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Minime. 687
- Subject: Minime. 687
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 1 Jan 2009 01:18:59 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 687 del primo gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Jeff Halper: Per la verita', la pace e la giustizia 2. Severino Vardacampi: Ormai a disagio 3. Annamaria Rivera ricorda Ernesto De Martino 4. Alcuni versi di Michele Ranchetti 5. Cesare Segre presenta "L'orologio di Monaco" di Giorgio Pressburger 6. Armando Torno presenta "Tutte le lettere 1619-1650" di Rene' Descartes 7. Armando Torno presenta la "Fenomenologia dello spirito" di Georg Wilhelm Friedrich Hegel 8. Armando Torno presenta gli "Appunti" di Soeren Kierkegaard 9. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 10. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 11. L'Agenda dell'antimafia 2009 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. JEFF HALPER: PER LA VERITA', LA PACE E LA GIUSTIZIA [Dal quotidiano "il manifesto" del 30 dicembre 2008 col titolo "Strage a Gaza", il sommario "Quello che gli attacchi israeliani nascondono" e la nota redazionale "Storico pacifista israeliano, direttore del Comitato israeliano contro le demolizioni delle case (Icadh), che ha sede a Gerusalemme e sedi distaccate in Gran Bretagna e negli Usa"] Cerchiamo di essere cristallini. I pesanti attacchi a Gaza compiuti in questi giorni da Israele hanno uno scopo chiaramente irraggiungibile, in contrasto con le azioni messe in atto: la gestione del conflitto. Metter fine agli attacchi missilistici contro Israele, provenienti da una Gaza assediata e affamata, senza esaurire la rabbia che proprio per quegli attacchi si scatena. E ancora, metter fine agli attacchi missilistici contro Israele, con un'occupazione sempre piu' oppressiva, che va avanti da 41 anni, senza il minimo segnale che un futuro stato sovrano della Palestina potra' mai sorgere. Infatti l'occupazione - tramite la quale Israele controlla Gaza stringendola in un assedio brutale, che viola i diritti umani fondamentali e le normative internazionali - non e' neanche menzionata nella campagna presidenziale. Parlando alla comunita' internazionale, la ministra degli esteri israeliana Tzipi Livni insiste che nessun paese tollererebbe un attacco armato contro i propri cittadini. Un'affermazione apparentemente condivisibile, se non fosse per le sanzioni israeliane a Gaza, appoggiate dagli Usa e dall'Europa - sanzioni che precedono il lancio di missili su Israele - e se non fosse, inoltre, per l'occupazione israeliana. Se si concentra l'attenzione soltanto sugli attacchi missilistici, si nasconde la realta' della scena politica che li ha generati: "Il governo di Hamas a Gaza deve essere rovesciato", ha ripetutamente affermato Livni. "I mezzi per farlo devono essere militari, economici e diplomatici". Ma la responsabilita' per la sofferenza a Gaza e in Israele e' da attribuire direttamente ai governi israeliani che si sono succeduti: del Labour, del Likud e di Kadima. Se ci fosse stato un reale processo politico (e' da ricordare che la chiusura di Gaza comincio' nel 1989), israeliani e palestinesi avrebbero potuto vivere insieme in pace e in prosperita' per vent'anni. Dopotutto, gia' nel 1988 l'Olp aveva accettato la soluzione dei due stati, secondo la quale lo stato della Palestina sarebbe sorto dal solo 22% del territorio storico palestinese, mentre il restante 78% sarebbe andato ad Israele. Un'offerta decisamente generosa. Israele, tuttavia, si sforza di nascondere la sua preferenza per il controllo, piuttosto che per la pace. Presentare i propri attacchi come una risposta ai missili da Gaza, sfruttare la rabbia del momento per nascondere le intenzioni piu' profonde e le politiche effettive, tutto cio' va letto in questa luce. Anche la violazione del cessate il fuoco da parte di Israele passa in secondo piano. Il fatto che gli attacchi missilistici potevano essere evitati attraverso un serio processo politico significa che la popolazione del sud di Israele e' tenuta in ostaggio dal suo proprio governo. La sua sofferenza, cosi' come la sofferenza delle popolazioni di Gaza e del resto dei territori occupati, deve essere ascritta senza indugi al governo di Israele. Israele non puo' aspettarsi la sicurezza dei suoi cittadini e la normalizzazione politica finche' prosegue a tenere sotto occupazione le terre palestinesi e finche' persevera nel tentativo di imporre il suo governo permanente sui palestinesi attraverso la forza militare. Ci appelliamo al governo israeliano affinche' cessi immediatamente le sue aggressioni e avvii un reale negoziato politico con l'unione delle forze palestinesi. Chiediamo alla comunita' internazionale di porre immediatamente termine alle sanzioni a Gaza nel rispetto delle leggi internazionali, di iniziare un effettivo processo politico che metta fine all'occupazione israeliana e porti a una pace giusta, che rifletta il volere delle popolazioni israeliane e palestinesi. 2. EDITORIALE. SEVERINO VARDACAMPI: ORMAI A DISAGIO Manifestare occorre per la pace, contro ogni guerra e contro ogni uccisione. Per questo benedette siano anche le manifestazioni che si terranno in Italia in questi giorni, se esse saranno limpide nei contenuti e nelle condotte, appunto per la pace, contro ogni guerra e contro ogni uccisione. Nonviolente e per la nonviolenza. * Se ci fosse in Italia un movimento, non dico per la pace, ma almeno contro la guerra e le uccisioni, esso si batterebbe innanzitutto contro la guerra terrorista e stragista cui l'Italia sta prendendo parte di Afghanistan. Ma su questo crimine l'omerta', la totalitaria omerta', l'omerta' fascista e razzista, e' pressoche' totale. E solo se vi fosse in Italia un movimento, non dico per la pace, ma almeno contro la guerra e le uccisioni, troverei ovvio che esso oggi si battesse anche - non solo, ma anche - contro gli attacchi missilistici di Hamas verso il sud di Israele e contro i raid terroristici di Israele a Gaza. Ma poiche' in Italia non c'e' un movimento, non dico per la pace, ma almeno contro la guerra e le uccisioni, il manifestare odierno contro i criminali e stragisti raid israeliani e solo contro i criminali e stragisti raid israeliani rivela in molti una posizione che non e' contro la guerra, contro il terrorismo, contro le uccisioni: e' prevalentemente solo contro Israele, ed e' prevalentemente solo contro Israele perche' al fondo di queste mobilitazioni in molti soggetti che esse promuovono agiscono ancora antiche pulsioni per le quali vi e' un nome preciso. Queste cose vanno pur dette. * Il popolo palestinese ha diritto alla solidarieta' del mondo intero. Hamas no. Hamas e' un'organizzazione fascista. Il fatto che abbia vinto le elezioni - grazie anche alla corruzione dei gruppi dirigenti di quella che fu l'Olp - non cambia questo fatto: anche Mussolini e Hitler vinsero le elezioni. Anche Berlusconi ha vinto le elezioni. La politica del governo di Israele e' criminale, stragista, violatrice dei piu' fondamentali diritti umani. Ma la popolazione israeliana ha diritto alla solidarieta' del mondo intero. Tutti coloro che vogliono colpire l'intera popolazione israeliana come rappresaglia per i crimini del suo governo riproducono la medesima mentalita' e la medesima condotta che presiede ai raid su Gaza, che presiede ai lanci di missili sul sud di Israele, che presiede alle logiche infine genocidarie: "Ammazzateli tutti, Dio riconoscera' i suoi", come dicono disse quel papa promotore della crociata contro gli albigesi - ovvero dello sterminio degli albigesi. * Non ci fosse stata la Shoah, la vicenda palestinese sarebbe stata del tutto diversa: ma la Shoah c'e' stata. E non vi fossero stati duemila anni di persecuzione antiebraica da parte dell'impero romano prima, della cristianita' poi, dell'Europa razzista e colonialista sempre, la vicenda palestinese sarebbe stata del tutto diversa: ma quei duemila anni di persecuzione vi sono stati, e tuttora continuano. * A me sembra che non sia possibile una solidarieta' effettiva col popolo palestinese che non sia anche solidarieta' effettiva con la popolazione israeliana. A me sembra che non sia possibile una denuncia effettiva dei crimini dei governi di Israele che non sia anche una denuncia effettiva dei crimini dei gruppi e dei regimi fondamentalisti e terroristi e razzisti che continuano ad agitare e praticare la parola d'ordine della distruzione dello stato di Israele e dello sterminio della componente ebraica della sua popolazione. A me sembra che sia necessario che si arrivi subito alla proclamazione dello stato di Palestina ed insieme a un definitivo riconoscimento internazionale dello stato di Israele comprensivo della cessazione di ogni minaccia di distruzione e di ogni propaganda a tal fine intesa contro di esso. * Ma soprattutto a me sembra necessario che cessino immediatamente le attivita' militari, che cessino le uccisioni, e che si cominci subito a soccorrere tutte le vittime e a ricostruire condizioni di vita sicure e degne per tutti gli esseri umani. 3. MEMORIA. ANNAMARIA RIVERA RICORDA ERNESTO DE MARTINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 dicembre 2008 col titolo "L'empatia di De Martino. Vecchi strumenti utili per leggere nuovi simboli" e il sommario "Con dicembre se ne va anche il centenario della nascita del nostro piu' grande antropologo. Dall'articolazione delle sue analisi con l'impegno civile e politico un aiuto alla comprensione del proletariato agricolo, che oggi non e' scomparso ma si e' ricostituito grazie ai braccianti stranieri"] "Solo piu' tardi, come militante della classe operaia nel Mezzogiorno d'Italia, mi resi conto che il 'naturalismo' della etnologia tradizionale si legava al carattere stesso della societa' borghese, che fra le condizioni di esistenza, per es. dei braccianti delle Murge, e l'inerzia storiografica delle scritture etnologiche e folkloristiche vi era una connessione organica": cosi' scriveva Ernesto de Martino in un articolo del 1949, intitolato "Intorno a una storia del mondo popolare subalterno". Il passo, fra i piu' citati, anticipa quello che sara' il tratto piu' saliente della sua biografia intellettuale, della sua ricerca, della scrittura: l'articolazione dell'analisi e della riflessione teorica con l'impegno civile e politico. Che non e' solo l'ovvio corollario di uno studioso politicamente schierato, ma e' anche una tra le condizioni della sua stessa etnografia, la quale, per non rimanere "inerte storiograficamente", deve farsi attraversare dalle "umane, dimenticate istorie" di quei subalterni per eccellenza che erano i contadini e i braccianti meridionali. A de Martino interessava cambiare non solo il mondo, ma anche le sue rappresentazioni, e dunque il sapere dei folcloristi e degli etnologi. Quanto al tarantismo, che avrebbe indagato un decennio piu' tardi, intendeva sottrarlo alle interpretazioni di stampo positivista che l'avevano naturalizzato, per l'appunto, riducendolo a terapia magica creduta atta a curare i sintomi di una patologia reale, indotta dal morso di un aracnide velenoso, la taranta. * Appunti dal Salento De Martino, invece, sulla base dell'osservazione diretta e di una vasta documentazione storico-etnografica, raccolta con un'equipe interdisciplinare, depatologizzo' il tarantismo, ne dimostro' l'autonomia simbolica, lo interpreto' come istituto culturale che rifletteva ben altri disagi individuali e collettivi, riconducibili, in definitiva, alla mancata rivoluzione borghese nel sud e dunque a un limite di egemonia culturale. Come altri sincretismi popolari, il tarantismo era, per lui, espressione della storica subalternita' delle plebi rurali, ma anche testimonianza del limite di espansione della cultura dominante e della resistenza opposta dai gruppi subalterni alle forme culturali e religiose ufficiali. Nel corso della "spedizione" nel Salento - scrive de Martino - "io entravo nelle case dei contadini pugliesi come un 'compagno', come un cercatore di uomini e di umane dimenticate istorie, che al tempo stesso spia e controlla la sua propria umanita', e che vuol rendersi partecipe, insieme agli uomini incontrati, della fondazione di un mondo migliore, in cui migliori saremmo diventati tutti, io che cercavo e loro che ritrovavo". La sua etnografia, quindi, non poteva che essere dialogica e riflessiva, per usare aggettivi che solo alcuni decenni piu' tardi sarebbero entrati nel lessico antropologico, essendo stato pioniere di un metodo di ricerca - del quale oggi si parla molto - che predilige l'empatia. L'intensita' con la quale visse la "pungente esperienza dello scandalo sollevato dall'incontro con umanita' cifrate", unita alla consapevolezza che "senza il pathos del rimorso e della colpa davanti al fratello separato", non vi e' possibilita' alcuna d'incontro con gli "zulu e beduini" (cosi' erano detti i proletari agricoli del Sud) si riflettono nella sua ricerca di campo, nei resoconti etnografici, nella scrittura in prima persona - in quegli anni del tutto atipica, perfino eccentrica. De Martino, insomma, ci ha lasciato una lezione epistemologica del tutto anticipatrice: il soggetto epistemico e' anche un soggetto affettivo. L'intera sua opera e' attraversata da temi e inflessioni anticipatrici di quella etnografia riflessiva che oggi e' ritenuta l'unica possibile, e che implica la valorizzazione della dialettica soggetto-oggetto della ricerca, la consapevolezza dell'ineliminabilita' della soggettivita' del ricercatore e delle sue passioni, la proposta di una epoche' metodologica delle categorie che gli sono familiari, per diventare "l'etnologo di se stesso". * Una speciale temperie storica La terra del rimorso - tessera fondamentale della sua teoria del sacro, che si delinea a partire dal Mondo magico - e' concepita come contributo molecolare (un termine molto gramsciano) alla storia religiosa del sud, "nella prospettiva di una nuova dimensione della quistione meridionale". Per De Martino il tarantismo - per meglio dire, i "logori relitti salentini" di cio' che era stato un istituto mitico-rituale - e' espressione, per quanto minuta e locale, di un dramma universale, metafora dei tanti Sud che cercano di entrare nella storia: "la terra del rimorso e' il nostro stesso pianeta, o almeno quella parte di esso che e' entrata nel cono d'ombra del cattivo passato". Percio' ha un che di paradossale il recente ingresso imperioso del tarantismo nella cultura di massa, con la conseguente conversione in patrimonio delle tradizioni musicali salentine: questo fenomeno, nato come locale e identitario, poi consolidatosi in forma durevole e pressoche' nazionale di consumo culturale, muove, infatti, dalla riscoperta di un tarantismo per lo piu' deproblematizzato e destoricizzato, talvolta anche desimbolizzato. La ricerca e la riflessione di de Martino furono il frutto di una maturazione intellettuale che, dall'originaria formazione crociana, lo condussero poi ad aprirsi al pensiero gramsciano e alle piu' avanzate correnti europee della psicologia, della psichiatria, della fenomenologia. Ma la qualita' delle sue ricerche e' anche figlia di una temperie storica peculiare: erano anni di importanti lotte contadine e operaie, della grande speranza del riscatto del Mezzogiorno, dell'impetuoso movimento bracciantile di occupazione delle terre, che sarebbe poi stato represso con eccidi e arresti di massa. Del resto, anche i grandi eventi che si svolgevano sulla scena internazionale avevano una impronta contadina: l'offensiva dei vietcong contro i colonialisti francesi, il processo di emancipazione dei popoli colonizzati, la proclamazione della Repubblica popolare cinese... E' questo il contesto al quale erano legati certi motivi di de Martino: il concetto di "folclore progressivo" (uno dei meno attuali della sua riflessione); il tema dell'"irruzione nella storia" del mondo popolare subalterno, inteso come "l'insieme dei popoli coloniali o semicoloniali, e del proletariato operaio e contadino delle nazioni egemoniche". E' in questa temperie che va iscritta la convinzione del grande antropologo secondo cui la persistenza dei sincretismi pagano-cristiani, fra i quali il tarantismo, che intendeva come determinata da ragioni storiche e congiunturali (l'irrisolto conflitto fra mondo cristiano e mondo pagano, la miseria economica e culturale, la subalternita' sociale), avrebbe potuto avere soluzione di continuita' grazie all'irruzione nella storia delle plebi meridionali. Se punti deboli sono presenti nel suo pensiero, risiedono in un eurocentrismo che non sarebbe mai riuscito davvero a trascendere e nella costante oscillazione fra la nostalgia del senso e della pregnanza culturale delle forme "arcaiche" e la convinzione che, essendo esse espressione di miseria sociale e culturale, fossero destinate ad essere superate. E' questo secondo polo che oggi appare meno convincente. In realta' l'"arcaico" non e' stato affatto superato dall'avanzare della "civilta'", sul piano culturale come su quello economico e sociale: se c'e' un tratto che connota i nostri anni e' il recupero e la risemantizzazione dell'"arcaico" e dell'esotico, l'intreccio fra tradizione e modernita', la compresenza dei piu' disparati livelli di rapporti di produzione, dal feudale al postfordista. Un tema, questo, che lo stesso De Martino aveva abbozzato in Furore, simbolo, valore e sviluppato negli appunti poi raccolti nell'opera postuma, La fine del mondo, dove aveva fittamente commentato la crisi della razionalita' e dell'ethos occidentali, senza essere mai capace, tuttavia, di rinunciare al presupposto secondo il quale il primato culturale sarebbe spettato alla civilta' occidentale. Percio', la Rabata di Tricarico - il quartiere derelitto descritto nelle "Note lucane" di Furore, simbolo, valore - potrebbe essere assunta a metafora potente delle "rabate" disseminate nel mondo globalizzato: per esempio, le bidonville dove nell'Italia del sud sono costretti ad alloggiare i braccianti immigrati stagionali, in gran parte "clandestini". I contadini di Tricarico possono riapparirci cosi' nelle sembianze dei braccianti stagionali di Cassibile, di Castel Volturno di Rosarno o del Tavoliere. Al tempo di de Martino, i contadini rabatani "piu' avanzati" avevano adibito a luogo di culto della chiesa battista "l'unica stanza oscura e fumosa" della dimora miserabile di uno di loro. Un paio di anni fa, i braccianti maghrebini di Cassibile dopo la distruzione della loro bidonville nel corso di uno dei tanti pogrom di oggi (spesso preceduti da leggende "arcaiche", come quella degli zingari rapitori di bambini) hanno ricostruito, come prima cosa, un simulacro di moschea - un rettangolo di pietre con fogli di cartone per pavimento - dotandolo di un mihrab rudimentale ma correttamente orientato verso la direzione della Mecca. Pur condannati a regimi d'esistenza al limite dell'umano, gli uni e gli altri coltivano "costumi e ideologie che formano civilta' e storia". Per i contadini lucani, l'adesione alla comunita' battista era stata una forma di protesta verso la chiesa cattolica, "alleata con i ricchi e con gli oppressori", e l'aspirazione a coltivare una religiosita' evangelica e socialista. Per i braccianti maghrebini, il simulacro della moschea e' un mezzo per salvaguardare e affermare la propria umanita', e per sventare il rischio della crisi della presenza, sottraendo una parte di se' al regime della merce e alla cultura razzista e deumanizzante del paese in cui approdano. * Dal versante simbolico Dunque, l'opera di de Martino potrebbe ancora suggerirci qualche spunto per la lettura del presente. Il proletariato agricolo non e' scomparso ma e' stato ricostituito da braccianti stranieri, ugualmente stigmatizzati come superstiziosi, arretrati, inferiori. Pur in un contesto strutturale assai diverso, gli stagionali stranieri massicciamente sfruttati nelle campagne del sud d'Italia sono soggetti a condizioni di lavoro e di vita comparabili, se non peggiori, di quelle dei braccianti autoctoni fino agli anni '60: sottoposti al caporalato, obbligati a lavorare da sole a sole, spesso pagati a cottimo, costretti a dormire in alloggi di fortuna, ridotti a una condizione servile o addirittura di schiavitu'. Si potrebbe indagare se alle vecchie forme magico-religiose sincretiche, legate al lavoro agricolo, non vadano sostituendosi altre forme ritualizzate di resistenza ugualmente sincretiche, pescate dalla memoria della propria tradizione ma adattate al contesto presente. Sarebbe un modo per chiedersi se questa condizione sociale non possa essere colta anche dal versante delle pratiche simboliche, e se queste non ci dicano qualcosa di interessante circa il modo in cui non soltanto si vive la propria appartenenza sociale ma la si trascende. * Postilla. I passaggi di pensiero attraverso le opere principali Il centenario della nascita di Ernesto de Martino (primo dicembre 1908 - 9 maggio 1965) e' stato ricordato con seminari e convegni, con la pubblicazione del libro di Pietro Angelini (Ernesto de Martino, Carocci 2008) e con la riedizione della Terra del rimorso, opera divenuta un classico dell'antropologia. La nuova edizione, sempre per il Saggiatore, e' arricchita da una presentazione di Clara Gallini, da un apparato critico aggiornato, e da un dvd che contiene la riproduzione del disco a 33 giri che accompagnava la prima edizione, le registrazioni musicali raccolte in Puglia da Diego Carpitella e il video sul tarantismo, realizzato dallo stesso Carpitella e restaurato nel 1995 da Francesco De Melis. De Martino esordi' nel 1941 con Naturalismo e storicismo nell'etnologia, un tentativo di sottoporre l'etnologia al vaglio critico della filosofia storicista di Benedetto Croce allo scopo di riscattarla dal suo naturalismo, una connotazione che accomunava, secondo de Martino, tanto la scuola sociologica francese che gli indirizzi "pseudostorici" tedeschi e viennesi. Il volume successivo, Il mondo magico (1948), fu il primo della collana di studi religiosi, etnologici e psicologici diretta da Cesare Pavese e poi dallo stesso de Martino. Qui l'antropologo si interroga sulla realta' dei poteri magici, delineando una teoria del sacro che mettera' alla prova nei lavori "meridionalistici", perlopiu' frutto di ricerche sul campo e influenzati dalla svolta decisiva determinata dall'impegno sociale e dall'esperienza di militante di sinistra: Morte e pianto rituale (1958), Sud e magia (1959), La terra del rimorso (1961). Con Furore, simbolo, valore (1962), ma soprattutto con le note che saranno raccolte nell'opera postuma, La fine del mondo (1977), l'antropologo napoletano allarga la propria riflessione ben oltre i mondi culturali della tradizione e si apre ai temi delle apocalissi, dei miti escatologici, anche laici, e della crisi della razionalita' occidentale. 4. LIBRI. ALCUNI VERSI DI MICHELE RANCHETTI [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Michele Ranchetti, Poesie ultime e prime, Quodlibet, Macerata 2008] Il tempo fra l'incontro e il fatto e' sempre piu' breve e attonito. Ti perde e tu sei la caduta nell'altro come unico destino e su di lui precipiti unica morte salvifica, ma e' breve anche questa caduta di salvezza. * La vittoriosa ascesa verso l'assenza di ogni e ogni forma di conoscenza per essere solo di solo acceso amore per la luce. * Alterata da te, come vi fosse un unico che dispone di noi entro di noi e non piu' forte il desiderio d'essere altro da se' da condividere. * Affrettati, il tempo ti ha gia' superato, tu sei nel tempo vuoto prima del suo scorrere, non ti puo' colpire: ora sei mortale per sempre. * All'aprirsi del giorno non sai se la luce piu' ti riguarda: i fatti sono morti nel sonno: all'accadere vivo non sei piu' presente. 5. LIBRI. CESARE SEGRE PRESENTA "L'OROLOGIO DI MONACO" DI GIORGIO PRESSBURGER [Dal "Corriere della sera" del 13 marzo 2003 col titolo "Pressburger, la catena degli antenati" e il sommario "Con una sequenza di racconti, l'autore va in cerca delle sue origini. Le trova in una serie di personaggi che attraversano i secoli"] Svolazzare tra i secoli e i continenti, allietati dalle note del pianoforte o magari dell'ocarina. Questo viaggio, che ha come epicentro la favolosa Mitteleuropa, ci e' offerto da Giorgio Pressburger con il suo ultimo romanzo, L'orologio di Monaco (Einaudi). La formula e' felice: un florilegio di ritratti di uomini grandi, anche anonimi, appartenenti in qualche modo alla famiglia dello scrittore, fissa in modo indiretto ma nitido, mediante avvincenti aneddoti, momenti della storia, della tradizione e della societa'. Pressburger allestisce questa galleria di ritratti attingendo alla memoria, ma anche con l'apporto di ricerche, viaggi, incontri e raggranella cosi' altri materiali memorabili. Si sa che l'autore, nato nel 1937 a Budapest da famiglia ebrea slovacca (Pressburg e' il nome tedesco di Bratislava), ha viaggiato molto, e' vissuto in molti luoghi; venuto in Italia a diciannove anni, fuggendo dall'occupazione sovietica, ha appreso la lingua cosi' bene da farne la sua forma d'espressione letteraria; ha persino rappresentato ufficialmente la cultura italiana in Ungheria. Attivo nel teatro e nella televisione, ci ha dato varie opere narrative (le prime, le Storie dell'ottavo distretto, del 1986, e L'elefante verde, del 1988, scritte col suo gemello Nicola). Lalla Romano avvertiva negli ebrei rassomiglianze con gli aristocratici: credo che la rassomiglianza maggiore consista nell'interesse genealogico. Per i nobili, questo interesse mira a confermare attraverso il tempo la genuinita' e l'antichita' del loro sangue blu; per gli ebrei a constatare movimenti e contatti di uomini e donne al di sopra degli spostamenti forzati d'un esilio infinito (il viaggio dei loro geni imita "il seme di una pianta che viene portato dal vento a chilometri e chilometri di distanza"): e' come reperire i punti di riferimento in un atlante animato. Pressburger s'impegna nell'individuare personaggi che hanno avuto nella linea materna una donna col suo cognome: arriva cosi' a Mendelssohn e a Heine, a Marx e a Husserl; e poi, accontentandosi di connessioni anche piu' vaghe, a Bruno Walter e a Roy Lichtenstein. Si tratta in parte d'un gioco, utile magari per nutrire la fantasia o per stimolare le curiosita' dei figli; ma e' anche un modo di arricchire l'aneddotica in senso "alto". Che' poi i personaggi piu' divertenti o emozionanti di Pressburger sono quelli meno titolati, ferrovieri e venditori ambulanti, rabbini e sindacalisti, scultori, agenti segreti e impiegati di polizia. Uno dei piu' simpatici e' la zia del racconto che da' il titolo al libro, una vecchietta che sopravvive serena ai suoi tre mariti e largisce ai conoscenti una brusca e penetrante bonta'. A novantadue anni mette a posto tutte le sue (modeste) cose e si prepara alla morte, che sopravviene appunto poco dopo la festa del compleanno, da lei stessa organizzata. Il centro simbolico del racconto sono alcuni esemplari d'un orologio da pochi soldi, con quattro palline dorate che, mosse dal meccanismo, girano sotto il quadrante: essa li regala ai parenti piu' cari, che li conservano di buona o di cattiva grazia. Alla sua morte, le palline di tutti gli orologi si fermano, come se fossero collegate alla sua sopravvivenza; ma poi i possessori si accorgono che gli orologi, quasi per un piccolo miracolo, continuano lo stesso a funzionare ed evocano col loro ticchettio l'anima della zia. Ci sono molte storie d'amore. La piu' bella e' quella di un sapiente, Jom Tow, che davanti ai dolori atroci e alla gravissima malattia della donna che ama tanto, offre insistentemente a Dio il proprio sapere, la propria intelligenza, la vita, i beni. E' come un Giobbe a rovescio, che chiede la sofferenza in cambio di quella d'un altro e la ottiene. Ma si accorge che cosi' gli e' precluso di vivere per la donna, di esprimere con tutto l'essere il suo amore. E chiede a Dio di cambiare il patto. Il resto, che implica anche voci d'oltretomba e morti punitive, rientra nello stile del racconto chassidico. Ma oltre all'emozione che la storia provoca, Pressburger agita anche un problema teologico non da poco: la preghiera come patto con Dio, il valore e il significato dell'impegno reciproco, le responsabilita' del postulante e, perche' no?, dell'elargitore. Ma il libro, che nei ricordi di gioventu' rappresenta bene le prime apparizioni della sessualita', e' pieno di gioia di vivere. Com'e' possibile, con personaggi che sono spesso vittime di pogrom, che hanno sempre qualche parente (o gran parte della famiglia) gassato a Bergen-Belsen o ad Auschwitz, che girano il mondo nella vana ricerca di un angolo al riparo dall'odio? La vitalita' e' un dono naturale e Pressburger ne e' un campione. Ma i personaggi hanno tutti un segreto: essi conversano con Dio, che da' loro la forza di sopravvivere; anche i comunisti, anche i materialisti hanno qualche familiarita' con Dio. E poi, c'e' una visione piu' alta, tipo Spinoza: il nostro e' uno degli infiniti universi che nell'eternita' si susseguono e se anche tutto il nostro universo fosse conquistato dal male, si puo' sperare che in un universo avvenire regni la giustizia. La voce oltremondana di Jom Tow afferma solennemente: "Ora mi consegno all'oscurita' del nulla per tutta la durata di quest'universo. Il prossimo spero sara' un universo aperto, libero dalle assurde leggi di Lavoisier, secondo cui nulla si crea e nulla si distrugge e per le quali una vita deve divorare altre vite per durare". 6. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA "TUTTE LE LETTERE 1619-1650" DI RENE' DESCARTES [Dal "Corriere della sera" del 26 settembre 2005 col titolo "L'ultima lettera di Cartesio? Alla nutrice" e il sottotitolo "Archivi. Raccolte in un solo volume le epistole del filosofo"] Di Rene' Descartes, il nostro Cartesio (o, come amava chiamarlo Vico, Renato Delle Carte) ci sono pervenute 732 lettere. La prima reca la data 19 gennaio 1619 e fu inviata a Isaac Beeckman: in essa il filosofo ventitreenne risponde a questioni di musica. L'ultima e' del 10 febbraio 1650, scritta a poche ore dalla morte: raccomanda ai fratelli di non dimenticare la vecchia nutrice, della quale si era fatto carico per buona parte della vita. Tra queste due date vive un carteggio formidabile, una collezione di piccoli trattati. Sono scambi di idee con personaggi quali Marin Mersenne, Antoine Arnauld, Pierre Fermat, Thomas Hobbes, Constantin Huygens, Cristina di Svezia, Elisabetta di Boemia. Scritte in francese, latino e olandese, le lettere rappresentano l'altra meta' dell'opera di Descartes. Leggerle e' come essere ammessi nel suo laboratorio, tanto che taluni argomenti sono affrontati dal filosofo soltanto in questa sede, come la teoria della creazione delle verita' eterne. Per la prima volta sono state riunite in un solo ponderoso volume con il testo a fronte: le ha curate egregiamente Giulia Belgioioso, che ha coordinato una ventina di traduttori e una decina di revisori (Tutte le lettere 1619-1650, Bompiani, "Il pensiero occidentale", collana diretta da Giovanni Reale, pp. 3164, euro 48). Quello che fa impressione, anche dopo un semplice esame, e' la quantita' di argomenti trattati. Si intravede nelle pagine la cultura di un'Europa di ferro, funestata dalla Guerra dei Trent'anni ma governata da uomini di rara grandezza (Luigi XIII nomina nel 1624 primo ministro il cardinale Richelieu). Descartes sa illustrare progetti generali su una nuova scienza, oppure criticare la cultura ereditata dalla scolastica, occuparsi di metafisica e di morale, di musica e matematica, di fisica e medicina. Hegel non ebbe dubbi: lo defini' il "padre" della filosofia moderna. L'epistolario conferma che il giudizio e' ancora valido. Anche se qualche progetto, come quello di riunire in una citta' tutte le persone oneste del mondo per sfuggire a "insolenti e importuni", era e resta un'utopia. 7. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA LA "FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO" DI GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL Dal "Corriere della sera" del 20 febbraio 2008 col titolo "Classici dell'idealismo tedesco. Il capolavoro di Hegel spartiacque della modernita'" Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Fenomenologia dello spirito, Einaudi, pp. 616, euro 25. * Non e' facile riassumere valore e significato di un monumento filosofico come la Fenomenologia dello spirito di Hegel. Karl Rosenkranz, che del pensatore tedesco scrisse una fondamentale vita, la considero' una linea di confine tra due diverse concezioni del mondo, notando con un pizzico di retorica: "Lo spirito dell'umanita' si soffermo' su quest'opera per un attimo, onde render conto a se stesso di cio' che esso era divenuto fino ad allora...". Per questi e altri motivi va salutata con interesse la nuova traduzione italiana dell'opera che ci ha dato Gianluca Garelli, dopo la storica di Enrico De Negri (La Nuova Italia, 1933-36; ampiamente rivista nel 1960) e quella di Vincenzo Cicero (Rusconi 1995, poi riproposta da Bompiani). Garelli ha offerto il testo originale della Fenomenologia del 1807, lasciando all'appendice gli interventi sulla prefazione del 1831. A questo studioso non ancora quarantenne va dato atto di uno scrupoloso e intelligente lavoro mirante a risolvere problemi non facili di traduzione e interpretazione che, nonostante i riferimenti ricordati, continuano a restare aperti. Si prenda, per esempio, il verbo aufheben: risolto con "togliere" da De Negri e con l'innovativo "rimuovere" da Cicero, Garelli l'ha reso con "levare", evitando le secche della letteratura psicoanalitica che lo utilizza per parlare di "rimozione". Inoltre restituisce il gioco aufheben/erheben, "levare/elevare", presente nella Fenomenologia: si rivela ottimo per il duplice "togliere" e "portare in alto". 8. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA GLI "APPUNTI" DI SOEREN KIERKEGAARD [Dal "Corriere della sera" del del 29 maggio 2008 col titolo "Filosofia. Il corso a Berlino. Gli appunti di Kierkegaard alle lezioni di Schelling"] Soeren Kierkegaard, Appunti, Bompiani, pp. 640, euro 18,50. * Tra il novembre 1841 e il marzo 1842 Schelling tenne a Berlino, alla cattedra che fu di Fichte e di Hegel, un primo corso sulla Filosofia della Rivelazione. Ad esso partecipo' un allievo d'eccezione: Soeren Kierkegaard. Durante quelle lezioni il pensatore danese prese degli appunti, che ora vengono tradotti in italiano con il testo a fronte da Ingrid Basso (in appendice sono dati i passi dell'opera di Schelling utili per comprendere tali note). Non e' facile trovare aggettivi per riassumere questo incontro durante le giornate berlinesi; Jaspers, piu' semplicemente, definira' codesti corsi "l'ultimo grande avvenimento universitario della filosofia". Va ricordato in margine agli appunti - dove si leggono intuizioni sull'ontologia, la metafisica, su Dio, ne' mancano riferimenti alla logica hegeliana o alla teologia negativa - che Kierkegaard continua a godere di ottima salute editoriale anche in Italia, nonostante la recente scomparsa di Alessandro Cortese (purtroppo il lavoro in corso per Marietti 1820 resta interrotto al terzo volume). Morcelliana, per fare un esempio, si appresta a ripresentare una nuova edizione dell'importante Diario, costata anni di lavoro. Kierkegaard, in altre parole, e' ormai diventato un autore di riferimento per il mondo contemporaneo, forse perche' come pochi altri ha capito il dramma attuale dell'uomo e non ha prestato fede a tutti quei voli nel nulla che la filosofia ha fatto e continua a fare. 9. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 10. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009". - 1 copia: euro 10 - 3 copie: euro 9,30 cad. - 5 copie: euro 8,60 cad. - 10 copie: euro 8,10 cad. - 25 copie: euro 7,50 cad. - 50 copie: euro 7 cad. - 100 copie: euro 5,75 cad. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 11. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia. E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani. Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro Impastato o all'editore. * Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 687 del primo gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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