[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 780
- Subject: Minime. 780
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 4 Apr 2009 00:56:36 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 780 del 4 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Anche il Consiglio superiore della magistratura contro le misure razziste del "pacchetto sicurezza" governativo 2. Francesca Pilla: Nella baraccopoli 3. Adriana Pollice: Una donna 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Adriano Prosperi ricorda Antonio Rotondo' 6. Giovanni Russo ricorda Mario Pannunzio 7. Carlo Capra presenta "Uno spettacolo non mai piu' veduto nel mondo" di Luciano Guerci 8. Massimo L. Salvadori presenta "Uno spettacolo non mai piu' veduto nel mondo" di Luciano Guerci 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ANCHE IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA CONTRO LE MISURE RAZZISTE DEL "PACCHETTO SICUREZZA" GOVERNATIVO Anche il Consiglio superiore della magistratura ha espresso rilevanti obiezioni al cosiddetto "pacchetto sicurezza" attraverso cui il governo golpista intende imporre in Italia il regime dell'apartheid e legittimare lo squadrismo. Al tentativo eversivo e razzista del governo del piduista Berlusconi e della Lega Nord si sono opposte le voci piu' autorevoli delle istituzioni e della societa': dal Consiglio superiore della magistratura alla Federazione degli Ordini dei Medici, da tutte le Chiese a prestigiose associazioni professionali di accademici e giuristi, dalle rappresentanze democratiche e sindacali delle forze dell'ordine al volontariato; e si e' data finanche l'esplicita opposizione della terza carica dello stato e la rivolta di oltre cento parlamentari della stessa area governativa. Ora occorre che questa vastissima insurrezione morale contro il razzismo ottenga risultati netti e forti: che le scellerate proposte razziste e squadriste del cosiddetto "pacchetto sicurezza" governativo siano definitivamente rigettate dal parlamento. E che dopo aver respinto questo tentativo di reintrodurre infami leggi razziali in Italia si sviluppi un piu' ampio e persuaso impegno contro il razzismo, contro lo squadrismo, contro il golpismo, in difesa della legalita', della democrazia, dei diritti umani; un impegno che deve svolgersi anche in sede di Unione Europea, per abolire subito i campi di concentramento e gli aspetti piu' crudeli e vessatori degli accordi di Schengen; e un impegno altresi' per addivenire al piu' presto al riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che in un territorio vivono, lavorano, adempiono ai doveri sociali previsti dall'ordinamento. 2. UNA SOLA UMANITA'. FRANCESCA PILLA: NELLA BARACCOPOLI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 aprile 2009 col titolo "L'Africa ferma a Eboli" e il sommario "Altra Italia. Il lavoro nero di San Nicola Varco. La sveglia all'alba per andare sulla statale 18 ad aspettare i camioncini dei caporali. Poi a raccogliere finocchi per 17 euro al giorno. Alla sera, il ritorno nella baraccopoli. Una vera e propria citta' fantasma. Ecco come vivono 700 migranti nella Piana del Sele] Sporchi, con il terriccio anche nelle mutande, le mani nere e callose, lo sguardo perso nel vuoto. "Questa e' l'Italia, guardate che schifo". Ha gli occhi azzurri M. S., e' marocchino ed e' irregolare, arriva dai campi, ha lavorato sette ore chino e in un giorno di pioggia, insieme a quattro compagni che si muovono come zombi. E' quasi l'una, significa che il gruppo si e' svegliato alle quattro. E' uscito sulla statale 18, che collega Eboli a Battipaglia, e ha aspettato che qualcuno arrivasse con il furgoncino a cercare braccianti. I requisiti richiesti? Bastano forza, poverta' e disperazione. Hanno raccolto finocchi, riempito un motocarro e mezzo: "Ci hanno dato 17 euro". Almeno altri cinque se li e' messi in tasca un caporale. Ma loro sono fortunati, ce ne sono centinaia che oggi sono rimasti a spasso. M. S. oltrepassa il cancello: "Salam aleikum". Si ferma e si accende una sigaretta, getta la giacca per terra e gli da' un calcio. Decine di rane gracchiano in uno stagnetto putrido, sono di un verde particolare, senza le striature comuni alla specie del luogo, formano quasi un tappeto. Saltano su una bottiglia di Peroni, su una spugna azzurra ammuffita, su un piatto di plastica. Hanno trovato casa a San Nicola Varco per un caso, solo perche' qui c'e' un'unica fontana che scarica direttamente nel terreno. E come per il mistero della vita sulla terra, nessuno sa bene come ci sia finito, in questo deserto, il primo girino che ha dato vita alla comunita'. Intorno sono solo cumuli di immondizia rovesciata, casermoni in cemento, baracche, pneumatici e polvere, ovunque. Questa e' la citta' fantasma dove da quasi trent'anni si sono accampate generazioni di nordafricani schiavi della fertile piana del Sele. Ora qui ci abitano in 700. Arrivano con i viaggi della speranza, pagando ai contrabbandieri di anime anche 7.000 euro. Gli viene promesso un lavoro regolare, il permesso di soggiorno, una vita dignitosa. Poi una volta scaricati nei campi di Eboli devono solo faticare, al nero per quattro lire, restare clandestini e pagare il debito. La baraccopoli nasce sulle rovine del progetto pubblico di un mercato ortofrutticolo, che negli anni '80 e' costato alle nostre tasche 30 miliardi delle vecchie lire. Sul terreno di proprieta' della Regione Campania sono state messe su solo delle strutture coperte, in cemento armato, poi i soldi sono finiti altrove. Come per le rane, nessuno sa bene come ci sia capitato qui il primo migrante, come loro ora sono una moltitudine di uomini (esclusivamente giovani e maschi) che si muovono tra la monnezza. M. S. entra in uno dei casermoni adibiti a cesso comune, orina e defeca per terra, dove si svuotano tutti da anni, ed esce. Saluta Said ed entra nel bar che si sono "inventati". Una baracca piena di fumo, con sedie sgangherate, la televisione satellitare, Al Jazeera, il caffe' turco sempre pronto, aranciata, succhi, uova, olio di semi, passata di pomodoro, zucchero e sale. Oggi e' pieno, in pochi sono andati nei campi, quando piove non si lavora. Tra l'odore del terriccio bagnato si sente il profumo del pane. In un angolo, tra un biliardino portato dalla Cgil, uno scaffale di ferro ricamato dalle ragnatele, c'e' un forno autoprodotto, incrostato e con due bombole del gas a sicurezza zero. Ogni panella costa 50 centesimi, se ne sfornano piu' di trecento ogni mattina. Said ha i denti neri per il fumo: "Se ne vanno almeno due pacchetti di sigarette al giorno. La vita e' brutta". E' qui da nove anni, e' riuscito a ottenere la carta d'identita' con la sanatoria del 2001: nato in Marocco, residente in contrada San Nicola Varco. Le istituzioni sono cosi', questo luogo non esiste, non c'e' acqua corrente, niente elettricita', non e' provvisto nemmeno dei cassonetti per l'immondizia, ma risulta ufficialmente che decine di persone lo abitano. Nel 2007 il comune di Eboli ha speso 50.000 euro per costruire un solo bagno comune, con nove docce, che si e' intasato dopo appena un mese, mentre ha installato un unico faro che pero' non e' mai stato allacciato alla corrente elettrica. Said sorride, ha una vistosa cicatrice sul labbro: "Un ricordo d'infanzia", dice. Ma ora non ha importanza: "Invece non ho soldi, riesco a lavorare un paio di settimane al mese, pago 800 euro di assicurazione per la macchina, non mando niente a mia madre e mio fratello e loro vorrebbero che mi sposassi a giugno. Ma non lo faro', non e' giusto, prendo una moglie la lascio con la mia famiglia a fare le pulizie e io torno in questo posto. Che garanzie do' a questa ragazza se qui vivo come un cane". In Marocco sono tante le famiglie che cercano di accasare questi poveretti, soprattutto le madri che voglio la dote e una donna a disposizione, ma qui sono altrettanti i ragazzi che rifiutano, hanno paura delle responsabilita' e spesso non raccontano a casa le condizioni di vita. Le famiglie non sanno che per lavarsi si tuffano, anche con il freddo, nel canale di scolo per l'irrigazione dei campi, che la loro pelle assorbe gli scarti dei concimi chimici e degli insetticidi, che spesso hanno delle macchie strane e problemi a respirare. In Marocco ignorano che dormono su brandine di fortuna, indossano gli stessi panni per giorni, bruciano candele per vedere nel buio. Che d'estate hanno la gola secca e la puzza del sudore toglie il fiato, mentre d'inverno escono senza calzini e con le mani spaccate dal gelo. Quando i regolari tornano a casa per un po' raccontano dell'Italia che si vede in tv, portano qualche regalo e se ne rivanno con lo sguardo basso rivolto al Mediterraneo. Quelli che sono arrivati nell'accampamento da piu' tempo dormono nelle palazzine che nel progetto iniziale sarebbero dovute servire per gli uffici del mercato ortofrutticolo. In quattro per ogni stanza che ognuno ha la dignita' di mantenere abbastanza pulita, viste le condizioni generali. Ci sono tappeti, fornellini a gas, qualcuno ha la radio a batterie, qualche altro il corano, anche se per pregare si sono organizzati con una moschea "fai da te". Dentro una capanna di canne di bambu', coperta da un telone azzurro, c'e' il barbiere del villaggio. Omar si e' appena sbarbato e parlotta con gli amici: "Sono tornato in questo inferno da un mese, ero riuscito ad andare a Modena - ci dice -, ho lavorato al macello, per ottocento euro al mese. Poi sono arrivati i carabinieri, io non ho il permesso e mi hanno detto di andare via". Omar ha lasciato una fidanzata a Belluno e ora non sa come fare per rivederla, marocchina anche lei, entrambi senza lavoro, si sentono ogni tanto al cellulare. Questo e' il ghetto degli schiavi dei campi che sono indispensabili per portare frutta e verdura in mezza Italia. Il Sele e' uno dei serbatoi della regione in grado di sfornare prodotti agricoli per dieci mesi all'anno. Piccoli e grandi proprietari terrieri se li contendono, sono un elemento indispensabile all'economia del luogo. Gli ebolitani non si lamentano della loro presenza, come succede per i campi rom, non si fanno vedere in giro e vivono lontani dal centro abitato. Gli abitanti pero' insorgono ogni qual volta le istituzioni programmino un intervento minimo e umanitario. I soldi devono andare solo per i servizi agli italiani. Di cani a San Nicola ce ne sono a dozzine, sporchissimi, ma ben pasciuti. Dicono che mangino monnezza e rane, di sicuro stanno meglio degli uomini. 3. UNA SOLA UMANITA'. ADRIANA POLLICE: UNA DONNA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 aprile 2009 col titolo "Una spia in ospedale" e il sommario "Migranti. Ha 24 anni, e' ivoriana, le hanno ucciso il marito davanti agli occhi ed e' stata sequestrata per una settimana. E' fuggita e ha chiesto asilo politico all'Italia. Ecco chi e' la prima donna 'clandestina' segnalata alla polizia dopo il parto al Fatebenefratelli di Napoli"] Kante Kadiatou ha ventiquattro anni, nel 2007 e' fuggita dalla guerra civile. E' lei la prima, inconsapevole, vittima, di una legge che ancora non c'e', quella che prevede la possibilita' per i medici di denunciare i "clandestini". All'ospedale Fatebenefratelli di Napoli, quartiere "bene" di Posillipo, evidentemente hanno risentito del clima securitario e hanno chiamato la polizia per identificare la donna, andata in ospedale a partorire. Senza conoscere per niente la sua storia. Che fa rabbrividire. In Costa d'Avorio, quattro anni fa, le milizie le uccisero il marito, poliziotto, davanti ai suoi occhi sulla porta di casa, ad Abidjan. Gli assassini la portarono via legata, il figlio di pochi mesi solo in casa a urlare. Rimase prigioniera in un'abitazione sconosciuta per piu' di una settimana, subendo abusi e violenze senza ricevere alcuna spiegazione. Dopo aver rischiato un nuovo rapimento, decise di lasciare il paese, una fuga costata quattromila euro, circa trent'anni di stipendio medio in Costa D'Avorio, pagati a un funzionario del governo. E' arrivata in Italia con una delegazione in visita all'ambasciata ivoriana e, immediatamente, ha chiesto asilo politico. Si e' stabilita a Napoli e ha provato a rifarsi una vita con un nuovo compagno. Oggi rischia di perdere il secondo figlio, appena nato. La norma che impone ai medici di denunciare i clandestini non e' ancora legge, ma il messaggio e' gia' stato recepito e cosi' ci scopriamo un paese di delatori dove la salute viene dopo gli accertamenti di polizia, persino a Napoli. Una brutta storia, quella che ha visto protagonista la donna ivoriana. Comunque sia andata. "Una circolare della Regione sull'identificazione delle donne straniere, in base all'articolo 250 del Codice Civile, dice che il direttore sanitario e' tenuto, nell'interesse del minore, a garantire l'identita' della madre o con documento o con due testimoni o facendo ricorso alla polizia. Noi abbiamo quindi chiesto alla polizia l'identificazione". Secondo Pietro Iacobelli, primario di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Fatebenefratelli, e' stato un atto dovuto da parte della direzione amministrativa inviare un fax, il 5 marzo scorso alle ore 16,24, firmato dall'assistente sociale, al commissariato di Posillipo, con la richiesta di "un urgente interessamento per l'identificazione di una signora di Costa d'Avorio". Una pura formalita' far arrivare i carabinieri, a poche ore dal parto, sottrarle il piccolo Abou per dieci giorni, impedendole di allattarlo, portarla subito in questura per l'identificazione. "Ecco i primi frutti del clima ispirato dal pacchetto sicurezza" ribatte Liana Nesta, avvocato di Kante fin dal suo arrivo in Italia, che spiega: "In base alle normative, all'identificazione attraverso la questura si ricorre in ultima analisi e in questo caso non c'era assolutamente bisogno, anche perche' sui documenti che aveva con lei c'erano i recapiti dello studio legale, potevano chiamarci e avremmo dato tutte le indicazioni richieste". Non ci sarebbe alcuna giustificazione legale a tale atto, quindi, la donna e' solo una migrante in lotta contro un sistema burocratico che prova in tutti i modi a spingerla ai margini: "Per la legge italiana, in base all'art. 19 del Testo unico, Kante ha diritto al permesso di soggiorno provvisorio dall'inizio della gravidanza fino al compimento del sesto mese del bambino - spiega Nesta - per questo e' andata tre volte in questura senza ottenere nulla. E' una situazione ai limiti dell'assurdo, i migranti non possono essere accompagnati dall'avvocato, che ha il permesso di entrare solo una volta al mese e per esporre tre casi alla volta. Ridicolo". Kante vive a Pianura, ultimo quartiere di Napoli prima che inizi la provincia, una zona che marca un confine tra la citta' e chi la citta' spinge un po' piu' in la'. Era una fertile terra agricola, oggi e' la zona della rivolta contro la megadiscarica, mai bonificata, e delle ronde contro i migranti, capeggiate da An, per accaparrarsi la gestione dei fondi del contratto di quartiere, che dovrebbe rimettere a nuovo una terra di nessuno senza fogne e servizi. Kante, pero', non vive tra le rovine degli edifici popolari del lotto T1 e nemmeno nelle masserie disastrate di via Trencia. Paga l'affitto per un appartamento di periferia dove coabitano in cinque, adesso non lavora ma il suo compagno svolge lavori saltuari, anche nel quartiere, dove tutti li conoscono. Fondamentale mettersi in regola con i documenti, per ottenere il ricongiungimento familiare con il primo figlio, lasciato in patria. Cosi' ha inoltrato subito la richiesta di asilo politico. Negata due volte, per generiche "perplessita' in ordine alla veridicita' e credibilita' di quanto asserito ed alla fondatezza della domanda", ha fatto ancora ricorso al Tribunale di Roma contro la bocciatura. Una nuova famiglia e un figlio in arrivo, la gravidanza difficile, la donna si fa seguire durante i nove mesi di gravidanza dai medici dell'ospedale San Paolo, nel vicino quartiere di Fuorigrotta. Poi, pero', arrivano le doglie e li' non c'e' posto, e allora decide di correre al nosocomio di via Manzoni, gestito dall'ordine religioso dei Fatebenefratelli. "Proprio in previsione del parto - prosegue il suo avvocato - aveva con se' alcuni documenti, tra cui la copia del ricorso contro il rigetto della domanda di asilo politico, con tanto di numero di protocollo, nonche' i recapiti dello studio legale. Il passaporto, poi, era ovviamente in fotocopia perche' la questura ha trattenuto l'originale, in attesa che si risolva la controversia. Eravamo tranquilli e invece mi arriva una telefonata in cui mi dicono che ci sono i carabinieri. Nell'attesa dell'identificazione, non le e' stato possibile allattare il bambino, che ha potuto abbracciare solo al momento della dimissione. Probabilmente l'ospedale ne aspettava l'espulsione per dare in adozione il bimbo". Perche' e' questo che puo' succedere, finire nelle maglie della legge perdendo i figli e anche la propria vita. Kante si puo' considerare fortunata, ha riavuto il suo Abou e il passaporto quando la questura ha confermato che esisteva un fascicolo a suo nome, fortunata perche' ha chi difende i suoi diritti, ma la paura di perdere il piccolo e' forte anche per lei, magari finendo di nuovo nello stesso incubo al primo controllo medico. Cosi', per adesso, provano a guadagnare un po' di tranquillita' allontanandosi da casa. L'ospedale, intanto, grida all'equivoco e invoca circolari e regolamenti come foglia di fico. La Cgil annuncia che denuncera' il Fatebenefratelli. 4. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. MEMORIA. ADRIANO PROSPERI RICORDA ANTONIO ROTONDO' [Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 aprile 2007 col titolo "Frugando tra le carte degli eretici" e il sommario "La scomparsa dello storico Antonio Rotondo'. Grande conoscitore della critica dei dogmi religiosi tra Rinascimento, Riforma e Illuminismo"] E' scomparso nei giorni scorsi all'eta' di 77 anni Antonio Rotondo'. Per chi lo ha conosciuto e stimato e' difficile parlarne al passato: proprio di recente avevo letto in un bollettino editoriale del suo editore l'annuncio della prossima pubblicazione non solo delle opere che alimentavano regolarmente la collana da lui diretta ma anche di nuovi volumi di studi suoi. Li aspettavo non solo con la certezza che ne avremmo imparato molto su libri, uomini e idee del passato ma anche col senso di sollievo per il ritorno di una misura severa e alta di indagine storica degna dei grandi maestri a cui Rotondo' amava richiamarsi. Si era formato a Firenze, alla scuola di Delio Cantimori e di altri celebrati maestri di quella Facolta' di Lettere e Filosofia che all'inizio della seconda meta' del secolo scorso dominava per l'alta qualita' della sua offerta il panorama degli studi universitari italiani: in seguito, dopo un periodo di insegnamento liceale a Modena fecondo di studi e di amicizie, con l'avvio torinese del suo insegnamento aveva trovato in Franco Venturi e in Luigi Firpo i modelli intellettuali a cui rifarsi. Credeva nella trasmissione di valori intellettuali e di civile moralita' attraverso l'insegnamento dalla cattedra: e lo stile con cui lo praticava e lo illustrava gli assicurava l'affetto e la stima degli allievi almeno in misura uguale a quella delle facili ironie di colleghi. Antonio Rotondo' era un grande conoscitore dei percorsi e dei protagonisti della cultura italiana ed europea della prima eta' moderna, specialmente delle vicende intellettuali di umanisti, di riformatori e di eretici e del modo in cui si erano passati la fiaccola della critica razionale dei dogmi religiosi tra Rinascimento, Riforma e Illuminismo. Era anche un attento studioso di vicende intellettuali del nostro tempo, come mostra l'ampio saggio che aveva di recente dedicato alla figura e all'opera di Sebastiano Timpanaro. Ci sara' tempo per parlarne perche' l'opera sua lascia un segno che non si cancellera' facilmente: sappiamo bene che questo e' uno di quei giudizi che si spendono di frequente al momento della scomparsa di professori e studiosi ma che poi raramente si realizzano. Ebbene nel caso di Rotondo' si potrebbe dire che e' la stessa inattualita' della sua opera nel contesto attuale della storiografia italiana a far pensare che vi si dovra' tornare sopra se e quando verranno tempi migliori. Inattuale, ad esempio, almeno per un costume o malcostume oggi corrente, era la sua dedizione all'edizione filologicamente accurata delle fonti: ci si chiede in quante monografie, saggi e noterelle si potrebbero spicciolare i tesori di conoscenze e gli anni di ricerca concentrati negli apparati delle edizioni di testi curate in anni ormai lontani da Rotondo' per due capiscuola dell'eresia radicale del '500 italiano, Camillo Renato e Lelio Sozzini. Da quella severa scuola di studi su eretici e riformatori italiani del '500, scelta per influsso del suo primo maestro - Delio Cantimori - Rotondo' era passato a indagare i percorsi dell'idea di tolleranza lungo la pista che dai sociniani portava all'Olanda del '600. La sua dedizione alla ricerca storica condotta in proprio e a quella che sotto la sua guida veniva portata avanti dai suoi allievi avevano fatto di lui una presenza di rilievo in Italia e un convinto protagonista degli studi sulla storia intellettuale italiana ed europea della prima eta' moderna. Un tratto personale di pedagogica severita' unito a una straordinaria competenza specifica nelle aree a cui dedicava le sue ricerche, lo rendevano un esempio raro di maestro da cui si poteva imparare l'artigianato della ricerca storica nel senso migliore della parola: il taglio classicamente sobrio e controllato e il robusto apparato erudito di saggi e libri, non solo dei suoi ma anche di quelli di suoi allievi e collaboratori filtrati al vaglio della sua incontentabile passione di lettore, era il segno di riconoscimento della scuola e la garanzia di indagini solitamente ineccepibili. L'augurio che si deve fare oggi all'universita' italiana e' quello di avere altri uomini del suo stampo. 6. MEMORIA. GIOVANNI RUSSO RICORDA MARIO PANNUNZIO [Dal "Corriere della sera" del 7 febbraio 2008 col titolo "L'intellettuale che fondo' 'Il Mondo'. Pannunzio, maestro di impegno civile" e il sommario "Dai crociani ai socialisti, il suo giornale esprimeva le vette della laicita'"] Sono trascorsi quarant'anni dalla sua morte prematura, avvenuta il 10 febbraio 1968, ma ancora si sente il vuoto che Mario Pannunzio e "Il Mondo", il settimanale da lui fondato, hanno lasciato. Fu un centro di vita politica e culturale, uno strumento di battaglie democratiche, intorno al quale si coagularono, in molte occasioni, le forze piu' avanzate del Paese. Mario Pannunzio aveva grande sensibilita' per la notizia, curiosita' per i meccanismi della vita politica, fiducia nella verita', rispetto per le idee degli altri, purche' non fossero negatrici del principio della liberta'. L'identita' tra pensiero e azione era in Pannunzio perfettamente realizzata. Appassionato di letteratura e di cinema, apparteneva a una generazione che era cresciuta facendo la fronda al fascismo. Con Arrigo Benedetti, nato come lui a Lucca, altro grande protagonista del giornalismo, aveva partecipato alle esperienze piu' brillanti di rinnovamento della stampa italiana, dal settimanale "Omnibus" fino alla direzione di "Oggi", soppresso da Mussolini durante la guerra. Dopo aver diretto "Risorgimento liberale", il quotidiano del Pli durante il periodo clandestino e nel dopoguerra, Pannunzio fondo' "Il Mondo" nel marzo 1949 quando, con le elezioni del 18 aprile del 1948, si profilo' il pericolo di un dominio della maggioranza democristiana. La creazione di una alternativa, capace di svincolarsi dal ricatto costituito dalla contrapposizione tra le due "chiese", la cattolica e la comunista, fu lo scopo essenziale cui Pannunzio dedico' i suoi sforzi con "Il Mondo" e le altre iniziative, dai convegni degli "Amici del Mondo" alla fondazione del Partito radicale di democrazia liberale nel 1956. Fu accusato di astrattezza e snobismo intellettuale, ma basta scorrere le pagine del settimanale per rendersi conto che non c'era niente di astratto, e che anzi rispecchiava la realta' politica e sociale del Paese. Quanto all'accusa di snobismo, essa nascondeva il disagio per la superiorita' morale che Pannunzio incarnava. Amava l'umorismo: non a caso sul "Mondo" ebbero spazio le vignette di Mino Maccari e di Arrigo Bartoli, e fu legato da intensa amicizia con Ennio Flaiano, che era stato redattore capo nei primi quattro anni. I suoi interessi culturali e umani erano vasti e profondi. Al giornalista politico, bisogna infatti unire la figura di Pannunzio uomo di cultura, critico estetico, raffinato interprete letterario, che esercitava concretamente queste sue doti sia nel vagliare i testi dei maggiori studiosi e scrittori italiani che si onoravano di collaborare alla rivista, sia nello scoprire capacita' e qualita' di giovani sconosciuti. E' grazie a lui se poterono incontrarsi sulle stesse pagine personalita' cosi' diverse come Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi e Alessandro Galante Garrone, Ernesto Rossi e Panfilo Gentile, Ignazio Silone e Ugo La Malfa, Aldo Garosci e Leo Valiani, Nicolo' Carandini, Nicola Chiaromonte, Mario Ferrara, e Riccardo Lombardi, cioe' tutta la cultura laica che contava. Con gli articoli di Altiero Spinelli, "Il Mondo" fu anticipatore dell'ingresso dell'Italia nella moneta unica europea, e con gli interventi di Ernesto Rossi denuncio' il sottogoverno e il malcostume e sostenne l'esigenza di un'economia libera dai monopoli privati e da uno Stato falsamente pianificatore. Con le sue inchieste, fece conoscere i problemi della realta' italiana. Un'altra delle iniziative di Pannunzio furono i "Convegni degli amici del Mondo", con i quali, a partire dal 1955, vennero affrontati nodi della societa' italiana ancora oggi irrisolti: la speculazione edilizia, la liberta' di stampa, la riforma della scuola, il finanziamento dei partiti, il rapporto tra Stato e Chiesa, la lotta ai monopoli, la necessita' di una legge antitrust, la riforma della pubblica amministrazione e la tutela del paesaggio. "Il Mondo" doveva cessare le pubblicazioni nel 1966 e due anni dopo Pannunzio moriva. "Mai come ora - scriveva Pannunzio nel suo ultimo articolo - abbiamo sentito urgente il bisogno della partecipazione attiva alla vita pubblica e alla civilta' morale del Paese, di uomini appassionati, indipendenti, intransigenti e risoluti". E' un invito che vorremmo raccogliessero tutti coloro che credono nei valori della liberta' e della democrazia. 7. LIBRI. CARLO CAPRA PRESENTA "UNO SPETTACOLO NON MAI PIU' VEDUTO NEL MONDO" DI LUCIANO GUERCI [Dal "Corriere della sera" del 16 luglio 2008 col titolo "La rivoluzione alla rovescia" e il sommario "La letteratura contro il 1789 in Italia. Luciano Guerci approfondisce i temi della pubblicistica reazionaria"] Negli ultimi decenni una crescente attenzione e' stata dedicata al pensiero e all'azione della controrivoluzione, che alcuni autori vorrebbero sottilmente distinguere dall'antirivoluzione. Nella maggior parte dei casi, si tratta di studi ispirati da una certa simpatia per queste forme di resistenza o addirittura da un esplicito rigetto della Rivoluzione francese e dei mutamenti da essa prodotti in ambito politico, sociale e culturale. In Italia, in particolare, l'affermazione di partiti e movimenti di destra ha favorito una ripresa di motivi gia' presenti nella storiografia di matrice nazionalista e fascista, quali l'esaltazione dei moti popolari a sfondo legittimista e sanfedista che costellarono il triennio 1796-1799 e la loro interpretazione in chiave patriottica o clericale o autonomistica. Sono lavori per lo piu' privi di consistenti basi documentarie e di taglio prevalentemente ideologico (lo stesso rimprovero da essi rivolto alla storiografia "tradizionale"), che hanno avuto tuttavia il merito di riproporre il rilievo e l'interesse di quella che e' stata certamente la piu' estesa e prolungata jacquerie della storia italiana. Da queste sollecitazioni nasce, probabilmente, la ricerca di uno storico di razza, Luciano Guerci (Uno spettacolo non mai piu' veduto nel mondo. La Rivoluzione francese come unicita' e rovesciamento negli scrittori controrivoluzionari italiani (1789-1799), Utet, pagine VIII + 321, euro 26) a cui dobbiamo fondamentali contributi sull'Illuminismo settecentesco e sulla pubblicistica d'intonazione repubblicana in Italia. Il suo libro non si occupa delle insorgenze antifrancesi in quanto tali, ma si propone di esplorarne e cartografarne il retroterra culturale, costituito dalla letteratura controrivoluzionaria che per un decennio a partire dal 1789 reagi' ai grandi avvenimenti parigini e poi alle loro ripercussioni fuori dai confini francesi. Sono libri, opuscoli, articoli di giornale, fogli volanti, componimenti in prosa e in verso, nella maggior parte provenienti dallo Stato Pontificio e compilati da religiosi secolari o regolari (non pochi gli ex-gesuiti): in toni violenti e a volte apocalittici i loro autori denunciano le enormita' commesse dai rivoluzionari e, a monte, l'esistenza di una vera e propria congiura contro il trono e l'altare variamente addebitata ai filosofi atei e materialisti, ai massoni e ai giansenisti, i quali ultimi non avevano esitato ad allearsi coi sovrani riformatori per colpire i privilegi e le immunita' della Chiesa. Se all'inizio non manco' qualche tentativo di coniugare la sovranita' popolare con la supremazia della fede (il piu' noto e' il trattato dell'abate Spedalieri De' diritti dell'uomo, pubblicato ad Assisi all'inizio del 1791), la decisa condanna pronunciata da Pio VI nel marzo-aprile 1791 nei confronti della Costituzione civile del clero e della Rivoluzione nel suo complesso pose fine a ogni ambiguita' e diede il via a una martellante campagna di stampa che raggiunse il parossismo nel periodo del Terrore e che la fine analisi di Guerci riconduce a due motivi fondamentali, l'idea di unicita' e quella di rovesciamento: "La Rivoluzione francese era un fenomeno unico nella storia dell'umanita'... e dava vita a un mondo alla rovescia: un mondo alla rovescia rispetto all'Ancien Regime, il solo ordine che i nostri scrittori riuscissero a pensare e ad accettare". Nessuno dei controrivoluzionari italiani raggiunge la grandezza visionaria di un Burke, di un Bonald o di un De Maistre. Predomina una certa monotonia e ripetitivita' (la stessa che caratterizzera' piu' tardi gli scrittori antirisorgimentali) negli insulti, nelle espressioni di orrore e di scandalo e nel rimpianto per la monarchia assoluta e per la Santa Inquisizione. Ma non mancano le scoperte interessanti, come la verve satirica e l'inventivita' linguistica dell'ecclesiastico piemontese Francesco Eugenio Guasco, definito da Guerci "il Voltaire della controrivoluzione", artefice di gustosi neologismi come "gerobebelosia" ("frammischianza di cose sacre con le profane" spiega Guasco) e "giangiacobini" (un incrocio pestilenziale di giansenisti e giacobini). Un libro, questo di Guerci, che colma una vera lacuna negli studi sul periodo rivoluzionario e che appare utile e necessario in tempi di rinnovate tentazioni integralistiche e antimodernistiche. 8. LIBRI. MASSIMO L. SALVADORI PRESENTA "UNO SPETTACOLO NON MAI PIU' VEDUTO NEL MONDO" DI LUCIANO GUERCI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 26 luglio 2008 col titolo "La controrivoluzione e i suoi paladini" e il sommario "Un libro di Luciano Guerci sugli scrittori che avversarono i giacobini. Gli autori analizzati sono in gran parte ecclesiastici: per loro la presa della Bastiglia e' una punizione dei peccati umani, un inferno terreno voluto da Dio"] A partire dal Seicento inglese "rivoluzione" e' stata una bella parola per le forze politiche e sociali che invocavano il progresso. Le rivoluzioni erano quei grandi sommovimenti che, spezzando le catene dell'oppressione politica, sociale, nazionale, coloniale, allargavano le frontiere della liberta' umana. E la rivoluzione francese costituiva l'icona delle grandi rivoluzioni moderne, che le esecrazioni di reazionari e conservatori non facevano che maggiormente risplendere. Poi gli esiti totalitari delle rivoluzioni comuniste hanno scompaginato le carte: la rivoluzione si e' presentata nelle vesti non gia' di amica della liberta' ma di un nuovo dispotismo, fonte non gia' di rigenerazione ma di quel fanatismo e astrattismo ideologico, di cui i giacobini erano stati i primi grandi sacerdoti. L'antigiacobinismo e' diventato il leitmotiv di un revisionismo storico che dal libro del 1952 di Jacob L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, ai saggi di Francois Furet, comunista disilluso, e' andato ingrossandosi. La rivoluzione francese: madre di una progressiva degenerazione. Tra i contemporanei che si levarono contro di essa si distinsero sopra tutti un liberale conservatore come Edmund Burke fin dal 1790 con le sue Riflessioni sulla rivoluzione francese e un controrivoluzionario monarchico-papista come Joseph de Maistre con le sue Considerazioni sulla Francia del 1796. De Maistre osservava il fenomeno rivoluzionario convinto che rappresentasse uno sconvolgimento unico, mai visto. Scriveva: "Quel che piu' colpisce nella rivoluzione francese e' questa forza travolgente che piega tutti gli ostacoli. Il suo turbine trasporta come fuscelli tutto cio' che la forza umana ha saputo opporle". E continuava affermando di vedere in essa la mano di Dio, che "punisce per rigenerare". L'anno di pubblicazione delle Considerazioni era quello dell'inizio del triennio "giacobino" d'Italia, che, aperto dalle conquiste di Bonaparte, si sarebbe concluso con le vittorie di Suvorov nel Nord e lo spegnimento sanguinoso della Repubblica partenopea. A ricostruire l'atteggiamento degli intellettuali italiani odiatori del 1789 e dei suoi sviluppi, che nelle linee essenziali manifestarono, anche anticipandoli, punti di vista analoghi a quelli di de Maistre, ha pensato uno dei nostri piu' autorevoli storici del Settecento, Luciano Guerci, nel volume Uno spettacolo non mai piu' veduto nel mondo. La Rivoluzione francese come unicita' e rovesciamento negli scrittori controrivoluzionari italiani (1789-1799), pubblicato dalla Utet (pp. 321, euro 26). Di questo autore la Utet ha opportunamente ripubblicato nel 2006 la bella sintesi L'Europa del Settecento. Permanenze e mutamenti, dapprima uscita nel 1988. Gli scrittori analizzati da Guerci erano nella maggior parte ecclesiastici, che percio' ragionavano in termini teologico-politici. Lo schema dominante e' che, nulla potendo compiersi se non per volonta' di Dio, la rivoluzione francese ne costituisce una necessaria manifestazione. Essa e' una punizione per i peccati degli uomini, un inferno terreno voluto dall'Onnipotente per ammonirli e ricondurli al bene, per far loro comprendere che la vera liberta' e' quella assicurata dai legittimi sovrani, che ai popoli spetta piena obbedienza alla monarchia, alla Chiesa e al Papa, che l'ordine solo da questi puo' essere assicurato, che la rivoluzione altro non e' se non anarchia, dissoluzione dei sacri tradizionali vincoli, ribellione empia contro le giuste gerarchie volute dalla natura e dalla religione. Guerci nota come si trattasse di "furibonde condanne" che presentavano un duplice aspetto: da un lato erano del tutto incapaci di comprendere le radici e le motivazioni della rivoluzione, dall'altro pero' rendevano gli scrittori controrivoluzionari "assai penetranti in rapporto alla pars destruens" del grande sommovimento. Che cosa essi acutamente capirono? Capirono che "la peculiarita' della rivoluzione-ribellione" consisteva nella sua "unicita'" in quanto evento storico (elemento colto anche da Burke), nel "rovesciamento" totale che stava provocando: insomma compresero il carattere di radicalita' senza precedenti proprio del movimento messo in moto dal 1789. Nessun grande - dice l'autore - tra questi scrittori, della statura di un Burke, di un de Maistre, di un Bonald, ai quali si puo' forse accostare solo Nicola Spedalieri. Certo, l'analisi delle cause e ragioni della rivoluzione che essi conducono e' povera e deformante. Campeggia l'idea della immane "cospirazione" messa in atto dalle tre sette: massoni, filosofi illuministi, giansenisti falsi rinnovatori della religione; la quale ha prodotto una "societa' di bestie" (Mallio), fatto vedere dei soldati che muovono all'assalto senza le insegne della religione (Marchetti), portato a una "abietta e vera schiavitu', perche' dallo spirito del Signor separata" (Gazzera). Gli scrittori controrivoluzionari italiani, si puo' capire, vissero il primo decennio della rivoluzione come la marcia del male, per cui le vittorie, pur provvisorie, delle armi delle potenze antifrancesi nel 1799 parvero - conclude Guerci - "il risveglio da un incubo"; sennonche' "la loro 'memoria implacabile' non sarebbe venuta meno, alimentando un filone interpretativo che oggi e' ben lontano dall'essere esaurito". 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 780 del 4 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Coi piedi per terra. 172
- Next by Date: Voci e volti della nonviolenza. 320
- Previous by thread: Coi piedi per terra. 172
- Next by thread: Voci e volti della nonviolenza. 320
- Indice: