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Minime. 783
- Subject: Minime. 783
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 7 Apr 2009 00:48:27 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 783 del 7 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Dopo, prima 2. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 3. Stefano Longagnani: L'odio e il profitto 4. Giuliana Sgrena: La frusta 5. Giulio Vittorangeli: Carne da macello 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 7. Edoardo Bruno ricorda Umberto Barbaro 8. Annachiara Valle intervista Mimmo Franzinelli 9. Elisa Carandina presenta "Paesaggio con tre alberi" di Yehoshua Kenaz 10. Claudio Tognonato presenta "L'anti-Aron" di Pierre Verstraeten 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. DOPO, PRIMA "Potenti della terra padroni di nuovi veleni, Tristi custodi segreti del tuono definitivo, Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo. Prima di premere il dito, fermatevi e considerate". E' la chiusa de "La bambina di Pompei" di Primo Levi. * Dinanzi alle tragedie provocate dalle catastrofi naturali, rese assai piu' catastrofiche dalla devastazione del territorio da parte degli esseri umani, nel lutto e nello sgomento tornano ad agire nelle coscienze le antiche e sempre vere parole che convocano alla consapevolezza della costitutiva fragilita' umana, che chiamano al dovere della solidarieta', che rammemorano cosa l'umanita' sia e cosa la natura e quale complessa ineludibile relazione si dia tra tutte le cose e le vite che esistono. Qui si rispecchia l'hybris e qui dalla compassione puo' scaturire e rinnovarsi un patto di rispetto e di amore, di mutuo soccorso, di riconoscimento. E uno sguardo veritiero e misericorde sul mondo e sull'umana famiglia. Un impegno di giustizia e di cura. * Lo sapeva Leopardi, lo sapevano i tragici greci, lo sapeva Qohelet. Ce lo ricorda ogni giorno il pensiero delle donne, da Martha Nussbaum a Vandana Shiva. * Chiunque puo' ponga mano a recare soccorso ai superstiti. E si cessi di sperperare ingegno e risorse a fini di male, di persecuzione e uccisioni. Vi e' una sola umanita'. Gia' cosi' abissalmente sofferente. 2. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 3. UNA SOLA UMANITA'. STEFANO LONGAGNANI: L'ODIO E IL PROFITTO [Ringraziamo Stefano Longagnani (per contatti: longagnani at yahoo.it) per questo intervento] Col disegno di legge gia' approvato dal Senato, e ora in discussione alla Camera, viene introdotto il reato di soggiorno illegale. Con l'approvazione dell'art. 19 del disegno di legge sulla sicurezza in Italia sara' reato penale per gli stranieri non avere i documenti in regola. Con questo e con altri simili provvedimenti contenuti nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" si colpiscono i piu' deboli, le persone alla base della piramide sociale, all'interno di una visione politica che parla del "noi" e del "loro". "Noi" e "gli altri" sempre piu' separati, distanti, guardandosi con sospetto e tra un po' anche con odio. Da una parte questa classe politica depenalizza i reati dei colletti bianchi, dall'altra inasprisce le pene per i reati commessi dalle persone oggettivamente in difficolta'; per arrivare addirittura ad inventare ad hoc nuovi reati per gli esseri umani senza diritti che approdano nel nostro paese alla ricerca di una vita migliore per se' e per i propri figli. Ha iniziato nel 1994 il governo Berlusconi con la depenalizzazione di molti reati ambientali (ormai da tutti dimenticato), ha continuato un altro governo Berlusconi con la depenalizzazione del falso in bilancio e con l'abbreviazione della prescrizione per chi riesce a difendersi dal processo, non nel processo. Nello stesso tempo chi non aveva i documenti in regola e' stato sanato, condonato. Ma non si trattava dei documenti di soggiorno (che servono per poter trovare un lavoro in regola, non uno sfruttato in nero o asservito alla criminalita'), si trattava delle dichiarazioni delle tasse (evase), dei fondi neri all'estero (fatti rientrare), dei documenti per il condono edilizio. I reati dei colletti bianchi appunto. Evasione, abusi edilizi, fondi neri, false contabilita'. E per gli italiani in difficolta' (dato che votano) non diritti, ma beneficienza una tantum (premio bebe' nel 2006, social card e bonus famiglia nel 2008 e 2009), con una strizzatina d'occhio che significa: "Rivotaci altrimenti poi piu' nulla!". Vogliono che ci odiamo a vicenda. Che la povera gente italiana odi i poveri immigrati che gli "rubano il lavoro". E mentre ci odiamo tra "noi" e "loro", chi puo' ne approfitta, "i padroni del vapore", come li chiamava Ernesto Rossi, non hanno piu' regole che li riguardino. E fomentano una guerra tra poveri che non puo' che fare l'interesse di chi povero non e'. E allora per fomentarla sempre di piu', questa guerra, si sopprime anche il comma 5 dell'art. 35 del Testo Unico sull'immigrazione che prevedeva il divieto di segnalazione, da parte dei medici, dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno. E' aperta la caccia all'immigrato, al diverso da noi, ronde di quartiere comprese. 4. PAKISTAN. GIULIANA SGRENA: LA FRUSTA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2009 col titolo "Frustata dai taleban, in tv" e il sommario "Pakistan. Nella valle di Swat dove e' in vigore la sharia con l'accordo di Islamabad. Il video della punizione della diciassettenne venduto al mercato"] Una donna con il capo coperto dal burqa viene tenuta per i piedi e per le mani da due uomini mentre un terzo con barba e turbante da taleban la frusta con una cintura di pelle. Inutilmente la ragazza urla di smetterla, nessuno l'ascolta, ne' i suoi aguzzini ne' gli uomini presenti alla fustigazione. La scena raccapricciante e' stata ripresa con un telefonino e il video venduto al mercato e ripetutamente trasmesso da una tv locale, nella valle di Swat nel nord del Pakistan, a circa 150 chilometri da Islamabad. Una volta attraente zona turistica del Pakistan con rovine buddiste e campi da sci, ora enclave riconosciuta dei taleban in Pakistan, dopo che il governo di Islamabad ha ceduto loro il controllo lo scorso febbraio in seguito ad un accordo per la "pacificazione" della zona. Secondo l'ordine del terrore imposto dai taleban, ogni punizione serve da monito, cosi' le punizioni esemplari vengono registrate e diffuse. La ragazza del video, diciassettenne, sarebbe stata frustata - gli unici dubbi sul fatto riguardano la data in cui sarebbe avvenuto - per aver avuto una relazione con un uomo che non era suo marito, lo stesso che ha denunciato il fatto. Purtroppo le denunce sono spesso ritorsioni se una donna rifiuta delle avances, visto che non ocorre nessuna prova. Ma anche questo non deve sorprendere perche' non servono prove per condannare le donne, bastano sospetti e non serve nemmeno una sentenza formale. Anzi, se un processo ci fosse stato forse la giovane in questione sarebbe stata lapidata, condanna peraltro auspicata da un esponente taleban della zona. Il video ha messo in forte imbarazzo il governo di Islamabad, complice di fatto con i taleban. E peraltro non e' la prima volta che il governo pakistano appoggia i famigerati "studenti di teologia" che proprio in Pakistan hanno avuto la loro formazione; e' gia' successo con il governo di Benazir Bhutto che in alleanza con gli Stati Uniti aveva favorito l'ascesa dei taleban e la loro conquista dell'Afghanistan. Ora tocca al marito Zardari, che ha ceduto la regione dello Swat ai fautori della versione piu' oscurantista della legge coranica, che e' stata riproposta in Pakistan secondo le regole imposte in Afghanistan prima del 2001. Nella zona molti oppositori sono stati assassinati e sono state distrutte 200 scuole. Il primo ministro pakistano Yousuf Raza al Gilani ha condannato il vergognoso "incidente" e ha ordinato una inchiesta, ma ha ribadito che il governo si ritiene impegnato a rispettare l'accordo di riconciliazione. Anzi c'e' chi ha avanzato l'ipotesi che la diffusione del video sia un complotto per boicottare l'applicazione della sharia nella regione dello Swat. "Si tratta di una piccola cosa. Dobbiamo parlare degli attacchi dei droni, non dei fatti minori", ha detto Munawar Hassan, leader della Jamaat-e-Islami riferendosi agli attacchi degli americani nelle zone di frontiera ma all'interno del Pakistan. Per gli islamisti le questioni che riguardano le donne, anche se si tratta di punizioni efferate come quella ripresa dal video, sono sempre fatti senza importanza. La zona in questione e' di estrema importanza per i rapporti con l'Afghanistan e soprattutto per il passaggio dei rifornimenti alle truppe Nato. Su strada, via Pakistan, e quindi obbligatoriamente dal nord del paese, passa il 75% delle merci destinate alle truppe internazionali. Rifornimenti che sono spesso messi a repentaglio proprio dagli attacchi che partono dalle zone tribali di confine, compresa la zona che rappresenta il retroterra dei taleban. Per questo gli ufficiali della Nato avevano criticato l'accordo raggiunto dal governo di Islamabad con i taleban sulla valle di Swat ritenendo che questo avrebbe garantito un rifugio sicuro e una roccaforte per i taleban che continuano a lanciare attacchi oltre frontiera contro le truppe americane e della Nato. Nessuna reazione invece al fatto che nella zona veniva reinstaurata quella sharia che era stata, almeno formalmente e per il momento, abolita in Afghanistan. Ma come si vede i taleban fanno concorrenza a Karzai che ha appena firmato un codice della famiglia per gli sciiti afghani che non ha nulla da invidiare alla sharia applicata oltre confine. Il tutto sotto la supervisione occidentale. 5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: CARNE DA MACELLO [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento] "Che cosa ci rimane da fare?", si domanda alla fine Juan. "Stiamo rischiando il tutto per tutto, perche' le condizioni in cui stiamo vivendo nell'accampamento sono difficili, benche' l'aiuto che ci hanno inviato la Uita e l'Associazione Italia-Nicaragua ci stanno permettendo di avere il cibo assicurato. Da qui non andiamo via fino a che non ci danno una risposta positiva e siamo disposti ad arrivare fino alle estreme conseguenze". Sono le parole di Juan Martinez della Anairc (Asociacion Nicaraguense de Afectados por Insuficiencia Renal Cronica), rilasciate nellointervista al giornalista Giorgio Trucchi il 31 marzo scorso a Managua, Nicaragua: "Ho saputo che si e' preparato a lungo per questa intervista, e che quasi non ha dormito per cercare di ricordare i dettagli dei 42 anni passati a lavorare nell'Ingenio San Antonio, fino al 2005 quando l'hanno buttato fuori perche' malato. La stessa drammatica storia che raccontano tutti gli ex lavoratori. Entrato a lavorare nel 1963 con la forza dei suoi 16 anni, ne e' uscito gravemente malato quando gli mancavano solo tre anni alla pensione. Ha svolto sempre lavori di magazzino e come scaricatore, vivendo nella cittadella che l'Ingenio San Antonio fece costruire in mezzo alle piantagioni di canna da zucchero. Li' e' cresciuto ed ha assorbito tutti i pesticidi che l'impresa spargeva con i piccoli aerei che sorvolavano i campi, con l'obiettivo di far maturare piu' velocemente la canna da zucchero. Vi e' rimasto fino al 1966, quando gia' la notizia dell'epidemia di insufficienza renale cronica (Irc) si era propagata ed aveva raggiunto anche il punto piu' remoto dei dipartimenti di Chinandega e Leon". Racconta Juan: "Un pomeriggio del 2005 cominciai a sentire nausea, mal di testa, dolori alle ossa ed avevo i piedi molto caldi. Andai immediatamente dal medico dell'ospedale dell'Ingenio San Antonio e mi feci le analisi, ma mi dissero che era un'infezione intestinale. Presi la mia medicina e ritornai al lavoro. Dopo 15 giorni mi sentii male nuovamente e questa volta mi fecero la prova della creatina per controllare la mia funzione renale. Avevo 6 mg/dl, mentre il valore massimo per gli uomini e' di 1,2 mg/dl". "Per Juan - prosegue Trucchi - comincio' il dramma che migliaia di persone hanno vissuto nelle ultime decadi. Dopo sei mesi di malattia riusci' a far scendere il valore della creatina, ma quando ritorno' all'impresa il medico gli disse chiaramente che non poteva continuare a lavorare e che l'unica soluzione era quella di andare alla Previdenza Sociale, l'Inss, per cercare di ottenere una pensione". Di questa drammatica storia degli ammalati di insufficienza renale cronica, i migliaia di ex lavoratori dell'Ingenio San Antonio che con il loro sangue e la loro sofferenza hanno prodotto il rum piu' famoso del Nicaragua "Flor de Cana", l'Associazione Italia-Nicaragua ha cercato di informare e sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale. E' una vicenda che ci riguarda purtroppo direttamente come italiani, visto che il maggior imputato nella vicenda di pesticidi, Carlos Pellas Chamorro (proprietario dell'Ingenio San Antonio) e' stato nominato - da Alberto Boniver, ambasciatore d'Italia in Nicaragua - console onorario (ottobre 2008) e precedentemente era stato insignito dell'onorificenza dell'Ordine della stella della solidarieta' italiana, nel suo massimo grado di Grande Ufficiale. Tutto questo e' stato denunciato dall'Associazione Italia-Nicaragua, ma con scarsi risultati; non c'e' stata nessuna interpellanza parlamentare e pochi mezzi d'informazione si sono soffermati sulla vicenda. Che questa dolorosa realta' passi sotto silenzio nell'Italia attuale della desertificazione culturale e della disgregazione sociale, non sorprende, ma certamente indigna. A conferma che le sofferenze degli sfruttati, oramai in tutto il mondo, hanno perduto i loro "difensori d'ufficio". Siamo nel pieno di una crisi ormai ufficialmente dichiarata piu' grave di quella del 1929. La torsione autoritaria e' il corollario del tentativo delle destre di uscirne gravando la mano su lavoratrici e lavoratori, restringendo gli spazi di democrazia per fronteggiare il malessere sociale: e noi viviamo in un Paese in cui la democrazia e' ferita dal quasi monopolio dell'informazione di massa nelle mani del capo della destra e del governo. Ma il punto e' che il mondo del lavoro, o meglio la societa' del lavoro, per quanto sconfitta non e' "pacificata"; in Italia come in Nicaragua. Certo la situazione di sfruttamento e' diversa. Eppure sempre della stessa materia si parla: salari, occupazione e possibilita' di decidere su modi e tempi della propria vita, di fronte a una trasformazione violenta dall'alto; e non si e' persa, fortunamente, la voglia di essere soggetti del proprio destino. Su questo, sul saper far pesare la politica che viene dalla solidarieta' internazionale, si gioca buona parte del futuro dell'umanita'. 6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. MEMORIA. EDOARDO BRUNO RICORDA UMBERTO BARBARO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 marzo 2009 col titolo "Ricordo di Umberto Barbaro"] Sono gia' passati cinquanta anni dalla morte, avvenuta il 19 marzo 1959, di Umberto Barbaro, teorico e critico militante, uno dei maggiori insegnanti di cinema, fondatore insieme a Chiarini del Centro sperimentale di cinematografia. Cinquanta anni di continui rovesciamenti politici, di cambiamenti culturali, di trasformazioni sociali che non hanno intaccato il suo insegnamento, non hanno disperso cio' che i suoi libri, la sua vita hanno insegnato a una intera generazione. Con lui ho immaginato "Filmcritica", ho pensato di modificare il modo di riflettere la critica, inserendo un metodo cognitivo che non fosse solo quella preliminare preparazione filologica, ma fosse un approccio diretto, appassionato, un abbraccio anche fisico con le pulsioni, l'affetto quasi carnale, un modo di assumere il film come una forma poetica e non come uno strumento di comunicazione di massa. Da qui il valore dell'impianto ideologico, la connessione del poetico-politico. Per questo Barbaro accettava nel cinema il lato anche propagandistico, amava i film sovietici per il loro spettacolare respiro ideologico e per la loro artisticita', che assumeva come essenziale nel giudizio di cinema come arte... L'ultimo suo libro pubblicato non a caso e' intitolato Poesia del film e l'ultimo manoscritto per Einaudi, rimasto solo come prefazione, "Risarcimento marxista dell'arte". Non a caso il primo suo articolo che pubblicai sul numero uno di "Filmcritica", intitolato "Servitu' e grandezza del cinema", rifletteva su un film del 1913 di Martoglio, Sperduti nel buio, di cui "la qualita' artistica e il suo alto livello morale" passavano quasi inosservati, offuscati ed eclissati dalla retorica spettacolarita' di Cabiria dello stesso anno. 8. STORIA. ANNACHIARA VALLE INTERVISTA MIMMO FRANZINELLI [Dal mensile "Letture" n. 656, aprile 2009, col titolo "Il nostro passato percorso da una linea nera" e il sommario "Esperto di terrorismo eversivo, Mimmo Franzinelli documenta in un saggio le connessioni intercorse tra le organizzazioni armate neofasciste, schegge impazzite dei servizi segreti italiani e parti dell'apparato statale"] Una linea nera. Sottile e forte. Che collega l'eversione di destra con i servizi segreti e con pezzi dell'apparato dello Stato. Studioso del fascismo ed esperto di terrorismo nero, Mimmo Franzinelli spiega quelle trame in un volume (La sottile linea nera, Rizzoli, pp. 474, euro 20) che prende in considerazione i cinque anni che andarono dalla strage di piazza Fontana, del 12 dicembre 1969, a quella di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Un lavoro documentato, di stringente attualita' nell'anno in cui si ricordano i 40 anni dalla bomba esplosa a Milano e in cui, a Brescia, si riapre il processo per la strage che colpi' la citta' 35 anni or sono. * - Annachiara Valle: Nel suo libro si parla di linea nera e non di strategia della tensione. Perche'? - Mimmo Franzinelli: E' un'espressione che non mi convince. Strategia della tensione sa troppo di dietrologia, di un progetto chiaro, definito, che trova una sua attuazione. Invece il titolo del mio libro dice di una linea sottile, esile, che si dispiega in modo anche contraddittorio e attraverso fasi alterne. Ma una linea che resiste. C'e' anche un aspetto che mi ha molto interessato ed e' il ruolo del caso, dell'imprevisto. Accanto ad alcuni attentati riusciti ce ne sono diversi altri falliti e, a volte, falliti per delle inezie: uno sbaglio nella collocazione del timer, un malfunzionamento della miccia. Molte stragi sono state evitate per un soffio. E poi ho cercato di ricostruire una situazione che era aperta a vari sbocchi e che aveva un punto centrale nel rapporto tra alcuni neofascisti e i capi dei servizi segreti. * - Annachiara Valle: Quale tipo di rapporto e' riuscito a documentare? - Mimmo Franzinelli: Mi e' sembrato un rapporto molto piu' mosso e movimentato - e anche difficile da interpretare - rispetto a quella versione molto semplicistica di un servizio segreto che utilizza, come un burattinaio, la manovalanza fascista. Ho cercato di ricostruire non il progetto, ma i progetti che c'erano nella destra radicale. Parlo di progetti perche' cio' che voleva Ordine nuovo era diverso da cio' che voleva Avanguardia nazionale, per esempio. E poi mi sono posto una domanda che credo sia focale: figure molto note come quella di Guido Giannettini erano davvero agenti dei servizi segreti? Mi sono convinto, nel corso della mia ricerca, che c'erano personaggi che si percepivano come militanti politici e che quindi si rapportavano in tale veste con i servizi segreti e forse si infiltravano in essi. C'era questo gioco duplice, molto rischioso, e che l'Italia ha pagato caro: cioe' dei servizi segreti che cercavano di infiltrarsi dentro l'estremismo nero, e un estremismo nero che, a sua volta, si rapportava in modo utilitaristico con i servizi. Le strategie erano diverse perche' e' indubbio che i servizi segreti non progettassero le stragi, ma certamente cercavano di cavalcare questi personaggi che poi le stragi le facevano, anche con lo scopo di mettere i capi dei servizi segreti di fronte a fatti compiuti. * - Annachiara Valle: C'e' poi anche tutto il capitolo dei depistaggi. - Mimmo Franzinelli: Indagando il rapporto tra i servizi segreti e le stragi, mi sono chiesto proprio questo: perche' tutti questi depistaggi e perche' l'ostinata protezione di questi neofascisti che erano in contatto con i servizi segreti? Torniamo a Giannettini che e' la figura chiave. E' indagato nei processi per strage, ma protetto nella fuga all'estero, condannato e poi assolto. E' tutto poco chiaro quel che avviene attorno a lui. Dalla strage del 1969 Giannettini viene a lungo protetto sinche', nel 1974, il nuovo ministro della Difesa, Giulio Andreotti, decide che sia opportuno ammettere la sua affiliazione al Sid (Servizio informazione difesa) sempre negata in precedenza. * - Annachiara Valle: Anche leggendo il suo libro si ha l'impressione che si sappiano molte cose, quasi tutto. Ma poi non cambia nulla. Perche'? - Mimmo Franzinelli: Per rispondere darei un'occhiata al calendario: siamo nel 2009. Queste vicende le vedo remote e vicine. Remote, perche' sono passate decine di anni. Ma sono anche vicine perche' chi, come me, in quegli anni era adolescente vive queste cose come parte del suo vissuto. Siamo stati in un certo senso traumatizzati. In quegli anni vi era una richiesta di conoscenza e di verita' da parte della societa' italiana, la magistratura indagava, in certi casi con intelligenza in altri con miopia. E poi sono intervenuti questi depistaggi. Tutto questo e' per dire che a un certo punto questa sete, questa angoscia di verita' e' stata delusa. Per piazza Fontana e' ufficiale la non esistenza di una verita' giudiziale, per piazza della Loggia e' in corso il processo. Personalmente, e nel libro lo faccio trasparire, sono molto pessimista sul fatto che si possa arrivare a qualcosa. E' dunque successo che a un certo punto sia subentrata la delusione. In assenza di una verita' giudiziale si e' ritenuto, da parte dell'opinione pubblica, che non c'e' una verita', cioe' che tutte le verita' sono possibili, tutte le ipotesi sono interscambiabili. C'e' in giro una quantita' di libri dove c'e' tutto e il contrario di tutto. E' un approdo molto deludente, ma un dato di fatto. * - Annachiara Valle: Del processo per piazza della Loggia quasi non si parla. E' un'impressione che il terrorismo di destra non desti attenzione? - Mimmo Franzinelli: Per Brescia credo sia determinante questa grossa delusione che ha avuto la citta'. A un certo punto sono stati individuati mandanti e responsabili, ma poi sono stati scarcerati e prosciolti. Questo ha lasciato il segno in termini di disincanto. Oggi Brescia mi da' l'impressione di una citta' distratta che non si vuole piu' appassionare. Voglio pero' ricordare che in citta' c'e' una struttura, la Casa della memoria, guidata da Manlio Milani, che lavora molto anche senza clamori. Un lavoro lodevole perche' non e' di tipo retorico, politico o partitico, ma un lavoro sulla cultura per capire come nasce e si diffonde la cultura della violenza. * - Annachiara Valle: L'Italia fara' mai i conti con gli anni di piombo? - Mimmo Franzinelli: E' difficile e c'e' il rischio che si arrivi all'oblio. Dietro la ricerca che ho fatto per il mio libro c'e' proprio una tensione cognitiva e una coscienza civile che vogliono evitare che si arrivi alla dimenticanza. Occorre cercare di spiegare perche' e' avvenuto tutto quello che e' accaduto. Io credo che bisogna tenere conto del fatto che si era in un momento di forti cambiamenti, di grossi traumi, nel pieno della guerra fredda. Ci sono stati contraccolpi e pesanti connivenze a livello istituzionale. Oggi, pero', siamo in ben altra fase e dunque si potrebbe arrivare a una situazione di conoscenza. Inoltre chi, pur avendo partecipato alle stragi o frequentato quelle aree, e' stato assolto non puo' piu' essere incriminato neppure se si autodenunciasse. Spero che, magari sul punto di morte, qualcuno di questi terroristi trovi un barlume di dignita' per restituire ai parenti delle vittime, alla societa' e alle vittime stesse quella verita' che e' dovuta. Capisco che e' un'ipotesi che puo' sembrare remota, ma di fronte al fallimento della soluzione giudiziaria c'e' da sperare solo nella coscienza. 9. LIBRI. ELISA CARANDINA PRESENTA "PAESAGGIO CON TRE ALBERI" DI YEHOSHUA KENAZ [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2009 col titolo "Un gioco di dettagli per Yehoshua Kenaz" e il sommario "Narrativa. Da Nottetempo un racconto dell'autore israeliano"] Yehoshua Kenaz, Paesaggio con tre alberi, Nottetempo, pp. 103, euro 13. * "'Voi parlate molto di particolari' continuo' Harry 'e' la cosa che conta di piu' per voi?'. Lui ci penso' su un momento e poi, con grande sforzo di concentrazione, con gli incisivi piantati nel labbro inferiore, rispose: 'I particolari sono come la nostra vita, no?'". Il dialogo si svolge tra Franck, un soldato inglese di stanza a Haifa durante gli anni del mandato britannico, e Harry, un padre di famiglia che si e' trasferito in citta' per lavorare in una base militare. Franck trascorre tutto il tempo libero lavorando a una copia di Paesaggio con tre alberi, il dipinto di Rembrandt che da' il titolo al racconto di Yehoshua Kenaz tradotto ora da Elena Loewenthal per Nottetempo. Stupito di fronte alla quantita' di dettagli introdotti dal grande artista, lo sprovveduto soldato si applica a una riproduzione meticolosa. Eppure, a lavoro finito, l'atmosfera del paesaggio sara' del tutto differente. Ricopiare i particolari non basta per riprodurre l'effetto d'insieme. Questa dinamica tra dettaglio e quadro generale ricorre in tutta la produzione di Kenaz e costituisce uno dei maggiori pregi della sua opera, nella quale la visione complessiva emerge sempre come risultato, non di rado contraddittorio, di una molteplicita' di punti di vista sulla vita dei singoli personaggi. Queste individualita', ritratte spesso come dolorose solitudini, compongono la polifonia condominiale che tanto affascina lo scrittore israeliano. Proprio sul condominio si basa anzi l'impianto narrativo di molti suoi testi, da Cortocircuito a Voci di mutuo amore. Passando da un appartamento all'altro, il lettore osserva le vicende quotidiane e i drammi domestici, come sono vissuti dai protagonisti e come invece sono percepiti dai vicini. Cosi', in una sorta di ritratto cubista si vanno ad accumulare le prospettive, formando quel quadro generale che non e' mai solo la somma degli elementi che lo compongono. In Paesaggio con tre alberi la prospettiva scelta dall'autore e' quella del figlio di Harry e Becky. Il bambino, di cui non viene rivelato il nome, e' il filtro attraverso il quale il lettore osserva la realta'. Una sineddoche nella sineddoche, dunque: la realta' e' fatta di particolari e fra questi vengono scelti per ritrarla solo quelli che coglie un bambino. Come spesso accade in Kenaz, tuttavia, all'osservazione del mondo esterno si accompagna un percorso di analisi interiore: il bambino, infatti, e' ritratto nel momento di passaggio dall'infanzia all'eta' adulta, proprio come accadeva in Fra la notte e l'alba, con cui questo racconto condivide temi e toni. L'amicizia, la morte, il complicato mondo degli adulti compongono il mondo di un bambino che si vergogna di dormire in un lettino con le sbarre e la cui vita quotidiana e' scandita dalle visite ai vicini con i quali condivide la stanza da bagno, da quelle di Tamara, bizzarra cugina della madre, dal primo viaggio a Gerusalemme. Come in Grossman, il filtro dell'infanzia diventa potente strumento di introspezione dell'universo dei bambini come di quello degli adulti. Manca tuttavia quell'amarezza che spesso nella letteratura israeliana accompagna questo tipo di narrazioni, orientate di frequente a una denuncia della corruzione del mondo infantile da parte degli adulti. L'enfasi in Kenaz e' invece tutta sulla fine dell'infanzia, sulla percezione "di quel che era ormai irrimediabilmente finito". In questa ricerca di una visione complessiva, di un'immagine sfuggente che si cerca di fissare grazie ai particolari, la valenza dell'intermediario e' decisiva. "Chissa' se avevano notato la differenza d'umore, nei due disegni, malgrado la somiglianza fin nei minimi particolari. Il cielo di Franck in effetti era piu' opprimente, la vita sulla terra li' sembrava quasi schiacciata sotto il suo peso: la scena pastorale sotto il cielo di Rembrandt ricordava invece, in quello di Franck, una specie di regione desertica, con i tre alberi piantati in cima alla collina simili a tre sentinelle armate". Pur nella ricerca di una mimesi perfetta del reale, l'autore lascia il proprio segno, come accade a Franck, che non si tratterra' dall'aggiungere un personalissimo dettaglio alla sua copia. Ma la storia del piccolo soldato che ricopia Rembrandt evoca un'ultima suggestione: pensando all'intensa attivita' di traduttore di Kenaz, voce israeliana di Balzac, Mauriac, Flaubert, Simenon, traspare tra le righe un richiamo, forse un'allusione ironica all'arte della traduzione quale tentativo di riprodurre un capolavoro. 10. LIBRI. CLAUDIO TOGNONATO PRESENTA "L'ANTI-ARON" DI PIERRE VERSTRAETEN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 marzo 2009 col titolo "Il divenire tortuoso della rivoluzione. Quel dialogo tra Raymond Aron e Jean-Paul Sartre"] Pierre Verstraeten, L'anti-Aron, Editions de la difference, euro 15. * Anche se gli anni delle contrapposizioni tra Jean-Paul Sartre e Raymond Aron sono ormai tramontati, molti dei problemi da loro sollevati restano irrisolti. Pierre Verstraeten, nel suo L'Anti-Aron, (Editions de la Difference) propone tesi di grande interesse e cerca possibili risposte ad alcune critiche che Aron nella sua Histoire et dialectique de la violence rivolge alla Critica della ragion dialettica di Sartre. Che Aron e Sarte abbiano espresso posizioni inconciliabili e' cosa nota, ma pochi ricordano come abbiano compiuto un percorso insieme, prima accompagnati da Simone de Beauvoir e Paul Nizan nell'Ecole Normale Superieure, poi ritrovandosi nel comune riferimento alla filosofia tedesca di Husserl e Heidegger e nel loro rifiuto dell'idealismo dominante all'epoca nell'universita' francese. Nel 1945, quando Sartre fondo' la rivista "Les Temps Modernes", insieme a Maurice Merleau-Ponty, Albert Camus e Simone de Beauvoir, invito' anche Aron a far parte del comitato di redazione, anche se poco dopo le loro strade avrebbero preso indirizzi diversi. Docente all'Universite' libre de Bruxelles, Pierre Verstraeten non e' soltanto uno studioso dell'opera di Sartre, ma anche, a partire degli anni '60, uno tra i suoi piu' importanti collaboratori. Ha diretto la collana filosofica di Galllimard, prima insieme a Sartre, per poi proseguire da solo fino al 1992. Tra le sue opere si possono segnalare Violence et Etique, uno studio sul teatro di Sartre, e il lavoro intorno agli scritti postumi di Sartre, a partire da quelli sulla morale e sul Saint Genet comedien et martyr. Per comprendere appieno il dialogo e il conflitto tra Sartre e Aron e' pero' necessario chiarire i diversi ambiti di lavoro a cui fanno riferimento le loro opere, perche' "mentre Aron si e' interessato alla sociologia tedesca (Weber, Dilthey, Simmel), ed alla loro applicazione e implicazione nella comprensione dei fenomeni sociali e storici (...) i primi lavori di Sartre erano rivolti alla psicologia, dunque ad una prospettiva piu' individualista che sociale e simultaneamente volevano dare risposta alla sfida di trovare un fondamento ontologico dell'umano". Una differenza che non indica incompatibilita', ma piuttosto complementarieta' nel campo delle scienze umane. In questo senso Verstraeten ricorda che in uno dei suoi incontri con Sartre, il filosofo gli confesso' che uno degli obiettivi della Critique era proprio quello di rispondere al relativismo e al pluralismo storico di Aron. Il dialogo diventa infine contrapposizione nella Parigi del Sessantotto quando molti filosofi e studiosi lavoravano per favorire una "rivoluzione culturale" che permettesse, da una parte di superare l'ideologia del consumo, e dall'altra di superare l'irrigidimento dogmatico della dialettica. Sono gli anni della rive gauche in cui l'ottimismo e la speranza di cambiamento portano la sinistra a dire: "preferisco sbagliare con Sartre che aver ragione con Aron". Il confronto tra i due intellettuali e' sempre piu' aspro. Aron attacca Sartre e dice di non aver trovato nulla di particolarmente nuovo nella Critique. Sartre invece e' convinto di aver fondato una nuova impostazione per la dialettica marxista e di aver posto un argine definitivo agli eccessi teorici e pratici di stampo stalinista. Nella Histoire et dialectique de la violence Aron critica invece la filosofia della liberta' di Sartre considerandola un fiancheggiamento se non addirittura il sostegno a certe forme di terrorismo. Verstraeten sostiene tuttavia che se si analizzano in profondita' le critiche di Aron ci si trova di fronte a un "travestimento" del pensiero di Sartre nei suoi punti essenziali, fino ad affermare che Aron non ha mai capito il pensiero di Sartre. In particolare attorno a due temi: il bisogno e l'alienazione. Da una parte la nozione di "bisogno" ha in Sartre una portata inedita in quando adattamento organico-dialettico di quella struttura dell'azione che era, nell'Essere e il nulla, il per-se'. Dall'altra il rifiuto di Aron di capire la concezione sartriana dell'alienazione che si propone come sintesi e superamento di quella hegeliana, dove ogni oggettivazione della coscienza presenta una alienazione in quanto privazione dell'"intenzione di senso" insita nell'agire, e quella marxista che la rende concretamente campo di affermazione di se'. Sartre propone di riunire, in un depassement, l'alienazione, in quanto risultato dell'azione, e l'essere stesso della prassi che nell'azione e' cristallizzato. E' innegabile quindi che le loro posizioni politiche siano diventate con il passare degli anni sempre piu' inconciliabili. Per fare un esempio chiaro a un lettore italiano: mentre Sartre fondava in Francia "Liberation" e sosteneva, anche economicamente, "Il manifesto", Aron pubblicava le sue riflessioni sul "Giornale" di Indro Montanelli. Oggi di fronte a una radicalita' senza piu' esigenze costruttive e' necessario capire "in che modo articolare la violenza critica e la reciprocita' universale entrambe rivendicate da Sartre". Una questione centrale posta da Sarte nella lunga intervista concessa nel 1974 e pubblicata con il noto titolo Ribellarsi e' giusto. Se ogni rivolta implica in se' una violenza, allora, e' sempre giusto ribellarsi? 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 783 del 7 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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