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Minime. 738
- Subject: Minime. 738
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 21 Feb 2009 01:01:40 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 738 del 21 febbraio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: La muta 2. Daniele Barbieri: Lo schifo del 5 febbraio 3. Anna Maria Crispino: In una miscela micidiale 4. Maria D'Asaro: Il Giano bifronte 5. Daniele Gallo: Il sadico desiderio 6. Donata Gottardi: La polvere, le frontiere 7. Vittorio Pallotti: Insicurezza assicurata 8. "La Repubblica": A Bologna sara' sospeso dall'Ordine dei medici chi denuncia i pazienti in quanto immigrati "irregolari" 9. Loris Campetti: Khedidja, la delegata che rappresenta gli italiani 10. Gabriele Romagnoli: Al Casilino 900 11. Enrico Piovesana: La guerra costa, l'Italia paga 12. La guerra terrorista e stragista cui l'Italia partecipa in violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale 13. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA MUTA Lo ha scritto una volta per sempre Elias Canetti cosa sarebbero le ronde che il governo per decreto vuole imporre al nostro paese. E lo ricordano i nostri vecchi. Ho passato il mezzo secolo di vita, ed ho ancora la barba e i capelli (quei pochi che restano) lunghi. Ed anche se non mi sposto mai dalla mia citta' dove sono conosciuto per il mio passato di giornalista e di pubblico amministratore, so bene che sarei anch'io una vittima delle squadracce che il governo vuol vomitare per le strade. Dice il ministro che gli squadristi marceranno disarmati: sappiamo tutti che bastano pugni e calci ad ammazzare una persona. Lo dico in questa forma ad un tempo dimessa e solenne: il governo sta attentando alle nostre vite. Il governo sta restaurando la dittatura. Il governo e' fuorilegge e golpista. 2. UNA SOLA UMANITA'. DANIELE BARBIERI: LO SCHIFO DEL 5 FEBBRAIO [Ringraziamo Daniele Barbieri (per contatti: pkdick at fastmail.it) per questo intervento] A me pare che il 5 febbraio, con il pretesto della sicurezza (cioe' il nuovo "pacchetto anti-immigrati") sia successo qualcosa di davvero grave. Purtroppo dovevamo attendercelo ma egualmente resta gravissimo, adesso che si e' concretizzato. Riprendo qui e amplio quanto ho scritto sulla rivista "Come solidarieta'" dove tengo una rubrica intitolata "Notizie sparite, notizie sparate" che, a ritmo mensile, recupera e/o commenta quel che i media tacciono e/o pompano (oppure rendono incomprensibile, con il semplice quanto antico trucco di decontestualizzarlo) su migranti, razzismi e dintorni. Su quella rubrica d'abitudine do un numero alle notizie e ai brevi commenti: da 1 in avanti come ci hanno consigliato certi extracomunitari (gli europei erano bravini a far ponti e altro ma scarsi in matematica). Pero' su "Come" 300 (15 giugno 2008) avevo indicato la prima notizia con 0 (altra invenzione extra-Ue): mi chiedevo se, viste le mosse del nuovo governo, quella rubrichetta avesse un senso. Da "Come" 306 (15 settembre) la numerazione riparti' da 10, cioe' dall'articolo 10 della nostra Costituzione nel quale, fra l'altro, si legge: "Lo straniero, al quale sia impedito l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche [...] ha diritto d'asilo nel territorio della repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge". Ottimo quell'articolo della Costituzione, anche se bisogna ricordare che l'Italia (a differenza di altri Paesi Ue) questa legge d'asilo non la vuol fare. Le mie (fondate) paure di essere a zero e dintorni si sono concretizzate il 5 febbraio con un governo che si e' posto apertamente fuori dalla nostra Costituzione. Percio' la mia numerazione su "Come" e' andata simbolicamente sotto zero. Sono partito da -1 (anzi ho scritto "meno 1" che e' piu' visibile). Servira' a qualcosa? Chissa' se la stessa domanda se la facevano quelle persone con il cartello "Siamo medici, non spie". Ho scritto su "Come" che spero presto di ripartire da 10, numero extracomunitario e bell'articolo di una Costituzione democratica; che vorrei non avere cosi' tante "sparate" da commentare, troppe "sparite" da cercare e un sordo dolore che cresce... Il 5 febbraio e' una tappa purtroppo nell'attraversamento di una lunga fogna. Non importa quante schifezze di quel "pacchetto" si concretizzeranno con un voto parlamentare: io temo che alla fine passeranno quasi tutte, ma se anche fosse solo la meta'... le altre bocciate (quelle piu' orrende, alcune delle quali stavolta si e' avuta la decenza - o il trucco - di bloccare) torneranno buone alla prossima prevista e preparata ondata di caccia alle streghe. Da tempo io sogno a occhi aperti che un pacifico sollevamento popolare spazzi via la cancrena antidemocratica. Chissa' se altri hanno lo stesso mio sogno... Leggendo queste "notizie minime dalla nonviolenza" la speranza cresce un poco. Chi sa dirmi quanto manca all'alba? Anzi: ricordatemi come si costruisce un'alba quando il buio e' pesto. 3. UNA SOLA UMANITA'. ANNA MARIA CRISPINO: IN UNA MISCELA MICIDIALE [Ringraziamo Anna Maria Crispino (per contatti: leggendaria at supereva.it) per questo intervento] Mentre sul proscenio lo spettacolo della caduta di Veltroni e del trionfo di Berlusconi occupa i media e distrae gli spettatori, la controriforma governativa va avanti come uno schiacciasassi. E si discute di norme di "sicurezza" che fanno dei migranti dei fuorilegge e delle loro vite un puro optional: "corpi a perdere", li ha definiti la filosofa Rosi Braidotti. Siamo ormai, mi pare, al riaffermarsi di un'economia servile. Un sistema ideologico e drammaticamente concreto dove i singoli, le persone in carne ossa, i loro corpi, non sono piu' uguali: non a valle, per condizioni di disuguaglianza casuali o acquisite, ma a monte, come dato costitutivo e fondante di una relazione dissimmetrica che, almeno in Occidente, e' stata' ritenuta indecente e oscena, almeno nel discorso pubblico, a partire dalla Modernita'. Che poi la disuguaglianza non sia mai davvero scomparsa nelle pratiche di potere e di controllo, non cambia i termini della questione: perche' quello che colpisce di piu' e' la spudoratezza con cui oggi vengono argomentate le tesi a sostegno di questa ideologia. Che fa di noi, i bianchi occidentali e benestanti, gli unici detentori di diritti e privilegi, e di loro, gli Altri, i diversi, merci - un tempo si diceva forza-lavoro - di cui disporre se e quando ne abbiamo bisogno. Non-soggetti. E la parte delle norme del disegno di legge 773 che prevedono la possibilita' per il personale sanitario di denunciare i "clandestini" e' un caso ben piu' che emblematico: il diritto alla salute, e dunque alla vita, non e' piu' un principio universale ne' un diritto sancito dalla Costituzione. Una donna "italiana" potra' ad esempio avere un figlio con la dovuta assistenza e in tutta liberta', una donna "straniera" senza documenti no: dovra' magari partorire clandestinamente e rischiare la sua vita e quella della sua creatura. Ma gia', siamo in un paese che difende la vita ad ogni costo, il caso Englaro insegna. I corpi, le vite, non hanno tutte lo stesso valore: ci sono quelle da "salvare" anche a costo di stravolgere l'intero sistema legale e negare la soggettivita' della scelta, e quelle che possono essere gettate via senza rimorsi, come quelle richiuse, segregate, private di ogni liberta' e dignita' a Lampedusa. E la stessa arroganza si cela dietro il cosiddetto decreto "salva-stupri" messo sul tavolo dal governo: niente arresti domiciliari per i sospettati di violenza, ma non un pensiero a chi sono i violentatori - tutti rumeni o altri alieni incontrati per strada e non al 90% familiari e conoscenti della vittima -, non un barlume di consapevolezza di quanto lo stupro sia un problema maschile, di potere e sopraffazione sull'Altro - l'altra in questo caso - piu' che di sessualita', che il clima di odio e di protervia non puo' che favorire e veicolare. D'altronde, a pensarci bene, non e' la prima volta nella storia che la violenza contro le donne e la violenza contro gli schiavi si mettano insieme in una miscela micidiale: era gia' successo a meta' Ottocento. Allora provoco' la nascita del movimento antischiavista e del primo femminismo. E oggi? 4. UNA SOLA UMANITA'. MARIA D'ASARO: IL GIANO BIFRONTE [Ringraziamo Maria D'Asaro (per contatti: maridasaro at libero.it) per questo intervento] "Avevo fame e mi deste da mangiare, avevo sete e mi deste da bere, ero pellegrino e mi avete dato ospitalita', nudo e mi avete dato vestiti, malato e mi avete curato e visitato". Queste azioni pare abbia suggerito di fare gli uni per gli altri un certo Cristo, vissuto in Palestina circa duemila anni fa. Da molti ritenuto di origine divina. Mi dispiace che le rammenti io, cattolica praticante dalle molte incertezze esistenziali, e se ne dimentichi la maggioranza del Parlamento, proponendo alla nazione il "pacchetto sicurezza" che implicherebbe la denuncia degli esseri umani ammalati, non in regola con il permesso di soggiorno. In questo modo la nostra maggioranza di governo rivela la sua vera natura, piu' materialista dei tanto vituperati comunisti estinti: quello che conta veramente e' tenerci strette le nostre risorse, le nostre medicine, il nostro salotto buono. Gli altri - gli stranieri - se ne stiano a casa loro. O li denunciamo, anche se malati e sofferenti. Al di la' delle belle dichiarazioni di principio, siamo strutturalmente e inguaribilmente egoisti e materialisti. Forse, ora e sempre, ci sono Hobbes e Malthus nascosti in ognuno di noi. Sicuramente ghignano beffardi dietro i nostri governanti, che di notte tessono la tela dell'intolleranza e della piu' bieca esclusione, e di giorno si strappano le vesti per proclamare le radici cristiane dell'Europa. 5. UNA SOLA UMANITA'. DANIELE GALLO: IL SADICO DESIDERIO [Ringraziamo Daniele Gallo (per contatti: d.gallo at viator.it) per questo intervento] Le coscienze piu' illuminate e profetiche sostengono che l'uomo ha dimenticato nella polvere del tempo la sua essenza divina e per questo non riesce piu' a mettere a fuoco il senso del suo passaggio terreno, destinato principalmente a una crescita spirituale che passa necessariamente dall'amore per gli altri. Non solo: si e' lasciato inconsapevolmente invadere dal continuo e severo esercizio del giudizio, dalla meschinita' dell'interpretazione di una falsa autorita', dal disorientamento causato dalla paura, dalla sottomissione alla presunta ineluttabilita' del dolore. E' evidente che il "pacchetto sicurezza" gia' approvato dal Senato e pronto per una sicura legittimazione anche dalla Camera dei Deputati evidenzi con chirurgica precisione proprio tutti questi vulnus dell'uomo che rifiuta il disegno divino. Il progetto di legge contiene una serie di provvedimenti che calpestano i piu' elementari e da tempo riconosciuti diritti dell'uomo. Provvedimenti infatti ispirati dall'irrefrenabile voglia di giudicare senza capire, dal sentirsi autorizzati a decidere della vita degli altri con quella pseudo-autorita' regalata da un malinteso senso del potere, dalla scarsa sapienza della resa a una strumentale paura senza vere motivazioni, dal sadico desiderio di causare inutili dolori. Il legislatore nel provvedimento ha dimenticato la sacralita' della vita umana e sarebbe giusto fosse fermato da una ferma mobilitazione delle persone di buona volonta' che gli ricordassero l'etica del rispetto e l'importanza dell'amore per gli altri. Tutti gli altri. 6. UNA SOLA UMANITA'. DONATA GOTTARDI: LA POLVERE, LE FRONTIERE [Ringraziamo Donata Gottardi (per contatti: donata.gottardi at europarl.europa.eu) per questo intervento] Pacchetto sicurezza, disegno di legge sicurezza, decreti legge sicurezza. Sicurezza, sicurezza e ancora sicurezza. Anche se ci limitiamo a questi ultimi giorni, vediamo un ramo del parlamento (il senato) approvare un testo sulla sicurezza composto da ben 66 articoli, che si occupano di immigrazione, di mafia, di violenza fino al decoro delle vie, tutto insieme mescolato. Vediamo il consiglio dei ministri che approva un decreto-legge sulla sicurezza, che prende alcune di queste disposizioni - ma non ha questo governo il potere di far approvare dall'altro ramo del parlamento in soli due giorni tutto quello che vuole? - e ne accosta altre, per rispondere, cosi' si afferma, alle nuove emergenze. Ma viene anche subito chiarito dal presidente del consiglio che non esiste alcuna emergenza, dato che la situazione della sicurezza nel nostro Paese e' migliorata. Un guazzabuglio normativo e comunicativo, che rende tutto ancora piu' torbido, privo di punti fermi, se non la maschera dura e insieme coinvolgente la popolazione trascinata nella polvere delle strade del Far west. Solo nei Paesi autoritari si pensa a indottrinare le masse e a cumulare normativa penale su normativa penale. Ma solo in Italia a questo si aggiunge una giustizia lenta (che si intende riformare ma non per renderla piu' efficiente e dotata di risorse), penitenziari sovraffollati e un senso civico della legalita' che sfiora il ridicolo. Scordiamoci aiuto dalle istituzioni europee. Senza l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le competenze del Parlamento europeo sono limitate alla lotta alla clandestinita'. Con l'ultima direttiva che abbiamo approvato in questi giorni, in prima lettura, sotto scacco ancora una volta del Consiglio europeo, stiamo colpendo con sanzioni amministrative e/o penali i datori di lavoro che occupano i lavoratori clandestini, che stiamo a loro volta colpendo con l'espulsione, tranne nel caso della tratta e dello sfruttamento di minori. Cosi' anche il Parlamento europeo offre una sponda a governi come il nostro. E il cerchio si chiude. Anzi cosi' forse qualcuno si illude che la crisi si fronteggi chiudendo le frontiere europee. E di seguito qualcuno si illudera' che la crisi si fronteggi tornando alle frontiere nazionali, se non addirittura regionali o locali. 7. UNA SOLA UMANITA'. VITTORIO PALLOTTI: INSICUREZZA ASSICURATA [Ringraziamo Vittorio Pallotti (per contatti: vittoriopallotti at libero.it) per questo intervento] Negli anni '80, in occasione di manifestazioni antimilitariste per il 4 novembre, coniai il seguente slogan, che scrissi su grandi cartelli da appendere al collo: "Difesa armata, insicurezza assicurata". Parafrasando lo slogan in occasione delle iniziative contro il "pacchetto sicurezza", conierei il seguente: "Sicurezza armata (o militarizzata), insicurezza assicurata". 8. RASSEGNA STAMPA. "LA REPUBBLICA": A BOLOGNA SARA' SOSPESO DALL'ORDINE DEI MEDICI CHI DENUNCIA I PAZENTI IN QUANTO IMMIGRATI "IRREGOLARI" [Dal quotidiano "La Repubblica" del 20 febbraio 2009 col titolo "Bologna. Medici, espulso da Ordine chi denuncia gli irregolari"] Bologna. I medici che tra i propri pazienti denunceranno gli immigrati irregolari andranno incontro alla sospensione dall'attivita' professionale. Lo ha affermato Giancarlo Pizza, presidente dell'Ordine dei medici di Bologna durante un incontro affollato di camici bianchi, nel quale un chiaro "no" alla norma sulla denunciabilita' e' arrivato dall'intera sanita' locale... 9. RASSEGNA STAMPA. LORIS CAMPETTI: KHEDIDJA, LA DELEGATA CHE RAPPRESENTA GLI ITALIANI [Dal quotidiano "il manifesto" del 19 febbraio 2009 col titolo "Il lavoro non ha nazione" e il sommario "Storie. Khedidja, la delegata che rappresenta gli italiani. E' algerina ma si sente piu' italiana di Bossi. Marito della Guinea e tre figli "mulatti" che parlano la nostra lingua senza inflessioni. Khedidja Sayah lavora alla Tecnogas di Reggio Emilia, e' rispettata da tutti perche' si batte per l'unita' degli operai"] Khedidja Sayah e' algerina e da undici anni vive in Italia. Da cinque anni e' operaia alla catena di montaggio della Tecnogas - il padrone e' lo stesso Antonio Merloni che dalle Marche ha esportato la crisi in tutti gli stabilimenti in suo possesso - di Gualtieri, provincia di Reggio Emilia, meglio dire Bassa Reggiana che in realta' e' a nord del capoluogo, verso la Lombardia. E' sposata e ha tre figli "mulatti", il suo compagno e' della Guinea e anche lui fa l'operaio metalmeccanico. Da 3 anni Khedidja e' delegata sindacale, tessera Fiom. Nell'intervento pronunciato con passione dal palco di piazza San Giovanni, durante la manifestazione nazionale dei lavoratori metalmeccanici e pubblici, aveva chiesto: "Bossi mi vuole togliere il visto di soggiorno e rispedirmi a casa? Va bene, lo accetto. Ma a voi italiani chiedo di togliere a Bossi il permesso di soggiorno in Italia, visto che attacca la Costituzione che e' di tutti". Ci siamo fatti raccontare il suo lavoro, il rapporto con le operaie e gli operai, sia "italiani" che immigrati, che si rivolgono a lei dopo averla votata: da lei si sentono pienamente rappresentati, in questa crisi che alla Tecnogas e' esplosa ben prima della bolla finanziaria. "Lavoro alla catena di montaggio, assembliamo cucine e forni. Alla cadenza del lavoro fissata corrisponde un certo numero di elettrodomestici al giorno, variabile a seconda della complessita' e delle dimensioni del prodotto. Da tempo, pero', in Tecnogas si lavora poco o niente e le settimane di cassa integrazione diventano mesi. Lo sai che non ricordo da quanto tempo non ricevo una busta paga intera? Sono stata anche in cassa a zero ore, e lo sai che quando resti per un mese intero a casa arrivi a prendere solo 680 euro? Pensa che, prima di quest'ultima crisi, da noi potevamo guadagnare anche 1.400 euro, grazie al premio di risultato strappato con la lotta. Ora, dopo la richiesta di insolvenza e l'utilizzo della legge Marzano per la Antonio Merloni, e' tutto congelato dalla procedura: premio, trattamento di fine rapporto, ferie". La storia dell'Antonio Merloni e' stata piu' volte raccontata sul "Manifesto", con le parole dei delegati e delle delegate di Fabriano, in provincia di Ancona. Alla Tecnogas "i guai seri sono iniziati quattro anni fa, i primi responsabili sono i manager che con una pessima organizzazione del lavoro hanno penalizzato il gruppo. Ma le responsabilita' vanno cercate anche altrove, in tutte le direzioni. Nelle Marche crescevano gli esuberi, ma si sa, quella e' la terra in cui i Merloni sono padri padroni, e in piu' laggiu' la Fiom non ha la maggioranza come qui a Reggio. La crisi non e' mai stata affrontata con serieta', hanno sempre cercato di proteggere il territorio di riferimento e i figli. Cosi' si e' fatto male a tutti, e c'e' qualcosa che non va se il padrone decide di mettere 190 milioni di tasca sua, soldi buttati in un pozzo senza fondo". Khedidja e' stata eletta delegata dal voto di "operai e operaie immigrati, ma soprattutto dagli italiani perche' alla Tecnogas gli stranieri sono soltanto un centinaio su una forza di lavoro totale di 500 persone. Sono molto orgogliosa per questo e sono riconoscente al mio delegato storico che mi ha insegnato tutto, mi ha fatto crescere. Da noi la Fiom ha la maggioranza, del resto siamo a Reggio Emilia. Questo e' un territorio speciale, e la nostra e' una Cgil speciale. Da gennaio sono in distacco sindacale con la legge 300 dello Statuto dei lavoratori. Ebbene, io come tutti gli altri compagni sindacalisti o delegati in distacco giriamo fabbrica per fabbrica dal mattino alla sera, mica stiamo in sede dietro la scrivania a scaldare le sedie". E' soltanto da un mese che Khedidja ha lasciato la sua fabbrica e gia' "mi mancano i compagni, mi manca il lavoro. Ma non ho tempo per le nostalgie, passo i giorni in strada a difendere i lavoratori. Provo a portare ovunque l'esperienza che abbiamo costruito alla Tecnogas. A Roma a San Giovanni ho citato Vittorio Foa che diceva 'dobbiamo essere d'esempio' ma non ho avuto il tempo per spiegarmi: volevo dire che noi alla Tecnogas lo siamo stati d'esempio, perche' abbiamo costruito una rete forte basata sulla solidarieta', al di la' del genere e del colore della pelle. Noi abbiamo due strade davanti, o siamo protagonisti del nostro futuro, almeno ci proviamo, altrimenti fai lo struzzo, metti la testa sotto la sabbia e subisci tutto. E' questo che vado predicando, tra una trattativa e l'altra". Torniamo alla Tecnogas con la delegata algerina biturbo. Come si rapportano a te le operaie e gli operai italiani? "Con me non hanno problemi, si parla di tutto. Anche di stranieri, di 'clandestini', poi magari qualcuno mi dice imbarazzato: 'Scusa, avevamo dimenticato che anche tu sei straniera'. Si vede che io faccio dimenticare la mia nazionalita'. Io sono aperta al confronto, questa e' la mia forma d'integrazione dentro un sindacato che per me vuol dire innanzitutto rappresentanza, senza divisioni di sesso o nazione". Cos'e' che vi tiene uniti, alla Tecnogas, a Reggio? "I diritti che devono essere uguali per tutti. La dignita' del lavoro. La Costituzione italiana che sento anche mia e che oggi qualcuno vuole stracciare insieme al mio permesso di soggiorno. Il piu' piccolo dei miei figli e' nato in Italia, gli altri due sono arrivati qui che avevano rispettivamente uno e due anni. Parlano italiano, senza accenti", racconta Khedidja con una leggera inflessione emiliana. "E ora, signor Bossi, che dovrei fare? Tornare la' da dove sono venuta? Lo sai che ogni volta che ho bisogno di un documento di uno dei miei due figli nati fuori sono costretta a fare un viaggio per andarli a prendere? Con la carta di soggiorno potrei avere la cittadinanza italiana, ma ci vorrebbero almeno sei o sette anni". Khedidja e' molto preoccupata per la strada che ha imboccato il paese per il quale produce ricchezza, per certe leggi e certe parole di Bossi e dei suoi "che producono odio, e l'odio genera insicurezza e viceversa. Io chiamo all'amore, non all'odio: amo piu' l'Italia io o il signor Bossi? Amo questo paese, e sono contro chi lo vuole dividere". In fabbrica, nella Fiom, sei riconosciuta e apprezzata. Sei una figura positiva. Cosa ti succede quando varchi i cancelli ed entri nella societa'? "Io sono una specie di Cenerentola adottata da tutti, rispetto tutti e vengo rispettata. Si discute, alla fine ci si incontra. Oh, guarda che siamo a Reggio Emilia", insomma un posto un po' speciale. "Le mie passioni, i miei amori, i miei interessi sono in Italia, questo fa la differenza. Ai migranti dico: guardiamoci allo specchio, abbiamo i capelli bianchi, lavoriamo qui e non siamo piu' gente di passaggio. Siamo abitanti di questo paese, percio' dobbiamo partecipare, dobbiamo impegnarci". In politica? "Macche', nel sindacato, siamo lavoratori. Non algerini o italiani, lavoratori, e io rappresento i lavoratori. Poi sono impegnata nel coordinamento migranti che abbiamo costruito come Cgil e Fiom. E' nel sindacato il mio impegno, le chiacchiere servono a poco". Dunque, sara' perche' vivi nel Reggiano e la tua integrazione l'hai realizzata, resta il fatto che nella societa' non trovi muri insormontabili come immigrata. "Io no, e neanche i miei figli. Qualche volta, quando erano piu' piccoli mi dicevano che magari un loro compagno li aveva apostrofati: 'Negri!'. Io dicevo loro di non prendesela, 'sono degli stupidi, vedrai che con il passar del tempo capiranno'. Ora non ci sono piu' questi problemi, noi siamo un esempio di tolleranza, da queste parti". Pero' monta un clima pesante, in un'Italia che non assomiglia piu' di tanto a Reggio Emilia... "Certo, sono molto preoccupata. Innanzitutto per le conseguenze di questa crisi economica cosi' pesante. Atteggiamenti razzisti e leggi sbagliate rischiano di scatenare una guerra tra poveri, soprattutto quando non c'e' piu' lavoro per tutti: il nord contro il sud, i vecchi lavoratori contro i giovani, gli uomini contro le donne, gli italiani contro gli immigrati. Il governo Berlusconi sta giocando con il fuoco, sta generando una situazione pericolosa che a un certo punto non sara' piu' in grado di governare. Nessuno di noi puo' sentirsi al sicuro, percio' nessuno di noi deve chiamarsi fuori, o mettere la testa sotto la sabbia. Non saranno certo i militari o le leggi speciali a farci sentire piu' sicuri, tantomeno a risolvere i problemi provocati dalla crisi". Questa chiacchierata l'abbiamo fatta durante una pausa mensa, Khedidja ha ritagliato un po' del suo tempo tra un'assemblea e una trattativa nella pausa mensa. La sua pizza e' ancora sul tavolo, ormai si e' freddata ma questo non le ha tolto il buonumore. La determinazione, questa rappresentante dei lavoratori con un volto che sembra tratto da "La battaglia di Algeri" di Gillo Pontecorvo, di sicuro non rischia di perderla. Il tuo padrone alla Tecnogas sara' contento di essersi tolto di mezzo una delegata come te, la sfotto. "Si', sara' contento ma si sbaglia, perche' dovra' pur sempre trattare con il delegato storico, quello che mi ha insegnato il mestiere". 10. RASSEGNA STAMPA. GABRIELE ROMAGNOLI: AL CASILINO 900 [Dal quotidiano "La Repubblica" del 20 febbraio 2009 col titolo "Cosi' parla la citta' dei rom" e il sommario "Roma, nel campo del Casilino 900: siamo trattati come ad Auschwitz. Viaggio dentro il Casilino 900 di Roma, il piu' grande campo nomadi d'Europa, nei giorni in cui l'Italia e' scossa dalla paura dopo gli ultimi casi di stupro e dai raid punitivi contro i romeni. Ecco le storie di chi abita in queste baracche tra sogni e speranze, rabbia e illegalita': Noi non violentiamo, al massimo rubiamo per dare da mangiare ai figli. Qui nessuno stupra le donne Non siamo 'rumoni'. E loro sono in Europa... Il sindaco ci ha promesso un posto nuovo, ma non ha mai mantenuto un impegno] Ci sono i carabinieri alla porta, ghiaccio e fango per terra, fumi tossici nell'aria. I bambini giocano letteralmente con il fuoco, le donne imprecano, gli uomini (quelli rimasti) vagano. Le parole piu' pronunciate, esattamente come vengono pronunciate, sono "sgombero", "spulzione", "Rumonia" e "cittadino". Cittadini del limbo. Non piu' jugoslavi, mai italiani. Zingari che non vogliono piu' essere nomadi. Bloccati dalla storia personale e del continente in questo lembo di Roma che fa vergognare l'Europa, Casilino 900, il ghetto a cielo aperto di seicento rom. Confinante con l'esasperazione di chi li vuole cacciare perche' rubano, con la rabbia di chi li vuole punire perche' stuprano e se non sono loro ma quegli altri non fa differenza, con il cinismo di un'amministrazione comunale che sta cercando di prenderli per fame. E freddo. E buio. Coabitano da troppi anni con le proprie divisioni etniche, non meno razziste di quelle che li isolano. Con gli alibi per le proprie colpe. E con l'improbabile attesa di qualcosa che non solo la logica, perfino la fede esclude possa arrivare. Questa terra non sara' mai la loro terra. Pero' ci vivono sopra, assediati. In una mattina di sole in cui il solo uomo al lavoro sembra essere uno spaccalegna rumeno entro ad ascoltare le loro voci. Le riporto cosi' come le ho sentite, i dialoghi per quelli che sono realmente stati. La prima a venirmi incontro e' una donna, madre di quattro figli che giocano alle sue spalle con ferri taglienti, scalzi mentre la temperatura balla intorno allo zero. Dice: "Basta voi venire qui scrivere che noi ladri, mangia cani. Anche stamattina venuti carabinieri, alle sei. Buttato giu' porta con piedata. Quando noi sappiamo, noi scappiamo nei cespugli. Portano via uomini, trattati come maiali. Portano a Ponte Galeria. Cosa vogliono? Non conoscono? Io venuta qui da Bosnia diciassette anni fa, per guerra, no madre, no padre, solo nonna. Trovato uomo qui, fatto figli. Adesso se malati non posso portare dottore. Paura. Paura di spulzione. Spulzione per tutti. Se prendono mio marito: spulzione. In Francia non e' cosi'. In Germania non e' cosi'". Perche' non siete andati la'? Perche' non ci andate adesso? "Noi qui, figli nati qui". Che cosa avete paura di perdere? Quella e' una baracca di legno, il gabinetto e' un cilindro di plastica in mezzo ai rifiuti, puo' andare peggio di cosi'? "Dove sono nata, neppure baracca, non avrei niente la'". Si', ma in Francia, in Germania? Perche' non montate sul furgone e andate la', dove avreste diritti e condizioni migliori? "Non parliamo lingua, non conosciamo, noi qui". Non siete zingari, non siete nomadi? Alza le spalle. Un uomo anziano, appoggiato a un bastone e al cofano di un camioncino bianco strepita la parola: "Auschwitz!". Mi avvicino. Dice: "Qui ci trattano come Auschwitz, e noi zingari gia' dato. Alemanno come Hitler". Questo non e' vero e lo sai. "Io dico quel che penso. Sono qui da piu' di trent'anni, guarda mio camion, ci raccolgo ferro, e' mio da diciassette anni, questa e' patente, questo e' timbro di quando pago in Montenegro, io vengo da Montenegro. E tutte le volte la polizia mi ferma e mi dice: l'hai rubato. Io non rubo". Qualcun altro lo fa, qualcuno che abita qui, intendo. "Si'. E allora? Qui nessuno uccide. Qui nessuno stupra. Non come rumoni, e loro in Europa, pure. Se qualcuno qui lo fa, noi lo diamo a polizia. O lo uccidiamo noi. Ma ruba? Ruba autoradio? Se tu hai otto figli e non ti lasciano fare lavoro e devi dare da mangiare tu che fai? Se tu rubi per questo, io ti condanno?". E se tu sei quello che aveva l'autoradio? "Bambini piu' importante. Dateci lavoro e nessuno ruba autoradio. Ma dice: lavoro non c'e' per italiani. E dice: zingari non lavorare. Noi lavoriamo ferro, lavoriamo rame. Io ho famiglia: figli e figli di figli e parenti e figli di parenti. Totale: centocinquanta. Un nuovo bambino al mese. Nasce e non e' cittadino di niente, non ha documenti di niente. Che puo' fare? Ma bisogna dargli da mangiare. Come lavorare? Dove?". Vado dall'unico uomo che ha la risposta, uno che spacca la legna nello spiazzo davanti alle baracche meglio tenute del campo. Ha capelli e occhi chiari, e' rumeno. Finora mi hanno sempre parlato male di voi rumeni, detto che voi siete i veri criminali, che cosa ci fai qui? "Io lavoro. Faccio quel che mi chiedono. Mi danno una birra, un panino e trentacinque euro al giorno. Che ora e'?". Le undici. "Quando arrivano le cinque?". Dove vai quando smetti? "Casa. Vivo con un amico. Niente campo per me. Tu dici che danno colpa a rumeni. Io ti dico: sai di chi e' la colpa se rumeni stuprano? Di Berlusconi". Questa non verrebbe neppure a Sabina Guzzanti, se sai chi e'. "No, ti spiego. In Romania, se tu rubi gallina, carcere tre anni. Anche quattro. Qui se stupri, dopo un mese sei fuori. Legge sbagliata, fai legge dura, Berlusconi, e vedrai". Quanto danno in Romania a uno stupratore? "Sette anni". Tre, anche quattro, a un rubagalline e sette a uno stupratore? Fai legge giusta, non solo dura. O no? "Non so, io spacco legna, mangio panino, bevo birra, vado casa. No violenze, niente problemi". Il ragazzo si e' avvicinato con l'aria curiosa, ha diciassette anni e una tuta rossa. I suoi amici, dietro una berlina nera, urlavano: "Via da qui!", lui si avvicina uscendo dalla costruzione piu' accettabile: c'e' un porticato, una specie di aiuola, la parabola del satellite. "L'ha montata mio padre, lui e' un tecnico. Vediamo tutto: Sky, il digitale terrestre, la tv in chiaro". Siete la prima classe di questo scalcinato treno. "Noi siamo diversi, non siamo come quelli la', i montenegrini. Noi siamo kossovari, e macedoni: diversi". I bosniaci sono migliori dei rumeni, i montenegrini dei bosniaci, i kossovari e macedoni dei montenegrini. Volete essere uguali a quelli che vi discriminano e discriminate. Chiamate razzisti chi vi esclude e distinguete in nome della razza. E' logico? "E' cosi'. La gente e' diversa". Tu vieni trattato da diverso? "Qualche volta, non sempre. C'ho la ragazza, fuori da qui. Lei e' italiana. I genitori nun dicono niente per questo". La porti qui? "No, vado fuori io. Nun c'e' problema. Dicono che mettono controlli agli ingressi: blocco alle dieci. Io torno alle tre di notte, anche in macchina. Si passa dalli sfasci, vedi?". Gli sfasci? "Gli sfasciacarrozze. Ce n'e' tutt'intorno al campo. La gente perbene gli porta le macchine da tajare. Sai che cosa vuol dire, no? Denunciano furto, prendono assicurazione e lo sfascio le fa a pezzettini. Poi dicono: saranno stati gli zingari, qui e' pieno, quei ladri. E assicurazioni dicono: era parcheggiata vicino a Casilino 900, rubata sicuro. E pagano". Quanto pensi di restare qui? "Meno di niente, per me. Appena posso me la do a gambe". Perche' non ora? "Dovresti chiederlo a mio padre". E' quel che faccio. Il padre e' il piu' articolato di tutti quanti. Ha una baracca decente, dove e' entrato pure il sindaco Alemanno: salottino, due camere da letto, bagno con servizi in ceramica. Dice di averci investito 12.000 euro. Ne valeva la pena? "Io non volevo venire qui. L'avessi saputo sarei rimasto a fare la guerra, piuttosto. Dovevo andare in Belgio, mi son fermato qui perche' c'era mio fratello, lui mi ha chiesto di aiutarlo, sono rimasto. Sapevo fare un lavoro e mi sono messo a farlo: ristrutturavo. Con un amico abbiamo fatto societa', ma e' andata male". Non trovavate clienti? "Si', ma non pagavano. C'e' ancora chi mi deve tremila euro, chi settemila. Quello dei settemila lo vedo sempre, lui ha una Mercedes 5000 e io quattro figli, e mi deve settemila euro. Ma e' italiano, sorride, dice: te li daro'. Se io gli spacco con la mazza quelle scale di marmo che gli ho fatto lui mi denuncia e io vado in galera. Ho chiesto all'avvocato: niente posso fare". E allora di che cosa vivi? "Faccio lo stesso lavoro, ma in nero. In nero mi pagano. Dev'essere perche' se denuncio poi ci vanno di mezzo pure loro che fanno contratti in nero". Tuo figlio vorrebbe andarsene da qui. Tu no? "Ho comprato terra in Kossovo, anno prossimo, se ho abbastanza soldi...". Quanti? "Trentamila euro". Un anziano col bastone mi ha detto che se gli danno cinquantamila euro al confine, lo passa. "A me ne bastano meno, mi basta arrivare a trenta, ma lavorando, non li voglio gratis, allora torno a casa. Ammenoche'...". Ammenoche'? "Io vado agli incontri col sindaco e l'assessore Sveva Belviso, vedi ho nel portafoglio anche il suo biglietto da visita, di Sveva Belviso. Loro hanno promesso che faranno campo come da regole europee. Io gli ho detto che per la mia comunita' va bene anche fuori dal raccordo, va bene anche un condominio, ho centocinquanta kossovari e macedoni, garantisco io per tutti". Per gli altri no? "No, solo per i miei. Gli altri sono diversi. Se lo fanno, come hanno promesso, resto". Finora quante promesse hanno mantenuto? "Nessuna. Avevano promesso la luce, il posto alla nettezza urbana per trentasei di noi, gli ho anche dato i nomi, sono li' che aspettano, non so, forse mi stanno usando, ci stanno usando, forse non diventero' mai cittadino, forse vogliono solo che vada via, che andiamo tutti via". Sua moglie ha preparato il caffe'. Io ho bevuto il mio. Il suo e' rimasto intatto, freddo e amaro. 11. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA GUERRA COSTA, L'ITALIA PAGA [Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 19 febbraio 2009 col titolo "Larghe intese sulla guerra" e il sommario "Il Parlamento approva in blocco il rinnovo della missione afgana"] Il Parlamento ha approvato senza obiezioni e con voto plebiscitario un aumento di spesa del 38% nei finanziamenti alla guerra in Afghanistan. * 40 milioni al mese Mercoledi' sera il Senato ha approvato all'unanimita' il decreto legge (n. 209 del 30 dicembre 2008) che rifinanzia tutte le missioni militari italiane all'estero. La Camera dei Deputati l'aveva approvato lo scorso 21 gennaio con due soli voti contrari e quattro astenuti. Per la partecipazione italiana alla missione Nato in Afghanistan (Isaf) sono stati stanziati oltre 242 milioni di euro per i prossimi sei mesi, ovvero circa 40 milioni al mese - nel 2008 la missione era costata 29 milioni al mese. * 2.500 para' della Folgore L'incremento dei costi e' dovuto al consistente aumento di truppe e mezzi mandati al fronte dal governo su richiesta degli Stati Uniti - senza contare l'invio di rinforzi temporanei per le elezioni presidenziali di agosto. Nei prossimi mesi, con l'arrivo di 2.500 paracadutisti della "Folgore" (in sostituzione degli alpini della "Julia") e di altri elicotteri da guerra (con relativi equipaggi), il contingente italiano superera' quota 3.000. I costi saliranno ulteriormente quando diventera' effettiva la gia' annunciata rimozione delle ultime limitazioni che impedisce ai nostri soldati di condurre operazioni offensive e ai nostri Tornado di sganciare bombe. * "Le Ong se ne vadano" L'approccio militarista della nuova politica italiana in Afghanistan risulta evidente anche dall'invito informale che ieri la Farnesina ha rivolto alle Ong italiane che lavorano in Afghanistan con la Cooperazione Italiana (Cesvi, Gvc e Intersos), suggerendo loro di ritirare dal Paese tutto il personale italiano per motivi di sicurezza. Invito che le Ong hanno gia' rimandato al mittente, chiedendo che il governo metta al centro della sua strategia "la risposta ai bisogni e alle aspettative degli afgani", perche' puntando tutto sulla forza militare "non saranno solo i talebani a cacciare gli stranieri, ma tutto il popolo afgano", come ha dichiarato Nino Sergi, segretario generale di Intersos. * "Italia protagonista" "L'invito alle Ong italiane a lasciare il Paese ci sgomenta", si legge sul sito dell'associazione Afgana.org. "Questo sembra essere l'epilogo di una strategia di emarginazione costante e mirata di ogni presenza civile, dopo il maldestro tentativo di cancellare dal decreto missioni, che rifinanzia la presenza militare all'estero, anche i pochi denari riservati ad attivita' civili di riconciliazione e costruzione della pace". Ma il governo italiano si preoccupa solo di far bella figura con gli Usa e gli alleati europei: l'invio di rinforzi, ha detto Frattini, "e' il segnale di un impegno da protagonista che l'Italia sente come un dovere morale nei confronti della comunita' internazionale". 12. RIFLESSIONE. LA GUERRA TERRORISTA E STRAGISTA CUI L'ITALIA PARTECIPA IN VIOLAZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE Quella afgana e' una guerra terrorista e stragista cui l'Italia partecipa in violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. Cosa si aspetta a tornare nell'alveo della legalita', della civilta', dell'umanita'? Cosa si aspetta ad impegnarsi per la cessazione della guerra e per la costruzione della pace, della democrazia, della civile convivenza, dell'affermazione dei diritti umani per tutti gli esseri umani? Cosa si aspetta ad impegnarsi per salvare le vite invece di distruggerle? 13. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 738 del 21 febbraio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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