Minime. 698



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 698 del 12 gennaio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Ogni guerra
2. Giulio Vittorangeli: Contrastare la barbarie senza diventare barbari
3. Naoki Tomasini intervista Arik Diamant
4. "L'Unita'" intervista Mairead Corrigan Maguire
5. Il 20 gennaio a Ronciglione
6. Una diffida al Ministro dei Trasporti
7. Alcuni estratti da "Contro i nuovi dispotismi" di Norberto Bobbio
8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. OGNI GUERRA

Ogni guerra la stessa guerra.
Ogni uccisione la stessa uccisione.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
*
Non vi e' altra umanita' che l'umanita'.
Non vi e' altra politica che la nonviolenza.

2. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: CONTRASTARE LA BARBARIE SENZA DIVENTARE
BARBARI
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

Le parole sono importanti, sono pietre, pesanti e solide, hanno forza in
se'; creano e fanno essere. Don Milani insegnava che e' la padronanza della
parola che ci da' la possibilita' di essere eguali. Oggi le parole, piu' che
pietre, sembrano polvere, sabbia.
La "cultura" della guerra permanente, e la "logica" del nemico, non solo ha
fatto danni da tutti i lati, ma ha usato le parole con tale disinvoltura che
non significano piu' quasi niente.
Si e' iniziato con la banalizzazione ed il revisionismo storico per cui
qualsiasi dittatore e' stato paragonato ad Hitler e come tale andava
abbattuto immediatamente con il ricorso alla guerra; poi la guerra e'
diventata "umanitaria" o una "operazione di polizia", le vittime sono
divenute "effetti collaterali" ed il "nemico" e' stato totalmente
disumanizzato, con un generale imbarbarimento per cui tutti brillano per
cinismo e disprezzo della vita.
Che senso hanno oggi certi macabri paragoni se non quello di demonizzare il
nemico, alimentando alla fine unicamente quella cultura della morte che
sembra prevalere a qualsiasi longitudine e latitudine.
Quello che sta facendo l'esercito israeliano nella Striscia di Gaza, un
pantano di sangue e fuoco contro centinaia di migliaia di palestinesi quasi
tutti del tutto inermi, e' totalmente inaccettabile; ma una speranza di vita
presente e futura per la Palestina puo' venire solo dall'incontro e
dall'iniziativa comune con quella minoranza d'israeliani che si oppone alla
guerra.
Puo' venire da una soluzione politica e non certo militare; da un'azione
politica in cui le screditate Nazioni Unite (oggi totalmente incapaci di
proteggere la popolazione civile palestinese dalle massicce violazioni di
Israele) tornino a svolgere un ruolo centrale in Medio Oriente.
Puo' venire se tutti quelli come noi, che sono solidali con i palestinesi,
sapranno sfuggire alla logica della barbarie.
E' possibile contrastare la barbarie senza diventare barbari?
E' possibile essere pacifisti senza vittimismi aggressivi, esorcismi
verbali, turpiloquio permanente?
E' possibile essere contro la politica del governo di Israele (come ieri
contro quella di Bush) senza essere infantilmente antisraeliani (come ieri
antiamericani)?
E' possibile opporsi al degrado senza degradarsi?
Ci sembra questo - il restare umani in una situazione totalmente disumana -
l'aspetto fondamentale che bene evidenzia nei suoi scritti giornalieri da
Gaza City un volontario italiano sulle ambulanze della mezzaluna rossa.
Solo cosi' crediamo puo' avere giustizia e pace il popolo palestinese, come
e' descritto in "Kufia, canto per la Palestina".
"Sogno dei gigli bianchi
strade di canto
e una casa di luce.
Voglio un cuore buono
e non voglio il fucile.
Voglio un giorno intero di sole
e non un attimo
di una folle vittoria razzista.
Voglio un giorno intero di sole
e non strumenti di guerra.
Le mie non sono lacrime di paura
sono lacrime per la mia terra.
Sono nato per il sole che sorge
non per quello che tramonta".

3. TESTIMONIANZE. NAOKI TOMASINI INTERVISTA ARIK DIAMANT
[Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo la
seguente intervista dell'11 gennaio 2009 col titolo "La voce mancante" e il
sommario "Contro la guerra a Gaza, scendono in campo anche i soldati
israeliani di Courage to Refuse"]

"Non possiamo restare in disparte mentre centinaia di civili vengono
macellati dall'Idf (l'esercito israeliano). In questo momento la cosa piu'
pericolosa e' la falsa speranza che questo tipo di violenza possa portare
sicurezza a Israele. Invitiamo dunque i soldati a rifiutarsi di participare
alla campagna di Gaza". Queste parole segnano il ritorno dei refusenik, i
soldati israeliani di "Courage to Refuse", che si oppongono alla politica di
oppressione militare del loro governo ai danni della popolazione
palestinese.
Fondata nel 2002. l'organizzazione era rimasta inattiva per almeno tre anni,
ma i recenti eventi nella Striscia hanno spinto i suoi animatori a
riprendere le iniziative pubbliche, manifestando questa settimana insieme ai
pacifisti israeliani. Lo scorso 8 gennaio gli attivisti di "Courage to
Refuse" si sono radunati davanti al ministero della Difesa, insieme a quelli
di "Gush Shalom", "Peace Now", "Taayush" e altri gruppi dei cosiddetti
pacifisti radicali israeliani. Ex soldati e pacifisti oggi manifestano
assieme, per chiedere la fine della politica fatta con le armi e per dare un
segnale alla societa' israeliana, che pare oggi compatta a favore del
massacro di Gaza. "Dobbiamo contenere la nostra rabbia" dicono gli obiettori
israeliani, che spiegano come, per rivolgersi ai militari chiedendo loro di
non obbedire agli ordini, sia necessario usare un vocabolario diverso da
quello del campo pacifista in senso stretto. "Evitiamo di definire
'assassino' il ministro della Difesa e 'organizzazione terrorista' l'Idf
(anche se in questo momento sembrano definizioni corrette)". Gli slogan
degli ex soldati, invece, puntano altrove: "Vendetta non e' sicurezza", "No
all'uccisione di civili a Gaza e Sderot", "La distruzione di Gaza produce
terrore" era scritto sui loro striscioni. Oggi pero' queste differenze non
contano, l'importante, spiegano, e' "contrastare l'atmosfera guerrafondaia
che prevale nei media e nel sistema politico israeliani".
"Quest'ultima e' stata una delle peggiori settimane nella storia del
conflitto israelo-palestinese" dice a "PeaceReporter" Arik Diamant, uno dei
fondatori del movimento dei refusenik. "Centiniaia di civili uccisi, cosi'
tante vittime tra i bambini... questo e' troppo anche per una terra
insanguinata come questa. Non ci aspettavamo un simile sviluppo della crisi,
e ne siamo rimasti sconvolti. Cosi', dopo tre anni di inattivita' abbiamo
deciso di riprendere le attivita' per dire 'smettete!'. Ci siamo resi conto
che nel discorso pubblico sugli eventi di Gaza mancava una voce. Ci sono
state diverse proteste contro la guerra, ma la nostra e' particolare perche'
viene dall'interno dell'esercito".
Con l'inizio delle operazioni militari, molti soldati della riserva sono
stati richiamati in servizio, tra loro anche alcuni attivisti di "Courage to
Refuse", che hanno subito rifiutato la chiamata. Normalmente un simile
rifiuto comporta l'arresto, un processso e la carcerazione, ma in questo
caso pare che gli ordini di arresto non siano ancora partiti. "Al momento -
spiega ancora Diamant - sappiano di sette soldati che una settimana fa hanno
rifiutato la chiamata, e da allora attendono di essere processati. Solo che
non e' successo nulla. Credo che lo scopo dell'Idf sia lasciare correre, per
evitare che i media possano dare risalto alla storia. Forse li processeranno
a guerra finita, ma non credo".
*
- Naoki Tomasini: Come coordinate le vostre azioni e il tono della vostra
protesta con gli altri movimenti pacifisti israeliani?
- Arik Diamant: Abbiamo gia' fatto due manifestazioni con loro e abbiamo
anche organizzato degli incontri pubblici assieme. Credo che non ci sia
differenza tra noi e loro. Tutto cio' che ci distingue dai cosiddetti
pacifisti radicali e' il fatto che noi siamo stati soldati e pensavamo che
fosse una cosa buona. Usiamo un linguaggio piu' soft perche' conosciamo bene
le dinamiche delle forze armate e la situazione in cui si trovano i soldati
prima di rifiutarsi di obbedire.
*
- Naoki Tomasini: La maggioranza della popolazione israeliana non accetta di
dialogare con i pacifisti, e' piu' semplice per voi?
- Arik Diamant: Questa e' l'unica ragione per cui esistiamo e abbiamo deciso
di riprendere le attivita'. Non perche' non crediamo nei metodi dei
pacifisti, ma perche' ci rendiamo contro che sono inefficaci se ci si
rivolge al grande pubblico. Il pubblico israeliano ha bisogno di ascoltare
qualcuno che non sia totalmente contrario alla guerra, qualcuno che sia
stato un soldato e sappia cosa significa fare il proprio dovere in difesa
del proprio paese... anche se quelle stesse persone pensano che l'attuale
offensiva sia un'azione criminale. Il nostro ruolo e' strategico e consiste
nel prendere il discorso dei pacifisti e tradurlo in modo che il grande
pubblico lo possa accogliere.
*
- Naoki Tomasini: Come giudichi la copertura dei media israeliani sulla
guerra e sulle proteste contro la guerra?
- Arik Diamant: Molto male. L'atteggiamenti dei media rispetto alle
manifestazioni contro la guerra e' molto ostile, le proteste vengono
presentate come esternazioni marginali organizzate da traditori. In generale
si puo' certamente dire che i media presentano la linea dell'esercito e
hanno un pregiudizio nei confronti dei refusenik e degli attivisti contro la
guerra. Questa situazione, pero', sta lentamente cambiando. Ad esempio,
durante la prima settimana a protestare erano pacifisti, comunisti e
anarchici, dunque le notizie su di loro sono state accantonate. Ma una
settimana dopo alle proteste hanno partecipato anche ex soldati, allora
anche la stampa ha iniziato a dare piu' spazio al movimento. E' difficile,
ma poco alla volta le ragioni di chi si oppone a questa guerra stanno
guadagnando spazio e attenzione.

4. DOCUMENTAZIONE. "L'UNITA'" INTERVISTA MAIREAD CORRIGAN MAGUIRE
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 10 gennaio 2009 col titolo "Crimini di guerra
a Gaza. Un tribunale Onu deve processare Israele. Intervista a Mairead
Corrigan Maguire" e il sottotitolo "Massacro. L'Onu: Bambini un terzo delle
vittime"]

"Chiedo giustizia per i bambini, le donne, gli anziani, gli esseri umani
massacrati a Gaza. Chiedo che si onori la loro memoria sancendo per cio' che
e' stata la loro morte: un massacro di innocenti. Chiedo, e per questo ho
scritto una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon,
che i responsabili di questi massacri e i loro mandanti siano processati da
un Tribunale internazionale istituito dall'Onu, per i crimini di guerra
compiuti nella Striscia di Gaza, crimini che si aggiungono a quelli gia'
perpetrati prima del 26 dicembre (l'inizio dell'offensiva militare
israeliana a Gaza - ndr) contro la popolazione palestinese della Striscia,
sottoposta ad un embargo illegale e disumano che ha portato ad una crisi
umanitaria. Una crisi che ancora qualche giorno fa, la signora Livni (Tzipi
Livni, ministra degli Esteri d'Israele - ndr.) aveva sprezzantemente
negato". Giustizia. E' una parola che Mairead Corrigan Maguire,
nordirlandese, premio Nobel per la pace nel 1976, presidente della
Fondazione dei Nobel Peace Laureate, ripete piu' volte nel corso del nostro
colloquio. "Giustizia, si'. Lo dobbiamo ad un popolo a cui da sessant'anni
viene negata".
*
- "L'Unita'": A Gaza e' guerra totale...
- Mairead Corrigan: Questa guerra contro un popolo non nasce due settimane
fa. Due settimane fa Israele ha deciso di scatenare una devastante potenza
di fuoco contro un fazzoletto di terra popolato da un milione e mezzo di
persone. La guerra era iniziata gia' prima e nel silenzio complice della
diplomazia internazionale.
*
- "L'Unita'": A cosa si riferisce?
- Mairead Corrigan: All'embargo imposto da Israele, alla trasformazione di
Gaza in una enorme prigione a cielo aperto. L'ho ricordato nella lettera che
ho scritto alcuni giorni fa al segretario generale delle Nazioni Unite. E
voglio ripeterlo al suo giornale che non ha scoperto l'esistenza della
tragedia di Gaza ai primi bombardamenti israeliani... Nel novembre 2008
visitai la Striscia e rimasi scioccata dalla sofferenza della popolazione di
Gaza sotto assedio da oltre due anni. Questa punizione collettiva da parte
del governo israeliano ha condotto a una grave crisi umanitaria. La
punizione collettiva contro una comunita' civile, da parte del governo
israeliano, viola la Convenzione di Ginevra, e' illegale, e' un crimine di
guerra e un crimine contro l'umanita'. Invece di proteggere la comunita'
civile di Gaza e alleviare la sua sofferenza togliendo l'assedio, da ormai
due settimane l'esercito israeliano esegue bombardamenti dal cielo e dal
mare contro i civili disarmati. Lanciare bombe, centinaia di tonnellate di
bombe, contro civili disarmati, molti dei quali donne e bambini, distruggere
moschee, ospedali e case, e devastare le infrastrutture di Gaza e' illegale
e costituisce crimine di guerra. I morti del popolo di Gaza sono ora quasi
800, i feriti superano i 3.200, molti dei quali donne e bambini. Le
infrastrutture di Gaza sono state distrutte e la popolazione e' tagliata
fuori dal mondo - compresi i giornalisti, gli osservatori e gli attivisti
umanitari, tutti chiusi fuori da Gaza e impossibilitati a entrare ad aiutare
la popolazione. Questa e' la realta'.
*
- "L'Unita'": Cosa chiede all'Onu?
- Mairead Corrigan: L'Onu deve sostenere il rispetto dei diritti umani e
della giustizia nei confronti del popolo palestinese, prendendo in seria
considerazione l'istituzione di un Tribunale penale internazionale per
Israele, cosi' che il governo israeliano sia ritenuto responsabile di
crimini di guerra.
*
- "L'Unita'": Israele rivendica il diritto di difesa dal lancio dei razzi
contro la popolazione del Sud.
- Mairead Corrigan: Ho condannato quei lanci ma non c'e' diritto di difesa
che possa giustificare i massacri di civili attuati a Gaza.

5. INCONTRI. IL 20 GENNAIO A RONCIGLIONE
[Dall'Isde di Viterbo (per contatti: isde.viterbo at libero.it) riceviamo e
diffondiamo]

"L'ecosistema del lago di Vico: problematiche generali in relazione alla
potabilita' e salubrita' delle sue acque". Incontro scientifico promosso
dall'Associazione Italiana medici per l'ambiente. Ronciglione (Vt), 20
gennaio 2009
*
L'Associazione Italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society
of Doctors for the Environment - Italia), sezione di Viterbo, promuove per
il giorno martedi' 20 gennaio 2008 alle ore 16,30 a Ronciglione, nella Sala
ex Chiesa del Collegio, sita in corso Umberto I, un incontro scientifico,
aperto al pubblico, sul tema: "L'ecosistema del lago di Vico: problematiche
generali in relazione alla potabilita' e salubrita' delle sue acque".
*
All'incontro interverranno come relatori: la dottoressa Milena Bruno
dell'Istituto Superiore di Sanita'; il professor Giuseppe Capelli e il
professor Roberto Mazza del dipartimento di Scienze Geologiche
dell'Universita' degli Studi "Roma Tre", responsabili dello studio sullo
stato idrogeologico delle acque del lago di Vico (2007); il professor
Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia, prorettore dell'Universita' della
Tuscia; il dottor Mauro Mocci, del Coordinamento dell'Alto Lazio dell'Isde.
Presiede la dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Isde.
*
L'incontro, al quale sono invitati i cittadini e i rappresentati delle
istituzioni, vuole essere un  contributo scientifico per una migliore
conoscenza di tutte le problematiche relative allo stato, al monitoraggio e
al risanamento del lago di Vico, le cui acque alimentano anche gli
acquedotti dei comuni di Caprarola e Ronciglione.
*
Per informazioni e comunicazioni: isde.viterbo at libero.it

6. DOCUMENTI. UNA DIFFIDA AL MINISTRO DEI TRASPORTI

Al Ministro dei Trasporti
e per opportuna conoscenza: al Prefetto di Viterbo, al Presidente della
Repubblica
Oggetto: Diffida
Signor Ministro,
la stampa locale riferisce che lei l'8 gennaio 2009, trovandosi a Viterbo
per una iniziativa del suo partito, avrebbe affermato di voler imporre la
realizzazione a Viterbo di un illegale e irrazionale mega-aeroporto per voli
low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma, ignorando - o fingendo di
ignorare - che la realizzazione dell'opera costituirebbe per Viterbo un
gravissimo ambientale e sanitario, e che violerebbe vigenti leggi italiane
ed europee.
Le segnaliamo per l'ennesima volta che la realizzazione nell'area termale
del Bulicame di un nocivo e distruttivo mega-aeroporto provocherebbe
inevitabilmente:
a) un grave ed irreversibile danno ad un'area di enorme valore
naturalistico, storico-culturale, sociale, terapeutico ed economico;
b) un inquinamento che colpirebbe pesantemente il territorio ed i cittadini,
provocando gravi danni alla salute, alla sicurezza e alla qualita' della
vita dei viterbesi;
c) ulteriori gravi danni che abbiamo piu' volte segnalato, ad esempio nella
nostra lettera al Presidente della Repubblica del 4 agosto 2008, lettera che
gia' le inviammo per opportuna conoscenza.
Con la presente siamo pertanto a chiederle di volersi informare
adeguatamente e conseguentemente di volersi finalmente opporre alla
realizzazione di un'opera inquinante, nociva e distruttiva, un'opera
contraria al pubblico interesse, un'opera che violerebbe le vigenti norme a
tutela dei beni ambientali e culturali, della salute dei cittadini, dei
diritti soggettivi e dei legittimi interessi della popolazione viterbese.
Qualora lei intendesse proseguire invece nel favoreggiamento della
realizzazione di un'opera dagli esiti inammissibili, la presente valga come
diffida.
Riservandoci di sollecitare l'intervento delle competenti istituzioni di
controllo e particolarmente delle magistrature giurisdizionalmente preposte
ad intervenire, voglia gradire distinti saluti,
Antonella Litta, portavoce del Comitato che si oppone all'aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 9 gennaio 2009

7. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "CONTRO I NUOVI DISPOTISMI" DI NORBERTO BOBBIO
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Norberto Bobbio, Contro i nuovi dispotismi, Scritti sul berlusconismo,
Dedalo, Bari 2008]

Indice del volume
L'ultima battaglia di un "demonizzatore", di Enzo Marzo; Separatismo
liberale; Quell'Italia modello Berlusconi; La sinistra fa paura all'Italia;
"Autoritario o sprovveduto?"; Il partito fantasma; Il diritto di fare
domande; Insisto, chi finanzia Forza Italia?; I poteri e le leggi; La
democrazia precaria; Confine tra politica e potere tv; Il disfattismo di
Bertinotti; Il conflitto e il suo vero nodo; La lezione dei 12 referendum;
La regola della democrazia; Ambra e l'unto del Signore; L'accanimento degli
antiazionisti; La fine della sinistra; "Sconcertato e sconfortato"; Italica
follia; "Questa destra non e' liberale"; Vince con la pubblicita'; Appello
contro la Casa delle Liberta'; Puo' un politico dirsi "unto del Signore"?;
Un partito eversivo; L'uomo tirannico; Le sfide neoilluministiche di Bobbio,
di Franco Sbarberi.
*
Da pagina 5
L'ultima battaglia di un "demonizzatore", di Enzo Marzo
"Di certi difetti sostanziali anche in un popolo 'nipote' di Machiavelli non
sapremmo capacitarci... Il fascismo in Italia e' una catastrofe, e'
un'indicazione di infanzia decisiva, perche' segna il trionfo della
facilita'... Il fascismo e' stato qualcosa di piu'; e' stato l'autobiografia
della nazione. Una nazione che crede alla collaborazione delle classi; che
rinuncia per pigrizia alla lotta politica, e' una nazione che vale poco"
(Piero Gobetti, 1923)
"Mi trovo spesso a domandarmi se il berlusconismo non sia una sorta di
autobiografia della nazione, dell'Italia d'oggi" (Norberto Bobbio, 1994)
Alla fine del 1997, Norberto Bobbio scrisse a "Critica liberale" una lettera
per rispondere a un nostro invito a "non tacere". Bobbio in una prefazione
aveva giurato a se stesso di tirarsi da parte e di rinchiudersi nei suoi
studi. Capivamo le ragioni del nostro presidente onorario, tuttavia non ci
rassegnavamo alla perdita nella lotta politica della sua voce cosi'
autorevole e cosi' intransigente. Certo, la vittoria elettorale del 1996
sembrava offrire un periodo piu' quieto, ma "Critica liberale" era ben
consapevole dell'inconsistenza delle classi dirigenti del centrosinistra,
prive di solidi punti di riferimento etico-politici e proprio per questo
incapaci di avvertire fino in fondo i pericoli per la democrazia insiti nel
fenomeno berlusconiano. E di regolarsi di conseguenza. Profezia fin troppo
facile. Cosi' tirammo per la giacca il vecchio professore. Nella replica a
noi scrisse di rimanere del suo parere, ma noi che lo conoscevamo bene
sapevamo che prima o poi avrebbe ceduto. Se ce ne fosse stato bisogno. E
infatti, quando fu necessario, Bobbio dimentico' la vecchia promessa a se
stesso e torno' a combattere, con la lucidita' di sempre e con un
consapevole pessimismo. Cosi' nel 2001 la sua ultima testimonianza contro
Berlusconi vide proprio un'alzata di scudi oggettivamente berlusconiana di
alcuni politici e intellettuali che ancora si proclamavano di sinistra.
Tristezza. Nella sua lettera Bobbio scrisse: "L'ultima battaglia l'ho
condotta senza indulgenze contro Berlusconi e il 'non-partito' di Forza
Italia". Abbiamo sempre saputo che per lui era un cruccio.
Peccato che dopo la sua morte si sia discusso pochissimo del tipo di
opposizione in cui aveva creduto Bobbio. La sua rimozione e' stata
pressoche' completa. Prima si e' sancito che Berlusconi era scomparso, che
bisognava pensare al futuro, distrarsi. Poi, malvolentieri tutti hanno
dovuto prendere atto che si', in effetti, Berlusconi esisteva ancora, piu'
forte, piu' ricco e piu' monopolista che mai. Traboccanti di profezie
fallite, di mancate promesse, di complicita' sotterranee, di doverose
dimissioni non date, i dirigenti della sinistra italiana hanno continuato a
distorcere la realta' affannandosi a dipingere il sistema politico sommosso
da novita' strabilianti. Qualcuno si e' azzardato persino a proclamare
chiusa la Seconda Repubblica. Quando ancora si deve chiudere la Prima, di
cui questo ultimo quindicennio non e' che il fetido strascico sfibrato. E
gestito con maggiore sfrontatezza dai personaggi un tempo di terza fila.
Basta leggere queste pagine scritte dal pessimista Bobbio in tempi non
sospetti per scoprire che i suoi timori erano piu' che fondati, erano il
preannuncio della decadenza del nostro Paese e delle sue classi dirigenti. E
non perche' negligenti o incapaci di contrastare Berlusconi, ma perche' essi
stessi facile terra di conquista del berlusconismo. E un primo abbozzato
disegno scientifico di cosa sia il berlusconismo come categoria politica e
mentale e' proprio qui. Leggendo, come non ripensare a Gobetti che vedeva
nel fascismo l'autobiografia della nostra nazione, o addirittura al Leopardi
del Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani?
Quindi, come in un incubo ricorrente, viviamo un male che viene da lontano,
che ci impedisce di entrare davvero nella modernita', impastato com'e' di
oscurantismi e arretratezze di vario genere come il clericalismo sfacciato,
il capitalismo sregolato e d'avventura, la vuota spregiudicatezza dei
post-comunisti, l'immoralita' pubblica innalzata a valore, l'agonia dello
stato di diritto. Quando il Potente dichiara di "essere commosso" perche' il
reato era stato si' consumato ma il Giudice e' stato costretto ad assolverlo
solo perche' glielo ha imposto una legge ad hoc varata nel frattempo dal
Potente stesso, si sta a un passo dal fondo. Ma quando di fronte a quella
dichiarazione il Capo della parte avversa tace e avalla e legittima, quel
passo e' compiuto. Quando il Ministro della Giustizia giustifica i suoi guai
giudiziari con la formula del "cosi' fan tutti", siamo anche qui a un passo
dal fondo, ma quando il Parlamento lo acclama, siamo gia' oltre. Inutile
nasconderci la realta': in ogni settore, dall'economia al sociale, dalla
cultura alla moralita' pubblica, dalla ricerca all'imprenditorialita', tutti
gli indici europei ci dicono che il nostro Paese e' scivolato velocemente
verso gli ultimi posti. Smarrito il senso della "differenza" e della
"politica" abbiamo perduto il controllo di intere regioni, in provincia
spesso l'omogeneita' delle classi politiche e' pressoche' completa. Quasi
dovunque dominano "comitati d'affari" che inquinano le amministrazioni.
Altri degradi sono difficili a misurarsi, ma che dire della corruzione della
nostra stessa lingua, del senso forte di precarieta', di insicurezza e di
impunita' che inquieta il Paese, del complotto destra-sinistra che confisca
al cittadino ogni possibilita' di scelta dei propri rappresentanti?
Tutto questo sarebbe risanabile se esistesse una classe dirigente
consapevole delle cause della crisi. Nel 1922 Gaetano Salvemini, un maestro
di Bobbio, scrisse che era inutile "cercare la salvezza nel mutare gli
ordinamenti costituzionali" e irrideva al fatto che si pensasse di rimediare
"cambiando legge elettorale". Siamo alle solite. Al "politicume". I politici
del centrosinistra faranno pagare al Paese per molto tempo e assai caro il
tradimento del proprio elettorato nel 2006. Con una terribile legislatura
berlusconiana alle spalle, forze assai disomogenee, da Fisichella a
Turigliatto, erano state costrette a correre ai ripari. La stessa azione di
governo ad personam imponeva a tutti gli altri di mettersi assieme in un
fronte eterogeneo ma unito su un solo punto: la riparazione dei guasti
prodotti dal regime berlusconiano. Si cominciava a capire che per esserci un
regime non era necessario il manganello mussoliniano, bastava il manganello
mediatico, o la dittatura della maggioranza parlamentare.
Il Comitato di Liberazione Nazionale si fa, ma non si dice. Anzi, ci si
arrabatta persino a scrivere un programma politico onnicomprensivo, come se
questo sia concepibile tra visioni del mondo spesso opposte. Commovente e'
l'ostinazione con cui ci si rifiuta di dire lealmente qual e' il senso
politico dell'alleanza elettorale. Anzi, si fa di tutto per occultare il
significato dell'"unione sacra", rinunciando a criticare il berlusconismo, a
metterne in luce significati, comportamenti, disvalori. Meno si parla
dell'avversario e meglio e'. E l'avversario ricambia benignamente
dimenticandosi in campagna elettorale delle malefatte diessine. I risultati
sono noti. Si vince lo stesso per pochi voti, ma la sconfitta verra' dopo.
Appunto, tradendo gli elettori. Non solo non si dice, ma neppure si fa. Il
centrosinistra lungo due legislature in cui ha governato non solo non e'
riuscito, ma non si e' posto neppure il problema di blindare la Costituzione
dalle probabili manomissioni, non ha affrontato in modo serio ne' il
monopolio televisivo ne' il conflitto d'interessi, non ha disinquinato la
democrazia, non ha ripristinato minime regole di legalita', non ha abrogato
il "Porcellum". Ha cancellato, invece, il senso emergenziale e provvisorio
della propria alleanza. Ha negato le qualita' specifiche della crisi in cui
e' precipitato il Paese. E' rimasto in balia delle proprie diversita'. Cosi'
si e' suicidato.
Per ora il berlusconismo ha dilagato. Dobbiamo avere il coraggio di
ammetterlo. Bobbio aveva ragione. Lui cosi' pessimista sempre, se ha fatto
un errore, e' per difetto. Le crisi storiche hanno due vie d'uscita: o una
piena assunzione di responsabilita' delle classi dirigenti che cosi'
riescono a rinnovarsi e a rinnovare la propria rappresentanza politica o la
solita scorciatoia populista e demagogica. Ci sembra che non ci siano tante
speranze. Il populismo e la demagogia dominano tutti i fronti, persino
quello che pensa di contrapporsi virtuosamente alla "politica". Quello che
Bobbio defini' "non-partito" ha fatto scuola e, mentore Ferrara, e'
diventato il modello della nuova formazione "a vocazione maggioritaria". Il
cerchio si chiude: i nuovi leader copiano i vecchi, prima si fanno
applaudire plebiscitariamente, poi decidono in solitudine nomenclature,
candidature, programmi. Svegliandosi una mattina, mutano rotta politica di
centottanta gradi. Fanno accordi "di cartello" con la concorrenza. La plebe
segue. Nuovi dispotismi? Si', anche; ma pure tanta paccottiglia dispotica
trita e ritrita.
*
Da pagina 14
Quell'Italia modello Berlusconi ["La Stampa", 20 marzo 1994]
Sono bastati a Silvio Berlusconi poco piu' di due mesi per diventare il
protagonista di questa campagna elettorale. Il protagonista e l'antagonista.
Protagonista, perche' e' riuscito col suo movimento, nonostante gli scatti
d'ira del senatore Bossi (ma... can che abbaia non morde), a riunire gli
scomposti frammenti della destra.
Antagonista, perche' sta diventando l'unico bersaglio del polo cosiddetto
progressista, ormai quasi indulgente verso Fini, il nemico storico, e del
centro: oggetto di vituperi e sberleffi, parlati, scritti, gridati, filmati,
di libelli scandalistici e di cronistorie velenose. Un fenomeno senza
precedenti. Mi rivolgo agli studiosi di politica, agli storici, ai
sociologi, per sapere se sia accaduto qualche cosa di simile in Italia o in
un altro Paese qualunque. C'e' una spiegazione? Un'altra delle tante
anomalie italiane? Si sa bene che nelle grandi crisi storiche salgono
improvvisamente alla ribalta uomini venuti dal nulla. Bossi e' il classico
esempio di questi uomini senza storia. Ma si ha l'impressione che sia
destinato a tornare rapidamente nel nulla da dov'e' venuto. Berlusconi, no.
Prima di buttarsi, come egli stesso ha detto, in politica, era un uomo gia'
notissimo, ma sino all'altro ieri anche il piu' chiaroveggente degli
osservatori non aveva previsto che sarebbe entrato fragorosamente sulla
scena politica, dopo essere stato un abile e fortunato uomo d'affari, un
uomo di spettacolo, l'impresario della squadra di calcio piu' coronata in
questi ultimi anni. Vi e' entrato subito da primo attore e, a giudicare
dalla campagna elettorale e dalle previsioni che se ne possono trarre,
destinato per ora a restare tale. Difficile trovare una spiegazione. Se ne
possono trovare tante, ma nessuna del tutto soddisfacente. Si puo' cercare
di attenuare la novita' del fenomeno, osservando che le reti per questa
pesca cosi' fortunata le aveva gettate nascostamente di notte prima di
tirarle su alla luce del giorno. Fuor di metafora, la sua comparsa in
pubblico come capo di un movimento politico era stata preparata da tempo. Il
dubbio: "Mi butto o non mi butto?", e' stata un'abile finzione, una domanda
retorica, uno stratagemma per creare uno stato di attesa. Tutto non solo era
gia' pronto per dare inizio alle grandi manovre: tutto era gia' deciso. Cio'
non toglie che l'ascesa sia stata rapidissima, impetuosa, sbalorditiva.
Bisogna anche riconoscere che un fenomeno di questa natura e' stato favorito
dalle prime elezioni, dopo tanto tempo, a prevalente collegio uninominale.
Per ottenere un buon successo in un sistema proporzionale occorre avere alle
spalle un partito, e un partito non si organizza in pochi mesi. Per far
vincere un candidato in un collegio di poche migliaia di persone basta un
comitato elettorale. "Forza Italia" non e' un partito: e' un insieme di
comitati elettorali sparsi un po' dappertutto nel Paese. La formazione di un
partito richiede tempo, la sua fortuna richiede un radicamento storico. Per
la formazione di un comitato elettorale pochi mesi possono bastare.
Tuttavia, la spiegazione piu' frequente e anche piu' facile viene trovata
nella constatazione di una videocrazia trionfante, ovvero del trionfo del
potere che si esercita non piu' soltanto attraverso la parola parlata, che
pochi sono disposti ad ascoltare, o quella scritta che pochissimi hanno
tempo per imprimersi nella mente, ma attraverso l'immagine che entra
insistentemente nelle case di tutti, e si fissa nella memoria ben piu' che
un discorso. A tutti e' capitato di sentirsi dire: "L'ho vista in
televisione", ma alla domanda: "Di che cosa parlavo?", di sentirsi
rispondere: "Non ricordo". Pero' non tutti sono egualmente padroni della
propria immagine. Sia permesso dire a uno come me che di televisione non
s'intende molto che c'e' immagine e immagine. Ci sono oratori simpatici e
antipatici, divertenti e noiosi. Lo stesso accade per coloro che si
presentano sullo schermo di una televisione.
Berlusconi, la sua immagine, la sa usare benissimo, da uomo che se ne
intende o ha avuto ottimi consiglieri. In questi giorni un amico mi ha fatto
un'osservazione giustissima. Nelle sue apparizioni il signore della
Fininvest si presenta sempre piu' (dico "sempre piu'" perche' anche lui sta
imparando il mestiere) come uno dei piu' perfetti personaggi degli spot
televisivi graditi al pubblico.
Sorride, o meglio mostra un largo sorriso che riflette una mente senza
dubbi, un pensiero non offuscato da nubi, di persona che sa quel che vuole
ed e' soddisfatta di se'. Si vede che il prodotto di cui si fa banditore gli
piace, e piace a chi gli sta vicino e lo attornia festosamente, quasi per
carpirgli il segreto di questa sua felicita'. Mi trovo spesso a domandarmi
quale pubblico mai possa essere incantato dalla maggior parte dei messaggi
televisivi che esaltano la qualita' di una merce. Generalmente io li trovo
orrendi.
So che non comprero' mai un biscotto o una crema da barba il cui acquisto mi
hanno voluto imporre attraverso quelle scene un po' melense di felicita'
illusoria. Ma so anche che se queste scenette vengono rappresentate e si
spendono somme favolose per trasmetterle, ci sono molti miei simili, ma
dovrei dire dissimili, che le apprezzano e si precipitano nel primo negozio
a comprare la merce raccomandata. Temo, come vedete, di essere un pessimo
giudice di quel che accadra' il 27 marzo. Ma mi trovo spesso a domandarmi se
il berlusconismo non sia una sorta di autobiografia della nazione,
dell'Italia d'oggi.
*
Da pagina 69
Vince con la pubblicita' ["Reset", n. 64, gennaio-febbraio 2001]
Tra i sociologi e' sempre vivo il dibattito se il successo di un prodotto
dipende dalla sua bonta' e dalla sua reale superiorita' su altri prodotti
simili oppure dalla abilita' con cui viene presentato al pubblico,
soprattutto dopo l'avvento della televisione, la cui efficacia per creare
consenso e' superiore ad ogni altro mezzo di comunicazione. Perche' quello
che vale nella sfera del mercato non potrebbe valere nella sfera della
politica, tra i prodotti della quale primeggiano i programmi elettorali?
Siamo proprio sicuri che la maggiore credibilita' della destra berlusconiana
derivi non da una meditata valutazione positiva della sua azione politica,
ma dai mezzi impiegati per farla conoscere? Quale partito oggi puo'
gareggiare con la dispendiosita', la spregiudicatezza, la spudoratezza della
propaganda che Forza Italia fa di se stessa attraverso i grandi manifesti
che hanno inondato le nostre citta' e i nostri paesi? Non vediamo, in questi
giorni in cui scrivo, apparire addirittura uno di questi grandi manifesti in
cui Berlusconi augura buon Natale a tutti gli italiani? Chi puo' escludere
che contino presso la "gente" piu' le promesse sbandierate con una
propaganda cosi' assillante e ossessiva, e magari anche gli auguri di
Natale, che non le azioni positive della sinistra che "Reset" cita, ma non
sono sufficientemente conosciute perche' non trasmesse al pubblico, almeno
non con gli stessi mezzi?
*
Da pagina 70
Appello contro la Casa delle Liberta' [8 marzo 2001]
Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone, Alessandro Pizzorusso, Paolo
Sylos Labini:
E' necessario battere col voto la cosiddetta Casa delle Liberta'. Destra e
sinistra non c'entrano: e' in gioco la democrazia. Berlusconi ha dichiarato
di voler riformare anche la prima parte della Costituzione, cioe' i valori
fondamentali su cui poggia la Repubblica italiana. Ha annunciato una legge
che darebbe al Parlamento la facolta' di stabilire ogni anno la priorita'
dei reati da perseguire. Una tale legge subordinerebbe il potere giudiziario
al potere politico, abbattendo cosi' uno dei pilastri dello stato di
diritto.
Oltre a cio' Berlusconi, gia' piu' volte condannato e indagato, in Italia e
all'estero, per reati diversi, fra cui uno riguardante la mafia, insulta i
giudici e cerca di delegittimarli in tutti i modi, un fatto che non ha
riscontri al mondo. Ma siamo ancora veramente un Paese civile?
Chi pensa ai propri affari economici e ai propri vantaggi fiscali governa
malissimo: nei sette mesi del 1994 il governo Berlusconi dette una prova
disastrosa. Gli innumerevoli conflitti di interesse creerebbero ostacoli
tremendi a un suo governo sia in Italia, e ancora di piu' in Europa. Le
grandiose opere pubbliche promesse dal Polo dovrebbero essere finanziate
almeno in parte col debito pubblico, cio' che ci condurrebbe fuori
dall'Europa. A coloro che, delusi dal centrosinistra, pensano di non andare
a votare, diciamo: chi si astiene vota Berlusconi. Una vittoria della Casa
delle Liberta' minerebbe le basi stesse della democrazia.
*
[Il pericolo per Berlusconi costituito da questo appello, che tentava di
correggere l'impostazione dalemiana e di tutto il centrosinistra data alla
campagna elettorale, fu immediatamente percepito dalla destra e dai
cosiddetti terzisti, che reagirono con un contro-appello pubblicato sul
"Foglio" di casa Arcore: "Crediamo che alle prossime elezioni politiche si
debba votare liberamente, consapevolmente e serenamente secondo le idee e le
inclinazioni di ciascuno. Siamo convinti che non sia in atto uno scontro tra
civilta' e barbarie. L'attuale maggioranza di governo e la coalizione delle
opposizioni hanno pieno e legittimo diritto di essere giudicate in modo
maturo e meditato. L'enfasi emotiva, lo smodato attacco personale e la
trasformazione della campagna elettorale in un conflitto finale in difesa
della democrazia in pericolo sono strumenti di un vecchio arsenale
ideologico che ha gia' recato danni gravi al Paese e alla credibilita' delle
sue classi dirigenti, politiche e intellettuali".
Firmarono Franco Debenedetti, Luciano Cafagna, Michele Salvati, Paolo Mieli,
Augusto Barbera. E' superfluo notare che questa linea politica del "Foglio",
negli anni successivi, e' stata fatta propria dalla stragrande maggioranza
delle forze dell'Unione e, in seguito, ufficialmente adottata dal Partito
democratico di Veltroni - nota del curatore].

8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
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Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e
15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 698 del 12 gennaio 2009

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per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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