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La domenica della nonviolenza. 216
- Subject: La domenica della nonviolenza. 216
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 17 May 2009 11:58:33 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 216 del 17 maggio 2009 In questo numero: 1. Poiche' le armi uccidono, tu allora 2. Osvaldo Caffianchi: Dalle parole ai fatti. Si' al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi 3. Benito D'Ippolito: Sette lapidi per dire un si' 4. Le ragioni del si'. Nei volti di persone assassinate 5. Benito D'Ippolito: Incidente a Kabul 6. Ricciardo Aloisi: Io sono quello 7. Tu 8. Osvaldo Caffianchi: Paesaggio dopo la battaglia 9. "Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia: Mi hanno ammazzato e non potro' votare 1. EDITORIALE. POICHE' LE ARMI UCCIDONO, TU ALLORA Riproponiamo ancora una volta i testi seguenti, che gia' ripubblicammo con la seguenti parole introduttive. "Meno armi, meno uccisioni. Il disarmo salva le vite. Nel 2005 si tenne in Brasile profetico un referendum per l'abolizione del commercio delle armi assassine. Lo perdemmo, ma gia' il fatto di averlo realizzato indica all'umanita' una via. Altri, li' e altrove, dovremo farne, finche' vinceremo. Questo foglio ha l'orgoglio grande di aver compreso quanto decisiva fosse per l'umanita' intera quella iniziativa, e s'impegno' a promuovere la solidarieta' dall'Italia con le sorelle e i fratelli brasiliani. Tra i molti testi che pubblicammo e ripubblicammo allora (tra cui utilissimi materiali brasiliani che traducemmo allora e che restano ancora ottimi strumenti di informazione, coscientizzazione e lotta) c'erano anche i testi che di seguito si ripropongono". 2. OSVALDO CAFFIANCHI: DALLE PAROLE AI FATTI. SI' AL REFERENDUM BRASILIANO PER VIETARE IL COMMERCIO DELLE ARMI C'e' gente che di disarmo chiacchiera chiassosamente nei bar e nei salotti e nelle conferenze per la pace elegantissimi, interminabilmente. E questi sono i complici degli assassini. E poi c'e' gente che il disarmo lo fa. E questi salvano il mondo. 3. BENITO D'IPPOLITO: SETTE LAPIDI PER DIRE UN SI' Aveva barato e io me n'ero accorto non era per i soldi, solo non volevo passare per fesso. Per questo l'ho detto. Potevo immaginare che avrebbe estratto il pezzo? Potevo immaginare che un ferro cosi' piccolo pungendomi nel cuore in una vampa mi avrebbe tolto tutto in un momento? E in quel bar c'ero entrato per bere solo un goccio. * D'accordo, si', l'avevo tamponato. Aveva fretta, e avevo fretta anch'io. Ma poi strillava la sua bella macchina che invece era un catorcio e glielo dissi. Fu allora che mi fulmino'. Ricordo sopra la fiamma la faccia da gufo. * Nel sottoscala c'erano gli indiani la principessa c'era da salvare ero nell'ultima trincea, i crucchi venivano. E soltanto io potevo salvare tutti, si', come in quel film. Nei miei dieci anni ero grande ormai da prender la pistola nel cassetto quando mi cadde e mi trapasso' il petto non c'erano piu' indiani o principesse solo ero in casa e non avevo forza per dire aiuto, o forse non volevo. Mi dissanguai in silenzio, per fortuna ero gia' morto quando torno' a casa la mamma con la spesa dal mercato. * La prima pietra, certo, lo ricordo ma sono storie di un tempo lontano o di un mondo ancora da venire. In questo invece io ero innamorato e lei mi amava e certo a suo marito non lo potevo andare a raccontare. Ci penso' qualcun altro e quando venne avrei voluto dirgli che poteva rompermi il naso e che poi mi ascoltasse ma lui aveva in tasca la 38. * Delle due l'una, se si e' una famiglia uno porta i calzoni e gli altri sotto. Invece sempre lagne, arrivi a casa che sei una bestia, che sei stanco morto e mai una volta che il pranzo sia pronto e mai una volta che ti si obbedisca. Insomma, un uomo e' un uomo, le ho sparato. Poi tutto era cosi' sporco e vuoto che mi son messo la pistola in bocca e ho chiuso gli occhi e non li ho piu' riaperti. * Ci pare a tutti di essere i piu' furbi cosi' ogni tanto mi ero immaginato che se venivano a rubarmi a casa gli davo il fatto loro e buonanotte. Sai quante volte mi ero esercitato con la mia torva immagine allo specchio. Ci pare a tutti di essere il piu' volpe. Poi son venuti e tutto era confuso e la pistola era cosi' pesante che non riuscivo a tener dritto il braccio ridendo la strappo' dalle mie mani quasi volevo ringraziarlo, e invece sentii un botto che sfondava i timpani e la puzza di fumo e poi piu' niente. * E una e due e tre volte ripetei fermosparo fermosparo fermosparo poi chiusi gli occhi e strinsi il pugno e dentro nel pugno strinsi il ferro e parti' il colpo. Poi vidi Ignazio che gia' rantolava e non mi resse il cuore e anch'io mi spensi. 4. LE RAGIONI DEL SI'. NEI VOLTI DI PERSONE ASSASSINATE UNA SERA DI CHICO MENDES "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede" (2 Tm 4, 7) La selva e nella selva l'altra selva quella nei laghi neri del cuore quella ove incontri lupe, leoni, lonze e i killer prezzolati dai padroni. La selva e nella selva vivi gli alberi e sotto la corteccia il sangue loro ed e' mestieri di cavarne stille, fratelli alberi, abbiamo fame anche noi. La selva e nella selva gli abitanti della selva. Ed ecco stabiliamo un patto nuovo tra noi della foresta, fratelli umani che dopo noi vivrete. La selva e noi, le donne antiche e gli uomini antichi e gli uomini e le donne che eccoci. Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti vogliamo vivere. La selva e nella selva io Chico Mendes e tre proiettili che passo dopo passo di ramo in ramo di talento in talento dal portafogli e dalla scrivania fino alla tasca e alla cintura e alla fondina e' tanto che mi cercano, e cercano me Chico Mendes, il sindacalista l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza. Ed e' gia' questo ventidue dicembre del mille novecento ottantotto questa e' la porta di casa mia, sono le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno nel giorno di Natale antica festa. Piangono nella selva lente lacrime di caucciu' le piante, piange l'indio piange Ilzamar, Sandino ed Elenira piangono e piangono i compagni tutti, il sindacato piange e piange il cielo in questa sera senza luce e senza scampo. Mentre mi accascio guardo ancora il mondo che possa vivere ho fatto la mia parte. * PIPPO FAVA Degli infiniti mondi questo era dei ciarlatani il mondo. E dei mafiosi. E delle oppresse e degli oppressi in lotta per il riscatto e per la dignita'. Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa alla salute. Ministri e cavalieri, stallieri e magnati ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere quella faccia di greco antico che certo amava la vita. Amava la vita ed amava la Sicilia che e' la vita quando la vita e' insieme felice e amara. Amava la Sicilia che e' la Grecia di Empedocle e il mondo quando tutto era colmo di dei e di dee. Amava la Sicilia che non si arrende, la Sicilia dei contadini e degli zolfatari, degli emigranti e delle magre donne forti come la roccia. Era uno come Diderot: fece piu' che delle opere fece delle persone. Trovo' compagni e suscito' la lotta, quando tutti tacevano e lui levo' la voce, e cosi' quando sarebbe stato facile cedere in una smorfia, in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui levo' la voce. Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato lo avevano, ma lui niente e con quel sorriso e con quel cercare grane sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna. Lo avevano avvisato ma lui niente testa dura che voleva spianare le montagne. Poiche' non lo fermarono i sorrisi poiche' non lo fermavano gli avvisi poiche' cresceva intorno a lui, tramite lui quella cosa che si chiama Resistenza e puoi dirla solamente in lieve soffio, mandarono a fermarlo infine i killer. Sono passati anni e a quella notte tante altre fredde notti di dolore si sono aggiunte tale che s'incrina il mondo sotto il peso della mole. Sono passati anni e Pippo Fava e' ancora qui, compagni, e vive ancora e vivra' ancora finche' tu non cedi. * UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA Ay Marianella, Marianella Garcia potevi fare la vita dei signori i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento ma tu scegliesti di stare con noi poveri. Ay Marianella che pioggia di sangue. Era Marianella sorella di noi morti perche' amava la vita e che la vita fosse degna di essere vissuta. Ay Marianella si spensero le stelle. Era intrepida e vestita di umilta' sapeva che i fascisti la cercavano e ti raggiunse la furia dei fascisti. Ay Marianella la furia dei fascisti. Parlava la lingua dei contadini e degli angeli sapeva le parole che guariscono parole di luce e di pane. Ay Marianella la terra nera e rossa. Sapeva tutte le cose e anche le cose che tutti sanno e e' difficile dire e lei le diceva con voce di uccellino. Ay Marianella che fredda e' la notte. Ti ammazzarono come hanno ammazzato i morti che cercavi e che il tuo sguardo resuscitava nel cuore del popolo. Ay Marianella che pianto infinito. Cosi' dura e' la nostra dura vita che anche nella gioia noi piangiamo ma mentre ti piangiamo ricordiamo con gioia che sei stata e resti viva. Ay Marianella, Marianella Garcia. * EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora, Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato a forza nelle SS e che dicesti no. Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame moristi da resistente, non da carnefice. Avessero molti fatto la tua scelta non avrebbero inondato il mondo quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue. Almeno io qui ti ringrazio ancora Josef Mayr-Nusser che dicesti no. * PER OSCAR ROMERO Prima di essere Romero Romero non era ancora Romero. Tutti dobbiamo divenire cio' che siamo e che non siamo finche' non ci troviamo a quell'antico bivio della scelta. Era Romero uomo di fede ma la sua fede non era ancora la fede di Romero, prima occorse che quella fede nella fede lo trovasse gliela recasse un popolo piagato. Cosi' dall'astratto al concreto dicono certi antichi dottori muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco cosi' si mosse anche Oscar Romero muovendo incontro a verita' e martirio. Dicono: cosa si puo' fare? Nulla. E dicono anche: cosa si puo' fare? Tutto. E non e' vero. Ma quel che e' da fare tu fallo, e cosi' sia. Sotto lo sguardo degli assassinati Oscar Romero incontro' se stesso sotto lo sguardo degli assassini incontro' se stesso Oscar Romero. Viene sempre quell'ora inesorabile in cui devi levare la tua voce. Tu non vorresti, vorresti restare nel silenzio che sa molte lusinghe molti segreti, e molti pregi reca. Ma viene sempre l'ora della voce. Venne quell'ora per Oscar Romero a rivelargli il volto e il nome suo venne quell'ora recata dal silenzio degli assassinati e recata dal silenzio degli assassini, e giungi al paragone. Prese ad un tempo la parola e la croce e messosi alla scuola degli scalzi ne fu piu' che avvocato, compagno. Sapeva anche lui dove quella portava strada, sapeva anche lui quale suono avrebbe spento un giorno la sua voce. Come chiodi che secco un martello nel legno batte e conficca, il colpo della pallottola irruppe nel suo corpo fatto legno, fatto vino, fatto croce fatto pane, fatto luce, per sempre raggiunse Romero Romero, ormai voce per sempre dell'intera umanita'. * IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER I. Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer dal cielo si senti' come un sospiro profondo. Il buon Signore aveva perso un forte e buon compagno, e ne gemeva triste. All'ora nona si rirallegrava il cielo tutto che' Dietrich Bonhoeffer compiuta la sua corsa era tornato infine a casa. II. E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco in questa veglia io riracconto ancora la storia vera e la vera leggenda del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete come lui resistette. E non crediate che non ha senso questo nostro esistere resistere, cercare, accarezzare lottare per la vita e la giustizia. * L'INTERPRETE Mi informa compunta la televisione che sulla strada tra Mossul e Tikrit dei soldati americani hanno sparato all'automobile di un diplomatico italiano membro del governo di occupazione, che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti, gli italiani sono buoni amici, gli americani ragazzi un po' irruenti. Dell'interprete iracheno assassinato perche' parlarne? perche' scusarsi? Il suo volto e il suo nome non contano, la sua vita neppure. Messo in abisso qualcosa di distorto e di profondo vi e' qui da interpretare, ma l'interprete e' per l'appunto morto. * BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King la storia lo aspettava a una fermata d'autobus e la storia quel giorno aveva il volto stanco e i piedi gonfi di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata. Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King ma aveva un sogno e quando sogni forte non c'e' muraglia che possa resistere ed e' quel sogno che mette in cammino la carovana umana, che sempre sia lodata. Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King paziente lo attendeva il suo sicario e quelli che pagarono il sicario ancora comandano, certo ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata. Ancora comandano, e' vero, gli oppressori ma la marcia di Martin Luther King, poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata essa continua con le nostre gambe coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra. * UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE I. Solo questo so di te, che nell'anno 195 ti fucilarono perche' obiettore al servizio militare. Immagino che venne un centurione coi suoi esperti di pubbliche relazioni, psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas, a dirti mentre eri in galera sei un bravo giovane, chi te lo fa fare vieni con noi, imparerai un mestiere. E Massimiliano rispose di no. Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti concittadini, a dirgli lo sai che noi cartaginesi siamo gia' guardati con sospetto per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti di annibali e di asdrubali e scipioni non metterti a fare casino vesti la giubba, non c'e' altro da fare e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi. Ma Massimiliano rispose di no. E vennero allora a persuaderlo certi amici di quando al campetto giocavano insieme a pallone, gli amici del bar: Massimilia' falla finita da quando ti sei messo con quei tizi del galileo morto ammazzato ti stai mettendo in un mare di guai. Che diamine mai hai contro i marines? Falla finita con quei beduini da' retta al nostro buon signor Belcore la paga e' buona ed il lavoro e' poco. E quello cocciuto, come un mulo a dire no. II. Dicono male delle corti marziali dicono male dei plotoni d'esecuzione forse che e' meglio farlo col coltello in un vicolo buio di notte? Dicono che siamo repressori e genocidi addirittura; e andiamo! forse che non ci vuole anche un po' d'ordine in questo letamaio di colonie? e il roman way of life non costa niente? Eppure la volete, la televisione il telefonino. E allora poche storie, lo ammazzammo perche' dovemmo, mica potevamo lasciarlo andare il vile disertore oltretutto terrone, anzi affricano. La civilta', insomma, va difesa. III. Quante incertezze, quanta paura certo durasti. Solo i babbei pensano che gli eroi sono una specie di nazisti spretati. E invece i martiri hanno paura come noi, e tremano come noi, come noi dubitano di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita. Ma infine ristette fermo nel suo no Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato. IV. Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea e prendo la parola, e dico: obietta alla guerra e alle uccisioni combatti contro gli eserciti e le armi scegli la nonviolenza. Ecco, io prendo la parola in assemblea, mi alzo in piedi e dico: fermiamo le fabbriche di armi assediamo le basi militari impediamo i decolli dei bombardieri strappiamo gli artigli alle macchine assassine. Ecco, io dico al soldato: diserta io dico al ferroviere: ferma il convoglio io dico al vivandiere: non preparare di carne umana il pranzo al generale. Ecco, io dico, la guerra puo' essere, deve essere fermata. Con l'azione diretta nonviolenta. Con il gesto del buon Massimiliano cartaginese, che i romani fucilarono. * RACHEL CORRIE Quelli di noi che hanno passato notti al freddo e al gelo sanno che vuol dire non avere una casa. E quelli di noi che hanno avuto paura subendo minacce e percosse, di essere uccisi sanno cos'e' la paura. E quelli di noi che ai padri hanno chiuso sul letto di morte gli occhi, sanno sanno sanno la morte che orrendo nemico e' di tutti. E quelli di noi che hanno avuto lo strazio di vedere morire gli amici e di vedere eserciti muovere alla caccia di carne umana, come possono, come possiamo tacere, restare nelle tiepide case col cibo caldo tra i visi amici. Cosi' Rachele mosse di lontano verso quel cuore del mondo che ha nome Palestina. Cosi' Rachele mise l'anima sua e il suo corpo tra l'esercito e le vittime tra le ruspe che demoliscono e le case in cui poter vivere ancora. Cosi' Rachele la molto amata torno' in Palestina. Lo dico a te Labano, lo dico a te Giacobbe. Cosi' Rachele fu uccisa e questa morte e' la morte di tutte le donne che portano vita lungo i tornanti di questa preistoria di Margarete dai capelli d'oro di Sulamith dai capelli di cenere. Non ho parole, ho solo greve un pianto e molte amare memorie e una speranza sola: che resusciti Rachele nella pace tra i popoli, nel ricordo dell'orrore, nell'alleanza nuova che a tutte e tutti riconosca vita, che a tutte e tutti riconosca dignita'. E' questa resurrezione questa compresenza dei morti e dei viventi nella comune lotta per l'umano cio' che qui chiamo ancora nonviolenza. E' la lotta di Rachele la nonviolenza in cammino. * ETTY HILLESUM, O LA FORZA DELLA VERITA' Scegliere il bene, pensare col cuore, condividere il dolore, avere cura degli afflitti, totalmente ripudiare la violenza, rifiutare la salvezza per se' che affoga gli altri. Fare la scelta della compassione in nulla cedere al male salvare tutti dinanzi all'orrore salvare almeno l'umanita' futura. * ROSA LUXEMBURG Quando e' normale prendere il fucile e strappare la vita alla gente allora la galera e' il posto giusto per le persone giuste, e li' era Rosa. Quando e' normale che la gente buona per prima venga presa e assassinata per prima Rosa viene data ai pesci. Ma questa norma dei vampiri Rosa insegno' a smascherare, a contrastare, per costruire un mondo non piu' barbaro in cui normale sia esser d'aiuto. * EDITH STEIN, DELLA COSCIENZA Tutto e' pensiero e storia e tutto si rovescia nella coscienza, e tutto vi si specchia. Sta a te tenere limpido lo specchio vedervi riflessa la via tendere le braccia salvare in te il mondo, aprire porta dopo porta il varco alla liberazione di tutti. * MILENA JESENSKA' Vi e' una prima Milena, l'amica di Kafka che e' il pozzo silenzioso che il praghese colma delle parole in cui cerca di sciogliere l'infinito auscultarsi nella notte: acque, e delle acque la rottura che non viene e il mistero che non affiora, e la luna, la luna nel pozzo. E vi e' una seconda Milena, la Milena restituita da Margarete che la incontro' nel lager. Oscuro mistero, che la sua vita sia stata salvata dalla memoria di chi la incontro' nell'inferno nazista. Ed e' la Milena delle rotture e del coraggio, la donna che sa dire di no e di si', che lotta inesausta, che e' uno dei volti piu' belli della Resistenza. * OLYMPE DE GOUGES, O LA FORZA DELLA VERITA' Credette Olympe che la rivoluzione fosse fatta per liberare tutti - e dunque tutte - e fosse fatta perche' le uccisioni cessassero - ed a tutti e tutte fosse la vita fatta salva. Tratta al patibolo perche' affermava sia l'uguaglianza che la differenza tratta al patibolo perche' affermava che e' delitto uccidere, e demenza. * RUTH FIRST, O DEL POTERE DI TUTTI Convincerla a piantarla di pensare, di parlare, di opporsi al razzismo non era possibile. Cosi' la spensero con un pacco bomba un pomeriggio dell'ottantadue. Era stato spedito quel pacco molti anni prima, era l'anno sessantatre, fu allora che non bastando quei centodiciassette giorni di carcere il regime razzista spedi' quel pacco che vent'anni dopo la raggiunse a Maputo. Le poste sudafricane erano forse lente ma inesorabili. Lei non aveva cessato un solo giorno di lottare contro l'apartheid di costruire il potere di tutti di resistere ad ogni razzismo. Non era possibile farla tacere cosi' la spensero con un pacco bomba. Ma ancora lotta, ancora parla, ancora pensa Ruth ogni volta che qualcuno ovunque nel mondo si ribella alla menzogna alla violenza all'ingiustizia all'odio ogni volta che ovunque qualcuno afferma il potere di tutti, l'umanita' comune, li' Ruth First e' stata ascoltata e quindi il pacco bomba non riusci' a raggiungere l'intento, nel tragitto si perse, e Ruth First l'assassinata e' ancora qui, ed e' invece crollato il regime che pensava di annientarla. * LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA Leggo sul giornale la notizia assente lungo una strada una discarica abusiva sulla discarica deposti, scaricati morti asfissiati sei giovani migranti: sei clandestini, leggo sul giornale che aggiunge: il tir partendo in fretta e furia con una ruota ha calcato il capo spento di uno dei morti, schiacciandolo facendone scempio. Vedo la scena tutta: la strada, il grande camion il cumulo maleodorante dei rifiuti la fretta di sgravare a terra il carico inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso le bestemmie masticate in gola di chi scaglia tra i residui i residui corpi. Vedo il camion pesante macigno, il fumo dei gas di scappamento, il crocchiare orribile che non posso, non posso dire. E vedo ancora come sacchi quei corpi rotti che attendono l'alba, il giorno, il passaggio delle automobili, il sole che alto si leva, il tempo che passa e che fermenta, finche' viene qualcuno e si ferma ed e' tardi. Poi vedo che arrivano uomini molti, si fermano auto e furgoni, ed e' tardi. Vengono le telecamere, le macchine fotografiche, un momento ancora, ancora un momento prima di gettare un velo pietoso, il pubblico cannibale vuole vedere il sangue, lo scempio. Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero. Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo nero che sembra quasi rosso. E un silenzio tumescente. Leggo il giornale, uno dei poveri cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie transnazionali cui lo stato ha appaltato il mercato del diritto a fuggire dalla morte altra morte trovando, leggo il giornale uno dei cristi poveri stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina da preghiera. Mentre affogavano tra le balle di cotone pregavano, pregavano i miseri clandestini. Ascoltala tu la loro pia preghiera. Ascoltala tu, che leggi queste righe. Tu poni mano a far cessar la strage. Ipocrita lettore, mio simile, mio frate. Ascoltala tu la voce dei morti e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage. * BALLATA PER UNA REGINA Ci sono cose che non sai come dirle e allora le scrivi a righe interrotte. Dilaniata dai randagi la salma e' stata scoperta giorni addietro di una giovane donna nigeriana resa schiava in Italia e venduta come carne e cavita' sulla strada tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe etrusche, le romaniche chiese, le ubertose campagne che vanno alla maremma. Leggo sui giornali gli impietosi dettagli di cronaca nera, gli empi segni di sempre da quando Caino al campo invito' suo fratello. Leggo sui giornali, i giornali locali (non e' notizia da cronaca italiana una persona annientata e abbandonata ai cani: e' invece fatto che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti di petrolio pagine quotidiane). E dunque leggo sui giornali locali: dicono che si chiamasse Regina, venisse dalla Nigeria, presa e recata schiava in italia, dicono chi l'abbia uccisa non sapersi. E invece io so chi l'ha uccisa: anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa immota e deturpata. Io so chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti. E non solo l'eventuale fruitore di servigi che in un raptus puo' averle torto il collo a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi e non solo il racket che fornisce carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi che usciti di scuola o dall'ufficio sulle loro carcasse di ferro perlustrano i fiumi d'asfalto alla caccia di prede e non solo lo stato italiano che vede tanto orrore per le sue strade e non agisce per salvare le vite concrete di esseri umani, non agisce per far valere quella legge che vieta nel nostro paese la schiavitu' e non solo. Io stesso mi sento le mani sporche di sangue, io stesso che so che a questo orrore resistere occorre e che da anni non so fare altro che spiegare come applicare quell'articolo della legge 40 combinato con quell'altro articolo del codice penale e come e qualmente le istituzioni potrebbero salvare la vita di tante Regine assassinate. E nulla di piu' ho saputo fare. E queste parole che ho aggiunto avrei voluto tacerle. * ALCUNI ALTRI OMISSIS DA UN RAPPORTO La notte era assai buia l'auto aveva quattro ruote i nostri ragazzi sono impetuosi gli italiani e' difficile distinguerli dagli arabi, dai terroristi, dai cani. La notte era assai buia sparano i mitra, servono a questo ve lo avevamo detto mille volte di starci dietro, dietro e non di fronte di starvene accucciati, come tutti. La notte era assai buia per questo mancammo gli altri due. * ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO E noi siamo i soliti morti i soliti morti invano quelli come sempre poco furbi che non sapevano guardar lontano e quelli come sempre troppo furbi che non sapevano guardar vicino. Adesso siamo qui, presi all'uncino nello sheol infrante estinte spoglie morti per sempre come tutti i morti, e come tutti i morti morti invano. E noi anche avevamo attese e voglie e vite personali e aspetto umano di femmine e di maschi, e come foglie discerpaci ed invola un vento vano. E i sogni alati e le gioie e le doglie tutto disparve qual miraggio arcano quando al lume dei giorni e al buon cammino per sempre ci strappo' il colpo assassino. E voi che questa voce che si spegne avete cuore di ascoltare ancora sappiate che anche le nostre eran degne di essere vissute vite, e l'ora che ce le tolse - ed erano ancor pregne di luce e di belta' che t'innamora - non fu di caso o fato il cupo frutto: furono uomini a rapirci tutto. E tu che ancora senti e ancora vedi a te affidiamo un'ultima parola: ferma la guerra, con le mani e i piedi; ferma la guerra e bruciati la gola a forza di gridarlo; e se non cedi vi e' speme che s'inceppi questa mola e cessi questa storia di orchi e brace e possa venir l'ora della pace. Ma noi siamo solo i soliti morti i soliti morti invano quelli come sempre poco furbi che non sapevano guardar lontano e quelli come sempre troppo furbi che non sapevano guardar vicino. Adesso siamo qui, presi all'uncino nello sheol infrante estinte spoglie morti per sempre come tutti i morti, e come tutti i morti morti invano. 5 BENITO D'IPPOLITO: INCIDENTE A KABUL Uccidono, le armi. E le persone muoiono. Quanti dovranno ancora morire prima di capire, prima di capire. 6. RICCIARDO ALOISI: IO SONO QUELLO Io sono quello che raccoglie la gente morta ammazzata in mezzo alla strada. Certo fuggi' da quegli squarci l'anima e tutto il resto e' come fosse nulla. Io sono quello che chiude gli occhi ai morti perche' non vedano per sempre questo orrore. L'urlo dell'orco spensa la fiamma tenebre vennero di eterna solitudine. Povera gente che si tuffa a pesce nella saracinesca della morte. Per ogni buco inchiodato nella carne un altro tallero ingurgita lo scrigno. E io sono quello che lava del sangue le strade dell'alba, le strade dei sogni. Mi turo il naso, mi tappo le orecchie vedo passare l'orchestra dei diavoli. Poi viene il giorno che non ce la fai piu' non reggi piu' che si ammazzi la gente piu' non sopporti chi lavora per la morte e ti disgusta questo mondo rovesciato. Io sono quello che vota si' al disarmo. 7. TU La mano assassina fermala tu. Solo il disarmo salva la vita. 8. OSVALDO CAFFIANCHI: PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA Nei siti della stampa brasiliana le ultime condanne a morte leggo. Ai miei studenti sempre dico: e' questo il limite della democrazia che anche scelte scellerate possono essere assunte, e allora e' saggia cosa che prima di votare tutti sappiano quello che e' in gioco: e in gioco qui e' la vita di innumeri concreti cristi e criste. Ai miei studenti sempre dico: tu tu non uccidere, salva le vite. Ai miei studenti sempre solo dico: pensa a fermare la mano assassina e tutto il resto verra' poi in dono. Io sono grato a voi, amiche e amici che dal Brasile avete questa lotta condotto per salvare vite umane e umana dignita', per tutto il mondo. E vi chiedo perdono per non essere riuscito a dare anch'io una mano ancora. Ci fossimo a voi stretti tutte e tutti altro sarebbe stato il risultato e il mondo oggi sarebbe piu' abitabile l'umanita' sarebbe piu' felice. Ma anche questo so, che a contrastare la morte severina ancora e ancora continueremo insieme, che la lotta per il disarmo, per la nonviolenza per l'internazionale umanita' di eguali e libere persone ancora continua. E che la verita' e' in marcia. Ed e' coi nostri piedi che cammina. Solo il disarmo ferma le uccisioni solo la nonviolenza salva tutti. 9. "FORUM COMUNITARIO DI LOTTA ALLA VIOLENZA" DI BAHIA: MI HANNO AMMAZZATO E NON POTRO' VOTARE [Da "La domenica della nonviolenza" n. 40 del 25 settembre 2005 riprendiamo ancora il seguente testo preceduto dalla nota introduttiva: "Ringraziamo Maria Eunice Kalil (per contatti: mabice at terra.com.br) per averci inviato questo appello per il si' al referendum del 23 ottobre per la proibizione del commercio delle armi diffuso dal 'Forum comunitario di lotta alla violenza' di Bahia. Maria Eunice Kalil e' responsabile del 'Forum comunitario di lotta alla violenza' di Bahia, Brasile (per contatti: fccv at ufba.br). La traduzione italiana, non del tutto letterale, e' di Benito D'Ippolito"] Mi hanno ammazzato. E non potro' votare per il disarmo che salva la gente. Rubato mi hanno i miei anni e la vita. Mi hanno ammazzato a quindici, a vent'anni ho perso il conto di quante pallottole hanno ficcato a forza dentro me. Pallottole vaganti, casuali, sparate tra le risa, a passatempo, le carni mi trafissero ugualmente quelle per caso e quelle d'improvviso nell'attimo rabbioso, o con la mente gelida. Un lampo, e tu non sei piu' niente. Per futili motivi mi ammazzarono per un sorpasso e per una frenata per uno sguardo, un capogiro, un bacio. Mi hanno ammazzato perche' c'era un'arma. E non potro' votare piu'. Sarete voi a votare anche per me, votando quel si' che altre salvera' persone. Quel si' che e' il modo di fare felice ed onorare me, e molti, e tutta l'umanita'. Il disarmo dona vita. Il 23 ottobre vota si'. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 216 del 17 maggio 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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