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Coi piedi per terra. 165
- Subject: Coi piedi per terra. 165
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 16 Mar 2009 10:06:09 +0100
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 165 del 16 marzo 2009 In questo numero: 1. Fermare i vandali e gli avvelenatori 2. Alcuni estratti da "La bella zoologia" di Danilo Mainardi 3. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. INIZIATIVE. FERMARE I VANDALI E GLI AVVELENATORI Domenica 15 marzo 2009 a Viterbo il "Centro di ricerca per la pace" ha realizzato un'iniziativa di informazione dei cittadini in alcuni dei quartieri che saranno piu' colpiti dall'eventuale realizzazione del nocivo e distruttivo mega-aeroporto. L'iniziativa e' consistita in un'ampia diffusione di materiale informativo e in una approfondita interlocuzione con i cittadini, che hanno apprezzato l'impegno a fare luce sulle gravissime conseguenze di un'opera illecita e sconsiderata come il mega-aeroporto dei vandali e degli avvelenatori. * Il mega-aeroporto a Viterbo infatti avvelenerebbe la salute, metterebbe a rischio la sicurezza e degraderebbe la qualita' della vita di tantissimi cittadini. Il mega-aeroporto a Viterbo devasterebbe preziosi ed insostituibili beni ambientali, culturali, economici e sociali (tra cui l'area termale del Bulicame che ne verrebbe totalmente scempiata). Il mega-aeroporto a Viterbo e' del tutto fuorilegge, viola le normative italiane ed europee, e' in contrasto col piano paesistico regionale, e le procedure decisionali sin qui seguite sono state smascherate come oscenamente errate e truffaldine. Il mega-aeroporto a Viterbo costituirebbe uno scandaloso enorme sperpero di soldi pubblici a tutto danno della popolazione. Viterbo ha invece urgente bisogno di ferrovie efficienti, di tutela e valorizzazione dei suoi beni ambientali e culturali, di sostegno alle sue vocazioni produttive di qualita'. * E non solo il mega-aeroporto a Viterbo va contrastato come illegale e insensato, velenoso e distruttivo, dannoso per il territorio e per i cittadini; ma va anche immediatamente e drasticamente ridotto il trasporto aereo tout court, se si vuole contrastare efficacemente l'effetto serra, la principale catastrofe ambientale planetaria cui il trasporto aereo contribuisce in ingente misura. * Ancora una volta tutti i cittadini raggiunti dall'iniziativa di informazione e sensibilizzazione hanno espresso la volonta' di impegnarsi contro il nocivo e distruttivo mega-aeroporto, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. 2. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LA BELLA ZOOLOGIA" DI DANILO MAINARDI [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Danilo Mainardi, La bella zoologia, Cairo, Milano, 2008] Indice del volume Per cominciare. Da Dante a Darwin: conoscere gli animali, bellezza e utilita'; Prima parte. Gli animali sono intelligenti. Le falene anti pipistrelli; Traditi dall'istinto: due storie esemplari; Canti in play-back; La faccia dice tutto? Conflitto di interessi sessuali; Lo spinarello: ti amo, poi ti odio... come nella canzone; Cure paterne; Il topolino che riconosce i gradi di parentela; La riscoperta dei topi canterini; Colombi: quante cose la vita scrive dentro; La volpe e la socializzazione secondaria; Altri sensi altre menti; La mente raffinata degli animali che si fanno scorte alimentari; Scimpanze' predatori culturali; Che bella mente avrebbero, se mai l'avessero, il polpo e la seppia; Seconda parte. Storie e ritratti. La lepre variabile e gli altri "bianchi d'inverno"; Due storie di stambecchi; Gli elefanti; La foca monaca; I rinoceronti; I bufali; Del toro solamente; I mustang; Il falco della regina; L'aquila di Riana e Casarola; La premiata ditta F&F; Lo storione; Il pesce siluro; Terza parte. Evoluzione e adattamenti. Piccoli dinosauri piumati; Ancora sui fossili: quelli di Bolca; Stasi evolutive, gradualismo, saltazionismo, preadattamento e cosi' via; Arvicole mono e poligamiche: a far la differenza basta un gene; Indizi sull'origine della proboscide; Adattamento acustico all'ambiente urbano; Anticipazioni rettiliane; Granchi e gabbiani in citta'; Giochi inattesi; Origine ed evoluzione della comunicazione; Migratori adattati ai cambiamenti climatici; Adattamenti estremi; La volpe ne sa tante, una il riccio, importante; Il paradosso di Paradoxornis; Speciazioni fulminee; Quando le esplosioni demografiche sono disadattanti; Quarta parte. Intorno all'uomo. Che animale vorresti essere? L'uomo che parla con gli altri animali; Dal cane agli estremofili: allearsi e' meglio; Cani e padroni; Quando l'uomo imita la natura; La legge del branco; Cause prossime, cause remote; Le cure parentali; Fare scuola; Seguendo s'impara; Siamo tutti un po' camaleontici; Vacanze senza tv; Per Woody-Boris la natura e' un enorme ristorante; L'uomo, il tartufo e il maiale; Dallo zoo al bioparco; La parola mancante; Zimbelli da richiamo; Gli animali del presepe; Dove abita il mostro; Mamma umana di un cucciolo di cane; Ringraziamenti. * Da pagina 11 Per cominciare. Da Dante a Darwin: conoscere gli animali, bellezza e utilita' Il bel verso con cui apro questo saggio, "chi dietro a li uccellin sua vita perde", mi e' sempre piaciuto perche' descrive alla perfezione la categoria umana cui per mia fortuna appartengo. E' infatti da quando ero bambino che, per ricalcare la frase dantesca, perdutamente spendo vita, pensieri e azioni, occupandomi di animali. Uccelli e non uccelli, professionalmente e non professionalmente. E, lo confesso, amo anche molto, sicuramente per affinita' elettive, frequentare chi, in un modo o nell'altro, la pensa (la sente) come me. E' pertanto a loro, in prima istanza, che si rivolge questo libro. Non mi dispiacerebbe pero' fare anche un po' di proselitismo raggiungendo quelli che, in linea di massima, gli animali li ignorano. Per loro, mi pare, e' come se il mondo, nella sua complessita', fosse solo quello umano. Il che non e' assolutamente vero e, oltretutto, non sanno quel che si perdono. Credo cosi' di far loro un bel regalo, se mai vorranno leggermi, aprendogli un po' gli occhi. Convincendoli che esistono, oltre all'umana, altre vite e altre intelligenze non solo ricche di fascino ma, per tanti e differenti motivi, di cui alcuni anche pratici, meritevoli d'essere conosciute. Sempre giocando con Dante ed estendendo un po' la citazione (che, per chi non lo sapesse, apre il canto XXIII del Purgatorio), e' possibile fare un'altra piccola simpatica scoperta. Leggete questa terzina, poi ne parliamo: Mentre che li occhi per la fronda verde ficcava io si' come far suole chi dietro a li uccellin sua vita perde... L'avete notato? Queste poche bellissime righe descrivono, se concepite nell'ottica attuale, la gente che, beata lei, e' solita praticare il bird-watching. Mi sembra quasi di vederli i miei amici della Lipu e del Wwf mentre, armati di binocolo, scrutano nel folto di un bosco, nel chiaro di una laguna, perfino nel cielo intorno al Pirellone di Milano o al veneziano campanile di San Marco sperando di scoprire pellegrini veleggianti, svassi corteggianti, ciuffolotti gorgheggianti. Tanta bella zoologia e' disseminata dovunque intorno a noi, basta cercarla e la si trova. Quella dei bird-watchers, a ogni modo, e' solo una delle tante categorie di "curiosi di animali". Esistono, per dirne un'altra, quelli (i whale-watchers) che vanno per mare alla ricerca di balene, capodogli e delfini. Tutta gente che trae da questa attivita' godimento, conoscenza, non raramente persino preziose informazioni scientifiche. La multiforme categoria dei "watchers", infatti, puo' essere suddivisa non solo per la qualita' sistematica degli animali osservati, ma anche per il livello di professionalita' raggiunto. Eppure, e questo e' il bello, tutti si divertono. I "watchers" sono tutti, percio', in questo senso dilettanti. Alcuni pero' stanno, mentre si dilettano, anche seriamente lavorando. Sul campo, come si suole dire, fanno studi e scoperte di carattere zoologico, ecologico, etologico. Tanto per fare un esempio, le ritualizzazioni del corteggiamento degli svassi, tra le prime studiate, e poi quelle, affrontate comparativamente, delle differenti specie di anatre, hanno portato una luce importante sui meccanismi evolutivi per cui un comportamento in origine non comunicativo puo' trasformarsi in comunicazione. E di esempi cosi' ce ne sono fin che si vuole. La scienza va avanti anche perche' c'e' gente che si diverte a osservare anatre e oche con il cannocchiale. Sempre a proposito della ritualizzazione, penso a quella degli anatidi e ai bellissimi disegni, cosi' perfettamente descrittivi, di Konrad Lorenz. Quasi raccontasse, fotogramma dopo fotogramma, la pellicola d'un filmato naturalistico. E, vi assicuro, Konrad si divertiva moltissimo sia a osservare che a disegnare. D'altronde nessuno meglio di lui seppe spiegare l'importanza degli aspetti ludici intesi come molla e complemento d'ogni ricerca scientifica. C'e', al proposito, una sua eccellente testimonianza: "La stretta parentela che esiste tra gioco e indagine scientifica non mi venne mai cosi' chiaramente sotto gli occhi come in quella felice estate in cui Niko Tinbergen era ad Altenberg e noi due giocavamo con quel comportamento dell'oca selvatica consistente nel fare rotolare le uova - comportamento sul quale scrivemmo poi un lavoro scientifico". L'estate, fondamentale per la storia dell'etologia, era quella del '38 e il lavoro, cioe' quel gioco con l'oca e con le uova, risulto' determinante per sviluppare l'idea moderna di istinto. Anch'io studio e, a modo mio, disegno animali. E quando lo faccio mi sento bene. E mi diverto. Mi piace scoprire come la mia mano, tratteggiando in modo decisamente non naturalistico, riesca ugualmente a evocare lo specifico delle differenti entita' selvatiche oppure la personale identita' dei singoli individui domestici. Quando ci riesce, naturalmente. Insomma, cio' che con questo libro desidero spiegare e', semplicemente, che la zoologia e' una disciplina bellissima, che tanto puo' regalarci sia di conoscenza che di gioia di vivere. Che puo' liberamente spaziare dalla cultura scientifica a quella umanistica. E dato che, in modo credo proprio inconsueto almeno per uno zoologo, sono partito nientemeno che da Dante, seguite questo mio piccolo consiglio: andate a leggervi, se vi incuriosisce, soprattutto se vi interessa, l'uso allegorico che il Poeta faceva delle varie specie ornitiche, il gradevole saggio di Valerio Zanone intitolato L'ali alzate. Viaggio nell'ornitologia dantesca (Edizioni dell'Altana, Roma 2004). E con Dante, ho finalmente terminato (ma sapete com'e' con le manie). Torniamo dunque allo scopo che mi sono prefisso: questo saggio, proprio per raccontarvi della bellezza e dell'utilita' della zoologia, vi proporra' un florilegio di temi e di casi. Trattero' dell'istinto e dell'intelligenza, raccontero' storie peculiari di singole specie, discutero' d'evoluzione e adattamenti e, infine, del rapporto spesso sofferto della nostra specie con le altre. Tutti argomenti, a mio parere, di grande rilevanza. Mi resta infine da dire che, pur avendo suddiviso il libro in quattro parti, fatalmente (lo scoprirete presto) tra esse non ci saranno confini veramente netti, assoluti. In zoologia, infatti, tutto si lega, o meglio si collega. Natura, si diceva una volta, non facit saltus, e cio' con buona pace dei moderni saltazionisti che, pazienza, scandalizzati faranno un saltino in piu'. Io, a ogni modo, credo che sia proprio cosi' come si diceva una volta. Quanto ai saltazionisti, che probabilmente molti di voi non hanno mai sentito nominare, scoprirete chi sono e cosa grosso modo pensano quando piu' avanti parlero' di evoluzione. * Da pagina 38 Cure paterne A proposito di cure paterne voglio prenderla davvero alla lontana. L'idea e' quella, alla fine, di proporvi qualche considerazione sull'evoluzione biologica e culturale della nostra e delle altre specie. La parola da cui mi diverte partire e', pensate un po', nientemeno che parthenos, che in greco significa vergine. Il Partenone, per la cronaca, viene infatti giu' di li', essendo dedicato ad Athena parthenos. Dato pero' che e' soprattutto la biologia che ci interessa, troviamo - stessa etimologia, stessa partenza - la partenogenesi, fenomeno biologico decisamente interessante. E' infatti una forma di riproduzione senza contributo maschile. E' sufficiente, nel caso, la femmina, ed e' per questa via che si riproducono parecchie specie di invertebrati, nonche' alcune di pesci, anfibi e rettili. La prima conclusione, pertanto, potrebbe essere questa: nella natura il maschio altro non e' che un optional, seppure di successo. Niente di strano: con gli optional succede. Vediamo, ora, di capire perche', seppure non sempre indispensabile, il maschio tuttavia, nella storia della vita, ha avuto un cosi' notevole successo. Il motivo, sostanzialmente, e' questo: tramite la sua fecondazione l'informazione genetica, che in questo caso e' meta' di origine femminile e meta' di origine maschile, si mescola e si combina in vario modo fabbricando cosi' quella variabilita' tra gli individui indispensabile perche' la selezione naturale possa agire presto e bene. E cio' facilita i processi evolutivi e di adattamento. Fin qui per quanto riguarda il successo maschile, ma parliamo ora, in modo mirato, delle cure paterne che, ben lo sappiamo, possono esserci oppure no. E, se ci sono, possono esprimersi con una casistica davvero variegata. Gia' avrei potuto dirvi dello spinarello, che e' davvero un buon papa', ma esistono maschi, come quello del cavalluccio marino, che fanno veramente tutto loro, compresa perfino l'incubazione delle uova in un marsupio. E lo chiamo cosi' perche' davvero ricorda la tasca che caratterizza le femmine dei canguri. Si puo' pertanto assistere a una sorta di pseudo-parto maschile, con tanti piccoli cavallucci che vengono espulsi tutti insieme. Le femmine, invece, non hanno alcun ruolo parentale. Ci sono poi i colombi e le tortore, che si suddividono ogni cura, perfino il cosiddetto allattamento. I colombidi infatti, forse non tutti lo sanno, producono nel gozzo una specie di colostro e allattano quasi fossero mammiferi. Ed esistono specie, come gli sciacalli dalla gualdrappa e le ghiandaie della Florida, in cui perfino gli zii scapoli danno una mano a tirar su la prole. Per finire, dall'altra parte della barricata, con quei maschi che, come il pavone, il leone marino e tantissimi altri, di parentale non fanno proprio nulla. Ebbene, cio' che e' fondamentale, per tutti questi casi, e' che ogni specie abbia, precisa e collaudata, una sua regola. I colombi maschi allattano mentre il gallo non fa assolutamente niente? Va bene cosi', per gli uni e per gli altri, perche' evidentemente la gallina da sola ce la puo' fare ma non la femmina di colombo. Ed e' percio' che ogni specie ha evoluto le cure piu' appropriate che poi ogni individuo si trova scritte nel suo Dna. Cioe' collaudate sul campo, generazione dopo generazione, dalla selezione naturale. E noi? Ebbene, per noi non e' la stessa cosa, perche' la nostra specie, nel corso della sua storia evolutiva, ha via via sostituito gli istinti con regole culturali, che degli istinti sono assai piu' labili e mutevoli. E soprattutto assai meno collaudate. Ai tempi di Gian Burrasca il padre era un castigamatti, poi c'e' stato il permissivismo, poi, addirittura, l'assenteismo. Ora, a quanto pare, il padre cambia i pannolini e, se l'allattamento e' artificiale, a modo suo, e cioe' col biberon, perfino allatta. E domani chissa', perche' tutto puo' succedere. Non escluderei, grazie a qualche trucchetto biotecnologico, nemmeno l'allattamento naturale al seno. Detto tutto cio' viene da pensare che, nella nostra specie, siano culturalmente rappresentate le regole di tutte le altre. Dai padri assenti a quelli sempre presenti, severi oppure teneri, gerarchizzati o paritetici. Il fatto e' che l'evoluzione culturale corre sempre piu' in fretta e sperimenta in ogni direzione. E noi, con la nostra vita comunque temporalmente limitata, siamo sempre piu' affannati per tenerle dietro, interrogandoci di volta in volta sul reale valore di quanto intanto stiamo facendo. Possibile che non ce la facciamo a capire, una volta per tutte e definitivamente, come e' meglio che vengano allevati i nostri figli? * Da pagina 75 Seconda storia. In un centro visite del Parco Nazionale del Gran Paradiso, a Chanavey in Valle di Rhemes, si trova il corpo imbalsamato di uno stambecco straordinario. Il suo nome e' Sultano. Era imponente, aveva grandi corna a scimitarra, visse a lungo. Oltre a cio', altre qualita' lo dotarono d'un fascino irresistibile, d'un carisma percepito da uomini e animali. Puo' sembrare azzardato usare questa parola, carisma, per un animale, ma chi l'ha conosciuto sa che e' cosi'. D'altronde Sultano sta diventando una leggenda. Turisti e valligiani si recano ormai, sempre piu' numerosi, a visitarlo. Un po' come successe - altri tempi - per Barry, il celeberrimo cane di San Bernardo che salvo' la vita a tante persone e che dalla sua morte e' esposto nel famoso ospizio a 2400 metri d'altezza lungo la strada che va da Aosta a Martigny. Sultano pero' fu un animale selvaggio ed elusivo, non compi' atti eroici nei confronti della nostra specie. Se e' divenuto leggendario e' stato per altri, piu' sottili motivi. E' indubbiamente una storia assai peculiare. Ci si trova immersi nell'aria sottile dell'alta quota tra ghiaioni, nevi perenni e cieli azzurri solcati dal volo dell'aquila, in compagnia di gente e animali per i piu' inconsueti, preziosi. E quegli esseri, umani e non umani, e' come se recitassero una commedia, o una tragedia, fuori dal tempo. Sono gli uomini del parco, i valligiani, e poi animali: stambecchi, volpi, camosci, marmotte, ma soprattutto lui, Sultano, perche' il perno del racconto e' la storia della sua vita. Molte sono le testimonianze e le immagini fotografiche. Gia' ammirare queste ultime e' un piacere, ma e' la lettura delle testimonianze che meglio rendiconta la sapienza di quegli speciali osservatori che, con parole semplici, tracciarono un ritratto, per buona parte scientificamente attendibile, del favoloso stambecco. Certo non erano etologi di professione, ma cio' che scrissero trova una sorprendente corrispondenza con le conoscenze effettive degli studiosi del comportamento animale. L'esempio piu' bello e' la descrizione che del mitico animale fa Vittorio Peracino, che fu ispettore sanitario del parco: "Sultano? Fiero. Energico. Irruente. Deciso. Uno stambecco capolavoro. Durante la stagione degli amori non aveva neppure bisogno di affrontare in duello i rivali. Li sconfiggeva con il solo apparire. Intelligente? Il fatto di essere riuscito a sfiorare i diciotto anni, guidando un branco, significa che sapeva operare delle scelte: arrivare, per esempio, ai pascoli migliori nel momento piu' opportuno". Spiego perche' mi piace questa descrizione. Potrebbero sembrare parole che, per eccesso d'ammirazione, lasciano spazio alla fantasia, ma non e' cosi'. Tra gli stambecchi, infatti, esiste un fenomeno chiamato assessment, autovalutazione. Si tratta di questo. Con l'esperienza ricavata dai numerosi scontri aggressivi i maschi riescono a stimare quali sono gli individui che possono battere e quali no, e cio' avviene attraverso la reciproca valutazione delle dimensioni delle corna. Cosi', indirettamente e progressivamente, ogni individuo comprende qual e' il suo potenziale aggressivo e con cio' raggiunge una relativa consapevolezza di se', della sua forza, di quello che rappresenta nell'ambito del gruppo. Se ci si attarda a osservarli durante gli scontri, si scopre che questi mai hanno luogo tra individui diversamente armati: basta uno sguardo e quello dalle corna di minori dimensioni si ritira, risparmiandosi cosi' i traumi di una sconfitta annunciata. Ecco allora che, grazie all'assessment, la frase: "li sconfiggeva con il solo apparire" diviene comprensibile, accettabile. C'e' poi il discorso riguardante l'eccezionale longevita', la capacita' di guida, il sapere "operare delle scelte: arrivare, per esempio, ai pascoli migliori nel momento piu' opportuno". Tutti fenomeni che l'etologia ha studiato. Perche' certi animali sanno davvero prendere decisioni, utili per la sopravvivenza, sulla base dell'esperienza e dell'intelligenza. Parlare del carisma di Sultano non e' dunque un azzardo. L'aveva sicuramente nel suo gruppo sociale. Cio' che puo' stupire e' che anche le guardie del parco l'avessero pienamente percepito. Ma quelle guardie sono persone particolari. La consuetudine all'osservazione, alla solitudine, ai tempi lunghi che la montagna regala le ha infatti rese estremamente competenti e sensibili ai fenomeni della natura, che sanno leggere raffinatamente. Personaggio straordinario fu Provino Chabod, che per primo incontro' Sultano, che gli diede il nome, che lo segui' per tutta la vita. Che, quando giunse il momento della morte dell'animale, non ebbe il coraggio di esserne testimone. E siccome la direzione del parco desiderava averne una documentazione filmata, fu incaricato un suo giovane collega, Stefano Borney. E' lui che ci racconta, e ci documenta, quel tragico ultimo giorno. La silenziosa visita - forse l'estremo omaggio - d'alcuni stambecchi; quella, altrettanto rispettosa, del suo pastore tedesco. "E non gli gira attorno eccitato come fa quando s'imbatte in un animale selvatico. Non abbaia, non annusa, non guarda". Gli si siede semplicemente accanto. Fin dove arriva, negli animali, la consapevolezza della morte? * Da pagina 121 Evoluzione e adattamenti "Una mattina ci siamo svegliati e l'evoluzione non c'era piu'. Non e' che vi fosse stato, prima, un dibattito, una proposta, un avviso, una provocazione, anche solo uno sberleffo: guardate che adesso togliamo Darwin dai programmi delle scuole, il vecchio naturalista inglese barbuto ha i giorni contati. No, nulla di tutto cio'. Abolito, punto. E qui comincia una rocambolesca storia di provincialismo culturale". Cose che succedono in Italia, e che Telmo Pievani racconta nel succoso libretto In difesa di Darwin. Piccolo bestiaro dell'antievoluzionismo all'italiana (Bompiani, Milano 2007) che, appunto, fa la cronaca di quando, pochi anni fa, di punto in bianco la storia e la teoria dell'evoluzione furono bandite dalle nostre scuole. Una storia che ha dell'incredibile, e siccome anch'io rimasi di sasso e, per dirla con parole civili, molto arrabbiato, cosi' scrissi, sul mensile "Quark", la "lettera a un bambino" che qui riporto. Caro bambino italiano che, in questi anni di grazia (si fa per dire), frequenti le elementari o le medie inferiori, lo so che spesso leggi di natura e di animali. Lo so perche' lo fanno anche i miei nipotini, che sono come te. Come a te, a loro piace scoprire i fenomeni della natura. Ti scrivo per parlarti di una tua passione: i dinosauri. Rettili immensi, animali del passato. Conosci i nomi di molti di loro e sai certamente che sono comparsi tanti milioni di anni fa quando gia' c'era tanta vita sulla terra e che poi, dopo aver conquistato il mondo, si sono estinti. Prima di loro esistevano altri rettili che erano i loro antenati. Da alcuni dinosauri, forse sai pure questo, si sono originati i coccodrilli e gli uccelli. Una fantastica storia evolutiva, forse la piu' affascinante. Cio' che non sai, probabilmente, e' che da qualche anno i tuoi insegnanti non saranno piu' obbligati a parlarti d'evoluzione anche se alcuni, almeno lo spero, lo faranno ugualmente. Ebbene, l'esclusione, o quasi, dell'insegnamento dell'evoluzione dai vostri programmi mi preoccupa e cerchero' di spiegarti perche'. Si parla molto, oggi, di problemi ambientali. Si desidera insegnarvi - cosa giustissima - il rispetto della biodiversita', ma per far cio' e' essenziale spiegare di cosa si tratta. Ebbene, penso che sia impossibile farlo senza introdurre concetti evolutivi. Gli esseri che costituiscono la biodiversita', infatti, vivendo insieme una generazione dopo l'altra per tempi lunghissimi si sono evoluti insieme (il termine esatto e' coevoluzione). Ti faccio un esempio: tanto piu' si raffina la strategia predatoria di un predatore, tanto piu', e parallelamente, si raffina quella antipredatoria delle sue prede. L'una, in altre parole, agisce selettivamente sulle altre, e viceversa. Un esempio che ti incuriosira': i pipistrelli rintracciano le loro prede usando una sorta di sonar. Sparano fuori, cioe', ultrasuoni. Ecco, come contromisura certe falene hanno evolutivamente acquisito, quando percepiscono queste onde ultrasonore, la capacita' di lasciarsi cadere di colpo sul terreno, sfuggendo cosi' alla predazione. Questo, vedi, significa biodiversita': organismi adattati l'uno all'altro e che percio' vivono in uno stato di equilibrio in cui e' dannoso intervenire. Come si fa, pero', a insegnare tutto cio' senza introdurre i concetti base sull'evoluzione? E che dire quando si parla di comportamenti maladattativi della nostra specie? Temo che, se si omette la spiegazione evolutiva, non si possano produrre altro che insegnamenti vuoti di spiegazione, insoddisfacenti. Solo penosamente moralistici. Penso anche che sia impossibile, per lo stesso motivo, farvi capire qual e' il posto dell'uomo nella natura; quali sono i rapporti di parentela che abbiamo con le altre specie, ormai ben noti grazie agli studi sul Dna. E si tratta di conoscenze assai informative (e pertanto formative) per spiegare chi siamo e quali rapporti, anche da un punto di vista etico, sia opportuno mantenere con i nostri affini, umani e non umani. In definitiva utili per comprendere il significato della diversita', il suo grande valore e la conseguente necessita' di rispettarla. Il mio discorso (tutto concentrato in una letterina) forse ti e' risultato un po' difficile. So pero' che, se ti fosse spiegato un po' piu' ampiamente, soprattutto con alcuni dei tanti bellissimi esempi, come potrebbero fare i tuoi insegnanti, ti sarebbe senz'altro chiaro. E tu saresti un bambino diverso. Un bambino che sa con la ragione, non soltanto che crede. * Da pagina 135 Stasi evolutive, gradualismo, saltazionismo, preadattamento e cosi' via Le tartarughine della Florida che vediamo nei negozi di animali sono tutte bambine, allevate in fattorie per esportarle nel mondo consumista, che poi le brucia come fossero cose. La stragrande maggioranza infatti non raggiungera' mai la mole di mamma e papa': morra' assai prima, piano piano come i rettili sanno fare cosi' bene. Saranno uccise, le piccole, le belle, dai parassiti, dal freddo, dal cibo inadeguato, dall'incuria insomma, o dall'ignoranza, di chi le ha comperate. Tra le residue, molte verrano poi, per noia, lasciate libere in una natura che non e' la loro. E sara' un guaio anche quello. Una volta le catturavano con grandi retate in natura, poi, siccome la specie ne risultava minacciata, hanno pensato di allevarle. Cosi' ora la specie e' salva, e salvo insieme anche il commercio. Non si salvano invece quei poveri individui condannati a una morte lenta, ne' l'educazione naturalistica di chi, per ignoranza, li compra. Potrei anche dirvi, sempre a proposito di tartarughe, delle immense testuggini marine. Se, mentre siete immersi nell'acqua, le vedeste mentre stanno nuotando, direste: volano. Volano pacate, determinate, automatiche nel liquido azzurro come i grandi uccelli migratori fanno sopra di loro, nel cielo. E anch'esse sono torturate e minacciate dall'uomo. E potrei dirvi dell'altro e dell'altro ancora, ma c'e' una storia, una storia evolutiva, che sovrasta tutto questo. Per me dire testudinati (le tartarughe in genere) significa, infatti, soprattutto stasi evolutiva. Vuole dire, piu' semplicemente, animali che hanno smesso di evolversi. Animali che forse non sanno piu' adattarsi. Dev'essere cosi'. I rettili erano, ragionando sui tempi geologici, comparsi da poco quando s'e' andata sviluppando la "novita' evolutiva" di quella cornea e ossea corazza. Una grande invenzione, avvenuta ben piu' di duecento milioni di anni fa. Una volta rinchiusesi li' dentro, pero', le tartarughe sono diventate conservatrici. Da allora, praticamente, non si sono mosse piu'. Qualche passetto - e' vero - l'hanno anche fatto. Per esempio qualche forma di fossile, tra le piu' antiche, aveva ancora i denti, che poi pian piano sono andati persi, perche' le attuali hanno tutte una specie di becco. Le tartarughe antiche, inoltre, non sapevano ritrarre la testa nella corazza, mentre le attuali, incurvando il collo a S, lo sanno fare. Si tratta, a ogni modo, di robetta, se si considera che nel frattempo si sono evoluti gli altri rettili, gli uccelli, i primi mammiferi, e da questi ultimi si sono originate forme cosi' diverse come i pipistrelli, le giraffe, le balene, i primati, tanto per dirne alcune. Loro, intanto, tartarughe erano e tartarughe sono rimaste. E' questa la stasi evolutiva, anche se poi una stasi totale in realta' non e' perche' qualche passetto, appunto, i testudinati l'han sempre fatto. E questa cosiddetta stasi, probabilmente, nasconde una reale impossibilita' di fare nuovi concreti passi avanti. Percio' le specie di tartarughe, dal Triassico in cui sono comparse, vanno, come numero di specie, progressivamente diminuendo. La loro specialita', il guscio, sui tempi lunghi e' forse una trappola mortale. La loro stirpe un binario morto, per l'evoluzione. E' molto istruttiva questa storia evolutiva. A me ha insegnato, insieme a tante altre, che l'evoluzione viaggia (se viaggia) con differenti velocita'. Puo' andare cosi' adagio da sembrare ferma o correre moltissimo. Puo' avere sbalzi, accelerate e repentine frenate. Perfino marce indietro. Dipende, quasi sempre, dalle mutevoli pressioni della selezione naturale. Dipende, qualche volta, da un nuovo utilizzo di qualcosa che gia' c'era ma che serviva ad altro. Quasi fosse un'invenzione, come avvenne per la vescica natatoria dei pesci che si trasformo' in polmone, spalancando davanti ai vertebrati divenuti per cio' terrestri un nuovo mondo da conquistare. L'evoluzione, che in definitiva e' un fenomeno unitario, ha pero' tante facce, tante frecce al suo arco. Ricordo che quando, negli anni Settanta, Niles Eldredge e Stephen Jay Gould proposero il cosiddetto saltazionismo, rimasi perplesso. Sostenevano, i due grandi paleontologi, che le piccole modificazioni graduali non portavano da nessuna parte e che l'evoluzione non poteva realizzarsi con la gradualita' ma soltanto con salti repentini. Esistevano, secondo loro, lunghi periodi di equilibrio punteggiati da periodi brevi ma di grande cambiamento. Quanto alla lunghezza, occorre intendersi, perche' per i paleontologi breve significa magari mezzo milione di anni. Il che e' un tempo effettivamente breve se lo si confronta con le centinaia di milioni di anni, i miliardi di anni, con cui si misurano i tempi e gli eventi evolutivi. I saltazionisti, pertanto, affermavano la necessita' di salti evolutivi per il realizzarsi di eventi evolutivi di un certo rilievo e cio' innesco' una guerra fratricida con i cosiddetti gradualisti. Questi, a loro volta, seppero mostrare esempi consistenti ove il gradualismo davvero funzionava. Il bello e' che nessuno dei due schieramenti si sogno' mai, per un bel po' di tempo, che entrambi potessero avere ragione, come in effetti finalmente compresero, perche' l'evoluzione puo' essere sia graduale che saltellante. Gradualismo e saltazionismo altro non sono che due modalita' dello stesso processo evolutivo perche', gratta gratta, sotto c'e' sempre lo stesso meccanismo di mutazione-selezione-adattamenti che, in fin dei conti, Darwin aveva gia' intuito all'inizio di tutto. Ci voleva poi tanto a capirlo fin da subito? Il fatto e', temo, che agli scienziati piace sempre moltissimo inventare nuove teorie, nuove spiegazioni e, soprattutto, nuovi nomi possibilmente astrusi. E' cosi', oltretutto (ma questa senza dubbio e' una malignita'), che si raggiunge la gloria. Se non altro una bella visibilita'. Sempre a proposito di nuovi nomi che, purtroppo, non spiegano niente di nuovo, ho prima accennato alla vescica natatoria dei pesci che s'e' evoluta nel polmone, o meglio nei polmoni, dei vertebrati terrestri. Una storia evolutiva straordinaria che dimostra come un organo idrostatico, appunto la vescica natatoria, possa trasformarsi in uno respiratorio. E tutto avviene perche' alcune strutture preesistenti hanno reso possibile il cambiamento di funzione. Concretamente: la vescica natatoria era gia', fin da subito, ben vascolarizzata, ed e' da questa vascolarizzazione che ha potuto prendere origine, in certi pesci, la nuova funzione. Insomma, prima un grande salto (da vescica a polmone primitivo, quello degli anfibi), poi una serie minuta di progressivi aggiustamenti, che si possono ammirare (il che e' qualcosa di piu' del semplice vedere) studiando l'anatomia comparata a partire dai pesci per arrivare ai mammiferi. Bene, queste strutture che, come la vescica natatoria, possiedono al loro interno queste, chiamiamole cosi', possibilita' evolutive basate sul cambiamento di funzione, da molto tempo vengono chiamate (il mio ricordo va indietro almeno agli anni Cinquanta-Sessanta) preadattamenti. Cio', intendiamoci bene, non in senso finalistico, ma semplicemente per sottolineare l'esistenza di un "qualcosa che potrebbe anche funzionare per fare qualcos'altro". Poi, un bel giorno, ma questa e' storia piu' recente, assisto a una conferenza e sento parlare di una scoperta nuova, denominata in inglese (in realta' in americano) exaptation e faticosamente tradotta in italiano con il veramente orribile exattamento, e ora eccovi la spiegazione letterale della cosiddetta nuova scoperta: "Gli exattamenti (o exaptations) sono dunque quei caratteri nati con una certa funzione e opportunisticamente cooptati per una funzione diversa nel corso dell'evoluzione" (Gould, Vrba 1982; Vrba, Gould 1986). Cioe': ne' piu' ne' meno che i vecchi e cari preadattamenti dell'altrettanto vecchia, cara e purtroppo attualmente un po' troppo trascurata anatomia comparata. * Da pagina 164 Adattamenti estremi Chimico oppure fisico l'inquinamento, come e' noto, mette in crisi l'ambiente. E' questo un dato di fatto cosi' risaputo e facilmente comprensibile, a causa dei suoi effetti immediati, che raramente ci si sofferma su cio' che sta dietro, in termini generali, al micidiale fenomeno. Sarebbe invece utile, anche per motivi operativi, soffermarsi maggiormente su un concetto che consentirebbe, se percepito nella sua generale validita', una lettura scientificamente piu' corretta di ogni tipo di inquinamento. Esiste infatti un aspetto che viene quasi sempre ignorato: il fattore tempo. Si tratta di questo: a mettere in crisi la natura, in realta', non e' tanto la qualita' del cambiamento indotto dall'inquinamento quanto, piuttosto, la differente velocita' tra l'evoluzione culturale umana, che il cambiamento lo induce con estrema rapidita', e la lentezza di quella biologica, che il cambiamento e' costretta a subire. Occorre, a questo punto, parlare di adattamenti. Ogni specie si e' adattata all'ambiente in cui vive. Tanto per fare un esempio, la volpe artica, che spende il suo tempo nel gelo, ha orecchie piccolissime, mentre quella del Sahara, il fennec, vivendo in un clima caldissimo, le ha enormi. La grande superficie di questi padiglioni auricolari ha infatti la funzione di disperdere l'eccesso di calore. Esiste un caso, quello delle specie dette "estremofile", che puo' offrirci la migliore esemplificazione dell'importante concetto. Queste specie, infatti, evidenziano che, in realta', non esistono sul nostro pianeta zone che risultino, per le loro caratteristiche fisico-chimiche, veramente, totalmente inabitabili. Citero', a titolo d'esempio, alcuni casi significativi. La salamandra siberiana (Salamandrella keyserlingii), che vive all'estremo Nord del Circolo polare artico, iberna in cuscini di muschio localizzati presso stagni dove la temperatura scende fino a - 35 gradi centigradi. Ne sono state trovate, vive seppure completamente congelate, anche sotto 14 metri di neve. Sembrano, quando sono in quello stato, pietrificate. Eppure, quando la tundra si sgela anch'esse riprendono lentamente a scongelarsi fino a riacquisire il loro normale stile di vita ricco di attivita'. Cosi', come per incanto, si rimettono a nuotare, a predare, a riprodursi. Il congelamento, effettivamente, puo' passare su di loro senza causare alcun danno effettivo. Non e' pero' che questa soluzione sia priva di rischi. Proprio per questo e' pratica rarissima, tra gli animali. Perche' la salamandra sopravviva i cristalli di ghiaccio devono infatti avere dimensioni veramente minime, cosi' da non perforare le membrane cellulari. Cio' e' stato naturalmente ottenuto grazie all'evoluzione di proteine specializzate che vengono sintetizzate, in quegli anfibi, soltanto quando la temperatura inizia la sua drastica discesa. Esiste pero', in alternativa, un'altra strategia naturale di sopravvivenza al freddo estremo. E' quella, altrettanto straordinaria, evoluta dalla platessa artica (Pseudopleuronectes americanus). Questo pesce osseo, cosi' come alcuni altri, sintetizza addirittura proteine anticongelanti. Passando dal freddo al caldo, la storia sicuramente piu' affascinante e' quella delle "fumarole nere", scoperte nel 1977 al largo delle coste dell'Ecuador alla profondita' di 2.500 metri. Si tratta di geiger sottomarini che espellono acqua bollente mista a minerali da camini vulcanici situati sul fondo oceanico. L'acqua viene emessa a una temperatura che puo' raggiungere i 350 gradi centigradi e, in contatto con quella fredda oceanica, forma grandi volute nere contenenti una miscela di composti di zolfo e di altri minerali espulsi dal camino. Ebbene, sorprendentemente quest'ambiente estremo, del tutto privo di luce, e' riccamente e variamente popolato. Il fondamento degli inimmaginabili ecosistemi e' invariabilmente rappresentato da microrganismi chemosintetici, esseri cioe' che sono in grado di produrre materiale organico pur nella piu' completa oscurita'. Su questa base prosperano anellidi resistenti al calore, anemoni marini, granchi, molluschi bivalvi. In queste acque all'apparenza impossibili fluttuano persino piccole meduse, nuotano alcune specie di pesci. Essendo le fumarole nere distanti l'una dall'altra, in ognuna s'e' evoluta una peculiare biodiversita', caratterizzata dalla presenza di differenti specie diversamente adattate. La loro e' una storia evolutiva, pertanto, che si e' ripetuta piu' volte parallelamente ma indipendentemente. Potrei continuare con l'esemplificazione raccontando l'esistenza di esseri che vivono in ambienti estremamente acidi o alcalini, in concentrazioni di cloruro di sodio che per i piu' sarebbero letali, oppure in totale assenza di ossigeno. S'e' trovata vita perfino nelle rocce oppure in ambienti dove predominano l'acido solfidrico, l'anidride carbonica e il metano. Generalizzando, questo si puo' dunque affermare: datele tempo e la vita, comunque, s'adattera'. E' pertanto illuminante rilevare - questo e' l'insegnamento che ci viene dalle specie estremofile - come il comportamento umano disastrosamente inquinante sia tale in quanto il cambiamento indotto dalla nostra specie e' troppo rapido per consentire all'evoluzione biologica di produrre gli indispensabili adattamenti, le opportune controstrategie, ed e' cosi' proprio perche' e' culturale. Dovremo farcene una ragione: data l'impossibilita' di cambiare le regole della natura, non ci restera', se vorremo vivere in un ambiente equilibrato e pertanto sano, che adeguare a esse quelle della nostra cultura. Non solo e' possibile farlo, ma sara' indispensabile per il nostro benessere, se non per la nostra stessa sopravvivenza. 3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 165 del 16 marzo 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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