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Voci e volti della nonviolenza. 294
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 294
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 28 Jan 2009 09:29:02 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 294 del 28 gennaio 2009 In questo numero: 1. Mao Valpiana: La Giornata della memoria a Trento 2. Alcuni estratti da "La Germania nazista e gli ebrei" di Saul Friedlaender (parte seconda e conclusiva) 3. Susanna Nirenstein presenta "Le origini della Soluzione finale" di Christopher R. Browning 4. Frediano Sessi presenta "Le origini della Soluzione finale" di Christopher R. Browning 5. Peppe Sini: Con tristezza e sdegno 1. INCONTRI: MAO VALPIANA: LA GIORNATA DELLA MEMORIA A TRENTO [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento] Il 27 gennaio ho tenuto un incontro, su invito degli studenti, al liceo classico "Prati" di Trento. Per celebrare la Giornata della Memoria ho presentato loro il caso della resistenza nonviolenta all'occupazione nazista in Danimarca, dal 1940 al 1945. Dopo una breve introduzione, abbiamo visto insieme il video "Una forza piu' potente" sulla Danimarca. Per i lavori di gruppo e la discussione collettiva, ci siamo basati sulla scheda tratta dall'opuscolo "Un secolo fa, il futuro". Cio' che piu' ha colpito gli studenti e' stato scoprire che alla fine della straordinaria resistenza nonviolenta del popolo danese, dei 7.695 ebrei presenti nel paese, ben 7.220 riuscirono a sottrarsi alla cattura e a mettersi in salvo; solo 475 furono arrestati. L'obiettivo nazista della "soluzione finale" per gli ebrei, in Danimarca falli' clamorosamente. Hannah Arendt, a proposito di queste vicende, scrisse: "Su questa storia si dovrebbero tenere lezioni obbligatorie in tutte le universita' ove vi sia una facolta' di scienze politiche, per dare un'idea della potenza enorme della nonviolenza e della resistenza passiva, anche se l'avversario e' violento e dispone di mezzi infinitamente superiori". E' stata una mattinata molto intensa, partecipata. I ragazzi si sono dimostrati attenti e curiosi. Il dibattito si e' sviluppato sui fondamenti della nonviolenza, sulla sua attualita', sulla sua efficacia. In mezzo a tanto pessimismo, una mattinata confortante. * Materiale richiedibile presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, e-mail: azionenonvilenta at sis.it: "Una forza piu' potente", dvd, 172 minuti, 10 euro; "Un secolo fa, il futuro", Quaderno di Azione nonviolenta n. 18, 2 euro. 2. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LA GERMANIA NAZISTA E GLI EBREI" DI SAUL FRIEDLAENDER (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Saul Friedlaender, La Germania nazista e gli ebrei. Volume I: Gli anni della persecuzione, 1933-1939, Garzanti, Milano 1998, 2004 (ed. originale: Nazi Germany and the Jews. Volume I The Years of Persecutions, 1933-1939, 1997)] Da pagina 65 Ai primi di aprile del 1933 l'Associazione degli studenti nazionalsocialisti creo' una sezione stampa e propaganda. La sua prima iniziativa, decisa l'8 aprile, sarebbe stata "la pubblica messa al rogo delle deleterie opere ebraiche" da parte degli studenti universitari in risposta allo "sfrontato incitamento" dell'ebraismo mondiale contro la Germania. Dal 12 aprile al 10 maggio avrebbe avuto luogo una campagna "d'informazione"; il rogo avrebbe avuto luogo nei campus universitari alle ore diciotto dell'ultimo giorno di tale campagna. Le tristemente note dodici tesi preparate dagli studenti per essere ritualisticamente declamate durante il rogo non erano dirette esclusivamente contro gli ebrei e lo "spirito ebraico": tra gli altri obiettivi figuravano il marxismo, il pacifismo e l'"eccessiva enfasi posta sulla vita istintiva" (vale a dire la "scuola freudiana e la sua rivista 'Imago'"). Si tratto' di una ribellione dei tedeschi contro lo "spirito non-tedesco". L'essenza della manifestazione, tuttavia, resto' essenzialmente antiebraica. Agli occhi degli organizzatori essa avrebbe dovuto ampliare l'azione antiebraica dal settore economico (il boicottaggio del primo aprile) all'intero campo della cultura tedesca. Il 13 aprile le tesi vennero affisse sui muri e le bacheche di tutte le universita' tedesche. La tesi 7 recitava: "Quando l'ebreo scrive in tedesco, mente. A partire da oggi dovrebbe essere costretto a indicare sui libri che desidera pubblicare in tedesco: 'tradotto dall'ebraico'". La sera del 10 maggio rituali esorcistici ebbero luogo in gran parte delle citta' universitarie della Germania. Oltre ventimila libri vennero bruciati a Berlino, e dai due ai tremila in ogni altra grande citta' tedesca. A Berlino fu acceso un enorme falo' dinanzi al Teatro dell'Opera Kroll, e Goebbels fu uno degli oratori. Nella capitale come in altre citta', al termine dei discorsi la folla di partecipanti prese a intonare slogan contro gli autori messi al bando via via che le pile di libri malefici (di Karl Marx, Ferdinand Lassalle, Sigmund Freud, Maximilian Harden e Kurt Tucholsky tra gli altri) venivano lanciate una dopo l'altra nelle fiamme. "I grandi riflettori puntati sulla Piazza dell'Opera", scrisse il "Juedische Rundschau", "spandevano la loro luce anche sull'abisso in cui sprofondavano la nostra esistenza e il nostro destino. Non sono stati accusati solo ebrei, ma anche uomini di puro sangue tedesco. Questi ultimi vengono giudicati esclusivamente per le loro azioni. Per gli ebrei, invece, non c'e' bisogno di nessun motivo specifico; come recita l'antico detto: 'l'ebreo finira' bruciato'". * Da pagina 121 Il nuovo ghetto "Cella 6; alta circa cinque metri, una finestra di circa 40 x 70 cm a una altezza di quattro metri, come in un sotterraneo... Un tavolaccio di legno con un materasso di paglia e due coperte, un secchio di legno, una brocca, un bacile, sapone, un asciugamano, niente specchio, ne' spazzolino, ne' pettine, niente tavolo, nessun libro dal 12 gennaio 1935 fino alla mia partenza il 18 settembre; niente giornali dal 12 gennaio al 17 agosto; niente bagno ne' doccia dal 12 gennaio al 10 agosto; mai uscito di cella, salvo che per gli interrogatori, dal 12 gennaio al primo luglio. Detenzione in una cella buia dal 16 aprile al primo maggio, poi dal 15 maggio al 27 agosto, per un totale di 119 giorni". Chi scrive e' il commerciante di vini Leopold Obermayer che racconta il primo dei suoi internamenti a Dachau in un memoriale di diciassette pagine datato 10 ottobre 1935, che riusci' a far pervenire clandestinamente al suo avvocato. Il memoriale fu sequestrato dalla Gestapo e trovato dopo la guerra nei loro schedari di Wuerzburg. Obermayer aveva un dottorato in legge (ottenuto all'universita' di Francoforte), era ebreo praticante e cittadino svizzero. Il 29 ottobre 1934 si era lamentato con la polizia di Wuerzburg perche' la sua posta veniva aperta. Due giorni dopo, convocato in centrale per riferire, fu arrestato. Da allora in poi egli divenne un caso speciale per il capo della Gestapo locale, Josef Gerum, un nazista della prima ora con una pessima fama perfino tra i suoi colleghi. Gerum accuso' Obermayer di diffondere critiche al nuovo regime. * Da pagina 183 Crociate e schedari All'inizio del 1937, nel corso di una riunione sui rapporti con la chiesa, Hitler dette nuovamente sfogo alla propria visione storica del mondo: "Il Fuehrer", annoto' Goebbels nel suo diario, "spiega il Cristianesimo e Cristo. Anche lui [Cristo] intese agire contro la dominazione ebraica del mondo. Gli ebrei lo crocifissero. Ma Paolo falsifico' la sua dottrina e incancreni' le radici di Roma antica. L'ebreo nel cristianesimo. La stessa cosa fece Marx con lo spirito della comunita' tedesca, con il socialismo". Il 30 novembre dello stesso anno, le annotazioni contenute nel diario di Goebbels suonavano molto piu' sinistre: "Lunga discussione [con Hitler] sulla questione degli ebrei... Gli ebrei devono sloggiare dalla Germania, anzi da tutta l'Europa. Ci vorra' ancora del tempo, ma deve accadere, e accadra'. Su questo il Fuehrer e' assolutamente determinato". Al pari della sua dichiarazione del settembre 1935 a Walter Gross, la profezia di Hitler del 1937 implicava una possibile deflagrazione militare. Essa, infatti, avrebbe potuto avverarsi soltanto in un contesto bellico. Il 7 marzo 1936 la Wehrmacht era entrata in Renania, segnando in tal modo una nuova fase della storia europea, una fase caratterizzata da una reiterata serie di violazioni di trattati di pace e di aggressioni da parte tedesca e che, tre anni dopo, sarebbe sfociata in una nuova conflagrazione. La smilitarizzazione della riva sinistra del Reno era stata garantita dai Trattati di Versailles e di Locarno. I garanti dello status quo erano Gran Bretagna e Italia, mentre la Francia era il paese piu' direttamente minacciato dall'iniziativa tedesca. L'Italia, tuttavia, si schiero' ora al fianco della Germania, conseguenza del tentativo delle nazioni democratiche di imporre sanzioni al governo italiano per la guerra in Abissinia. In linea teorica, tuttavia, la Francia continuava ad avere il piu' forte esercito d'Europa. Sappiamo oggi che una reazione militare francese avrebbe costretto le unita' tedesche a ritirarsi al di la' del Reno, un rovescio dalle conseguenze imprevedibili per il regime di Hitler. Pur minacciando l'intervento, tuttavia, il governo francese, guidato dal primo ministro socialista radicale Albert Sarrault, non fece nulla. I britannici, dal canto loro, si astennero finanche dal ricorrere alle minacce: in fin dei conti Hitler si stava semplicemente riprendendo il proprio "cortile di casa", come si era soliti dire. La politica di appaesement di Francia e Gran Bretagna andava ormai prendendo il sopravvento. In Francia, le elezioni del 1936 portarono al potere il Fronte popolare di centrosinistra, e per un ampio segmento della societa' francese la minaccia della rivoluzione e dell'ascesa al potere dei comunisti divenne un incubo e un'ossessione. Pochi mesi prima, l'elettorato spagnolo aveva portato al potere un governo di sinistra. Fu questa, tuttavia, una vittoria quanto mai effimera: nel luglio del 1936 le unita' dell'esercito spagnolo di stanza in Africa, guidate dal generale Francisco Franco, si ribellarono al nuovo governo repubblicano e rientrarono in Spagna. Iniziava cosi' la guerra civile spagnola, un conflitto destinato ben presto a diventare una lotta fratricida tra due ideali politici, entrambi sostenuti da un massiccio afflusso di armi, di contingenti di eserciti stranieri e di volontari. Tra l'estate del 1936 e la primavera del 1939 i due opposti versanti del fronte spagnolo costituirono i taciti ed espliciti punti di riferimento per lo scontro ideologico in atto a quell'epoca. Sulla scena internazionale, il patto anti-Comintern siglato da Germania e Giappone il 25 novembre 1936 e al quale si aggiunse l'Italia un anno dopo, divenne, quantomeno a livello simbolico, espressione della lotta che si sarebbe presto scatenata tra i regimi anticomunisti e il bolscevismo. Nei paesi dell'Europa centrorientale (con l'eccezione della Cecoslovacchia) e dei Balcani, erano giunti al potere governi di destra. La loro caratterizzazione ideologica comprendeva tre postulati di base: autoritarismo, nazionalismo e anticomunismo. Dalle rive dell'Atlantico ai confini sovietici, essi avevano anche un altro elemento comune: l'antisemitismo. Per la destra europea, antisemitismo e antibolscevismo erano spesso sinonimi. L'anno 1936 segna anche nettamente l'inizio di una nuova fase nella scena politica interna tedesca. Durante il periodo precedente (1933-'36) la necessita' di stabilizzare il regime, scongiurare azioni preventive straniere e sostenere la crescita economica e il ritorno alla piena occupazione avevano imposto in alcuni campi una relativa moderazione. Nel 1936 era stata raggiunta la piena occupazione, e la debolezza del fronte antitedesco appariva ormai evidente. Divenne dunque possibile avviare un'ulteriore radicalizzazione politica e la mobilitazione delle risorse interne: Himmler fu nominato capo di tutte le forze di polizia tedesche e Goering responsabile di un nuovo piano economico quadriennale il cui obiettivo segreto era preparare il paese alla guerra. * Da pagina 244 Il 5 novembre 1937, Hitler convoco' un folto gruppo di esperti di affari esteri, militari ed economici per informarli dei suoi piani strategici per i successivi cinque anni. Nell'immediato futuro Hitler prevedeva di agire contro la Cecoslovacchia e l'Austria (nell'ordine), alla luce dell'evidente mancanza di determinazione delle democrazie occidentali. In realta', tocco' prima all'Austria, grazie ad un'imprevista serie di circostanze abilmente sfruttate da Hitler. Nel trattato austro-tedesco del 1936, il cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg aveva promesso di includere alcuni ministri nazisti nel suo gabinetto. Poiche', secondo i nazisti, Schuschnigg non provvedeva con la dovuta decisione e rapidita' a soddisfare le loro richieste, nel febbraio 1938 Hitler lo convoco' a Berchtesgaden. Sotto minaccia di un intervento militare, Schuschnigg accetto' le richieste del dittatore tedesco. Tornato a Vienna, tuttavia, tento' di superare Hitler in astuzia annunciando un referendum plebiscitario sull'indipendenza austriaca. Hitler rispose minacciando l'invasione immediata dell'Austria in caso di mancato annullamento del referendum. Le ulteriori richieste di Berlino - comprese le dimissioni di Schuschnigg e la sua sostituzione con un nazista austriaco, Arthur Seyss-Inquart furono tutte accettate. Ma ormai Hitler aveva deciso: il 12 marzo 1938 la Wehrmacht attraverso' i confini austriaci, e il giorno successivo l'Austria fu annessa al Reich. Il 15 marzo Hitler parlo' dalla balconata dell'Hofburg a centinaia di migliaia di viennesi entusiasti riunitisi all'Heldenplatz. Le sue parole conclusive furono incomparabili: "In qualita' di Fuehrer e cancelliere della nazione tedesca e del Reich, annuncio alla storia che la mia madrepatria e' entrata a far parte del Reich tedesco". Il 16 marzo, in procinto di essere arrestato dalla Gestapo, il drammaturgo e storico della cultura ebreo Egon Friedell si suicido' gettandosi dalla finestra del suo appartamento viennese. Cinque ebrei si suicidarono a Vienna nel gennaio 1938, e quattro a febbraio. Nella seconda meta' di marzo, si tolsero la vita settantanove ebrei viennesi. * Da pagina 247 Un modello austriaco? Il 4 giugno 1938, l'ottantaduenne Sigmund Freud ebbe il permesso di lasciare Vienna, dove viveva dall'eta' di quattro anni. Il suo appartamento era stato perquisito due volte dalla Gestapo, e sua figlia Anna era stata convocata per essere interrogata. Alla fine, dopo aver confiscato parte dei suoi beni e imposto la tassa di emigrazione, i nazisti gli ingiunsero di firmare una dichiarazione attestante che non aveva subito maltrattamenti. Freud obbedi' e aggiunse: "Posso caldamente raccomandare la Gestapo a chiunque". Gli uomini della Gestapo erano troppo ottusi per capire finanche un sarcasmo cosi' pesante, ma il rischio corso con un simile commento fu notevole, tanto da chiedersi "se non ci fosse qualcosa in Freud che lo spingeva a rimanere, e a morire, a Vienna". In seguito all'Anschluss, altri 190.000 ebrei erano caduti nelle mani dei nazisti. La persecuzione in Austria, e particolarmente a Vienna, fu piu' accentuata che nel Reich. L'umiliazione pubblica fu piu' flagrante e sadica; l'espropriazione meglio organizzata; l'emigrazione coatta piu' rapida. Gli austriaci - il loro paese fu ribattezzato Ostmark e posto sotto l'autorita' del Gauleiter Josef Buerckel, che assunse il titolo di Commissario del Reich per la riunificazione dell'Austria al Reich - sembravano piu' avidi di iniziative antiebraiche rispetto ai cittadini di quello che ora era diventato il Vecchio Reich (Altreich). La violenza era scoppiata gia' prima che la Wehrmacht attraversasse il confine, e nonostante gli sforzi ufficiali per contenerne gli aspetti piu' caotici ed esagitati, duro' diverse settimane. Il popolino mostrava di gradire gli spettacoli di pubblica umiliazione; innumerevoli delinquenti di tutti i ceti sociali, in uniforme di partito o semplicemente esibendo improvvisate fasce con la svastica, perpetravano minacce ed estorsioni su vasta scala: soldi, gioielli, mobili, macchine, appartamenti e aziende vennero depredati ai loro atterriti proprietari ebrei. * Da pagina 275 L'assalto Alle otto di mattina del 10 novembre 1938, l'agricoltore e capo delle SA di Eberstadt, Adolf Heinrich Frey, accompagnato da un manipolo di scagnozzi, busso' alla porta di casa dell'ottantunenne vedova ebrea Susannah Stern. Secondo la versione di Frey, la vedova Stern ci mise un bel po' prima di aprire, e quando lo vide sorrise "provocatoriamente" e disse: "Che visita importante, stamane". Frey le ordino' di vestirsi e di seguirli. La donna si sedette sul divano e dichiaro' che non si sarebbe vestita e non avrebbe lasciato la casa; che le facessero pure quello che volevano. Frey riferi' che la stessa scena si ripete' per cinque o sei volte e allorche' la donna ripete' ancora una volta che potevano fare cio' che volevano, Frey impugno' la pistola e le sparo' al petto. "Al primo colpo, la Stern crollo' sul divano. Era riversa all'indietro, con le mani sul petto. Sparai immediatamente una seconda volta, questa volta mirando alla testa. La Stern cadde dal divano e si giro'. Giaceva vicino al divano con la testa rivolta a sinistra, in direzione della finestra. Dava ancora segni di vita. Ogni tanto emetteva un rantolo, poi smetteva. Non grido', ne' disse una parola. Il mio compagno C. D. le giro' la testa per vedere dov'era stata colpita. Gli dissi che non c'era motivo di restare; cio' che dovevamo fare era serrare la porta e buttare le chiavi. Ma per essere sicuro che la Stern fosse morta le sparai in piena fronte da una distanza di circa dieci centimetri. Quindi, chiudemmo la porta di casa, dopodiche' chiamai il Kreisleiter Ullmer dall'ufficio telefonico pubblico di Elberstadt e riferii l'accaduto". Il procedimento contro Frey fu archiviato il 10 ottobre 1940 su decisione del Ministero della Giustizia. * Da pagina 290 Il 15 novembre tutti i bambini ebrei ancora presenti nelle scuole tedesche furono espulsi. Quello stesso giorno, in una lettera indirizzata a tutte le organizzazioni di Stato e di partito, il segretario di Stato Zschintsch spiego' la decisione del ministro dell'Educazione: "Dopo l'efferato omicidio di Parigi non si puo' chiedere agli insegnanti tedeschi di continuare a insegnare a studenti ebrei. E' anche evidente come sia insopportabile per gli scolari tedeschi sedere nella stessa classe con bambini ebrei. La separazione razziale nelle scuole e' gia' stata realizzata in generale nel corso degli ultimi anni, ma resta ancora nelle scuole tedesche un certo numero di bambini ebrei, la cui frequentazione a stretto contatto di gomito con bambini e bambine tedesche non puo' piu' essere consentita... Ordino pertanto con decorrenza immediata che la frequentazione delle scuole tedesche non sia piu' permessa a bambini ebrei, i quali possono frequentare esclusivamente scuole ebraiche. Nella misura in cui cio' non si e' ancora verificato, tutti gli scolari ebrei che attualmente frequentano una scuola tedesca devono essere immediatamente espulsi". Il 19 novembre gli ebrei furono esclusi dal sistema nazionale di previdenza sociale. Il 28 novembre il ministro degli Interni informo' i presidenti di tutti gli stati federali che alcune aree potevano essere proibite agli ebrei e che il loro diritto di accesso a luoghi pubblici poteva anch'esso essere limitato a poche ore al giorno. Non ci volle molto perche' la polizia di Berlino muovesse nuovi passi. Il 6 dicembre gli ebrei della citta' vennero banditi da tutti i teatri, cinema, cabaret, sale per concerti e conferenze, musei, fiere, esibizioni e impianti sportivi (incluse le piste di pattinaggio sul ghiaccio), nonche' da tutte le piscine pubbliche e private. Gli ebrei vennero inoltre esclusi dai quartieri in cui si trovavano la gran parte degli uffici governativi e i piu' importanti monumenti e istituzioni culturali: "la Wilhelmstrasse dalla Peipzigerstrasse all'Unter den Linden, compresi la Wilhelmsplatz, la Vosstrasse dall'Hermann Goering-Strasse alla Wilhelmstrasse, il Monumento commemorativo del Reich compreso il marciapiede settentrionale dell'Unter den Linden dall'Universita' all'Arsenale". L'annuncio indicava che nel prossimo futuro la messa al bando degli ebrei sarebbe stata probabilmente applicata a "un gran numero di strade di Berlino". Il 3 dicembre, su ordine di Himmler, agli ebrei venne ritirata la patente di guida. L'8 dicembre fu revocata l'autorizzazione speciale per l'accesso alle biblioteche universitarie a tutti gli studiosi ebrei che ne erano in possesso. Il 20 dicembre gli ebrei non poterono piu' fare apprendistato come farmacisti e il giorno dopo le donne ebree non poterono piu' esercitare la professione di ostetriche. Il 28, oltre ad ulteriori misure di segregazione (quel giorno fu loro proibito l'accesso ai vagoni ristorante o ai vagoni letto sui treni, nonche' alle piscine e agli alberghi pubblici solitamente frequentati da membri di partito), apparvero le prime indicazioni di una possibile concentrazione fisica degli ebrei (di cui discuteremo in seguito). Il 29 novembre il ministro degli Interni proibi' agli ebrei il possesso di piccioni viaggiatori. * Da pagina 335 La crisi polacca ando' dispiegandosi per tutta la primavera e l'estate del 1939. Questa volta, tuttavia, le richieste tedesche incontrarono il netto rifiuto dei polacchi nonche', dopo l'occupazione della Boemia e Moravia, la ferma presa di posizione della Gran Bretagna. Il 17 marzo, a Birmingham, Chamberlain promise pubblicamente che il suo governo non avrebbe consentito ulteriori conquiste da parte della Germania. Il 31 marzo la Gran Bretagna si erse a garante dei confini polacchi nonche' di quelli di tutta una serie di paesi esteuropei. L'11 aprile Hitler ordino' alla Wehrmacht di prepararsi per l'"Operazione Bianco", il nome in codice per l'attacco alla Polonia. Il 22 maggio, Germania e Italia firmarono un trattato di difesa, il Patto d'acciaio. Contemporaneamente, mentre Francia e Gran Bretagna portavano avanti esitanti e vaghi negoziati con l'Unione Sovietica, con una sorprendente mossa politica anche Hitler avvio' dei negoziati con Stalin. Il dittatore sovietico aveva sottilmente indicato la sua propensione a un accordo con la Germania nazista in un discorso pronunciato ai primi di marzo, subito seguito da un atto simbolico: la destituzione (2 maggio) del ministro degli Esteri Maxim Litvinov e la sua sostituzione con Vjaceslav Molotov. Litvinov era stato l'apostolo della sicurezza collettiva, vale a dire di un fronte comune contro il nazismo. In piu', era ebreo. Il patto di non aggressione sovietico-tedesco fu firmato il 23 agosto; un protocollo segreto allegato divideva una grande parte dell'Europa orientale in aree da essere in seguito occupate e controllate dai due paesi in caso di guerra. Hitler era convinto che, in conseguenza del suo colpo a sorpresa, Francia e Gran Bretagna si sarebbero astenute da qualsiasi intervento militare. Il 10 settembre la Germania sferro' l'attacco alla Polonia. Dopo qualche esitazione, le due democrazie decisero di sostenere il proprio alleato, e il 3 settembre Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. Iniziava la Seconda guerra mondiale. Nel frattempo, altri eventi andavano susseguendosi nel Reich hitleriano. Subito dopo che Knauer, il ragazzino handicappato, fu messo a morte a Lipsia, Hitler istrui' il proprio medico personale, Karl Brandt (che aveva eseguito l'eutanasia) e il capo della sua cancelleria personale, Philipp Bouhler, di provvedere all'identificazione di tutti gli infanti nati con una certa serie di difetti fisici e mentali. Preparativi in tal senso furono condotti, nella massima segretezza, durante la primavera del 1939. Il 18 agosto, fu ordinato a medici ed ostetriche di registrare tutti i bambini nati con i difetti compresi in un elenco formulato da tre esperti del Comitato per le questioni di salute ereditaria del Reich. Tutti questi neonati dovevano morire. Contemporaneamente fu presa un'altra iniziativa sulla quale, come abbiamo gia' visto, le autorita' religiose avevano inizialmente mantenuto un prudente riserbo. In qualche momento precedente al luglio 1939, alla presenza di Bormann e Lammers, Hitler istrui' il segretario di Stato Leonardo Conti a iniziare i preparativi per l'eutanasia agli adulti. Brandt e Bouhler riuscirono rapidamente a estromettere Conti e, con l'assenso di Hitler, assunsero il comando dell'intero programma. Entrambi gli omicidi di massa, quello dei bambini handicappati e quello dei malati mentali adulti, erano stati decisi da Hitler ed entrambe le operazioni furono dirette in segreto dalla Cancelleria del Fuehrer. Niente di tutto cio' avrebbe tuttavia avuto alcun impatto sul fervore popolare che circondava Hitler o sull'ardente adesione delle masse a molti degli obiettivi del regime. L'ascesa al potere di Hitler sarebbe stata ricordata dalla maggioranza dei tedeschi come l'inizio di un periodo di "bei tempi". Cio' che rimase maggiormente impresso nella coscienza e nella memoria della societa' tedesca nel suo complesso non fu la sequenza cronologica del processo di persecuzione, segregazione, emigrazione ed espulsione degli ebrei, la sequela di umiliazioni e di violenze, di lutti e privazioni che caratterizzo' i ricordi degli ebrei di Germania dal 1933 al 1939. "La gente visse la straordinaria velocita' della rinascita tedesca sul piano economico ed in politica estera come una sorta di frenesia", scrive lo storico tedesco Norbert Frei. "Con sorprendente rapidita', molti si identificarono con il desiderio sociale di costruire una Volksgemeinschaft che escludesse qualsivoglia posizione critica o di perplessita'... Essi furono ingannati dall'estetica delle adunate di Norimberga e rapiti dalle vittorie degli atleti tedeschi alle Olimpiadi di Berlino. I successi di Hitler in politica estera produssero vere e proprie esplosioni di entusiasmo... Nei brevi momenti rimasti tra le esigenze del lavoro e quelli della sempre crescente giungla di organizzazioni naziste, essi sperimentarono un modesto benessere e una condizione di felicita' personale". 3. LIBRI. SUSANNA NIRENSTEIN PRESENTA "LE ORIGINI DELLA SOLUZIONE FINALE" DI CHRISTOPHER R. BROWNING [Dal quotidiano "La Repubblica" del 24 gennaio 2008 col titolo "Shoah. Quell'euforia che porto' allo sterminio" e il sommario "Domenica e' la Giornata della Memoria. Un nuovo libro di Browning indica nelle vittorie contro l'Urss la svolta del contorto processo che culmino' nella Soluzione finale"] Non ci fu un preciso big bang della Shoah, ne' un unico introvabile ordine del Fuhrer, tanto meno furono le sorti avverse del conflitto a determinarla, ne' l'incontro di Wansee del gennaio '42: l'idea dello sterminio piuttosto prese avvio sull'euforia della vincente guerra di annientamento contro il "giudeo-bolscevismo", e pote' costruirsi grazie alle solide basi dell'antisemitismo pervasivo, imperativo ideologico centrale della visione politica hitleriana che chiedeva di per se' una soluzione ultima. Fu come lo snodarsi di un devastante domino iniziato in Polonia, laboratorio della politica razziale, e sviluppato tassello dopo tassello, in forma disordinata, attraverso alcuni snodi fondamentali, molteplici punti morti, numerosi attori determinanti. Il "cartaio" centrale, Hitler, vagliava ogni stop and go, ogni passo successivo sulla base delle innumerevoli proposte e iniziative zelanti dei sottoposti: era l'ideatore di un gioco di cui non sapeva fin dall'inizio le regole e il tracciato ma di cui sentiva l'ossessione, il fantasma ben rappresentato nella sua "profezia" del gennaio 1939 sulla guerra mondiale che avrebbe portato "la distruzione della razza ebraica in Europa": a lui bastava proclamare la persistenza della questione ebraica, l'interpretazione della storia come conflitto razziale, premiare chi sgomitava per proporgli le diverse soluzioni, spingere il pedale della radicalizzazione o viceversa frenarlo leggermente, per poi riprendere la corsa senza avvertire, insieme agli altri nazisti, alcuna interdizione etica, ma solo la propria, cosmica, "missione nella storia". La mappa, nata all'interno di un vasto progetto di Storia generale dell'Olocausto dello Yad Vashem di Gerusalemme, tracciata da Christopher R. Browning - tra i maggiori esperti mondiali della Shoah e tra i responsabili dello United States Holocaust Memorial - per disegnare Le origini della Soluzione finale - L'evoluzione della politica antiebraica del nazismo, settembre 1939 - marzo 1942 (il Saggiatore, pp. 617, euro 45) analizza migliaia di documenti, fatti, date, passi dei vertici e dei comuni cittadini del III Reich verso l'annientamento degli ebrei: il risultato e' lucido, rigoroso, naturalmente terribile. La tesi che piu' chiaramente ne emerge e' la mancanza di un disegno ab origine della soluzione finale. L'antisemitismo espresso in Mein Kampf, "chimerico", o "rivendicativo" come l'ha definito Saul Friedlaender, conta come sostrato ideologico (insieme ai lasciti della teologia cristiana e al fallimento della rivoluzione liberaldemocratica in Germania), non come programma pratico. L'ipotesi dimostrata da Browning e' che solo le vittorie militari offrirono delle "opportunita' inattese" all'imperialismo razziale nazista. All'inizio l'invasione della Polonia, dei Balcani, e subito dopo del Nord Europa e della Francia, le alleanze con la Romania e l'Ungheria, dettero corpo al sogno del Lebensraum, lo spazio vitale, che il III Reich rivendicava e su cui ideare, tra l'autunno del '39 e la primavera del '41, una convulsa politica demografica fondata sui principi della razza: le regioni occidentali della Polonia andavano annesse e totalmente germanizzate mediante il reinsediamento dei tedeschi etnici e l'espulsione degli elementi "dannosi" e "indesiderabili", ovvero la maggioranza dei polacchi e di tutti gli ebrei che bisognava spingere nel Governatorato. Inizio' un movimento epocale di estromissioni che colpi' piu' i polacchi (503.000 dal settembre '39 all'aprile '41) reimpiegabili come manodopera a buon mercato, che gli ebrei, merce quasi inutile, non germanizzabile, non impiegabile per il Reich, da segregare, far possibilmente sparire, anche se allora Himmler rifiutava "in quanto antitedesco e impossibile il metodo bolscevistico dello sterminio di un popolo per una convinzione ideale". Il progetto allora era quello di separare gli ebrei affollandoli e falcidiandoli come fase intermedia nei ghetti creati nelle grandi citta', poi in una riserva speciale intorno Lublino, infine in un superghetto, il Madagascar (ipotesi presa in serissima considerazione quando fu conquistata la Francia, e poi abbandonata quando si capi' che l'Inghilterra - e la sua flotta utile all'immane trasbordo -, non sarebbe stata battuta). "I vasti piani di ingegneria demografica di Himmler si dimostrarono pero' piu' facili da immaginare che da realizzare fino in fondo" scrive Browning: i treni per gli spostamenti servivano alla guerra, i contadini volks destinati a sostituire i polacchi espulsi dovevano portare con se' gli attrezzi, i casali da occupare erano troppo miseri; Goering voleva massimizzare lo sfruttamento economico per lo sforzo bellico, Hans Frank a capo del Governatorato generale (la Polonia centrale) si opponeva alla discarica indiscriminata di polacchi e ebrei nel suo territorio che comunque, aveva detto Hitler, "in un prossimo futuro" andava completamente germanizzato, reso "judenfrei". Come si capisce, oltre alla determinazione, regnava la confusione: ad esempio il piano economico per il ghetto di Varsavia approvato da Frank nell'aprile '41, era basato sul presupposto che l'enclave sarebbe stata in piedi almeno 5 anni. O ancora, sia a Vienna che a Berlino vivevano migliaia di ebrei (315.600 in tutto il III Reich, con una mortalita' che pero' aveva gia' superato la natalita'), e l'ordine era di non espellerli, per ora. La soluzione alla questione ebraica, e' evidente, non era stata trovata nel Governatorato, ne' nel Madagascar. Doveva essere altrove. Nel febbraio 1941 "Hitler rumino' sulla questione ebraica" di fronte a Bormann, Speer, Ley, Hewel: in origine aveva pensato di frantumare la potenza degli ebrei solo in Germania, ora il suo obiettivo era tutta la sfera dell'Asse; in Polonia, Slovacchia, c'erano i tedeschi, ma come fare in Francia, ad esempio? "se soltanto avesse saputo dove cacciare un paio di milioni di ebrei": stava "pensando a molte cose in modo nuovo, non propriamente benevolo", disse. Nonostante l'operazione Barbarossa contro l'Urss fosse gia' decisa, l'assassinio in massa di tutti gli ebrei nella sfera d'influenza tedesca non era ancora nella testa di Hitler, ne' in quella di Himmler: la prospettiva centrale era ancora l'espulsione e la premeditata decimazione della popolazione. Eichmann aveva parlato a Himmler di circa 5,8 milioni di ebrei da reinsediare in "un territorio ancora da determinare". I tedeschi iniziarono a concepire il Vernichtungskrieg, la "guerra di annientamento" contro il "giudeo-bolscevismo": la morte era nell'aria, i nazisti non avrebbero lasciato in vita ne' i commissari bolscevichi, ne' gli ebrei sovietici, manifestazione politica e biologica della medesima minaccia. Capirono che potevano farlo via via che marciarono avanti. Ogni vittoria li esaltava e li rendeva piu' risoluti. I militari, la Wermacht, che pure all'inizio si era dimostrata vagamente riluttante agli eccidi e alla politica adottata in Polonia, accettarono la logica e vi parteciparono. Alla fine del '41 i numeri gia' annichilivano: a sei mesi dall'invasione dell'Urss, Browning valuta che fossero gia' stati uccisi 800.000 ebrei, la maggior parte dalle Einsatzgruppen, unita' di alcune migliaia di uomini che seguivano l'esercito con questo esplicito scopo, aiutate dalla polizia ausiliaria tedesca e dai collaboratori locali, lituani soprattutto e ucraini che organizzavano anche i loro pogrom. Hitler incitava, voleva creare "un giardino dell'Eden" da cui la Germania non si sarebbe mai ritirata. Le SS, i militari, gli economisti, i funzionari si precipitarono a trasformare i suoi pronunciamenti in interventi specifici. Dopo la presa di Kiev, l'accerchiamento di Leningrado, le vittorie di Vyazma e Bryansk (673.000 soldati sovietici catturati) Hitler a settembre rida' il via alle deportazioni degli ebrei che aveva rimandato alla fine della guerra e ne vieta l'emigrazione. Vede davanti a se' lo scenario in cui puo' ambire alla soluzione finale. "Nel pieno della guerra di annientamento in Unione Sovietica, con la prospettiva di avere l'intera Europa ai suoi piedi, caddero le ultime inibizioni". Heydrich inonda la burocrazia tedesca di notizie sui massacri. I soldati scrivono a casa, raccontano che quando iniziano a sparare contro le masse inermi, alle donne, ai bambini, gli tremano le mani, ma specificano anche che poi ci si abitua, pensando che non c'e' altro da fare: o loro o noi. I militari fanno anche una sorta di turismo della morte: davanti agli eccidi all'aria aperta scattano fotografie. Himmler comunque si preoccupa degli effetti psicologici delle stragi a mano armata sulle truppe: vuol pensare a una metodo piu' pulito, efficiente, segreto. Tutto procede in maniera convulsa, eccitata. Chi ha la migliore idea l'avanza. In quelle stesse settimane vengono condotti vari esperimenti con il gas mettendo in campo gli uomini del programma Eutanasia usato contro i malati di mente in Germania. Monossido di carbonio... bombole, no, meglio i camion di Walter Rauff, ancora meglio le stanze sigillate... Zyklon B. I commando tedeschi si presentano a Belzec (a novembre) e Chelmo, e poi ad Auschwitz, Treblinka, per preparare la costruzione dei campi di sterminio. Il 17 marzo le camere a gas di Belzec gia' funzionano e mettono a morte gli ebrei deportati da Lublino e dalla Galizia. Il 27 Goebbels scriveva nel suo diario "degli ebrei non rimarra' molto". Una volta avviata in territorio sovietico, la cancellazione si presento' al regime nazista "come una soluzione adeguata anche per il resto d'Europa". Indicibile orrore? Il documentatissimo racconto di Browning, dimostra come l'umanita', l'ideologia totalitaria, siano pronte a partorire e ingoiare qualsiasi mostro. 4. LIBRI. FREDIANO SESSI PRESENTA "LE ORIGINI DELLA SOLUZIONE FINALE" DI CHRISTOPHER R. BROWNING [Dal "Corriere della sera" del 23 gennaio 2008 col titolo "Questione ebraica e guerra all'Urss" e il sommario "Le ricerche di Christopher Browning. Non fu la sconfitta di Mosca che spinse allo sterminio, bensi' la prospettiva della vittoria finale"] "Mentre ero ancora a tavola per il pranzo, ci si e' messi a parlare della questione ebraica nel Governatorato Generale e nel mondo. Per me e' molto interessante partecipare a simili conversazioni. Con mio grande stupore, tutti furono d'accordo nel dire che gli ebrei devono scomparire dalla faccia della terra (...) E perche' gli ebrei scompaiano, dovranno essere eliminati tutti; il mondo avrebbe allora assai piu' possibilita'". Cosi' scrive alla moglie W. H., un caporale della Wehrmacht, il 28 maggio 1941. E questa lettera fa parte del fondo Reinhold Sterz che raccoglie oltre cinquantamila lettere finora inedite di soldati delle forze armate tedesche conservate alla Biblioteca del tempo presente di Stoccarda. Ne esce un'immagine lucida e terribile al tempo stesso del ruolo delle forze armate tedesche nella seconda guerra mondiale. L'altra faccia della Shoah, scrive in un libro recente Christopher R. Browning (Le origini della soluzione finale. L'evoluzione della politica antiebraica del nazismo, settembre 1939 - marzo 1942, Il Saggiatore, pp 617, euro 35). Il suo lavoro di rilettura attenta della documentazione d'archivio lo porta a cominciare la sua indagine sullo sterminio a partire dall'invasione della Polonia nel settembre 1939 e ad allargarne la responsabilita' a tutta la Wehrmacht che, a differenza di quanto emerso fino a questo momento, non inizio' a fare il lavoro sporco su sollecitazione delle SS o a partire dalle iniziative di sterminio adottate dalle squadre speciali (gli Einsatzkommando) al seguito dell'esercito. La "consapevolezza del veleno ebraico" e' diffusa in gran parte della truppa che ritiene assai giusto il trattamento disumano riservato alla "marmaglia giudea", "sudicia e ladra", scrive un altro soldato ai suoi familiari. Per oltre trenta mesi, saranno sperimentate diverse soluzioni, che prevedono l'emigrazione prima, e poi l'emarginazione e l'isolamento. Ma tutto cambia con la guerra contro l'Urss nel giugno del 1941. In questa fase, il fallimento dei piani di espulsione progettati nel corso dell'invasione della Polonia, spinge l'esercito come le SS a una radicalizzazione della soluzione della questione ebraica. Comincia allora, cio' che Hilberg aveva gia' chiamato la "pulizia mortuaria". Ovunque, in ogni villaggio si ripeteranno le stesse scene terribili: ebrei che sono condotti verso luoghi isolati dove vengono fucilati o trattati con camion a gas. L'efficacia di questo metodo di assassinio di massa e' indubbia: alla fine del 1941, sono stati assassinati tra i 500.000 e gli 800.000 ebrei. In questa fase, la politica antiebraica non seguiva ancora un piano preordinato e organizzato per portare allo sterminio di tutti gli ebrei d'Europa. E Browning avanza l'idea che, a differenza di quel che si e' pensato fino ad ora, la sconfitta dell'esercito tedesco alle porte di Mosca non spinse alla vendetta e quindi allo sterminio degli ebrei. Ma fu al contrario la prospettiva in ogni caso della vittoria finale che mobilito' tutta la Wehrmacht nello sforzo di rendere i territori conquistati "liberi dalla presenza ebraica". Questo saggio, di grande importanza, che si inserisce in una raccolta di circa quindici volumi curati dal museo israeliano Yad Vashem, nell'intento di dare corpo a una sintesi sistematica della storia della Shoah, rilancia in modo assai documentato l'ipotesi storiografica che vede nella politica evolutiva dello sterminio, la causa di un processo che ebbe il suo culmine nel campo di Auschwitz; e il suo inizio assai piu' condiviso di quanto fino ad ora non si fosse pensato, se strati interi di popolazione e di soldati tedeschi aderirono cinicamente alla politica antisemita del regime e appoggiarono, oltre che eseguirono direttamente le azioni di sterminio. 5. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: CON TRISTEZZA E SDEGNO Leggo una dichiarazione del sindaco di Viterbo, il parlamentare berlusconiano Giulio Marini, in occasione del Giorno della memoria della Shoah: dichiarazione che suona "Ricordare e' un obbligo, un dovere morale, e' l'acquisizione consapevole di una memoria da mantenere viva nei nostri cuori come una lezione e un invito a dire, tutti insieme, mai piu'". Ed e' ben detto. Mi chiedo, con tristezza e sdegno, come possa essere lo stesso Giulio Marini firmatario della proposta di legge per insignire di un'onorificenza (l'"Ordine del tricolore") gli aguzzini di Salo' che alla Shoah cooperarono. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 294 del 28 gennaio 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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