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Minime. 685
- Subject: Minime. 685
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 30 Dec 2008 01:18:31 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 685 del 30 dicembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Floriana Lipparini: Con i pacifisti israeliani contro la guerra 2. Adam Keller: Manifestando a Tel Aviv contro la guerra 3. Daniele Piccini: Giovanni Raboni (2004) 4. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 5. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 6. L'Agenda dell'antimafia 2009 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: CON I PACIFISTI ISRAELIANI CONTRO LA GUERRA [Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at fastwebnet.it) per questo intervento] Dove c'e' guerra, non c'e' verita' e soprattutto non c'e' piu' diritto al dissenso. Le voci critiche vengono ignorate o tacitate. Ogni prospettiva viene falsata. Emergono soltanto le "verita'" ufficiali, e persino le immagini trasmesse possono essere manipolate per ingannare l'opinione pubblica. Questo l'ho capito molto bene durante la guerra jugoslava, grazie al rapporto diretto con oppositrici e oppositori alla guerra. Ecco perche' e' sempre molto importante dare eco al lavoro degli attivisti contro la guerra, far circolare i loro appelli, raccontare le loro posizioni. The Other Israel, un gruppo di pacifisti israeliani, nel primo giorno di guerra ha organizzato a Tel Aviv una coraggiosa manifestazione contro il massacro di Gaza. Allego qui di seguito la traduzione del loro resoconto inviato in rete. Non e' certo facile essere pacifisti in Israele, eppure i pacifisti ci sono e hanno bisogno della nostra riconoscenza e del nostro sostegno. Nulla puo' giustificare la violenza, la guerra e i massacri, nessuna rivendicazione politica, statuale o personale. Per uscire da questa orrida spirale, che insanguina il Vicino Oriente da oltre mezzo secolo, l'unica strada da seguire forse e' quella del Sud Africa, dove la riconciliazione e' potuta avvenire per mezzo della verita' e del riconoscimento delle reciproche responsabilita'. Ma Olmert non e' Mandela... Dietro la tragedia palestinese ci sono risoluzioni Onu ignorate per oltre cinquant'anni, promesse non mantenute, e un'incolmabile sproporzione: da una parte uno stato, dall'altra un ghetto; da una parte il benessere, dall'altra la miseria, la fame, le malattie, l'ssenza di medicine, la disoccupazione... Nessuna popolazione dev'essere condannata a vivere in una gabbia, come oggi vivono i palestinesi, fra muri, diaspora e campi profughi, e nessuno piu' degli ebrei puo' saperlo. 2. INIZIATIVE. ADAM KELLER: MANIFESTANDO A TEL AVIV CONTRO LA GUERRA [Ringraziamo Floriana Lipparini per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Adam Keller per "The Other Israel" dal titolo "Guerra a Gaza. E' cominciata", datato Tel Aviv, 27 dicembre, poco prima di mezzanotte] Questa mattina, alcuni di noi si sono alzati ansiosi di ascoltare il primo notiziario sperando ancora nell'impossibile. Questa mattina, piu' di duecento cittadini di Gaza i cui nomi probabilmente non conosceremo mai si sono alzati senza immaginare che fosse la loro ultima mattina. E anche nella citta' di confine israeliana di Netivot il cinquantottenne Beber Vaknin si e' alzato ed e' andato a passeggiare per le tranquille strade del weekend nella sua cittadina natale, senza sapere che molto prima del tramonto sarebbe diventato un numero nelle statistiche... Il bombardamento e il massacro sono arrivati come una scioccante sorpresa alle 11,30 del mattino, anche se non c'era in realta' ragione alcuna di sentirsi sorpresi. In preda alla rabbia e all'indignazione abbiamo febbrilmente scritto dure parole di protesta e denuncia e le abbiamo indirizzate a tutti gli altri attivisti, ai media e a chiunque in Israele e nel mondo intero fosse possibilmente intenzionato ad ascoltare: "La guerra di Gaza e' una brutale pazzia di un governo in bancarotta", "Barak conduce la sua campagna elettorale per mezzo di stragi da entrambi i lati del confine". A tempo di record, un incontro di protesta viene suggerito dalla Coalizione delle Donne per la Pace e velocemente raccolto da Hadash, da Gush Shalom, dagli anarchici, da Marabut e anche dalla base di Meretz. Il messaggio si diffonde fra tutti per passaparola, per telefono, per e-mail, sms e Facebook: "Fermate la guerra. Fermate la guerra. Troviamoci alle 18 per un'assemblea aperta in piazza della Cineteca a Tel Aviv. Corteo alle 19,30. Vieni tu, venite tutti". Sono stati contattati amici sia a Gaza sia a Sderot, entrambe sotto le bombe, e da entrambe e' arrivato il loro sentito sostegno a ogni tentativo di fermare la follia. S'improvvisano trasporti da Haifa e Gerusalemme, e persino dalle citta' arabe di Tyra e Nazareth alcune persone vengono a Tel Aviv, nonostante vi siano cortei anche nelle loro citta'. La polizia in qualche modo viene a sapere della cosa. Molto prima delle 18 la Cineteca e' circondata da tutti i lati, polizia regolare in tenuta antisommossa, reparti a cavallo e un mucchio di macchine di pattuglia che scaricano agenti in continuazione. "Guardate, questi non hanno pistole, hanno fucili automatici. Vogliono portare la guerra anche qui?", sussurra una ragazza con indosso una maglietta dell'Associazione per i diritti degli animali. Da una parte, una dozzina di giovani prepara dei cartelli: "Fermate il massacro", "La guerra e' di Olmert, le vittime sono nostre", "No all'omicidio degli innocenti", "Noi israeliani diciamo: il governo di Israele commette crimini di guerra", "Intervento internazionale ora", "Europa ferma la guerra", "Livni, l'omicidio non e' femminista", "Il comandamento dice: non uccidere". Uno slogan ripetuto di frequente, "Questa non e' la mia guerra", e' scritto in arabo, ebraico, inglese o in una combinazione dei tre. Nel frattempo, all'interno del palazzo della Cineteca, ha luogo un evento organizzato molto tempo prima. La comunita' dei rifugiati africani in Israele chiede alle autorita' di dare asilo ai rifugiati e di non deportarli. E' arrivata una giovane donna di colore a parlare dei bambini del Congo, dove sono forzati a lavorare nelle miniere e a maneggiare materiali cancerogeni. Le circostanze non hanno permesso di entrare per dare a questa causa l'attenzione che merita. Alle 19 in piazza della Cineteca ci sono piu' di mille persone, piu' di quante ci si potrebbe aspettare in Israele durante le prime ore di una guerra, con la febbre bellica di cui sono responsabili i media israeliani. Formati i cordoni e spiegati gli striscioni, i percussionisti danno il via alla musica, ma la polizia blocca tutte le uscite. Uno scontro su larga scala sembra inevitabile ma gli organizzatori gridano: "Fermi, aspettate", e cominciano a negoziare. Dopo circa venti minuti di tensione, nella meraviglia di tutti, gli agenti si dividono per lasciar passare i manifestanti. L'accordo con la polizia e' che il corteo si dirigera' verso il Ministero della Difesa evitando di interferire con il traffico sulla strada principale. Gli abitanti della normalmente tranquilla via Sprintzak guardano giu' dai loro balconi il flusso in movimento continuo di manifestanti che gridano: "Ebrei e arabi si rifiutano di essere nemici", "A Gaza e Sderot i bambini vogliono vivere", "La guerra e' un disastro, la pace e' la soluzione", "Fermiamo la guerra, torniamo alla tregua", "Facciamo tacere i fucili, salviamo la gente", "Barak, Barak, quanti ne hai uccisi oggi?", "Le stragi non ti daranno il potere", "Il sangue scorre per il prestigio dei ministri", "Il sangue scorre per i sondaggi dei partiti corrotti", "No alla guerra, torniamo alle trattative". Persino "No alla guerra, si' alla pace" che di solito suonerebbe come un truismo naif, oggi suona come un messaggio netto e radicale. Per un tempo ragionevole la polizia non interviene, ma all'angolo di via Kaplan d'improvviso una carica a cavallo va direttamente contro la folla. Alcune centinaia di metri sulla destra si vedono i cancelli del Ministero. "Signore e signori della stampa, il nostro attacco di oggi su Gaza e' stato chirurgico e precisamente mirato", la voce di Olmert alla radio che alcuni attivisti hanno acceso viene trasmessa dalle torri dall'altra parte della strada. "Bugiardo, criminale di guerra", sale un urlo in risposta, e molti giovani cercano di sfondare i blocchi della polizia ma sono immediatamente trascinati nelle auto delle pattuglie in attesa. Va avanti fino alle 21,30, quando si annuncia: "Abbiamo terminato qui per oggi. Ma continueremo a tornare finche' sara' finita. Chiunque voglia spendere qualche altra ora, puo' unirsi a noi per picchettare la stazione di polizia dove sono riuniti i nostri amici". Sull'autobus, andando verso casa, la radio fra i vari servizi di guerra dal sud trasmette una breve notizia sulla manifestazione. Il numero di partecipanti viene indicato come duecento... Ovviamente e' un servizio ostile, un tentativo di sminuire l'opposizione alla guerra. Ma forse non ci si dovrebbe scoraggiare troppo, essendo almeno stati nominati, in un giorno di euforia di guerra orchestrata dai media. 3. PROFILI. DANIELE PICCINI: GIOVANNI RABONI (2004) [Dal mensile "Letture", n. 603, gennaio 2004, col titolo "Giovanni Raboni" e il sommario "Considerato uno dei grandi della cultura italiana attuale, il poeta milanese si e' nutrito di Shakespeare e Proust fin dalla tenera eta', approdando al sonetto come forma per esprimere temi esistenziali, sacri e politici". Giovanni Raboni e' deceduto nel 2004, qualche mese dopo la pubblicazione di questo saggio] C'e' una sorta di stagione dell'oro nel ricordo poetico di Giovanni Raboni, il periodo della primissima adolescenza quando, vivi ancora il padre e la madre, in seguito ai bombardamenti alleati su Milano (dove Giovanni era nato nel 1932), la famiglia sfolla nel paese di Sant'Ambrogio, vicino al Sacromonte, dove possiede una casa di campagna di solito usata per le vacanze estive. Vi trovano rifugio, propriamente, Giovanni, la madre e il fratello maggiore, perche' il padre deve fare la spola fra li' e Milano, dove continua a ricoprire un alto incarico comunale, almeno fino alla sua rimozione per motivi politici sotto l'occupazione tedesca. Sono momenti tragici, in cui la Storia fa la sua comparsa concreta, reale all'orizzonte, ma sono anche tempi vissuti come in una bolla d'aria. Giovanni stesso ricordera' di avere in qualche modo sentito quel periodo di lontananza dalla citta' e dalla vita civile come una sorta di lunga vacanza. La dimensione pubblica dell'insegnamento scolastico non era mai piaciuta al piccolo Giovanni, che nel periodo dello sfollamento rafforza cosi' la tendenza a una formazione "anarchica", gestita in piena autonomia. A Sant'Ambrogio si dedica a letture di invidiabile ampiezza, sia in versi che in prosa, seguendo l'estro della sua curiosita': ad esempio, ha modo di leggere l'intera opera di Shakespeare. Un poco successivo, invece, sara' l'incontro con un altro grande amore letterario della sua vita, quella Recherche proustiana che egli affronto' subito in francese e che da adulto avrebbe ammirevolmente tradotto. L'occasione gli venne fornita dal regalo di maturita': il padre gli dono' appunto la Recherche in lingua originale. Raboni la lesse tutta in quell'estate dopo il diploma, quando era ancora poco piu' di un ragazzo. La luminosa formazione letteraria di quel periodo di ritiro non esclude una progressiva presa di coscienza in campo politico. Le notizie portate dal padre e quelle ascoltate da Radio Londra dopo l'8 settembre permettono di comprendere il significato della lotta di Resistenza. All'indomani della Liberazione, la famiglia torna ad abitare a Milano, una citta' in via di ricostruzione dopo i duri bombardamenti e pervasa da un clima di fervida ripresa. I Raboni abitano nel quartiere di Porta Venezia, in via San Gregorio. Dopo la frattura dello sfollamento, per Giovanni la ripresa di contatto con la citta' e' come una seconda acquisizione. Milano, avra' modo di dire, e' doppiamente la sua citta': per nascita, ma anche per la riscoperta operata dopo la fine della guerra. Al momento di decidere l'indirizzo degli studi universitari, Giovanni si orienta, nonostante la sua grande passione letteraria, verso Giurisprudenza. L'idea di tenere distinti i campi, quello della letteratura e quello della formazione a fini professionali, e' piuttosto salda in lui. D'altra parte gli studi legali lo interessano. E' nel primo anno di universita', alla Statale di Milano, che egli viene colpito dal lutto che lo segnera' a lungo, anche a livello fantastico: la morte del padre, figura solida e sicura, che assicurava benessere economico e tranquillita' alla famiglia. Soltanto due anni dopo muore anche la madre di Giovanni, creando una sorta di blocco luttuoso nella sua maturazione, e quasi alimentando un senso di colpa per la propria sopravvivenza ai due amatissimi genitori. Il progetto, forse vagheggiato, di intraprendere la carriera accademica (la laurea viene conseguita in Diritto romano) e' inevitabilmente impedito dalla necessita' di lavorare e guadagnare da subito. Il primo impiego e' nel settore legale di una industria petrolifera. * Esordio precoce Intanto era maturato, nel periodo tra la morte del padre e quello della madre, l'esordio pubblico del Raboni poeta. Giovanni, come egli stesso ha ricordato, fu un precocissimo versificatore. Gia' negli anni di Sant'Ambrogio, trascinato dal desiderio di emulare gli autori allora amati (sopra tutti Pascoli e D'Annunzio), si era dedicato a esercitazioni poetiche poi distrutte, perche' ritenute immature e quasi esclusivamente di significato "tecnico". La prima prova che per il giovane autore ha un qualche valore oggettivo e che viene ritenuta degna di essere presentata al pubblico e' la sequenza dei Gesta Romanorum: una serie di referti orali, di discorsi icastici ed emblematici, sulla Passione di Cristo. Una redazione di questa sequenza viene inviata a un concorso artistico-letterario intitolato "Incontri della gioventu'". Nella giuria, per la poesia, si trovavano fra gli altri Ungaretti e Betocchi. Raboni ha la soddisfazione di vincere il primo premio e, soprattutto, il concorso gli vale la conoscenza e l'amicizia di Carlo Betocchi. Fra i due inizia, dopo l'incontro romano, un fitto epistolario integrato dalle visite di Raboni a Firenze. E sara' Betocchi a proporre il gruppo di poesie de L'insalubrita' dell'aria a Vanni Scheiwiller perche' le pubblichi. Per i tempi editoriali, questo che e' il primo libretto dell'autore esce di fatto (1963) dopo Il catalogo e' questo (1961), contenente pero' poesie successive. La prima "maniera" di Raboni si fonda su un processo espressivo di forte oggettivita', che guarda soprattutto all'esperienza di Eliot, non trascurando (il titolo antifrasticamente pariniano dell'Insalubrita' lo dimostra) tutta una lunga tradizione lombarda, culminante nelle esperienze di Sereni, Risi, Erba. Ha parte significativa nella scrittura raboniana una vena sottilmente sarcastica e una volonta' di denuncia e di intervento civile, quasi mascherate dietro l'effettualita' della scena rappresentata. La maggior parte dei testi delle prime due plaquettes viene riassorbita nel primo volume organico dell'autore che ne sancisce la consacrazione: Le case della Vetra, pubblicato nello "Specchio" di Mondadori nel 1966. Con queste poesie, dalla forte e condensata tenuta oggettuale, in cui molti antidoti alla dolcezza e alla confessione mantengono la voce al sicuro dagli assalti del patetismo, Raboni si impone come uno dei capofila della seconda ondata di poeti della "linea lombarda" (l'omonima antologia di Anceschi era uscita nel 1952), prontamente riconosciuto come tale dalla critica. * Maestri ed editori Parlando di tradizione lombarda, l'altro grande maestro e faro per Raboni insieme a Betocchi fu Vittorio Sereni, conosciuto precocemente dall'autore, quando ancora frequentava il liceo. Fra i due si strinse una significativa amicizia, che si rinsaldo' durante la comune collaborazione alla rivista di cultura "Questo e altro" (1961-1963). A fondare e sostenere le pubblicazioni era un industriale tessile appassionato di cultura, Lampugnani Nigri, alle cui dipendenze Raboni lavorava dopo essere stato impiegato per qualche tempo nel settore legale di un'industria petrolifera. Ai tempi della rivista e al clima di fervida commistione fra cultura e vita civile cui essa si ispirava torna di scorcio una prosa, incentrata sulla morte di Kennedy, contenuta nell'ultima raccolta raboniana, Barlumi di storia (2002): "Sembra impossibile, ma c'e' stato un momento nel quale abbiamo visto per la prima volta l'immagine della limousine immobile nella sua assurda, inarrestabile corsa, dell'uomo che s'arrampica di slancio sulla lunga coda del convoglio improvvisamente funebre, della donna china in un gesto piu' materno che tragico sul corpo quasi invisibile dell'assassinato. "E apparteneva a un futuro imminente ma ancora totalmente impensabile, quell'immagine, per il gruppo di amici che la sera del 22 novembre 1963 era raccolto attorno a un tavolo per discutere, come accadeva da un paio d'anni almeno due volte al mese, del nuovo numero d'una rivista di letteratura che si chiamava 'Questo e altro' e che aveva la sua sede redazionale di fronte ai miseri resti (cinque camini e sei finestre in tutto) del piu' famoso lazzaretto di Milano. [...] Essendo li' non per caso ma per scelta, sapevamo (e avremmo, in seguito, continuato a sapere) di esserci; perche' l'occasione che ci aveva riuniti attorno a quel tavolo non era ne' fortuita ne' insignificante; perche' discutendo di letteratura - e non solo di letteratura in quanto tale ma anche, giusto il titolo della rivista, dei suoi rapporti con l'"altro" - si finisce a poco a poco col trovarsi immersi in un fervore un po' speciale, un'attesa di risposte (e di senso) che rasenta non dico la preveggenza, ma certamente l'inquietudine". Dopo la fine dell'esperienza di "Questo e altro", sulle cui pagine Raboni aveva sostanzialmente esordito come critico di poesia, egli prese a collaborare attivamente a "Paragone", diretta da Longhi, all'interno della redazione milanese. Le riunioni plenarie della rivista, a Firenze, furono l'occasione per conoscere il meglio dell'intellettualita' italiana. Terminato l'impiego nell'azienda di Lampugnani Nigri, inizia per il poeta, alla fine degli anni Sessanta, il periodo delle collaborazioni editoriali, assurte al rango di vera e propria professione: dapprima da Garzanti, poi da Mondadori (per cui comincia a tradurre, con un contratto ad hoc, l'intera Recherche di Proust), poi da Guanda, di cui insieme a Cordelli cura il rilancio tra la fine degli anni Settanta e l'inizio del decennio successivo. In seguito, venuta meno l'organicita' del lavoro editoriale (ma ancora in pieni anni Novanta si colloca la direzione della collana di poesia di Marsilio, poi seguita dalla consulenza per la nuova Scheiwiller), Raboni si dedica praticamente a tempo pieno all'attivita' di critico e giornalista culturale che aveva fin li' svolto in parallelo a quella di consulente delle case editrici. La prima collaborazione giornalistica di peso fu quella con "Avvenire", all'inizio degli anni Settanta, come critico cinematografico. La carriera di critico letterario sui giornali si svolse su "Tuttolibri" della "Stampa" (anni Settanta) e "Il Messaggero", poi sul settimanale "L'Europeo" (dall'inizio degli anni Ottanta), quindi sul "Corriere della sera", con cui il rapporto dura tuttora. L'ampiezza e la rilevanza del lavoro compiuto in istituzioni editoriali e critico-giornalistiche di prima grandezza ha fatto di Raboni, a partire almeno dagli anni Settanta, una delle voci piu' ascoltate e influenti della cultura letteraria italiana, non solo in campo poetico (si pensi alle sue acute recensioni di narrativa o ai suoi interventi di polemica culturale e di costume, raccolti anche in volume, ad esempio in Devozioni perverse, del 1994). * Intoppi familiari Intanto, nella vita privata, a una prima stagione di serenita' coniugale, successiva al matrimonio con l'architetto Bianca Bottero celebrato nel 1957, fa seguito una serie di turbolenze (riflesse ad esempio nella parlante sezione "L'intoppo" della raccolta Cadenza d'inganno, 1975), che portano infine nel 1970 alla separazione dalla prima moglie. Da lei Raboni aveva avuto i suoi tre figli: la non facile situazione che si instaura dopo la fine del matrimonio pesa sul poeta, che sviluppa un senso di inadempienza verso i figli in qualche modo gemello al senso di colpa per la sopravvivenza ai genitori. Le due tormentose motivazioni affettive si legano con grande forza in uno dei piu' bei testi inediti raccolti nell'autoantologia A tanto caro sangue del 1988, La guerra, dove Raboni riferendosi al padre dice: Dal sotto in su, dal basso della mia secondogenitura, per le sue coronarie mormoravo ogni tanto una preghiera. Adesso, dopo tanto che lui e' entrato nel niente e gli divento giorno dopo giorno fratello, fra non molto fratello piu' grande, piu' sapiente, vorrei tanto sapere se anche i miei figli, qualche volta, pregano per me. Ma subito, contraddicendomi, mi dico che no, che ci mancherebbe altro, che nessuno meno di me ha viaggiato fra me e loro, che quello che gli ho dato, che mangiare era? non c'era cibo nel mio andarmene come un ladro e tornare a mani vuote... Una povera guerra, piana e vile, mi dico, la mia, cosi' povera d'ostinazione, d'obbedienza. E prego che lascino perdere, che non per me gli venga voglia di pregare. Raboni si lega di un tenace legame con la studiosa e traduttrice dal russo Serena Vitale, con cui si sposa poco prima dell'entrata in crisi del loro rapporto, dopo un decennio di vita assieme. Nel 1981 cade infatti l'incontro con una giovane poetessa, Patrizia Valduga, che segna l'inizio di un nuovo sodalizio. Dalla casa editrice Guanda la Valduga ottiene i recapiti del poeta e gli porta personalmente un libro inedito: sono i Medicamenta, che proprio Raboni fara' pubblicare (1982), vergando un'amorosa e anonima nota editoriale. Fra i due la scintilla e' immediata, anche se entrambi sono legati sentimentalmente (la giovane poetessa e' gia' sposata). Dopo alcune vicissitudini, che dettano al poeta i testi formalmente rifinitissimi ma capaci anche di escursioni lessicali eroticamente esplicite di Canzonette mortali (Crocetti, 1986), i due prendono la decisione di vivere insieme. La loro unione dura tuttora, anzi questa storia, non risolta quasi per scaramanzia in matrimonio, e' la piu' lunga e forse la piu' intensa della vita del poeta. Canzonette mortali, che giunge dopo Nel grave sogno (1982, libro in qualche modo di passaggio), segna la riscoperta, poi sviluppata in modo sempre piu' intenso e necessitato, delle forme chiuse (il volumetto ospita ad esempio una sezione di variazioni dal trovatore provenzale Arnaut Daniel; a innescare il lavorio metrico avra' contribuito l'impegno della traduzione da Baudelaire, via via rielaborata, la cui prima edizione vede la luce nel 1973). Versi guerrieri e amorosi, edito nel 1990, rappresenta forse il momento in cui la spinta alla formalizzazione e alla chiusura metrica si costituisce quasi come momento autonomo, in assenza, si potrebbe dire, di reale ispirazione. Si tratta di una serie di variazioni che uniscono il ricordo della guerra alla profezia di una figura femminile (ancora la Valduga) allora di la' da venire, testi in cui a prevalere sono i meccanismi formali e la stilizzazione quasi fine a se stessa. L'approdo maturo e consapevole di una ricerca che avrebbe potuto rischiare il tecnicismo si verifica con la raccolta Ogni terzo pensiero (1993), costituita quasi tutta da sonetti: una forma metrica che l'autore applica senza alcuna pesantezza classicistica o manipolazione postmoderna, reinventandone ritmo e musica per mezzo di slogature, modificazioni prosodiche, forzature sintattiche e rimiche. La forma chiusa piu' fortunata della nostra tradizione (venne introdotta da Giacomo da Lentini nella prima meta' del Duecento) si trasforma nelle mani di Raboni in un malleabile strumento capace di esprimere, senza piu' eccessive mascherature, qualunque contenuto: motivi esistenziali, una profonda e meditata religione dei morti, ma anche temi civili e persino politici. La funzione di contenimento, di equilibratura e' infatti affidata alla forma metrica e ai suoi meccanismi, che permettono, paradossalmente, una amplissima liberta' di dire. Lo stesso accade nel successivo Quare tristis (1998), dove la tematica della comunione vivi-morti tocca il suo zenit e dove la maestosa e pacata profondita' della voce, tesa tra dolcezza di vivere e accettazione del distacco dalla vita, detta componimenti di sostenuto impegno conoscitivo. Quare tristis e' in qualche misura l'apice di un percorso: a questo libro l'autore fa infatti seguire una forma diversa di ricerca, quella teatrale, sia pure nutrita della medesima cura formale. Rappresentazione della Croce (2000), le cui soluzioni sono favorite dalle traduzioni da Racine, e' un testo di ammirevole densita', che mette in scena i testimoni della vita di Cristo impegnati a decifrare la sua altissima e disorientante vicenda. Zaccaria, Maria, Pietro, Giuda si interrogano, in parlate misurate sui versi della tradizione, sul significato del passaggio di Cristo, sulla sproporzione fra la propria umanita' limitata e incerta e il fulgore prepotente della sua persona. Raboni rappresenta insomma, attraverso la parola, lo scoglio dell'indicibilita' e lo fa da una prospettiva, quella del dubbio, della difesa delle sicurezze umane, che rende la vicenda di Cristo e dei suoi viva e contemporanea per il lettore. Testo di impianto tutto monologico, la Rappresentazione interfoglia i Vangeli con parlate rivelatrici, partecipi dell'"insonnia del mondo", con la capacita' di far rivivere il motivo passionale dei lontani Gesta Romanorum in una forma meno emblematica e araldica e invece nutrita del senso dell'esperienza, obbligandoci a guardare con concretezza allo scandalo costituito dalla Croce. In cio' - e' evidente - Raboni ha come compiuto un percorso, tornando alle origini della sua ricerca e portando al massimo di universalita' e di ampiezza significativa lo spettro della sua inquisizione sulla vita e sulla morte. Non e' un caso, in effetti, che il piu' recente volume poetico dell'autore, Barlumi di storia (2002), muova dal superamento della ricerca formale precedente o, meglio, dalla sua essenzializzazione e interiorizzazione. Viene meno la forma chiusa ma non una sensibile e rigorosa tramatura metrica, che ora tuttavia non ha piu' la necessita' di essere regolata dall'impianto rimico, obbligato e concluso, del sonetto. E' come se l'autore, per condensare i suoi moti conoscitivi, la sua indagine tra vita e morte, tra impegno civile e approfondimento esistenziale, non sentisse piu' l'urgenza della gabbia costrittiva (e insieme liberante) della forma tradizionale, avendone in certo modo introiettato la concentrazione. Come il titolo lascia intendere, e' centrale nel volume il fuoco tematico della storia, dell'inserimento delle vicende personali e della stessa avventura intellettuale all'interno dello sfondo storico secondonovecentesco. Non mancano accenni, sempre rigorosamente risolti, alla situazione politica attuale, sentita come bassa e degradata: [...] Il punto e' che e' tanto piu' facile immaginare d'essere felici all'ombra d'un potere ripugnante che pensare di doverci morire Ma il motivo piu' fondo e intenso che si fa strada nel libro e' quello di un'universale e plenaria attenzione all'umano (certo conseguente allo scavo della Rappresentazione), che prende le forme di una fervorosa e umanamente disponibile pietas per tutti gli uomini, per la stessa vita nascente, nel suo contrastato miracoloso dono: Forse, mi dico allora, non e' per me che parlo, e' qualcun altro, nato da poco o nascituro, ad agitarsi nel mio sonno, a premere da chissa' dove sul mio cuore, a impastare parole col mio fiato... Alla storia e alle sue strettoie torna a guardare, ma osservandole da un punto di vista esemplare come l'imitazione dalla tragedia classica impone, il testo teatrale Alcesti o La recita dell'esilio (2002), che riscrive la vicenda mitica. Tre personaggi sono in fuga dall'orrore di un'innominata dittatura che li condanna all'esilio o alla morte. Soltanto due sono i posti disponibili per la fuga: uno dei tre "attori" - Stefano, il padre Simone, la moglie Sara - dovra' sacrificarsi per lasciar vivere gli altri. All'interno di una delle molte tragedie storiche del Novecento (o della summa di tutte quante esse insieme), dovra' rivivere la funzione mitica del sacrificio, dell'immolazione: variante laica, civile della Croce? Forse e' cosi'; il punto e' che quest'ultimo Raboni, ancora formalmente agguerrito (i dialoghi sono tessuti in settenari, novenari, endecasillabi) riesce a far confluire nei suoi serrati eppure limpidi testi motivi civili, conoscitivi e metafisici con una naturalezza e profondita' che probabilmente fanno di lui il piu' decisivo poeta vivente in italiano dopo Mario Luzi. * Conflitti e amori nella vita del poeta 1932 Nasce a Milano, da una famiglia della media borghesia. 1944 Insieme alla madre e al fratello maggiore sfolla fuori Milano, minacciata dai bombardamenti alleati, rifugiandosi nella casa di villeggiatura della famiglia, a Sant'Ambrogio, vicino al Sacromonte. Vi rimarra' fino alla Liberazione. 1951 Muore il padre. 1953 Muore la madre. 1957 Si sposa con Bianca Bottero, dalla quale avra' tre figli. 1961-1963 Con Vittorio Sereni prende parte alla redazione della rivista letteraria "Questo e altro". 1961 Esordisce con la plaquette edita da Lampugnani Nigri dal titolo Il catalogo e' questo. 1963 Esce da Scheiwiller la piccola raccolta, cronologicamente precedente a Il catalogo e' questo, intitolata L'insalubrita' dell'aria. 1966 Nel volume Le case della Vetra, edito da Mondadori nella collana "Lo Specchio", riorganizza la maggior parte delle sue poesie edite insieme a nuovi testi, imponendosi con forza all'attenzione della critica. 1970 Si separa dalla prima moglie per vivere con la studiosa e traduttrice Serena Vitale. 1973 Prima edizione della versione poetica di Baudelaire. 1975 Esce il secondo volume organico di poesia, Cadenza d'inganno, da Mondadori. 1981 Conosce la poetessa Patrizia Valduga, che diventera' sua compagna di vita. 1982 Appare la nuova raccolta poetica, Nel grave sogno, Mondadori. 1983 Esce nei "Meridiani" Mondadori il primo volume della traduzione della Recherche di Proust (il quarto e ultimo volume apparira' nel 1993, successivamente escono versioni riviste). 1986 Crocetti pubblica Canzonette mortali, raccolta di testi erotici ispirati al rapporto con Patrizia Valduga. 1988 Nell'autoantologia A tanto caro sangue (Mondadori) riunisce, con molte correzioni, il meglio della sua produzione poetica, aggiungendo un gruppetto di testi inediti. 1990 Einaudi pubblica Versi guerrieri e amorosi, testi concentrati su uno strenuo formalismo. Viene ripresa e ampliata la sezione di rifacimenti e traduzioni da Arnaut Daniel, gia' compresa in Canzonette mortali. 1993 La nuova raccolta poetica, Ogni terzo pensiero, costituita per lo piu' da sonetti, raccoglie numerosi consensi, rappresentando l'esito piu' maturo della sua recente ricerca, fondata sul recupero della forma metrica. 1997 Garzanti riunisce in un volume della prestigiosa collana "Gli Elefanti" l'intera produzione poetica fin li' edita, Tutte le poesie (1951-1993). Con questo libro Raboni ottiene il Premio Bagutta 1998. 1998 Esce da Mondadori la raccolta Quare tristis, ancora costituita per gran parte da sonetti. 2000 Garzanti pubblica il testo per il teatro Rappresentazione della Croce e ripropone la raccolta di Tutte le poesie, includendo anche Quare tristis. 2002 Escono da Mondadori la raccolta Barlumi di storia e da Garzanti il testo teatrale Alcesti o La recita dell'esilio. 2003 Viene attribuito a Raboni il Premio Librex Montale. * In attesa di una monografia tutta per lui Non esiste a tutt'oggi una monografia critica sull'opera di Giovanni Raboni (una e' in preparazione all'interno della collana saggistica "Lyra" di Campanotto). Per un'introduzione alla fortuna critica dell'autore si puo' rimandare all'Antologia della critica fornita in appendice alla raccolta Tutte le poesie (1951-1998), Garzanti, Milano 2000, che riunisce testi di Betocchi, Baldacci, Bertolucci, Bellocchio, Sereni, Cordelli, Garboli, Giudici, Zanzotto, Berardinelli, Gramigna, Ramat. Inoltre, fra gli interventi accessibili in volume si possono citare: - Marco Forti, Due situazioni poetiche, in "Aut aut", 75, maggio 1963, pp. 73-81; poi in Id., Le proposte della poesia e nuove proposte, Mursia, Milano 1971, pp. 410-417. - Giorgio Barberi Squarotti, La cultura e la poesia italiana del dopoguerra, Cappelli, Bologna 1966, pp. 162-163. - Cesare Cavalleri, Un'estate di poeti. Giovanni Raboni, in "Studi Cattolici", XVI, 126-127, agosto-settembre 1971, pp. 589-591; poi in Id., Letture 1967-1997, Edizioni Ares, Milano 1998, pp. 499-500. - Marco Forti, Raboni: secondo "tempo", in "Paragone-Letteratura", XXVII, 312, febbraio 1976, pp. 163-170; poi in Id., Tempi della poesia. Il Secondo Novecento da Montale a Porta, Mondadori, Milano 1999, pp. 337-344. - Pier Vincenzo Mengaldo, Giovanni Raboni, in Id., Poeti italiani del Novecento, Mondadori, Milano 1978, pp. 985-988. - Gilberto Finzi, Poesia in Italia. Montale, novissimi, postnovissimi (1959-1978), Mursia, Milano 1979, pp. 59-62. - Antonio Porta, recensione a Nel grave sogno, in "Alfabeta", 40, settembre 1982, p. 12; poi in Id., Il progetto infinito, Quaderni Pier Paolo Pasolini, Roma 1991, pp. 82-83. - Giorgio Luti (a cura di), Poeti italiani del Novecento: la vita, le opere, la critica, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1985, pp. 191-193. - Elio Gioanola (a cura di), Giovanni Raboni, in Id., Poesia italiana del Novecento. Testi e commenti, Librex, Milano 1986, pp. 816-823. - Antonio Porta, Opposizioni, in "Alfabeta", 93, febbraio 1987, p. 12; poi in Id., Il progetto infinito, Quaderni Pier Paolo Pasolini, Roma 1991, pp. 118-121. - Antonio Porta, Il Romanzo di Raboni, in "Alfabeta", 109, giugno 1988, pp. 6-7; poi in Id., Il progetto infinito, Quaderni Pier Paolo Pasolini, Roma 1991, pp. 130-133. - Marco Forti, Raboni: una lunga, lentissima rincorsa poetica, in "Michelangelo", nuova serie, XXIII, 2, aprile-giugno 1994; poi in Id., Tempi della poesia. Il Secondo Novecento da Montale a Porta, Mondadori, Milano 1999, pp. 345-353. - Maurizio Cucchi, Giovanni Raboni, in M. Cucchi e S. Giovanardi (a cura di), Poeti italiani del secondo Novecento. 1945-1995, Mondadori, Milano 1996, pp. 511-514. - Daniele Piccini, Un congegno preciso e misterioso, ne "Il Popolo", 12 dicembre 1998; poi col titolo La morte ritrovata in Id., Con rigore e passione, I Quaderni del Battello Ebbro - L'Albatro Edizioni, Porretta Terme - Sant'Elpidio a Mare 2001, pp. 175-176. - Massimo Raffaeli, Le parole dei lumi votivi, in "Il manifesto-Alias", 6 marzo 1999; poi col titolo Tra Baudelaire e Raboni in Id., Novecento italiano. Saggi e note di letteratura (1979-2000), Luca Sossella Editore, Roma 2001, pp. 193-196. - Daniele Piccini, recensione a Tutte le poesie (1951-1998) e a Rappresentazione della Croce, in "Poesia", XIV, 148, marzo 2001, pp. 63-64; poi col titolo Lo scandalo della Croce in Id., Con rigore e passione, I Quaderni del Battello Ebbro - L'Albatro Edizioni, Porretta Terme - Sant'Elpidio a Mare 2001, pp. 177-179. - Stefano Colangelo, Giovanni Raboni, in N. Lorenzini (a cura di), Poesia del Novecento italiano. Dal secondo dopoguerra a oggi, Carocci, Roma 2002, pp. 211-215. 4. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti". E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009": una copia, 10 euro. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 6. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo: una copia, 10 euro. Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 685 del 30 dicembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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