Minime. 783



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 783 del 7 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Dopo, prima
2. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
3. Stefano Longagnani: L'odio e il profitto
4. Giuliana Sgrena: La frusta
5. Giulio Vittorangeli: Carne da macello
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Edoardo Bruno ricorda Umberto Barbaro
8. Annachiara Valle intervista Mimmo Franzinelli
9. Elisa Carandina presenta "Paesaggio con tre alberi" di Yehoshua Kenaz
10. Claudio Tognonato presenta "L'anti-Aron" di Pierre Verstraeten
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. DOPO, PRIMA

"Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
Tristi custodi segreti del tuono definitivo,
Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate".
E' la chiusa de "La bambina di Pompei" di Primo Levi.
*
Dinanzi alle tragedie provocate dalle catastrofi naturali, rese assai piu'
catastrofiche dalla devastazione del territorio da parte degli esseri umani,
nel lutto e nello sgomento tornano ad agire nelle coscienze le antiche e
sempre vere parole che convocano alla consapevolezza della costitutiva
fragilita' umana, che chiamano al dovere della solidarieta', che rammemorano
cosa l'umanita' sia e cosa la natura e quale complessa ineludibile relazione
si dia tra tutte le cose e le vite che esistono.
Qui si rispecchia l'hybris e qui dalla compassione puo' scaturire e
rinnovarsi un patto di rispetto e di amore, di mutuo soccorso, di
riconoscimento. E uno sguardo veritiero e misericorde sul mondo e sull'umana
famiglia. Un impegno di giustizia e di cura.
*
Lo sapeva Leopardi, lo sapevano i tragici greci, lo sapeva Qohelet. Ce lo
ricorda ogni giorno il pensiero delle donne, da Martha Nussbaum a Vandana
Shiva.
*
Chiunque puo' ponga mano a recare soccorso ai superstiti.
E si cessi di sperperare ingegno e risorse a fini di male, di persecuzione e
uccisioni.
Vi e' una sola umanita'. Gia' cosi' abissalmente sofferente.

2. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

3. UNA SOLA UMANITA'. STEFANO LONGAGNANI: L'ODIO E IL PROFITTO
[Ringraziamo Stefano Longagnani (per contatti: longagnani at yahoo.it) per
questo intervento]

Col disegno di legge gia' approvato dal Senato, e ora in discussione alla
Camera, viene introdotto il reato di soggiorno illegale. Con l'approvazione
dell'art. 19 del disegno di legge sulla sicurezza in Italia sara' reato
penale per gli stranieri non avere i documenti in regola. Con questo e con
altri simili provvedimenti contenuti nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" si
colpiscono i piu' deboli, le persone alla base della piramide sociale,
all'interno di una visione politica che parla del "noi" e del "loro". "Noi"
e "gli altri" sempre piu' separati, distanti, guardandosi con sospetto e tra
un po' anche con odio. Da una parte questa classe politica depenalizza i
reati dei colletti bianchi, dall'altra inasprisce le pene per i reati
commessi dalle persone oggettivamente in difficolta'; per arrivare
addirittura ad inventare ad hoc nuovi reati per gli esseri umani senza
diritti che approdano nel nostro paese alla ricerca di una vita migliore per
se' e per i propri figli.
Ha iniziato nel 1994 il governo Berlusconi con la depenalizzazione di molti
reati ambientali (ormai da tutti dimenticato), ha continuato un altro
governo Berlusconi con la depenalizzazione del falso in bilancio e con
l'abbreviazione della prescrizione per chi riesce a difendersi dal processo,
non nel processo.
Nello stesso tempo chi non aveva i documenti in regola e' stato sanato,
condonato. Ma non si trattava dei documenti di soggiorno (che servono per
poter trovare un lavoro in regola, non uno sfruttato in nero o asservito
alla criminalita'), si trattava delle dichiarazioni delle tasse (evase), dei
fondi neri all'estero (fatti rientrare), dei documenti per il condono
edilizio. I reati dei colletti bianchi appunto. Evasione, abusi edilizi,
fondi neri, false contabilita'.
E per gli italiani in difficolta' (dato che votano) non diritti, ma
beneficienza una tantum (premio bebe' nel 2006, social card e bonus famiglia
nel 2008 e 2009), con una strizzatina d'occhio che significa: "Rivotaci
altrimenti poi piu' nulla!".
Vogliono che ci odiamo a vicenda. Che la povera gente italiana odi i poveri
immigrati che gli "rubano il lavoro". E mentre ci odiamo tra "noi" e "loro",
chi puo' ne approfitta, "i padroni del vapore", come li chiamava Ernesto
Rossi, non hanno piu' regole che li riguardino. E fomentano una guerra tra
poveri che non puo' che fare l'interesse di chi povero non e'. E allora per
fomentarla sempre di piu', questa guerra, si sopprime anche il comma 5
dell'art. 35 del Testo Unico sull'immigrazione che prevedeva il divieto di
segnalazione, da parte dei medici, dello straniero non in regola con le
norme sul soggiorno. E' aperta la caccia all'immigrato, al diverso da noi,
ronde di quartiere comprese.

4. PAKISTAN. GIULIANA SGRENA: LA FRUSTA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2009 col titolo "Frustata dai
taleban, in tv" e il sommario "Pakistan. Nella valle di Swat dove e' in
vigore la sharia con l'accordo di Islamabad. Il video della punizione della
diciassettenne venduto al mercato"]

Una donna con il capo coperto dal burqa viene tenuta per i piedi e per le
mani da due uomini mentre un terzo con barba e turbante da taleban la frusta
con una cintura di pelle. Inutilmente la ragazza urla di smetterla, nessuno
l'ascolta, ne' i suoi aguzzini ne' gli uomini presenti alla fustigazione. La
scena raccapricciante e' stata ripresa con un telefonino e il video venduto
al mercato e ripetutamente trasmesso da una tv locale, nella valle di Swat
nel nord del Pakistan, a circa 150 chilometri da Islamabad. Una volta
attraente zona turistica del Pakistan con rovine buddiste e campi da sci,
ora enclave riconosciuta dei taleban in Pakistan, dopo che il governo di
Islamabad ha ceduto loro il controllo lo scorso febbraio in seguito ad un
accordo per la "pacificazione" della zona. Secondo l'ordine del terrore
imposto dai taleban, ogni punizione serve da monito, cosi' le punizioni
esemplari vengono registrate e diffuse.
La ragazza del video, diciassettenne, sarebbe stata frustata - gli unici
dubbi sul fatto riguardano la data in cui sarebbe avvenuto - per aver avuto
una relazione con un uomo che non era suo marito, lo stesso che ha
denunciato il fatto. Purtroppo le denunce sono spesso ritorsioni se una
donna rifiuta delle avances, visto che non ocorre nessuna prova. Ma anche
questo non deve sorprendere perche' non servono prove per condannare le
donne, bastano sospetti e non serve nemmeno una sentenza formale. Anzi, se
un processo ci fosse stato forse la giovane in questione sarebbe stata
lapidata, condanna peraltro auspicata da un esponente taleban della zona.
Il video ha messo in forte imbarazzo il governo di Islamabad, complice di
fatto con i taleban. E peraltro non e' la prima volta che il governo
pakistano appoggia i famigerati "studenti di teologia" che proprio in
Pakistan hanno avuto la loro formazione; e' gia' successo con il governo di
Benazir Bhutto che in alleanza con gli Stati Uniti aveva favorito l'ascesa
dei taleban e la loro conquista dell'Afghanistan. Ora tocca al marito
Zardari, che ha ceduto la regione dello Swat ai fautori della versione piu'
oscurantista della legge coranica, che e' stata riproposta in Pakistan
secondo le regole imposte in Afghanistan prima del 2001. Nella zona molti
oppositori sono stati assassinati e sono state distrutte 200 scuole. Il
primo ministro pakistano Yousuf Raza al Gilani ha condannato il vergognoso
"incidente" e ha ordinato una inchiesta, ma ha ribadito che il governo si
ritiene impegnato a rispettare l'accordo di riconciliazione. Anzi c'e' chi
ha avanzato l'ipotesi che la diffusione del video sia un complotto per
boicottare l'applicazione della sharia nella regione dello Swat.
"Si tratta di una piccola cosa. Dobbiamo parlare degli attacchi dei droni,
non dei fatti minori", ha detto Munawar Hassan, leader della Jamaat-e-Islami
riferendosi agli attacchi degli americani nelle zone di frontiera ma
all'interno del Pakistan. Per gli islamisti le questioni che riguardano le
donne, anche se si tratta di punizioni efferate come quella ripresa dal
video, sono sempre fatti senza importanza.
La zona in questione e' di estrema importanza per i rapporti con
l'Afghanistan e soprattutto per il passaggio dei rifornimenti alle truppe
Nato. Su strada, via Pakistan, e quindi obbligatoriamente dal nord del
paese, passa il 75% delle merci destinate alle truppe internazionali.
Rifornimenti che sono spesso messi a repentaglio proprio dagli attacchi che
partono dalle zone tribali di confine, compresa la zona che rappresenta il
retroterra dei taleban. Per questo gli ufficiali della Nato avevano
criticato l'accordo raggiunto dal governo di Islamabad con i taleban sulla
valle di Swat ritenendo che questo avrebbe garantito un rifugio sicuro e una
roccaforte per i taleban che continuano a lanciare attacchi oltre frontiera
contro le truppe americane e della Nato.
Nessuna reazione invece al fatto che nella zona veniva reinstaurata quella
sharia che era stata, almeno formalmente e per il momento, abolita in
Afghanistan. Ma come si vede i taleban fanno concorrenza a Karzai che ha
appena firmato un codice della famiglia per gli sciiti afghani che non ha
nulla da invidiare alla sharia applicata oltre confine. Il tutto sotto la
supervisione occidentale.

5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: CARNE DA MACELLO
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

"Che cosa ci rimane da fare?", si domanda alla fine Juan. "Stiamo rischiando
il tutto per tutto, perche' le condizioni in cui stiamo vivendo
nell'accampamento sono difficili, benche' l'aiuto che ci hanno inviato la
Uita e l'Associazione Italia-Nicaragua ci stanno permettendo di avere il
cibo assicurato. Da qui non andiamo via fino a che non ci danno una risposta
positiva e siamo disposti ad arrivare fino alle estreme conseguenze". Sono
le parole di Juan Martinez della Anairc (Asociacion Nicaraguense de
Afectados por Insuficiencia Renal Cronica), rilasciate nellointervista al
giornalista Giorgio Trucchi il 31 marzo scorso a Managua, Nicaragua: "Ho
saputo che si e' preparato a lungo per questa intervista, e che quasi non ha
dormito per cercare di ricordare i dettagli dei 42 anni passati a lavorare
nell'Ingenio San Antonio, fino al 2005 quando l'hanno buttato fuori perche'
malato. La stessa drammatica storia che raccontano tutti gli ex lavoratori.
Entrato a lavorare nel 1963 con la forza dei suoi 16 anni, ne e' uscito
gravemente malato quando gli mancavano solo tre anni alla pensione. Ha
svolto sempre lavori di magazzino e come scaricatore, vivendo nella
cittadella che l'Ingenio San Antonio fece costruire in mezzo alle
piantagioni di canna da zucchero. Li' e' cresciuto ed ha assorbito tutti i
pesticidi che l'impresa spargeva con i piccoli aerei che sorvolavano i
campi, con l'obiettivo di far maturare piu' velocemente la canna da
zucchero. Vi e' rimasto fino al 1966, quando gia' la notizia dell'epidemia
di insufficienza renale cronica (Irc) si era propagata ed aveva raggiunto
anche il punto piu' remoto dei dipartimenti di Chinandega e Leon".
Racconta Juan: "Un pomeriggio del 2005 cominciai a sentire nausea, mal di
testa, dolori alle ossa ed avevo i piedi molto caldi. Andai immediatamente
dal medico dell'ospedale dell'Ingenio San Antonio e mi feci le analisi, ma
mi dissero che era un'infezione intestinale. Presi la mia medicina e
ritornai al lavoro. Dopo 15 giorni mi sentii male nuovamente e questa volta
mi fecero la prova della creatina per controllare la mia funzione renale.
Avevo 6 mg/dl, mentre il valore massimo per gli uomini e' di 1,2 mg/dl".
"Per Juan - prosegue Trucchi - comincio' il dramma che migliaia di persone
hanno vissuto nelle ultime decadi. Dopo sei mesi di malattia riusci' a far
scendere il valore della creatina, ma quando ritorno' all'impresa il medico
gli disse chiaramente che non poteva continuare a lavorare e che l'unica
soluzione era quella di andare alla Previdenza Sociale, l'Inss, per cercare
di ottenere una pensione".
Di questa drammatica storia degli ammalati di insufficienza renale cronica,
i migliaia di ex lavoratori dell'Ingenio San Antonio che con il loro sangue
e la loro sofferenza hanno prodotto il rum piu' famoso del Nicaragua "Flor
de Cana", l'Associazione Italia-Nicaragua ha cercato di informare e
sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale.
E' una vicenda che ci riguarda purtroppo direttamente come italiani, visto
che il maggior imputato nella vicenda di pesticidi, Carlos Pellas Chamorro
(proprietario dell'Ingenio San Antonio) e' stato nominato - da Alberto
Boniver, ambasciatore d'Italia in Nicaragua - console onorario (ottobre
2008) e precedentemente era stato insignito dell'onorificenza dell'Ordine
della stella della solidarieta' italiana, nel suo massimo grado di Grande
Ufficiale.
Tutto questo e' stato denunciato dall'Associazione Italia-Nicaragua, ma con
scarsi risultati; non c'e' stata nessuna interpellanza parlamentare e pochi
mezzi d'informazione si sono soffermati sulla vicenda.
Che questa dolorosa realta' passi sotto silenzio nell'Italia attuale della
desertificazione culturale e della disgregazione sociale, non sorprende, ma
certamente indigna. A conferma che le sofferenze degli sfruttati, oramai in
tutto il mondo, hanno perduto i loro "difensori d'ufficio".
Siamo nel pieno di una crisi ormai ufficialmente dichiarata piu' grave di
quella del 1929. La torsione autoritaria e' il corollario del tentativo
delle destre di uscirne gravando la mano su lavoratrici e lavoratori,
restringendo gli spazi di democrazia per fronteggiare il malessere sociale:
e noi viviamo in un Paese in cui la democrazia e' ferita dal quasi monopolio
dell'informazione di massa nelle mani del capo della destra e del governo.
Ma il punto e' che il mondo del lavoro, o meglio la societa' del lavoro, per
quanto sconfitta non e' "pacificata"; in Italia come in Nicaragua. Certo la
situazione di sfruttamento e' diversa. Eppure sempre della stessa materia si
parla: salari, occupazione e possibilita' di decidere su modi e tempi della
propria vita, di fronte a una trasformazione violenta dall'alto; e non si e'
persa, fortunamente, la voglia di essere soggetti del proprio destino. Su
questo, sul saper far pesare la politica che viene dalla solidarieta'
internazionale, si gioca buona parte del futuro dell'umanita'.

6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. MEMORIA. EDOARDO BRUNO RICORDA UMBERTO BARBARO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 marzo 2009 col titolo "Ricordo di
Umberto Barbaro"]

Sono gia' passati cinquanta anni dalla morte, avvenuta il 19 marzo 1959, di
Umberto Barbaro, teorico e critico militante, uno dei maggiori insegnanti di
cinema, fondatore insieme a Chiarini del Centro sperimentale di
cinematografia. Cinquanta anni di continui rovesciamenti politici, di
cambiamenti culturali, di trasformazioni sociali che non hanno intaccato il
suo insegnamento, non hanno disperso cio' che i suoi libri, la sua vita
hanno insegnato a una intera generazione. Con lui ho immaginato
"Filmcritica", ho pensato di modificare il modo di riflettere la critica,
inserendo un metodo cognitivo che non fosse solo quella preliminare
preparazione filologica, ma fosse un approccio diretto, appassionato, un
abbraccio anche fisico con le pulsioni, l'affetto quasi carnale, un modo di
assumere il film come una forma poetica e non come uno strumento di
comunicazione di massa. Da qui il valore dell'impianto ideologico, la
connessione del poetico-politico. Per questo Barbaro accettava nel cinema il
lato anche propagandistico, amava i film sovietici per il loro spettacolare
respiro ideologico e per la loro artisticita', che assumeva come essenziale
nel giudizio di cinema come arte...
L'ultimo suo libro pubblicato non a caso e' intitolato Poesia del film e
l'ultimo manoscritto per Einaudi, rimasto solo come prefazione,
"Risarcimento marxista dell'arte". Non a caso il primo suo articolo che
pubblicai sul numero uno di "Filmcritica", intitolato "Servitu' e grandezza
del cinema", rifletteva su un film del 1913 di Martoglio, Sperduti nel buio,
di cui "la qualita' artistica e il suo alto livello morale" passavano quasi
inosservati, offuscati ed eclissati dalla retorica spettacolarita' di
Cabiria dello stesso anno.

8. STORIA. ANNACHIARA VALLE INTERVISTA MIMMO FRANZINELLI
[Dal mensile "Letture" n. 656, aprile 2009, col titolo "Il nostro passato
percorso da una linea nera" e il sommario "Esperto di terrorismo eversivo,
Mimmo Franzinelli documenta in un saggio le connessioni intercorse tra le
organizzazioni armate neofasciste, schegge impazzite dei servizi segreti
italiani e parti dell'apparato statale"]

Una linea nera. Sottile e forte. Che collega l'eversione di destra con i
servizi segreti e con pezzi dell'apparato dello Stato. Studioso del fascismo
ed esperto di terrorismo nero, Mimmo Franzinelli spiega quelle trame in un
volume (La sottile linea nera, Rizzoli, pp. 474, euro 20) che prende in
considerazione i cinque anni che andarono dalla strage di piazza Fontana,
del 12 dicembre 1969, a quella di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Un
lavoro documentato, di stringente attualita' nell'anno in cui si ricordano i
40 anni dalla bomba esplosa a Milano e in cui, a Brescia, si riapre il
processo per la strage che colpi' la citta' 35 anni or sono.
*
- Annachiara Valle: Nel suo libro si parla di linea nera e non di strategia
della tensione. Perche'?
- Mimmo Franzinelli: E' un'espressione che non mi convince. Strategia della
tensione sa troppo di dietrologia, di un progetto chiaro, definito, che
trova una sua attuazione. Invece il titolo del mio libro dice di una linea
sottile, esile, che si dispiega in modo anche contraddittorio e attraverso
fasi alterne. Ma una linea che resiste. C'e' anche un aspetto che mi ha
molto interessato ed e' il ruolo del caso, dell'imprevisto. Accanto ad
alcuni attentati riusciti ce ne sono diversi altri falliti e, a volte,
falliti per delle inezie: uno sbaglio nella collocazione del timer, un
malfunzionamento della miccia. Molte stragi sono state evitate per un
soffio. E poi ho cercato di ricostruire una situazione che era aperta a vari
sbocchi e che aveva un punto centrale nel rapporto tra alcuni neofascisti e
i capi dei servizi segreti.
*
- Annachiara Valle: Quale tipo di rapporto e' riuscito a documentare?
- Mimmo Franzinelli: Mi e' sembrato un rapporto molto piu' mosso e
movimentato - e anche difficile da interpretare - rispetto a quella versione
molto semplicistica di un servizio segreto che utilizza, come un
burattinaio, la manovalanza fascista. Ho cercato di ricostruire non il
progetto, ma i progetti che c'erano nella destra radicale. Parlo di progetti
perche' cio' che voleva Ordine nuovo era diverso da cio' che voleva
Avanguardia nazionale, per esempio. E poi mi sono posto una domanda che
credo sia focale: figure molto note come quella di Guido Giannettini erano
davvero agenti dei servizi segreti? Mi sono convinto, nel corso della mia
ricerca, che c'erano personaggi che si percepivano come militanti politici e
che quindi si rapportavano in tale veste con i servizi segreti e forse si
infiltravano in essi. C'era questo gioco duplice, molto rischioso, e che
l'Italia ha pagato caro: cioe' dei servizi segreti che cercavano di
infiltrarsi dentro l'estremismo nero, e un estremismo nero che, a sua volta,
si rapportava in modo utilitaristico con i servizi. Le strategie erano
diverse perche' e' indubbio che i servizi segreti non progettassero le
stragi, ma certamente cercavano di cavalcare questi personaggi che poi le
stragi le facevano, anche con lo scopo di mettere i capi dei servizi segreti
di fronte a fatti compiuti.
*
- Annachiara Valle: C'e' poi anche tutto il capitolo dei depistaggi.
- Mimmo Franzinelli: Indagando il rapporto tra i servizi segreti e le
stragi, mi sono chiesto proprio questo: perche' tutti questi depistaggi e
perche' l'ostinata protezione di questi neofascisti che erano in contatto
con i servizi segreti? Torniamo a Giannettini che e' la figura chiave. E'
indagato nei processi per strage, ma protetto nella fuga all'estero,
condannato e poi assolto. E' tutto poco chiaro quel che avviene attorno a
lui. Dalla strage del 1969 Giannettini viene a lungo protetto sinche', nel
1974, il nuovo ministro della Difesa, Giulio Andreotti, decide che sia
opportuno ammettere la sua affiliazione al Sid (Servizio informazione
difesa) sempre negata in precedenza.
*
- Annachiara Valle: Anche leggendo il suo libro si ha l'impressione che si
sappiano molte cose, quasi tutto. Ma poi non cambia nulla. Perche'?
- Mimmo Franzinelli: Per rispondere darei un'occhiata al calendario: siamo
nel 2009. Queste vicende le vedo remote e vicine. Remote, perche' sono
passate decine di anni. Ma sono anche vicine perche' chi, come me, in quegli
anni era adolescente vive queste cose come parte del suo vissuto. Siamo
stati in un certo senso traumatizzati. In quegli anni vi era una richiesta
di conoscenza e di verita' da parte della societa' italiana, la magistratura
indagava, in certi casi con intelligenza in altri con miopia. E poi sono
intervenuti questi depistaggi. Tutto questo e' per dire che a un certo punto
questa sete, questa angoscia di verita' e' stata delusa. Per piazza Fontana
e' ufficiale la non esistenza di una verita' giudiziale, per piazza della
Loggia e' in corso il processo. Personalmente, e nel libro lo faccio
trasparire, sono molto pessimista sul fatto che si possa arrivare a
qualcosa. E' dunque successo che a un certo punto sia subentrata la
delusione. In assenza di una verita' giudiziale si e' ritenuto, da parte
dell'opinione pubblica, che non c'e' una verita', cioe' che tutte le verita'
sono possibili, tutte le ipotesi sono interscambiabili. C'e' in giro una
quantita' di libri dove c'e' tutto e il contrario di tutto. E' un approdo
molto deludente, ma un dato di fatto.
*
- Annachiara Valle: Del processo per piazza della Loggia quasi non si parla.
E' un'impressione che il terrorismo di destra non desti attenzione?
- Mimmo Franzinelli: Per Brescia credo sia determinante questa grossa
delusione che ha avuto la citta'. A un certo punto sono stati individuati
mandanti e responsabili, ma poi sono stati scarcerati e prosciolti. Questo
ha lasciato il segno in termini di disincanto. Oggi Brescia mi da'
l'impressione di una citta' distratta che non si vuole piu' appassionare.
Voglio pero' ricordare che in citta' c'e' una struttura, la Casa della
memoria, guidata da Manlio Milani, che lavora molto anche senza clamori. Un
lavoro lodevole perche' non e' di tipo retorico, politico o partitico, ma un
lavoro sulla cultura per capire come nasce e si diffonde la cultura della
violenza.
*
- Annachiara Valle: L'Italia fara' mai i conti con gli anni di piombo?
- Mimmo Franzinelli: E' difficile e c'e' il rischio che si arrivi all'oblio.
Dietro la ricerca che ho fatto per il mio libro c'e' proprio una tensione
cognitiva e una coscienza civile che vogliono evitare che si arrivi alla
dimenticanza. Occorre cercare di spiegare perche' e' avvenuto tutto quello
che e' accaduto. Io credo che bisogna tenere conto del fatto che si era in
un momento di forti cambiamenti, di grossi traumi, nel pieno della guerra
fredda. Ci sono stati contraccolpi e pesanti connivenze a livello
istituzionale. Oggi, pero', siamo in ben altra fase e dunque si potrebbe
arrivare a una situazione di conoscenza. Inoltre chi, pur avendo partecipato
alle stragi o frequentato quelle aree, e' stato assolto non puo' piu' essere
incriminato neppure se si autodenunciasse. Spero che, magari sul punto di
morte, qualcuno di questi terroristi trovi un barlume di dignita' per
restituire ai parenti delle vittime, alla societa' e alle vittime stesse
quella verita' che e' dovuta. Capisco che e' un'ipotesi che puo' sembrare
remota, ma di fronte al fallimento della soluzione giudiziaria c'e' da
sperare solo nella coscienza.

9. LIBRI. ELISA CARANDINA PRESENTA "PAESAGGIO CON TRE ALBERI" DI YEHOSHUA
KENAZ
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2009 col titolo "Un gioco di
dettagli per Yehoshua Kenaz" e il sommario "Narrativa. Da Nottetempo un
racconto dell'autore israeliano"]

Yehoshua Kenaz, Paesaggio con tre alberi, Nottetempo, pp. 103, euro 13.
*
"'Voi parlate molto di particolari' continuo' Harry 'e' la cosa che conta di
piu' per voi?'. Lui ci penso' su un momento e poi, con grande sforzo di
concentrazione, con gli incisivi piantati nel labbro inferiore, rispose: 'I
particolari sono come la nostra vita, no?'". Il dialogo si svolge tra
Franck, un soldato inglese di stanza a Haifa durante gli anni del mandato
britannico, e Harry, un padre di famiglia che si e' trasferito in citta' per
lavorare in una base militare. Franck trascorre tutto il tempo libero
lavorando a una copia di Paesaggio con tre alberi, il dipinto di Rembrandt
che da' il titolo al racconto di Yehoshua Kenaz tradotto ora da Elena
Loewenthal per Nottetempo. Stupito di fronte alla quantita' di dettagli
introdotti dal grande artista, lo sprovveduto soldato si applica a una
riproduzione meticolosa. Eppure, a lavoro finito, l'atmosfera del paesaggio
sara' del tutto differente. Ricopiare i particolari non basta per riprodurre
l'effetto d'insieme.
Questa dinamica tra dettaglio e quadro generale ricorre in tutta la
produzione di Kenaz e costituisce uno dei maggiori pregi della sua opera,
nella quale la visione complessiva emerge sempre come risultato, non di rado
contraddittorio, di una molteplicita' di punti di vista sulla vita dei
singoli personaggi. Queste individualita', ritratte spesso come dolorose
solitudini, compongono la polifonia condominiale che tanto affascina lo
scrittore israeliano. Proprio sul condominio si basa anzi l'impianto
narrativo di molti suoi testi, da Cortocircuito a Voci di mutuo amore.
Passando da un appartamento all'altro, il lettore osserva le vicende
quotidiane e i drammi domestici, come sono vissuti dai protagonisti e come
invece sono percepiti dai vicini. Cosi', in una sorta di ritratto cubista si
vanno ad accumulare le prospettive, formando quel quadro generale che non e'
mai solo la somma degli elementi che lo compongono.
In Paesaggio con tre alberi la prospettiva scelta dall'autore e' quella del
figlio di Harry e Becky. Il bambino, di cui non viene rivelato il nome, e'
il filtro attraverso il quale il lettore osserva la realta'. Una sineddoche
nella sineddoche, dunque: la realta' e' fatta di particolari e fra questi
vengono scelti per ritrarla solo quelli che coglie un bambino. Come spesso
accade in Kenaz, tuttavia, all'osservazione del mondo esterno si accompagna
un percorso di analisi interiore: il bambino, infatti, e' ritratto nel
momento di passaggio dall'infanzia all'eta' adulta, proprio come accadeva in
Fra la notte e l'alba, con cui questo racconto condivide temi e toni.
L'amicizia, la morte, il complicato mondo degli adulti compongono il mondo
di un bambino che si vergogna di dormire in un lettino con le sbarre e la
cui vita quotidiana e' scandita dalle visite ai vicini con i quali condivide
la stanza da bagno, da quelle di Tamara, bizzarra cugina della madre, dal
primo viaggio a Gerusalemme. Come in Grossman, il filtro dell'infanzia
diventa potente strumento di introspezione dell'universo dei bambini come di
quello degli adulti. Manca tuttavia quell'amarezza che spesso nella
letteratura israeliana accompagna questo tipo di narrazioni, orientate di
frequente a una denuncia della corruzione del mondo infantile da parte degli
adulti. L'enfasi in Kenaz e' invece tutta sulla fine dell'infanzia, sulla
percezione "di quel che era ormai irrimediabilmente finito".
In questa ricerca di una visione complessiva, di un'immagine sfuggente che
si cerca di fissare grazie ai particolari, la valenza dell'intermediario e'
decisiva. "Chissa' se avevano notato la differenza d'umore, nei due disegni,
malgrado la somiglianza fin nei minimi particolari. Il cielo di Franck in
effetti era piu' opprimente, la vita sulla terra li' sembrava quasi
schiacciata sotto il suo peso: la scena pastorale sotto il cielo di
Rembrandt ricordava invece, in quello di Franck, una specie di regione
desertica, con i tre alberi piantati in cima alla collina simili a tre
sentinelle armate". Pur nella ricerca di una mimesi perfetta del reale,
l'autore lascia il proprio segno, come accade a Franck, che non si
tratterra' dall'aggiungere un personalissimo dettaglio alla sua copia.
Ma la storia del piccolo soldato che ricopia Rembrandt evoca un'ultima
suggestione: pensando all'intensa attivita' di traduttore di Kenaz, voce
israeliana di Balzac, Mauriac, Flaubert, Simenon, traspare tra le righe un
richiamo, forse un'allusione ironica all'arte della traduzione quale
tentativo di riprodurre un capolavoro.

10. LIBRI. CLAUDIO TOGNONATO PRESENTA "L'ANTI-ARON" DI PIERRE VERSTRAETEN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 marzo 2009 col titolo "Il divenire
tortuoso della rivoluzione. Quel dialogo tra Raymond Aron e Jean-Paul
Sartre"]

Pierre Verstraeten, L'anti-Aron, Editions de la difference, euro 15.
*
Anche se gli anni delle contrapposizioni tra Jean-Paul Sartre e Raymond Aron
sono ormai tramontati, molti dei problemi da loro sollevati restano
irrisolti. Pierre Verstraeten, nel suo L'Anti-Aron, (Editions de la
Difference) propone tesi di grande interesse e cerca possibili risposte ad
alcune critiche che Aron nella sua Histoire et dialectique de la violence
rivolge alla Critica della ragion dialettica di Sartre. Che Aron e Sarte
abbiano espresso posizioni inconciliabili e' cosa nota, ma pochi ricordano
come abbiano compiuto un percorso insieme, prima accompagnati da Simone de
Beauvoir e Paul Nizan nell'Ecole Normale Superieure, poi ritrovandosi nel
comune riferimento alla filosofia tedesca di Husserl e Heidegger e nel loro
rifiuto dell'idealismo dominante all'epoca nell'universita' francese. Nel
1945, quando Sartre fondo' la rivista "Les Temps Modernes", insieme a
Maurice Merleau-Ponty, Albert Camus e Simone de Beauvoir, invito' anche Aron
a far parte del comitato di redazione, anche se poco dopo le loro strade
avrebbero preso indirizzi diversi.
Docente all'Universite' libre de Bruxelles, Pierre Verstraeten non e'
soltanto uno studioso dell'opera di Sartre, ma anche, a partire degli anni
'60, uno tra i suoi piu' importanti collaboratori. Ha diretto la collana
filosofica di Galllimard, prima insieme a Sartre, per poi proseguire da solo
fino al 1992. Tra le sue opere si possono segnalare Violence et Etique, uno
studio sul teatro di Sartre, e il lavoro intorno agli scritti postumi di
Sartre, a partire da quelli sulla morale e sul Saint Genet comedien et
martyr.
Per comprendere appieno il dialogo e il conflitto tra Sartre e Aron e' pero'
necessario chiarire i diversi ambiti di lavoro a cui fanno riferimento le
loro opere, perche' "mentre Aron si e' interessato alla sociologia tedesca
(Weber, Dilthey, Simmel), ed alla loro applicazione e implicazione nella
comprensione dei fenomeni sociali e storici (...) i primi lavori di Sartre
erano rivolti alla psicologia, dunque ad una prospettiva piu' individualista
che sociale e simultaneamente volevano dare risposta alla sfida di trovare
un fondamento ontologico dell'umano". Una differenza che non indica
incompatibilita', ma piuttosto complementarieta' nel campo delle scienze
umane. In questo senso Verstraeten ricorda che in uno dei suoi incontri con
Sartre, il filosofo gli confesso' che uno degli obiettivi della Critique era
proprio quello di rispondere al relativismo e al pluralismo storico di Aron.
Il dialogo diventa infine contrapposizione nella Parigi del Sessantotto
quando molti filosofi e studiosi lavoravano per favorire una "rivoluzione
culturale" che permettesse, da una parte di superare l'ideologia del
consumo, e dall'altra di superare l'irrigidimento dogmatico della
dialettica. Sono gli anni della rive gauche in cui l'ottimismo e la speranza
di cambiamento portano la sinistra a dire: "preferisco sbagliare con Sartre
che aver ragione con Aron". Il confronto tra i due intellettuali e' sempre
piu' aspro. Aron attacca Sartre e dice di non aver trovato nulla di
particolarmente nuovo nella Critique. Sartre invece e' convinto di aver
fondato una nuova impostazione per la dialettica marxista e di aver posto un
argine definitivo agli eccessi teorici e pratici di stampo stalinista. Nella
Histoire et dialectique de la violence Aron critica invece la filosofia
della liberta' di Sartre considerandola un fiancheggiamento se non
addirittura il sostegno a certe forme di terrorismo.
Verstraeten sostiene tuttavia che se si analizzano in profondita' le
critiche di Aron ci si trova di fronte a un "travestimento" del pensiero di
Sartre nei suoi punti essenziali, fino ad affermare che Aron non ha mai
capito il pensiero di Sartre. In particolare attorno a due temi: il bisogno
e l'alienazione. Da una parte la nozione di "bisogno" ha in Sartre una
portata inedita in quando adattamento organico-dialettico di quella
struttura dell'azione che era, nell'Essere e il nulla, il per-se'.
Dall'altra il rifiuto di Aron di capire la concezione sartriana
dell'alienazione che si propone come sintesi e superamento di quella
hegeliana, dove ogni oggettivazione della coscienza presenta una alienazione
in quanto privazione dell'"intenzione di senso" insita nell'agire, e quella
marxista che la rende concretamente campo di affermazione di se'. Sartre
propone di riunire, in un depassement, l'alienazione, in quanto risultato
dell'azione, e l'essere stesso della prassi che nell'azione e'
cristallizzato.
E' innegabile quindi che le loro posizioni politiche siano diventate con il
passare degli anni sempre piu' inconciliabili. Per fare un esempio chiaro a
un lettore italiano: mentre Sartre fondava in Francia "Liberation" e
sosteneva, anche economicamente, "Il manifesto", Aron pubblicava le sue
riflessioni sul "Giornale" di Indro Montanelli.
Oggi di fronte a una radicalita' senza piu' esigenze costruttive e'
necessario capire "in che modo articolare la violenza critica e la
reciprocita' universale entrambe rivendicate da Sartre". Una questione
centrale posta da Sarte nella lunga intervista concessa nel 1974 e
pubblicata con il noto titolo Ribellarsi e' giusto. Se ogni rivolta implica
in se' una violenza, allora, e' sempre giusto ribellarsi?

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 783 del 7 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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