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Minime. 698
- Subject: Minime. 698
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 12 Jan 2009 01:00:30 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 698 del 12 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Ogni guerra 2. Giulio Vittorangeli: Contrastare la barbarie senza diventare barbari 3. Naoki Tomasini intervista Arik Diamant 4. "L'Unita'" intervista Mairead Corrigan Maguire 5. Il 20 gennaio a Ronciglione 6. Una diffida al Ministro dei Trasporti 7. Alcuni estratti da "Contro i nuovi dispotismi" di Norberto Bobbio 8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. OGNI GUERRA Ogni guerra la stessa guerra. Ogni uccisione la stessa uccisione. Ogni vittima ha il volto di Abele. * Non vi e' altra umanita' che l'umanita'. Non vi e' altra politica che la nonviolenza. 2. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: CONTRASTARE LA BARBARIE SENZA DIVENTARE BARBARI [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento] Le parole sono importanti, sono pietre, pesanti e solide, hanno forza in se'; creano e fanno essere. Don Milani insegnava che e' la padronanza della parola che ci da' la possibilita' di essere eguali. Oggi le parole, piu' che pietre, sembrano polvere, sabbia. La "cultura" della guerra permanente, e la "logica" del nemico, non solo ha fatto danni da tutti i lati, ma ha usato le parole con tale disinvoltura che non significano piu' quasi niente. Si e' iniziato con la banalizzazione ed il revisionismo storico per cui qualsiasi dittatore e' stato paragonato ad Hitler e come tale andava abbattuto immediatamente con il ricorso alla guerra; poi la guerra e' diventata "umanitaria" o una "operazione di polizia", le vittime sono divenute "effetti collaterali" ed il "nemico" e' stato totalmente disumanizzato, con un generale imbarbarimento per cui tutti brillano per cinismo e disprezzo della vita. Che senso hanno oggi certi macabri paragoni se non quello di demonizzare il nemico, alimentando alla fine unicamente quella cultura della morte che sembra prevalere a qualsiasi longitudine e latitudine. Quello che sta facendo l'esercito israeliano nella Striscia di Gaza, un pantano di sangue e fuoco contro centinaia di migliaia di palestinesi quasi tutti del tutto inermi, e' totalmente inaccettabile; ma una speranza di vita presente e futura per la Palestina puo' venire solo dall'incontro e dall'iniziativa comune con quella minoranza d'israeliani che si oppone alla guerra. Puo' venire da una soluzione politica e non certo militare; da un'azione politica in cui le screditate Nazioni Unite (oggi totalmente incapaci di proteggere la popolazione civile palestinese dalle massicce violazioni di Israele) tornino a svolgere un ruolo centrale in Medio Oriente. Puo' venire se tutti quelli come noi, che sono solidali con i palestinesi, sapranno sfuggire alla logica della barbarie. E' possibile contrastare la barbarie senza diventare barbari? E' possibile essere pacifisti senza vittimismi aggressivi, esorcismi verbali, turpiloquio permanente? E' possibile essere contro la politica del governo di Israele (come ieri contro quella di Bush) senza essere infantilmente antisraeliani (come ieri antiamericani)? E' possibile opporsi al degrado senza degradarsi? Ci sembra questo - il restare umani in una situazione totalmente disumana - l'aspetto fondamentale che bene evidenzia nei suoi scritti giornalieri da Gaza City un volontario italiano sulle ambulanze della mezzaluna rossa. Solo cosi' crediamo puo' avere giustizia e pace il popolo palestinese, come e' descritto in "Kufia, canto per la Palestina". "Sogno dei gigli bianchi strade di canto e una casa di luce. Voglio un cuore buono e non voglio il fucile. Voglio un giorno intero di sole e non un attimo di una folle vittoria razzista. Voglio un giorno intero di sole e non strumenti di guerra. Le mie non sono lacrime di paura sono lacrime per la mia terra. Sono nato per il sole che sorge non per quello che tramonta". 3. TESTIMONIANZE. NAOKI TOMASINI INTERVISTA ARIK DIAMANT [Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo la seguente intervista dell'11 gennaio 2009 col titolo "La voce mancante" e il sommario "Contro la guerra a Gaza, scendono in campo anche i soldati israeliani di Courage to Refuse"] "Non possiamo restare in disparte mentre centinaia di civili vengono macellati dall'Idf (l'esercito israeliano). In questo momento la cosa piu' pericolosa e' la falsa speranza che questo tipo di violenza possa portare sicurezza a Israele. Invitiamo dunque i soldati a rifiutarsi di participare alla campagna di Gaza". Queste parole segnano il ritorno dei refusenik, i soldati israeliani di "Courage to Refuse", che si oppongono alla politica di oppressione militare del loro governo ai danni della popolazione palestinese. Fondata nel 2002. l'organizzazione era rimasta inattiva per almeno tre anni, ma i recenti eventi nella Striscia hanno spinto i suoi animatori a riprendere le iniziative pubbliche, manifestando questa settimana insieme ai pacifisti israeliani. Lo scorso 8 gennaio gli attivisti di "Courage to Refuse" si sono radunati davanti al ministero della Difesa, insieme a quelli di "Gush Shalom", "Peace Now", "Taayush" e altri gruppi dei cosiddetti pacifisti radicali israeliani. Ex soldati e pacifisti oggi manifestano assieme, per chiedere la fine della politica fatta con le armi e per dare un segnale alla societa' israeliana, che pare oggi compatta a favore del massacro di Gaza. "Dobbiamo contenere la nostra rabbia" dicono gli obiettori israeliani, che spiegano come, per rivolgersi ai militari chiedendo loro di non obbedire agli ordini, sia necessario usare un vocabolario diverso da quello del campo pacifista in senso stretto. "Evitiamo di definire 'assassino' il ministro della Difesa e 'organizzazione terrorista' l'Idf (anche se in questo momento sembrano definizioni corrette)". Gli slogan degli ex soldati, invece, puntano altrove: "Vendetta non e' sicurezza", "No all'uccisione di civili a Gaza e Sderot", "La distruzione di Gaza produce terrore" era scritto sui loro striscioni. Oggi pero' queste differenze non contano, l'importante, spiegano, e' "contrastare l'atmosfera guerrafondaia che prevale nei media e nel sistema politico israeliani". "Quest'ultima e' stata una delle peggiori settimane nella storia del conflitto israelo-palestinese" dice a "PeaceReporter" Arik Diamant, uno dei fondatori del movimento dei refusenik. "Centiniaia di civili uccisi, cosi' tante vittime tra i bambini... questo e' troppo anche per una terra insanguinata come questa. Non ci aspettavamo un simile sviluppo della crisi, e ne siamo rimasti sconvolti. Cosi', dopo tre anni di inattivita' abbiamo deciso di riprendere le attivita' per dire 'smettete!'. Ci siamo resi conto che nel discorso pubblico sugli eventi di Gaza mancava una voce. Ci sono state diverse proteste contro la guerra, ma la nostra e' particolare perche' viene dall'interno dell'esercito". Con l'inizio delle operazioni militari, molti soldati della riserva sono stati richiamati in servizio, tra loro anche alcuni attivisti di "Courage to Refuse", che hanno subito rifiutato la chiamata. Normalmente un simile rifiuto comporta l'arresto, un processso e la carcerazione, ma in questo caso pare che gli ordini di arresto non siano ancora partiti. "Al momento - spiega ancora Diamant - sappiano di sette soldati che una settimana fa hanno rifiutato la chiamata, e da allora attendono di essere processati. Solo che non e' successo nulla. Credo che lo scopo dell'Idf sia lasciare correre, per evitare che i media possano dare risalto alla storia. Forse li processeranno a guerra finita, ma non credo". * - Naoki Tomasini: Come coordinate le vostre azioni e il tono della vostra protesta con gli altri movimenti pacifisti israeliani? - Arik Diamant: Abbiamo gia' fatto due manifestazioni con loro e abbiamo anche organizzato degli incontri pubblici assieme. Credo che non ci sia differenza tra noi e loro. Tutto cio' che ci distingue dai cosiddetti pacifisti radicali e' il fatto che noi siamo stati soldati e pensavamo che fosse una cosa buona. Usiamo un linguaggio piu' soft perche' conosciamo bene le dinamiche delle forze armate e la situazione in cui si trovano i soldati prima di rifiutarsi di obbedire. * - Naoki Tomasini: La maggioranza della popolazione israeliana non accetta di dialogare con i pacifisti, e' piu' semplice per voi? - Arik Diamant: Questa e' l'unica ragione per cui esistiamo e abbiamo deciso di riprendere le attivita'. Non perche' non crediamo nei metodi dei pacifisti, ma perche' ci rendiamo contro che sono inefficaci se ci si rivolge al grande pubblico. Il pubblico israeliano ha bisogno di ascoltare qualcuno che non sia totalmente contrario alla guerra, qualcuno che sia stato un soldato e sappia cosa significa fare il proprio dovere in difesa del proprio paese... anche se quelle stesse persone pensano che l'attuale offensiva sia un'azione criminale. Il nostro ruolo e' strategico e consiste nel prendere il discorso dei pacifisti e tradurlo in modo che il grande pubblico lo possa accogliere. * - Naoki Tomasini: Come giudichi la copertura dei media israeliani sulla guerra e sulle proteste contro la guerra? - Arik Diamant: Molto male. L'atteggiamenti dei media rispetto alle manifestazioni contro la guerra e' molto ostile, le proteste vengono presentate come esternazioni marginali organizzate da traditori. In generale si puo' certamente dire che i media presentano la linea dell'esercito e hanno un pregiudizio nei confronti dei refusenik e degli attivisti contro la guerra. Questa situazione, pero', sta lentamente cambiando. Ad esempio, durante la prima settimana a protestare erano pacifisti, comunisti e anarchici, dunque le notizie su di loro sono state accantonate. Ma una settimana dopo alle proteste hanno partecipato anche ex soldati, allora anche la stampa ha iniziato a dare piu' spazio al movimento. E' difficile, ma poco alla volta le ragioni di chi si oppone a questa guerra stanno guadagnando spazio e attenzione. 4. DOCUMENTAZIONE. "L'UNITA'" INTERVISTA MAIREAD CORRIGAN MAGUIRE [Dal quotidiano "L'Unita'" del 10 gennaio 2009 col titolo "Crimini di guerra a Gaza. Un tribunale Onu deve processare Israele. Intervista a Mairead Corrigan Maguire" e il sottotitolo "Massacro. L'Onu: Bambini un terzo delle vittime"] "Chiedo giustizia per i bambini, le donne, gli anziani, gli esseri umani massacrati a Gaza. Chiedo che si onori la loro memoria sancendo per cio' che e' stata la loro morte: un massacro di innocenti. Chiedo, e per questo ho scritto una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, che i responsabili di questi massacri e i loro mandanti siano processati da un Tribunale internazionale istituito dall'Onu, per i crimini di guerra compiuti nella Striscia di Gaza, crimini che si aggiungono a quelli gia' perpetrati prima del 26 dicembre (l'inizio dell'offensiva militare israeliana a Gaza - ndr) contro la popolazione palestinese della Striscia, sottoposta ad un embargo illegale e disumano che ha portato ad una crisi umanitaria. Una crisi che ancora qualche giorno fa, la signora Livni (Tzipi Livni, ministra degli Esteri d'Israele - ndr.) aveva sprezzantemente negato". Giustizia. E' una parola che Mairead Corrigan Maguire, nordirlandese, premio Nobel per la pace nel 1976, presidente della Fondazione dei Nobel Peace Laureate, ripete piu' volte nel corso del nostro colloquio. "Giustizia, si'. Lo dobbiamo ad un popolo a cui da sessant'anni viene negata". * - "L'Unita'": A Gaza e' guerra totale... - Mairead Corrigan: Questa guerra contro un popolo non nasce due settimane fa. Due settimane fa Israele ha deciso di scatenare una devastante potenza di fuoco contro un fazzoletto di terra popolato da un milione e mezzo di persone. La guerra era iniziata gia' prima e nel silenzio complice della diplomazia internazionale. * - "L'Unita'": A cosa si riferisce? - Mairead Corrigan: All'embargo imposto da Israele, alla trasformazione di Gaza in una enorme prigione a cielo aperto. L'ho ricordato nella lettera che ho scritto alcuni giorni fa al segretario generale delle Nazioni Unite. E voglio ripeterlo al suo giornale che non ha scoperto l'esistenza della tragedia di Gaza ai primi bombardamenti israeliani... Nel novembre 2008 visitai la Striscia e rimasi scioccata dalla sofferenza della popolazione di Gaza sotto assedio da oltre due anni. Questa punizione collettiva da parte del governo israeliano ha condotto a una grave crisi umanitaria. La punizione collettiva contro una comunita' civile, da parte del governo israeliano, viola la Convenzione di Ginevra, e' illegale, e' un crimine di guerra e un crimine contro l'umanita'. Invece di proteggere la comunita' civile di Gaza e alleviare la sua sofferenza togliendo l'assedio, da ormai due settimane l'esercito israeliano esegue bombardamenti dal cielo e dal mare contro i civili disarmati. Lanciare bombe, centinaia di tonnellate di bombe, contro civili disarmati, molti dei quali donne e bambini, distruggere moschee, ospedali e case, e devastare le infrastrutture di Gaza e' illegale e costituisce crimine di guerra. I morti del popolo di Gaza sono ora quasi 800, i feriti superano i 3.200, molti dei quali donne e bambini. Le infrastrutture di Gaza sono state distrutte e la popolazione e' tagliata fuori dal mondo - compresi i giornalisti, gli osservatori e gli attivisti umanitari, tutti chiusi fuori da Gaza e impossibilitati a entrare ad aiutare la popolazione. Questa e' la realta'. * - "L'Unita'": Cosa chiede all'Onu? - Mairead Corrigan: L'Onu deve sostenere il rispetto dei diritti umani e della giustizia nei confronti del popolo palestinese, prendendo in seria considerazione l'istituzione di un Tribunale penale internazionale per Israele, cosi' che il governo israeliano sia ritenuto responsabile di crimini di guerra. * - "L'Unita'": Israele rivendica il diritto di difesa dal lancio dei razzi contro la popolazione del Sud. - Mairead Corrigan: Ho condannato quei lanci ma non c'e' diritto di difesa che possa giustificare i massacri di civili attuati a Gaza. 5. INCONTRI. IL 20 GENNAIO A RONCIGLIONE [Dall'Isde di Viterbo (per contatti: isde.viterbo at libero.it) riceviamo e diffondiamo] "L'ecosistema del lago di Vico: problematiche generali in relazione alla potabilita' e salubrita' delle sue acque". Incontro scientifico promosso dall'Associazione Italiana medici per l'ambiente. Ronciglione (Vt), 20 gennaio 2009 * L'Associazione Italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia), sezione di Viterbo, promuove per il giorno martedi' 20 gennaio 2008 alle ore 16,30 a Ronciglione, nella Sala ex Chiesa del Collegio, sita in corso Umberto I, un incontro scientifico, aperto al pubblico, sul tema: "L'ecosistema del lago di Vico: problematiche generali in relazione alla potabilita' e salubrita' delle sue acque". * All'incontro interverranno come relatori: la dottoressa Milena Bruno dell'Istituto Superiore di Sanita'; il professor Giuseppe Capelli e il professor Roberto Mazza del dipartimento di Scienze Geologiche dell'Universita' degli Studi "Roma Tre", responsabili dello studio sullo stato idrogeologico delle acque del lago di Vico (2007); il professor Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia, prorettore dell'Universita' della Tuscia; il dottor Mauro Mocci, del Coordinamento dell'Alto Lazio dell'Isde. Presiede la dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Isde. * L'incontro, al quale sono invitati i cittadini e i rappresentati delle istituzioni, vuole essere un contributo scientifico per una migliore conoscenza di tutte le problematiche relative allo stato, al monitoraggio e al risanamento del lago di Vico, le cui acque alimentano anche gli acquedotti dei comuni di Caprarola e Ronciglione. * Per informazioni e comunicazioni: isde.viterbo at libero.it 6. DOCUMENTI. UNA DIFFIDA AL MINISTRO DEI TRASPORTI Al Ministro dei Trasporti e per opportuna conoscenza: al Prefetto di Viterbo, al Presidente della Repubblica Oggetto: Diffida Signor Ministro, la stampa locale riferisce che lei l'8 gennaio 2009, trovandosi a Viterbo per una iniziativa del suo partito, avrebbe affermato di voler imporre la realizzazione a Viterbo di un illegale e irrazionale mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma, ignorando - o fingendo di ignorare - che la realizzazione dell'opera costituirebbe per Viterbo un gravissimo ambientale e sanitario, e che violerebbe vigenti leggi italiane ed europee. Le segnaliamo per l'ennesima volta che la realizzazione nell'area termale del Bulicame di un nocivo e distruttivo mega-aeroporto provocherebbe inevitabilmente: a) un grave ed irreversibile danno ad un'area di enorme valore naturalistico, storico-culturale, sociale, terapeutico ed economico; b) un inquinamento che colpirebbe pesantemente il territorio ed i cittadini, provocando gravi danni alla salute, alla sicurezza e alla qualita' della vita dei viterbesi; c) ulteriori gravi danni che abbiamo piu' volte segnalato, ad esempio nella nostra lettera al Presidente della Repubblica del 4 agosto 2008, lettera che gia' le inviammo per opportuna conoscenza. Con la presente siamo pertanto a chiederle di volersi informare adeguatamente e conseguentemente di volersi finalmente opporre alla realizzazione di un'opera inquinante, nociva e distruttiva, un'opera contraria al pubblico interesse, un'opera che violerebbe le vigenti norme a tutela dei beni ambientali e culturali, della salute dei cittadini, dei diritti soggettivi e dei legittimi interessi della popolazione viterbese. Qualora lei intendesse proseguire invece nel favoreggiamento della realizzazione di un'opera dagli esiti inammissibili, la presente valga come diffida. Riservandoci di sollecitare l'intervento delle competenti istituzioni di controllo e particolarmente delle magistrature giurisdizionalmente preposte ad intervenire, voglia gradire distinti saluti, Antonella Litta, portavoce del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 9 gennaio 2009 7. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "CONTRO I NUOVI DISPOTISMI" DI NORBERTO BOBBIO [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Norberto Bobbio, Contro i nuovi dispotismi, Scritti sul berlusconismo, Dedalo, Bari 2008] Indice del volume L'ultima battaglia di un "demonizzatore", di Enzo Marzo; Separatismo liberale; Quell'Italia modello Berlusconi; La sinistra fa paura all'Italia; "Autoritario o sprovveduto?"; Il partito fantasma; Il diritto di fare domande; Insisto, chi finanzia Forza Italia?; I poteri e le leggi; La democrazia precaria; Confine tra politica e potere tv; Il disfattismo di Bertinotti; Il conflitto e il suo vero nodo; La lezione dei 12 referendum; La regola della democrazia; Ambra e l'unto del Signore; L'accanimento degli antiazionisti; La fine della sinistra; "Sconcertato e sconfortato"; Italica follia; "Questa destra non e' liberale"; Vince con la pubblicita'; Appello contro la Casa delle Liberta'; Puo' un politico dirsi "unto del Signore"?; Un partito eversivo; L'uomo tirannico; Le sfide neoilluministiche di Bobbio, di Franco Sbarberi. * Da pagina 5 L'ultima battaglia di un "demonizzatore", di Enzo Marzo "Di certi difetti sostanziali anche in un popolo 'nipote' di Machiavelli non sapremmo capacitarci... Il fascismo in Italia e' una catastrofe, e' un'indicazione di infanzia decisiva, perche' segna il trionfo della facilita'... Il fascismo e' stato qualcosa di piu'; e' stato l'autobiografia della nazione. Una nazione che crede alla collaborazione delle classi; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, e' una nazione che vale poco" (Piero Gobetti, 1923) "Mi trovo spesso a domandarmi se il berlusconismo non sia una sorta di autobiografia della nazione, dell'Italia d'oggi" (Norberto Bobbio, 1994) Alla fine del 1997, Norberto Bobbio scrisse a "Critica liberale" una lettera per rispondere a un nostro invito a "non tacere". Bobbio in una prefazione aveva giurato a se stesso di tirarsi da parte e di rinchiudersi nei suoi studi. Capivamo le ragioni del nostro presidente onorario, tuttavia non ci rassegnavamo alla perdita nella lotta politica della sua voce cosi' autorevole e cosi' intransigente. Certo, la vittoria elettorale del 1996 sembrava offrire un periodo piu' quieto, ma "Critica liberale" era ben consapevole dell'inconsistenza delle classi dirigenti del centrosinistra, prive di solidi punti di riferimento etico-politici e proprio per questo incapaci di avvertire fino in fondo i pericoli per la democrazia insiti nel fenomeno berlusconiano. E di regolarsi di conseguenza. Profezia fin troppo facile. Cosi' tirammo per la giacca il vecchio professore. Nella replica a noi scrisse di rimanere del suo parere, ma noi che lo conoscevamo bene sapevamo che prima o poi avrebbe ceduto. Se ce ne fosse stato bisogno. E infatti, quando fu necessario, Bobbio dimentico' la vecchia promessa a se stesso e torno' a combattere, con la lucidita' di sempre e con un consapevole pessimismo. Cosi' nel 2001 la sua ultima testimonianza contro Berlusconi vide proprio un'alzata di scudi oggettivamente berlusconiana di alcuni politici e intellettuali che ancora si proclamavano di sinistra. Tristezza. Nella sua lettera Bobbio scrisse: "L'ultima battaglia l'ho condotta senza indulgenze contro Berlusconi e il 'non-partito' di Forza Italia". Abbiamo sempre saputo che per lui era un cruccio. Peccato che dopo la sua morte si sia discusso pochissimo del tipo di opposizione in cui aveva creduto Bobbio. La sua rimozione e' stata pressoche' completa. Prima si e' sancito che Berlusconi era scomparso, che bisognava pensare al futuro, distrarsi. Poi, malvolentieri tutti hanno dovuto prendere atto che si', in effetti, Berlusconi esisteva ancora, piu' forte, piu' ricco e piu' monopolista che mai. Traboccanti di profezie fallite, di mancate promesse, di complicita' sotterranee, di doverose dimissioni non date, i dirigenti della sinistra italiana hanno continuato a distorcere la realta' affannandosi a dipingere il sistema politico sommosso da novita' strabilianti. Qualcuno si e' azzardato persino a proclamare chiusa la Seconda Repubblica. Quando ancora si deve chiudere la Prima, di cui questo ultimo quindicennio non e' che il fetido strascico sfibrato. E gestito con maggiore sfrontatezza dai personaggi un tempo di terza fila. Basta leggere queste pagine scritte dal pessimista Bobbio in tempi non sospetti per scoprire che i suoi timori erano piu' che fondati, erano il preannuncio della decadenza del nostro Paese e delle sue classi dirigenti. E non perche' negligenti o incapaci di contrastare Berlusconi, ma perche' essi stessi facile terra di conquista del berlusconismo. E un primo abbozzato disegno scientifico di cosa sia il berlusconismo come categoria politica e mentale e' proprio qui. Leggendo, come non ripensare a Gobetti che vedeva nel fascismo l'autobiografia della nostra nazione, o addirittura al Leopardi del Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani? Quindi, come in un incubo ricorrente, viviamo un male che viene da lontano, che ci impedisce di entrare davvero nella modernita', impastato com'e' di oscurantismi e arretratezze di vario genere come il clericalismo sfacciato, il capitalismo sregolato e d'avventura, la vuota spregiudicatezza dei post-comunisti, l'immoralita' pubblica innalzata a valore, l'agonia dello stato di diritto. Quando il Potente dichiara di "essere commosso" perche' il reato era stato si' consumato ma il Giudice e' stato costretto ad assolverlo solo perche' glielo ha imposto una legge ad hoc varata nel frattempo dal Potente stesso, si sta a un passo dal fondo. Ma quando di fronte a quella dichiarazione il Capo della parte avversa tace e avalla e legittima, quel passo e' compiuto. Quando il Ministro della Giustizia giustifica i suoi guai giudiziari con la formula del "cosi' fan tutti", siamo anche qui a un passo dal fondo, ma quando il Parlamento lo acclama, siamo gia' oltre. Inutile nasconderci la realta': in ogni settore, dall'economia al sociale, dalla cultura alla moralita' pubblica, dalla ricerca all'imprenditorialita', tutti gli indici europei ci dicono che il nostro Paese e' scivolato velocemente verso gli ultimi posti. Smarrito il senso della "differenza" e della "politica" abbiamo perduto il controllo di intere regioni, in provincia spesso l'omogeneita' delle classi politiche e' pressoche' completa. Quasi dovunque dominano "comitati d'affari" che inquinano le amministrazioni. Altri degradi sono difficili a misurarsi, ma che dire della corruzione della nostra stessa lingua, del senso forte di precarieta', di insicurezza e di impunita' che inquieta il Paese, del complotto destra-sinistra che confisca al cittadino ogni possibilita' di scelta dei propri rappresentanti? Tutto questo sarebbe risanabile se esistesse una classe dirigente consapevole delle cause della crisi. Nel 1922 Gaetano Salvemini, un maestro di Bobbio, scrisse che era inutile "cercare la salvezza nel mutare gli ordinamenti costituzionali" e irrideva al fatto che si pensasse di rimediare "cambiando legge elettorale". Siamo alle solite. Al "politicume". I politici del centrosinistra faranno pagare al Paese per molto tempo e assai caro il tradimento del proprio elettorato nel 2006. Con una terribile legislatura berlusconiana alle spalle, forze assai disomogenee, da Fisichella a Turigliatto, erano state costrette a correre ai ripari. La stessa azione di governo ad personam imponeva a tutti gli altri di mettersi assieme in un fronte eterogeneo ma unito su un solo punto: la riparazione dei guasti prodotti dal regime berlusconiano. Si cominciava a capire che per esserci un regime non era necessario il manganello mussoliniano, bastava il manganello mediatico, o la dittatura della maggioranza parlamentare. Il Comitato di Liberazione Nazionale si fa, ma non si dice. Anzi, ci si arrabatta persino a scrivere un programma politico onnicomprensivo, come se questo sia concepibile tra visioni del mondo spesso opposte. Commovente e' l'ostinazione con cui ci si rifiuta di dire lealmente qual e' il senso politico dell'alleanza elettorale. Anzi, si fa di tutto per occultare il significato dell'"unione sacra", rinunciando a criticare il berlusconismo, a metterne in luce significati, comportamenti, disvalori. Meno si parla dell'avversario e meglio e'. E l'avversario ricambia benignamente dimenticandosi in campagna elettorale delle malefatte diessine. I risultati sono noti. Si vince lo stesso per pochi voti, ma la sconfitta verra' dopo. Appunto, tradendo gli elettori. Non solo non si dice, ma neppure si fa. Il centrosinistra lungo due legislature in cui ha governato non solo non e' riuscito, ma non si e' posto neppure il problema di blindare la Costituzione dalle probabili manomissioni, non ha affrontato in modo serio ne' il monopolio televisivo ne' il conflitto d'interessi, non ha disinquinato la democrazia, non ha ripristinato minime regole di legalita', non ha abrogato il "Porcellum". Ha cancellato, invece, il senso emergenziale e provvisorio della propria alleanza. Ha negato le qualita' specifiche della crisi in cui e' precipitato il Paese. E' rimasto in balia delle proprie diversita'. Cosi' si e' suicidato. Per ora il berlusconismo ha dilagato. Dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo. Bobbio aveva ragione. Lui cosi' pessimista sempre, se ha fatto un errore, e' per difetto. Le crisi storiche hanno due vie d'uscita: o una piena assunzione di responsabilita' delle classi dirigenti che cosi' riescono a rinnovarsi e a rinnovare la propria rappresentanza politica o la solita scorciatoia populista e demagogica. Ci sembra che non ci siano tante speranze. Il populismo e la demagogia dominano tutti i fronti, persino quello che pensa di contrapporsi virtuosamente alla "politica". Quello che Bobbio defini' "non-partito" ha fatto scuola e, mentore Ferrara, e' diventato il modello della nuova formazione "a vocazione maggioritaria". Il cerchio si chiude: i nuovi leader copiano i vecchi, prima si fanno applaudire plebiscitariamente, poi decidono in solitudine nomenclature, candidature, programmi. Svegliandosi una mattina, mutano rotta politica di centottanta gradi. Fanno accordi "di cartello" con la concorrenza. La plebe segue. Nuovi dispotismi? Si', anche; ma pure tanta paccottiglia dispotica trita e ritrita. * Da pagina 14 Quell'Italia modello Berlusconi ["La Stampa", 20 marzo 1994] Sono bastati a Silvio Berlusconi poco piu' di due mesi per diventare il protagonista di questa campagna elettorale. Il protagonista e l'antagonista. Protagonista, perche' e' riuscito col suo movimento, nonostante gli scatti d'ira del senatore Bossi (ma... can che abbaia non morde), a riunire gli scomposti frammenti della destra. Antagonista, perche' sta diventando l'unico bersaglio del polo cosiddetto progressista, ormai quasi indulgente verso Fini, il nemico storico, e del centro: oggetto di vituperi e sberleffi, parlati, scritti, gridati, filmati, di libelli scandalistici e di cronistorie velenose. Un fenomeno senza precedenti. Mi rivolgo agli studiosi di politica, agli storici, ai sociologi, per sapere se sia accaduto qualche cosa di simile in Italia o in un altro Paese qualunque. C'e' una spiegazione? Un'altra delle tante anomalie italiane? Si sa bene che nelle grandi crisi storiche salgono improvvisamente alla ribalta uomini venuti dal nulla. Bossi e' il classico esempio di questi uomini senza storia. Ma si ha l'impressione che sia destinato a tornare rapidamente nel nulla da dov'e' venuto. Berlusconi, no. Prima di buttarsi, come egli stesso ha detto, in politica, era un uomo gia' notissimo, ma sino all'altro ieri anche il piu' chiaroveggente degli osservatori non aveva previsto che sarebbe entrato fragorosamente sulla scena politica, dopo essere stato un abile e fortunato uomo d'affari, un uomo di spettacolo, l'impresario della squadra di calcio piu' coronata in questi ultimi anni. Vi e' entrato subito da primo attore e, a giudicare dalla campagna elettorale e dalle previsioni che se ne possono trarre, destinato per ora a restare tale. Difficile trovare una spiegazione. Se ne possono trovare tante, ma nessuna del tutto soddisfacente. Si puo' cercare di attenuare la novita' del fenomeno, osservando che le reti per questa pesca cosi' fortunata le aveva gettate nascostamente di notte prima di tirarle su alla luce del giorno. Fuor di metafora, la sua comparsa in pubblico come capo di un movimento politico era stata preparata da tempo. Il dubbio: "Mi butto o non mi butto?", e' stata un'abile finzione, una domanda retorica, uno stratagemma per creare uno stato di attesa. Tutto non solo era gia' pronto per dare inizio alle grandi manovre: tutto era gia' deciso. Cio' non toglie che l'ascesa sia stata rapidissima, impetuosa, sbalorditiva. Bisogna anche riconoscere che un fenomeno di questa natura e' stato favorito dalle prime elezioni, dopo tanto tempo, a prevalente collegio uninominale. Per ottenere un buon successo in un sistema proporzionale occorre avere alle spalle un partito, e un partito non si organizza in pochi mesi. Per far vincere un candidato in un collegio di poche migliaia di persone basta un comitato elettorale. "Forza Italia" non e' un partito: e' un insieme di comitati elettorali sparsi un po' dappertutto nel Paese. La formazione di un partito richiede tempo, la sua fortuna richiede un radicamento storico. Per la formazione di un comitato elettorale pochi mesi possono bastare. Tuttavia, la spiegazione piu' frequente e anche piu' facile viene trovata nella constatazione di una videocrazia trionfante, ovvero del trionfo del potere che si esercita non piu' soltanto attraverso la parola parlata, che pochi sono disposti ad ascoltare, o quella scritta che pochissimi hanno tempo per imprimersi nella mente, ma attraverso l'immagine che entra insistentemente nelle case di tutti, e si fissa nella memoria ben piu' che un discorso. A tutti e' capitato di sentirsi dire: "L'ho vista in televisione", ma alla domanda: "Di che cosa parlavo?", di sentirsi rispondere: "Non ricordo". Pero' non tutti sono egualmente padroni della propria immagine. Sia permesso dire a uno come me che di televisione non s'intende molto che c'e' immagine e immagine. Ci sono oratori simpatici e antipatici, divertenti e noiosi. Lo stesso accade per coloro che si presentano sullo schermo di una televisione. Berlusconi, la sua immagine, la sa usare benissimo, da uomo che se ne intende o ha avuto ottimi consiglieri. In questi giorni un amico mi ha fatto un'osservazione giustissima. Nelle sue apparizioni il signore della Fininvest si presenta sempre piu' (dico "sempre piu'" perche' anche lui sta imparando il mestiere) come uno dei piu' perfetti personaggi degli spot televisivi graditi al pubblico. Sorride, o meglio mostra un largo sorriso che riflette una mente senza dubbi, un pensiero non offuscato da nubi, di persona che sa quel che vuole ed e' soddisfatta di se'. Si vede che il prodotto di cui si fa banditore gli piace, e piace a chi gli sta vicino e lo attornia festosamente, quasi per carpirgli il segreto di questa sua felicita'. Mi trovo spesso a domandarmi quale pubblico mai possa essere incantato dalla maggior parte dei messaggi televisivi che esaltano la qualita' di una merce. Generalmente io li trovo orrendi. So che non comprero' mai un biscotto o una crema da barba il cui acquisto mi hanno voluto imporre attraverso quelle scene un po' melense di felicita' illusoria. Ma so anche che se queste scenette vengono rappresentate e si spendono somme favolose per trasmetterle, ci sono molti miei simili, ma dovrei dire dissimili, che le apprezzano e si precipitano nel primo negozio a comprare la merce raccomandata. Temo, come vedete, di essere un pessimo giudice di quel che accadra' il 27 marzo. Ma mi trovo spesso a domandarmi se il berlusconismo non sia una sorta di autobiografia della nazione, dell'Italia d'oggi. * Da pagina 69 Vince con la pubblicita' ["Reset", n. 64, gennaio-febbraio 2001] Tra i sociologi e' sempre vivo il dibattito se il successo di un prodotto dipende dalla sua bonta' e dalla sua reale superiorita' su altri prodotti simili oppure dalla abilita' con cui viene presentato al pubblico, soprattutto dopo l'avvento della televisione, la cui efficacia per creare consenso e' superiore ad ogni altro mezzo di comunicazione. Perche' quello che vale nella sfera del mercato non potrebbe valere nella sfera della politica, tra i prodotti della quale primeggiano i programmi elettorali? Siamo proprio sicuri che la maggiore credibilita' della destra berlusconiana derivi non da una meditata valutazione positiva della sua azione politica, ma dai mezzi impiegati per farla conoscere? Quale partito oggi puo' gareggiare con la dispendiosita', la spregiudicatezza, la spudoratezza della propaganda che Forza Italia fa di se stessa attraverso i grandi manifesti che hanno inondato le nostre citta' e i nostri paesi? Non vediamo, in questi giorni in cui scrivo, apparire addirittura uno di questi grandi manifesti in cui Berlusconi augura buon Natale a tutti gli italiani? Chi puo' escludere che contino presso la "gente" piu' le promesse sbandierate con una propaganda cosi' assillante e ossessiva, e magari anche gli auguri di Natale, che non le azioni positive della sinistra che "Reset" cita, ma non sono sufficientemente conosciute perche' non trasmesse al pubblico, almeno non con gli stessi mezzi? * Da pagina 70 Appello contro la Casa delle Liberta' [8 marzo 2001] Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone, Alessandro Pizzorusso, Paolo Sylos Labini: E' necessario battere col voto la cosiddetta Casa delle Liberta'. Destra e sinistra non c'entrano: e' in gioco la democrazia. Berlusconi ha dichiarato di voler riformare anche la prima parte della Costituzione, cioe' i valori fondamentali su cui poggia la Repubblica italiana. Ha annunciato una legge che darebbe al Parlamento la facolta' di stabilire ogni anno la priorita' dei reati da perseguire. Una tale legge subordinerebbe il potere giudiziario al potere politico, abbattendo cosi' uno dei pilastri dello stato di diritto. Oltre a cio' Berlusconi, gia' piu' volte condannato e indagato, in Italia e all'estero, per reati diversi, fra cui uno riguardante la mafia, insulta i giudici e cerca di delegittimarli in tutti i modi, un fatto che non ha riscontri al mondo. Ma siamo ancora veramente un Paese civile? Chi pensa ai propri affari economici e ai propri vantaggi fiscali governa malissimo: nei sette mesi del 1994 il governo Berlusconi dette una prova disastrosa. Gli innumerevoli conflitti di interesse creerebbero ostacoli tremendi a un suo governo sia in Italia, e ancora di piu' in Europa. Le grandiose opere pubbliche promesse dal Polo dovrebbero essere finanziate almeno in parte col debito pubblico, cio' che ci condurrebbe fuori dall'Europa. A coloro che, delusi dal centrosinistra, pensano di non andare a votare, diciamo: chi si astiene vota Berlusconi. Una vittoria della Casa delle Liberta' minerebbe le basi stesse della democrazia. * [Il pericolo per Berlusconi costituito da questo appello, che tentava di correggere l'impostazione dalemiana e di tutto il centrosinistra data alla campagna elettorale, fu immediatamente percepito dalla destra e dai cosiddetti terzisti, che reagirono con un contro-appello pubblicato sul "Foglio" di casa Arcore: "Crediamo che alle prossime elezioni politiche si debba votare liberamente, consapevolmente e serenamente secondo le idee e le inclinazioni di ciascuno. Siamo convinti che non sia in atto uno scontro tra civilta' e barbarie. L'attuale maggioranza di governo e la coalizione delle opposizioni hanno pieno e legittimo diritto di essere giudicate in modo maturo e meditato. L'enfasi emotiva, lo smodato attacco personale e la trasformazione della campagna elettorale in un conflitto finale in difesa della democrazia in pericolo sono strumenti di un vecchio arsenale ideologico che ha gia' recato danni gravi al Paese e alla credibilita' delle sue classi dirigenti, politiche e intellettuali". Firmarono Franco Debenedetti, Luciano Cafagna, Michele Salvati, Paolo Mieli, Augusto Barbera. E' superfluo notare che questa linea politica del "Foglio", negli anni successivi, e' stata fatta propria dalla stragrande maggioranza delle forze dell'Unione e, in seguito, ufficialmente adottata dal Partito democratico di Veltroni - nota del curatore]. 8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 698 del 12 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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