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Minime. 811
- Subject: Minime. 811
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 5 May 2009 00:48:53 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 811 del 5 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: La dichiarazione di Vienna 2. Contro il razzismo 3. Contro la guerra 4. Contro il riarmo 5. Coccodrilli di lacrima 6. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 7. Roberta Del Principe: Delara 8. Roberta Del Principe intervista Riccardo Noury 9. Dino Messina intervista Carlo Ginzburg sul padre Leone 10. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 11. Antonio Caronia ricorda James Graham Ballard 12. Enrico Ghezzi ricorda James Graham Ballard 13. Loredana Lipperini ricorda James Graham Ballard 14. Benedetto Vecchi ricorda James Graham Ballard 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: LA DICHIARAZIONE DI VIENNA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] Si sono incontrate a Vienna, dal 28 novembre al primo dicembre 2008. Sopravvissute ad attacchi terroristici, familiari delle vittime del 9 settembre e del 7 luglio e degli attentati di Madrid, attiviste per i diritti umani dalla Colombia al Kosovo, dall'Africa all'Asia. Hanno dialogato su come lottare contro il terrorismo, come rigettare gli estremismi violenti, come costruire ponti usando la politica, la religione e il sentimento. Ora hanno un nome, "Save - Sisters Against Violent Extremism", e una piattaforma scaturita dall'incontro. * Per una cultura di pace in un clima di paura La dichiarazione di Vienna contro l'estremismo violento Ogni partecipante dichiara: Io, come donna, usero' le reti locali e globali di donne per por fine alle uccisioni. Io ispirero' nuove risposte per prevenire il terrore, la violenza e la discriminazione. Creero' consapevolezza, affinche' non si stigmatizzino le famiglie degli estremisti e dei terroristi. Sosterro' le giovani generazioni, nella loro ricerca di una vita migliore, con alternative nonviolente. Usero' tutti i tipi di media per diffondere il messaggio della nonviolenza. Insistero' sulle risoluzioni pacifiche per prevenire l'escalation dei conflitti e la violenza. Promuovero' un dialogo globale per un futuro senza paura. Alzero' la mia voce contro tutti gli stati e tutte le politiche che causano sofferenza. Riconosco l'urgenza di creare spazi come "Save" per la coesistenza pacifica. Ricordero' sempre coloro che sono stati feriti dall'estremismo violento. 2. I COMPITI DELL'ORA. CONTRO IL RAZZISMO E' necessario e urgente intensificare l'opposizione alle norme razziste contenute nel disegno di legge sulla sicurezza in discussione alla Camera dei Deputati. E' necessario e urgente impedire che si istituzionalizzi in Italia il regime dell'apartheid. Vi e' una sola umanita'. 3. I COMPITI DELL'ORA. CONTRO LA GUERRA E' necessario e urgente riprendere in Italia un impegno persuaso e corale contro la guerra. Quella afgana e' una guerra terrorista e razzista. La partecipazione italiana ad essa viola il diritto internazionale e la legalita' costituzionale. E' necessario e urgente contrastare quella guerra, e tutte le guerre. Vi e' una sola umanita'. 4. I COMPITI DELL'ORA. CONTRO IL RIARMO E' necessario e urgente opporsi al riarmo, ed opporsi alla trasformazione dell'Italia in piattaforma di guerra: e' necessario opporsi al criminale sperpero di 13 miliardi di euro dei cittadini tutti per acquistare 131 arei cacciabombardieri F-35; e' necessario sostenere la campagna per smilitarizzare la base di Sigonella; e' necessario sostenere i cittadini di Vicenza nell'opposizione alla nuova base militare americana "Dal Molin". Ed e' necessario e urgente tornare a impegnarsi per il disarmo e la smilitarizzazione, in ogni luogo, in ogni ambito. Vi e' una sola umanita'. 5. LE ULTIME COSE: COCCODRILLI DI LACRIMA Prendete una guerra, poniamo quella afgana. Dite per anni che non e' una guerra, e chi lo afferma mente per la gola. Frattanto stragi e stragi. Poi viene il giorno che vi commuovete al pensiero di una bambina di quella bambina che voi avete ucciso. Lacrime immense uova trasparenti scoppiavano infine famelici ne uscivano i coccodrilli. Il vostro riso e il vostro pianto uguali ogni vostra parola uno di noi muore. 6. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 7. NON UCCIDERE. ROBERTA DEL PRINCIPE: DELARA [Dal quotidiano "Il Riformista" del 3 maggio 2009 col titolo "La pittrice Delara tradita dal ragazzo uccisa dall'Iran" e il sommario "La ventiduenne e' stata giustiziata venerdi'. Confesso' un omicidio per salvare l'amato. Prima dell'esecuzione i carcerieri le hanno concesso una telefonata al padre e alla madre. Ma nessuno ha potuto aiutarla. Delara Darabi, condannata a morte per un omicidio commesso a 17 anni"] Primo maggio. Prigione centrale di Rasht, Iran settentrionale. E' ancora notte, fa caldo e l'aria e' molto umida. Delara Darabi, ventidue anni, viene svegliata bruscamente dai suoi carcerieri che la trascinano nel cortile del carcere. Alla vista del patibolo e del boia realizza, sono gli ultimi momenti della sua vita. Solo qualche ora prima Delara nella sua cella aveva incontrato sua madre e si erano salutate senza sapere che non si sarebbero piu' riviste. Le concedono un'ultima telefonata. "Mi impiccano fra pochi secondi... aiutatemi", dice angosciata ai suoi genitori. Comincia ad albeggiare, le viene posto un cappio intorno al collo dal figlio della donna per la cui uccisione e' stata condannata. Il suo corpo esile, era arrivata a pesare 35 chili, e' sollevato e abbandonato nel vuoto. La giovane pittrice iraniana e' assassinata per impiccagione. Piove tutto l'anno a Rasht sul litorale del Mar Caspio e gli abitanti di Teheran li' trascorrono i loro fine-settimana in cerca di un clima piu' fresco. Nella prigione di questa localita', il primo week-end di maggio ha portato la morte, un'altra tacca di sangue sulla spada della giustizia iraniana. La Darabi sei anni fa, all'eta' di 17 anni, si introdusse insieme al suo fidanzato Amir Hossain in casa di una cugina di suo padre, una donna di 58 anni chiamata Hamin. Volevano derubarla, ma la donna fini' pugnalata a morte. Delara si dichiaro' colpevole e fu proprio suo padre, che ora e' ricoverato in ospedale in stato di shock, a consegnarla alla polizia. Entrambi i ragazzi finirono in prigione puniti con tre anni di carcere, 50 frustate per tentata rapina e 20 per la loro "relazione illecita". "E' stato solo per proteggere Amir. Fu lui ad ucciderla, sono innocente", dichiaro' la pittrice iraniana poco tempo dopo. Il fidanzato aveva convinto Delara ad assumersi la colpa dell'omicidio, assicurandole che siccome era minorenne sarebbe stata rilasciata dopo qualche anno, mentre lui avrebbe rischiato il patibolo. Delara accetto' addossandosi tutta la colpa, Amir Hossain dopo aver scontato tre anni di carcere fu rilasciato. Nel 2005 la condanna a morte per omicidio, confermata due anni dopo dalla Corte Suprema e due giorni fa l'esecuzione, nonostante che il 19 aprile scorso fosse stata accordata all'imputata una sospensione di due mesi della pena. Il rinvio per dare modo alla famiglia di riflettere sulla richiesta di perdono avanzata dai genitori di Delara. Si chiama "il prezzo del sangue", e' il risarcimento che puo' essere chiesto a un assassino condannato alla pena capitale da chi ha subito il reato. La barbarie della pena di morte si somma alla barbarie della faida. L'intero sistema iraniano e' simile piu' all'antica tradizione medievale europea, che non a quella di un normale stato di diritto, in cui le norme sono applicate in base a un principio d'in teresse generale e non in base alla soddisfazione della propria voglia di vendetta personale. Delara aveva accettato le condizioni poste dalla famiglia della vittima per concedere il perdono che le avrebbe salvato la vita, ma non e' servito. L'avvocato della ragazza, Abdolsamad Khoramshahi, non riesce a darsi pace per non essere riuscito a convincere l'accusa. La sua linea difensiva puntava a dimostrare che Delara fosse stata una semplice testimone dell'omicidio, provando che la sua assistita quella notte fu drogata dal fidanzato e che la signora Hamin, secondo quanto emerso dall'autopsia, fu pugnalata da un destrorso, mentre Delara Darabi e' mancina. I giudici non hanno tenuto conto delle prove condannando Delara, come troppo spesso avviene in Iran, sulla base della propria intuizione. Quella ragazza cosi' bella, dagli occhi neri e con un piccolo neo sulla guancia, l'avevamo conosciuta grazie a una foto che aveva fatto il giro del mondo. Delara in quell'immagine era assorta, sguardo pensieroso, la mano sotto il mento, un anello alle dita e quell'hijab di color turchese portato con grande eleganza. Delara amava i colori, dipingeva. "Sono prigioniera dei colori", disse un giorno. "Sin dall'eta' di quattro anni i colori sono stati la mia vita... poi li ho persi a 17 anni. Da allora l'unica immagine che ho davanti agli occhi e' quella del muro della mia cella. Ma mi sono difesa con i colori, le forme e le espressioni. Spero che i colori mi restituiscano alla vita...". Delara non ce l'ha fatta, ma grazie a una sua ex compagna di cella, Lily Mazahery, abbiamo i suoi quadri, i suoi disegni, i suoi scritti. "Questi dipinti sono la prova che anche nelle situazioni piu' buie della vita umana, vi e' comunque una via d'uscita. Dopo tutto... le speranze e i sogni non si possono imprigionare". 8. NON UCCIDERE. ROBERTA DEL PRINCIPE INTERVISTA RICCARDO NOURY [Dal quotidiano "Il Riformista" del 3 maggio 2009 col titolo "I lati oscuri d'una strana esecuzione"] Amnesty International ha seguito la vicenda di Delara Darabi sin dal 2006. Riccardo Noury, portavoce della Sezione Italiana dell'organizzazione umanitaria ne ha parlato con "Il Riformista". * - Roberta Del Principe: Siete stati i primi a comunicare la notizia della barbara uccisione di Delara sul vostro sito internet? - Riccardo Noury: Si'. Siamo stati contattati dal suo avvocato. Ci occupiamo della vicenda da tanto e siamo il suo punto di riferimento. * - Roberta Del Principe: Cosa ha provato nell'apprendere la notizia? - Riccardo Noury: Un terribile dolore. E' un brutto segnale, non l'ha salvata neanche la notorieta'. Delara era diventata il simbolo della lotta contro la pena capitale. In questa vicenda c'e' pero' tanto che non mi convince. L'esecuzione e' avvenuta in un giorno di festa sacro per i musulmani. Non e' stato avvisato il suo legale che per legge avrebbe dovuto essere informato 48 ore prima dell'esecuzione per permettergli di preparare l'ultima difesa ed e' stata violata un'ordinanza del capo dell'autorita' giudiziaria. Collegando tutto questo alle imminenti elezioni presidenziali iraniane, credo di poter dire che Delara sia stata la vittima sacrificale di uno scontro di potere tra un tribunale di provincia e l'autorita' centrale del Paese. * - Roberta Del Principe: In Iran la situazione si fa sempre piu' drammatica. - Riccardo Noury: Per quanto riguarda la pena di morte la situazione in Iran e' terribile. 140 esecuzioni dall'inizio dell'anno, di cui due nei confronti di minorenni al momento del reato e ci risulta ce ne siano altri 150 in attesa di esecuzione. Questo contro la Convenzione Onu per i diritti dell'infanzia, firmata anche dall'Iran, che vieta la pena di morte per i minorenni. Nei bracci della morte ci sono poi tantissimi condannati, tra i quali prigionieri politici, detenuti per reati d'opinione, omosessuali, adultere ed adulteri. * - Roberta Del Principe: E ora? - Riccardo Noury: Bisogna continuare a lottare con ancora piu' ostinazione. In Iran di fronte a tanta barbarie c'e' una societa' civile molto coraggiosa e organizzata che non si ferma dinanzi al pericolo. La moratoria sulle lapidazioni delle adultere per esempio non sarebbe stata possibile senza il grande lavoro degli attivisti iraniani per i diritti umani. 9. MEMORIA. DINO MESSINA INTERVISTA CARLO GINZBURG SUL PADRE LEONE [Dal "Corriere della sera" del primo maggio 2009 col titolo "Ginzburg, mio padre. Filologo della liberta'" e il sommario "Gli studi di storia e letteratura, l'antifascismo, le condanne. Per la prima volta il figlio Carlo racconta Leone, a cento anni dalla nascita. Sognava un continente diverso. Prima di morire, ucciso dalle SS, confido': non odio i tedeschi. Le leggi razziali gli apparvero una ferita all'eredita' risorgimentale cui si sentiva fortemente legato"] "Mi terro' lontano dall'ambito del privato". Con questa precisa indicazione comincia la prima intervista che Carlo Ginzburg, uno dei maggiori storici italiani, il piu' noto in campo internazionale, abbia mai dedicato a suo padre Leone. Figura cruciale dell'antifascismo e della cultura italiana fra le due guerre, uno di quei personaggi che hanno avuto una vita breve e intensa, come Piero Gobetti (che non conobbe) e Giaime Pintor, che invece incontro' nei primi anni Quaranta, Leone Ginzburg nacque a Odessa il 4 aprile 1909 e mori' il 5 febbraio 1944 nell'infermeria del carcere romano di Regina Coeli, in seguito alle percosse subite durante gli interrogatori da parte dei nazisti. Trasferitosi a Torino con la famiglia, supero' gli esami di ammissione al liceo "Massimo D'Azeglio" e continuo' il brillante percorso di studi con ragazzi che si chiamavano Norberto Bobbio, compagno di classe e coetaneo, Cesare Pavese, di un anno piu' grande, che lo avrebbe considerato come il suo migliore amico, Massimo Mila, Giorgio Agosti, Vittorio Foa, Carlo Dionisotti, Giulio Einaudi, col quale avrebbe dato un impulso decisivo alla costruzione della casa editrice. Un gruppo in cui svolgeva una funzione di maestro e guida spirituale Augusto Monti. "Monti - dice Carlo Ginzburg - commentava il Breviario di estetica di Benedetto Croce, che per quei ragazzi fu la via verso l'antifascismo". Come ha notato Norberto Bobbio nella introduzione agli Scritti di Leone Ginzburg editi nel 1964 (poi ristampati nel 2000 con un'importante prefazione di Luisa Mangoni), "l'adesione a Croce ci faceva sentire estranei alle convenzioni". La precocita' intellettuale, politica e persino morale di Leone e' sottolineata in questo saggio di Bobbio: "La sua sicurezza era frutto non soltanto di una cultura piu' ampia e piu' solida, ma anche di una consapevolezza del proprio compito". In giovanissima eta' tradusse Taras Bul'ba di Nikolaj Gogol, Anna Karenina di Lev Tolstoj e comincio' a pubblicare saggi sulla letteratura russa. Si laureo' con una tesi su Guy de Maupassant e incontro' Carlo Rosselli esule a Parigi. Ma prima del 1931, anno in cui ottenne la cittadinanza italiana, non volle impegnarsi nella cospirazione antifascista. "Fu Vittorio Foa - ricorda Carlo - a segnalarmi l'importanza di questo punto. Leone Ginzburg non era venuto in Italia per caso. Il suo padre naturale era un ebreo italiano, e da bambino aveva vissuto alcuni anni a Viareggio. Ma la decisione di diventare italiano fu fondamentale nella costruzione della sua personalita' intellettuale e politica. Aveva un legame fortissimo con la tradizione risorgimentale, come Vittorio Foa, che ne parla ripetutamente nelle lettere dal carcere. Quando era a Pizzoli, il paese vicino all'Aquila dove era stato internato dopo lo scoppio della guerra, lavorava a una raccolta di scritti sul Risorgimento, di cui e' rimasto il saggio incompiuto La tradizione del Risorgimento. Immagino che anche mio padre, come Vittorio Foa, abbia reagito all'ignominia delle leggi razziali come a una cesura rispetto alla tradizione risorgimentale". L'attenzione al Risorgimento andava di pari passo con gli studi sulla letteratura italiana dell'Ottocento: curo' l'edizione dei Canti di Leopardi per la collana Scrittori d'Italia di Laterza fondata da Croce. Nel periodo di internamento passato a Pizzoli stava raccogliendo materiale per un libro su Manzoni, che e' andato perduto quando, dopo il 25 luglio 1943, lascio' Pizzoli per andare a Roma, dove durante l'occupazione tedesca diresse l'edizione clandestina dell'"Italia Libera", giornale del Partito d'Azione. Gli studi sull'Ottocento italiano s'intrecciavano con quelli sull'Ottocento russo: cosi' nacquero l'accostamento tra Puskin e Manzoni e il saggio Garibaldi e Herzen. La scelta di essere italiano venne rinnovata quando, dopo le leggi razziali, gli arrivo' dagli Stati Uniti, credo attraverso Max Ascoli e la fondazione Rockefeller, l'offerta di espatriare. Lui rifiuto', disse che il suo posto era qui". Di quel periodo a Pizzoli Carlo Ginzburg conserva una foto, appesa di fianco a una delle librerie della grande casa bolognese, che lo ritrae bambino di due anni, con una matita in mano, in braccio al padre. Sul retro c'e' un messaggio di Leone al filologo Santorre Debenedetti, che in quel periodo (come risulta dalle Lettere dal confino curate da Luisa Mangoni) era il direttore occulto, per via dei divieti razziali, della raccolta di classici Einaudi. A Pizzoli Leone era stato raggiunto dalla moglie Natalia, la scrittrice da cui ebbe tre figli. "Leone, la sua passione vera era la politica - scrive Natalia in Lessico famigliare -. Tuttavia aveva, oltre a questa vocazione essenziale, altre appassionate vocazioni, la poesia, la filologia e la storia". Quale di queste vocazioni era la piu' forte? "Il letterato e lo storico erano molto intrecciati. Resta il problema di capire se la vocazione politica fosse imposta dalle circostanze, dall'esigenza morale di contrapporsi al fascismo, o se fosse qualcosa di originario. Per rispondere a questa domanda di nuovo mi viene in mente Vittorio Foa e quel che mi disse una volta parlandomi di Piero Gobetti. 'A differenza di Gobetti tuo padre era un filologo', mi disse. Questa vocazione alla filologia non emerse subito, ma negli anni, anche grazie al decisivo incontro con Santorre Debenedetti, che dopo Croce, con cui mio padre ebbe un rapporto intenso e diretto, divenne il suo secondo maestro. Forse 'il maestro'. La vocazione di filologo in qualche modo definisce un atteggiamento che si puo' trovare sia negli studi sulla letteratura sia in quelli di storia, e forse, paradossalmente, anche nell'azione politica. Mi spiego: qui non penso alla filologia in senso tecnico ma alla filologia in senso ampio di cui parla Giambattista Vico (qui tra i libri di mio padre conservo una copia dell'edizione 1744 della Scienza nuova): un abito mentale che consente di ascoltare e interpretare la voce degli altri, del passato ma anche dei contemporanei, senza prevaricare. Mi e' parso di ritrovare questo atteggiamento anche nello scritto politico del 1932, Viatico ai nuovi fascisti, di cui parlo' Carlo Dionisotti (lo ricorda Giorgio Panizza nell'introduzione agli Scritti sul fascismo e sulla Resistenza di Dionisotti). A proposito delle iscrizioni forzate al Partito nazionale fascista dei dipendenti pubblici mio padre scriveva: 'Le settecentomila persone, che sentono come un marchio quest'iscrizione forzata (al Partito nazionale fascista, ndr) hanno modo di non dare al fascismo che il guadagno del prezzo annuale della tessera. Dinanzi alla loro vendetta, Mussolini si avvedra' di quel che significhi ridurre la gente per bene alla vergogna e alla disperazione'. Era un discorso duro e generoso: io non faccio le vostre scelte ma non le condanno moralisticamente; esse pero' non devono diventare un alibi per una vita di compromessi". Nel 1934 Leone Ginzburg avrebbe lasciato il posto di libero docente di letteratura russa rifiutando di prestare giuramento al fascismo. Nel novembre di quell'anno sarebbe stato arrestato, accusato di cospirazione antifascista e condannato a quattro anni (ne sconto' due nel carcere di Civitavecchia). Il rigore filologico e la capacita' di guida intellettuale di Leone Ginzburg si vedono soprattutto nella collaborazione alla neonata Einaudi: "Gli studi di Luisa Mangoni hanno dimostrato inequivocabilmente cio' che lo stesso Giulio Einaudi riconobbe piu' volte: mio padre, uscito di prigione nel 1936, diede un'impronta decisiva alla casa editrice con la creazione di collane come la Biblioteca di cultura storica, i Narratori stranieri tradotti, i Saggi, la Nuova raccolta di classici italiani annotati. La severita' dell'atteggiamento filologico di mio padre traspare anche nella critica alle straordinarie traduzioni che Giaime Pintor aveva fatto delle poesie di Rainer Maria Rilke". Giaime sarebbe morto il primo dicembre 1943 nel tentativo di attraversare sul Volturno le linee naziste e unirsi alla Resistenza romana. Leone era stato catturato il 20 novembre nella tipografia dell'"Italia Libera". Diede il falso nome di Leonida Gianturco, ma fu riconosciuto, perche' schedato come antifascista, e consegnato ai nazisti. "Sandro Pertini - ricorda Carlo - ha scritto nella sua autobiografia Sei condanne e due evasioni che mio padre, che aveva incontrato sanguinante dopo l'ultimo interrogatorio, gli disse 'che non bisognera', in avvenire, avere odio per i tedeschi'. Perche' questa frase? Io mi sono dato due spiegazioni. La prima rinvia alle sue convinzioni politiche: nella costruzione di una federazione europea la Germania avrebbe naturalmente avuto un posto importante. La seconda rinvia a un imperativo di genere diverso: la necessita' di distinguere tra tedeschi e nazisti. Anche in quel momento, penso, imponeva a se stesso il distacco critico di cui parla nell'ultima lettera scritta a mia madre, poi raccolta nel volume Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana. Dal carcere scriveva: 'Una delle cose che piu' mi addolora e' la facilita' con cui le persone intorno a me (e qualche volta io stesso) perdono il gusto dei problemi generali dinanzi al pericolo personale'". 10. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 11. LUTTI. ANTONIO CARONIA RICORDA JAMES GRAHAM BALLARD [Dal quotidiano "L'Unita'" del 21 aprile 2009 col titolo "Muore James G. Ballard. Con lui finisce il XX secolo "] James G. Ballard e' stato uno degli scrittori piu' lucidi e affilati nel Novecento, ne ha scavato le tendenze e le pieghe piu' segrete. Il suo sguardo ha svelato per noi cio' che avevamo sotto gli occhi e che non sapevamo vedere, cio' che conoscevamo e non sapevamo dire, cio' che ci affascinava e ci respingeva - e non sapevamo perche'. Adesso che anche lui e' morto, dopo William S. Burroughs, dopo Kurt Vonnegut, dopo Philip K. Dick, possiamo ben dire che il XX secolo e' morto, quel secolo dominato dal "matrimonio fra ragione e incubo", secondo la pacata e terribile definizione che ne diede nel 1974, nella prefazione all'edizione francese di Crash. * Icone neuroniche Ballard e' stato uno di quegli scrittori nei quali i temi dominanti si intrecciano in maniera inestricabile: leggi di tecnologia, e ti accorgi che parla dei mezzi di comunicazione; descrive un paesaggio, ma e' un frammento di pelle ingrandito ed esplorato minuziosamente; parla di elicotteri, di vecchi bunker in disuso e di cavalcavia, e sono paesaggi della mente. "Icone neuroniche sulle autostrade spinali". Non e' tanto il fatto che niente sia come sembri - tutti i grandi scrittori sanno bene come far emergere da una scena apparentemente semplice significati nascosti. No, e' proprio che l'interno e l'esterno in lui si rovesciano come un guanto, e lo fanno con una naturalezza sconcertante e a volte - per molti lettori - irritante. Certo, l'ispirazione e' molto vicina a quella di Burroughs, ma la scrittura e' completamente diversa, opposta. "In fondo sono solo un narratore tradizionale con un'immaginazione fervida", ha scritto in I miracoli della vita, dimenticandosi di avere scritto uno dei testi di narrativa sperimentale piu' intricati nel Novecento, La mostra delle atrocita'. Pero' dobbiamo riconoscere che aveva ragione. Dal punto di vista stilistico, La mostra e' un'eccezione nell'insieme della sua opera. Anche il romanzo che tematicamente e' piu' vicino a quel testo, Crash, ha una scrittura eccezionalmente piana e distesa, come gli altri suoi romanzi. Nulla del barocchismo di Burroughs o del concitato stile di Dick. Lo scrittore a cui assomigliava di piu', in fondo, rimane Vonnegut, per la tagliente ironia e quel paradossale understatement con cui sono esposti i paradossi piu' ostici e le verita' piu' sgradevoli. Nato a Shanghai nel 1930, il giovane Jim Ballard trascorse in quella citta' un'infanzia e un'adolescenza agiate, inglese di lingua e britannico di cultura, ma in una versione coloniale. Il suo immaginario si nutri' di quella metropoli cinese, citta' mediatica ante litteram, che, scrive in I miracoli della vita, "mi faceva l'impressione di un posto magico, di una fantasia che si generava da sola e che la mia piccola mente non riusciva mai ad afferrare". Dopo l'invasione giapponese del 1941, quel mondo crudele ma fatato svani' e venne sostituito dal campo di concentramento giapponese di Lunghua, dove Jim rimase sino all'agosto 1945. Quegli anni completarono l'apprendistato del giovane Ballard, insegnandogli la prossimita' della vita e della morte ma al tempo stesso, paradossalmente, dandogli una liberta' che la vita in famiglia a Shanghai non gli avrebbe mai dato. Quando Ballard arriva in Inghilterra nel 1946, il paese gli appare straniero: conosce la lingua, e gli elementi base della cultura, ma combinati in in modo che non conosce, applicati a un contesto completamente diverso. Questo straniamento e' la radice del suo sguardo cosi' diverso, cosi' acuto, cosi' penetrante, sulla societa' e la psiche dell'uomo occidentale. James Ballard non puo' essere ne' un medico ne' un pilota ne' un pubblicitario, anche se studia medicina per due anni, per un anno lavora nella Raf in Canada e per un altro anno nella pubblicita'. Puo' essere soltanto uno scrittore. Si sposa nel 1955, lavora per un po' come redattore di una rivista scientifica poi, sostenuto dalla moglie Mary e totalmente avversato dai genitori, decide di intraprendere la carriera di scrittore a tempo pieno. Dopo i primi racconti pubblicati in Inghilterra, il primo libro che lo fa conoscere davvero e' il romanzo Il mondo sommerso, del 1962. Negli anni Cinquanta e Sessanta Ballard scrive una fantascienza personalissima e misconosciuta, la fantascienza dello "spazio interiore", in cui la tecnologia si incide letteralmente nel sistema nervoso degli esseri umani e la malattia diventa una condizione fatata e sospesa che cristallizza il tempo. * Surrealisti e tecnologia Poi Ballard incontra i quadri e le poesie dei surrealisti e la nascente pop art inglese. Con La mostra delle atrocita' (1969) gli elementi dell'immaginario ballardiano sono finalmente riuniti: tecnologia, disturbo mentale e media si intersecano per produrre il piu' fantastico ritratto degli anni Sessanta. La guerra e' finita, e l'uomo puo' dedicarsi a coltivare i propri piaceri piu' perversi. Con L'impero del sole (1984), che ricostruisce in modo romanzesco l'esperienza di Lunghua, arriva il vero successo commerciale. La fantascienza e' esaurita, e negli ultimi anni, con Cocaine Nights e Super-Cannes, le perversioni della psiche occidentale sono indagate con la lente di personalissime crime stories. E in ultimo, per nostra fortuna, Ballard fa in tempo a pubblicare, un anno prima di morire, la sua autobiografia. In cui chi lo ha amato e quelli che si avvicinano per la prima volta a lui possono ricostruire la genesi del suo immaginario e del suo straordinario sguardo sull'uomo. 12. LUTTI. ENRICO GHEZZI RICORDA JAMES GRAHAM BALLARD [Dal quotidiano "La Repubblica" del 20 aprile 2009 riprendiamo le seguenti dichiarazioni riportate col titolo "Quel profeta della societa' dello spettacolo"] Un de Sade aggiornato con la tecnologia, ma anche un uomo, il primo dopo Guy Debord, in grado di riflettere con lucidita' e profezia sulla societa' dello spettacolo. Questo era J. G. Ballard, secondo Enrico Ghezzi. "Rispetto a Dick - spiega il critico - Ballard era un profeta che si riferiva molto di piu' a se stesso, alla sua autobiografia. Penso a L'impero del sole, divenuto film di Spielberg, dove riesce a fare epica con la sua storia di guerra vissuta da bambino come un fantasy". Se Crash, portato al cinema da David Cronenberg, e' diventato un "capolavoro ancora piu' raggelato del testo letterario", c'e' un romanzo di Ballard non diventato pellicola che secondo Ghezzi e' gia' grande cinema in se'. E' The Atrocity Exhibition, "un grande kolossal che e' gia' messinscena in se' e per se', la registrazione della morbosita' nel quotidiano hollywoodiano". "Per queste ragioni", continua Ghezzi, "tra Ballard e Dick non so scegliere. Scelgo Ballardick". 13. LUTTI. LOREDANA LIPPERINI RICORDA JAMES GRAHAM BALLARD [Dal quotidiano "La Repubblica" del 20 aprile 2009 col titolo "La morte di Ballard. Addio al maestro di Crash"] Settembre 2005. James Graham Ballard accetta di essere intervistato da Evelyn Finger per "Die Zeit". Gli viene chiesto, naturalmente, un parallelo tra le apocalissi naturali (nel caso, l'uragano Katrina) e le catastrofi che aveva raccontato nei suoi libri. A cominciare dalla primissima, quel Vento dal nulla, pubblicato nel 1961, dove il vento nasce inspiegabilmente, cresce, si alimenta in ogni parte del mondo e distrugge tutto quel che trova sul suo cammino. Ballard risponde: "Tutti i miei libri affrontano lo stesso problema: la civilta' umana e' come la crosta di lava di un vulcano. Sembra solida, ma se la calpesti, trovi il fuoco". E' la definizione migliore, naturalmente, che libera l'opera di Ballard dall'annoso e noioso problema dello scaffale, che probabilmente si riproporra' con maggior forza ora, dopo la morte dello scrittore, avvenuta ieri a settantotto anni, al termine di una lunga malattia annunciata nella sua autobiografia, I miracoli della vita. Cos'era dunque Ballard? Era, certo, l'autore di fantascienza che gia' nel secondo libro, Il mondo sommerso, affiancava la narrazione di una distruzione esterna (questa volta per lo scioglimento delle calotte polari) all'indagine dentro l'animo umano. Era il 1962: l'anno in cui usci', sulla rivista "New Worlds", il suo articolo "Which Way to Inner Space", che avrebbe aperto il varco al cyberpunk. Basta con lo spazio esterno, non piu' gloriose astronavi che sfrecciano nelle galassie, ma la discesa nella psiche degli uomini, e nel modo in cui la medesima interagisce con i mass media. Innesto che si sarebbe rivelato con forza nello straordinario La mostra delle atrocita', o in Condominio, che esplora la regressione alla barbarie nel microcosmo di un grattacielo. E poi, certo, in Crash, forse la sua opera piu' famosa, di sicuro quello che Ballard considerava la piu' importante. Eppure, Ballard non era soltanto un autore di fantascienza. Intervistato da Valerio Evangelisti per "XL", parlava di quell'esperienza al passato: "Molti anni fa scrivevo fantascienza. Ma non ho scritto fantascienza per trent'anni o forse piu'. Non mi vedo piu' come uno scrittore di fantascienza". Del resto, aggiungeva, la fantascienza non aveva piu' senso: "E' morta il giorno in cui Armstrong ha messo piede sulla Luna, nel 1969. Penso che allora si sia messa la parola fine. Da allora molti dei sogni della fantascienza si sono avverati. I trapianti, la manipolazione genetica... Vuoi che tua figlia somigli alla Lollobrigida? Oggi e' possibile". Infatti, Ballard ha esplorato anche il proprio inner space, con romanzi autobiografici come L'impero del sole, divenuto film di Spielberg (su sceneggiatura di Tom Stoppard), dove raccontava la sua prigionia in un campo giapponese, durante la seconda guerra mondiale. Era, anche, l'osservatore del contemporaneo, come in quello che e' il suo ultimo romanzo, Regno a venire, del 2006. Era, leggendo le sue interviste, spietato e disponibile. Di se', raccontava di non amare la musica, di non possedere dischi, di non navigare su Internet e di scrivere a mano. A chi gli chiedeva, come Evelyn Finger, se davvero i mostri sanguinari dei suoi romanzi potessero materializzarsi, rispondeva di si': "Situazioni come quelle prefigurate in Crash o in Condominio sono ormai quasi moneta corrente. Non tanto pero' nella forma di esplicite esplosioni di violenza, come nei miei romanzi, quanto piuttosto di aggressivita' latente. Le persone continuano a svegliarsi al mattino, a salire in macchina e ad andare in ufficio. Le uniche cose eccitanti ormai succedono solo nella testa delle persone. Luogo assai pericoloso". 14. LUTTI. BENEDETTO VECCHI RICORDA JAMES GRAHAM BALLARD [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 aprile 2009 col titolo "Algide mappe di una crisi irreversibile" e il sommario "James Ballard. La morte dello scrittore inglese. Dalla guerra civile molecolare ai riti identitari legati al consumo, fino alla disperata rivolta contro il mondo delle merci. La lucida preveggenza di un autore che ha scelto come protagonisti dei suoi romanzi i conflitti di cui sono pervase le societa' contemporanee"] I romanzi di James Ballard alimentano ricezioni che non ammettono mezze misure. Possono essere molto amati, oppure valutati come opere scadenti, con una scrittura algida e poco curata, dove il "non detto" dei personaggi annichilisce ogni "economia dell'attenzione". Eppure Ballard e' stato un buon artigiano della scrittura, se con questo si intende la capacita' di gettare luce sui lati oscuri della societa' contemporanee. Al di la' delle qualifica di scrittore di fantascienza, Ballard e' stato infatti un accurato cartografo dei conflitti sociali del presente. Non che la qualifica di scrittore di genere gli desse fastidio. Per Ballard significava solo che scrivere era divenuto il suo lavoro, come testimoniano le decine di racconti scritti per riviste di science fiction e pubblicati dagli anni Cinquanta agli anni Settanta e che meritoriamente la casa editrice Fanucci ha pubblicato negli anni scorsi. Una fantascienza tuttavia anomala, dove gli alieni costituivano sempre l'immagine rovesciata allo specchio dei terresti, incarnandone cosi' gli inconfessati incubi. D'altronde, il rapporto con l'altro e' stata sempre una costante di questo inglese nato settantotto anni fa a Shangai. E che emerge con forza nel suo romanzo piu' citato (Crash, Rizzoli 1990, Feltrinelli 2004), che costituisce tuttavia un punto di svolta nella produzione di Ballard, perche' il medium della relazione tra "umani" e' individuato nel feticcio della societa' capitalistica del secondo dopoguerra: l'automobile. Da allora lo scrittore inglese comincia a misurarsi con tutte le parole chiave del pensiero critico. Il feticismo delle merci, ovviamente, terreno su cui Ballard ha frequentemente scorrazzato, fino a quel Regno a venire (Feltrinelli 2006) che mette in scena gli effetti tellurici costituiti dalle citta' cresciute come parassiti a ridosso dei mall, i grandi centri commerciali che finiscono per costituire l'unico spazio pubblico possibile per organizzare la rivolta contro le merci. Ma in Ballard e' forte anche l'attenzione verso la dissoluzione della "forma metropoli" e la fuga verso le comunita' recintate, dove la vita e' pianificata attentamente, alimentando cosi' sofisticate e, al tempo stesso, impalpabili tecnologie del controllo. Da Condominio (Urania 1976, Feltrinelli 2003) a Isola di cemento (Anabasi 1993, Feltrinelli 2007), da Cocaine Nights (Baldini & Castoldi 1997, Feltrinelli 2008) a Super Cannes (Feltrinelli 2000), la metropoli diviene il teatro per una guerra civile molecolare, esito obbligato della crisi irreversibile dell'ordine sociale capitalistico. Ed e' stata questa sua "preveggenza" che lo ha reso l'autore piu' amato dagli scrittori cyberpunk. William Gibson e Bruce Sterling non hanno infatti mai nascosto i loro debiti verso di lui. Un'affinita' elettiva dovuta al fatto che in Ballard non c'e' nessuna apologia delle virtu' salvifiche della tecnologia. Per Ballard, la tecnologia e' semplicemente divenuta parte integrante del vivere in societa'. Non c'e' piu' quindi nessun paradiso naturale perduto da invocare, ma solo la constatazione che la simbiosi tra naturale e artificiale e' parte integrante della natura umana. Cioe' di quella stessa realta' sapientemente descritta dal cyberpunk, come testimoniano, per restare all'Italia, le interviste alla rivista "Decoder" e la raccolta di saggi pubblicata dalla milanese Shake. I romanzi dell'ultimo periodo - Millennium people (Feltrinelli 2004) e Il regno a venire - si concentrano invece sulle trasformazioni sociali e politiche del capitalismo contemporaneo. Ballard prende di mira la favola della fine del conflitto sociale e di classe, sostenendo invece che la tanto mitizzata middle class e' divenuta una classe produttiva, fatto che la spinge alla rivolta, che puo', in pieno movimento no-global, scagliarsi contro il regime del lavoro salariato, ma anche subire una torsione razzista e sciovinista. Il bandolo della matassa da sciogliere, ma che Ballard non prova mai a sbrogliare, e' cosa determina un esito piuttosto che un altro. Non e' quello il compito che ha riservato a se' questo acuto cartografo delle societa' contemporanee. Il suo atteggiamento e' sempre quello dello scanzonato ragazzo che nell'Impero del sole (Rizzoli 1986, Feltrinelli 2006) non riesce a contenere l'entusiasmo e la rabbia per gli aerei giapponesi che bombardano lo stile di vita di cui era prigioniero. Per stilare le mappe del presente occorre infatti curiosita' e sguardo lucido: sentimenti e attitudine che Ballard ha sempre avuto. 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geograf ica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 811 del 5 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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