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Minime. 773
- Subject: Minime. 773
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 28 Mar 2009 01:19:52 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 773 del 28 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. L'Afghanistan, l'Italia 2. Maria G. Di Rienzo: Mi ricorda qualcosa 3. Alessandro Portelli: Le Fosse Ardeatine e noi 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Lorenzo Milani: Lettera ai cappellani militari 6. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino 7. Armando Torno: Una nuova collana di introduzioni ai filosofi 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. L'AFGHANISTAN, L'ITALIA Quella in corso in Afghanistan e' una guerra terrorista e stragista alla quale l'Italia partecipa in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale. Cosa si aspetta a tornare nell'alveo della legalita'? Cosa si aspetta ad agire per salvare le vite anziche' sopprimerle? Cosa si aspetta a impegnarsi per la pace che invera i diritti umani di tutti gli esseri umani ed opporsi alla guerra che tutti i diritti umani viola e denega? * E' evidente il tentativo eversivo del governo di imporre in Italia un regime di apartheid. Cosa si aspetta ad opporsi al razzismo nel nostro paese? Cosa si aspetta a lottare in difesa della legalita' costituzionale e dei diritti umani di tutti gli esseri umani? Cosa si aspetta a impegnarsi per la legalita', la democrazia, la civilta', la dignita' e i diritti di tutti e di ognuno? * Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: MI RICORDA QUALCOSA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] "Tirannide indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi e' preposto alla esecuzione delle leggi, puo' farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunita'. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a cio' fare, e' tiranno; ogni societa', che lo ammette, e' tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, e' schiavo" (Vittorio Alfieri, Della Tirannide, Libro 1, Cap. 2) Non so, voi lo conoscete questo Alfieri, era per caso un veggente? Come profezia per l'Italia dell'ultimo decennio e' cosi' vera che Nostradamus impallidisce al confronto. 3. MEMORIA. ALESSANDRO PORTELLI: LE FOSSE ARDEATINE E NOI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2009 col titolo "La memoria abbandonata" e il sommario "Storie, Le Ardeatine parlano di noi. La neutralizzazione della Resistenza ha permesso alla destra di conquistare anche i luoghi dell'antifascismo. Rendendone indistinti i motivi e le ragioni per cui quei luoghi sono ancora una lezione per l'oggi"] L'anniversario della strage nazista delle Fosse Ardeatine e' stato segnato quest'anno da un doppio, concentrico pessimo uso della memoria: la falsificazione antipartigiana da una parte, l'esorcismo conciliatorio dall'altra. La falsificazione e' l'indecente campagna scatenata dal giornale dei vescovi e ripresa dall'immarcescibile Tg2, sulla presunta responsabilita' dei partigiani, rei di non essersi consegnati ai nazisti per evitare la rappresaglia. Le basi di questa campagna sono quanto di piu' inconsistente: per l'ennesima volta, e' saltato fuori qualcuno che dice o scrive di avere visto il mitico manifesto in cui si invitavano i partigiani a "presentarsi". Non e' una gran scoperta: di gente che sostiene la stessa cosa ce n'e' sotto ogni sampietrino di Roma. Pero' c'e' anche gente che sostiene di avere visto l'autostoppista fantasma e la babysitter assassina: perche' di questo si tratta, di una leggenda metropolitana (un po' meno innocua), o meglio di un mito nel senso pieno della parola - cioe', di una narrazione talmente necessaria per sorreggere una convinzione a priori da essere del tutto impermeabile ai fatti. E' inutile sforzarsi di argomentare le risultanze della ricerca storica, fare appello ai documenti. Che gliene frega ai giornalisti dell'"Avvenire" che il generale Kesselring nego' in tribunale che quei manifesti fossero mai esistiti, anzi disse che non ci avevano nemmeno pensato; e che il boia della Ardeatine, Herbert Kappler, al suo processo non ne abbia mai fatto cenno; e che da nessun archivio ne sia mai saltata fuori una copia o almeno una fotografia; e che il manifesto effettivamente affisso dai nazisti desse notizia della strage solo dopo che era gia' avvenuta ("quest'ordine e' gia' stato eseguito")? Basta il primo venuto che dice il contrario per strillare "Ecco la prova", per confermare quello di cui erano convinti gia' prima: la colpa e' dei partigiani, i nazisti poverini ci sono stati costretti. D'altronde, non aveva scritto la stessa cosa l'"Osservatore Romano" il giorno dopo il massacro? L'esorcismo conciliatorio si e' realizzato ritualmente davanti al luogo della strage, con ex fascisti neanche tanto ex come La Russa a versare (metaforicamente, metaforicamente!) lacrime di coccodrillo sulle vittime "dei totalitarismi". Nel luogo piu' sacro della memoria dell'antifascismo, gli antifascisti erano assenti, flebili o generici. Abbiamo affidato agli eredi di Almirante pure la nostra memoria, pure la Resistenza deve aspettare che sia Fini a rendergli l'onore che non si nega agli sconfitti. Il gesto di omaggio, in parte opportunistico e in parte autentico, reso da Fini alle Ardeatine all'inizio degli anni '90 si e' trasformato nel suo contrario: nella definitiva appropriazione alla destra di uno dei nostri luoghi di memoria piu' cari. Non si tratta di definitiva accettazione da parte della destra dei valori dell'antifascismo, ma al contrario, della relegazione dell'antifascismo a un passato che ha solo valenza rituale. L'ennesima indecente assimilazione di nazismo e comunismo (di fronte a un luogo dove sono sepolti piu' di cento comunisti ammazzati dai nazisti) e l'ammonimento a non ripetere gli "errori del passato" (quali, esattamente? Li vogliamo nominare?) servono in ultima analisi a prendere le distanze dalla storia, a relegare nel passato i rischi della nostra civilta', e all'apologia del nostro democratico, bipartitico e governabile presente di ronde, xenofobie, razzismi. Ma non e' a questo che serve la memoria. La memoria serve a disturbare il presente, a metterci a disagio. Le Fosse Ardeatine non sono, ricordiamolo, il peggior crimine nazista in Italia (ricordiamoci di Marzabotto e di Sant'Anna di Stazzema, e delle infinite stragi piccole medie e grandi dalla Sicilia a Bassano del Grappa). Non sono neanche il peggio che sia successo a Roma: sono quasi 2.000 gli ebrei romani che non sono tornati dai campi di sterminio; e nessuno ha un conto esatto di quanti sono tornati fra i 700 carabinieri deportati a ottobre 1943 o i 900 deportati del Quadraro ad aprile del '44 - e neanche delle migliaia sepolte sotto i bombardamenti alleati. Se le Fosse Ardeatine hanno un potere cosi' grande sulle nostre passioni e' soprattutto per le modalita' che ne fanno in un certo senso la sintesi simbolica di tutte queste stragi: il luogo, una grande citta', capitale dello stato e della chiesa cattolica; la composizione geografica e sociale delle vittime, provenienti da tutta Italia, da tutte le classi sociali, da tutto l'arco delle generazioni, delle scelte politiche, delle religioni (compresi gli atei). Ma soprattutto, la memoria delle Fosse Ardeatine ci disturba per il modo in cui si e' compiuta la strage. Sbagliano le lapidi affisse in giro per Roma che commemorano gli uccisi come vittime della "barbarie", della "bestialita'", della "ferocia" nazista. Le Fosse Ardeatine non sono una strage barbara, sono una strage profondamente civilizzata: come i campi di sterminio non si potevano fare senza le ferrovie, anche le Ardeatine non si potevano fare senza quei pilastri dello stato moderno che sono gli archivi da cui desumere gli elenchi dei candidati alla morte, la logistica per trasportarli sul luogo della morte, la burocrazia per spuntare i nomi dalle liste. Solo l'Occidente moderno ha i mezzi per fare cose simili. I "barbari", i "selvaggi", le bestie sono capaci di fare cose orrende; ma questa l'abbiamo fatta noi uomini civili con gli strumenti della nostra civilta'. Insieme a tante cose nobili e belle, alle radici dell'Europa ci sono le Fosse Ardeatine, Babi Yar, Auschwitz. Di questo dovremmo parlare, ogni 24 marzo. E non l'ha fatta la "belva nazista" che ossessionava l'immaginario del piccolo Grossman in Vedi alla voce: amore: l'hanno fatta "uomini comuni", esseri umani come noi. In tutta la sua autodifesa al processo, Herbert Kappler insisteva sul "rispetto umano" per vittime e carnefici insieme: non far sparare troppo da vicino per non sfigurare i cadaveri, non dare i conforti religiosi alle vittime per non doverli dolorosamente interrompere per ammazzarle, confortare paternamente i poveri soldati che andavano in pezzi dopo tante ore di sangue... Come facciamo a non riconoscere noi stessi nelle parole di Kappler (il paradossale dibattito californiano se l'iniezione mortale sia o meno una pena crudele...), a non vederci i germi delle nostre guerre umanitarie, dei nostri bombardamenti democratici, delle nostre civilizzate torture? Se la strage delle Ardeatine l'hanno compiuta uomini civili come noi, vuol dire che il rischio ce l'abbiamo dentro anche noi. Possiamo essere vittime, ma possiamo essere carnefici, o complici silenziosi. La figlia di uno degli uccisi delle Ardeatine si interrogava sulle finestre chiuse mentre sotto, per le strade di Roma, passavano i camion con i destinati alla morte. Ecco, forse un "errore del passato" da non ripetere e' chiudere di nuovo le finestre quando dalle nostre basi partono gli aerei per Abu Ghraib, o quando nelle nostre strade scorrono le ronde verso le violenze sempre nuove e sempre uguali del nostro tempo. 4. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. TESTI. LORENZO MILANI: LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI [Riproponiamo ancora una volta la "Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 febbraio 1965" di don Milani, uno dei documenti poi raccolti nel volume intitolato L'obbedienza non e' piu' una virtu'; insieme alla successiva "Lettera ai giudici" (l'autodifesa milaniana al processo in cui fu imputato proprio per aver scritto quella lettera aperta), che costituisce uno dei grandi testi a sostegno dell'obiezione di coscienza contro ogni guerra, contro ogni esercito, contro ogni uccisione. Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Altri testi ha pubblicato ancora la Lef. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano 2002; Jose' Luis Corzo Toral, Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium, Sotto il Monte (Bergamo) 2008] Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo. Avremmo pero' voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola. Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente. Primo, perche' avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore. Secondo, perche' avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono piu' grandi di voi. Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica e' oggi piu' matura che in altri tempi e non si contentera' ne' d'un vostro silenzio, ne' d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti saro' ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste. Non discutero' qui l'idea di Patria in se'. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi pero' avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro' che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto. Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona. Certo ammetterete che la parola Patria e' stata usata male molte volte. Spesso essa non e' che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben piu' alti di lei. Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. E' troppo facile dimostrare che Gesu' era contrario alla violenza e che per se' non accetto' nemmeno la legittima difesa. Mi riferiro' piuttosto alla Costituzione. Articolo 11 "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli...". Articolo 52 "La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino". Misuriamo con questo metro le guerre cui e' stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia. Se vedremo che la storia del nostro esercito e' tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese piu' la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verita' in faccia ai vostri "superiori" sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati e' segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la piu' elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza. Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe' noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l'anno) l'esercito, e' solo perche' difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita' popolare, la liberta', la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva piu' che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza. L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo. Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare. 1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tento' di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria. A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa e' alle porte. La Costituzione e' pronta a riceverla: "L'Italia consente alle limitazioni di sovranita' necessarie...". I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, cosi' come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei. La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo piu' attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme. Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'e' vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'e' vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: "L'insurrezione annunciata per oggi, e' stata rinviata a causa della pioggia". Nel 1898 il Re "Buono" onoro' della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che e' bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perche' i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu ne' un ferito ne' un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perche' era rincarata. Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare "Savoia" anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo. Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perche' quel giornale considera la vita d'un bianco piu' che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa? Idem per la guerra di Libia. Poi siamo al '14. L'Italia aggredi' l'Austria con cui questa volta era alleata. Battisti era un Patriota o un disertore? E' un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? (l'espressione non e' d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato). Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza "cieca, pronta, assoluta" quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Cosi' la Patria ando' in mano a un pugno di criminali che violo' ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra "Patria", quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa). Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar "volontari" a aggredire l'infelice popolo spagnolo. Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riusci' a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni liberta' civile e religiosa. Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei "volontari" italiani tutto questo non sarebbe successo. Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente che aveva obiettato. Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire? Poi dal '39 in la' fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia). Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici piu' nobili che l'umanita' si sia data. L'uno rappresenta il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, liberta' e dignita' umana ai poveri. L'altro il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri. Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni liberta' se non per i ricchi e per i malvagi. Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente). Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono piu' avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra e' stata un confronto di ideologie e non di patrie? Ma in questi cento anni di storia italiana c'e' stata anche una guerra "giusta" (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana. Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato. Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i "ribelli", quali i "regolari"? E' una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali sono i "ribelli"? Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati. Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un "distinguo" che vi riallacci alla parola di San Pietro: "Si deve obbedire agli uomini o a Dio?". E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro. In molti paesi civili (in questo piu' civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria piu' degli altri, non meno. Non e' colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione. Del resto anche in Italia c'e' una legge che riconosce un'obiezione di coscienza. E' proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti. In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si e' ancora pronunziata ne' contro di loro ne' contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'e' mai sentito dire che la vilta' sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei piu'? Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti e' la prigione, ma non e' bello star dalla parte di chi ce li tiene. Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Piu' maturo condanno' duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita? Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore e' "estraneo al comandamento cristiano dell'amore" allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete! Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Liberta', Verita'. Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verita' e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima. Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano. Lorenzo Milani sac. 6. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 7. LIBRI. ARMANDO TORNO: UNA NUOVA COLLANA DI INTRODUZIONI AI FILOSOFI [Dal "Corriere della sera" del 27 marzo 2009 col titolo "Grandi pensatori formato tascabile" e il sommario "Una nuova collana parte con Husserl. L'editore Carocci lancia dieci titoli all'anno sui filosofi"] Arthur Schopenhauer, che non era modesto, ricorda nei Parerga e Paralipomena (l'unica traduzione e' edita da Adelphi) di non fidarsi di storie della filosofia e compendi, giacche' le idee dei sommi non riescono a entrare nelle pagine elaborate dai pochi etti di cervello di un professore. Al di la' della battuta, oggi - epoca di pasti precotti - il tempo a nostra disposizione ci condanna a conoscere la filosofia proprio grazie a lavori di sintesi che limano e volgarizzano, anche se questo genere e' diventato puntuto e informato. D'altra parte, le introduzioni a pensatori, correnti, a questo o quel sistema sono state fiorenti nell'editoria italiana del '900. Di tutto quel patrimonio e' rimasta in piedi la sola collana "I filosofi" di Laterza, nata nel 1970 con l'Introduzione a Husserl di Renzo Raggiunti e arrivata oggi a poco meno di un centinaio di titoli, l'ultimo dei quali e' Filosofie clandestine di Gianni Paganini. In essa ci sono dei classici. Per esempio, i titoli di Sofia Vanni Rovighi su Tommaso d'Aquino e Anselmo d'Aosta, quelli di Gianni Vattimo su Heidegger e Nietzsche o di Giovanni Reale su Aristotele e Proclo. Codesta collana di introduzioni ha ora una vera rivale: si chiama "Pensatori". In questi giorni l'editore Carocci pubblica i primi tre titoli. Sono: Husserl di Vincenzo Costa, Heidegger di Adriano Fabris e Antonio Cimino, Plotino di Riccardo Chiaradonna. Volumi tra le 180 e le 220 pagine, con un costo che oscilla tra i 14,50 e i 15,50 euro. Il progetto e' ambizioso, giacche' Carocci ha intenzione di pubblicarne una decina l'anno; desidera, per dirla in soldoni, occupare una fetta di mercato che si e' ampliata. Il grande pubblico, piu' che testi critici o edizioni particolarmente curate, chiede introduzioni comprensibili, capaci di spiegare anche a chi non e' addetto ai lavori i pensatori difficili. Sia chiaro: la formula che ancora guida i saggi introduttivi di Laterza non e' invecchiata, giacche' oltre il profilo del filosofo in questione sono date una storia della critica, cronologia di vita e opere, bibliografia. Carocci offre uno schema simile - senza la parte relativa alla critica, della quale comunque si accenna nell'opera - ma ha il vantaggio di commissionare tali libri adesso. In altre parole, offre un ritratto nuovo che tiene conto di tutte le domande attuali e risponde alle esigenze che si avvertono tra un dibattito e l'altro. Buoni per le adozioni universitarie ma non soltanto, i "Pensatori" di Carocci - forse e' fatto apposta - cominciano con Husserl, proprio il filosofo che Laterza scelse per avviare la sua serie. Che dire? Spazio ce n'e'. E forse si recuperera' qualcosa pubblicato da Ubaldini nella compianta collana "Che cosa ha veramente detto...", dove usci' un Marx di Armando Plebe che fece scuola a sinistra e fu smentito un paio d'anni dopo da un testo dello stesso Plebe - edito da Rusconi - intitolato Quel che non ha capito Carlo Marx. Gli studenti li leggevano entrambi. E anche questo ha fatto scuola. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 773 del 28 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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