Minime. 788



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 788 del 12 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
2. Adriano Prosperi: Non fatalita' naturali, ma umane illegalita'
3. Francesco Indovina: Ricostruzione e recupero, non ulteriore devastazione
4. Furio Colombo: Le ronde si chiamano Ku Klux Klan
5. "Non aver paura"
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Bruno Gravagnuolo presenta "La malattia della metafisica" di Eugenio
Colorni
8. Marina Montesano presenta "L'impero perduto" di Paolo Cesaretti
9. Monica Ruocco presenta "Cittadine del Mediterraneo" di Rita El Khayat
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

2. DOPO IL TERREMOTO. ADRIANO PROSPERI: NON FATALITA' NATURALI, MA UMANE
ILLEGALITA'
[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 aprile 2009 col titolo "Da San
Giuliano all'Aquila le vite spezzate degli studenti" e il sommario "Il
legame tra il piccolo comune del Molise e la tragedia abruzzese di questi
giorni e' fatto di giovani storie interrotte. Una sequenza non di fatalita'
naturali ma di ripetute illegalita', di morti, di promesse solenni e rapide
dimenticanze"]

San Giuliano di Puglia ha offerto aiuto e solidarieta' alle popolazioni
abruzzesi colpite dal terremoto. E' una notizia che ci ricorda qualcosa di
importante, in una memoria che prova a tessere da capo i fili della
continuita' dopo lo stordimento della tragedia. Il legame tra il piccolo
comune del Molise e la tragedia abruzzese di questi giorni e' fatto di vite
interrotte di giovani e giovanissimi: vite stroncate non dalla natura ma
dagli uomini, quelli che hanno fatto strame delle leggi o non le hanno fatte
rispettare. Vite cancellate di scolari alla scuola comunale di San Giuliano,
di studenti universitari alla Casa dello studente dell'Aquila: qui sta il
legame speciale tra i due luoghi. Ricordiamolo: il 31 ottobre 2002 un
terremoto provoco' a San Giuliano di Puglia solo un crollo: quello di una
scuola. Vi morirono 27 bambini e un'insegnante. Oggi fra i tanti morti della
notte aquilana ci sono gli studenti della casa di via XX Settembre. La
scuola di San Giuliano era di recente ristrutturazione. Quella dell'Aquila
era un edificio pubblico costruito nel 1965. Nella sua ultima incarnazione
si chiamava Casa dello studente; e' diventata la loro tomba. E' crollata
come un castello di carte, ancora piu' fragile del pur fragilissimo e
recentissimo ospedale.
Il 26 febbraio 2009, appena pochi giorni fa, c'e' stata la sentenza nel
processo di appello per la vicenda di San Giuliano. Costruttori privati e
amministratori pubblici hanno ricevuto condanne dai due ai sette anni. Altre
condanne forse arriveranno in futuro per la Casa dello studente all'Aquila.
Ma deve essere interrotta questa sequenza. Che non e' quella di fatalita'
naturali; e' la sequenza ripetitiva di illegalita' e di morti, di promesse
solenni e di rapide dimenticanze. Quando un fatto si ripete con regolarita'
si dice che e' per effetto di una legge. Una legge oggi sicuramente vigente
e' quella del degrado tendenziale delle cose pubbliche come sottoprodotto
necessario della finanza internazionale come sistema che governa il mondo.
Le dinamiche di quello che Luciano Gallino ha definito un "capitalismo per
procura" nel suo ultimo libro (Con i soldi degli altri. Il capitalismo per
procura contro l'economia, edizioni Einaudi) obbediscono a regole ferree:
fondamentale quella della distruzione dell'economia reale e dell'alzarsi
inesorabile della soglia della poverta' per l'intera popolazione del
pianeta. Questa e' la legge non scritta che oggi opera sotto i nostri occhi:
da qui e' mossa la forza che ha portato la morte nelle scuole di San
Giuliano di Puglia e dell'Aquila.
Facciamolo presente agli uomini e alle donne di una classe politica in cerca
di visibilita' elettorale che in questi giorni ha intasato le vie dei borghi
distrutti, declamando solenni promesse di "mai piu'". Oggi e' altro quello
che ci vuole, altro quello su cui saranno giudicati. Il richiamo del
presidente Napolitano alle responsabilita' che stanno all'origine della
tragedia abruzzese impone al governo e a tutti gli amministratori della cosa
pubblica di andare al di la' dell'emergenza. C'e' stata non imprevidenza, ma
connivenza criminale con le ruberie pubbliche e gli arricchimenti privati
che oggi paghiamo con centinaia di morti, vittime non della natura ma degli
uomini. La natura colpisce ugualmente Giappone e Italia ma uccide solo in
Italia. I poteri pubblici che non proteggono dalla natura sono poteri
colpevoli. Una discussione sul potere e' in corso da tempo qui da noi: oggi
e' tempo di ricordare ancora una volta che l'unico potere di cui abbiamo
bisogno e' quello di chi opera nell'interesse comune, non contro le leggi,
non al di sopra delle leggi, ma per mezzo delle leggi: elaborandole secondo
i modi previsti dalla Costituzione, facendole osservare in un rapporto
costruttivo e non di guerra con gli altri poteri dello Stato. Dopo il crollo
di San Giuliano, nell'emozione del momento si garanti' che si sarebbe
provveduto a ridisegnare le mappe del rischio sismico e che gli edifici
scolastici sarebbero stati messi a norma. E' accaduto tutt'altro. Oggi una
demagogica promessa di un'edilizia "fai da te" e' stata cancellata da una
tragedia collettiva prima che potesse aumentare il rischio esistente. Ma
intanto resta in piedi nell'agenda del prossimo futuro una serie di "grandi
lavori" uno piu' faraonico, devastante e pericoloso dell'altro. Ebbene,
prima di sognare ponti giganteschi su terre ballerine, si cominci a pensare
sul serio a una scuola che oggi vive giorni di tagli e di strettezze, con
edifici fuori norma, dove si vantano riforme che sembrano uscite dal
"Giornalino di Gian Burrasca": grembiulini e cinque in condotta.
In questi giorni di morte e di desolazione dobbiamo avere ben presente che
se la nostra speranza di futuro e' riposta nei giovani e' solo nella
qualita' della scuola che e' riposta la speranza di un futuro migliore del
passato, di figli che facciano qualche passo in piu' dei loro genitori. La
scuola - quella pubblica, di ogni ordine e grado, dalle materne
all'universita' - e' il termometro della vitalita' di un paese. Un paese
dove la morte degli studenti passa senza lasciare traccia e' un paese che
muore.

3. DOPO IL TERREMOTO. FRANCESCO INDOVINA: RICOSTRUZIONE E RECUPERO, NON
ULTERIORE DEVASTAZIONE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 aprile 2009 col titolo "Le priorita'
del territorio"]

Da quando e' scoppiata la crisi economica, nel nostro paese si tenta di
affidare la ripresa al piu' tradizionale degli strumenti: la produzione
edilizia, con gli addentellati della speculazione, della corruzione, del
lavoro nero e della distruzione del territorio (cosa ancor piu' inquietante,
dopo il terremoto abruzzese). Questo e' il senso del cosiddetto "piano casa"
e fa specie che a destra come a sinistra l'esigenza di affrontare la crisi
si declini con gli strumenti piu' banali dello sviluppo precedente (e una
delle cause della crisi). Che non si tratti di illazione e' verificabile dal
testo dell'accordo tra Conferenza delle Regioni e Governo.
Tale accordo, che si presenta miope, e' tutto teso a salvaguardare le
prerogative regionali, calpestate dal governo, in tema urbanistico, ma non
guarda alla sostanza. Il testo noto, infatti, accetta l'indicazione
berlusconiana dell'incentivo del 20% e afferma che "le Regioni possono
promuovere ulteriore forme di incentivazione volumetrica". Tale incremento
riguardera' le case unifamiliari o bifamiliari (ma qualcuno parla anche di
"case a schiera", il che farebbe una bella differenza), con esclusioni dei
condomini e dell'edilizia non residenziale ecc. ma, proprio in virtu'
dell'autonomia, le Regioni potranno ampliare le possibilita' di intervento
"a altre tipologie di intervento": cio' che e' escluso dall'accordo potra'
essere reintrodotto dalle Regioni.
Incrementi fino al 35% sono ammessi per edifici a destinazione residenziale
che venissero demoliti e ricostruiti con finalita' "di miglioramento della
qualita' architettonica, dell'efficienza energetica e utilizzo di fonti
energetiche rinnovabili". Qui non e' chiaro se i tre criteri sono
necessariamente concorrenti o se ne basti uno. Gli interventi non possono
riferirsi a "edifici abusivi". Il riferimento e' equivoco: un intervento
condonato puo' godere della possibilita' di ampliamento? Sembra di si',
cosi' edifici costruiti non regolarmente e sanati, con poche lire, ora
godono anche di un premio; la cosa non sembra avere un tratto di giustizia
sociale ancorche' legittima. Insomma viva il federalismo e abbasso il
territorio. Ora, pero', il terremoto che ha colpito l'Abruzzo pretende
priorita'. Questo permette, coerentemente con quanto scritto sopra, di
intervenire sulle questioni che la tragedia abruzzese pone.
Ricostruzione e recupero devono essere strettamente intrecciate; si intende
che citta' e paesi devono essere recuperati e ricostruiti "dov'erano", non
"com'erano". Criteri costruttivi e materiali adatti alla situazione,
innovazioni tecnologiche (compreso il risparmio energetico e fonti
alternative), capacita' operative eccezionali devono essere messe tutte a
disposizione di un recupero delle citta' e di una ricostruzione delle
strutture pubbliche e private. L'idea di "nuove citta'" e' da scartare, e
non per polemica politica, ma perche' non e' adeguata alla situazione,
costituisce uno snaturamento dei luoghi e un sradicamento delle popolazioni
(esperienze storiche come Gibellina sconsigliano l'operazione). Inoltre
costituirebbe uno spreco di risorse.
Nessuna pietra tombale sulle responsabilita' tecniche, professionali e
amministrative. Chi ha evaso le norme antisismiche nella costruzione di
edifici (pubblici e privati) deve essere perseguito. I morti, i feriti, i
senza tetto e le citta' colpite pretendono giustizia.
Catena delle responsabilita', a livello legislativo, soprattutto per le zone
sismiche. Si deve approntare una norma legislativa che, al di la' di quanto
gia' esistente, individui i passaggi che la costruzione di un edificio e'
costretta a compiere assegnando a tutti la responsabilita' (con le relative
conseguenze amministrative, civili e penali) del controllo di coerenza. Gli
uffici tecnici comunali per la concessione, per il permesso di abitabilita',
ecc.; le banche e gli istituti finanziari per il finanziamento (prestiti,
mutui, ecc.); il progettista; il direttore dei lavori; i laboratori di prove
di materiali, l'impresa realizzatrice, il promotore, ecc. Tutti, non solo in
astratto, devono (dovrebbero) controllare che progetto e realizzazione siano
a norma, con responsabilita' in solido e individuale della mancata
osservanza delle norme.
La prevenzione non puo' essere questione di cui ci si preoccupa a tragedia
avvenuta. Sembra, quindi, che intanto tutta l'edilizia pubblica (scuole,
ospedali, uffici pubblici, caserme, ecc.) e quella monumentale e storica
deve essere messa a norma, secondo quanto richiesto dalle diverse situazioni
di rischio. Un piano generale, affidato a specifiche autorita' (autorevoli)
regionali che garantiscano efficienza ed efficacia. Per molte situazioni,
come la scuola a sentire il ministro Gelmini, la situazione e' nota e quindi
l'intervento puo' essere rapidamente operativo, mentre per altre si tratta
di procedere a verifiche, controlli e quant'altro. Un'azione di pressione,
di incentivi, ecc. deve essere svolta nei riguardi dei privati.
Le risorse. Per il recupero e la ricostruzione delle zone distrutte, come il
piano di prevenzione, sembra ragionevole e comprensivo stornare risorse da
opere non urgenti, anche se prestigiose e rilevanti. Risorse che non solo
saranno di grande effettivo beneficio per il paese, ma possono
tranquillizzare intere popolazioni e costituire un'efficace molla per
innovazioni tecnologiche di grande rilievo.
Azione anti-congiunturale. Accelerare la ricostruzione e il recupero,
attivare un grande progetto di prevenzione potrebbero costituire, per le
caratteristiche degli interventi, un effettivo contributo anticongiunturale
con grande beneficio per l'occupazione oltre che per la qualita' della vita
quotidiana e metterebbe il paese all'avanguardia (per un aspetto positivo).

4. UNA SOLA UMANITA'. FURIO COLOMBO: LE RONDE SI CHIAMANO KU KLUX KLAN
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 10 aprile 2009 riprendiamo i seguenti stralci
dell'intervento di Furio Colombo alla Camera dei Deputati il 7 aprile 2009
pubblicati col titolo "Il sorriso del ministro padano" e il sommario "Il
responsabile dell'Interno e' rimasto in aula a parlare di ronde mentre il
mondo lo pensava nel luogo del terremoto a organizzare soccorsi"]

Signor Presidente,
e' stato osservato da parecchi colleghi che il ministro dell'Interno, quando
non e' occupato ad aprire il salotto con i suoi collaboratori o i suoi
colleghi, e' occupato a guardare in alto e a sorridere. Fa male a sorridere,
perche' oggi si celebra qui la perduta occasione di essere un normale
ministro dell'Interno italiano, invece che un eccellente ministro
dell'Interno padano.
Vi e' una differenza tra l'invenzione della Padania e la realta' italiana.
Questa differenza crea una situazione drammatica che non suggerisce alcun
sorriso.
Signor Presidente,
la ragione per cui facevo riferimento al sorriso fuori posto del ministro
era dovuta anche alla lunga e compiaciuta telefonata che ha fatto dal banco
del governo. Si trattava evidentemente di un'intervista, perche' ha parlato
sempre lui e non poteva quindi essere intento a ricevere informazioni dalla
zona terremotata. D'altra parte, signor Presidente, il ministro era stato
tutto il giorno in quest'aula a parlare di ronde padane mentre tutto il
mondo si immagina che il ministro dell'Interno italiano stia nelle terre
della distruzione sin dal primo terremoto.
Ma rileggiamo le prime parole del decreto legge che oggi vogliono farci
approvare: "Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di introdurre
misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della
collettivita', a fronte dell'allarmante crescita di episodi collegati alla
violenza sessuale contro le donne...". Adesso vediamo, poco sotto, la
conclusione di questo primo schizofrenico articolo del decreto Maroni:
"Introdurre una piu' efficace disciplina dell'espulsione e del respingimento
degli immigrati irregolari, nonche' un piu' articolato controllo del
territorio".
L'incivile soluzione e': immigrati come criminali. E ronde padane per
purificare le strade italiane dagli immigrati. C'e' una sorta di follia che
domina e ricatta tutta la destra di questo Parlamento. Qui non si parla di
stalking, non si parla di violenza sessuale contro le donne, non si parla di
difesa dei piu' deboli, non si parla di tutela dei nostri Comuni. Si parla
di immigrati a cui bisogna dare la caccia.
Questo e' il ministro dell'Interno, signor Presidente, che avendo a
disposizione Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo forestale, e
quella parte della Forze armate che il ministro della Difesa ha voluto
rendere disponibile per la sicurezza, vuole forzare questa Repubblica a
creare le ronde padane. Non c'e' alcun Paese nel quale le ronde siano state
istituite per legge, signor Presidente, questo ci mette fuori da ogni
immagine civile. Ci sono le leghe ma non sono al governo. Ci sono le ronde
ma sono contro le leggi. Ci sono le ronde, e si chiamano Ku Klux Klan. Ci
sono le ronde, ed e' stato contro le ronde che si e' battuto Martin Luther
King, e sono stati forse personaggi delle ronde che lo hanno abbattuto sul
balcone del Lorraine Motel di Memphis il 4 aprile 1968.
Attraverso la presenza della Lega nei punti cruciali del governo italiano
noi stiamo notando un fenomeno che si sta verificando in questo Paese. Nel
diventare ministri, i leader di un partito secessionista non hanno smesso di
essere secessionisti, ma realizzano la secessione attraverso le loro
funzioni di governo e questo e' particolarmente grave. La ronda e' in se'
elemento di distruzione dello Stato, negazione dell'autorita' dello Stato,
delle forze di Polizia, dei Carabinieri, della loro efficienza, della
capacita' di esserci a confronto con la continua diminuzione di sostegno
finanziario, organizzativo e logistico che le forze dell'ordine italiane
continuano a patire.
Io che sono nato molto piu' a Nord di tutti voi mi sento molto piu' legato a
Roberto Saviano che a Roberto Maroni di cui mi vergogno. Perche' ha
accettato di essere ministro della Lega invece che ministro della Repubblica
italiana.
Ecco perche', signor Presidente, ritengo che sia importante non transigere
neppure per un istante, neppure con una forma di accomodamento. Tutti i
Paesi che hanno conosciuto le ronde, hanno conosciuto violenza. Nessun Paese
di vita democratica, a cominciare dall'America, ha o tollera o permette le
ronde. Dunque, siete fuori dell'Europa, siete fuori dei tempi moderni, siete
fuori dall'oggi, siete fuori dalla cultura, siete soltanto nel profondo
della mente claustrofobica di coloro che si sono perduti fuori dalla Storia.

5. UNA SOLA UMANITA'. "NON AVER PAURA"

Segnaliamo il sito della campagna antirazzista "Non aver paura, apriti agli
altri, apri ai diritti" promossa da varie associazioni di solidarieta':
www.nonaverpaura.org

6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. LIBRI. BRUNO GRAVAGNUOLO PRESENTA "LA MALATTIA DELLA METAFISICA" DI
EUGENIO COLORNI
[Dal quotidiano "L'Unita'" dell'11 aprile 2009 col titolo "Colorni, la
Resistenza con Saba e con Freud" e il sommario "La storia di un'avventura
intellettuale e politica straordinaria negli scritti filosofici e
autobiografici dello studioso socialista ucciso a Roma nel 1944 dalla banda
Koch. Si intitola La malattia della metafisica la raccolta dei saggi di
Eugenio Colorni ripubblicata in una nuova edizione da Einaudi. E' la
parabola di un metafisico divenuto epistemologo e cospiratore attraverso la
psicoanalisi"]

Antifascista e filosofo. Metafisico e antimetafisico passando per la
psicoanalisi. Epistemologo e alla fine cospiratore della Resistenza,
stroncato dal piombo della banda Koch a Roma il 28 maggio del 1944, dalle
cui grinfie cerco' di sottrarsi, mentre portava con se' materiale
clandestino. Sono le tappe di una esistenza straordinaria, quella di Eugenio
Colorni, socialista "giellista", allievo teoretico di Pietro Martinetti a
Milano, e di Basso e Rosselli. E che e' possibile ripercorrere attraverso un
libro chiave: La malattia della metafisica, tratto dal titolo del saggio
autobiografico che lo apre (La malattia filosofica). Racchiude gli scritti
piu' importanti di Colorni, quelli che ne spiegano l'avventura e gli
approdi, dagli esordi filosofici all'"antifilosofismo" finale (La malattia
della metafisica. Scritti filosofici e autobiografici, Einaudi, pp. 382,
euro 24, prefazione e cura di Geri Cerchiai).
Il suo valore aggiunto, rispetto alla precedente edizione presso La Nuova
Italia a cura di Norberto Bobbio e Ferruccio Rossi-Landi? Eccolo. Oltre alla
rigorosa tessitura filogica, questa edizione consente di andare al cuore
pulsante delle motivazioni di Colorni. Che sta in una sorta di pensiero
vissuto, di anamnesi anche generazionale. Dove si mescolano vita personale,
anni del regime, incontri, lessico familiare e scelte etiche. Quelle che
danno il sigillo a un destino e lo rendono significativo per chi viene dopo.
Intanto lo sfondo. Una famiglia ebraica e anzi due. Quella di Colorni,
figlio di un industriale mantovano e di una Pontecorvo romana da Pisa. E
quella dei Sereni, cugini di Colorni per via di un'altra Pontecorvo (qui
l'intreccio e' anche con Gillo il regista e Bruno il fisico). E' la saga
familiare che spiega l'eticita' e le battaglie di Eugenio, orfano precoce di
padre. E ne chiarisce il coraggioso sforzo di autoidentificazione, alla
conquista di una sua posizione: su storia, scienza, filosofia, politica.
Laddove decisiva sara' l'atmosfera culturale resiprata a Forte dei Marmi coi
cugini Sereni, che lo stimolano al sapere e all'autonomia. Ma risolutivo
sara' l'incontro con Ernesto Saba a Trieste, il poeta libraio in analisi da
Weiss, incontrato da Colorni quando nel 1935 insegnava filosofia al
Magistrale femminile, dove il giuramento fascista non era richiesto.
Saba "contamina" Colorni, e insinua in lui il dubbio che la metafisica sia
un sintomo. Un "crampo" dell'istinto e del flusso vitale, che irrigidisce la
mente in astrazioni e fissita' cristallizzate. E che paralizzano il
conoscere e lo avvitano in enigmi "difensivi". Una conclusione in traccia di
cui Colorni marciava da solo. Da quando comincio' a staccarsi da Croce e da
Leibniz, nelle cui metafisiche cercava realta' contraddittorie: la vitalita'
del sensibile, dell'individuale, svincolati dal sistema. E un principio
sintetico (kantiano) di unita' assoluta e fondativo. Di qui
all'epistemologia il passo e' breve. Colorni passa a occuparsi di scienza.
Meglio, delle forme simboliche che consentono la scienza e ne schiudono il
campo, fuori dall'antropomorfismo che proietta una Verita' finale nelle
cose. Non per caso Vittorio Somenzi, filosofo della scienza del dopoguerra,
avvicinera' le sue idee a quelle "anti-animistiche" del biologo Monod. In
realta' Colorni non sfuggira' mai del tutto alla filosofia e all'ossessione
della verita', di cui la sua raffinata riflessione empiriocriticista e
post-crociana riprodurra' sempre l'ombra. Ma intanto apre due campi nuovi da
noi: psicoanalisi e filosofia della scienza. Non solo. Con Spinelli, che
sposera' sua moglie Ursula Hirschmann, anticipa il federalismo europeo.
Mentre decisiva resta la sua riflessione etica. Quella dedicata all'Altro.
Per Colorni, amarlo davvero e liberarlo equivale a volerlo come Altro. A
battersi perche' divenga un singolo: soggetto e non appendice altrui. E
stava qui il fascino del suo socialismo radicale e libertario. Ben piu' che
solo "liberale" alla Rosselli.

8. LIBRI. MARINA MONTESANO PRESENTA "L'IMPERO PERDUTO" DI PAOLO CESARETTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 gennaio 2007 col titolo "Una francese
alla corte di Bisanzio" e il sommario "Ripercorrendo l'avventurosa esistenza
della basilissa Anna, L'impero perduto di Paolo Cesaretti ricorda la
devastazione di Costantinopoli, due secoli prima dell'assalto ottomano, da
parte di forze provenienti dalla cristianissima Europa"]

Le polemiche sullo scontro di civilta' e sulle difficolta' di convivenza tra
occidente e mondo musulmano, cui purtroppo gli ultimi anni ci hanno
abituato, tendono di solito a ripercorrere frettolosamente il passato nel
tentativo di giustificare scelte e posizioni del presente. Cosi', per
esempio, da parte di quanti osteggiano l'ingresso della Turchia in Europa,
si sente spesso ripetere che l'impero turco e l'occidente sarebbero stati
eterni nemici: in particolare agli ottomani si ascrive la responsabilita' di
avere inferto un colpo fatale all'impero bizantino, privando cosi' la
cristianita' di una sua parte fondamentale, quella cui era spettata
l'eredita' dell'impero romano e, al contempo, della civilta' greca. Al di
la' del manicheismo insito in tale visione, e' interessante sottolineare
come questa lettura dimentichi che la Bisanzio cui nel 1453 gli ottomani
assestarono la spallata definitiva altro non era se non l'ombra dell'impero
di un tempo. Oltre due secoli prima di quell'evento, infatti, l'impero
bizantino era stato devastato da forze che provenivano dalla cristianissima
Europa, una devastazione dalla quale Costantinopoli non si sarebbe mai
ripresa.
A queste circostanze e agli anni che le precedettero fa riferimento il bel
libro di Paolo Cesaretti L'impero perduto (Mondadori, pp. 382, euro 19), che
ruota intorno alla figura di una protagonista di quel periodo, Anna di
Bisanzio. Anna si chiamava in realta' Agnes ed era figlia di Luigi VII di
Francia e della sua terza moglie, Alice di Champagne. Nata nel 1171, aveva
soltanto nove anni quando lascio' la Francia per andare in sposa ad Alessio
II Comneno, anch'egli un bambino appena undicenne: le nozze fra i due
principi infanti si celebrarono fastosamente a Costantinopoli nel 1180, anno
in cui il piccolo Alessio successe al padre, il basileus Manuele Comneno.
Nello stesso 1180 in cui Agnes, ormai Anna, diveniva basilissa di
Costantinopoli, suo fratello Filippo II Augusto ascendeva al trono di
Francia, e l'unione fra le famiglie regnanti di Francia e di Bisanzio aveva
lo scopo di rinsaldare l'alleanza contro l'egemonia dell'imperatore Federico
Barbarossa sull'Europa occidentale.
Il regno di Manuele aveva infatti inaugurato una politica parzialmente
nuova. Profondamente attratto dai costumi occidentali, appassionato di
donne, tornei e costumi cavallereschi, il basileus aveva progetti
espansionistici: stipulo' dunque una larga rete di alleanze il cui scopo
immediato era, appunto, la vittoria sul Barbarossa, ma il cui fine reale era
forse una sorta di politica ´"neogiustinianea" che mirava a imporre la sua
supremazia sull'intero Mediterraneo.
Come al tempo di Giustiniano, la penisola italica restava centrale sul piano
strategico: per questo Manuele cerco' un punto di forza sul quale far leva
per ristabilirvi la sua autorita', e lo trovo' nella citta' di Ancona che,
appoggiandosi all'imperatore bizantino, si senti' abbastanza forte da
intraprendere una politica di egemonia sul mare Adriatico, in opposizione
alla potenza veneziana. Tuttavia Manuele non visse abbastanza per portare a
termine la sua impresa.
Per condurre una politica di questo tipo, egli avrebbe avuto bisogno di
instaurare buoni rapporti con i suoi vicini orientali, i principati
turco-musulmani di Anatolia, ma non riusci' in tale compito: da quelle forze
fu anzi duramente sconfitto in battaglia e mori' precocemente all'eta' di
trentasette anni.
Correva dunque l'anno 1180. Incoronato basileus a soli tredici anni, Alessio
era - anche in tempi in cui l'eta' adulta giungeva assai precocemente -
troppo giovane per reggere il peso dell'eredita' paterna. Fu dunque facile
per il cugino del padre, Andronico, sbarazzarsene: lo fece strangolare nel
sonno, e il cadavere del ragazzo venne gettato in mare. Figura cupa e
affascinante, Andronico, a quel tempo ultrasessantenne, aveva condotto una
vita da reietto, prigioniero e poi vagabondo per anni in terra d'Islam. Era
tuttavia un uomo colto e coraggioso, capace di guadagnarsi il favore degli
eserciti e - sia pure per una breve stagione - delle folle di
Costantinopoli. Dopo averne soppresso lo sposo, Andronico prese in moglie la
dodicenne Agnes/Anna, mentre sul piano pubblico capovolse la linea di
Manuele inaugurando una politica antioccidentale. In Europa pero' si andava
profilando una situazione nuova, destinata a sconvolgere gli assetti
internazionali: un avvicinamento tra due nemici storici di Bisanzio,
l'Impero e i Normanni, che avrebbe condotto nel 1186 al matrimonio tra
l'erede del regno di Sicilia, Costanza di Altavilla, e il figlio del
Barbarossa, Enrico VI.
Il rovesciamento di fortune di Andronico si consumo' in due anni: nel 1185 i
Normanni presero d'assalto Tessalonica, umiliando in ogni modo la
popolazione bizantina. In seguito a questo tracollo, le stesse folle che
avevano favorito l'usurpatore gli si rivoltarono contro e, sobillate dal
cugino Isacco Angelo, lo sottoposero a un supplizio crudele. Nella
concitazione degli eventi, le vicende della giovanissima Anna si perdono,
tanto che Cesaretti ha dovuto condurre un lavoro di raffinata esegesi sulle
fonti per trarne qualche notizia sull'ex imperatrice, smarrita nel caos che
segui' l'ascesa al potere della nuova dinastia.
Ripetute sconfitte nei Balcani avevano infatti indebolito il governo di
Isacco Angelo, al punto che suo fratello Alessio III si impadroni' del
potere dopo averlo fatto accecare e rinchiudere insieme al figlio Alessio.
Intanto, nel 1202 le forze crociate erano concentrate a Venezia, la quale
offriva una potente flotta di cinquanta galee per trasportarle oltremare. Il
contributo veneziano non era tuttavia gratuito e l'armata crociata non aveva
fondi sufficienti: il doge Enrico Dandolo propose allora ai crociati di
sdebitarsi aiutando Venezia a sottomettere la citta' dalmata di Zara, che le
si era ribellata. Ma la richiesta di Dandolo celava altri progetti: a Zara
infatti si era presentato ai crociati il principe bizantino spodestato,
chiedendo aiuto per sconfiggere l'usurpatore e promettendo in cambio denaro
e addirittura la fine dello scisma tra le due Chiese. Nel luglio 1203 gli
occidentali giunsero a Costantinopoli, sconfissero Alessio III e
restaurarono sul trono Isacco e il figlio Alessio IV. La loro prepotenza
pero' provoco' una rivolta, alla quale veneziani e crociati risposero con il
saccheggio della citta' e con il rovesciamento dell'impero bizantino.
Ed e' in questa fase che ritroviamo Anna, ormai adulta, prima amante e poi
moglie del nobile Teodoro Brana. Ormai lontana dalle sue origini francesi,
la donna si era trasformata in una fiera bizantina tanto da cercare invano,
nelle fasi piu' concitate dell'assalto occidentale, di far da ponte insieme
al marito tra i due contendenti, i greci e i latini. Dopo il 1204 le sue
tracce si smarriscono nuovamente, perdute per sempre insieme all'impero al
quale le vicende convulse della sua esistenza l'avevano condotta ad
appartenere.

9. LIBRI. MONICA RUOCCO PRESENTA "CITTADINE DEL MEDITERRANEO" DI RITA EL
KHAYAT
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 aprile 2009 col titolo "Donne in
Marocco tra tradizione e novita'" e il sottotitolo "Saggi. Cittadine del
Mediterraneo, di Rita El Khayat"]

Rita El Khayat, Cittadine del Mediterraneo. Il Marocco delle donne,
Castelvecchi, pp. 274, euro 22.
*
Oggi piu' che mai la trasformazione delle societa' arabo-islamiche passa
attraverso il cambiamento del ruolo delle donne al loro interno. E nei paesi
arabi questo cambiamento non puo' che concretizzarsi nell'evoluzione del
Codice dello statuto personale e della famiglia. Sono diversi i paesi che si
sono mossi in tal senso, come l'Egitto che lo ha riformato nel 2000, la
Mauritania nel 2001, l'Algeria nel 2005, mentre il primato spetta alla
Tunisia che gia' nel 1956, qualche mese dopo l'indipendenza, istitui' un
Codice di famiglia grazie al quale lo status della donna cambio'
completamente attraverso il divieto della poligamia e la trasformazione
dell'istituto del divorzio.
In Marocco, la riforma del Codice della famiglia, o Mudawana, istituito nel
1957 immediatamente dopo l'indipendenza, viene annunciata al parlamento dal
re Mohammed VI il 10 ottobre 2003, data storica per il paese, in cui si
celebra da allora la giornata nazionale della donna marocchina. Il codice,
tra le tante novita', innalza l'eta' minima delle donne per il matrimonio a
18 anni, introduce norme paritarie per quanto riguarda il divorzio,
garantisce le donne in caso di violenza domestica, da' loro la possibilita'
di vietare al marito di contrarre un secondo matrimonio. Per arrivare a
questo risultato molte associazioni femministe e singole militanti hanno
dovuto combattere per decenni. Una di queste e' Rita El Khayat di cui e'
stato da poco pubblicato in traduzione il saggio Cittadine del Mediterraneo.
Il Marocco delle donne, da Castelvecchi. Medico psichiatra, saggista e
scrittrice, Rita El Khayat (www.ritaelkhayat.org) e' nata a Rabat in una
famiglia che le ha permesso di studiare in istituti qualificati sia nel suo
paese sia in Francia, e si e' messa in luce ben presto come prima speaker
donna della televisione marocchina.
Nella prima parte del suo saggio, l'autrice ritrae le donne del Marocco
nelle loro abitudini piu' tradizionali: la cura del corpo e della bellezza;
la vita quotidiana e la convivialita'; i riti che accompagnano i preparativi
per il matrimonio o la nascita dei figli. Il lettore si perde tra le
acconciature delle donne marocchine impreziosite da oli profumati con chiodi
di garofano e gelsomino o petali di rosa, apprende molto sulla loro
attenzione nello scegliere i gioielli con cui abbellire gli abiti
tradizionali, sull'uso del kohol, l'antimonio impiegato per truccare gli
occhi, sulla vita quotidiana all'interno delle abitazioni tradizionali. Il
tutto integrato da fotografie risalenti, per la maggior parte, al periodo
coloniale che danno al testo un carattere piuttosto oleografico.
La seconda parte del libro, senza dubbio la piu' interessante, ripercorre il
passaggio delle donne marocchine da un mondo tradizionale a un presente che
le vede da una parte condividere un destino di emigrazione verso
l'occidente, dall'altra garantite nel loro paese da un Codice della famiglia
decisamente moderno a cui si e' arrivati, pero', non senza sforzi.
Un'iniziativa singolare e importante in tal senso e' proprio quella presa
dalla stessa Rita El Khayat che, nel 1999, ha scritto all'appena insediato
re Mohammed VI una lettera aperta, il cui testo e' qui riprodotto
integralmente. In questa missiva, mai arrivata a corte, ma comunque diffusa
in tutto il mondo, l'autrice mette in luce la realta' della condizione
femminile in Marocco soprattutto per quanto riguarda i problemi del diritto
al lavoro, della pianificazione familiare, dell'analfabetismo femminile,
ancora oggi tra le note dolenti del paese, dove, secondo un censimento del
2004, poco piu' del 52% della popolazione e' alfabetizzato e, tra questi, le
donne sono solo il 39,6%.
La riforma del codice incontro' le resistenze delle donne che sostenevano
posizioni rigidamente islamiche e Rita El Khayat ricorda come, a Rabat, nel
2000 vennero organizzate due manifestazioni, entrambe femministe, ma di
segno totalmente opposto, una a favore e l'altra contro la riforma del
codice. In ogni caso, la riforma fu attuata anche grazie agli sforzi degli
"ulama" e dei giuristi, i quali collaborarono alla revisione del codice
spiegando che tutti i cambiamenti apportati erano basati su una attenta e
scrupolosa lettura della shari'a con cui non si entrava assolutamente in
contraddizione. Questa, oggi, sembra la via intrapresa dai singoli stati a
maggioranza musulmana per modificare il codice della famiglia, ovvero
trasformare la realta' delle donne, ma in fondo anche degli uomini,
garantendo loro maggiori diritti muovendosi comunque nel rispetto della
shari'a, cosi' come confermato dall'interessante analisi Reforming Islamic
family law apparsa lo scorso 4 aprile sul blog tabsir (tabsir.net). Tuttavia
il lavoro, come sottolinea Rita El Khayat, non e' ancora finito, considerato
l'alto numero delle donne che ancora non hanno la possibilita' di accedere
alle informazioni riguardanti i propri diritti, oltre al problema della
effettiva applicazione delle norme.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 788 del 12 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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