Minime. 774



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 774 del 29 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Cosa posso fare?
2. Una proposta di ordine del giorno ai Comuni, le Province e le Regioni
fedeli allo stato di diritto e all'umanita'
3. Alcune cose che occorre fare subito contro il razzismo
4. Per la messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord
5. John Hope Franklin
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Il 28 marzo si e' svolta un'iniziativa a Viterbo per difendere storia e
cultura, ambiente e salute, i diritti di tutti i cittadini
8. Nico Berti presenta "Anarchismo e politica" di Stefano D'Errico
9. Giampaolo Calchi Novati presenta "Il terrorismo internazionale" a cura di
Silvio Beretta
10. Enrico Pugliese presenta "Il riscatto" di Marcello Villari
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: COSA POSSO FARE?
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento]

Apprezza il fatto di essere vivo e nato di donna. Cammina come se l'amore
fosse un bimbo che tieni per mano. Abbi fiducia nella conoscenza che viene
dal corpo. Ascolta: le donne nella tua vita, il mormorio dell'acqua, il
vento che sospira tra le foglie. Di' la verita' sul conflitto e sulla
sofferenza. Prendi dalla terra solo cio' di cui hai veramente bisogno. Pensa
alle conseguenze delle tue azioni sulle generazioni future. Condividi
entusiasmi, desideri, capacita'. Pensa a te stesso come a un nodo in una
rete di relazioni. Ripara questa rete, la tela che ci tesse tutti insieme, e
fallo con me. (In risposta ad un giovane uomo che mi ha chiesto "Cosa posso
fare per stare al fianco delle donne nella loro lotta?").

2. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO AI COMUNI, LE PROVINCE E LE
REGIONI FEDELI ALLO STATO DI DIRITTO E ALL'UMANITA'
[Riproponiamo il seguente appello]

Egregi Sindaci ed egregi Presidenti delle Province e delle Regioni,
egregi consiglieri comunali, provinciali e regionali,
vi proponiamo di porre all'ordine del giorno di sedute straordinarie
convocate ad hoc delle assemblee deliberative delle istituzioni di cui fate
parte la seguente proposta di ordine del giorno.
A nessuno sfugge la gravita' dell'ora.
Un cordiale saluto,
il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 11 marzo 2009
*
Proposta di ordine del giorno
Premesso che alcune disposizioni del cosiddetto "pacchetto sicurezza"
promosso dal governo con successivi decreti e disegni di legge tuttora
all'esame del Parlamento sono in flagrante contrasto con principi
fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, dello stato di
diritto, dell'ordinamento democratico, della civilta' giuridica, della
Dichiarazione universale dei diritti umani;
Il consiglio comunale (provinciale, regionale) di ...
invita il Parlamento a respingere le proposte di provvedimento palesemente
razziste ed incostituzionali.

3. INIZIATIVE. ALCUNE COSE CHE OCCORRE FARE SUBITO CONTRO IL RAZZISMO
[Riproponiamo il seguente appello]

Proponiamo che non solo le persone di volonta' buona, non solo i movimenti
democratici della societa' civile, ma anche e in primo luogo tutte le
istituzioni fedeli allo stato di diritto, alla legalita' costituzionale,
all'ordinamento giuridico democratico, si impegnino ora, ciascun soggetto
nell'ambito delle sue peculiari competenze cosi' come stabilite dalla legge,
al fine di contrastare l'eversione razzista che sta aggredendo il nostro
paese.
Ed indichiamo alle persone, ai movimenti ed alle istituzioni democratiche
alcune iniziative necessarie ed urgenti.
*
1. Respingere le proposte palesemente razziste, eversive ed incostituzionali
del cosiddetto "pacchetto sicurezza".
*
2. Adottare un programma costruttivo per la difesa e la promozione dei
diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) provvidenze di accoglienza a livello locale, costruendo sicurezza per
tutte le persone nell'unico modo in cui sicurezza si costruisce: nella
solidarieta', nella legalita', nella responsabilita', nell'incontro,
nell'assistenza pubblica erogata erga omnes;
b) cooperazione internazionale: poiche' il fenomeno migratorio evidentemente
dipende dalla plurisecolare e tuttora persistente rapina delle risorse dei
paesi e dei popoli del sud del mondo da parte del nord, occorre restituire
il maltolto e cooperare per fare in modo che in nessuna parte del mondo si
muoia di fame e di stenti, che in nessuna parte del mondo vigano regimi
dittatoriali, che in nessuna parte del mondo la guerra devasti l'umanita',
che in nessuna parte del mondo i diritti umani siano flagrantemente,
massivamente, impunemente violati;
c) regolarizzazione di tutti i presenti nel territorio nazionale ed
interventi normativi ed operativi che favoriscano l'accesso legale nel
paese;
d) riconoscimento immediato del diritto di voto (elettorato attivo e
passivo) per tutti i residenti;
e) lotta alla schiavitu' ed ai poteri criminali locali e transnazionali che
la gestiscono e favoreggiano.
*
3. Aprire un secondo fronte di lotta per la legalita' e contro il razzismo,
con due obiettivi specifici:
a) dimissioni del governo golpista e nuove elezioni parlamentari;
b) messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord.

4. INIZIATIVE. PER LA MESSA FUORILEGGE DELL'ORGANIZZAZIONE RAZZISTA
DENOMINATA LEGA NORD
[Riproponiamo il seguente appello]

Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Presidente della Camera dei Deputati
Oggetto: Richiesta di iniziativa per la messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord
Egregi Presidenti,
ci rivolgiamo a voi come massime autorita' dello Stato per richiedere un
vostro intervento al fine della messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord.
Tale organizzazione, che pur essendo assolutamente minoritaria nel Paese e'
riuscita ad ottenere nel governo nazionale l'affidamento di decisivi
ministeri a suoi rappresentanti, persegue e proclama una politica razzista
incompatibile con la Costituzione della Repubblica Italiana, con uno stato
di diritto, con un ordinamento giuridico democratico, con un paese civile.
Ritenendo che vi siano i presupposti per un'azione delle competenti
magistrature che persegua penalmente sia i singoli atti e fatti di razzismo,
sia l'azione organizzata e continuata e quindi l'associazione a delinquere
che ne e' responsabile, con la presente chiediamo un vostro intervento
affinche' si avviino le procedure previste dalla vigente normativa al fine
della messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord e
della punizione ai sensi di legge di tutti gli atti delittuosi di razzismo
da suoi esponenti promossi, commessi, istigati o apologizzati.
Con osservanza,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 27 febbraio 2009

5. LUTTI. JOHN HOPE FRANKLIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 marzo 2009 col titolo "E' morto lo
storico americano della schiavitu' John Hope Franklin"]

Celebre per il libro Dalla schiavitu' alla liberta': storia degli
afro-americani, pubblicato per la prima volta nel 1947 e da allora
considerato uno dei testi fondamentali per conoscere la drammatica epopea
nera in America, lo storico statunitense John Hope Franklin e' morto ieri
sera all'eta' di novantaquattro anni. Franklin e' stato il primo docente
afroamericano a ottenere la carica di direttore di dipartimento alla Duke
University e ha accompagnato la sua carriera accademica lunga quasi
settant'anni con un impegno pubblico nella lotta contro il razzismo,
diventando una delle grandi icone americane antisegregazioniste insieme a
Martin Luther King, W. E. B. Du Bois e Thurgood Marshall. Ha il merito di
una vasta bibliografia sulla condizione degli schiavi nell'Ottocento negli
Stati del Sud, sulla guerra civile americana e sulle battaglie politiche e
sociali per l'emancipazione degli ex schiavi.

6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. INIZIATIVE. IL 28 MARZO SI E' SVOLTA UN'INIZIATIVA A VITERBO PER
DIFENDERE STORIA E CULTURA, AMBIENTE E SALUTE, I DIRITTI DI TUTTI I
CITTADINI

Il 28 marzo 2009 a Viterbo il "Centro di ricerca per la pace" ha realizzato
un'iniziativa di informazione diffondendo materiale documentario e
interloquendo con i cittadini sulle conseguenze della realizzazione del
nocivo e distruttivo mega-aeroporto che una lobby irresponsabile e
speculativa vorrebbe imporre violando le leggi vigenti e aggredendo
territorio, risorse, salute, sicurezza, qualita' della vita e diritti dei
cittadini.
Nel corso dell'iniziativa e' stato diffuso il testo dell'esposto al Ministro
dei Beni culturali con cui si chiede un immediato intervento per impedire lo
scempio di un'area archeologica e dei beni culturali che in essa si trovano.
*
Un esposto rivela un illecito scempio
Nell'esposto al ministro, di cui e' prima firmataria la dottoressa Antonella
Litta, si rende noto che "nella tavola 2 allegata dall'Amministrazione
Comunale di Viterbo ad una irragionevole ed illegittima proposta di
stravolgimento del Piano Regolatore Generale della citta' al fine di
realizzare un insensato e fuorilegge mega-aeroporto nell'area termale del
Bulicame, emerge come dalla Planimetria con vincoli paesaggistici,
idrogeologici, archeologici, termali presenti nell'area che sarebbe
investita dall'opera, risulti che il mega-aeroporto sorgerebbe letteralmente
sopra un'area di interesse archeologico con presenza di beni archeologici
che la legge tutela da delittuose devastazioni come quella evidentemente
costituita dalla realizzazione dell'opera aeroportuale".
E pertanto si richiede "un immediato intervento per impedire, ope legis,
qualunque attivita' deliberativa e realizzativa che avrebbe come effetto la
devastazione dell'area di interesse archeologico e dei beni in essa
situati".
*
Tante ragioni per impedire un'opera devastatrice, avvelenatrice e illegale
Nel corso dell'iniziativa e' stato ancora una volta confermato che la
realizzazione del mega-aeroporto a Viterbo avvelenerebbe la salute di
tantissimi cittadini e devasterebbe beni ambientali, culturali, economici e
sociali preziosi ed insostituibili.
Ed e' stato altresi' confermato che la realizzazione del mega-aeroporto a
Viterbo e' del tutto fuorilegge, che viola le normative italiane ed europee,
che e' inoltre in contrasto con i vincoli di salvaguardia previsti dalla
pianificazione territoriale ed urbanistica regionale e comunale, e che le
procedure decisionali attraverso le quali si e' tentato di imporre la nociva
e distruttiva opera sono state smascherate come errate e truffaldine.
Ed e' stato ancora una volta confermato che la realizzazione del
mega-aeroporto a Viterbo costituirebbe oltretutto uno sperpero immenso di
soldi pubblici a tutto danno della popolazione.
*
Per Viterbo
Viterbo ha invece bisogno di ben altro: ha bisogno di ferrovie efficienti;
ha bisogno di tutela e valorizzazione dei suoi beni ambientali e culturali e
di sostegno alle sue autentiche vocazioni produttive.
*
Ridurre il trasporto aereo
Ed il trasporto aereo va immediatamente e drasticamente ridotto se si vuole
contrastare efficacemente l'effetto serra, la principale catastrofe
ambientale planetaria cui il trasporto aereo contribuisce in ingente misura.
Occorre ridurre drasticamente ed immediatamente i voli su Ciampino,
abolendoli e non trasferendoli altrove; occorre impedire la realizzazione di
qualsiasi nuovo mega-aeroporto.
*
I diritti dei cittadini
Come sempre, i cittadini raggiunti dall'iniziativa d'informazione hanno
concordato con l'impegno contro il nocivo e distruttivo mega-aeroporto di
Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute,
dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti.

8. LIBRI. NICO BERTI PRESENTA "ANARCHISMO E POLITICA" DI STEFANO D'ERRICO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 aprile 2008, col titolo "Spunti di
riflessione per il presente dalle intuizioni di Camillo Berneri" e il
sommario "L'accidentato percorso intellettuale del pensatore lodigiano nel
volume di Stefano D'Errico, Anarchismo e politica"]

Fu nel ventennio cruciale dal 1917 al 1937 che Camillo Berneri, il maggiore
intellettuale anarchico italiano del Novecento, visse la sua militanza: un
percorso segnato dalla rivoluzione russa, dal crollo dell'Europa dinastica,
dalla crisi della civilta' liberale e dall'avvento del fascismo e del
nazismo, eventi che hanno ridisegnato il quadro della lotta politica e
sociale dell'eta' contemporanea. Su questa sequenza Berneri - convinto che
una radicale revisione della dottrina fosse necessaria, e che si dovesse
mantenere un occhio di disincanto verso i problemi politici a fronte dei
problemi etici - delineo' progressivamente una concezione teoretica che era
molto diversa rispetto al tradizionale approccio ideologico del movimento
anarchico e che prendeva le mosse dalla necessita' di fare i conti con il
nuovo protagonismo delle masse e dalla consapevolezza che tale protagonismo
era l'indice piu' evidente dell'irruzione del soggettivo e dell'irrazionale
sulla scena della storia. La concezione di un progresso ordinato e pacifico
del genere umano, idea che aveva confortato il paradigma positivistico ed
evoluzionistico, era stata completamente stravolta, insieme alla convinzione
di uno sviluppo razionale della trasformazione sociale.
La storia intellettuale di Berneri segue questo percorso accidentato e
controverso, segnato da innumerevoli tentativi, tanto da poter dire che egli
ha lasciato un'opera sterminata non per mole di scritti, ma per intuizioni e
suggestioni. E' una ricerca eclettica e possibilista, tesa a delineare una
sintesi che saldi i principi supremi del liberalismo e del socialismo
(liberta' individuale e uguaglianza sociale) con il metodo offerto dai
modelli del comunalismo, del federalismo, del sovietismo e del sindacalismo.
In questo senso l'opera di Berneri merita ancora oggi di essere indagata per
una riflessione teorica che apre nuovi spunti di attualita', e quindi
ulteriori possibilita' di riflessioni per l'anarchismo contemporaneo.
Considerato in questa luce, il recente volume di Stefano d'Errico,
Anarchismo e politica. Nel problemismo e nella critica all'anarchismo del
ventesimo secolo, il "programma minimo" dei libertari del terzo millennio.
Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri (Mimesis Edizioni, pp.
752, euro 48) arricchisce in modo decisivo la bibliografia berneriana
perche' si svolge su due direzioni: da un lato raccoglie in una grande
antologia i piu' importanti scritti berneriani (analizzati sotto diverse
prospettive), dall'altro tenta di estrapolare da questo materiale il suo
potenziale creativo e progettuale. Si tratta percio' del tentativo piu'
compiuto di delineare a tutto tondo la figura dell'anarchico lodigiano,
un'opera insieme filologica, critica e argomentata, con un occhio rivolto ai
problemi del presente.
In oltre settecento pagine d'Errico mette in luce, attraverso il pensiero e
l'azione di Berneri, il problema decisivo (e mai risolto) dell'anarchismo:
quello del rapporto fra lo stesso anarchismo e la politica. Egli fa propria
la premessa berneriana che sosteneva la necessita' di "un anarchismo
attualista, vale a dire un farsi dell'anarchia nelle sue approssimazioni
progressive attraverso opposizione e sintesi, un compromesso tra l'idea e il
fatto, tra il domani e l'oggi, secondo una traccia che vede nelle deviazioni
stesse la ricerca di una rotta migliore". Una ricerca, dunque, che oggi
assume toni tali da richiamare, per certi versi, il fallibilismo popperiano
e che rendono problematico tutto il discorso sul revisionismo, dal momento
che il possibilismo anarchico puo' anche scadere in un libertarismo vago e
inconcludente.
Grande merito di d'Errico e' percio' quello di avere mantenuto un'attenzione
rigorosa ai testi presentati, analizzandoli dall'interno, tentando cioe' di
coglierne tutte le possibili sfumature e valenze. Seguendo un percorso
originale, d'Errico presenta l'analisi di Berneri sotto molteplici
declinazioni: riflessioni sul fascismo, sul comunismo, sulla guerra di
Spagna, sul marxismo e sul revisionismo marxista, sul collettivismo
burocratico, sul militarismo, sull'operaismo, sull'ateismo,
sull'agnosticismo, sulla violenza, sul nichilismo, sulla psicoanalisi,
sull'epistemologia, sull'irrazionalismo, sull'umanesimo, sul lavoro, sulla
pedagogia, sulla cultura proletaria. Segue il programma propositivo proposto
da Berneri, programma che tocca anch'esso innumerevoli problemi, dal
sovietismo al federalismo, dal comunalismo al rapporto fra l'anarchismo e il
socialismo liberale (e dunque i confronti con Gobetti e Rosselli), dal
problema delle alleanze all'individualismo, all'astensionismo elettorale.
Nella terza parte infine D'Errico analizza i problemi di carattere
biografico e le interpretazioni maggiori su Berneri.

9. LIBRI. GIAMPAOLO CALCHI NOVATI PRESENTA "IL TERRORISMO INTERNAZIONALE" A
CURA DI SILVIO BERETTA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 settembre 2008 col titolo "La teoria
dei giochi per capire il terrorismo. Da Rubbettino una raccolta a cura di
Silvio Beretta"]

Silvio Beretta (a cura di), Il terrorismo internazionale, Rubbettino, pp.
304, euro 20.
*
Il tono con cui e' stato celebrato in America il settimo anniversario degli
attentati alle Torri gemelle ha risentito della campagna elettorale. Obama e
McCain hanno camminato fianco a fianco con il sindaco Bloomberg nel
cratere-cantiere di New York. Nei discorsi sono state ricordate le vittime
dell'11 settembre ma nei commenti sono affiorate critiche per il ritardo con
cui procede la ricostruzione. Pochissimo spazio e' stato invece dedicato
alla war on terror in se'. A nessuno dei due candidati presidenziali
conviene esporsi sul tema in questa fase. Il terrorismo internazionale
ovviamente non e' uscito dalla scena. Se mai, quel poco o tanto di distacco
che e' possibile a qualche anno di distanza dal 2001 permette di
concentrarsi sugli aspetti strutturali senza farsi condizionare troppo dalla
congiuntura.
Con questa impostazione Silvio Beretta ha concepito e curato la raccolta di
saggi Il terrorismo internazionale uscita da Rubbettino nella collana della
rivista "Il Politico" pubblicata dalla Facolta' di Scienze politiche
dell'Universita' di Pavia. Il terrorismo ha cause, dinamiche e spiegazioni
diverse. Le discipline con cui studiarlo sono molteplici. Per questo nel
volume si tratta di diritto, economia, storia, strategia, politica e
psicologia. Come premessa metodologica Beretta esamina i saggi contenuti in
un libro del '78 nel quale M. H. Livingston ha raccolto gli atti di un
seminario sul terrorismo moderno svoltosi presso la Rowan University di
Glassboro nel '76. E' chiaro l'intento di inserire le analisi che seguono in
una prospettiva di media durata, considerando continuita' e rotture. Anche
se la persistenza nel tempo delle stesse griglie espositive e interpretative
non va sopravvalutata, la relativa stabilita' nell'approccio a un fenomeno
complesso e tutt'altro che univoco - a cominciare dal concetto di "ruolo
rovesciato" applicato al terrorista e al terrorismo - aiuta a districarsi in
quei fatti che, specie nella dimensione internazionale o transnazionale,
vengono riassunti convenzionalmente nella formula del terrorismo. Nel
Duemila, a differenza degli anni Settanta (quando prevalevano movimenti
riferibili a una realta' definita territorialmente), il terrorismo e la
lotta contro il terrorismo di cui si parla di piu' hanno come teatro il
mondo. E' piu' difficile dare un'identita' ai soggetti coinvolti, spesso
senza volto oltre che senza uno stato, ma in compenso e' meno arbitrario
tentare di configurare il terrorismo come una fattispecie "globale".
Inevitabile diventa cosi' evocare, pur senza farlo proprio come solo schema
esplicativo, lo scontro di civilta'.
Il terrorismo per eccellenza e' quello islamico: di al-Qaeda o delle altre
formazioni che si inseriscono in modo piu' o meno autonomo nello stesso
filone. E appunto al terrorismo islamico o islamista e' dedicata una parte
preponderante del libro curato da Beretta. In particolare, un argomento
attraversa molti contributi. Lo fa proprio anche Sergio Noja Noseda in
quello che e' forse l'ultimo saggio pubblicato dall'illustre arabista da
poco scomparso: molto attento a non confondere terrorismo e islam, l'autore
fa giustizia di molti preconcetti anche sul punto dolente della democrazia,
non necessariamente quella basata su urne e schede ma quella costruita
sull'effettivo e affettivo consenso popolare. L'integralismo non e' una
manifestazione transeunte: e' uno strumento politico, un'aspirazione,
addirittura un sogno. E', drammaticamente, la risposta di chi ha perso la
speranza, l'atto estremo di una sconfitta perche' si e' stati conquistati
dal mondo che si voleva conquistare. La sorte dell'impari tenzone fra
tradizione e modernizzazione e' segnata. La presunta re-islamizzazione dei
giovani in Occidente e' all'origine di "un processo di riforme in seno
all'islam che ridefinisce le modalita' di schiudimento dell'essere musulmano
nell'epoca moderna". Molto piu' della funzione di canali fuorvianti che,
magari generosamente, si richiamano al "comune monoteismo", lo scontro puo'
trasformarsi in incontro "conoscendosi l'un l'altro come esseri umani".
Chiarificatori e per molti versi inquietanti sono i contributi di carattere
giuridico. Fausto Pocar mostra preoccupazione per le conseguenze che
terrorismo e repressione possono avere sul sistema internazionale. Dopo
tutto furono in molti a paventare che "le organizzazioni internazionali non
avrebbero retto dopo la rottura del sistema bipolare". Pietro Giuseppe
Grasso e Silvia Illari descrivono come le disposizioni in materia di
terrorismo influenzino la teoria generale del diritto pubblico. La scelta di
contrastare gli atti terroristici mediante provvedimenti amministrativi e
sanzioni penali desta piu' di un dubbio perche' la civilta' giuridica
europea non e' usa a trattare come criminale il nemico pubblico combattente.
Sul rapporto ambiguo che puo' derivare da una sicurezza poco attenta al
diritto interviene anche Matteo Tondini. Il terrorismo e' una minaccia e una
guerra asimmetrica per eccellenza. Tuttavia, per quanto informale e
sfuggente sia, per mimetizzarsi e smaterializzarsi, il terrorismo puo'
essere misurato e razionalizzato, come fa ad esempio Nicolo' Pollari.
Ancora piu' sofisticata e' la prospettiva in cui si muove Zaid Eyadat,
professore all'universita' di Amman, che applica al terrorismo, e
segnatamente al duello fra al-Qaeda e Usa, la teoria dei giochi. Il
giocatore piu' debole non puo' pensare di vincere il suo antagonista ma puo'
rendere il piu' alto possibile il costo per il mantenimento dell'egemonia
americana nel mondo musulmano. Il paradosso - in un certo senso speculare
all'idea, ricorrente anche in questo volume, che il disprezzo dell'islam
radicale per i prodotti e la cultura dell'Occidente nasconda un sentimento a
meta' fra l'invidia e l'emulazione - e' che un cambiamento della politica
estera americana e' compreso sia negli obiettivi della strategia di Bin
Laden che nelle preferenze logiche degli Stati Uniti, andando nell'un caso e
nell'altro contro il mainstream islamico. Se la guerra preventiva di Bush ha
ampliato a dismisura il fenomeno del terrorismo globale, scrive Fabio Casini
alla fine del suo saggio sui comportamenti e gli strumenti della comunita'
internazionale, la sola risposta alla globalizzazione del terrore e' la
globalizzazione della democrazia.

10. LIBRI. ENRICO PUGLIESE PRESENTA "IL RISCATTO" DI MARCELLO VILLARI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 gennaio 2008 col titolo "Le mondine
del sud tra i gelsomini" e il sommario "Storie. La Calabria delle lotte
bracciantili e della 'ndrangheta in un libro. Girolamo Tripodi, bracciante e
dirigente comunista nel racconto di Marcello Villari. Dall'occupazione delle
terre alla rivolta di Reggio Calabria"]

Quella raccontata da Marcello Villari, Girolamo Tripodi: bracciante e
sindacalista, parlamentare e sindaco, e' la storia di un uomo ma e' anche la
storia di tante braccianti e di tanti braccianti, delle loro condizioni di
vita e di lavoro e soprattutto delle loro lotte. In primo luogo, le
gelsominaie, le braccianti addette alla raccolta del prezioso e delicato
fiore che rendeva ricca una parte remota della Calabria (anzi, i signori di
quella zona). Non a caso, nella foto di copertina del libro che racconta la
storia non troviamo, come al solito, uomini braccianti agricoli con i loro
attrezzi ma donne chine a raccogliere il fiore di gelsomino.
Il titolo del libro, Il riscatto (Rubbettino editore, 250 pagine, 16 euro),
vuole indicare che le condizioni descritte da Villari all'inizio della
storia non ci sono piu': non ci sono piu' le gelsominaie che, a piedi nudi,
dovevano camminare per chilometri prima di arrivare al loro lavoro per poi
faticare come dannate, magari con l'aiuto dei loro bambini, per paghe da
fame. Ma e' un riscatto amaro giacche' quelle zone, gia' teatro di battaglie
vittoriose, sono ora quelle stesse dove clientela e assistenzialismo si
intrecciano con le piu' violente e terribili forme di dominio della
'ndrangheta. E c'e' da notare - come peraltro fa Villari - che l'abilita'
dell'organizzazione mafiosa e' stata anche quella di sapersi infiltrare
persino in alcuni dei risultati positivi delle lotte (previdenza agricola,
contributi per l'agricoltura).
Ma entriamo nel merito della storia, anzi delle storie. Girolamo, "Mommo",
Tripodi e' ora un vecchio compagno comunista che ha perso il suo partito,
cosi' come l'hanno perso le gelsominaie e gli altri braccianti con i quali e
per i quali egli ha lottato. Nel racconto di Villari il primo episodio di
riscatto riguarda proprio il giovanissimo Mommo, sottratto all'analfabetismo
da un'insegnante, Benvenuta Milea, maestra dei suoi fratelli minori, che
impone al ragazzo bracciante di tornare alla scuola serale. C'e', sia nel
ricordo di Tripodi che nell'analisi di Villari, piu' di un riferimento
riconoscente a questo personaggio del quale null'altro si sa. E Villari si
chiede: "Sarebbe potuto diventare Mommo un dirigente comunista se fosse
rimasto un bracciante analfabeta? Se la consapevolezza della sua missione,
esercitata in quella sperduta scuola rurale di Polistena, non avesse spinto
la silenziosa e gentile maestra Benvenuta Milea a mandare quel biglietto a
suo padre?". Domanda retorica, ovviamente.
Tripodi nasce nel 1922. Lavora ai campi fin da bambino come quelli della sua
classe sociale e della sua zona. Degli anni del fascismo c'e' poco nella
storia: c'e' poco da raccontare, tranne che la miseria. La repressione e'
troppo dura: prosegue l'oppressione di sempre. La storia delle lotte
comincia quando Mommo e' gia' adulto, quando alla fine della guerra c'e' il
grande risveglio delle masse contadine meridionali, le quali peraltro nel
'44 trovano una importante sponda istituzionale nel ministro
dell'Agricoltura Fausto Gullo, "il ministro dei contadini".
Nel libro c'e' un continuo contrappunto tra la presentazione delle terribili
condizioni dei braccianti e quella delle loro lotte, sempre dure e quasi
sempre vittoriose, ma sempre con il rischio di una devastante sconfitta.
C'e' il racconto epico ed entusiasmante dell'occupazione delle terre
"incolte o mal coltivate" (secondo la dizione del decreto che ne permetteva
l'utilizzazione da parte dei braccianti riuniti in cooperativa), prima
terreni demaniali e poi anche terreni dei grandi proprietari assenteisti. Ma
ci sono anche le lotte molto piu' difficili delle gelsominaie. Verrebbe da
riportare integralmente le pagine nelle quali Villari parla di loro e della
coltura del gelsomino: "Fino agli anni Sessanta la costa ionica del Reggino
che va da Pellaro a Monasterace era una lunga e interminabile piantagione di
gelsomino. Oggi non e' piu' cosi' ma quel profumo penetrante, soprattutto la
sera, si sente ancora. Viene dai giardini di quell'ammasso di case, in gran
parte abusive, che costituisce il nuovo paesaggio di questa parte di
Calabria. In quegli sterminati tappeti bianchi e odorosi lavoravano le
gelsominaie". Qui tradizionalmente, nei mesi della raccolta, ancora di notte
le piantagioni si popolavano di un esercito di donne assunte a stagione
senza un contratto di lavoro: condizioni di lavoro indescrivibili
corrispondenti a indescrivibili condizioni di vita. Nelle lotte delle
gelsominaie, cosi' come nelle lotte degli altri braccianti, si intrecciavano
tematiche strettamente sindacali con tematiche previdenziali nella cui
gestione erano pero' coinvolti anche i padroni. Solo chi riusciva a
raccogliere una determinata quantita' di fiori (leggerissimi, ci voleva una
fatica enorme per arrivare a un chilo) otteneva la registrazione del numero
di giornate lavorative necessarie per mantenere l'iscrizione negli elenchi
anagrafici che davano origine alle prestazioni previdenziali. Ancora negli
anni Sessanta - proprio alla vigilia della fine della produzione del
gelsomino, divenuta non piu' concorrenziale - la zona e' teatro delle lotte
piu' dure di questa specie di "mondine del Sud".
Ma nella storia di Tripodi, che nel frattempo e' diventato dirigente
sindacale ed esponente del Partito comunista, non ci sono solo loro. Ci sono
le raccoglitrici di olive e gli altri braccianti generici e specializzati -
potatori come lui, mestiere di alto riconoscimento nelle campagne. Ed e' in
quegli anni che comincia a farsi sentire la 'ndrangheta che vive un momento
di trasformazione: da organizzazione eversiva e di base a struttura sempre
piu' criminale, prima collusa e al servizio del potere politico agrario e
democristiano e poi largamente autonoma, capace di imporsi ai partiti e agli
agrari, sostituendosi a essi nella gestione e nella proprieta' dei loro
terreni.
Gli anni Sessanta sono il punto di svolta. Ci sono state le grandi riforme,
tra le quali quella dell'istruzione con l'estensione dell'obbligo
scolastico, ma anche il consolidamento delle vittorie sul piano
previdenziale che fara' dei braccianti e delle braccianti una delle
categorie centrali nel distorto sistema italiano di welfare. E ci sono le
vittoriose battaglie contrattuali, i cui esiti faranno degli antichi salari
da fame solo un ricordo. Ma molti problemi restano, a cominciare dalla
mancanza del lavoro. Ed e' in questo quadro di sviluppo distorto e
trasformazioni che va inquadrata la rivolta di Reggio Calabria.
E' intorno alla rivolta di Reggio che cambia il tema della storia: non piu'
le lotte sindacali e bracciantili ma soprattutto le lotte politiche e la
lotta contro la criminalita' organizzata, sempre piu' potente. Anzi, si puo'
dire che la rivolta di Reggio, con gli intrecci tra fascisti, servizi
segreti e criminalita', ha dato un nuovo ruolo a quest'ultima mostrandone la
ormai forte tendenza all'affermazione. Quello che scrive Villari in base
alle dichiarazioni di Tripodi, ma non solo, appare molto convincente.
All'origine c'e' il mutato quadro sociale ed economico del Mezzogiorno, dove
al miglioramento dei livelli di vita non corrispose uno sviluppo sociale ed
economico sufficiente e soprattutto dove la mutata situazione occupazionale
e di classe rese sempre meno determinante il ruolo del sindacato agricolo.
Erano inoltre mutati drasticamente i rapporti citta'-campagna e non a caso
la rivolta ebbe carattere decisamente urbano. L'apprendista stregone che
diede origine al pandemonio e' il sindaco democristiano Battaglia in cerca
di consensi demagogici. E all'inizio chi subisce la rivolta sono soprattutto
i democristiani e i socialisti le cui sedi sono bruciate per prime. Con il
degenerare della rivolta, il marchio fascista diventera' piu' forte e
comunisti e sindacalisti diventeranno l'oggetto delle principali aggressioni
e provocazioni. Il Pci ha delle responsabilita', ma anche dei meriti. E
questi sono legati proprio all'azione di Tripodi. La responsabilita' storica
e' quella di non aver compreso il processo di trasformazione e di non
essersi saputo inserire tra i nuovi ceti sociali urbani, cosa peraltro
tutt'altro che facile. Il partito pago' per la sua stessa coerenza il non
volersi inserire in una mobilitazione a dichiarato carattere campanilista,
quale quella per "Reggio capoluogo", ma non seppe presentare un'alternativa
di pari forza e portata. Il merito del Pci e della Cgil fu invece nell'aver
saputo porre intorno alla citta' di Reggio un cordone sanitario al dilagare
della rivolta populista chiaramente dominata da servizi segreti,
criminalita' e neofascisti. E cio' fu possibile perche' le lotte
bracciantili e contadine nei paesi agricoli avevano lasciato un forte segno
e dato una forte legittimita' al sindacato e al partito.
Ma ci sono anche altre lezioni importanti da trarre da questa storia, per
quel che riguarda gli anni successivi. Da una parte la voracita' e la
capacita' di conquista del territorio da parte della 'ndrangheta, anche
grazie alla complicita' degli agrari prima protettori e padroni delle
piccole cosche locali, poi conniventi e infine vittime essi stessi in quanto
espropriati di alcune delle migliori proprieta'. Dall'altra, la possibilita'
di resistenza, certamente rischiosa ma non impossibile, che puo' riguardare
gli stessi padroni, come la signora Macri' che preferisce donare la sua
villa al Comune (retto da Tripodi, nel frattempo diventato sindaco) per
farne una bella scuola elementare, anziche' venderla all'"onorata", agli
affiliati alla 'ndrangheta che volevano comprarla sottocosto.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 774 del 29 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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