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Minime. 781
- Subject: Minime. 781
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 5 Apr 2009 00:45:23 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 781 del 5 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Sulla Nato 2. La guerra afgana 3. Contro l'apartheid 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Tiziana Bartolini: Contro la violenza sessuale, contro il patriarcato, contro il razzismo 6. Al convegno nazionale dei Medici per l'ambiente la dottoressa Antonella Litta relatrice sulla vicenda del mega-aeroporto di Viterbo 7. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino 8. William Ashbrook 9. Paola Capriolo presenta "Friedrich Nietzsche filosofo morale" di Georg Simmel 10. Walter Pedulla' presenta "Horcynus Orca" di Stefano D'Arrigo 11. Gianandrea Piccioli presenta "La stella della redenzione" di Franz Rosenzweig 12. Adriano Prosperi presenta "L'Europa dei barbari" di Karol Modzelewski 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. SULLA NATO Abolirla, che altro? * Solo cessando di uccidere si salvano le vite. Solo scegliendo la pace ci si libera dal flagello della guerra. Solo vietando tutti gli eserciti e tutte le armi comincia la civile convivenza. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. LE ULTIME COSE. LA GUERRA AFGANA Massacro dopo massacro prosegue la guerra afgana (che da lungo tempo fa stragi anche in Pakistan). La guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, mafiosa e totalitaria. La guerra cui l'Italia partecipa in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale. La guerra di tutti i fascisti contro tutte le donne. La guerra che e' sempre nemica dell'umanita'. 3. LE ULTIME COSE. CONTRO L'APARTHEID Non venga meno l'attenzione e la pressione affinche' il Parlamento respinga in via definitiva le misure razziste del cosiddetto "pacchetto sicurezza" intese a introdurre in italia il regime dell'apartheid e a legittimare e finanziare lo squadrismo fascista. Non venga meno l'impegno a difendere la legalita' costituzionale, la civilta' giuridica, i diritti umani. Non venga meno l'impegno a contrastare sempre e ovunque la violenza razzista che nega in radice l'umanita' di tutti e di ciascuno. Vi e' una sola umanita'. 4. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. UNA SOLA UMANITA'. TIZIANA BARTOLINI: CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE, CONTRO IL PATRIARCATO, CONTRO IL RAZZISMO [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Lo stupro e lo straniero"] Gli stupri in Italia [i dati seguenti, del Ministero dell'Interno, ovviamente si riferiscono solo a quelli denunciati - ndr] sarebbero in diminuzione (-8,4% nel 2008, -16% negli ultimi tre anni) e in 6 casi su 10 i violentatori sono italiani. A Roma, pero', il dato e' ribaltato e gli "orchi" denunciati sono per lo piu' stranieri (il 58%, di cui il 24% rumeni). Gli ultimi dati diffusi dal Ministero dell'Interno delineano alcuni cambiamenti, soprattutto nelle mappe territoriali. Sara' il caso di scendere nei dettagli e capire meglio a cosa corrispondono i numeri e quali eventuali mutazioni evidenziano. Rifiutare l'uso strumentale delle violenze inflitte alle donne allo scopo di giustificare l'affermazione di culture razziste e' un diritto, esattamente come e' un dovere comprendere i nuovi contorni che tratteggiano un antico costume. All'interno della griglia culturale nella quale si muovono le bestiali pulsioni maschili vanno rilevati, se esistono, anche gli elementi di novita' (nazionalita', assunzioni di droghe, ecc.) non certo per giustificare le violenze e i violentatori, bensi' per sottolineare come sulle donne ricadano anche le nuove tensioni che una societa' patriarcale e incapace di accoglienza e autocontrollo produce al suo interno. Un buon modo per minare le pulsioni xenofobe e' evitare banalizzazioni sottraendo argomenti a chi vorrebbe usarli in modo distorto. Sostenere che le violenze alle donne non sono una questione di sicurezza non implica necessariamente il rifiuto di un dato oggettivo, se il dato c'e' e se e' correttamente rilevato. Sarebbe molto utile, ad esempio, effettuare ricerche sulla attuale disponibilita' delle donne a denunciare le violenze in famiglia e quelle subite fuori dall'ambiente domestico per comparare dati emersi da precedenti studi e cogliere - qualora ci fossero - eventuali modifiche. Le situazioni sono sempre in movimento e il grande lavoro di sensibilizzazione che le donne hanno fatto in questi anni dovrebbe aver prodotto qualche cambiamento. Ad esempio sarebbe importante sapere se e come e' cambiata nella societa' la percezione diffusa della violenza e delle vittime. In queste settimane tg, trasmissioni di intrattenimento popolare e giornali hanno parlato molto della violenza e del femminicidio e talvolta i fatti sono stati posti correttamente: non sempre l'omicida era stato inspiegabilmente "colto da raptus" e addirittura e' stato spiegato che ha ucciso perche' "non accettava di essere lasciato dalla fidanzata". Piccoli passi, comunque passi. 6. INCONTRI. AL CONVEGNO NAZIONALE DEI MEDICI PER L'AMBIENTE LA DOTTORESSA ANTONELLA LITTA RELATRICE SULLA VICENDA DEL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO La dottoressa Antonella Litta e' stata ieri relatrice al Convegno nazionale dell'associazione "Medici per l'ambiente", sezione italiana della prestigiosa "International Society of Doctors for the Environment", in corso a Salsomaggiore Terme dal 3 al 5 aprile 2009 sul tema "Promuovere ambiente e salute a livello locale". * La relazione della dottoressa Litta ha illustrato il gravissimo impatto ambientale e sanitario della eventuale realizzazione di un nocivo e distruttivo mega-aeroporto a Viterbo (mega-aeroporto del tutto illegale alla luce tanto della legislazione italiana ed europea quanto della pianificazione territoriale e urbanistica locale e dei relativi vincoli di salvaguardia), e l'esperienza condotta dal comitato che si oppone al mega-aeroporto e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, esperienza proposta come modello di iniziativa civile in difesa di ambiente e salute. * Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione del mega-aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. 7. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 8. LUTTI. WILLIAM ASHBROOK [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 aprile 2009 col titolo "Il melodramma italiano perde un suo grande cultore, William Ashbrook"] Uno dei massimi studiosi della letteratura romantica e del melodramma italiano, William Ashbrook, e' morto martedi' notte a Denver, in Colorado, all'eta' di ottantasette anni. Era autore di studi fondamentali, tra cui alcune monografie storiche che hanno segnato tappe importanti per il progresso delle conoscenze musicali e letterarie: tra i suoi titoli piu' importanti, Gaetano Donizetti. La vita - Le opere (Edt), Turandot di Giacomo Puccini: la fine della grande tradizione (Ricordi, 2006) e Letteratura, musica e teatro al tempo di Ruggero Leoncavallo (Sonzogno). L'annuncio della scomparsa e' stato dato dalla Fondazione Donizetti di Bergamo, con cui aveva collaborato a lungo. Profondo conoscitore della musica lirica italiana, aveva fatto i suoi studi piu' importanti ad Harvard, dove si era specializzato nella grande letteratura ottocentesca europea, in particolare quella italiana da Manzoni a Verga. 9. LIBRI. PAOLA CAPRIOLO PRESENTA "FRIEDRICH NIETZSDHE FILOSOFO MORALE" DI GEORG SIMMEL [Dal "Corriere della sera" del 26 maggio 2008 col titolo "Il personalismo etico di Friedrich Nietzsche" e il sommario "Georg Simmel sul filosofo tedesco. Supera l'alternativa tra egoismo e altruismo in favore di un idealismo oggettivo"] Nella cultura del Novecento, pochi autori sono stati discussi e commentati quanto Nietzsche. Filosofi, poeti, romanzieri, si sono cimentati cosi' assiduamente con la sua eredita' da giustificare l'affermazione di Gottfried Benn secondo la quale il lavorio spirituale di quelle generazioni non sarebbe stato altro che un'esegesi del testo nietzscheano. In questo panorama, occupano una posizione particolare i saggi di Georg Simmel ora raccolti da Ferruccio Andolfi con il titolo Friedrich Nietzsche filosofo morale (Diabasis, pp. 124, euro 10). Sviluppata tra il 1896 e il 1906, quando l'autore della Nascita della tragedia era gia' di gran moda ma ancora si stentava a riconoscergli il rango di filosofo, l'interpretazione di Simmel e' tra le prime a rendergli giustizia ponendolo sullo stesso piano di pensatori come Kant e Schopenhauer. Ma oltre che filosofo a sua volta, Simmel fu, come e' noto, un grande sociologo, e proprio la sociologia sembra avergli offerto una prospettiva particolarmente originale, addirittura un po' spaesante per noi, abituati a leggere Nietzsche nella chiave "metafisica" imposta da Heidegger. Nell'etica moderna, argomenta Simmel, si contendono il campo collettivismo e individualismo liberale, che tuttavia, per quanto contrapposti, si fondano su un postulato comune: che la "felicita'", del singolo oppure del maggior numero, costituisca l'unico fine possibile per l'esistenza e dunque per le stesse norme morali. Quella compiuta da Nietzsche e' appunto l'"impresa copernicana" di rovesciare un simile postulato, superando l'"alternativa secca" di "egoismo" e "altruismo" in favore di un "idealismo oggettivo delle realizzazioni del genere umano in base alle vette rappresentate da singole persone". In altre parole, a decidere del valore di una determinata organizzazione sociale non sarebbe il benessere che essa garantisce alla maggioranza dei suoi membri, e nemmeno il benessere che garantisce a me, ma la sua capacita' di favorire e sviluppare certe qualita' oggettive (nobilta', bellezza, talento) la cui esistenza costituisce un fine in se', ne' piu' ne' meno di quella di un'opera d'arte. Ma non basta: se il pensiero del XIX secolo aveva portato ad assumere il punto di vista sociale come "il punto di vista per eccellenza", si puo' sostenere precisamente che "Nietzsche ha infranto l'identificazione moderna di societa' e umanita'", escludendo in linea di principio che il valore di un'azione umana dipenda dalla sua "ricaduta" sociale. Questa posizione, cui Simmel attribuisce il nome di "personalismo etico", appare pero' intrinsecamente ambigua: da un lato si presenta come un affrancamento dalla societa' (dalle sue pretese, dai suoi criteri utilitaristici), dall'altro come una vera e propria teoria della societa', di come cioe' essa dovrebbe essere strutturata per produrre individui d'eccezione. A tale interrogativo Nietzsche da' la risposta piu' brutale con l'esaltazione non solo della disuguaglianza, ma addirittura della schiavitu': una tesi gravida di ripercussioni storiche delle quali Simmel, all'inizio del Novecento, non poteva certo farsi un'idea. Le sue pagine comunque hanno il merito di confutare a priori ogni tentativo di edulcorarla, mostrando con chiarezza come essa non rappresenti un'aberrazione marginale, una trovata stilistica o la boutade di un grecista impazzito, ma affondi salde radici nel cuore stesso del pensiero nietzscheano. Un nesso molto difficile da sciogliere collega l'affermazione secondo la quale la vita e' giustificabile soltanto come fenomeno estetico con l'idea della "grande politica" e tutte le sue sinistre implicazioni. Eppure la "rivoluzione copernicana" attuata da Nietzsche alla fine dell'Ottocento rimane un'eredita' preziosa ancora oggi, quando l'utilitarismo sembra aver ormai riportato un trionfo assoluto e gli uomini si mostrano sempre piu' incapaci di attribuire alla loro esistenza significati oggettivi. 10. LIBRI. WALTER PEDULLA' PRESENTA "HORCYNUS ORCA" DI STEFANO D'ARRIGO [Dal quotidiano "Il Messaggero" del 26 novembre 2003 col titolo "Il lungo viaggio dell'Orca" e il sommario "Rizzoli ripropone Horcynus Orca, capolavoro di Stefano D'Arrigo. Occasione per avvicinare uno scrittore schivo quanto perfezionista"] Festeggiato a caldo da George Steiner, che, in un articolo tempestivamente pubblicato dal "Corriere della Sera", ha confermato il perentorio giudizio positivo espresso in altra recente occasione ("e' un capolavoro assoluto"), torna Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo. Saranno contenti i lettori che, dopo aver cercato invano negli ultimi anni il romanzo, ora lo possono trovare in un volume persino maneggevole di Rizzoli che con le sue mille pagine (precisamente 1090, di cui 12 di bibliografia + XXXI di introduzione di chi scrive, 25 euro) "nulla toglie" e qualcosa aggiunge all'edizione mondadoriana. Il volume e' il secondo dell'edizione delle opere di Stefano D'Arrigo. Il primo ristampava, col titolo de I fatti della fera, la stesura che era andata in bozze nel 1960 ma che non era mai arrivata in libreria. Seguiranno due altri volumi: il romanzo Cime delle nobildonne e le poesie, edite (Codice siciliano) e molte inedite. Ci sono altri inediti in prosa, inclusa la narrativa. Prima o poi ci sara' la vera stesura iniziale di Horcynus Orca: i quaderni manoscritti intitolati La testa del delfino. Un giorno o l'altro arrivera' poi una grossa, e piacevole a leggersi, sorpresa: la sceneggiatura di un gogoliano Anime morte, ambientato in Sicilia. E il resto no'l dico. La ricchissima bibliografia conferma che la critica italiana ha preso posizione e a grande e migliore maggioranza ha testimoniato a favore dell'Horcynus: da Debenedetti a Maria Corti, da Magris a Baldelli, da Gramigna a Pontiggia, da Pampaloni a Zampa, da Mondo a Romano', nonche' i "colleghi in poesia e narrativa" Primo Levi, Pasolini, Caproni, Pagliarani, Malerba, Camilleri, Consolo e naturalmente Vittorini, che nel 1960 propose sul "Menabo'" due capitoli di un romanzo che allora si intitolava I giorni della fera. Crescono sempre piu' di numero i giovani critici, che sono gia' tanti, e sono agguerriti ma non pregiudizialmente ostili come certi interpreti che, sagacemente ispirati, nel '75 condannarono a morte Horcynus Orca, spesso senza leggerlo. C'e' anche la storia patetica di un recensore che nel 1975 propose di fare con Horcynus Orca un fritto misto. Ora e' un pentito ma allora qualcuno reagi' suppergiu' cosi': guarda un po' chi parla di frittura, un pesce lesso della critica, nonche' della narrativa. Infuria da trent'anni infatti la polemica senza esclusione di malignita' intorno al romanzo di D'Arrigo. C'e' chi si pente e chi cambia i documenti, ma se continuano a esserci tanti eroi della sesta giornata, significa che per Horcynus Orca, prosa sciampagnina, e' venuta l'ora dei brindisi. L'editore e' nuovo ma il testo cambia poco rispetto a quello dell'edizione Mondadori. Non l'Horcynus del '75, bensi' il successivo Oscar: dove risultano omesse un paio di righe e aggiunti alcuni stacchi nella parte finale. Non sono cose di poco conto per uno scrittore che confesso' di aver passato piu' di una notte insonne per decidere se lasciare o togliere una virgola. Vent'anni (dal '56 al '75) di lavoro diurno e notturno. Ogni frase dell'Horcynus e' scolpita con la tenacia maniacale attribuita ai poeti che si possono accanire per giorni su un verso. Un oceano di parole perlustrate goccia per goccia. Questo grande romanzo, pur essendo esorbitante in superficie, sollecita specialmente a cercare cosa c'e' sotto una massa incontenibile di parole che vanno a pescare significati proibiti. L'amore ha un complesso di castrazione, la sessualita' non di rado e' omosessualita', l'attrazione per una figura materna corteggia con l'inconscio, l'incesto. D'Arrigo miscela lingua e dialetti non solo per scovare segreti ma anche per nasconderli. Il narratore siciliano, che quanto piu' nomina tanto piu' suggerisce, s'e' inventato un italiano parlato che nessuno parla per essere concreto e insieme solubile come il sale. E' come l'acqua ma non e' mai incolore o inodore questa lingua saporita che compete in espressionismo con quella di Gadda e di Fenoglio. Il terno vincente della narrativa del secondo Novecento. Se per simbolo l'Orca e' il mare, nella realta' Horcynus Orca e' un testo molto pescoso per chi sa gettare reti dentro una scrittura che si liquefa dentro ammaliante liricita' per avere il calibro strettissimo con cui si accede all'"arcano" gelosamente difeso dall'autore. D'Arrigo deve scendere a fondo se vuole conoscere il mistero del protagonista; e come l'Orca, risale dalle profondita' marine con la voragine che le squarcia il fianco piena di cicinella. Il narratore cerca l'origine, forse un peccato d'origine, da cui nasce la sua ossessione di scrittore che si aspetta da ogni parola una rivelazione che vada oltre quel che personalmente sa. E c'e' scandalo della conoscenza nello Stretto che e' come l'Acheronte. Lo scandaglio atomico aspetta il suono che segnala l'impatto con qualcosa di solido. Non si trascuri cioe' la musica di questa narrativa che procede a balzi come pietra piatta mandata a sbattere sulla superficie delle acque. Un gioco da bambini. E in effetti c'e' un infante in un narratore che gioca con le parole della lingua materna. Cosi' apprende che non solo una madre e' l'amante piu' desiderata, ma pure che puo' essere una sirena la prostituta, e che la contrabbandiera e' anche Proserpina, e che un delfino puo' essere migliore di un uomo e gli succedera' nel governo del mondo. Una immensa "reductio ad unum" concentra tutto il romanzo nell'indimenticabile figura di Ciccina Circe', magia sposata a calcolo, sesso che copula con la morte. Ricordo D'Arrigo sdraiato su un tappeto a correggere le bozze con biro di quattro colori. La pagina policroma veniva appesa a un filo teso fra due pareti. Un aquilone, due aquiloni, dieci, cento aquiloni volavano nella stanza. Da destra a sinistra, dall'alto in basso, sempre piu' giu'. Un prigioniero della propria ossessione cerca con ogni parola la liberta' impossibile. 'Ndrja sembra porgere la fronte alla pallottola che l'uccidera'. Per smettere di pensare? Bisogna farla finita con questo rovello, con questo trapano mentale. E vent'anni dopo aver cominciato, D'Arrigo consegno' finalmente all'editore Horcynus Orca. Rileggendolo, il narratore riprese a correggere, una parola, una virgola, una nota musicale. Fino a questo testo dell'edizione Rizzoli. Restano fuori appunti, interrogativi e sottolineature. Segni da smorfiare, come si dice in Sicilia per la cabala. Che notoriamente non nasconde nel silenzio il segreto, bensi' sotto una lingua che, quando serve, delira con interminabile penio. 11. LIBRI. GIANANDREA PICCIOLI PRESENTA "LA STELLA DELLA REDENZIONE" DI FRANZ ROSENZWEIG [Dal supplemento librario "Tuttolibri" del quotidiano "La Stampa" del 24 giugno 2006 col titolo "Una stella che redime l'angoscia della morte" e il sommario "Riproposto il classico di Franz Rosenzweig, edito nel 1921: ispiro' Heidegger e Benjamin, anticipo' un esistenzialismo fondato sulla fede religiosa"] Franz Rosenzweig, La stella della redenzione, Vita e pensiero, Milano 2006, pp. 446, euro 25, traduzione di Gianfranco Bonola. * Come uno di quei massi morenici che si ergono solitari nelle pianure pedemontane, imponenti e misteriosi, Franz Rosenzweig e' una presenza isolata ma feconda nella storia della cultura novecentesca. Ebreo tedesco, allievo di Rickert e di Meinecke, ammiratore di Cohen, particolarmente di quello piu' vicino alle radici della tradizione ebraica, fu amico di Buber, con cui tradusse in tedesco la Bibbia, e la sua influenza si estende sotterraneamente fino a oggi. Cacciari, che e' ritornato piu' volte su di lui in saggi importanti, sostiene che Essere e Tempo e', in un certo senso, una risposta a La stella della redenzione, il capolavoro di Rosenzweig, ora riproposto da Vita e Pensiero nella splendida traduzione di Gianfranco Bonola. Ma oltre ad Heidegger attinsero a Rosenzweig anche Benjamin, Scholem, Levinas e molti altri, magari senza citarlo. E' impossibile render conto qui di un testo di oltre 400 pagine, denso, complesso, con evidenti prestiti da Schelling (lo Schelling delle Ricerche filosofiche e delle Eta' del mondo, di cui Kierkegaard diceva che, ascoltandolo, sentiva dentro di se' il bambino del pensiero balzare per la gioia come Giovanni nel grembo di Elisabetta quando si incontra con Maria), da Hegel, nonostante la forte polemica contro la chiusura del sistema idealistico, e soprattutto talmudici e qabbalistici. Un testo, inoltre, che e' insieme teologico e filosofico, ma anche trattato di estetica e teoria linguistica, sintesi storica e guida al significato profondo della liturgia, fiammeggiante esegesi di testi sacri, quali i primi capitoli del Genesi o il Cantico dei cantici, e letterari, quali la tragedia greca o l'amatissimo Goethe. Cerchero' quindi di indicare schematicamente la matrice di quello che Rosenzweig stesso chiama "nuovo pensiero". Come Heidegger, e come molti della sua generazione, colpita dalle carneficine di massa della prima guerra mondiale, Rosenzweig parte dall'esperienza della morte, che annulla in un colpo tutta la storia della filosofia "dalla Jonia a Jena": prima del pensiero c'e' l'esistenza del pensatore nella sua nuda fatticita' e nella sua esposizione alla morte, e vani sono i tentativi della filosofia di negare questa realta' primaria e irriducibile. La Stella si apre con un'invettiva contro i filosofi e con queste parole: "Dalla morte, dal timore della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza circa il Tutto. Rigettare la paura che attanaglia cio' ch'e' terrestre, strappare alla morte il suo aculeo velenoso, togliere all'Ade il suo miasma pestilente, di questo si pretende capace la filosofia". Comincia qui, in assoluto, sei anni prima di Essere e Tempo, l'esistenzialismo. Se nell'angoscia davanti alla morte l'uomo si percepisce come soggetto finito, nell'esperienza della rivelazione, vissuta innanzi tutto come percezione istantanea di una presenza che lo sovrasta, scopre l'alterita'. E qui, come in Schelling prima di lui e in Pareyson dopo, c'e' la grande scommessa di Rosenzweig: usare le credenze religiose come categorie filosofiche. A mio parere la scommessa non e' vinta: mentre Pareyson salva la particolarita' dell'esperienza religiosa e sostiene che certe verita' possono essere comunicabili solo nel linguaggio del mito o della poesia, in Rosenzweig a un certo punto e' necessaria la decisione per la fede. C'e' quindi una sorta di grande a priori che sorregge tutta l'opera, e cioe' l'affermazione della verita', peraltro non oggettivabile, del giudeocristianesimo. Ma un conto e' sostenere che la fede non e' incompatibile con la ragione ed e' un modo di pensare legittimo accanto ad altri modi (storico o scientifico, a esempio), altra cosa trasformare i suoi contenuti in concetti filosofici. Pero', grazie a questa mossa, tutto si mette in movimento. Per Rosenzweig gli elementi immediati dell'esperienza sono Dio uomo e mondo. Il paganesimo, che e' uno stato, o uno strato, non uno stadio dell'umanita' (e' la possibilita' sempre aperta dell'immanenza) mantiene questi tre dati elementari irrelati l'uno all'altro, autonomi. Grazie alla rivelazione, invece, Dio l'uomo e il mondo entrano in un reciproco rapporto temporale, e percio' storico, e l'uno ha bisogno dell'altro. Si scopre a ritroso la creazione. Si sente la necessita' della redenzione. Creazione rivelazione e redenzione instaurano un ordine diverso da quello "naturale", diventando cosi' modi di essere della realta'. In questo nuovo territorio del reale si addentra la solidarieta' discorde dell'ebraismo e del cristianesimo. Solidali perche', innervati su un'unica radice, tendono entrambi alla verita'; discordi perche' il primo, in forza dell'alleanza, vive raccolto in se stesso un rapporto diretto con Dio, in una specie di anticipazione dell'eternita', mentre il cristianesimo si espande nell'ecumene e si dispiega nella storia. Rosenzweig scrisse l'abbozzo della Stella su tante cartoline spedite agli amici e alla madre dal fronte balcanico, dove era andato volontario; l'edizione a stampa usci' nel 1921. Nel 1922, a soli 36 anni, contrasse una forma di sclerosi che in breve tempo lo paralizzo' completamente. Nonostante cio', assistito dalla moglie, continuo' un'intensissima attivita' intellettuale (e' di questo periodo la ricordata traduzione della Bibbia ebraica) e la sua casa divenne un luogo d'incontro per cristiani ed ebrei. La morte, nel dicembre 1929, gli risparmio' l'orrore nazista. 12. LIBRI. ADRIANO PROSPERI PRESENTA "L'EUROPA DEI BARBARI" DI KAROL MODZELEWSKI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 15 aprile 2008 col titolo "Un saggio dello storico Modzelewski. La civilt" dei barbari" e il sommario "Un'indagine sui rapporti tra le culture europee nel passaggio dal paganesimo, mai del tutto veramente estinto, all'affermarsi del cristianesimo. E' molto fragile il mito di un popolo tedesco fatto per la guerra diffuso dai nazisti. Il dominio dei Longobardi in Italia fu costruito come una monarchia"] Barbaro: una parola greca, nata per fare il verso col suo balbettio inarticolato (bar-bar) a quelli di cui non si capiva la lingua. Al riso dei greci segui' il severo spirito ordinatore e la volonta' di conquista dei romani: la parola servi' per distinguere la civilta' come patrimonio dei "cives romani" da chi ancora non la possedeva. Certo, poteva gia' allora accendersi il gioco di specchi che ha reso celebre l'osservazione di Michel de Montaigne davanti ai selvaggi americani: ognuno definisce barbari gli usi diversi dai propri. Quando Ovidio fu esiliato a Soci tra le popolazioni del Mar Nero si rese conto che i ruoli potevano rovesciarsi e che il piu' raffinato cittadino romano poteva diventare il barbaro di chi non capiva la sua lingua. Col crollo dell'impero romano la storia dei barbari e' diventata la storia d'Europa. Ma chi erano coloro che travolsero i confini romani e dilagarono in occidente? Su di loro gli storici dell'800 proiettarono i confini degli stati nazionali: la divisione tra popoli germanici, baltici e slavi apparve allora obbligatoria. Oggi una importante opera dello storico polacco Karol Modzelewski affronta l'impegnativo compito di ridefinire la carta dell'Europa alto-medievale in una fase in cui non c'e' solo da cancellare gli anacronismi del nazionalismo (L'Europa dei barbari. Le culture tribali di fronte alla cultura romano-cristiana, Bollati Boringhieri, pp. 481, euro 40). La discussione sulle radici culturali cristiane dell'Europa che si e' accesa intorno al preambolo della Costituzione europea impone a chi affronta il tema da storico un compito imponente: quello di fare un bilancio storico - non politico, non religioso - del rapporto tra culture pagane e cristianita' romana. Karol Modzelewski non si e' sottratto all'impegno. Il suo libro affronta la questione dei rapporti tra le culture europee su di un arco temporale che va dalle invasioni barbariche alle radici sopravviventi di un mondo pagano che "non mori' completamente". E' proprio con questa citazione oraziana che il libro si conclude. Che cosa non e' morto? Per esempio il fondamento religioso germanico della regola dell'unanimita' del verdetto dei giurati, oggi indiscusso pilastro del sistema giudiziario statunitense: oppure l'archetipo del legame di sangue tra i membri della tribu' che e' rimasto nella definizione della guerra civile come "lotta fratricida". Certo, gli antichi dei furono sconfitti: lo riconobbero gli abitanti di Stettino quando, davanti al ludibrio che i missionari cristiani facevano dei loro idoli, si sentirono non piu' protetti e si rassegnarono al battesimo con parole non diverse da quelle che secoli dopo furono pronunziate in America dagli aztechi sconfitti da Cortes. Quel mondo pagano crollo' come l'albero altissimo che impediva al cielo di cadere sulla testa degli uomini (chi non ricorda Asterix?). I Sassoni adoravano un grande tronco di albero, che chiamavano "colonna universale": cosi' racconta Rudolf di Fulda. I missionari cristiani tagliarono l'albero, fecero trascinare via gli idoli, frantumarono i recinti sacri delle assemblee. Si ripeteva il trauma della fine del paganesimo antico simboleggiata dalla morte del dio Pan. Ma la morte delle culture non e' come quella degli esseri umani: di quella barbarica sopravvissero forme nascoste e profonde, che il volume di Modzelewski decifra seguendo percorsi inconsueti e ricostruendo processi storici complessi su di uno scenario di grande ampiezza spaziale e cronologica e dominando una straordinaria ricchezza di fonti. Lo storico ha dovuto lavorare in condizioni di speciale difficolta', che e' facile immaginare se si pensa che ha avuto a disposizione tracce incerte, nell'assenza spesso quasi completa di documenti scritti, e dovendo per di piu' fare i conti con rappresentazioni tenaci quanto infondate. Facciamo un solo esempio per intenderci. Il mito di un popolo tedesco fatto per la guerra e per l'obbedienza ha ricevuto diritto di presenza nel passato quando storici filonazisti elaborarono la costruzione di un ipotetico gruppo sociale - i cosiddetti "liberi del re" soggetti solo al sovrano e dediti esclusivamente alla guerra - che sarebbe stato tipico dei popoli germanici. Quella costruzione aveva basi fragilissime e oggi appare a pezzi, nota Karol Modzelewski. Ma questo non le ha impedito di resistere a lungo. Prova - se ce ne fosse bisogno - della verita' dell'osservazione che su di un piano generale Modzelewski propone al lettore: "Ogni riflessione sul passato si accompagna a un certo modo di valutare e di comprendere il mondo contemporaneo". Alle realta' politiche del mondo contemporaneo Karol Modzelewski ha partecipato personalmente militando nell'opposizione da sinistra al regime filosovietico in Polonia dove e' stato tra i fondatori del sindacato Solidarnosc. Ma, a differenza di altri intellettuali polacchi, per lui l'impegno politico non e' diventato una professione: ha continuato a fare il mestiere di insegnante e di storico conservando di quella esperienza di impegno politico una vigile attenzione al rapporto tra presente e passato. Oggi, con questo robusto e affascinante volume, offre il suo contributo per rispondere alla domanda se ci siano e quali siano le basi comuni della cultura europea derivate dalla tradizione dei barbari. Questa Europa barbarica venne integrata nell'ambito della cultura dominata dalla Roma pagana e poi cristiana durante una vicenda lunga tredici secoli, dalla guerra gallica di Cesare fino alle campagne dei cavalieri teutonici. Si svolse allora il confronto e il conflitto tra le culture tribali germaniche, slave e baltiche e la cultura romano-cristiana. Questo e' il tema del libro. I confini abbracciati dalla ricerca di Modzelewski comprendono territori e popoli oggi divisi da identita' nazionali fortemente consapevoli delle proprie diversita' e spesso reciprocamente risentite. Per ricostruirne i tratti culturali comuni c'e' voluto un esercizio straordinario di microanalisi associata a una capacita' di mettere in relazione testimonianze di natura diversa e di epoche lontane fra di loro. Facciamo anche qui un solo esempio: nel 1030 un missionario cristiano di nome Volfred giunto dall'Inghilterra in Svezia fu messo a morte per aver fatto a pezzi l'idolo del dio Thor. Il suo corpo dilaniato fu gettato nella palude. Cosi' racconta Adamo di Brema. Ora, che il rito dell'esecuzione capitale germanico prevedesse l'affogamento di certi tipi di condannati nel fango delle paludi era stato scritto nella Germania di Tacito, un'opera che riemerse nella cultura dotta solo nel 1455 da un unico manoscritto trovato in monastero tedesco. Forse Adamo di Brema aveva letto l'opera di Tacito o quella di un altro autore che aveva utilizzato Tacito? Questo poteva accadere; in altri casi accadde. La grande affidabilita' e acutezza dell'inchiesta antropologica di Tacito trova continue conferme nello studio di Modzelewski che in molti punti si puo' quasi considerare un omaggio al grande storico romano. Ma nel caso di Adamo di Brema le analogie fra i due testi non si spiegano ricorrendo alla trasmissione di un motivo letterario. Qui Modzelewski apre un ampio spiraglio sulla realta' medievale delle sopravvivenze pagane tra i popoli barbari e ne mostra gli scontri e gli accomodamenti col cristianesimo e con la cultura latina: intanto le leggi consuetudinarie di popoli "barbari" - i Burgundi (inizi del VI secolo), i Frisoni (norma codificata nell'803) - attestano la pena capitale dell'affogamento nel fango. La pena aveva un carattere religioso, di espiazione per offese agli dei. E che venisse praticata lo dimostra una prova materiale: in Danimarca, Olanda, Irlanda gli scavi archeologici e le estrazioni della torba hanno portato al rinvenimento di alcune centinaia di "cadaveri di palude" alcuni dei quali con gli occhi bendati e con segni di torture (i terreni paludosi hanno notoriamente la caratteristica di conservare perfettamente i resti organici). Questo e' solo un piccolo esempio dell'interesse di questa storia: dall'indagine di Karol Modzelewski vengono illuminate pratiche divinatorie pagane solo superficialmente cristianizzate, come quella in uso per scoprire il colpevole in un processo penale. Sono particolarmente interessanti le sue osservazioni sui caratteri sacrali dell'assemblea pubblica (fu necessario un ordine specifico di Carlo Magno per imporre l'obbligo del culto festivo al Dio cristiano a danno di quelle assemblee). Si tenga conto di quanto il terreno di riti e miti dell'antichita' germanica sia stato reso un campo minato dalla propaganda nazista e dagli storici tedeschi del III Reich: per reazione gli studiosi hanno poi ecceduto nel metterne in ombra gli aspetti sacrali e le convinzioni religiose soggiacenti. L'analisi di Modzelewski invece e' un restauro paziente e accurato di un mondo che ha lasciato tracce nelle leggi, nelle consuetudini e nel linguaggio in un'area che abbraccia popoli germanici, slavi, ugrofinnici e si estende dalla Svezia all'Irlanda, alla Lettonia e a tanti altri paesi. Anche all'Italia: anzi, specialmente all'Italia perche' il dominio del Longobardi su parte della penisola fu costruito come una monarchia di conquistatori, senza il concorso delle elite romane che furono invece determinanti nella storia della vicina Gallia. Percio' le leggi longobarde hanno uno speciale valore di prova in questa inchiesta sulle categorie delle culture barbariche. Si pensi allo speciale diritto del re sulle donne del popolo longobardo, che si spiega solo sulla base di una concezione privatistica del sovrano come un grande parente di ogni famiglia. "C'e' voluto un secolo o piu' di duro lavoro - ha scritto Zygmunt Bauman - ... per convincere i prussiani, i bavaresi, i renani, i turingi o i sassoni... che sono tutti parenti stretti e discendenti dello stesso ceppo germanico" (Le vespe di Panama, Laterza, p. 12). Senza ricorrere alla forza militare, con l'intelligenza e lo sguardo dello storico Karol Modzelewski ha raggiunto un risultato di gran lunga maggiore: dimostrare l'appartenenza dei popoli della Scandinavia, della Russia, della Polonia e naturalmente della Germania - cioe' di tutte le popolazioni discendenti dai "barbari" - a una stessa cultura originaria, frammentata in seguito dal diverso livello di integrazione con la cultura dell'impero romano e con la religione cristiana ma non cancellata del tutto. La vittoria del cristianesimo fu non uno smantellamento ma una interazione con l'eredita' del mondo dei barbari: e l'Europa di oggi reca nella sua cultura le diverse facce delle reciproche influenze - mondo romano, mondo bizantino e retaggio culturale barbarico. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 781 del 5 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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