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Minime. 653
- Subject: Minime. 653
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 28 Nov 2008 01:19:57 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 653 del 28 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Due terrorismi, che sono uno 2. Una campagna contro il commercio delle armi 3. Giobbe Santabarbara: L'argomento del "popolo deicida" e il preside in camicia nera 4. Ida Dominijanni: Dopo la strage 5. Gustavo Zagrebelsky: Alla base della democrazia l'uguaglianza 6. Alcune iniziative ambientaliste in Veneto 7. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 8. L'Agenda dell'antimafia 2009 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. DUE TERRORISMI, CHE SONO UNO L'orrore delle stragi scatenate dai gruppi terroristi. E l'orrore delle stragi scatenate dagli stati terroristi. Ed ambedue tu devi contrastare, gli attentati e le guerre. Scegliere occorre l'opposizione a tutte le uccisioni. Scegliere occorre il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti, la solidarieta' che ogni essere umano raggiunge, il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. Scegliere occorre la nonviolenza. 2. PROPOSTE. UNA CAMPAGNA CONTRO IL COMMERCIO DELLE ARMI Una cosa che servirebbe davvero, poiche' salverebbe tante vite umane, sarebbe una campagna contro il commercio delle armi. Con la prospettiva di disarmare tutti. A cominciare dal possesso privato delle armi da fuoco. Non e' un'idea nuova, ma un'idea grande si'. E non e' un'idea "utopica", ma concreta e ragionevole. Infatti in Brasile alcuni anni fa una campagna cosi' fu condotta, e mise capo finanche ad un referendum con cui si proponeva un intervento legislativo che proibisse il commercio delle armi. Quel referendum fu perso, e fu una sconfitta per l'umanita'. Ma averlo proposto ed aver condotto una vastissima mobilitazione popolare per questo obiettivo di civilta' fu per l'umanita' comunque una vittoria, l'inizio di una lotta che dovra' pur riuscire vittoriosa se l'umanita' avra' un futuro, un futuro umano. E quella proposta dovra' essere nuovamente e nuovamente formulata, e quella lotta condotta, ovunque, fino a cominciare davvero il disarmo da qualche parte del mondo. * Certo, se si addivenisse alla proibizione del commercio delle armi da fuoco, non per questo cesserebbero di colpo le aggressioni, i ferimenti, gli omicidi, ma sarebbe piu' difficile eseguirli. E non sarebbe piccola cosa. Molte vite si salverebbero. Vite umane. E naturalmente anche vite di altri animali, oggi uccisi dalla sciagurata insensata pratica della caccia, che soprattutto di armi da fuoco si serve (ed anche la caccia andrebbe abolita, qualunque persona ragionevole lo capisce). Meno armi, una vita piu' sicura. Meno armi, meno uccisioni. Meno armi, piu' umanita'. * Ci sembra che sarebbe opportuno avviare una campagna oggi qui in Italia con questo obiettivo: abolire il commercio di armi da fuoco, proibire la detenzione di armi da fuoco, distruggere le armi da fuoco attualmente in circolazione (in Brasile nel corso della campagna si dava un rimborso a chiunque consegnava un'arma alle autorita' per distruggerla). Cominciamo almeno a porre la questione. 3. CRONACA VERA. GIOBBE SANTABARBARA: L'ARGOMENTO DEL "POPOLO DEICIDA" E IL PRESIDE IN CAMICIA NERA Il 25 gennaio 2008 il liceo scientifico di Ita ha celebrato, come ogni anno da quando e' stata istituita, la giornata della memoria della Shoah (la data precisa, il 27 gennaio, quest'anno cadeva di domenica, cosicche' l'iniziativa in quella scuola e' stata anticipata di due giorni). E tra altre iniziative - mostre, filmati - mi ha invitato a conversare con gli studenti di alcune classi. E qui forse e' opportuno che aggiunga due notiziole. La prima notiziola: in quel liceo lungo tutto questo decennio - per iniziativa di due insegnanti della scuola che sono anche due cari amici, e nell'ambito del piano dell'offerta formativa - ho condotto un corso di educazione alla pace e alla legalita' che iniziato con un limitato numero di incontri e' poi diventato di anno in anno un appuntamento pomeridiano praticamente settimanale lungo tutto l'anno scolastico, al quale hanno preso parte complessivamente centinaia di studenti. La seconda notiziola: da diversi anni vengo invitato in alcune scuole a parlare della Shoah ed in particolare di Primo Levi, in memoria del quale promossi nel 1987 il primo convegno nazionale di studi. Lo faccio sentendolo come un dovere: sono una delle tante persone che furono raggiunte e toccate dalla testimonianza e dalla benevolenza di Primo Levi, e che dopo la sua morte decisero di fare quanto in loro potere affinche' la sua vicenda personale, la sua riflessione morale, il suo impegno civile non venissero dimenticati, affinche' la sua lezione continui a risuonare. Quando vengo invitato a parlarne nelle scuole lo faccio con sentimenti ambivalenti: so gia' che dovro' confrontarmi con parole ed atteggiamenti da cui verro' ferito, ma proprio per contrastare quelle parole e quegli atteggiamenti credo di dover parlare con chi non sa e potrebbe essere corrotto alla complicita' con il nazismo che sempre risorge. E qui finisce questa lunga premessa. * L'argomento del "popolo deicida" Quel 25 gennaio 2008 mi e' capitato che un ragazzo mi chiese di raccontare cosa fosse accaduto prima della Shoah, cosa avesse provocato la Shoah. Mi disposi a raccontare della persecuzione antiebraica dal tempo dell'impero romano, passando per le vicende antiche, il medioevo, l'eta' moderna, fino a quel culmine di orrore. Ma il ragazzo mi interruppe subito per proclamare che "gli ebrei avevano ucciso Gesu'" evincendone che quanto seguiva era conseguenza di quel crimine, che per lui cristiano cattolico apostolico romano costituiva il crimine supremo: il deicidio. La cosa mi ha lasciato sbigottito: mi sono abituato nel corso degli anni a sentirmi schiaffeggiare col laido armamentario degli stereotipi vecchi e nuovi della propaganda antisemita, ma non mi era ancora mai capitato che un giovane dal viso angelico ed evidentemente di buone maniere mi squadernasse cosi' brutalmente, algidamente l'argomento del "popolo deicida". Mi illudevo che almeno dai tempi di Giovanni XXIII nessuno avesse piu' la folle protervia di enunciarlo. Quel ragazzo voglio credere non sapesse e non immaginasse cosa significhi riproporre quello scellerato paralogismo. Ma non voleva neppure saperlo, infatti alla mia disponibilita' a far luce su tutti i termini della questione (in primis: che il potere di irrogare la pena capitale a Gesu' di Nazaret era nelle mani degli occupanti romani; in secundis: che la responsabilita' penale e' comunque personale e che e' barbarie somma il genocidio di un popolo intero quand'anche una o piu' persone ad esso appartenente avessero commesso un crimine di estrema gravita' - giacche' a questa stregua non un solo popolo scamperebbe allo sterminio -; eccetera eccetera) il giovane si alzo' in piedi dicendo di non voler affatto ascoltare quanto avessi da dire - qualunque cosa avessi da dire - e chiese d essere riportato in classe. Un altro studente - credo per amicizia - lo segui'. L'incontro con gli altri studenti, cui non nascosi il mio turbamento, continuo'. * Al muro Giorni dopo, quando torno in quella scuola per tenere l'incontro settimanale del corso di educazione alla pace, trovo affisso un cartello anonimo in cui senza fare il mio nome ma inequivocabilmente a me riferendosi mi si rivolgevano pomposamente grotteschi insulti (attribuendomi peraltro opinioni opposte alle mie), e si menava scandalo del mio notorio ateismo, il quale pervicace ateismo l'eroico anonimo estensore - che non pareva avere lo stile di un ragazzo - pretendeva di confutare in poche apodittiche righe non saprei dire se piu' patetiche o gradasse: orbene, e' in queste circostanze che una persona scopre la gioia di non vivere ai tempi di Giordano Bruno. * Una digressione, e una digressione nella digressione Mi si consenta qui una digressione. Quella di additarmi alla pubblica indignazione in quanto ateo non e' un'idea originale: diversi anni fa un sindaco democristiano in una campagna elettorale che conduceva forse non troppo elegantemente fece affiggere un manifesto con una mia fotografia con su scritto che ero "Un nemico della nostra religione". Ma poiche' cio' in cui maggiormente ero impegnato all'epoca - e che piu' faceva infuriare i prominenti democristiani - era la lotta contro la mafia, mi chiedo ancora a quale religione si riferisse. E qui la digressione si conclude. Ma solo per aprire una digressione nella digressione: a proposito di simili bandi, a tornare indietro nel tempo, nel lontano '77 mi ero gia' ritrovato esposto alla pubblica esecrazione con una mia fotografia su un manifesto affisso da baldi giovini che allora gravitavano nell'area della cosiddetta "autonomia", che in didascalia mi definivano addirittura come "un esorcista della nuova sinistra". E mi sono sempre chiesto come le persone normali potessero interpretare una simile locuzione: temo ne deducessero che fossi una sorta di guaritore e non, come immagino nelle intenzioni degli autori, un bieco moralista che con i suoi scrupoli era irriducibile ad ogni totalitaria ortodossia pretesamente rivoluzionaria e/o dadaista, e che meritavo per questo la gogna (degli sganassoni invece in quel torno di tempo mi fecero omaggio alcuni esuberanti ragazzotti neofascisti, ma questa e' un'altra storia; evidentemente gia' allora non ero simpatico a parecchia gente - ed e' stato un buon addestramento alla nonviolenza). Aggiungo in coda che i gentili promotori di quel lontano manifesto qualche anno dopo erano finiti nel craxismo e dintorni, io sono restato ancor oggi quello che ero allora, anche se la nuova sinistra d'antan nel frattempo e' invecchiata assai male, e quelli come me vengono ritenuti una specie in via di estinzione. E' proprio vero: queste cose, in guisa di petites madeleines, mi fanno tornar giovane. E qui si conclude la digressione nella digressione. * Il preside in camicia nera Lo stesso giorno in cui lessi sul muro della scuola quel devoto cartello che mi fulminava come ateo pertinace e irredimibile ebbi un colloquio col preside, un preside che ama abbigliarsi in camicia nera e che nei suoi rapporti con studenti e insegnanti ha sovente proferito parole, compiuto gesti ed assunto atteggiamenti villani e inammissibili tali per cui piu' volte in precedenza alle sue vittime che mi chiedevano consiglio su come condursi nei suoi confronti avevo suggerito di essere per quanto possibile misericordiose verso l'autore di tali intemperanze, poiche' per abbandonarsi ad esse evidentemente doveva essere persona afflitta da un'intima sua sofferenza che ne offuscava la capacita' di comunicare in modo civile e secondo le mai abbastanza lodate buone maniere. Ma qui aggiungo che un dirigente pubblico e un educatore - anzi: un dirigente scolastico, che agli educatori dovrebbe essere di guida, di esempio e di conforto - che in Italia si presenti a scuola indossando una camicia nera ed offenda gli studenti o e' persona stolida, oppure si rende conto di quale messaggio quell'abbigliamento e quelle posture trasmettano, poiche' i simboli contano: un messaggio che confligge con la natura antifascista della repubblica democratica, un messaggio che - se posso esprimere con franchezza la mia opinione - in una scuola non dovrebbe essere consentito recare. Ma torniamo a quell'incontro. Esordi' promettendo che mai piu' avrei tenuto un corso di educazione alla pace in quella scuola e prorompendo incontrollatamente in espressioni grossolane e febbricitanti al tempo stesso, come a sfogarsi di un doloroso rancore lungamente, lungamente covato. Quando fui io a parlare, mi basto' a sgonfiare tanta prosopopea (esibita, immagino, per far colpo sulla vicepreside presente al colloquio) pronunciare la solita formula magica: ovvero dire che avrei querelato per diffamazione chiunque avesse osato propalare alcunche' di non veritiero sulla mia persona e sulla mia attivita' educativa. Funziona sempre con certi personaggi. Poi non querelo mai nessuno (sono abituato a sentir spropositi e chi li pronuncia suscita in me un sentimento di pena piu' ancora che di indignazione), ma dirlo gia' basta. Il mio corso continuo' fino alla fine dell'anno scolastico. * Come e' andata a finire Quest'anno non sono piu' stato invitato a tenere il corso di educazione alla pace e alla legalita' presso il liceo scientifico di Ita. Come il preside in camicia nera mi aveva preannunciato. Mi dispiace per gli studenti (che - mi dicono - a decine si erano iscritti al mio corso anche quest'anno). E mi dispiace per la scuola. Dedichero' il tempo che mi si e' cosi' liberato alle buone letture ed alle azioni che i signori in camicia nera riterranno certo cattive: come continuare a raccontare cosa ho imparato da Primo Levi, continuare ad oppormi al razzismo e al fascismo, continuare ad oppormi alla guerra e ai poteri criminali. La vita e' una cosa meravigliosa. * Tre arabeschi ancora, e un tema di filosofia della storia Ma non vorrei concludere cosi' solennemente. Aggiungiamo tre postille divertenti. Postilla prima: dopo quel colloquio il preside in camicia nera cerco' qualcuno che potesse tenere il corso al posto mio. E mi dicono si sia dapprima rivolto ad un valente operatore scolastico che svolgeva altre attivita' con gli studenti. Mal gliene incolse: poiche' quell'operatore gli disse che lui stesso aveva partecipato anni addietro a un corso di formazione alla pace in cui proprio io ero relatore, e non era disponibile alla richiesta che gli veniva posta. Succede. La scuola ha poi chiesto di tenere il corso a un'associazione di volontariato che opera in America Latina e in Africa, e al parroco che la anima e fa cose eccellenti. Ma quanto il preside in camicia nera ha loro infine esplicitato che la loro presenza era richiesta in buona sostanza per allontanare la mia persona gli hanno risposto di non essere disponibili alla bisogna, anche perche' ci lega una lunga amicizia e una stima reciproca. Sono cose che capitano. Per essere quel vecchio impenitente ateo e trinariciuto che sono, mi ritrovo stranamente ad avere ancora un sacco di amici. Postilla seconda: circa venticinque o trent'anni fa insegnavo, ahime', in una scuola privata. Un giorno tenni lezione sulla conquista dell'America e il colonialismo cinquecentesco. Spiegai che non di scoperta e civilizzazione si era trattato, ma di conquista, devastazione, saccheggio, schiavismo e genocidio, lessi brani di Las Casas, citai una vastissima bibliografia... Il giorno dopo fui convocato dal preside (che non aveva la camicia nera) il quale mi annuncio' che la scuola faceva a meno dei miei servigi dappoiche' ero persona non equanime non avendo messo in adeguato rilievo i grandi meriti della civilta' portata a quei popoli dai Conquistadores. Ebbi allora l'agio di spiegare agli studenti perche' li lasciavo, e cio' che ebbe a dire ("si parva licet componere magnis", come dicono gli azzeccagarbugli) una certa Simone Weil in un'analoga circostanza, quando l'autorita' scolastica l'allontano' dalla cattedra. Ripensando a questo episodio della mia lontana gioventu' e comparandolo alla piu' recente vicenda or mi sovviene che talora la storia si ripete, ma non saprei dire se nella classica sequenza, prima in tragedia e poi in farsa, o viceversa, o - ed e' forse questo il caso - di farsa in farsa (ma farse che forse rispecchiano e lumeggiano tragico un contesto). Postilla terza a mo' di finalino: dimenticavo infine di aggiungere che non dovendo piu' ogni settimana sobbarcarmi le spese per l'autobus o il treno da Gherascopoli ad Ita e ritorno, visto che per quasi dieci anni ho tenuto quel corso del tutto gratis senza volere neppure il rimborso del viaggio, col mio allontanamento disposto dal preside in camicia nera ci risparmio anche un gruzzoletto di baiocchi, piccino ma che di questi tempi non dispiace ritrovarsi nella scarselletta. E ditemi voi, lettrici e lettori gentilissimi, se questo non e' un gran bel lieto fine. * E tu Ma neppure cosi' vorrei concludere, poiche' si perde di vista il motivo principale per cui mi sono infine deciso a raccontare questa storia; ed aggiungiamo dunque una considerazione ancora sulla cosa che piu' conta. Che e' la necessita' che nelle scuole si possa promuovere la verita', la pace e la legalita', e questo dovrebbe saperlo gia' ogni persona ragionevole e che vuol mantenere il rispetto di se', nel tempo in cui in violazione della Costituzione della Repubblica Italiana il nostro paese sta partecipando a quell'immane crimine che e' la guerra afgana, nel tempo in cui in Italia si perseguitano degli esseri umani con criminali disposizioni razziste da parte del governo come di sindaci dimentichi di cosa sia umanita', civilta', diritto. Che e' la necessita' che nelle scuole si insegni che la Shoah e' immane un crimine con cui occorre fare i conti, che nulla giustifica un tale orrore, che certe ideologie e retoriche - come quelle dell'argomento del "popolo deicida" - sono gia' una effettuale complicita' col nazismo, col nazismo che torna. Con la camicia nera, o verde, o in doppiopetto. E tu il nazismo devi contrastare. * Congedo in forma di dialoghetto - Lo vedi che alla fine non sei riuscito a evitare i toni da comizio? Che barba, sei proprio incorreggibile. - E grido pure dai tetti. 4. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: DOPO LA STRAGE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 novembre 2008 col titolo "La nave dei folli"] Una famiglia modello, forte perfino di ascendenze nobiliari legate alla storia risorgimentale. Un amore modello, nato nei banchi del liceo e cresciuto nella collaborazione professionale, stesso studio in pieno centro dietro piazza delle Erbe, commercialista lui avvocata lei finche' lei non decide di fare solo la mamma. Un indizio da psyco-noir, lui era rimasto orfano a sei anni di tutti e due i genitori morti in un incidente stradale, e sei anni aveva il secondo dei suoi tre figli freddati con un colpo di pistola. Due colpi ci sono voluti invece per lei, che forse ha provato a schivare il primo. Uno solo per se stesso. Dicono gli esperti, snocciolando i precedenti di analoghe stragi, che si chiama "suicidio allargato" e che puo' essere causato da un attacco di depressione o di paranoia persecutoria: ci si uccide portandosi appresso i propri cari, in modo che la famiglia modello resti tale anche nell'aldila'. Altri esperti, dell'Eures, pero' fanno notare altre circostanze. In Italia, nei cassetti o nelle cantine delle case delle famiglie modello, ci sono dieci milioni di armi da fuoco: corte o lunghe, da caccia, da tiro a segno, da difesa, tutte legali, alcune ereditate o inservibili, molte perfettamente efficienti. E dopo l'approvazione, nel 2006, della sciagurata legge che ha ampliato il perimetro della legittima difesa, le richieste per il porto d'armi dilagano, specialmente nelle grandi citta'. Anche per questo gli esperti hanno una diagnosi: e' la risposta alla "insicurezza percepita". La depressione e la paranoia qui non c'entrano: il mandante e' lo stato, il parlamento che promulga queste leggi, i partiti che rubano voti alimentando e sfruttando la paura degli immigrati, le televisioni che ci campano e ci marciano. Che sia la depressione, la paranoia o l'insicurezza percepita, le famiglie modello continuano a vincere l'oscar annuale in omicidio. Un omicidio su tre, una vittima ogni due giorni, 1.300 in sei anni, un aumento percentuale del dodici per cento nel 2006 rispetto al 2005: ne uccide piu' la famiglia che la mafia e la tanto "percepita" microcriminalita'. Ne uccide piu' al Nord, Sodoma, che al Sud, Gomorra. Uccide preferibilmente le donne, 134 su 195 vittime nel 2006, e preferibilmente le casalinghe fra i 25 e i 54 anni, quelle stesse madri, mogli, figlie, sul cui lavoro di cura si reggono in Italia il mercato del lavoro disintegrato e il welfare smantellato. Le uccide generalmente in casa, nove volte su dieci per mano di un uomo, usando le suddette armi da fuoco ma anche piu' caserecci coltelli. Le donne che oggi manifestano in tutta Italia contro la violenza sulle donne conoscono e denunciano questi dati da anni, senza altra risposta che le geremiadi e le promesse di rito della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Forse la strage di Verona, come quelle identiche che l'hanno preceduta e che seguiranno, non c'entra nulla con tutto questo. Forse e' stata solo un attacco di depressione o di paranoia di un povero uomo. Forse invece questi attacchi di depressione e paranoia convocano una responsabilita' ben piu' larga. E' sempre la nave dei folli che traccia la rotta di una societa'. 5. RIFLESSIONE. GUSTAVO ZAGREBELSKY: ALLA BASE DELLA DEMOCRAZIA L'UGUAGLIANZA [Dal quotidiano "La Repubblica" del 26 novembre 2008 col titolo "Senza uguaglianza la democrazia e' un regime"] Regime o non-regime? Un confronto su questo dilemma, pur cosi' tanto determinante rispetto al dovere morale che tutti riguarda, ora come sempre, qui come ovunque, di prendere posizione circa la conduzione politica del paese di cui si e' cittadini, non e' neppure incominciato. La ragione sta, probabilmente, in un'associazione di idee. Se il "regime", inevitabilmente, e' quello del ventennio fascista, allora la domanda se in Italia c'e' un regime significa se c'e' "il" o "un" fascismo; oppure, piu' in generale, se c'e' qualcosa che gli assomigli in autoritarismo, arbitrio, provincialismo, demagogia, manipolazione del consenso, intolleranza, violenza, ecc. Cosi', una questione seria, anzi cruciale, viene attratta sul terreno, che non si presta all'analisi, della demonizzazione politica, funzionale all'isteria e allo scontro. Ma "regime" e' un termine totalmente neutro, che significa semplicemente modo di reggere le societa' umane. Parliamo di "Ancien Regime", di regimi repubblicani e democratici, monarchici, parlamentari, presidenziali, liberali, totalitari e, tra gli altri, per l'appunto, di regime fascista. Senza qualificazione, regime non ci dice nulla su cui ci sia da prendere posizione, perche' l'essenziale sta nell'aggettivo. Cosi', assumendo la parola nel suo significato proprio, isolato dalle reminiscenze, la domanda iniziale cambia di senso: da "esiste attualmente un regime" in "il regime attuale e' qualcosa di nuovo, rispetto al precedente"? Che l'Italia viva un'esperienza costituzionale, forse ancora in divenire e dall'esito non scontato, che mira a non lasciarsi confondere con quella che l'ha preceduta: almeno di questo non c'e' da dubitare. Lo pensano, e talora lo dicono, tanto i favorevoli, quanto i contrari, cioe' lo pensiamo e lo diciamo tutti, con definizioni ora passatiste ora futuriste. Non lo si dice ufficialmente e a cifra tonda, perche' il momento e', o sembra, ancora quello dell'incubazione. La covata e' a mezzo. L'esito non e' scritto. La Costituzione del '48 non e' abolita e, percio', accredita l'impressione di una certa continuita'. Ma e' sottoposta a erosioni e svuotamenti di cui nessuno, per ora, puo' conoscere l'esito. Forze potenti sono all'opera per il suo superamento, ma altre forze possono mobilitarsi per la sua difesa. La Costituzione e' in bilico. Che cosa significa "costituzione in bilico"? Innanzitutto, che non si vive in una legittimita' costituzionale generalmente accettata, cioe' in una sola concezione della giusta costituzione, ma in (almeno) due che si confrontano. Ogni forma di reggimento politico si basa su un principio essenziale, una molla etica, il ressort di cui parla Montesquieu, trattando delle forme di governo nell'Esprit des lois. Quando questo principio essenziale e' in consonanza con l'esprit general di un popolo, allora possiamo dire che la costituzione e' legittima e, percio', solida e accettata. Quando e' dissonante, la costituzione e' destinata a crollare, a essere detronizzata. Se invece lo spirito pubblico e' diviso, e dunque non esiste un esprit che possa dirsi general, questo e' il momento dell'incertezza costituzionale, il momento della costituzione in bilico e della bilancia che prima o poi dovra' pendere da una parte. E' il momento del conflitto latente, che non viene dichiarato perche' i fautori della rottura costituzionale come quelli della continuita' non si sentono abbastanza sicuri di se' e preferiscono allontanare il chiarimento. I primi aspettano il tempo piu' favorevole; i secondi attendono che passi sempre ancora un giorno di piu', ingannando se stessi, non volendo vedere cio' che temono. Tutti attendono, ma i primi per prudenza, i secondi per ignavia. Non voler vedere, significa scambiare per accidentali deviazioni quelli che sono segni di un mutamento di rotta; significa sbagliare, prendendo per lucciole, cioe' per piccole alterazioni che saranno presto dimenticate come momentanee illegalita', quelle che sono invece lanterne, cioe' segni premonitori e preparazioni di una diversa legittimita'. Cosi', si resta inerti. L'accumulo progressivo di materiali di costruzione del nuovo regime procede senza ostacoli e, prima o poi, fara' massa. Allora, non sara' piu' possibile non voler vedere, ma sara' troppo tardi. * Cio' che davvero qualifica e distingue i regimi politici nella loro natura piu' profonda e che segna il passaggio dall'uno all'altro, e' l'atteggiamento di fronte all'uguaglianza, il valore politico, tra tutti, il piu' importante e tra tutti pero' oggi il piu' negletto, perfino talora deriso, a destra e a sinistra. Perche' il piu' importante? Perche' dall'uguaglianza dipendono tutti gli altri. Anzi, dipende il rovesciamento nel loro contrario. Senza uguaglianza, la liberta' vale come garanzia di prepotenza dei forti, cioe' come oppressione dei deboli. Senza uguaglianza, la societa', dividendosi in strati, diventa gerarchia. Senza uguaglianza, i diritti cambiano natura: per coloro che stanno in alto, diventano privilegi e, per quelli che stanno in basso, concessioni o carita'. Senza uguaglianza, cio' che e' giustizia per i primi e' ingiustizia per i secondi. Senza uguaglianza, la solidarieta' si trasforma in invidia sociale. Senza uguaglianza, le istituzioni, da luoghi di protezione e integrazione, diventano strumenti di oppressione e divisione. Senza uguaglianza, il merito viene sostituito dal patronaggio; le capacita' dal conformismo e dalla sottomissione; la dignita' dalla prostituzione. Nell'essenziale: senza uguaglianza, la democrazia e' oligarchia, un regime castale. Quando le oligarchie soppiantano la democrazia, le forme di quest'ultima (il voto, i partiti, l'informazione, la discussione, ecc.) possono anche non scomparire, ma si trasformano, anzi si rovesciano: i diritti di partecipazione politica diventano armi nelle mani di gruppi di potere, per regolare conti della cui natura, da fuori, nemmeno si e' consapevoli. Questi rovesciamenti avvengono spesso sotto la copertura di parole invariate (liberta', societa', diritti, ecc.). Possiamo constatare allora la verita' di questa legge generale: nel mondo della politica, le parole sono esposte a rovesciamenti di significato a seconda che siano pronunciate da sopra o da sotto della scala sociale. Cio' vale a iniziare dalla parola "politica": forza sopraffattrice dal punto di vista dei forti, come nel binomio amico-nemico; oppure, dal punto di vista dei deboli, esperienza di convivenza, come suggerisce l'etimo di politeia. Un uso ambiguo, dunque, che giustifica la domanda a chi parla di politica: da che parte stai, degli inermi o dei potenti? La ricomposizione dei significati e quindi l'integrita' della comunicazione politica sono possibili solo nella comune tensione all'uguaglianza. * Ritorniamo alla questione iniziale, se sia in corso, o se si sia gia' realizzato, un cambiamento di regime, dal punto di vista decisivo dell'uguaglianza. In ogni organizzazione di grandi numeri si insinua un potere oligarchico, cioe' il contrario dell'uguaglianza. Anzi, piu' i numeri sono grandi, piu' questa e' una legge "ferrea". E' la constatazione di un paradosso, o di una contraddizione della democrazia. Ma e' molto diverso se l'uguaglianza e' accantonata, tra i ferri vecchi della politica o le pie illusioni, oppure se e' (ancora) valore dell'azione politica. La costituzione - questa costituzione che assume l'uguaglianza come suo principio essenziale - e' in bilico proprio su questo punto. Noi non possiamo non vedere che la societa' e' ormai divisa in strati e che questi strati non sono comunicanti. Piu' in basso di tutti stanno gli invisibili, i senza diritti che noi, con la nostra legge, definiamo "clandestini", quelli per i quali, obbligati a tutto subire, non c'e' legge; al vertice, i privilegiati, uniti in famiglie di sangue e d'interesse, per i quali, anche, non c'e' legge, ma nel senso opposto, perche' e' tutto permesso e, se la legge e' d'ostacolo, la si cambia, la si piega o non la si applica affatto. In mezzo, una societa' stratificata e sclerotizzata, tipo Ancien Regime, dove la mobilita' e' sempre piu' scarsa e la condizione sociale di nascita sempre piu' determina il destino. Se si accetta tutto cio', il resto viene per conseguenza. Viene per conseguenza che la coercizione dello Stato sia inegualmente distribuita: maggiore quanto piu' si scende nella scala sociale, minore quanto piu' si sale; che il diritto penale, di fatto, sia un diritto classista e che, per i potenti, il processo penale non esista piu'; che nel campo dei diritti sociali la garanzia pubblica sia progressivamente sostituita dall'intervento privato, dove chi piu' ha, piu' puo'. Ne' sorprende che quello che la costituzione considera il primo diritto di cittadinanza, il lavoro, si riduca a una merce di cui fare mercato. Analogamente, anche l'organizzazione del potere si sposta e si chiude in alto. L'oligarchia partitica non e' che un riflesso della struttura sociale. La vigente legge elettorale, che attribuisce interamente ai loro organi dirigenti la scelta dei rappresentanti, escluso il voto di preferenza, non e' che una conseguenza. Cosi' come e' una conseguenza l'allergia nei confronti dei pesi e contrappesi costituzionali e della separazione dei poteri, e nei confronti della complessita' e della lunghezza delle procedure democratiche, parlamentari. Decidere bisogna, e dall'alto; il consenso, semmai, salira' poi dal basso. E' una conseguenza, infine, non la causa, la concentrazione di potere non solo politico ma anche economico-finanziario e cultural-mediatico. L'indipendenza relativa delle cosiddette tre funzioni sociali, da millenni considerata garanzia di equilibrio, buon governo delle societa', e' minacciata. Ma il tema delle incompatibilita', cioe' del conflitto di interessi, a destra come a sinistra, e' stato accantonato. La causa e' sempre e solo una: l'appannamento, per non dire di piu', dell'uguaglianza e la rete di gerarchie che ne deriva. Qui si gioca la partita decisiva del "regime". Tutto il resto e' conseguenza e pensare di rimettere le cose a posto, nelle tante ingiustizie e nelle tante forzature istituzionali senza affrontare la causa, significa girare a vuoto, anzi farsene complici. Nessun regime politico si riduce a un uomo solo, nemmeno i "dispotismi asiatici", dove tutto sembrava dipendere dall'arbitrio di uno solo, kahn, califfo, satrapo, sultano, o imperatore cinese. Sempre si tratta di potere organizzato in sistemi di relazioni. Alessandro Magno, il piu' "orientale" dei signori dell'Occidente, perse il suo impero perche' (dice Plutarco), mentre trattava i Greci come un capo, cioe' come fossero parenti e amici, "si comportava con i barbari come con animali o piante", cioe' meri oggetti di dominio, "cosi' riempiendo il suo regno di esilii, destinati a produrre guerre e sedizioni". Sara' pur vero che comportamenti di quest'ultimo genere non mancano, ma non vedere il sistema su cui si innestano e si producono significa trascurarne le cause per restare alla superficie, spesso solo al folklore. 6. INCONTRI. ALCUNE INIZIATIVE AMBIENTALISTE IN VENETO [Da Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) riceviamo e diffondiamo] Notizie dall'Ecoistituto del Veneto. Iniziative di fine novembre - inizio dicembre 2008 * Venerdi' 28 novembre, ore 21, a Giai di Gruaro (5 Km da Portogruaro in direzione Pordenone) a Villa Ronzani, dibattito organizzato dall'associazione "La ruota" sul tema "Non abbiamo bisogno del nucleare"; relatori: Michele Boato, direttore dell'Ecoistituto del Veneto "Alex Langer", e Diego Infanti, presidente dell'Associazione La Ruota. Coordina Claude Andreini di "Un Parco per Boldara". * Venerdi' 28 novembre, ore 20,30, a Pordenone alla Casa del popolo di Torre, in via Cornaro, dibattito su "Sbarackiamo le armi atomiche. Un futuro di pace per il nostro territorio", con Tiziano Tissino (Beati i costruttori di pace), Giuseppe Rizzardo (comitato "via le bombe"), Stefano Raspa (comitato unitario contro Aviano 2000), Stefano De Cont Bernard (sindaco di Aviano) e comitati di Ghedi e Vicenza. * Sabato 29 novembre, ore 17,30, a San Dona' di Piave, al Centro Culturale "Leonardo da Vinci" in piazza Indipendenza, si inaugura la mostra fotografica "Le musiche dell'acqua". Sara' per noi un piacere poter fare un brindisi con gli amici che verranno a trovarci. Con Michele Zanetti, associazione naturalistica sandonatese "Il pendolino". * Lunedi' primo dicembre, ore 19,30, a Mestre, presso l'Ecoistituto del Veneto, viale Venezia 7 (50 metri dalla stazione Fs), incontro mensile "Per il bene comune" aperto a tutti gli interessati. Per informazioni: giancarlo49 at tele2.it * Giovedi' 4 dicembre a Venezia in Scuola grande S. Giovanni Evangelista (dietro ai Frari), ore 9-18, convegno aperto a tutti su "Energia solare per le chiese. Italia e Germania per un progetto comune". * Venerdi' 5 dicembre, ore 21, a Vittorio Veneto, Biblioteca civica, piazza Giovanni Paolo I, "C'era un ragazzo... il '68 e dintorni", spettacolo teatrale-musicale di Michele Boato. Cantano Rosanna Trolese (Canzoniere popolare veneto), Giusi Forte, Gianpaolo Gianese e Massimo Sambo (Lagunable'); voci narranti Gianni Moi e Chiara Boato, videoproiezioni Stefano Bertolucci. Organizza CineClub Solaris. ingresso 5 euro, e' gradita la prenotazione al n. di telefono: 0438553131, sito: www.arcivittorioveneto.it * Venerdi' 5 dicembre, ore 20,30, Dosson di Casier, Scuole Vivaldi, via Peschiere, dibattito su "Vivere sani in un ambiente malato... una incredibile illusione"; relatrice la dottoressa Patrizia Gentilini, Associazione medici per l'ambiente. Aderisce Rete Ambiente Veneto. * Sabato 6 dicembre, ore 20,30, e domenica 7 dicembre, ore 16,30, a Scorze' l'associazione culturale "La Viola Bianca" promuove lo spettacolo di danza "Tenebrae". L'incasso serve a finanziare un progetto con donne dell'Africa. 9 euro (5 ridotto), tel. 3334851434 (Francesca Cenerelli). * Domenica 7 dicembre e lunedi' 8 dicembre (festa), dalla mattina alla sera, a Mestre, Piazza Ferretto, mercatino di solidarieta' a cui partecipano anche le associazioni VeneziAmbiente, Ecoistituto e Banca del Tempo: venite a dare una mano e a rifornirvi a poco prezzo. * Sabato 6, domenica 7 e lunedi' 8 dicembre, Seren del Grappa, presso l'agriturismo "Albero degli Alberi" (tel. 043944664), workshop di contatto e riscoperta del mondo naturale. Iscrizioni (urgenti): Anna, tel. 3299423393. * Chi vuole ricevere gratis il mensile "Tera e Aqua" puo' richiederlo a micheleboato at tin.it, indicando il proprio nome, cognome, via, cap, citta'. * E' uscito "Gaia", autunno 2008, la rivista ecologista italiana piu' informata e piu' libera. Se volete riceverne una copia in omaggio per decidere se abbonarvi (l'abbonamento costa 20 euro), richiedetela a micheleboato at tin.it indicando il vostro nome, cognome, via, cap, citta'. * Altre notizie le trovate nel sito www.ecoistituto-italia.org 7. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009". - 1 copia: euro 10 - 3 copie: euro 9,30 cad. - 5 copie: euro 8,60 cad. - 10 copie: euro 8,10 cad. - 25 copie: euro 7,50 cad. - 50 copie: euro 7 cad. - 100 copie: euro 5,75 cad. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 8. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia. E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani. Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro Impastato o all'editore. * Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 653 del 28 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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