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Minime. 672
- Subject: Minime. 672
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 17 Dec 2008 01:14:57 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 672 del 17 dicembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Nonviolenza o catastrofe 2. Luisa Muraro: Politica prima e seconda 3. Antonella Litta: Richiesta di istituzione del Registro dei tumori nella Asl di Viterbo 4. Luciana Sica intervista Rene' Kaes 5. Giulio Giorello: Michael Atiyah 6. Leonardo Messinese: Due note sul pensiero di Emanuele Severino 7. Un estratto da "Cinque chiavi per il futuro" di Howard Gardner 8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 9. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 10. L'Agenda dell'antimafia 2009 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. NONVIOLENZA O CATASTROFE "Socialismo o barbarie" fu il nitido monito della parte migliore del movimento operaio che si opponeva alla guerra e al fascismo che la guerra porta con se'. Oggi, in un mondo ancor piu' interconnesso, e dinanzi alla disponibilita' di tecnologie di distruzione di efficienza incomparabilmente maggiore e fin apocalittica, quel monito ha un indispensabile sviluppo e una necessaria traduzione: "Nonviolenza o catastrofe". Il movimento delle oppresse e degli oppressi puo' liberare le oppresse e gli oppressi e con essi l'umanita', e salvare la biosfera e con essa la civilta' umana, solo se fa questa scelta non piu' rinviabile: la scelta della nonviolenza. * La nonviolenza e' la politica del XXI secolo. La nonviolenza e' il compito dell'ora. La nonviolenza e' la rivoluzione necessaria. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: POLITICA PRIMA E SECONDA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente intervento dal titolo "Amiche che militate nei partiti di sinistra, se non ora, quando?"] Il quotidiano "L'unita'", diretto da Concita De Gregorio, ha dedicato un numero intenso e sofferto alla questione morale che agita il Pd (venerdi' 5 dicembre 2008). Non si rivolge ai notabili ma alla base e in copertina mette una frase di Enrico Berlinguer (morto nel 1984, a Padova, colpito da ictus sul palco di un comizio), illustrata da un'immagine: il suo sguardo, inconfondibile. All'interno, oltre a parecchi servizi, quattro pagine dedicate all'incontro della redazione con Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd. La interrogano sul momento presente e sulla sua posizione. Le sue risposte sono franche e chiare, tolto un passaggio che vedremo. Ci sono molti "bisogna", "dovremmo", ma non piu' di quelli che c'era da aspettarsi. Lei parla di affrontare i problemi reali (e li indica). Critica il ripetersi di certe beghe tra dirigenti. Spiega perche' non si candido' nelle primarie, vinte da Veltroni, e qui sparisce la chiarezza: "Sarebbe stata una candidatura minoritaria e avrebbe nociuto alle donne del mio partito. Sarebbe scattato il solito discorso sulla marginalita' delle femmine nella vita politica". Non capisco il ragionamento, sembra dettato dal suo timore di sembrare una donna-ancella (l'espressione e' sua). Ma e' ben vero che in quell'ambiente nessuno riflette a fondo (neanche lei, mi risulta) sulla scarsa presenza di donne sulla scena politica, e si continua a ripetere i soliti discorsi sulla discriminazione. Tant'e' che ecco comparire la "questione femminile": "Ma la questione femminile esiste", interviene qualcuno della redazione. La Finocchiaro sembra d'accordo, ma esprime insofferenza. Poi il discorso cambia. Noi invece insistiamo. Domanda: che cosa vuol dire quella formula trita, che non si vuole dire apertamente? La risposta e' una sola: non si vuole dire che la vera questione, per il Pd, per la sinistra e per la politica in generale, la pone il rapporto degli uomini con il potere. Con il potere si orientano, si misurano e misurano il mondo, da quello fanno dipendere valuta zioni, alleanze, decisioni. Lo cercano a tutti i costi, in tutte le situazioni, a qualsiasi condizione e con tutti i mezzi. Il che basta e avanza a spiegare, in un colpo solo, il fatto che le donne sulla scena politica siano poche e che le cose stiano andando molto ma molto male. Alla maggioranza delle donne piace essere attive nella vita reale. E' politica anche questa, noi la chiamiamo politica prima. Seconda, invece, chiamiamo quella organizzata in forme precostituite: parlamenti, maggioranze, minoranze, partiti, ecc. Ma alcune, come la Finocchiaro, scelgono proprio la politica seconda. Fra loro abbiamo delle amiche. "Donne che corrono coi lupi", le abbiamo chiamate e abbiamo loro dedicato il numero 36 della nostra rivista "Via Dogana" (febbraio 1998). Non si tratta di un fenomeno recente. Il fenomeno recente, il fatto da indagare, e' che in tutti i campi della vita produttiva e sociale la presenza delle donne e' cresciuta e continua a crescere, ma non nella politica seconda. Il perche' e il percome non si capisce finche' questa minoranza di donne non smette di sorvolare sulla contraddizione che vivono. Amiche che militate nei partiti di sinistra, se non ora, quando? Non vi sembra questa l'ora di finirla con la foglia di fico della questione femminile e di cominciare a dire che si', una questione esiste, e' quella del tremendo bisogno che hanno molti, troppi, uomini di gareggiare, di vincere, di primeggiare. Voi e noi, per guadagnare esistenza e liberta', bisogna esporci con quello che abbiamo e siamo, senza badare all'invadenza e alla volgarita' maschile (di cui la destra da' spettacolo ma non ha l'esclusiva) e senza per questo cercare rifugio nella tentazione del neutro. Naturalmente, non e' che sono tutti uguali neanche loro uomini. Dalla lettura dell'"Unita'" si capisce, per esempio, che la base si trova in uno stato di sofferenza indotta dall'alto, il disordine infatti e' cominciato ed e' grande in alto. C'entra probabilmente un fatto che abbiamo gia' notato e cioe' che, in Italia, la liberta' femminile e' indigesta piu' agli uomini delle classi dirigenti che agli altri. Quelli piu' di questi si ostinano a ignorare il cambiamento nei rapporti donna-uomo, a costo di arrampicarsi sugli specchi, di plagiare gli scritti di donne (non facciamo nomi), di far naufragare la credibilita' del loro partito. In alto c'e' spazio per i giochi di potere e di prestigio. La' dove, invece, c'e' da studiare, lavorare, organizzare la vita quotidiana, crescere bambini, far quadrare il bilancio, le donne brillano e gli uomini ad esse vicini se ne accorgono, esclusa una minoranza di complessati. Uomini che hanno preso coscienza, uomini che pensano (primo requisito) e che non si mettono al centro dell'universo (secondo requisito) ci sono a tutti i livelli sociali. Uno va ricordato, e' proprio Berlinguer che a suo tempo lesse il "Sottosopra" Piu' donne che uomini (1983), lo cito' in un comizio a Milano e non dimentico' quel nuovo punto di vista di donne che non chiedono parita' ma insegnano politica: nel suo ultimo comizio egli invito' il suo partito ad "affermare con la societa' quei valori generali di cui le donne sono le portatrici". 3. DOCUMENTI. ANTONELLA LITTA: RICHIESTA DI ISTITUZIONE DEL REGISTRO DEI TUMORI NELLA ASL DI VITERBO [Da Antonella Litta, referente per la provincia di Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (per contatti: tel. 3383810091, tel. e fax: 0761612069 - 0761559413, e-mail: antonella.litta at libero.it) riceviamo e diffondiamo] Al Direttore generale della Asl di Viterbo, al Presidente della Giunta Regionale del Lazio, all'Assessore alla sanita' della Regione Lazio, e per opportuna conoscenza: al Direttore sanitario della Asl di Viterbo, al Presidente dell'Ordine dei medici e chirurghi di Viterbo, al Dirigente del Dipartimento di prevenzione - Servizio igiene e sanita' pubblica, ai Dirigenti dei servizi di oncologia e radioterapia della Asl di Viterbo, al Presidente della Provincia di Viterbo Oggetto: richiesta di istituzione del Registro dei tumori nella Asl di Viterbo e nelle Asl del Lazio L'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia), sezione di Viterbo, chiede che sia istituito presso la Asl di Viterbo il Registro dei tumori. Il Registro dei tumori rappresenta uno strumento indispensabile per sorvegliare l'andamento della patologia oncologica nel nostro territorio e per meglio attuare strategie di prevenzione, studio e ricerca. Il Registro dei tumori, struttura costituita da personale medico e paramedico, ha la funzione di ricevere, ricercare, codificare ed archiviare tutte le informazioni riguardanti i casi di neoplasia tra i residenti. Le informazioni includono il tipo di tumore diagnosticato, i dati anagrafici dei paziente, le condizioni cliniche, i trattamenti terapeutici e l'evoluzione della malattia. Questi dati sono essenziali per la ricerca sulle cause del cancro, per la valutazione dei trattamenti piu' efficaci, per la progettazione di interventi di prevenzione e per la programmazione delle spese sanitarie. L'importanza di legare la raccolta dei dati alla residenza sta nel fatto che in questo modo la casistica raccolta riflettera' la reale condizione del nostro territorio e permettera' di conoscere l'incidenza, la prevalenza, la sopravvivenza, la mortalita' per questo tipo di malattia, di anno in anno, e consentira' un confronto con gli altri Registri dei tumori in Italia contribuendo cosi' anche al confronto con i dati internazionali di questa malattia. Una volta istituito il Registro dei tumori dovra' essere accreditato presso l'Associazione Italiana Registri Tumori. La patologia tumorale purtroppo e' in aumento, soprattutto in eta' pediatrica: e' quindi necessario ed urgente che sia istituito questo importante strumento di monitoraggio, al momento operativo nella nostra regione soltanto nella provincia di Latina; pertanto si chiede che sia istituito presso la Asl di Viterbo e anche in tutte le altre Asl della Regione Lazio. Certi della vostra attenzione e in attesa di un sollecito riscontro, vogliate gradire distinti saluti, dottoressa Antonella Litta, referente per la provincia di Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) Viterbo, 16 dicembre 2008 4. RIFLESSIONE. LUCIANA SICA INTERVISTA RENE' KAES [Dal quotidiano "La Repubblica" del primo dicembre 2007 col titolo "Intervista con l'analista francese Rene' Kaes. Il peso del passato" e il sommario "A nostra insaputa spesso siamo eredi dei traumi irrisolti di chi ci ha preceduti. Romanzi familiari tinti di nero ma anche fratture irreversibili come la Shoah"] Roma. E' possibile o impossibile dimenticare? All'origine di biografie disastrate, ma anche di grandi tragedie collettive, ci sono i traumi di un passato che non passa. Non solo ferite individuali, romanzi familiari tinti di nero, ma fratture irreversibili come i genocidi del Novecento di cui la Shoah e' stato il paradigma piu' osceno. Siamo comunque eredi, spesso servitori, non sempre allegri beneficiari della vita di chi ci ha preceduto. E' il tema centrale di questa intervista con il francese Rene' Kaes, mente brillante della psicoanalisi contemporanea. Ha settantadue anni, e' professore emerito presso l'universita' Lumiere di Lione, ha scritto numerosi saggi tradotti in italiano - quasi tutti - da Borla (il piu' recente e' Un singolare plurale, legato al suo lavoro clinico con i gruppi, "lo spazio in cui l'Io puo' avvenire"). In questi giorni Rene' Kaes e' il protagonista di un convegno su "Generi e Generazioni" - voluto principalmente da Patrizia Cupelloni, l'attuale segretario scientifico del Centro psicoanalitico di Roma. La sua dotta relazione su "la trasmissione delle alleanze inconsce" e' senz'altro destinata agli studiosi, ma qui l'analista francese tenta di comunicare il suo pensiero a un pubblico colto, forse semplicemente curioso, senz'altro piu' ampio. * - Luciana Sica: "Cio' che permane non e' il ricordo, ma le tracce", scrive Pontalis. Sono queste tracce, che diventano sintomi, angoscia senza nome? - Rene' Kaes: L'inconscio non dimentica nulla, conserva tutto quello che ha percepito, provato, puo' compensare i punti ciechi e le sordita', o anche creare delle rappresentazioni di cio' che ad esempio non e' stato attraverso allucinazioni o gesti, "passaggi all'atto". Il ricordo puo' in effetti svanire, ma non la traccia che resta senza figura ne' senso quando prevalgono la negazione e il rigetto. Sono queste tracce senza memoria che diventano sintomi, terrori senza nome, pensieri bianchi. * - Luciana Sica: Cosa sono i pensieri bianchi, professore? - Rene' Kaes: Alludono alla psicosi quando si esprime appunto nell'incapacita' di pensare, generando una forma di vuoto. Ma quello che e' traccia senza senso per un soggetto puo' attivare tracce in un altro, accade spesso attraverso il sogno. E' quanto osservo nelle terapie di gruppo o anche nelle terapie familiari fondate su un dispositivo psicoanalitico, e che le giustifica ampiamente come una modalita' di accesso all'inconscio. * - Luciana Sica: All'inizio degli anni Novanta, lei, la Faimberg e un altro paio di analisti firmavate un libro ormai considerato un classico: s'intitola Trasmissione della vita psichica tra generazioni. Un tema che implica un interrogativo di fondo: e' davvero impossibile dimenticare? - Rene' Kaes: Intanto non e' solo la vita psichica che viene trasmessa, vale a dire quanto sostiene e assicura una continuita' positiva dell'esistenza umana come il mantenimento dei legami intersoggettivi. Spesso si tratta di formazioni mortifere. E' anche la morte psichica che si trasmette, una condizione che impedisce di "simbolizzare" gli stati interni e i rapporti con gli altri. Nelle mie ricerche, sono stato particolarmente attento alla "trasmissione del negativo", a tutto quel che non si contiene, non si trattiene, non si ricorda: gli oggetti perduti di cui non si e' elaborato il lutto, il senso di colpa o della vergogna, i traumi rimasti tali e quali... Comunque, si', ci sono delle situazioni in cui e' impossibile dimenticare. * - Luciana Sica: In che senso allora si considera l'oblio la forza viva della memoria? - Rene' Kaes: L'oblio non e' solo la forza viva della memoria, ne e' la condizione. Vede, ogni lutto che segue a un trauma e' un lavoro doloroso, ma nel segno della creazione: in genere bisogna identificarsi con le parti "buone" e riconoscere quelle "cattive" dell'altro. Si tratta di una faticosa ricostruzione assolutamente necessaria per rigenerarsi, per non rimanere appunto inchiodati al lutto... Questo pero' non toglie che esiste la dimensione dell'indimenticabile. * - Luciana Sica: Una dimensione che si traduce in un uso ossessivo della memoria? - Rene' Kaes: Non si dimentica cio' che rimane incollato al trauma, inelaborato, che esige quindi la ripetizione, e senz'altro un uso ossessivo della memoria. Una scena ci assedia, ci invade, occupa il nostro spazio psichico. E' li' stampata nella mente, e nulla mai si trasforma. Cosi' si conserva la presenza costante dell'avvenimento traumatico, con tutto il suo terrore devastante ma forse anche con una forma di parossistico godimento. * - Luciana Sica: "Transgenerazionale": e' un termine difficile, seppure ormai di uso comune nel linguaggio psicoanalitico. Allude a un processo di natura inconscia attraverso cui entriamo in contatto con un'esperienza non vissuta in prima persona, estranea alla coscienza. E' cosi' che lei lo intende? - Rene' Kaes: Sottoscrivo pienamente questa definizione di transgenerazionale, del tutto distinta dalla nozione di intergenerazionale che rimanda invece alle relazioni dirette tra due generazioni o all'interno di una stessa generazione... Qui si parla di cio' che ereditiamo a nostra insaputa: episodi reali e spesso traumatici, che sono stati oggetto di negazione o di rigetto da parte di chi li ha vissuti, si depositano nella psiche dei discendenti creando quelle che Nicolas Abraham e Maria Torok hanno chiamato "cripte", luoghi che accolgono fantasmi, oggetti grezzi, enigmatici, bizzarri, inassimilabili, impensabili, indicibili... Sono questi i processi piu' arcaici che formano lo zoccolo originario dell'inconscio. * - Luciana Sica: In stanza d'analisi o nei gruppi, come si affronta una materia cosi' oscura, misteriosa? - Rene' Kaes: Dal punto di vista clinico, il problema e' comprendere come il soggetto s'impadronisca di quanto gli viene trasmesso in questo modo, di quel che eredita senza poterne diventare realmente l'erede, perche' non ha potuto iscriverlo nella propria storia. Cito spesso una frase di Goethe che piaceva molto anche a Freud: "Quello che hai ereditato dai tuoi padri, allo scopo di possederlo, devi guadagnartelo". Appropriarsi dell'eredita' e' possibile solo quando s'intraprende un processo profondo di soggettivazione, sciogliendo quelle che definisco "alleanze inconsce". E' un uso vivo della memoria che dice: ricorda, recupera il tuo passato, fai di te una persona tra le altre, ma che rimane singolare e distinta. Strada facendo, potrai separare cio' che e' tuo da cio' che non lo e'. Tuttavia, dovrai ammettere che questa memoria ritrovata e' una costruzione e ti parla dell'avvenire: e' anche una memoria del futuro. * - Luciana Sica: In che rapporto sta la memoria individuale con quella collettiva? - Rene' Kaes: E' una questione davvero complessa: storici, antropologi, psicoanalisti l'affrontano da diverse angolazioni. Assolutamente centrale e' il valore della testimonianza: la messa in forma di racconto d'immani tragedie epocali, come nel caso della Shoah o delle dittature genocide. La memoria collettiva, come quella individuale, e' selettiva: si forma sulla base delle rimozioni dei membri di un gruppo proteggendo i loro interessi. Cio' che definiamo revisionismo e' la faccia emersa di questi patti di negazione collettiva che mutilano la memoria. Anche se quello che viene cancellato, "torna nel reale", secondo la concezione di Lacan. * - Luciana Sica: "I morti non sono degli assenti, sono degli invisibili": Anne Schutzenberger ricorre a una citazione di Sant'Agostino ne La sindrome degli antenati (Di Renzo), un libro che lei conoscera' senz'altro... Ma e' un'immagine convincente? - Rene' Kaes: Francamente la trovo molto ambigua, fuorviante. I morti non sono degli spettri che non possiamo percepire con i sensi, vanno accettati - integrati - come assenti perche' sono "passati", e non possono tornare. Sono pero' anche molto presenti dentro di noi e tra di noi, sul piano della memoria, dell'eredita', delle identificazioni... * - Luciana Sica: Ricordare per dimenticare e' un'immagine che la convincera' di piu'. E' anche il titolo di un libriccino bellissimo a firma Janine e Vahram Altounian (anticipato su queste pagine il 3 novembre scorso): il diario di un padre sfuggito al genocidio armeno, la dolorosa testimonianza di sua figlia, un'intellettuale molto in vista - e' lei che ha supervisionato la traduzione delle opere complete di Freud in Francia. Ma e' vero che e' stata sua paziente? - Rene' Kaes: Si'. Janine Altounian e' una persona che mi e' davvero carissima. 5. PROFILI. GIULIO GIORELLO: MICHAEL ATIYAH [Dal "Corriere della sera" del 25 giugno 2008 col titolo "La matematica ha anche un cuore" e il sommario "Il filosofo della scienza si confronta con lo studioso premio Abel... Michael Atiyah: Deve essere il collante intellettuale che tiene unita l'umanita'"] "Il matematico persegue la propria indagine per ragioni non troppo diverse da quelle per cui il pittore dipinge o il musicista compone. Lo spinge quella che grandi pensatori hanno definito la gloria dello spirito umano". Cosi' Michael Atiyah, uno dei maggiori matematici viventi, insignito tra l'altro della Medaglia Fields (1966) e del Premio Abel (2004). Del resto, nel saggio di apertura del volume collettivo La matematica. I luoghi e i tempi (a cura di Claudio Bartocci e Piergiorgio Odifreddi, Einaudi, Torino 2007), aveva paragonato la condizione dei matematici a quella degli artisti che si formavano nelle grandi botteghe rinascimentali: "In matematica, come nell'arte, non c'e' alternativa allo scambio intellettuale tramite cui si tramandano le tecniche, la conoscenza di base e lo spirito di ricerca". Ma come gli artisti di Firenze avevano bisogno di Lorenzo il Magnifico, cosi' anche i matematici "necessitano di un mecenate, che puo' essere tanto un privato quanto un'istituzione", nella convinzione che "la matematica abbia anche una valenza economica". L'affinita' con le arti non si ferma qui. Per Atiyah, "anche in matematica la bellezza e' una guida importante per raggiungere la verita'". Questa idea era cara gia' a un grandissimo matematico come Jacques Hadamard, il quale in una memorabile discussione con Paul Valery negli anni '30 dichiarava orgogliosamente come la scoperta in matematica dipendesse dal senso della bellezza il quale verrebbe poi tradotto nell'eleganza delle formule. Era stato semmai il poeta a rilevare come talvolta quel senso di bellezza avesse teso delle trappole anche agli intelletti migliori. Il punto e', osserva Atiyah, che "quello che si ottiene deve essere sempre controllato dalla dimostrazione. All'inizio il rigore puo' lasciare campo all'immaginazione. E' l'immaginazione che crea, ma e' la logica che conclude". Questo appello alla logica non va, pero', inteso nel senso dello slogan per cui la matematica non sarebbe altro che logica travestita. Precisa infatti Atiyah: "La matematica non coincide con la logica piu' di quanto la composizione musicale coincida con la teoria delle scale armoniche o la pittura con la chimica dei colori". Se fin dai tempi di Pitagora o di Platone la matematica veniva unita alla filosofia come chiave di comprensione del mondo naturale o anche come strumento di buona gestione degli affari della polis, oggi e' forse ancor piu' necessario che essa giovi alle altre scienze, sia naturali sia sociali, fornendo il "collante intellettuale che ci tiene uniti come esseri umani". La logica, dunque, non e' tutto. Sono la forza dell'immaginazione e la capacita' di portare i concetti all'estremo che possono rivelarci i tratti piu' profondi della mente umana. Lo diceva, seppur in maniera polemica, quel "bizzarro filosofo" che era l'irlandese George Berkeley. Doveva ribadirlo, agli inizi del Novecento, il matematico, fisico e filosofo Jules-Henri Poincare', per il quale la matematica aveva due sorelle, la fisica e la filosofia, quest'ultima intesa come indagine dei nostri processi mentali. Per Atiyah, "la matematica deve essere considerata in tutti i suoi aspetti e deve essere indagata in una prospettiva che tenga conto del suo sforzo di comprensione e dei meccanismi neurofisiologici che sono sottesi a esso". Gli anni della riflessione di Poincare' erano anche quelli in cui un altro grandissimo matematico, David Hilbert, si chiedeva (al Congresso Internazionale del 1900) se la specializzazione raggiunta nelle singole branche non avrebbe infine impedito anche il piu' semplice scambio di idee tra i cultori dei diversi settori. Oggi, anche se talora si parla, per esempio in fisica, di grandi teorie di unificazione, il panorama della ricerca appare sempre piu' differenziato e complesso, e al pubblico piu' ampio sembra spesso una sorta di impraticabile labirinto. Per Atiyah, tuttavia, il rischio di una progressiva disintegrazione del sapere e delle competenze puo' essere contrastato proprio da una seria educazione alla matematica: "Mirando di continuo a grandi principi architettonici e a un'astrazione sempre crescente i matematici riescono a comprimere la conoscenza piu' importante conquistata dalle generazioni passate in pacchetti coerenti che possono essere tramandati a quelle future". Restano certo grandi tendenze di fondo. Non c'e' forse maniera migliore della raffigurazione geometrica per rappresentare cio' che il nostro cervello apprende in modo globale e pressoche' istantaneo. Ma la geometria, aggiunge Atiyah, "e' essenzialmente statica, e' lo studio dello spazio. L'algebra, invece, e' lo studio del tempo. Questa e' una concezione forse piu' nuova. Emerge nell'Ottocento con i grandi lavori dell'irlandese William Rowan Hamilton; e oggi per algebra dovremmo intendere tutte le procedure algoritmiche, in particolare quelle che aiutano cosi' potentemente il calcolo nei computer. Questi ultimi assistono la mente umana eseguendo lunghi calcoli in modo meccanico". Non c'e', pero', ragione di temere quell'assoggettamento degli umani alle macchine che il sarcastico Samuel Butler rinfacciava al vecchio Charles Darwin come nostro possibile futuro! Per Atiyah, "geometria e algebra restano due facce del pensiero umano". Ritroviamo cosi' il grande tema dello spazio e del tempo che tanto ha appassionato filosofi come David Hume e Immanuel Kant. "Ma anche Einstein! - esclama Atiyah -. E' da lui che abbiamo imparato che lo spazio e il tempo vanno unificati, anche se questa impresa cosi' importante per la fisica contemporanea sembra sollevare difficolta' non indifferenti per il nostro cervello. Tuttavia - scherza Atiyah - il cinema qui sembra non avere poi troppi problemi". 6. RIFLESSIONE. LEONARDO MESSINESE: DUE NOTE SUL PENSIERO DI EMANUELE SEVERINO [Dal "Corriere della sera" del 28 aprile 2008 col titolo "Riflessioni su pensiero e tecnica. Severino e i valori dell'Occidente" e il sottotitolo "La lezione di Parmenide e il confronto con Gentile e Leopardi"] Nel suo scritto sul "Corriere della sera" "La filosofia salvera' l'Europa" (6 aprile 2008) Emanuele Severino osserva che e' "l'essenza del pensiero filosofico" a mostrare come il dispiegamento della "massima potenza" non sia piu' nelle mani di un "Dio eterno", ma in quelle della scienza e della tecnica. In un precedente intervento ("Platone la tecnica e il mondo globale", 22 marzo 2008), egli aveva rilevato che risulta vano appellarsi all'uno o all'altro dei "valori eterni" della civilta' occidentale per assicurare all'Europa la sua "salvezza". Molto spesso gli scritti politico-culturali di Severino, isolati dal loro contesto teorico-fondativo, corrono il rischio di non essere adeguatamente compresi, mentre quel contesto e' di primaria importanza. Propongo due riflessioni. Quando Severino sottolinea l'estrema rigorosita' presente nella distruzione degli immutabili operata dalla filosofia contemporanea - si pensi a Gentile, a Nietzsche e a Leopardi - non deve essere equivocato. Tale maggiore verita' e' soltanto la maggiore coerenza nell'errore che e' comune agli "abitatori del tempo", i quali ritengono che sia evidente il divenire delle cose. Inoltre, il richiamo a non rapportarsi ingenuamente nei confronti della filosofia contemporanea, quando si intende discutere e affrontare praticamente i problemi attuali, in Severino, e' accompagnato dall'avvertenza di non lasciare che i conti della filosofia siano eseguiti al di fuori della filosofia medesima. La questione essenziale, percio', riguarda la determinazione del sapere metafisico fondamentale. Osservo: mentre nella sua opera fondamentale del 1958, La struttura originaria, in nome della verita' dell'essere era affermata la trascendenza di Dio e la creazione del mondo, a partire dagli scritti raccolti in Essenza del nichilismo (1972), fino al recente Oltrepassare (Adelphi, 2007), tale verita' e' stata declinata da Severino quale critica della metafisica e dell'antropologia occidentale e anche di quella cupido mortis presente in modo sotterraneo nell'agire degli uomini, nel loro affannarsi a costruire il mondo e la storia, nel loro preoccuparsi della salvezza mondana o della salvezza eterna. Alla radice di tutto questo vi e' la convinzione che ogni cosa nasca e muoia, che l'uomo stesso sia costituito di una natura mortale, che lo spinge ad allontanare da se', mediante un fare artigiano, l'ora della morte. Ci si deve chiedere: la verita' dell'essere implica una critica cosi' radicale dell'intera vicenda dei pensieri e delle opere dell'uomo metafisico? E, inoltre, qual e' l'autentico rapporto di Severino con la tradizione occidentale? In effetti, il suo pensiero si mantiene all'interno dell'eredita' della metafisica, per il persistere di una certa dimensione di trascendenza, che lo distingue da quel superiore e assoluto empirismo costituito dall'attualismo immanentista di Giovanni Gentile. Piu' precisamente, a partire dalla svolta inaugurata da Ritornare a Parmenide (1964), Severino afferma una differenza ontologica tra l'essere e gli enti nella quale puo' essere colta una corrispondenza con la differenza metafisica tra Dio e il mondo. Si tratta di calibrare, quindi, il significato della trascendenza che caratterizza la seconda fase del pensiero severiniano. La svolta consiste nel venir meno della trascendenza in senso pienamente metafisico, cosicche' Dio non e' piu' l'Essere assoluto che crea liberamente il mondo. Nel successivo sviluppo, dio e' divenuto per Severino la stessa totalita' degli enti in quanto se ne sta fuori dell'apparire e, il mondo, questa stessa totalita' di enti in quanto si manifesta. La discussione con Severino non dovra' mettere in dubbio il valore del Principio di Parmenide, ma dovra' riguardare gli sviluppi di quel Principio, che hanno portato il filosofo a negare la trascendenza metafisica dell'Essere assoluto, a "divinizzare" gli enti del mondo e a giudicare illusoria la fede cristiana sia nella sua dimensione "formale" di fede, sia nei "contenuti" offerti dalla Rivelazione. Tale discussione e' di non poco conto, sia per la filosofia, che per la fede cristiana, ma anche per l'interpretazione del corso storico del pensiero occidentale. 7. LIBRI. UN ESTRATTO DA "CINQUE CHIAVI PER IL FUTURO" DI HOWARD GARDNER [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo il seguente estratto dal libro di Howard Gardner, Cinque chiavi per il futuro, Feltrinelli, Milano 2007] Un'introduzione personale Come studioso di psicologia, ho riflettuto per diversi decenni sulla mente umana: ho appreso come si sviluppa, come e' organizzata, come si presenta all'apice dello sviluppo. Ho studiato le varie modalita' con cui si apprende, si crea, si esercita la leadership, si modificano le idee proprie o di altri. Il piu' delle volte mi sono limitato al gia' arduo compito di descrivere i modi di operare della mente. Ma ogni tanto mi sono anche spinto a proporre un punto di vista su come dovremmo utilizzare le nostre menti. In Cinque chiavi per il futuro mi azzardo a fare di piu'. Senza pretendere di avere la sfera di cristallo, mi occupo qui dei tipi di intelligenza di cui gli individui avranno bisogno se vorranno - se vorremo - prosperare nelle epoche future. La mia rimane in gran parte un'impresa descrittiva, nella quale preciso le modalita' intellettive che a mio avviso si riveleranno piu' proficue. Non posso tuttavia nascondere di essermi anche avventurato in considerazioni di merito: le intelligenze che descrivo sono quelle che, a mio avviso, dovremmo sviluppare in futuro. Come mai questo passaggio dalla descrizione alla prescrizione? Nel mondo interconnesso in cui vive oggigiorno la grande maggioranza degli esseri umani, non basta dire che cosa occorre a ciascun individuo o a ciascun gruppo per sopravvivere nel suo orticello. Non e' possibile, a lungo termine, che alcune parti dell'umanita' nuotino nell'abbondanza mentre altre rimangano disperatamente povere e profondamente frustrate. Riprendendo le parole di Benjamin Franklin, "noi dobbiamo realmente stare tutti uniti, altrimenti e' certo che saremo divisi". Inoltre, il mondo del futuro - con gli ubiqui motori di ricerca, robot e congegni informatici di vario tipo - esigera' abilita' che finora sono state soltanto facoltative. Per presentarci all'appuntamento nelle condizioni che esso richiede, dovremmo cominciare fin da ora a coltivare queste abilita'. Nel farvi da guida, indossero' all'occorrenza varie vesti. Come psicologo con una lunga esperienza alle spalle, specializzato in scienza dell'apprendimento e in neuropsicologia, faro' spesso riferimento alle conoscenze scientifiche di cui disponiamo circa il modo in cui operano la mente e il cervello umani. Ma gli esseri umani si distinguono dalle altre specie per il fatto che oltre alla preistoria hanno anche la storia: centinaia e centinaia di culture e sottoculture, unite dalla possibilita' di compiere scelte consapevoli. Quindi, attingero' altrettanto profusamente alla storia, all'antropologia, e ad altre discipline umanistiche. Poiche' sto formulando delle ipotesi circa le direzioni che la nostra societa' e il nostro pianeta hanno intrapreso, si affacceranno in abbondanza considerazioni di carattere politico ed economico. Ma - e lo sottolineo nuovamente - a queste riflessioni speculative si affianca il monito costante che nel descrivere la mente non ci si puo' sottrarre a un esame dei valori umani. Ma basta temporeggiare. E' tempo di cedere la scena alle cinque dramatis personae di questa presentazione. Ciascuna di esse e' stata importante per la storia; ciascuna promette di esserlo ancora di piu' in futuro. La persona dotata di queste "intelligenze", come io le chiamo, o mentalita', sara' bene attrezzata per affrontare quello che si aspetta, e anche quello che e' impossibile prevedere; la persona priva di queste intelligenze sara' in balia di forze che non potra' ne' prevedere ne' tantomeno controllare. Descrivero' brevemente ogni intelligenza; nel corso del libro spieghero' come essa funzioni e come possa essere coltivata in studenti di tutte le eta'. L'intelligenza disciplinare governa perlomeno una forma di pensiero: la modalita' conoscitiva che caratterizza una particolare disciplina, un certo mestiere o una data professione. Numerosi studi hanno confermato che occorrono fino a dieci anni per padroneggiare una disciplina. L'intelligenza disciplinare sa anche lavorare con costanza per migliorare le capacita' e la conoscenza: nel suo ambito e' altamente disciplinata. Chi non ha al suo arco almeno una disciplina e' inevitabilmente destinato a ballare la musica di altri. L'intelligenza sintetica accoglie le informazioni da diverse fonti, le comprende e le valuta obiettivamente, le combina in modi che abbiano un senso sia per l'autore della sintesi sia per altri. La capacita' di sintesi, preziosa anche in passato, diventa sempre piu' cruciale via via che le informazioni si moltiplicano a ritmi vertiginosi. Appoggiandosi alla disciplina e alla sintesi, l'intelligenza creativa si spinge sul terreno dell'innovazione. Propone nuove idee, pone interrogativi inconsueti, inventa nuovi modi di pensare, fornisce risposte inaspettate. Queste innovazioni dovranno alla fine essere accolte da consumatori preparati. Essendo agganciata a un terreno non ancora governato da leggi, la mente creativa puo' aspirare a superare di un passo anche i computer e i robot piu' sofisticati. Riconoscendo che oggi nessuno puo' piu' rinunciare alla propria nicchia o al proprio spazio personale, l'intelligenza rispettosa registra e accoglie con favore le diversita' che esistono tra i singoli individui e tra le comunita' umane, si sforza di capire i "diversi" e di operare efficacemente con loro. In un mondo in cui tutti sono interconnessi, l'intolleranza e l'assenza di rispetto sono opzioni non piu' concepibili. Muovendosi a un livello piu' astratto, l'intelligenza etica riflette sulla natura dell'operare del singolo e sui bisogni e le aspirazioni della societa' in cui vive. Questa intelligenza e' in grado di concepire che i lavoratori possono lavorare per un fine che trascende l'interesse egoistico, e che i cittadini possono operare altruisticamente per migliorare il destino di tutti. L'intelligenza etica costruisce quindi l'azione a partire da queste basi. Il lettore potrebbe ragionevolmente domandare: perche' proprio queste cinque intelligenze? Non potrebbe la lista essere facilmente ampliata, o modificata? Rispondo concisamente: le cinque che ho appena presentato sono oggi le forme di intelligenza piu' apprezzate, e ancor piu' lo saranno in futuro. Esse governano tanto la sfera dei processi cognitivi quanto quella dell'iniziativa umana: in questo senso esse sono globali, comprensive. Possediamo qualche nozione su come coltivarle. Ovviamente se ne possono candidare anche altre. Nella fase preparatoria di questo libro, ho preso in esame altre forme di intelligenza: dall'intelligenza tecnologica all'intelligenza digitale, dall'intelligenza mercantile all'intelligenza democratica, dall'intelligenza flessibile all'intelligenza emotiva, dall'intelligenza strategica all'intelligenza spirituale. Sono pronto a difendere energicamente la mia scelta. E' questo, anzi, il compito principale di questo libro. E potrebbe essere questa l'occasione per fornire un chiarimento che permetta di evitare possibili confusioni. Se ho qualche cosa per cui rivendicare la fama e' il fatto di avere proposto, alcuni anni fa, la teoria delle intelligenze multiple (I. M.). Secondo la teoria delle I. M., tutti gli esseri umani possiedono un certo numero di abilita' cognitive relativamente indipendenti, ciascuna delle quali io designo come un'intelligenza a se'. Per varie ragioni ogni persona ha un profilo d'intelligenza diverso dalle altre, e questo dato oggettivo e' fonte di importanti conseguenze sia per la scuola sia per il lavoro. Nell'esporre la mia teoria delle intelligenze, scrivevo in veste di psicologo e cercavo di capire come ogni intelligenza operasse all'interno del cervello. Le cinque intelligenze di cui in questo libro si postula l'esistenza sono diverse dalle otto o nove abilita' che caratterizzano l'uomo. Possiamo piu' correttamente immaginarle non come abilita' specifiche, ma come mentalita' complessive che possiamo coltivare nella scuola, nelle aziende e nelle professioni. Certo, ciascuna di queste cinque mentalita' poggia sulle numerose abilita' di cui disponiamo: il rispetto, per esempio, e' impossibile senza l'abilita' nei rapporti interpersonali. Quando sara' appropriato, invochero' quindi la teoria delle I. M. Ma per gran parte della trattazione parlero' di politica, e non di psicologia: i lettori sono quindi avvertiti di pensare a queste mentalita' con un taglio politico anziche' psicologico. Cio' che infatti mi sta a cuore non e' tanto di delineare il profilo delle singole abilita' percettive e cognitive che fanno da supporto a queste mentalita', quanto convincervi della necessita' di coltivare queste ultime e illustrare i modi migliori per farlo. Per rimpolpare un po' la trattazione scendero' sul piano personale, raccontando qualche frammento di quella che e' stata la mia esperienza con questi tipi di intelligenza: oltre a scrivere in qualita' di studioso e di autore di saggi in campo educativo e sociologico, scrivero' anche in qualita' di persona che ha una notevole esperienza nella conduzione di gruppi di ricerca. Ma il compito di coltivare le intelligenze non spetta soltanto ai maestri e ai professori: e' una sfida che riguarda tutti coloro che lavorano con altre persone. Cosi', passando in rassegna queste cinque intelligenze, esporro' le mie considerazioni sui modi in cui esse si esplicano al di fuori dell'ambito educativo, in particolare nelle aziende e nella libera professione... 8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti". E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009": una copia, 10 euro. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 10. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia,curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Euro 10 a copia. Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 672 del 17 dicembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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