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La domenica della nonviolenza. 199
- Subject: La domenica della nonviolenza. 199
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 18 Jan 2009 16:17:06 +0100
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 199 del 18 gennaio 2009 In questo numero: 1. Naturalmente 2. Primo Levi: Shema' 3. Primo Levi: Alzarsi 4. Primo Levi: Si immagini ora un uomo 5. Primo Levi: Che appunto perche'... 6. Primo Levi: Verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945 7. Primo Levi: Hurbinek 8. Primo Levi: Approdo 9. Primo Levi: La bambina di Pompei 10. Primo Levi: Non ci sono demoni... 11. Primo Levi: Partigia 12. Primo Levi: Il superstite 13. Primo Levi: Contro il dolore 14. Primo Levi: Canto dei morti invano 15. Primo Levi: Agli amici 16. Primo Levi: La vergogna del mondo 17. Primo Levi: Il nocciolo di quanto abbiamo da dire 18. Et coetera 1. NATURALMENTE Ogni volta che occorre raccogliere le forze per contrastare il male, ogni volta che occorre riaffermare la dignita' umana, ogni volta che occorre lottare contro la violenza, naturalmente il pensiero va a Primo Levi, il miglior maestro. Cosi' riproponiamo ancora una volta questa minima silloge da alcuni suoi scritti, con l'invito - ancora una volta - a leggerne tutte le opere. 2. PRIMO LEVI: SHEMA' [Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre Se questo e' un uomo), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 525] Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo e' un uomo, Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un si' o per un no. Considerate se questa e' una donna, Senza capelli e senza nome Senza piu' forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo e' stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi: Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I votri nati torcano il viso da voi. 10 gennaio 1946 3. PRIMO LEVI: ALZARSI [Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre La tregua), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 526] Sognavamo nelle notti feroci Sogni densi e violenti Sognati con anima e corpo: Tornare; mangiare; raccontare. Finche' suonava breve sommesso Il comando dell'alba: "Wstawac": E si spezzava in petto il cuore. Ora abbiamo ritrovato la casa, Il nostro ventre e' sazio, Abbiamo finito di raccontare. E' tempo. Presto udremo ancora Il comando straniero: "Wstawac". 11 gennaio 1946 4. PRIMO LEVI: SI IMMAGINI ORA UN UOMO... [Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 21] Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sara' un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignita' e discernimento, poiche' accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potra' a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinita' umana; nel caso piu' fortunato, in base ad un puro giudizio di utilita'. Si comprendera' allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento"... 5. PRIMO LEVI: CHE APPUNTO PERCHE'... [Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 35] Che appunto perche' il Lager e' una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si puo' sopravvivere, e percio' si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere e' importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civilta'. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facolta' ci e' rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perche' e' l'ultima: la facolta' di negare il nostro consenso. 6. PRIMO LEVI: VERSO IL MEZZOGIORNO DEL 27 GENNAIO 1945 [Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 205-206] La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...). Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...). Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta', da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. 7. PRIMO LEVI: HURBINEK [Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 216] Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero; Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all'ultimo respiro, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senzanome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole. 8. PRIMO LEVI: APPRODO [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 542] Felice l'uomo che ha raggiunto il porto, Che lascia dietro se' mari e tempeste, I cui sogni sono morti o mai nati; E siede e beve all'osteria di Brema, Presso al camino, ed ha buona pace. Felice l'uomo come una fiamma spenta, Felice l'uomo come sabbia d'estuario, Che ha deposto il carico e si e' tersa la fronte E riposa al margine del cammino. Non teme ne' spera ne' aspetta, Ma guarda fisso il sole che tramonta. 10 settembre 1964 9. PRIMO LEVI: LA BAMBINA DI POMPEI [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 549] Poiche' l'angoscia di ciascuno e' la nostra Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna Che ti sei stretta convulsamente a tua madre Quasi volessi ripenetrare in lei Quando al meriggio il cielo si e' fatto nero. Invano, perche' l'aria volta in veleno E' filtrata a cercarti per le finestre serrate Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti Lieta gia' del tuo canto e del tuo timido riso. Sono passati i secoli, la cenere si e' pietrificata A incarcerare per sempre codeste membra gentili. Cosi' tu rimani tra noi, contorto calco di gesso, Agonia senza fine, terribile testimonianza Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme. Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella, Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani: La sua cenere muta e' stata dispersa dal vento, La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito. Nulla rimane della scolara di Hiroshima, Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli, Vittima sacrificata sull'altare della paura. Potenti della terra padroni di nuovi veleni, Tristi custodi segreti del tuono definitivo, Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo. Prima di premere il dito, fermatevi e considerate. 20 novembre 1978 10. PRIMO LEVI: NON CI SONO DEMONI... [Da Primo Levi, La ricerca delle radici, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 1519] Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che e' senza ritorno. 11. PRIMO LEVI: PARTIGIA [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 561] Dove siete, partigia di tutte le valli, Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse? Molti dormono in tombe decorose, Quelli che restano hanno i capelli bianchi E raccontano ai figli dei figli Come, al tempo remoto delle certezze, Hanno rotto l'assedio dei tedeschi La' dove adesso sale la seggiovia. Alcuni comprano e vendono terreni, Altri rosicchiano la pensione dell'Inps O si raggrinzano negli enti locali. In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo. Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna, Lenti, ansanti, con le ginocchia legate, Con molti inverni nel filo della schiena. Il pendio del sentiero ci sara' duro, Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane. Ci guarderemo senza riconoscerci, Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi. Come allora, staremo di sentinella Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico. Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno, Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera, La mano destra nemica della sinistra. In piedi, vecchi, nemici di voi stessi: La nostra guerra non e' mai finita. 23 luglio 1981 12. PRIMO LEVI: IL SUPERSTITE [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 576] a B. V. Since then, at an uncertain hour, Dopo di allora, ad ora incerta, Quella pena ritorna, E se non trova chi lo ascolti Gli brucia in petto il cuore. Rivede i visi dei suoi compagni Lividi nella prima luce, Grigi di polvere di cemento, Indistinti per nebbia, Tinti di morte nei sonni inquieti: A notte menano le mascelle Sotto la mora greve dei sogni Masticando una rapa che non c'e'. "Indietro, via di qui, gente sommersa, Andate. Non ho soppiantato nessuno, Non ho usurpato il pane di nessuno, Nessuno e' morto in vece mia. Nessuno. Ritornate alla vostra nebbia. Non e' mia colpa se vivo e respiro E mangio e bevo e dormo e vesto panni". 4 febbraio 1984 13. PRIMO LEVI: CONTRO IL DOLORE [Da Primo Levi, L'altrui mestiere, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 675] E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da presupposti radicalmente diversi. 14. PRIMO LEVI: CANTO DEI MORTI INVANO [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 615] Sedete e contrattate A vostra voglia, vecchie volpi argentate. Vi mureremo in un palazzo splendido Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco Purche' trattiate e contrattiate Le vite dei vostri figli e le vostre. Che tutta la sapienza del creato Converga a benedire le vostre menti E vi guidi nel labirinto. Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi, L'esercito dei morti invano, Noi della Marna e di Montecassino Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima: E saranno con noi I lebbrosi e i tracomatosi, Gli scomparsi di Buenos Aires, I morti di Cambogia e i morituri d'Etiopia, I patteggiati di Praga, Gli esangui di Calcutta, Gl'innocenti straziati a Bologna. Guai a voi se uscirete discordi: Sarete stretti dal nostro abbraccio. Siamo invincibili perche' siamo i vinti. Invulnerabili perche' gia' spenti: Noi ridiamo dei vostri missili. Sedete e contrattate Finche' la lingua vi si secchi: Se dureranno il danno e la vergogna Vi annegheremo nella nostra putredine. 14 gennaio 1985 15. PRIMO LEVI: AGLI AMICI [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 623] Cari amici, qui dico amici Nel senso vasto della parola: Moglie, sorella, sodali, parenti, Compagne e compagni di scuola, Persone viste una volta sola O praticate per tutta la vita: Purche' fra noi, per almeno un momento, Sia stato teso un segmento, Una corda ben definita. Dico per voi, compagni d'un cammino Folto, non privo di fatica, E per voi pure, che avete perduto L'anima, l'animo, la voglia di vita. O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu Che mi leggi: ricorda il tempo Prima che s'indurisse la cera, Quando ognuno era come un sigillo. Di noi ciascuno reca l'impronta Dell'amico incontrato per via; In ognuno la traccia di ognuno. Per il bene od il male In saggezza o in follia Ognuno stampato da ognuno. Ora che il tempo urge da presso, Che le imprese sono finite, A voi tutti l'augurio sommesso Che l'autunno sia lungo e mite. 16 dicembre 1985 16. PRIMO LEVI: LA VERGOGNA DEL MONDO [Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1157-1158] E c'e' un'altra vergogna piu' vasta, la vergogna del mondo. E' stato detto memorabilmente da John Donne, e citato innumerevoli volte, a proposito e non, che "nessun uomo e' un'isola", e che ogni campana di morte suona per ognuno. Eppure c'e' chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, cosi' da non vederla e non sentirsene toccato: cosi' hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell'illusione che il non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro quota di complicita' o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell'ignoranza voluta, il "partial shelter" di T. S. Eliot, e' stato negato: non abbiamo potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed il suo livello e' salito di anno in anno fino quasi a sommergerci. Era inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perche' era tutto intorno, in ogni direzione fino all'orizzonte. Non ci era possibile, ne' abbiamo voluto, essere isole; i giusti fra noi, non piu' ne' meno numerosi che in qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore insomma, per la colpa che altri e non loro avevano commessa, ed in cui si sono sentiti coinvolti, perche' sentivano che quanto era avvenuto intorno a loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto essere lavato mai piu'; avrebbe dimostrato che l'uomo, il genere umano, noi insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di dolore; e che il dolore e' la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare. 17. PRIMO LEVI: IL NOCCIOLO DI QUANTO ABBIAMO DA DIRE [Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1149-1150] L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti e' estranea alle nuove generazioni dell'Occidente, e sempre piu' estranea si va facendo a mano a mano che passono gli anni (...). Per noi, parlare con i giovani e' sempre piu' difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perche' inaspettato, non previsto da nessuno. E' avvenuto contro ogni previsione; e' avvenuto in Europa; incredibilmente, e' avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler e' stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo: questo e' il nocciolo di quanto abbiamo da dire. 18. ET COETERA Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 199 del 18 gennaio 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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