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Minime. 768
- Subject: Minime. 768
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 23 Mar 2009 01:01:40 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 768 del 23 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: L'ultimo tabu' 2. Cipsi: L'amore salvera' il mondo, non l'odio 3. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 4. Roberto Carnero: Guido Gozzano 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: L'ULTIMO TABU' [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] "Per la donna, si puo' capire", dice l'operaio in mensa al collega di lavoro, "Ma la bambina, la bambina proprio no". Siamo a fine febbraio (il 24, per l'esattezza), il luogo e' la citta' in cui io vivo, e l'episodio riguarda gli omicidi di una giovane infermiera e della sua figlioletta di due anni. Le vittime sono state sgozzate dall'ex compagno della donna, che e' anche il padre della piccola. Dramma della gelosia, hanno titolato i media, anche se non si capisce bene chi stesse vivendo questo pathos, giacche' chi stava per sposare un'altra persona era l'assassino e non la sua ex compagna. Per la donna si puo' capire, comunque, forse si puo' persino solidarizzare un po', non piu' di tanto, eh, perche' l'uomo e' un marocchino, ma per la bambina e' doveroso inorridire. Un vero maschio italiano avrebbe sgozzato solo la madre, cosa che notoriamente ad una figlia fa sempre del gran bene, almeno cosi' impara cosa succede se non si obbedisce a padre/marito/amante. Qual e' il mio problema? Che non credo all'orrore per l'omicidio della bimba. Non credo a chi lo ha manifestato, dai politici sui giornali agli operai in mensa. Si tratta solo dell'ultimo tabu' di circostanza, e sta per svanire. Gli italiani che si vantano del loro "amore" per i bambini e le bambine ne stanno abusando a percentuali vertiginose. Uno studio sul mio territorio, relativo alla violenza su minori, fa uscire il dato di un adulto aggressore su tre. Solo in questo mese di marzo 2009 sono saliti ai dubbi onori della cronaca dodici episodi di violenza sessuale su minori: dieci riguardavano bambine e due riguardavano bambini, due stupratori erano stranieri e dieci erano italiani. Di questi ultimi dieci, otto aggressori erano parenti stretti delle vittime, due erano amici di famiglia. Ehi, bambine e ragazze e donne: davvero avete paura di uscire di casa? Dovreste aver paura di restarci. Arianna, cosi' si chiamava la bimba uccisa, se fosse vissuta sarebbe diventata una ragazzina, un'adolescente, e poi una donna, e poi ancora un'anziana. In tutti gli stadi della sua vita avrebbe come minimo sperimentato la derisione, la molestia, o qualsiasi altra forma di sessismo, dagli stessi farisei che oggi la compiangono. Si', vi ritengo responsabili. Non potete seminare gramigna e poi protestare perche' nel campo crescono solo erbacce. Cosi', per la donna "si puo' capire"? Ma anche Arianna era una donna, una donna in divenire, un germoglio minuscolo di donna, una promessa di donna. E anche sua madre era stata bambina. Voi vedete figurine, e immaginate le donne a due dimensioni, preferibilmente in posizione sdraiata, io vedo persone in carne e ossa e il loro sangue mi scotta addosso. Quando ho letto che la sorella dell'assassino, a cui l'uomo aveva ammesso gli omicidi durante una conversazione telefonica, gli ha consigliato di "negare tutto, negare sempre, negare anche l'evidenza", dapprima ne sono rimasta sconvolta. Poi ho pensato che forse il consiglio aveva una logica diversa da quella immediatamente percepibile. Perche' se una donna ti dice qualcosa, per esempio "No, basta, smettila, lasciami in pace, non ferirmi, non ferire nostra figlia", tu, da vero uomo, devi fare il contrario. E difatti l'omicida ha confessato. 2. UNA SOLA UMANITA'. CIPSI: L'AMORE SALVERA' IL MONDO, NON L'ODIO [Dal Cipsi - Coordinamento di iniziative popolari di solidarieta' internazionale (per contatti: e-mail: info at cipsi.it, sito: www.cipsi.it) riceviamo e diffondiamo] L'assemblea delle 48 associazioni del Cipsi - Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarieta' Internazionale - riunitasi a Genova il 14 e 15 marzo 2009 ha ribadito l'impegno comune del coordinamento rispetto alla tutela dei diritti e dei beni comuni di tutti gli esseri umani. In particolare ha deliberato di prendere posizione sulle continue e ripetute violazioni ai diritti fondamentali ribaditi nella nostra Costituzione e nella Dichiarazione universale dei diritti umani. * Guido Barbera, presidente del Cipsi, al termine dell'assemblea ha dichiarato: "Il ddl sulla sicurezza, introdotto dal governo Berlusconi, introduce il carcere fino a quattro anni per i clandestini che restano in Italia nonostante l'espulsione, la schedatura dei senzatetto, la legalizzazione delle ronde di cittadini, la possibilita' per i medici di denunciare i clandestini. Ed ancora: i cittadini stranieri irregolari non potranno registrare la nascita dei loro figli, in palese violazione non solo dela nostra Carta Costituzionale ma anche della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Vengono impediti la registrazione del neonato ed il riconoscimento del figlio naturale, rendendo i bambini non registrati alla nascita privi di qualsiasi identita'. Non avranno accesso alle scuole e alle strutture sanitarie. Non avranno un nome ne' documenti. Saranno completamente invisibili, apolidi. Noi, associazioni del Cipsi, ribadiamo i valori della nostra carta costituzionale a tutela della vita e della dignita' di ogni essere umano. Come cittadini italiani, chiediamo al governo e a tutte le istituzioni italiane, di rispettarli e di rafforzarli nella convivenza umana basata sulla reciproca fiducia. Diciamo basta ad un'informazione che porta a paura sociale. Chiediamo e ci impegneremo in ogni modo a diffondere la bellezza e la ricchezza del dialogo e dell'incontro tra tutti i cittadini del mondo. Uno stato non e' grande, non e' forte, non e' stato per il suo potere e le sue leggi, ma per la capacita' di costruire armonia, rispetto della dignita' di tutti e democratica convivenza e partecipazione alla vita sociale. Per questo, come cittadini italiani, non possiamo accettare le parole pronunciate in questi giorni dal ministro dell'Interno, secondo cui 'per contrastare l'immigrazione clandestina non bisogna essere buonisti ma cattivi, determinati, per affermare il rigore della legge'. Parole che alimentano solo un clima di odio razziale e di paura degli altri, considerando la sicurezza una chiusura verso ogni diversita'. L'amore salvera' il mondo, non l'odio. Noi, associazioni del Cipsi, siamo convinti che anche la crisi economica che stiamo attualmente vivendo, possa rappresentare una grande opportunita'. Se sapremo uscirne insieme, riannodando i fili della solidarieta' e del dialogo. Accogliendoci reciprocamente. Rispettandoci nelle nostre diversita'. Riconoscendo i diritti e i doveri di tutti. Nessuno escluso: anche i clandestini. Anche i Rom. Riteniamo necessario concentrare il nostro impegno per giungere ad un forte ripensamento del nostro vivere insieme. Un ripensamento che riparta dai grandi valori condivisi su cui si fonda la nostra Costituzione ed il nostro vivere civile". * In questo chiediamo a tutti i mezzi di informazione e comunicazione di partecipare con messaggi positivi e costruttivi. * Per informazioni e contatti: Cipsi - Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarieta' Internazionale, via Colossi 53, 00146 Roma, tel. 065414894, fax: 0659600533, mail: info at cipsi.it o anche cipsi at cipsi.it, sito: www.cipsi.it 3. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4. PROFILI. ROBERTO CARNERO: GUIDO GOZZANO [Dal mensile "Letture", n. 629, agosto-settembre 2006, col titolo "Guido Gozzano" e il sommario "Iniziatore della poesia contemporanea, Gozzano innesta una componente ironica e malinconica al repertorio crepuscolare, aprendo il regno poetico a materiali di varia natura con un gusto tipicamente postmoderno"] Se per Daniel Pennac uno dei diritti inalienabili del lettore e' quello al "bovarismo" (cioe' alla credenza cieca e all'identificazione spasmodica in cio' che si legge), Guido Gozzano ha evidenziato, all'inizio del Novecento e della postmodernita', i pericoli, anche letali, di tale atteggiamento. C'e' una sua prosa, intitolata Intossicazione, in cui egli ci parla di un esempio eclatante di "intossicazione letteraria". Vi troviamo il personaggio (a quanto sembra realmente esistito, perche' tratto dalla cronaca) di Stefano Ala, montanaro diciassettenne della Val di Susa, che ha commesso un duplice omicidio, le cui ragioni Gozzano passa subito a raccontarci. Stefano Ala e' innamorato di Caterina Viola, ma non la corteggia in modo comune; lo fa mandandole le poesie che compone per lei, per il resto, novello stilnovista, limitandosi a guardarla da lontano. Caterina inizialmente e' lusingata da questo fatto insolito, ma poi a poco a poco perde il suo entusiasmo quando si accorge che Stefano non va oltre le poesie. A questo punto lo pianta in asso e si mette con un ragazzo forse meno sensibile ma senz'altro piu' concreto. Allora Stefano, accecato dalla gelosia, corre al ballo pubblico dove i due si danno alle danze e li fredda entrambi con due perfetti colpi di pistola. Nel commentare questo fatto di cronaca nera scrive Gozzano: "Io credo di dover attribuire la colpa massima a Monna Letteratura. Stefano Ala e' stato vittima dei suoi imparaticci poetici. Poeta egli stesso, ma candido e ignaro, la sua anima non si sarebbe guasta, riarsa, illividita fino al delitto atroce, se non fosse stata esaltata dai troppi libri che lo raggiungevano nella sua valle serena: Balzac, Chateaubriand, Cavallotti, Graf, Carducci, Stecchetti; libri di maestri e di non maestri, letture varie e disparate, perniciosissime tutte per una psiche ingenua, candida, primitiva, gia' propensa al sogno e alla fantasia. E' l'esempio tipico della intossicazione letteraria". Tuttavia, pur cosi' lucido nell'analisi dei casi di Stefano Ala, Guido Gozzano non e' esente dalla stessa malattia. Quella di Stefano e' una vicenda estrema, che pero', seppure a un grado minore, riguarda anche Guido, la sua vita e il suo lavoro di letterato. Nel corso della sua breve esistenza, infatti, la lettura e' diventata una "droga", che, come tutte le droghe, da' assuefazione e dipendenza. * Un poeta letteratissimo Nella letteratura italiana del Novecento non c'e' forse scrittore piu' letterato di Guido Gozzano. Egli legge e si appropria di tutto il patrimonio letterario a lui precedente, compreso l'amato-odiato D'Annunzio, che saccheggia a piene mani. Ma chi per questo accusi Gozzano di plagio mostra di travisare pesantemente i termini della questione: guardare la realta' attraverso la letteratura, letta ma non sempre del tutto digerita, e' l'unica modalita' di approccio al reale che Gozzano conosca. Pertanto il suo modo di fare letteratura non potra' che adeguarsi a questa piu' generale attitudine speculativa. Tuttavia e' decisivo capire in che modo Gozzano utilizza la letteratura precedente. La sua modalita' di riferirsi a materiali di varia natura e' stata di recente definita "postmoderna". Tale postmodernita' si esprime, secondo Giuseppe Zaccaria, nel "rifiuto di ogni idea della poesia come intuizione pura o espressione immediata del sentimento", per porre invece in primo piano "una diversa modalita' dell'arte come fare, tecnica costruttiva, progetto fattuale che passa attraverso le sottili mediazioni di una scaltrita consapevolezza letteraria". Percio' non dobbiamo valutare negativamente Gozzano in quanto "poeta della letteratura": "Il fatto che Gozzano sia stato il maestro di 'giocolieri e funamboli del linguaggio'", ha scritto Giuliano Ladolfi, "non dipende dall'assenza del suo poetare, ma dal fatto che certi giudizi critici hanno colto solo l'aspetto esteriore della sua produzione trascurandone le cause". E' dunque importante, per ridare a Gozzano il suo giusto posto nella letteratura italiana del Novecento, rileggerne l'opera alla luce delle acquisizioni critiche piu' recenti, evidenziandone l'originalita' rispetto agli altri poeti suoi compagni di strada in quel movimento che e' stato definito "Crepuscolarismo". Termine che indicava il momento storico del "tramonto" della poesia italiana romantico-decadente: "Una voce crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne", scriveva nel 1910 il critico Giuseppe Antonio Borgese (al quale si deve, per primo, l'individuazione della poetica "crepuscolare"). Ma, insieme, alba della nuova poesia novecentesca. L'individualita' di Gozzano all'interno del gruppo crepuscolare e' ormai cosa acquisita. E la critica ha da tempo sottolineato il suo ruolo di primo piano nella storia della poesia italiana del Novecento: Gozzano come iniziatore della poesia contemporanea. Saranno altri i poeti piu' "novecenteschi" (Ungaretti, Montale, Saba, Quasimodo...), ma Gozzano ha fatto da apripista alle esperienze successive, soprattutto a quelle piu' sperimentali. * Abbassamento tematico... Il primo libro di poesie di Gozzano, La via del rifugio, esce nel 1907. Siamo a Torino, e questa collocazione geografica non e' irrilevante. All'area torinese appartengono infatti altri importanti poeti crepuscolari, amici e compagni di strada di Gozzano: Carlo Chiaves, Carlo Vallini, Nino Oxilia, Giulio Gianelli e la poetessa e narratrice Amalia Guglielminetti, con la quale Gozzano intreccera' un'intensa relazione intellettuale e sentimentale. Torino, d'altra parte, e', all'inizio del Novecento, una delle citta' culturalmente piu' vivaci d'Italia, con i suoi caffe'-concerto, con i primi cinematografi (a Torino vengono prodotti i primi film italiani), con l'attivita' fieristica dell'Esposizione d'arte moderna (tanto che il capoluogo piemontese divenne presto la vera capitale del liberty italiano), con un'universita' dove le lezioni di Arturo Graf erano frequentatissime dai giovani letterati che si riunivano intorno alla Societa' di Cultura, con una fervida produzione editoriale: due case torinesi, Lattes e Streglio (quest'ultima editrice della Via del rifugio), sono tra i principali editori delle opere dei giovani crepuscolari, non solo piemontesi. In tale contesto, esce dunque La via del rifugio, e, quattro anni piu' tardi, quello che e' considerato il libro "organico" di Gozzano, il vero "canzoniere" del poeta, I colloqui. La continuita' tra le due raccolte e' sottolineata dal fatto che alcuni componimenti passano dalla prima alla seconda. Ma quali sono le caratteristiche della poesia gozzaniana? Il primo tratto che emerge e' il gusto dell'abbassamento. Innanzitutto abbassamento tematico. Basta vedere, ad esempio, come viene affrontato il motivo dell'amore: non piu' la passione per donne sublimi, amanti fatali, belle dame senza misericordia, ma, come accade a Toto' Merumeni dell'omonima poesia dei Colloqui, "egli sogno' per anni l'Amore che non venne, / sogno' pel suo martirio attrici e principesse / ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne". Non a caso Elogio degli amori ancillari e' il titolo di un altro celeberrimo componimento, mentre in un altro ancora, La signorina Felicita ovvero La Felicita', il poeta vagheggia la relazione coniugale con una semplice ragazza di paese, buona e onesta, ma senza molte attrattive fisiche o intellettuali. Oppure gli amori possono essere impossibili, per la distanza temporale. Gozzano, da adulto, indica nella cocotte, la "cattiva signorina" della sua infanzia, o in Carlotta, l'amica di nonna Speranza, giovane collegiale nel 1850, o ancora in Graziella, la giovane ciclista delle Due strade, le uniche donne che avrebbe potuto amare davvero. Al punto da ritrovarsi a esclamare amaramente: "Non amo che le rose / che non colsi. Non amo che le cose / che potevano essere e non sono / state...". "Sei quasi brutta, priva di lusinga", dice Gozzano a Felicita. Insomma, l'esatto opposto delle donne belle e possibilmente bionde della tradizione letteraria italiana da Petrarca in poi. Parimenti cambiano le ambientazioni: non piu' dimore estetizzanti o parchi popolati da una preziosa vegetazione esotica, ma cucine, solai, vecchi e polverosi salotti piccolo-borghesi con i mobili ricoperti da fodere messe li', ma inutilmente, a contrastare l'azione del tempo. Da spazi ampi, maestosi, aperti, si passa ad ambienti piccoli e chiusi, familiari e domestici nella loro quotidiana semplicita'. Ma, luoghi a parte, e', in generale, il repertorio tematico della poesia crepuscolare a essere di tenore basso. Nella prima strofa dell'Amica di nonna Speranza, Gozzano ci da' un elenco degli oggetti a lui cari, di quelle cose che definisce "buone cose di pessimo gusto": pappagalli impagliati, fiori in cornice, le scatole dei confetti (ma senza il contenuto...), frutti di marmo sotto campane di vetro, acquerelli sbiaditi, stampe, vecchie tele e i primi dagherrotipi, orologi a cucu'... Cose vecchie e obsolete ("di pessimo gusto"), kitsch, diremmo oggi, ma anche "buone", cioe' care all'autore, che non riesce a staccarsene, perche', su un piano psicologico, esse rappresentano il legame con un passato recente dal quale separarsi radicalmente sarebbe troppo doloroso. * ... e stilistico L'abbassamento e' pero' anche di tipo stilistico. Oltre che dei contenuti, la poesia di Gozzano sembra voler perseguire una sistematica riduzione delle forme della lirica precedente di tradizione "alta". D'Annunzio, Carducci, ma anche Manzoni, Leopardi, Foscolo e persino Dante, di cui, in una delle poesie "sparse", dal titolo L'ipotesi, viene parodiato un celebre episodio della Divina Commedia (il discorso di Ulisse nel XXVI canto dell'Inferno). La lirica gozzaniana si muove infatti in vistosa polemica con i modi e con le forme della poesia tradizionale. Viene rifiutata la concezione della poesia magniloquente, ore rotundo, come la figura del "poeta-artiere" o del "poeta-vate" di carducciana memoria, del poeta impegnato socialmente e civilmente, del poeta come individuo fuori dal comune, portatore di una sensibilita' unica e sublime. La poesia, allora, non potra' che essere l'espressione di un ripiegamento interiore, in una prospettiva intima e personale. Il rifiuto della magniloquenza della tradizione si esprime nella prosaicita' di un dettato che tende ad avvicinare la versificazione ai modi della prosa. Uno stile semplice, dimesso, nelle scelte lessicali (termini quotidiani al punto da sembrare talora banali) e nelle strutture sintattiche. Si allargano i confini del poetabile - non solo argomenti e contenuti alti, sublimi, bensi' una nuova centralita' delle situazioni comuni e quotidiane - e di conseguenza si allarga il campo lessicale della poesia. In tal senso Gozzano porta alle estreme conseguenze la rivoluzione pascoliana che, offrendo cittadinanza nel reame della poesia a oggetti, presenze, temi prima esclusi, aveva dovuto consentire, per forza di cose, un ampliamento delle basi lessicali del linguaggio poetico. Ecco quindi le onomatopee, le interiezioni, le reticenze (la figura retorica delle sospensioni e dei sospiri), che accompagnano i vocaboli "nuovi", tratti dalla scienza, dalla tecnica, dalle lingue straniere, insomma dalle parole usate da tutti ogni giorno (e non solo dai poeti). Non a caso il titolo della raccolta piu' famosa di Gozzano e' quanto di piu' dimesso si potrebbe immaginare: I colloqui (non piu' Canti, come in Leopardi). Rime tra "camicie" e "Nietzsche", occhi azzurri "d'un azzurro di stoviglia" (gli esempi sono tratti dalla Signorina Felicita, nei Colloqui). I metri, tuttavia, sono preziosi. In questo Gozzano preferisce attenersi alle forme della tradizione, anche a quelle piu' rare: con un certo compiacimento intellettualistico, ma anche con la loro rivisitazione in chiave straniata e straniante. La sua operazione e' un po' come quella di chi mette vino nuovo in otri vecchi. Facendoli cosi' - alla fine - esplodere. * Ironia e male di vivere Chiave centrale del procedimento di abbassamento, tematico e stilistico, e' l'ironia. Sul repertorio crepuscolare, triste e melanconico, Gozzano innesta infatti una vivace componente ironica (e a tratti umoristica). Anzi, potremmo forse affermare che la malinconia e l'ironia sono le due facce di una stessa medaglia, in quanto appaiono spesso indistricabilmente intrecciate, quali schermi che impediscono al poeta un'adesione autentica alla realta' della vita, dei sentimenti, della convivenza civile. Ed e' proprio Gozzano a dare il la a quella che Marziano Guglielminetti ha chiamato la "scuola dell'ironia" e che si sviluppera' soprattutto a Torino con i poeti piemontesi che abbiamo nominato sopra. Gozzano vive un'eta' di transizione: il passaggio al Novecento senza che ci si sia lasciato del tutto alle spalle l'Ottocento, quell'Italia giolittiana sospesa tra un cauto moderatismo riformista e i furori ideologici e bellicistici che porteranno, di li' a poco, a scontri sempre piu' accesi tra le diverse classi sociali (borghesi e operai, padroni e lavoratori), nonche' alla partecipazione del Paese al primo conflitto mondiale. Una situazione vissuta in una crisi di certezze ideologiche che in lui non genera dramma spirituale, semmai una condizione di apatica contemplazione dell'assenza di prospettive sicure. Insieme con un ripiegamento sul passato, quale eta' dell'oro che ora si lamenta come irrimediabilmente perduta. Se lo scientismo positivista aveva messo in crisi lo spiritualismo romantico e la fiducia nella religione tradizionale, presentandosi a sua volta come nuova fede, nuovo verbo, quasi religioso, nella pretesa di spiegare ogni aspetto della realta' alla luce della ragione applicata al metodo sperimentale, ora che il positivismo, a sua volta, e' entrato in crisi, viene meno la speranza nelle "magnifiche sorti e progressive" del mondo. Le parole d'ordine tradizionali non convincono piu', perche' abusate da troppa retorica (anche in poesia): "La Patria? Dio? l'Umanita'? Parole / che i retori t'han fatto nauseose!..." (Pioggia d'agosto). L'assenza di certezze e' gia' un sintomo di quel "male di vivere" novecentesco di cui parlera' Montale in una sua celebre lirica. Come in narrativa Pirandello, Svevo, Tozzi, Borgese rappresentano la figura dell'inetto - questo grande antieroe ormai pienamente novecentesco - cosi' Gozzano ci parla, in poesia, di una analoga condizione, fatta di accidia, taedium vitae, spleen, noia, indifferenza, oggi diremmo, forse, depressione. Gozzano si sente inetto, in-aptus, non adatto alla vita. Al se stesso malato contrappone un alter ego sano, fisicamente e moralmente, il fratello minore Renato, "adolescente forte, quadre le spalle e il busto", che "tempra in cimenti rudi il bel corpo robusto", sdegnando "i pensieri torbidi, gli studi vani, i freni", cioe' le inutili elucubrazioni mentali e le inibizioni del poeta, che gli augura: "Ed egli sia quell'uno felice ch'io non fui!" (Il piu' atto). Un'inettitudine, questa della poesia come del vissuto biografico di Gozzano, motivata si' da quella situazione di crisi ideologica che abbiamo detto, ma anche da condizioni di vita particolarmente difficili, soprattutto per la presenza della malattia. Malattia spirituale ma pure fisica: la tubercolosi. Gozzano, pur con il tono di understatement che gli e' tipico, rievoca le inutili visite mediche, con questi "dottori" che "mi picchiano in vario lor metro spiando non so quali segni, / m'auscultano con li ordegni il petto davanti e di dietro. / E senton chi sa quali tarli i vecchi saputi... A che scopo? / Sorriderei quasi, se dopo non bisognasse pagarli..." (Alle soglie). * In viaggio per non morire I primi sintomi della malattia li aveva avvertiti gia' nel 1904, e infatti tutta la sua produzione letteraria sara' pervasa dal tema dell'attesa della morte. Ed e' proprio per guarire dalla tubercolosi - anche la medicina ha le sue mode - che la sera del 16 febbraio 1912 Guido Gozzano si imbarca a Genova con l'amico Giacomo Garrone sul piroscafo "Raffaele Rubattino", alla volta dell'India, dove giungera' (a Bombay) in una data collocabile tra il 5 e l'8 marzo. Seguire con precisione i successivi spostamenti nel subcontinente indiano risulta invece piu' problematico. Dai dati in nostro possesso risulta che Gozzano avrebbe visitato soltanto Bombay e Ceylon. Gozzano pubblichera', nell'arco di quasi due anni, tra il gennaio del 1914 e il settembre del 1916, ben diciotto articoli di argomento indiano sul quotidiano torinese "La Stampa" e su alcune riviste. Quindici di tali prose verranno successivamente raccolte in un libro uscito nel 1917, a pochi mesi dalla scomparsa dell'autore (avvenuta nell'agosto del 1916), intitolato Verso la cuna del mondo. Lettere dall'India (1912-1913), un'opera importantissima per capire Gozzano. Ebbene, l'itinerario di Verso la cuna del mondo risulta parecchio piu' ampio della realta' del viaggio di Gozzano, toccando varie tappe: Bombay, Goa, Ceylon, Tuticorin, Madura, Madras, Haiderabat, Golconda, Delhi, Agra, Giaipur, Cawnepore, Benares. Che cos'e' successo? Ancora una volta Gozzano ha deciso di completare (e anche, in alcuni casi, di sostituire) la propria esperienza diretta con la letteratura, utilizzando a piene mani, ai limiti del plagio, un'opera dello scrittore francese Pierre Loti, L'Inde (sans les Anglais) (1908). Ma, a parte la costante "tabe letteraria", qual e' l'atteggiamento di Gozzano viaggiatore? In una lettera all'amica Candida Bolognino scrive: "Io ho visto l'India con occhio di poeta, non l'ho studiata cosi' profondamente, ma l'ho goduta superficialmente. Non son venuto qui con quella preparazione colla quale vengono gli studiosi, gli archeologi. Io son digiuno di archeologia, non mi addentro nella profondita' delle cose. Vivo della loro bellezza, la gusto, la faccio mia, cerco di gettarne una scintilla nelle mie lettere, nei miei versi. Se un'altra volta verro' in India vorro' venirvi con maggiore preparazione storica... Ma la godro' di piu'? Forse meno d'adesso che viaggio come un ignorante, ma assetata l'anima di bellezze". Insomma, una disarmante superficialita', degna del piu' bieco turista da "pacchetto vacanza" tutto compreso. Da questa estraneita' di fondo, da questo mancato sforzo di conoscenza, nasce il riaffacciarsi a piu' riprese, nelle Lettere dall'India, del motivo della nostalgia, la nostalgia di casa. La prima volta, e con particolare intensita' (dal momento che ritorna nel testo a intervalli regolari, quasi come un refrain, nella forma di pause riflessive intercalate alla narrazione vera e propria), nel capitolo intitolato Un Natale a Ceylon. Il gusto dell'antitesi, delle "cose stridule", quella che Edoardo Sanguineti ha definito "la poetica dello choc" domina parecchie pagine di Verso la cuna del mondo. L'India appare al poeta come il luogo in cui convivono le presenze piu' eterogenee e piu' incompatibili tra loro: e' il regno dell'"anacronismo" e del "paradosso". La prima forma di choc si sviluppa a partire dal contatto e dal confronto tra l'India quale appare nella realta' e l'India dell'esotismo di maniera, dei luoghi comuni della letteratura di avventure e viaggi, l'India delle oleografie, l'Oriente immaginato dal poeta fin da bambino. La prima impressione che Gozzano registra e', su questo versante, proprio una sorprendente, paradossale, coincidenza tra l'India reale e l'India immaginata. Delusione, dunque: se la realta' non aggiunge nulla all'immaginazione, tanto valeva restare a casa. E', come avrebbe detto Oscar Wilde, la realta' che imita la letteratura. Ma la delusione puo' anche scaturire dal fatto diametralmente opposto, e cioe' che la realta' mortifichi l'attesa, discordando completamente da essa. L'India, poi, appare al poeta il luogo dell'eccesso. A partire dai colori, ad esempio, troppo intensi, troppo accesi. Si assiste, nelle pagine indiane, a una "policromia gaudiosa", come dice Gozzano: il verde intenso dei cocchi, il turchese o il fulvo del cielo, l'oro dei templi, il bianco candido delle case. E ancora il nero lucente dei corvi, il bagliore dei pavoni, i colori vivaci, artificiali, dei pappagalli e dei colombi. Il "tripudio visivo" della "concordia discorde" di Giaipur, "la citta' dei colori", dove al rosa monocorde degli edifici si sovrappone il cromatismo violento delle sete e dei percalli, dei velluti e dei cenci: "Giallo zolfo, giallo ocra, rosso, carminio, porpora, verde biacca, verde salice, azzurro, turchino". Tanto che pochi giorni prima di ripartire dall'India alla volta dell'Italia, Gozzano scrivera' alla madre: "Ti confesso che dopo la bellezza di vegetazione troppo gigantesca e troppo mostruosa di Ceylon penso quasi con sollievo al verde mite e riposato del Canavese". A fare da contraltare a questa estrema solarita' cromatica - ulteriore contrasto - la "poesia della morte", che pervade tanta parte di queste lettere dall'India: un'espressione che denota un aspetto fondamentale di Verso la cuna del mondo e, prima ancora, di tutta la poesia gozzaniana. Sono molte le "citta' morte" che lo scrittore visita (o immagina di visitare): il mausoleo del Taj-Mahal, Goa, Golconda. Per non parlare dell'attenzione ai vari riti funebri. La presenza, anche in tanta parte della produzione in versi, del motivo della fugacita' della giovinezza e della morte che si avvicina si puo' spiegare con il dato biografico di un uomo cosciente della sua prossima fine. E forse, sotto tale riguardo, Gozzano non era mai stato serio come nel suo libro indiano. Cosi' che il viaggio verso la "cuna" (cioe' la culla) diventa, alla fine, inaspettatamente, un pellegrinaggio anticipato alla propria tomba. * Fiabe e "farfalle" Nel corso della sua pur breve esistenza l'attivita' letteraria di Guido Gozzano e' stata molto intensa. E' per questo che un discorso che aspiri a una qualche completezza non puo' trascurare di fare almeno qualche rapido cenno anche alle opere considerate "minori". Citiamo innanzitutto le Epistole entomologiche, poemetto incompiuto in endecasillabi sciolti che ha anche un altro titolo: Le farfalle. Gozzano offre qui il racconto della sua passione, appunto, per le farfalle. Presenza, la loro, gia' fitta nelle raccolte precedenti, dalla Via del rifugio ai Colloqui alle "sparse". Nella nuova opera i riferimenti di Gozzano sono al genere didascalico e ad alcuni modelli stranieri (soprattutto il poeta belga Maeterlinck). Ma cio' non impedisce uno spirito nuovo. "Arieggia i didascalici settecenteschi, il Mascheroni e il Rucellai", scrive Gozzano a proposito di questo suo lavoro in una lettera a Marino Moretti, "ma ho tentato di togliere l'amido accademico e la polvere arcaica per trasfondervi il nostro inquieto spirito moderno". Per quanto riguarda le altre opere in prosa, vanno ricordate due raccolte di fiabe, I tre talismani (1914) e La principessa si sposa (1917), che testimoniano l'attenzione di Gozzano verso il mondo dell'infanzia, interesse peraltro gia' documentato da alcune rime per bambini comprese tra le poesie "sparse". C'e' poi una consistente produzione novellistica, uscita postuma in due volumi (sebbene spesso i singoli pezzi fossero stati gia' editi in periodici durante la vita dell'autore): L'altare del passato (1918) e L'ultima traccia (1919). Va fatta menzione, infine, della curiosita' di Gozzano nei confronti della nascente industria cinematografica. Lo prova, oltre alla partecipazione in qualita' di "regista" a un film sulle farfalle, la sceneggiatura di un altro lungometraggio intitolato San Francesco, preparata tra il 1915 e il 1916, sulla vita e sulle opere del santo di Assisi. La pellicola non fu poi realizzata per motivi finanziari, ma il testo - criticamente restituito da Mauro Sarnelli nel 1996 - testimonia il riavvicinamento di Gozzano, negli ultimi mesi di vita, a quella fede cristiana che forse non aveva mai del tutto abbandonato. Il poeta morira' infatti con il conforto dei sacramenti, ricevuti da un amico sacerdote. * Pagine, lettere e "farfalle" Diverse le edizioni recenti delle opere di Guido Gozzano. Per quanto riguarda la poesia, quella piu' affidabile e' stata curata nel 1980 da Andrea Rocca, con il titolo Tutte le poesie, nei "Meridiani" Mondadori. Di Verso la cuna del mondo, l'edizione di riferimento e' quella, dotata di ricchi apparati filologici, curata da Alida D'Aquino Creazzo per Olschki nel 1984, ma segnaliamo anche quella piu' recente a cura di Epifanio Ajello con il titolo Nell'Oriente favoloso. Lettere dall'India (Liguori Editore, 2004) e quella, riproposta lo scorso anno nei "Grandi Libri" Garzanti, a cura di Piero Cudini con il titolo Un Natale a Ceylon e altri racconti indiani. Per un piu' ampio inquadramento del viaggio in India di Gozzano mi permetto di rimandare a un mio libro di qualche anno fa: Guido Gozzano esotico (De Rubeis, 1996). Delle Farfalle, pure presenti nella raccolta curata da Rocca, c'e' anche una nuova edizione a cura di Giorgio Patrizi (Edizioni Empiria, 2003). Uniedizione complessiva delle opere di Gozzano e' quella a cura di Giusi Baldissone, Opere, uscita presso Utet nel 1983 nella collezione dei "Classici italiani" e ora riproposta in brossura a un prezzo piu' popolare (2006, pp. 704, euro 12,90). Peccato che l'editore abbia deciso di riproporla tal quale, senza pensare ad aggiornare gli apparati critici, fermi, appunto, a piu' di vent'anni fa. Per quanto riguarda le novita' della critica, ci limitiamo a due libri usciti lo scorso anno: Giuseppe Zaccaria e Giuliano Ladolfi, Gozzano postmoderno. Un poeta alle soglie del Novecento, (Interlinea, pp. 68, euro 10) e Mariarosa Masoero, Guido Gozzano. Libri e lettere (Olschki, pp. 104, euro 12). Quest'ultimo volume, in particolare, contiene tutta una serie di trame capaci di illuminare l'officina di scrittore di Gozzano. Per ulteriori indicazioni bibliografiche, con tutti i relativi aggiornamenti, e per le notizie su iniziative in corso, si veda il sito web del Centro interuniversitario per gli studi di letteratura italiana in Piemonte "Guido Gozzano - Cesare Pavese" (www.gozzanopavese.it). * Vittima della Tbc 1883 Nasce a Torino, il 19 dicembre, da Fausto e Diodata Mautino (figlia di un senatore amico di d'Azeglio e Cavour), donna amante dell'arte e del teatro. 1900 Muore il padre. 1902 Termina gli studi liceali a Savigliano (Cuneo). 1903 Si iscrive alla facolta' di Legge dell'Universita' di Torino, dove pero' non prendera' mai la laurea. Frequenta, presso la facolta' di Lettere, le lezioni di Arturo Graf. 1907 Esce La via del rifugio. Conosce Amalia Guglielminetti. 1908 Va a Ronco Canavese (Torino), sotto il massiccio del Gran Paradiso, a curarsi dalla tubercolosi, gia' diagnosticatagli nel 1904. 1909 La madre di Guido e' colpita da un attacco di apoplessia, dal quale non si riprendera' mai del tutto. 1911 Vengono pubblicati I colloqui. 1912 Viaggio in India (da febbraio ad aprile). 1914 Esce la raccolta di fiabe per bambini I tre talismani. 1916 Muore a Torino, il 9 agosto, assistito spiritualmente da un amico prete, Silvestro Dogliotti. 1917 Escono, postumi, i volumi Verso la cuna del mondo. Lettere dall'India e La principessa si sposa (altra raccolta di fiabe). 1918 Esce postuma la raccolta di novelle L'altare del passato. 1919 Viene pubblicata postuma un'altra raccolta di novelle, L'ultima traccia. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 768 del 23 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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