segno di protesta. Un episodio di cronaca solo apparentemente marginale, in realta' il primo soffio di un vento che, di la' a pochi anni, investira' tutto il paese. L'alleanza tra giovani donne e giovani uomini contro l'autoritarismo del mondo dei padri, soprattutto nella scuola e nella famiglia, che e' alla base del '68 e che vede tante ragazze al fianco dei loro compagni, si incrina di fronte alla contraddizione di genere. Il passaggio da "angeli del focolare" ad "angeli del ciclostile" non e' sufficiente per il protagonismo politico delle donne dei gruppi. La fotografia riesce a restituirci figure che manifestano una naturalezza piena: donne che intervengono alle assemblee, che distribuiscono volantini, che partecipano alle manifestazioni occupando con grande padronanza la scena pubblica. Sono ad esempio le donne della Milano industriale ritratte da Silvestre Loconsolo, appassionato testimone ed interprete di quelli che sono stati definiti "gli anni dell'impazienza". Sono donne a proprio agio all'ombra dei capannoni quanto i propri compagni di lavoro, anche nel momento piu' acuto di una lotta di fabbrica. Il sorriso e l'allegria di queste donne fanno presagire gli ironici e scanzonati cortei degli anni del femminismo e la fotografia ne coglie la disinvoltura, il nuovo protagonismo. * Da pagina 23 Quando le donne fotografano Alla grande esposizione di arti decorative a Torino nel 1902, nel padiglione eretto nel parco del Valentino, venne ospitata la prima grande manifestazione internazionale di fotografia d'arte. All'esterno del padiglione erano sistemate due piramidi fatte dai cavalletti di due macchine fotografiche gigantesche, intorno erano dipinte alcune scenette: "veggonsi due bambine, con macchine istantanee, in atto di ritrarre una signora seduta che sembra schermirsi con l'ombrellino, mentre un'altra damina sta osservando la scena; a destra invece e' una signora che con macchina e treppiede vuol fotografare un gruppo lontano di tre fanciulle". La fotografia viene quindi proposta come una attivita' facile, alla portata di donne e bambini. Sin dai suoi inizi la fotografia, per la relativa semplicita' delle competenze tecniche richieste, ha visto le donne fotografare, sia come dilettanti sia, seppure piu' raramente, come professioniste. Nomi come quelli di Anna Atkins, Julia Margaret Cameron, Lady Clementina Hawarden, Constance Talbot, per non citarne che alcune, documentano una passione verso il nuovo mezzo a cui molte si avvicinano o in collaborazione con altri membri della famiglia o da sole, spesso casualmente e senza nessuna competenza tecnica. [...] Tina Modotti rappresenta un esempio di come iniziasse ad essere possibile, per una donna, cominciare una carriera accanto ad un uomo, e poi farle assumere una sua orbita autonoma. Dopo una breve attivita' di attrice, la sua attivita' di fotografa inizio' accanto al grande Edward Weston, di cui era diventata la compagna, anche se la sua conoscenza della tecnica fotografica poteva risalire a quanto appreso dallo zio, fotografo, in Italia. In breve tempo fu pero' in grado di acquisire un suo sguardo fotografico del tutto autonomo e uno stile, che la fecero diventare un'affermata fotografa a prescindere dal rapporto con Weston. * Da pagina 25 Anche in Italia, tra Otto e Novecento troviamo le prime fotografe professioniste. E' un terreno ancora poco studiato, che puo' riservare delle interessanti scoperte. E' il caso di Clementina Corti o delle Ganzini, una vera e propria dinastia di donne fotografe che si tramanderanno di madre in figlia il mestiere attraverso tre generazioni. Ritrattista famosissima a Roma negli anni Trenta, con lo studio in via Margutta, era l'inglese Eva Barrett, specializzata in ritratti di bambini. Altra fotografa famosissima in Italia dagli anni Trenta al dopoguerra e' Ghitta Carrel, nel cui studio passarono le piu' significative personalita' dell'epoca. La vera frattura rispetto al passato avviene pero' negli anni Settanta: molte sono le donne che, partendo dall'impegno nel movimento femminista e dalla riflessione sugli stereotipi che caratterizzano la rappresentazione del "femminile", individuano nella fotografia un prezioso strumento per una indagine sulla propria identita', avviando cosi' una fase di riflessione su di se' e sul senso del proprio lavoro. Si tratta di un percorso accidentato che vede ancora oggi molte fotografe impegnate in un lavoro che intreccia esperienza politica, professionalita' e creativita', alla ricerca di uno sguardo di donne sul mondo. * Riferimenti Letture consigliate - Storia delle donne/storia di genere: P. Di Cori (a cura di), Altre storie. La critica Femminista alla storia. Bologna, Clueb, 1996; G. Bonacchi e A. Groppi (a cura di), Il dilemma della cittadinanza. Diritti e doveri delle donne, Roma-Bari, Laterza, 1993; D. Gagliani e M. Salvati (a cura di), La sfera pubblica femminile. Percorsi di storia delle donne in eta' contemporanea, Bologna, Clueb, 1992; A. Rossi Doria (a cura di), La liberta' delle donne. Voci della tradizione politica suffragista, Torino, Rosenberg & Sellier, 1990. - Opere di carattere generale: A. Galoppini, Il lungo viaggio verso la parita'. I diritti civili e politici delle donne dall'Unita' ad oggi, Bologna, Zanichelli, 1980; M. De Giorgio, Le italiane dall'Unita' ad oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992; P. Nava (a cura di), Operaie, serve, maestre, impiegate, Torino, Rosenberg & Sellier, 1992; A. Groppi (a cura di), Il lavoro delle donne, Roma-Bari, Laterza, 1996; M. D'Amelia (a cura di), Storia della maternita', Roma-Bari, Laterza, 1997. - Il Risorgimento: I. Pordani e A. Scattigno, Donne, ricerca e scrittura di storia in Italia tra Otto e Novecento. Un quadro d'insieme, in "Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento", a. XII, 1997, pp. 265-299. - L'emancipazionismo tra fine '800 e eta' giolittiana: F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia 1848-1892, Torino, Einaudi, 1963; P. Gaiotti De Biase, Le origini del movimento femminile cattolico, Brescia, Morcelliana, 1963; A. M. Mozzoni, La liberazione della donna, a cura di E. Pieroni Bortolotti, Milano, Mazzotta, 1975; A. Buttafuoco, Cronache femminili. Temi e momenti della stampa emancipazionista in Italia, Arezzo, Dipartimento di studi storico-sociali e filosofici, Universita' di Siena, 1988. - Fascismo, antifascismo e Resistenza: G. De Luna, Donne in oggetto. L'antifascismo nella societa' italiana: 1922-1939, Torino, Bollati Boringhieri, 1995; V. De Grazia, Le donne nel regime fascista, Venezia, Marsilio, 1993; A. Bravo (a cura di), Donne e uomini nelle guerre mondiali, Roma-Bari, Laterza, 1991; A. Bravo e A. M. Bruzzone, In guerra senz'armi. Storie di donne 1943-1945, Roma-Bari, Laterza, 1995. - Il secondo dopoguerra: A. Rossi Doria, Diventare cittadine. Il voto alle donne in Italia, Firenze, Giunti, 1996; M. Mafai, L'apprendistato della politica. Le donne italiane nel dopoguerra, Roma, Editori Riuniti, 1980; S. Piccone Stella, La Prima Generazione. Ragazze e ragazzi nel miracolo economico italiano, Milano, Franco Angeli, 1993; F. R. Koch, Le donne dal dopoguerra a oggi, in Storia sociale d'Italia, vol. XXV, Milano, Teti, 1990, pp. 223-289; L. Cicognetti e L. Servetti, Dalla parte di lei. Dall'angelo del focolare alla donna con i calzoni: l'immagine femminile tra vecchio e nuovo 1945-1955, in "Storia e problemi contemporanei", n. 23, 1999, pp.81-99; C. Valentini, Le donne fanno paura, Milano, Il Saggiatore, 1996. - Il femminismo degli anni Settanta: Il movimento femminista degli anni '70, numero monografico di "Memoria", n. 19-20, 1987, in particolare Y. Ergas, Tra sesso e genere; Anna Maria Crispino (a cura di), Esperienza storica femminile nell'eta' moderna e contemporanea, vol. II, Udi, Circolo "La Goccia", Roma, 1989; L. Passerini, Storie di donne e femministe, Torino, Rosenberg & Sellier, 1991. - Storia delle donne e fonti visive: Val Williams, Women photographers. The other observers, London, Virago Press, 1986; R. Di Cori, Il doppio sguardo. Visibilita' dei generi sessuali nella rappresentazione fotografica (1908-1918), in D. Leoni, C. Zadra (a cura di), La grande guerra. Esperienze, memorie, immagini, Bologna, Il Mulino, 1986; A. Buttafuoco, Uno specchio dotato di memoria. Note su fotografia e storia delle donne in margine alla mostra, in Donna Lombarda. Un secolo di vita femminile, a cura di C. Colombo, Milano, Electa, 1989; M. T. Sega, La memoria provocata. Fotografia e storia personale, in L. Lanzardo (a cura di), Storia orale e storie di vita, Milano, Angeli, 1989; C. Sullivan, Women photographers, New York, H. N. Abrains Inc., 1990; A. Higonnet, Le donne e le immagini: apparenze, divertimento, sopravvivenza, in G. Duby, M. Perrot (a cura di), Storia delle donne in Occidente, vol. IV, L'Ottocento, Roma-Bari, Laterza, 1991 e Immagini e rappresentazioni femminili, vol. V, Il Novecento, 1992. - Volumi fotografici, mostre e cataloghi: P. Agosti, S. Bordini, R Spagnoletti, A. Usai, Riprendiamoci la vita. Immagini del movimento delle donne, foto di P. Agosti, Roma, Savelli, 1976; M. Campagnano, Donne Immagini, testo di L. Campagnano, Milano, Moizzi Editore, 1976; P. Agosti, La donna e la macchina, Roma, Oberon, 1983; P. Codognotto e M. Mazzei (a cura di), Erotica, Firenze, Libreria delle donne, 1984; Libreria delle donne (a cura di), Oltre la posa. Immagini di donne negli Archivi Alinari, Firenze, Alinari, 1984; Regione Piemonte - Fondazione Sella, Sapere la strada. Percorsi e mestieri dei biellesi nel mondo: storie di emigrazione, Milano, Electa, 1988; L. Nora (a cura di), Percorsi di vita femminile. La donna attraverso l'immagine tra '800 e '900, Comune di Carpi, 1990; F. Iacono, Le donne in 40 anni di immagini, Modena, Udi, Centro documentazione donna. 1991; M. P. Miani (a cura di), Camera D., I luoghi dello sguardo, Centro Donna del Comune di Venezia, 1995; Sicilia Singolare femminile, fotografie di D. Polizzi Piazza, testi di G. Bongiorno, Acireale, Bonanno Editore, 1996; S. Truppi (a cura di), Udina Ganzini fotografa a Milano l894-1939, Milano, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, 1997; S. Bartoloni (a cura di), Donne al fronte. Le Infermiere Volontarte nella Grande Guerra, Roma, Jouvence, 1998. 2. LIBRI. BRUNA BIANCHI: L'ANARCOFEMMINISMO DI EMMA GOLDMAN [Da "A. rivista anarchica", anno 39, n. 343, aprile 2009 col titolo "L'anarcofemminismo di Emma Goldman" e il sommario "E' stata una delle donne anarchiche piu' impegnata nella rivendicazione e nella messa in pratica dei diritti dell'altra meta' del cielo. Ora le edizioni Bfs ne pubblicano un'ennesima raccolta di scritti, con il titolo Femminismo e anarchia. Ne pubblichiamo ampi stralci dell'introduzione"] Il mito di Emma Goldman Negli ultimi decenni sono stati dedicati ad Emma Goldman numerosi scritti; si tratta per lo piu' di studi di carattere biografico, pervasi da un'ammirazione profonda per il suo attivismo appassionato, il suo temperamento indomabile, l'audacia delle sue campagne sul controllo delle nascite e il libero amore, il rigore della sua lotta contro la coscrizione e la guerra, il prezzo altissimo pagato per le sue idee. In una tale impostazione la maggior parte degli autori ha seguito il sentiero tracciato da Emma Goldman stessa nell'autobiografia, Vivendo la mia vita, l'avventura eroica di una donna, ebrea, immigrata, anarchica che seppe aderire nella propria vita ai propri ideali. (...) Gia' negli anni Trenta Emma Goldman era diventata una figura mitica, un'icona, il simbolo della fierezza anarchica. Raramente gli studi hanno messo in discussione un mito che pero' ha oscurato a lungo la complessita' e la radicalita' del pensiero di Emma Goldman. L'attivista focosa e la ribelle hanno messo in secondo piano la pensatrice... spesso esclusa tanto dagli studi generali sull'anarchismo che da quelli sul femminismo, essa e' stata descritta come una divulgatrice delle teorie di altri, in particolare di Bakunin e di Kropotkin. "Ella non fu assolutamente una pensatrice politica e sociale di rilievo". Questo giudizio, espresso nel 1961 da Richard Drinnon in Rebel in Paradise, e' stato costantemente ripreso negli anni successivi. Perpetuando una concezione consolidata nella storia del pensiero politico che contrappone vita emozionale e pensiero, la maggior parte degli studiosi ha sminuito il contributo dell'anarchica russa sul piano teorico. Non stupisce quindi che siano state soprattutto le studiose femministe, nella convinzione che l'esperienza esistenziale arricchisca e illumini il pensiero, a considerare la filosofia politica e sociale di Emma Goldman degna di attenzione. Le ricerche recenti hanno messo in rilievo la ricchezza della sua formazione culturale e teorica che, oltre agli anarchici europei, all'individualismo di Nietzsche, Stirner e Ibsen, attinse agli autori della tradizione radicale di resistenza all'autorita' americani. Fondendo il suo pensiero con quello di Ralph Waldo Emerson, Walt Whitman, Henry David Thoreau, Emma Goldman contribui' a sfatare il mito che considerava l'anarchismo un prodotto europeo, una dottrina estranea agli Stati Uniti, introdotta dagli immigrati. Dalla tradizione dell'individualismo americano, dall'ideale della piena liberta' degli esseri umani, sia come persone che come cittadini, Emma Goldman trasse nuovo impulso per la sua stessa concezione anarchica. * Individuo e societa' "Solo l'anarchismo enfatizza l'importanza dell'individuo, le sue possibilita' e bisogni in una societa' libera. L'anarchismo insiste sul fatto che il centro di gravita' nella societa' e' l'individuo, che egli debba pensare da se', agire in liberta' e vivere pienamente la propria vita". Cosi' scriveva Emma Goldman in un articolo del 1934 in cui faceva un bilancio della sua vita. L'anarchismo, il "meraviglioso ideale", "il grande fermento del pensiero", era la filosofia della piena espressione individuale e della "fusione armoniosa" di individuo e societa' (...) La visione di Emma Goldman del "meraviglioso ideale" e' una visione aperta alla possibilita'. L'impegno di tutta la sua vita fu quello di favorire le condizioni per lo sviluppo e l'espressione di una interiorita' vitale e creativa in tutti gli aspetti della vita contrastando i tentativi della societa' di controllare gli individui attraverso codici morali coercitivi e distruttivi dei legami personali e sociali che imponevano distorsioni agli impulsi naturali. I temi ai quali si rivolse la sua lotta politica e ai quali dedico' i suoi scritti: liberta' di parola, indipendenza femminile, liberta' sessuale, controllo delle nascite, diritti dei lavoratori, educazione alla liberta' e al pensiero critico, a suo parere erano strettamente correlati, aspetti inscindibili di un unico processo che avrebbe condotto allo sviluppo di individualita' forti e indipendenti, capaci di creare nuove e piu' libere forme di espressione. * Liberazione personale e mutamento sociale Il modo di vivere la propria vita secondo gli ideali di liberta', a partire dalle relazioni piu' intime con gli altri, era per Emma Goldman un fine in se' e un aspetto cruciale del mutamento sociale. (...) Di quei dodici saggi scelti ad illustrazione del suo pensiero, risultato dello "sforzo della mente e dell'anima", cinque erano dedicati alla questione femminile: al tema del suffragio, della prostituzione, del matrimonio, della sessualita' e dell'amore. Le sue convinzioni radicali su questi argomenti apparvero ai contemporanei ben piu' pericolose delle idee che giustificavano la violenza rivoluzionaria e neppure nel movimento anarchico esse erano pienamente accolte, bensi' considerate questioni di secondaria importanza, se non vere e proprie deviazioni. E' nota la conversazione di Emma Goldman con Kropotkin durante la quale l'anarchico russo le chiese se "valesse la pena perdere tanto tempo a discutere di sesso" e la sua raccomandazione rivolta alle anarchiche americane affinche' dessero la priorita' nella loro azione politica alla liberazione dei lavoratori. (...) A differenza della maggior parte delle suffragiste, Emma Goldman era convinta che l'indipendenza femminile non si sarebbe realizzata in seguito a miglioramenti economici o a concessioni dall'alto, ma avrebbe preso le mosse da una rigenerazione interiore, da una trasformazione del modo di pensare. Una tale impostazione rivela la consapevolezza della natura complessa del dominio, una costrizione che si esercita in ogni aspetto della vita: sui bisogni materiali, sui corpi, sulla mente e sulla condotta. Il dominio e' anche un modo di porsi di fronte all'esperienza sociale e personale che soffoca la vita, distorce la personalita' degli individui, conduce alla omologazione delle idee e alla passivita'. Opporsi al dominio in tutte le sue forme implicava un processo di liberazione dalle costrizioni esterne e interiori, imponeva che si rompesse il cerchio della dipendenza - economica, psicologica ed emotiva - perche' si potessero manifestare ed esprimere i propri desideri e le proprie inclinazioni. In questo processo i temi della sessualita' e della riproduzione assumevano un'importanza fondamentale, in particolare per le donne, oppresse dalla famiglia patriarcale e dalla morale puritana. * La critica al suffragismo Le convinzioni di Emma Goldman sul rapporto tra liberazione personale e mutamento sociale la ponevano in aperto contrasto con il movimento suffragista. Le donne avrebbero dovuto liberare se stesse dai propri "tiranni interiori" e non attendersi l'emancipazione dalla partecipazione alla politica parlamentare, "corruttrice della personalita' e delle convinzioni". Un tale antisuffragismo radicale non trovava consensi unanimi neppure tra le femministe anarchiche, alcune delle quali vedevano nel voto il riconoscimento del diritto delle donne ad esprimersi e pertanto un passo verso l'affermazione della propria dignita'. A parere di Emma Goldman era in primo luogo il modo di vivere la propria vita da parte delle sostenitrici del suffragio a dimostrare che la via da loro indicata era sbagliata. Il rifiuto delle convenzioni sociali, infatti, aveva condotto molte di loro ad escludere dalla propria vita le relazioni di intimita' con gli uomini. Un messaggio di rinuncia, una scelta di impoverimento della propria vita affettiva da cui non poteva scaturire alcuna emancipazione (...) Un altro motivo di contrasto con le suffragiste era legato al tema della differenza di genere. "La mia divergenza con le femministe [...] sta nel fatto che la maggior parte di loro vede la propria schiavitu' come qualcosa di distinto dal resto del genere umano". "Malgrado tutte le teorie politiche ed economiche che si occupano delle differenze fondamentali tra i vari gruppi della specie umana, malgrado le differenze di classe e di razza, malgrado tutte le artificiali linee di demarcazione tra i diritti dell'uomo e quelli della donna, da parte mia sono convinta che esista un punto in cui queste differenziazioni possono incontrarsi e riunificarsi in un insieme perfetto" (La tragedia dell'emancipazione femminile). Uno dei principali argomenti avanzati dalle suffragiste a favore del voto alle donne si fondava sulla convinzione della loro superiorita' morale. Se le donne avessero potuto esprimersi attraverso il voto - affermavano -, se avessero potuto riversare nella societa' i valori femminili della cura e della difesa della vita, avrebbero contribuito a liberare la convivenza sociale dai mali che la affliggevano. Al contrario - a parere di Emma Goldman - uomini e donne non rappresentavano mondi antagonisti, il dualismo dei sessi era una nozione assurda, una separazione meschina. Le donne non erano migliori degli uomini e non sarebbero riuscite la' dove gli uomini avevano fallito. Gli esiti deludenti del suffragio femminile nella sfera sociale e politica nei paesi in cui le donne avevano ottenuto il diritto di voto, stavano a dimostrarlo. * Donne e uomini Il rifiuto delle premesse del movimento per il suffragio condussero Emma Goldman a non misurarsi con la riflessione femminista contemporanea sulla differenza di genere. Benche' nel complesso il movimento per il suffragio fosse un movimento di donne delle classi medie, conservatore e puritano, non mancava una corrente femminista che fondava la sua analisi sulla differenza tra i generi e che muoveva una critica radicale alla societa' industriale, al militarismo, allo sfruttamento sessuale delle donne, alla violenza domestica. L'enfasi sulla necessita' dell'incontro tra uomini e donne, sulla comune umanita', sul carattere artificiale delle divisioni e l'avversione per ogni forma di puritanesimo possono spiegare una tale sottovalutazione che condusse Emma Goldman a limitare le sue stesse argomentazioni. Infatti, quando essa fa riferimento alle esperienze femminili, non le definisce e non le analizza. "Femminilita'", "istinto materno", "animo femminile", "emozioni profonde di una vera donna, innamorata e madre" sono espressioni che hanno potuto apparire conservatrici perche' non si accompagnavano ad una riflessione sulla specificita' femminile, che non poteva essere semplicemente elusa. Ugualmente, la sua critica penetrante al concetto corrente di emancipazione, esteriore e superficiale, una emancipazione che finiva col rivendicare una parita' vuota e acritica, come "il privilegio di diventare giudice, carceriera, boia", o quello di diventare "un automa da lavoro", si arresta di fronte alla mancata definizione del diverso processo di liberazione nell'uomo e nella donna. (...) Tanto Emma Goldman era distante dal modo di pensare delle suffragiste delle classi medie, quanto si sentiva vicina al vissuto delle donne delle classi lavoratrici. Lo rivelano i saggi dedicati al tema della prostituzione. In questi scritti la sua analisi e' acuta, penetrante, radicale, provocatoria. Essa equipara la prostituzione alle relazioni matrimoniali, individua le sue cause principali non solo nel fattore economico, ma anche nell'ignoranza e nella condizione di inferiorita' in cui erano tenute le ragazze, nel pregiudizio che le condannava. Le ragazze sono definite le "vittime della moralita'", ovvero di un'ipocrisia bigotta che considerava la prostituzione una necessita' o un vizio femminile. Anche in questo caso, la sua critica si arresta di fronte alla differenza tra i generi. Dopo aver affermato che la prostituzione "succhia la linfa vitale sia degli uomini che delle donne", la sua attenzione si fissa su colei che si prostituisce e ne analizza anche la distorsione dell'impulso sessuale, quella particolare sovreccitazione provocata dal lavoro negli stanzoni affollati delle fabbriche e dalla frequentazione dei locali di divertimento a basso costo. Sulla distorsione dell'impulso sessuale negli uomini, un tema che altre femministe del suo tempo andavano affrontando, Emma Goldman non fa alcun cenno. Il rifiuto delle facili contrapposizioni tra uomini e donne, la volonta' di fustigare l'ipocrisia puritana, conducono Emma Goldman ad eludere alcune tematiche cruciali dei rapporti tra i generi. Per queste ragioni il suo appello alla liberazione femminile appare talvolta volontaristico, quasi incurante degli ostacoli che le donne avrebbero dovuto affrontare per conquistare la dignita' necessaria a rivendicare la propria indipendenza e tradisce una certa insofferenza per coloro che non seguivano il suo esempio. * Una pioniera e un modello Attraverso i suoi scritti, le sue conferenze e l'autobiografia Emma Goldman voleva portare un messaggio e offrire un modello, dimostrare che la vita delle donne poteva essere libera ed emotivamente appagante. Il testo di una conferenza dedicata nel 1911 a Mary Wollstonecraft, al suo desiderio di fare l'esperienza di relazioni coniugali rivoluzionarie, alla ribellione contro le costrizioni autoritarie, al temperamento passionale, e' particolarmente illuminante dell'immagine che Emma Goldman aveva di se' e dello spirito con cui si accostava alla questione femminile. Emma Goldman fu una delle poche femministe a far riferimento a Mary Wollstonecraft, sulla cui opera cadde ben presto il silenzio a causa della sua vita "scandalosa" e delle sue sfide al conformismo ritenute dannose per la causa emancipazionista. In Mary Wollstonecraft Emma Goldman si rispecchiava; in essa vedeva una figura tragica, la pioniera del moderno concetto di femminilita' la cui vita e il cui pensiero la collocavano al di la' della capacita' di comprensione dei contemporanei. (...) Come Mary Wollstonecraft, Emma Goldman in diverse fasi della vita fu travolta dalla passione per un uomo, una passione che sentiva come un limite alla sua liberta' e che la sua ragione rifiutava. La tensione tra liberta' e reciprocita', tra il desiderio di completa indipendenza e quello della sicurezza di un legame, tra le sue convinzioni sul libero amore e l'incapacita' di liberarsi dalla gelosia, fu un vissuto lacerante. Lo rivelano l'autobiografia e soprattutto le lettere inedite. Cosi' scriveva a Ben Reitman nel 1909: "Non ho il diritto di portare un messaggio agli altri quando non c'e' messaggio nella mia anima. Non ho il diritto di parlare di liberta' poiche' sono diventata una schiava abietta in amore". Le riflessioni piu' radicali contro la monogamia e la gelosia, come quelle contenute nella conferenza "La gelosia, le sue cause e una possibile cura", furono elaborate nei periodi piu' tormentati delle sue relazioni d'amore, quando stava conducendo una lotta interiore per superare quei sentimenti che criticava pubblicamente. Le esortazioni a condurre una vita libera che rivolgeva alle sue uditrici, i suoi appelli alla volonta', erano gli stessi che rivolgeva, in modo sofferto, a se stessa. Nel 1931, cosi' scriveva ad Alexander Berkman: "Nella lotta che mi lacerava ogni volta che dovevo decidere tra il mio amore per un uomo e le mie idee, invariabilmente le mie idee e non la mia passione hanno deciso la mia strada". Il fatto e' che non abbiamo scelta, aveva scritto, sempre ad Alexander Berkman, nel 1925, "l'impulso verso la liberta', che spinge alla lotta per un ideale piu' elevato, e' talmente grande e trascinante che non possiamo resistere". L'ideale di un futuro anarcofemminista, un tempo in cui tutti sarebbero stati liberi nell'amore e nel lavoro, in grado di fare di se stessi persone pienamente umane e creative in grado di produrre vera ricchezza sociale. (...) Tale era lo "splendido ideale" a cui aveva dedicato la sua vita e che la rendeva insofferente di ogni meschinita', di ogni prospettiva politica ristretta, che animava la sua critica sferzante e determinava la sua intransigenza. Emma Goldman ci ha lasciato un'eredita' complessa; attraverso la sua vita e la sua elaborazione teorica ha contribuito a dare una dimensione femminista all'anarchismo e una dimensione libertaria al femminismo. La sua convinzione dell'interdipendenza tra il mutamento sociale e collettivo e quello interiore degli individui merita di essere ripresa, apprezzata in tutto il suo valore, arricchita dall'esperienza della nostra vita. * Postilla. Red Emma In sessant'anni di attivita' Emma Goldman ha scritto molte tra le pagine piu' note della storia dell'anarchismo statunitense e internazionale. Donna di forte carattere e di notevoli doti oratorie, nata nel 1869 da una famiglia di origine ebraica a Kovno (oggi Kaunas) in Lituania, allora provincia dell'impero russo, Emma emigra giovanissima negli Usa dove entra in contatto con gli ambienti dei lavoratori immigrati, fra i quali l'anarchismo e' una delle idee piu' diffuse. Vive intensamente l'"epoca d'oro" del movimento libertario a cavallo fra il XIX e il XX secolo, fondando nel 1906 la rivista "Mother Earth", pubblicata fino al 1917. In breve si guadagna la fama di "donna piu' pericolosa d'America"; nell'opinione pubblica il suo soprannome e' Emma the red, "Emma la rossa". Emma Goldman si impegna a fondo nella denuncia della condizione di sfruttamento delle donne utilizzando le sue capacita' oratorie e di scrittura in conferenze, meeting, articoli, pubblicazioni attraverso i quali promuove l'emancipazione femminile, l'uso dei contraccettivi e il controllo delle nascite. Durante il primo conflitto mondiale svolge un'aperta opposizione alla politica interventista del governo americano, contribuendo alle attivita' antimilitariste tanto da essere spesso sottoposta ad arresti e persecuzioni, fino all'espulsione dagli Stati Uniti decretata alla fine del 1919. Testimone sul campo dell'involuzione autoritaria della Rivoluzione russa, negli anni Venti e Trenta prosegue la sua attivita' a sostegno del movimento rivoluzionario e anarchico. Bandita dagli Usa e costretta a cambiare spesso il suo luogo di residenza in vari Paesi europei e d'oltreoceano, nel 1936, nonostante l'eta' avanzata, visita la Spagna repubblicana e libertaria in lotta contro il fascismo. Muore a causa di un malore dopo una conferenza a Toronto, in Canada, nel 1940. Dagli anni Settanta in avanti sono stati pubblicati in italiano diversi volumi e antologie dei suoi scritti, tra i quali si ricordano i quattro libri dell'autobiografia Vivendo la mia vita (Milano, La Salamandra, 1980-1985 e Milano, Zero in condotta, 1993) e alcune raccolte di saggi dedicati alla questione femminile e alla Russia: Anarchia e femminismo e altri saggi (Milano, La Salamandra, 1976), Amore e emancipazione (Ragusa, Ipazia, 1975, seconda ristampa Ragusa, La Fiaccola, 1996), Tre anzi sei saggi sulla donna apparentemente obsoleti (Napoli, Malora, 2000), La sconfitta della rivoluzione russa e le sue cause (Milano, La Salamandra, 1977). ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 252 del 4 giugno 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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