Minime. 764



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 764 del 19 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 21 marzo a Verona
2. Una proposta di ordine del giorno ai Comuni, le Province e le Regioni
fedeli allo stato di diritto e all'umanita'
3. Leonardo Tancredi: I medici curano, non perseguitano i loro pazienti
4. "Azione nonviolenta" di marzo
5. Un estratto da "Il pensiero politico di Foucault" di Vincenzo Sorrentino
6. Letture: Vittorio Arrigoni, Gaza. Restiamo umani
7. Riletture: Tom Stoppard, Rosencrantz e Guildenstern sono morti
8. Riedizioni. Brunella Dalla Casa, Attentato al duce
9. Riedizioni: David Hume, Trattato sulla natura umana
10. Riedizioni: P. D. James, Morte di un medico legale
11. Riedizioni: P. D. James, Per cause innaturali
12. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. IL 21 MARZO A VERONA
[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna
8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e
diffondiamo]

21 marzo: Giornata mondiale per l'eliminazione della discriminazione
razziale
In occasione della Giornata, il Cartello "Nella mia citta' nessuno e'
straniero" propone un'iniziativa per i diritti di tutti, sabato 21 marzo a
Verona.
- ore 17,30 ritrovo in Piazza Bra' (lato Arena), ogni partecipante
indossera' la locandina "Nella mia citta' nessuno e' straniero";
- dalle ore 18, passeggiata e distribuzione per le vie del centro della
cartolina "Nella mia citta' nessuno e' straniero";
- ore 19, ritorno in Piazza Bra' e scioglimento della manifestazione.
*
La Giornata, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1966,
ricorda il massacro di Sharpeville, avvento il 21 marzo 1960, in cui 69
dimostranti furono assassinati dalla polizia sudafricana durante una
manifestazione di protesta nonviolenta contro il regime dell'apartheid.
Ban Ki-Moon, Segretario generale dell'Onu, ha sottolineato l'importanza di
mobilitarsi contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e
l'intolleranza: "La discriminazione razziale e' una preoccupazione di tutti
i popoli e paesi. Invito tutte le nazioni e la societa' civile a fare un uso
costruttivo del tempo. Questa missione e' troppo importante; non possiamo
fallire".
Abbiamo pochi mezzi per diffondere l'appuntamento del 21 marzo: il
passaparola, le telefonate, le e-mail, i messaggi sms. Se ognuno di noi si
attiva, possiamo davvero raggiungere tante persone, e ritrovarci in molti
per non lasciare passare inosservata una data cosi' importante per il nostro
impegno di civilta'.
Aiutiamo Verona ad esprimere il meglio di se stessa.

2. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO AI COMUNI, LE PROVINCE E LE
REGIONI FEDELI ALLO STATO DI DIRITTO E ALL'UMANITA'
[Riproponiamo il seguente appello]

Egregi Sindaci ed egregi Presidenti delle Province e delle Regioni,
egregi consiglieri comunali, provinciali e regionali,
vi proponiamo di porre all'ordine del giorno di sedute straordinarie
convocate ad hoc delle assemblee deliberative delle istituzioni di cui fate
parte la seguente proposta di ordine del giorno.
A nessuno sfugge la gravita' dell'ora.
Un cordiale saluto,
il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 11 marzo 2009
*
Proposta di ordine del giorno
Premesso che alcune disposizioni del cosiddetto "pacchetto sicurezza"
promosso dal governo con successivi decreti e disegni di legge tuttora
all'esame del Parlamento sono in flagrante contrasto con principi
fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, dello stato di
diritto, dell'ordinamento democratico, della civilta' giuridica, della
Dichiarazione universale dei diritti umani;
Il consiglio comunale (provinciale, regionale) di ...
invita il Parlamento a respingere le proposte di provvedimento palesemente
razziste ed incostituzionali.

3. UNA SOLA UMANITA'. LEONARDO TANCREDI: I MEDICI CURANO, NON PERSEGUITANO I
LORO PAZIENTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 marzo 2009 col titolo "Noi non
denunciamo i clandestini" e il sommario "Bologna. Tra i medici volontari
dell'associazione Sokos. Che oggi saranno in piazza contro il pacchetto
sicurezza. Nel capoluogo felsineo e in altre 19 citta' italiane volontari e
militanti mobilitati"]

I 40 medici volontari del Sokos, l'ambulatorio bolognese dedicato alla cura
di migranti e senza dimora, hanno fatto 6.000 visite nel 2008. A nessuno di
questi pazienti e' stato mai chiesto un documento e i medici volontari sono
fermamente determinati a continuare a non farlo, tantomeno a denunciare
eventuali irregolarita'. A Bologna, come in 20 altre citta' italiane, i
medici di Sokos, insieme a volontari e militanti di una lista lunghissima di
associazioni, scenderanno in piazza oggi per il "Noi non segnaliamo day".
Alle 18 in piazza Re Enzo per manifestare contro il ddl 733 (meglio noto
come pacchetto sicurezza) che vorrebbe costringerli a denunciare
l'irregolarita' rispetto alle leggi sull'immigrazione dei loro pazienti
immigrati.
Dopo l'approvazione del disegno di legge in Senato, lo scorso 6 febbraio,
l'Ordine dei medici ha manifestato un dissenso netto nei confronti
dell'abolizione del divieto di denuncia per i medici, provvedimento che
unito all'introduzione del reato di clandestinita' costringerebbe i medici
alla delazione. E' stato lo stesso presidente dell'Ordine dei medici
emiliano-romagnoli, Giancarlo Pizza, a dichiarare che le eventuali denunce
sarebbero state considerati una violazione del codice deontologico e che i
responsabili sarebbero stati sospesi dall'attivita'. Nel contempo Antonio
Mumolo, presidente dell'associazione Avvocato di strada, ha rivolto un
appello ai suoi colleghi per difendere gratuitamente i medici
"disobbedienti".
Il lavoro quotidiano di Sokos, oltre a garantire il diritto alla salute
della popolazione marginale, e' un osservatorio sullo stato di inclusione
sociale dei migranti a Bologna. "Noi speriamo vivamente che questa legge non
passi alla Camera - dice Natalia Ciccarello, direttrice sanitaria
dell'ambulatorio - altrimenti parliamo gia' di leggi razziste. Adesso c'e'
la campagna mediatica contro gli stupri, ma non bisogna pensare che gli
immigrati siano questi. Tra i nostri pazienti il 60-70% sono donne. Sono le
badanti che troviamo nelle nostre case, le donne delle pulizie, le baby
sitter, ma sono anche gli operai che lavorano duramente. Persone che fanno
lavori molto usuranti e che hanno bisogno di essere seguite a livello
sanitario".
Le patologie piu' diffuse tra i pazienti di Sokos sono quelle
osseo-articolari. Le badanti hanno una scolarita' alta, e nel loro Paese
erano impiegate in altri settori quindi non sono abituate a quel tipo di
sforzo. Spostare un anziano non e' un lavoro da poco.
Se questo disegno di legge venisse approvato, potrebbe diffondersi la paura
dei medici da parte dei migranti irregolari (ne sono stimati 800.000 in
Italia) e la conseguente fobia del contagio nei confronti di persone che non
vorranno farsi curare per non rischiare l'espulsione.
La dottoressa Ciccarello sfata il luogo comune degli immigrati "untori".
"Dicono che queste persone portano la tubercolosi, e' vero che c'e' qualche
caso, come ci sono casi di hiv, ma la tubercolosi si sviluppa quando si vive
in condizioni di disagio. Gli stranieri arrivano qua sani, anche perche'
spesso vengono scelti dalla famiglia per venire a lavorare e mandare un
contributo a casa. Sono informazioni diffuse da chi non sa niente
sull'argomento".
Nonostante le dichiarazioni dei medici bolognesi, la preoccupazione gia'
serpeggia. Roberto Morgantini del Centro lavoratori stranieri Cgil ha gia'
un episodio da raccontare: "Un lavoratore immigrato con problemi di
respirazione si e' rifiutato di entrare in Pronto soccorso. Se un nostro
iscritto non fosse riuscito a portare un medico fuori dall'ospedale per
visitarlo, quella persona sarebbe andata via senza farsi curare. Siamo gia'
alla paranoia".

4. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI MARZO
[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: an at nonviolenti.org)
riceviamo e diffondiamo]

E' uscito il numero di marzo 2009 di "Azione nonviolenta", rivista del
Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di
formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in
Italia e nel mondo.
In questo numero: Un incontro di spiriti eletti: Aldo Capitini e Walter
Binni, di Adriana Chemello; Vita civile italiana del novecento nel carteggio
Capitini-Dolci, di Antonio Vigilante; Le trappole del Prodotto Interno Lordo
nella parabola delle mucche al pascolo, di Giorgio Nebbia; La risposta di
don Primo Mazzolari ai problemi di coscienza di un aviatore, di Anselmo
Palini; Giu' le mani dalla Croce Rossa. A rischio neutralita' ed
indipendenza, di Ugo Bernieri; L'adesione del Movimento Nonviolento alla
petizione per la Croce Rossa, di Sandro Canestrini; La Francia li ha
riabilitati, l'Italia li ha dimenticati, di Giuseppe Ramadori.
Le rubriche: Educazione. L'educazione alla nonviolenza come educazione
antimafia, a cura di Pasquale Pugliese; Economia. Luci e ombre delle
adozioni a distanza, a cura di Paolo Macina; Per esempio. Crepe nel muro
dell'odio. Due testimoni di speranza, a cura di Maria G. Di Rienzo; Cinema.
Israele, Palestina, due popoli, una terra, a cura di Enrico Pompeo; Musica.
"La mia chitarra contro la guerra". Sogni di un autore in piena liberta', a
cura di Paolo Predieri; Giovani. Se dai campi nasce un gruppo giovanile, a
cura di Elisabetta Albesano; Libri. Gli atti processuali di due imputati
speciali, a cura di Sergio Albesano; Il calice. Elogio dell'ebbrezza a cura
di Christoph Baker.
In copertina: La parabola del pascolo e la trappola del Pil.
In seconda: 5 per mille al Movimento Nonviolento.
In terza di copertina: Materiale disponibile.
In ultima: L'ultima di Biani, Ci vuole un patto tra le generazioni.
*
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org , sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile
chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

5. LIBRI. UN ESTRATTO DA "IL PENSIERO POLITICO DI FOUCAULT" DI VINCENZO
SORRENTINO
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo il seguente estratto dal libro di
Vincenzo Sorrentino, Il pensiero politico di Foucault, Meltemi, Roma 2008]

Indice del volume
Introduzione; Capitolo primo. Soggetto, sapere, discorso: La questione del
soggetto; Figure dell'Altro; Forme del Medesimo; Letteratura e
trasgressione; Il discorso e le pratiche non discorsive; Capitolo secondo.
L'analitica del potere: La genealogia; Il potere come rete produttiva; Lo
Stato e i micropoteri; Rapporti di forza, potere e guerra; Capitolo terzo.
Il bio-potere: La gestione della vita; La bio-politica della popolazione; La
disciplina del corpo; Normalizzazione, liberalismo e democrazia; Lo sguardo
senza volto; Capitolo quarto. Sessualita' e arti dell'esistenza: Il
dispositivo di sessualita'; Le tecniche di se'; Dall'etica antica a quella
cristiana; Capitolo quinto. L'atteggiamento critico: Le resistenze al
potere; La funzione dell'intellettuale; La parresia; La spiritualita'
politica; Capitolo sesto. L'impazienza della liberta': L'ethos della
modernita'; Costituzione del soggetto e invenzione di se'; Limite, mondo e
significato; Il piacere totale; Morte e perdita di se'; Capitolo settimo:
Presupposti ontologici e normativi della critica foucaultiana:
Problematizzare senza prescrivere; Il reale come gioco di forze; Oltre la
dominazione; L'ontologia della contingenza; Critica e giustificazione;
Capitolo ottavo. Sentieri interrotti: Il pensiero e la parola;
L'argomentazione come pratica critica; Il parresiasta come esempio;
Bibliografia.
*
Da pagina 7
Introduzione
"La curiosita' (...) evoca la 'cura', l'attenzione che si presta a quello
che esiste o potrebbe esistere; un senso acuto del reale, che pero' non si
immobilizza mai di fronte a esso; una prontezza a giudicare strano e
singolare quello che ci circonda; un certo accanimento a disfarsi di cio'
che e' familiare e a guardare le stesse cose diversamente; un ardore di
cogliere quello che accade e quello che passa; una disinvoltura nei
confronti delle gerarchie tradizionali tra cio' che e' importante e cio' che
e' essenziale (Foucault 1980a, pp. 141-142).
Questo passaggio rende molto bene quella che, a mio avviso, costituisce la
cifra delle ricerche foucaultiane: la curiosita', intesa non come tentativo
di assimilare l'oggetto conosciuto, ma come capacita' di distaccarsi da se'
(cfr. 1984a, pp. 13-14), dalle proprie certezze e aspettative, lasciandosi
sollecitare dalla realta', anche quando essa mostra i tratti dell'alterita'
irriducibile alle categorie con le quali la si interroga. Questa
sensibilita' nei confronti dell'alterita' si traduce in Foucault non solo
nella tendenza a porre nuovi generi di domande e intraprendere nuovi tipi di
indagine, ma anche nella disposizione a riesaminare continuamente i
risultati raggiunti, effettuando revisioni talvolta profonde dei propri
paradigmi teorici.
Nell'Introduzione a L'uso dei piaceri, pubblicato nell'anno della sua morte,
il filosofo francese descrive l'intero suo lavoro come caratterizzato da tre
"spostamenti teorici". Il primo, da cui nascono le opere archeologiche degli
anni Sessanta, lo porta a interrogarsi sulle pratiche discorsive in cui si
articola il sapere. Il secondo, che prende corpo negli studi genealogici
degli anni Settanta, lo spinge a porre al centro della propria riflessione
le relazioni di potere. L'ultimo, da cui hanno origine le ricerche
sull'etica antica e cristiana condotte tra la fine degli anni Settanta e i
primi anni Ottanta, lo fanno approdare all'analisi delle modalita' del
rapporto con se stesso attraverso le quali l'individuo si costituisce e si
riconosce come soggetto (cfr. 1984a, pp. 11-12). Come cerchero' di mostrare,
si tratta di un lavoro che e' contraddistinto da una mole notevole di
analisi e che non si lascia leggere ne' attraverso le lenti di una rigida
separazione cronologica e concettuale tra i temi trattati, ne' attraverso
quelle di un'evoluzione lineare tra fasi diverse di uno stesso procedimento
dialettico. Siamo in presenza di un percorso in cui gli assi del sapere, del
potere e del soggetto si intersecano a piu' riprese e che conosce, come ho
accennato, rilevanti mutamenti prospettici, dovuti a quelli che sono stati
giustamente considerati due tratti peculiari di Foucault, ossia la sua
"inquietudine nei confronti della realta'" e la sua capacita' di
"correggersi costantemente in rapporto alle cose, (anche al prezzo di
incorrere in possibili contraddizioni)" (Fink-Eitel 1989, pp. 12-13). Anche
un lettore estremamente critico come Habermas ha riconosciuto che
nell'ambito dei filosofi della sua generazione "votati alla diagnosi del
tempo, Foucault spicca come colui che ha saputo sollecitare nel modo piu'
efficace lo spirito dell'epoca (Zeitgeist): non da ultimo grazie alla
serieta' della sua perseveranza in contraddizioni produttive. Solo un
pensiero complesso e' in grado di provocare contraddizioni istruttive"
(Habermas 1984, p. 241).
Nella lettura di Foucault occorre stare attenti, tuttavia, all'uso che si fa
di una categoria come quella di contraddizione che, a mio parere, rischia di
essere fuorviante. La sua riflessione si articola su registri che spesso non
si lasciano ricondurre a unita', come risulta, ad esempio, dal suo discorso
sulla liberta'. Un discorso che, per certi versi, rappresenta un utile
antidoto a quella sorta di ossessione identitaria che in questi ultimi anni
si e' riaffacciata sulla scena pubblica mondiale, in forme certo diverse ma
tutte correlate a un'idea di identita' intesa quale dato immodificabile da
difendere dagli attacchi esterni o dai fattori interni di corruzione. Contro
la paura del meticciato, della contaminazione, della perdita della propria
identita' profonda (e immutabile), Foucault ci parla della liberta' nei
confronti dell'identita'. E questo mettendo in gioco due accezioni della
liberta' differenti: da un lato, la liberta' di non essere inchiodati a
un'identita' assunta come normativa da un punto di vista contenutistico,
ossia la capacita' di trasformare se stessi e il proprio contesto sociale;
dall'altro, la liberta' di perdere se stessi, attraverso esperienze volte
non alla creazione di nuovi profili identitari, bensi' al superamento dello
stesso principium individuationis, alla dissoluzione dell'identita' in
quanto tale. A complicare - ma, allo stesso tempo, a rendere piu' stimolante
sotto il profilo teorico - il quadro tracciato dalla riflessione
foucaultiana vi e' il fatto che al suo interno si profilano, e talvolta si
scontrano, paradigmi differenti di liberta', quali la trasgressione,
l'autopoiesi radicale, la perdita di se' e la stilizzazione della propria
esistenza. Le letture di Foucault hanno spesso posto l'accento su uno di
questi paradigmi, ignorando pero' gli altri: di conseguenza, il suo discorso
sulla liberta' e' stato considerato, di volta in volta, una forma di
anarchismo, un'idealizzazione della trasgressione fine a se stessa, una
riproposizione della sovranita' del soggetto (auto)costituente, un
narcisistico e amondano ripiegamento su di se' o, al contrario, una lucida
indagine sul carattere plurale, finito e storicamente radicato delle
pratiche attraverso le quali gli individui danno una forma al proprio se'. A
mio parere, molte di queste letture, pur cogliendo aspetti effettivamente
presenti in Foucault, li assolutizzano, finendo cosi' per fornire una
visione unilaterale, e quindi fuorviante, del filosofo francese; in altri
termini, esse non tengono conto dell'insieme delle linee teoriche che, come
cerchero' di mostrare, concorrono a formare il tessuto riflessivo
foucaultiano.
Considerando pero' come meramente contraddittorio il darsi di questi
differenti registri, credo che si finisca per semplificare un itinerario di
ricerca complesso, cancellando quello che rappresenta uno dei suoi tratti di
maggiore interesse, e cioe' la sua capacita' di investire dimensioni diverse
della liberta', la cui coesistenza probabilmente sfugge alla logica della
contraddizione e della sintesi. Tuttavia, se l'avversione di Foucault per il
"sistema" consente a tali dimensioni di emergere in tutta la loro articolata
problematicita', la mancanza di un'interrogazione sul loro rapporto, dovuta
probabilmente anche al timore di cadere nelle maglie di un discorso sulla
natura umana, chiude ogni spazio per una tematizzazione del paradosso quale
possibile forma del concomitante darsi di paradigmi teorici ed esperienze
della liberta' irriducibili a ogni sintesi.
Penso che sia possibile liquidare come semplici contraddizioni le tensioni,
spesso profonde, che attraversano la filosofia foucaultiana solo a partire
da un'idea monolitica dell'identita', che rimuove l'inestricabile intreccio
di elementi eterogenei che costituiscono quest'ultima, e da un paradigma di
tipo "autoritario" dell'autore, volto cioe' ad imporre a tutti i costi alla
sua produzione un principio di unita' e di coerenza. Con questo non intendo
sostenere che vada trascurata la portata delle suddette tensioni o che
vadano ignorati i limiti e le aporie che, come cerchero' di mostrare,
connotano la riflessione di Foucault. Affermare il carattere molteplice
dell'identita' non deve equivalere a distruggere la nozione stessa di
identita', cosi' come criticare il sopraindicato modello di autore non deve
coincidere con la rinuncia a cercare un volto nei testi che leggiamo. Il mio
lavoro prova a muoversi sul crinale compreso tra questi estremi, cercando di
individuare le linee di continuita' e le connessioni teoriche che consentono
di attribuire un profilo specifico al discorso del filosofo francese, dando
conto, allo stesso tempo, dei mutamenti di prospettiva che costellano le sue
ricerche e del carattere problematico che assume la compresenza di alcuni
registri della sua riflessione.
Leggere Foucault equivale a misurarsi con un filosofo il cui contributo al
pensiero politico e al dibattito pubblico contemporanei si gioca, a mio
parere, su piu' livelli. Innanzi tutto, va rilevata la proficuita' di molti
suoi studi per la comprensione di alcuni importanti aspetti delle societa'
moderne, come, ad esempio, la proliferazione delle tecniche di sorveglianza,
il sorgere di differenti tipologie di biopolitica, di natura sia totalitaria
che democratica, o l'assunzione di una struttura reticolare da parte di
diverse forme di potere nell'era della globalizzazione. In relazione a tali
fenomeni, si pensi alle analisi di Foucault sulla logica dei sistemi di
sorveglianza e sulla loro crescente rilevanza come strumenti di controllo
sociale, alle indagini sulle pratiche attraverso le quali nella modernita'
le tecniche del bio-potere cercano di gestire la vita degli individui e
delle popolazioni, o alle sue riflessioni sul potere quale rete di
interazioni e sulla correlazione tra istituzioni centrali e micropoteri.
Sotto l'aspetto metodologico, invece, va messo in evidenza, in primo luogo,
il costante intersecarsi, in Foucault, di riflessione filosofica e ricerca
storica, quest'ultima condotta in prima persona attraverso lo studio di
fonti eterogenee - ad esempio, decreti, regolamenti, registri d'ospedale o
di prigione, atti giudiziari - che gli consentano di ricostruire i
meccanismi di potere che connotano i contesti sociali analizzati: "non e'
certamente ne' con Hegel ne' con Auguste Comte che la borghesia parla in
modo diretto. Accanto a questi testi sacri e' rinvenibile una gran massa di
documenti sconosciuti i quali costituiscono il discorso effettivo di una
azione politica; da essi salta agli occhi una strategia assolutamente
cosciente, organizzata, ponderata" (Foucault 1975c, p. 30).
Si tratta di documenti che in alcuni casi si limitano a gettare, anche solo
per un istante, un fascio di luce su quelle che il filosofo francese
definisce "vite infami", ossia esistenze destinate all'oblio e le cui uniche
tracce sono date, appunto, dal loro contatto con il potere: soldati
disertori, monaci scandalosi, ubriaconi inveterati, ecc., fatti oggetto di
lettres de cachet, misure di internamento o rapporti di polizia (cfr. 1977d,
pp. 249-252). L'attenzione prestata a questo tipo di materiale storico non
implica, naturalmente, che non sia necessario misurarsi anche con le opere
scientifiche e i grandi classici: basti pensare al serrato confronto con la
letteratura psichiatrica e con Freud in Storia della follia.
Il modo in cui Foucault concepisce il proprio rapporto con la storia, e
dunque anche i criteri in base ai quali egli seleziona le proprie fonti,
come vedremo, hanno alle spalle dei riferimenti precisi, come quello alla
"nuova storia" delle "Annales", e sono connessi a importanti assunti della
sua prospettiva teorica. Ad esempio, la correlazione tra Stato e micropoteri
impone un attento studio proprio di quei documenti in grado di parlarci
della maniera in cui gli individui venivano governati nei luoghi in cui si
svolgeva la loro vita quotidiana. Inoltre, ed e' questo un aspetto centrale,
per Foucault l'analisi del modo in cui il potere investe le "periferie"
della citta' politica, ossia coloro che sono ai suoi margini (ad esempio, i
folli o i detenuti), e' fondamentale per comprendere la logica delle
relazioni di potere. Quando egli afferma di essersi interessato a temi che
"erano un po' i bassifondi della realta' sociale" (1975d, p. 13), enuncia un
principio cardine della sua ricerca, quello secondo il quale un'analitica
del potere, che voglia cogliere il funzionamento concreto e spesso nascosto
di quest'ultimo, non puo' che essere anche una genealogia dei limiti, cioe'
dei confini attraverso i quali una societa' delimita lo spazio di cio' che
va incluso, disegnando, al contempo, la figura di cio' che per essa e' da
considerare come l'Altro. Ed e' solo esaminando il profilo che assume questa
alterita', nonche' il tipo di rapporto che viene instaurato con essa - ossia
non limitandosi a guardare una societa' a partire dall'autocomprensione che
essa matura di se stessa, la quale, ci insegnano Marx, Nietzsche e Freud, e'
spesso limitata e viziata dall'ideologia, dall'autoinganno e dai meccanismi
della rimozione - che possono emergere alcune caratteristiche essenziali di
una societa', e dunque anche della specifica razionalita' delle sue tecniche
di potere. Ad esempio, anche ammettendo, come fara' Foucault, che esiste uno
statuto etnologico generale della follia legato alle necessita' di ogni
funzionamento sociale (cfr. 1978c, pp. 68-70), e' soltanto attraverso
un'interrogazione sul particolare profilo che assume il folle all'interno
della cultura moderna che diventa possibile cogliere degli elementi
costitutivi di quest'ultima. Se le linee che disegnano i tratti
dell'identita' di una societa' sono, allo stesso tempo, i limiti che
determinano cio' che e' l'Altro rispetto a essa, allora e' proprio su queste
linee di configurazione/esclusione, sui confini di una cultura - e non solo
al suo interno, negli spazi in cui essa definisce se stessa -, che bisogna
collocarsi per cercare di comprendere cosa vi accade. Soltanto a partire da
una filosofia del soggetto incentrata sul primato dell'autocomprensione e'
possibile, dunque, considerare ricerche come quelle sulla follia o sulla
prigione come contributi marginali all'analisi della modernita' politica.
Un terzo livello, oltre a quello contenutistico e a quello metodologico, sul
quale mi sembra che vada individuato il contributo di Foucault al pensiero
politico e al dibattito pubblico contemporanei e' quello relativo al tipo di
pratica critica che egli propone. A risaltare e', innanzi tutto,
l'insistenza con cui il filosofo francese pone l'istanza della "fisicita'"
di tale pratica. Se il potere, come egli sostiene, attraversa i corpi, anche
la critica del potere e' costretta a passare attraverso i corpi, in primo
luogo a quello dell'intellettuale stesso: da cio' la correlazione tra
critica teorica e lotta politica, quest'ultima intesa anche e soprattutto
come un'azione che va condivisa con coloro che vengono investiti dai
rapporti di potere che sono oggetto della critica. Tale impostazione ha due
conseguenze che mi sembrano interessanti e che risultano evidenti, ad
esempio, in un'esperienza come quella del Gip, che era volta a elaborare una
critica del sistema penitenziario che desse vita a delle lotte condotte con
i detenuti stessi, offrendo loro la possibilita' di parlare in prima
persona, e con i diversi soggetti che professionalmente gravitavano intorno
alla prigione. In altri termini, l'impegno "fisico" dell'intellettuale
critico implica, innanzitutto, che egli non si limiti a lottare per, ma
lotti con le persone la cui esistenza e' attraversata e configurata dai
rapporti di potere che sono bersaglio della sua attivita' critica; inoltre,
che egli non e' chiamato soltanto a parlare di, ma anche a dare voce a
coloro di cui parla. Contro le generalizzazioni astratte e la proliferazione
dei discorsi su, che costituiscono spesso una riduzione al silenzio di
coloro sui quali essi vengono tenuti, si tratta di elaborare delle analisi
anche con il coinvolgimento dei diretti interessati.
Alla "fisicita'" della pratica critica e' correlata l'attenzione che
Foucault presta alla dimensione "locale" dei rapporti di potere. Non si
tratta, per il filosofo francese, di trascurare l'importanza delle strategie
e delle istituzioni "globali", ma di comprendere che esse si radicano sempre
in micropoteri, ossia in dispositivi di potere operanti negli spazi
circoscritti all'interno dei quali si svolge la vita quotidiana degli
individui; dispositivi che, a loro volta, si inscrivono continuamente in
strategie d'insieme: il rapporto tra i due piani e' di reciproco
condizionamento. Le relazioni di potere vanno dunque pensate come reti di
interazioni in cui, nonostante le differenti posizioni degli attori, non si
danno soggetti sovrani. Questo significa che non possiamo modificare i
meccanismi di potere che attraversano e configurano una societa' se ci
limitiamo a trasformare le sue istituzioni centrali, senza intervenire sui
suddetti micropoteri. Foucault riporta come esempio quello che, a suo
parere, e' accaduto in Unione Sovietica, dove sono cambiati i rapporti di
produzione, il sistema legale concernente la proprieta', le istituzioni
politiche, ma i rapporti di potere in famiglia, in fabbrica, nella
sessualita', sono rimasti identici a quelli dei paesi occidentali (cfr.
1978b, p. 473). L'assenza di "centrali del potere" implica che anche lotte
locali possono avere ricadute globali, se riescono a mettere in discussione
l'economia generale dell'insieme, e che le strategie globali di critica e di
lotta possono essere efficaci soltanto nella misura in cui integrano
"resistenze locali" (cfr. 2004a, p. 95 e 1977i, p. 28). Da questo punto di
vista risultano evidenti i limiti di quelle prospettive intellettuali che
enfatizzano l'efficacia degli interventi di ingegneria istituzionale, a
livello sia nazionale che sovranazionale.
Questa istanza della "fisicita'" dell'atteggiamento critico resta centrale
anche negli studi foucaultiani degli anni Ottanta - che per certi versi
segnano un significativo ripensamento di alcuni assi portanti della
genealogia elaborata nel decennio precedente - sulla figura del
"parresiasta" nel mondo antico, ossia di colui che esercita una funzione
critica dicendo la verita', anche a costo di rischiare la morte, e
conducendo una vita esemplare in grado di stabilire un rapporto armonico tra
logos e bios. Si tratta di studi che si inseriscono all'interno di una piu'
ampia riflessione sull'etica, in particolare quella antica, intesa come
"elaborazione di una forma di rapporto con se stessi che permette
all'individuo di costituirsi come soggetto di una condotta morale" (1984a,
p. 251): e' il tema classico della cura di se' nella sua correlazione con la
cura degli altri (cfr. 1984r, p. 279), su cui verteranno le ricerche del
filosofo francese negli ultimi anni della sua vita.
Foucault insiste, lo vedremo, su quello che egli definisce il principio di
"irriducibilita' del pensiero". Quest'ultimo costituisce la modalita'
attraverso la quale gli esseri umani affrontano la realta' ed e' connesso
alla liberta', che e' possibile soltanto all'interno dello spazio aperto
dalla problematizzazione riflessiva dell'esistente. Si tratta allora di
porsi, allo stesso tempo, sul piano delle idee e dei corpi, di "cio' che si
pensa" e di "cio' che accade": "ci sono piu' idee sulla Terra di quante gli
intellettuali spesso non immaginano. E queste idee sono piu' attive, piu'
forti, piu' resistenti e appassionate di quanto pensano i 'politici'.
Bisogna assistere alla nascita di idee ed all'esplosione delle loro forze: e
non nei libri che le formulano, ma negli avvenimenti in cui esse manifestano
la loro forza, nelle lotte condotte per le idee, contro o per esse. Non sono
le idee che conducono il mondo. Ma proprio perche' il mondo ha delle idee (e
perche' ne produce molte in continuazione) esso non e' condotto passivamente
secondo coloro che lo dirigono o coloro che vorrebbero insegnargli a pensare
una volta per tutte" (1978r, p. 1).
Foucault delinea, dunque, i tratti di una pratica critica capace di tenere
insieme idee e avvenimenti, governo di se' e governo degli altri, etica e
politica, conoscenza e testimonianza, nella convinzione che la critica non
possa non mettere in gioco l'esistenza stessa degli individui e che "non
esiste un altro punto, originario e finale, di resistenza al potere
politico, che non stia nel rapporto di se' con se'" (2001c, p. 222).
Infatti, soltanto colui per il quale stabilire un certo rapporto con se' e
con la verita' e' piu' importante della propria sicurezza, e della vita
stessa, puo' trovare il coraggio per criticare e opporsi a chi ha il potere
di punirlo o, addirittura, di dargli la morte. Ed e' proprio in questo
coraggio che la volonta' di dominio trova un irriducibile ostacolo alla sua
piena realizzazione: "il movimento per cui un uomo solo, un gruppo, una
minoranza o un popolo intero dice: 'Non ubbidisco piu'' e, di fronte a un
potere che giudica ingiusto, rischia la vita - questo movimento mi sembra
irriducibile. Perche' nessun potere e' capace di renderlo assolutamente
impossibile: Varsavia avra' sempre il suo ghetto in rivolta e le sue fogne
popolate di insorti. (...) Se le societa' tengono e vivono, cioe' se i
poteri non sono 'assolutamente assoluti', questo accade perche', dietro a
tutte le accettazioni e le coercizioni, al di la' delle minacce, delle
violenze e delle persuasioni, esiste la possibilita' di un momento come
questo, in cui non si scambia piu' la vita, in cui i poteri non possono piu'
niente e in cui, davanti al patibolo e alle mitragliatrici, gli uomini si
sollevano. (...) E' giusto o no rivoltarsi? Lasciamo aperta la questione. Ci
si solleva, questo e' un fatto: e' in questo modo che la soggettivita' (non
quella dei grandi uomini, ma quella di chiunque) si introduce nella storia e
le trasmette il suo soffio vitale" (1979f, pp. 132, 135).

6. LETTURE. VITTORIO ARRIGONI: GAZA. RESTIAMO UMANI
Vittorio Arrigoni, Gaza. Restiamo umani. Dicembre 2008 - gennaio 2009,
Manifestolibri, Roma 2009, pp. 128, euro 7. Le corrispondenze da Gaza del
pacifista italiano nei giorni dell'operazione bellica terrorista e stragista
denominata "Piombo fuso" condotta dall'esercito israeliano contro la
popolazione palestinese. Con una prefazione di Michele Giorgio e una
postfazione di Tommaso Di Francesco.

7. RILETTURE. TOM STOPPARD: ROSENCRANTZ E GUILDENSTERN SONO MORTI
Tom Stoppard, Rosencrantz e Guildenstern sono morti, Sellerio, Palermo 1998,
2007, pp. 164, euro 9,30. Con qualche minimo refuso che il lettore
concentrato correggera' da se', il testo di una delle opere teatrali
novecentesche che piu' affascinano noi vecchi minotauri.

8. RIEDIZIONI. BRUNELLA DALLA CASA: ATTENTATO AL DUCE
Brunella Dalla Casa, Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni, Il
Mulino, Bologna 2000, Societa' europea di edizioni, Milano 2009, pp. VI +
292, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il giornale"). Uno studio di
grande interesse sull'attentato a Mussolini e sul linciaggio di Anteo
Zamboni a Bologna il 31 ottobre 1926, quel che ne segui', gli interrogativi
che restano; l'autrice dirige l'Istituto per la storia della Resistenza e
della societa' contemporanea nella provincia di Bologna.

9. RIEDIZIONI. DAVID HUME: TRATTATO SULLA NATURA UMANA
David Hume, Trattato sulla natura umana, Rcs-Bompiani, Milano 2001, 2009,
pp. 674, euro 14,90 (in supplemento al "Corriere della sera"). Con una
presentazione di Silvano Tagliagambe, a cura di Paolo Guglielmoni, l'opera
ineludibile di Hume.

10. RIEDIZIONI. P. D. JAMES: MORTE DI UN MEDICO LEGALE
P. D. James, Morte di un medico legale, Mondadori, Milano 1993, 2009, pp.
262, s.i.p. (in supplemento a "Donna moderna"). Questo libro del 1977, nelle
vesti del giallo classico - quello per cosi' dire scacchistico - reca una
meditazione sulla civilta' come cozzo e inestricabile soffocante abbraccio
tra l'artiglio della menzogna e il respiro della verita', sulla potenza
corruttrice e devastatrice del male che tutto pervade e annienta. Un bel
libro, colto, elegante, risolto. Di una scrittrice (P. D., tutti lo sanno,
sono le iniziali di Phillys Dorothy, nata a Oxford nel '20, studi a
Cambridge, creata baronessa nel '91) che e' considerata la maggiore autrice
di gialli vivente, ma cosi' come gia' Simenon e Chandler e' grande
scrittrice tout court. Un assaggio: "Ma lui non chiedeva un accordo
commerciale - ribatte' Dalgliesh - Chiedeva amore. - E' qualcosa che non
potevo dargli e che lui non aveva alcun diritto di aspettarsi. Nessuno di
noi, penso' Dalgliesh, ha il diritto di aspettarselo. Ma se lo aspetta. A
sproposito, gli venne in mente una frase di Plutarco: 'I ragazzi tirano le
pietre alle rane per gioco. Ma le rane non muoiono per finta, muoiono per
davvero'" (p. 159).

11. RIEDIZIONI. P. D. JAMES: PER CAUSE INNATURALI
P. D. James, Per cause innaturali, Mondadori, Milano 1992, 2009, pp. 240,
s.i.p. (in supplemento a "Donna moderna"). Un poliziesco britannico del '67
che per impostazione, personaggi, situazioni, svolgimento e scioglimento,
chi lo legge non puo' fare a meno di dirsi: e' proprio un poliziesco
britannico del '67: buona annata.

12. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 764 del 19 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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