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Minime. 650
- Subject: Minime. 650
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 25 Nov 2008 01:50:03 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 650 del 25 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Luigina Venturelli: Una rete di donne contro la violenza 2. "L'Unita'": L'assassino e' in famiglia 3. Giulio Vittorangeli: 25 novembre 4. Una rete internazionale delle donne per la pace 5. Da Torino la cittadinanza onoraria a Marisela Ortiz 6. La lotta di Amal Soliman 7. La testimonianza di Malalai Joya 8. Enrico Piovesana: I talebani sono tornati al potere in gran parte dell'Afghanistan 9. Curzio Maltese: In classe il nazismo 10. Luca Benassi: Un convegno su Antonia Pozzi 11. Adele Cambria presenta "Femminicidio" di Barbara Spinelli 12. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 13. L'Agenda dell'antimafia 2009 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. LUIGINA VENTURELLI: UNA RETE DI DONNE CONTRO LA VIOLENZA [Dal quotidiano "L'Unita'" del 21 novembre 2008 col titolo "Basta violenze: le donne son tornate. E vanno in piazza" e il sommario "Il 25 novembre la giornata mondiale. In Italia non c'e' ne' il reato di stalking ne' un piano nazionale. Nasce la prima associazione dei centri anti-abusi. Sabato manifestazione a Roma"] Su 300 omicidi registrati nel 2007, il 21% e' di mogli o fidanzate. Il Viminale li chiama "conflitti familiari e delitti passionali". In realta' e' una strage silenziosa. Che le donne scelgono di combattere facendo da sole. Perche' le donne italiane manifesteranno domani a Roma contro la violenza di genere? Per rispondere un eufemismo vale piu' di mille parole. "Conflitti familiari e delitti passionali" e' la definizione romanzesca usata dal Viminale per oltre sessanta donne uccise tra le pareti di casa nel giro di sei mesi. Da luglio a dicembre 2007 - sono gli ultimi dati disponibili - il ministero dell'Interno ha contato in Italia circa 300 omicidi: tra lotte nella criminalita' organizzata e regolamenti di conti tra spacciatori, spunta un 21% di mogli e fidanzate, adulte e ragazzine massacrate da un partner, da un amico, da un parente. Ma le forze dell'ordine non hanno il coraggio di chiamarli con il loro nome, omicidi. Usano una bella perifrasi pericolosamente simile a un'attenuante culturale, che fornisce un quadro esatto dello stato dell'arte nel nostro paese, dove non esiste il reato di persecuzione ossessiva (il cosiddetto stalking), non c'e' un piano nazionale contro la violenza sulle donne, manca una legge quadro che riconosca e finanzi i centri antiviolenza diffusi sul territorio. Cosi', ancora una volta, le donne decidono di fare da se' e - alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza di genere del 25 novembre - si mettono in rete per diventare riferimento e pungolo delle istituzioni. Per questo e' stata costituita "D.i.Re" (Donne in Rete contro la violenza), l'associazione nazionale che riunisce circa 50 centri antiviolenza di tutta Italia, che da oltre vent'anni lavorano per prevenire e contrastare un crimine diffuso ma spesso non riconosciuto come tale (gli altri 50 si uniranno alla rete appena avranno maturato cinque anni d'anzianita' sul campo). "Le donne sono migliorate rispetto al passato, quando si presentavano anche con quindici anni di maltrattamenti alle spalle" racconta Marisa Guarneri, presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano. "Oggi sono piu' informate, piu' consapevoli, e si muovono prima". Nel frattempo, purtroppo, e' peggiorata la qualita' della violenza maschile: "Si e' fatta piu' feroce: una volta le donne sopportavano e questo conteneva il fenomeno. Adesso si allontanano, se ne vanno per ricostruirsi una vita, e gli uomini non sono in grado di accettare questo progredire della liberta' femminile". Nel 2007 circa 20.000 persone si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re e circa 7.000 donne sono state accolte per colloqui e consulenze. A questi dati vanno poi aggiunte le 22.000 chiamate giunte al centralino 1522 del ministero delle Pari Opportunita' e quelle ai servizi sociali, consultori e ospedali. Manca all'appello il mondo sommerso delle donne che ancora subiscono nel silenzio. Non esistono dati precisi, ma nel 2006 l'Istat ha stimato quasi 7 milioni di episodi di violenza di genere. 2. DATI. "L'UNITA'": L'ASSASSINO E' IN FAMIGLIA [Dal quotidiano "L'Unita'" del 21 novembre 2008 col titolo "Una vittima ogni tre giorni e l'assassino e' in famiglia"] Ogni tre giorni, in Italia, una donna viene uccisa dall'uomo che diceva di amarla: solo nel 2007 le vittime sono state 122. E il piu' delle volte l'assassino non ha neppure bussato alla porta, perche' aveva gia' le chiavi di casa: in tre casi su quattro era il convivente o il marito. A scattare questa triste fotografia sono gli esperti dell'ospedale Fatebenefratelli di Milano, durante la presentazione di un libro sul tema per i medici di famiglia. "Nel 40% dei casi il carnefice e' mosso da motivi passionali, o meglio da forme patologiche di gelosia e disturbi paranoici - spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Psichiatria - mentre il 34% degli uxoricidi e' scatenato da liti e da una conflittualita' elevata". Cosi' quattro donne su dieci sono vittime di un'arma da taglio, mentre tre su dieci sono colpite da armi da fuoco. "Da diversi anni e' stato cancellato il delitto d'onore nel nostro codice penale - aggiunge Mencacci - ma ancora oggi rimane l'estrema incapacita' degli uomini di tollerare l'emancipazione femminile". Non e' dunque un caso che proprio a Milano, dove lavora quasi il 60% delle donne, si abbia un elevato numero di uxoricidi: dal 2000 al 2006 - specifica Alessandra Bramante, psicologa e criminologa - si sono registrate 48 vittime. 3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: 25 NOVEMBRE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento] Il 25 novembre e' la giornata internazionale contro la violenza e lo sfruttamento della donna. La giornata e' stata sancita dall'Onu nel 1999, in ricordo delle tre sorelle Mirabal, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana. In Italia, a Roma, sabato 22 novembre si e' svolta la manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne; vera continuazione della manifestazione che il 27 novembre 2007, contro ogni previsione, porto' in piazza 150.000 donne. Tutti i dati ci dicono che la violenza maschile e' la prima causa di morte e di invalidita' permanente delle donne. In Italia quasi sette milioni di donne, tra i 16 e i 70 anni, hanno subito violenza di genere almeno una volta nella vita. Nel mondo sono milioni quelle vittime di violenze domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra, molestate sul luogo di lavoro, mutilate nell'intimita' da pratiche torturatrici. Ancora oggi in molti paesi avviene la selezione sessuale prenatale e l'infanticidio delle bambine, in molti altri la nascita di una figlia femminina viene comunque vissuta come una sventura poiche' al momento delle nozze bisognera' disfarsi in parte della fortuna di famiglia per cederla a quella del marito: "Per mantenere la famiglia, perpetuarne il nome e assicurarle continuita' sociale e biologica ci vuole un figlio maschio". Questa violenza e' un problema universale, che non conosce confini culturali, e che sotto diverse forme fa parte comunque della nostra vita quotidiana; basta pensare alla attuale realta' italiana, al lavoro di cura delle donne su cui si regge il mercato del lavoro disintegrato e il welfare smantellato. Il problema e' che nella storia dell'umanita' per lo piu' si e' sviluppato un modello che consegna a uomini e donne ruoli fissi, che prevede per la donna una posizione di subalternita'. In questo e' chiamata in causa essenzialmente e fondamentalmente la cultura patriarcale maschilista, che attribuisce caratteristiche di inferiorita' e debolezza alle donne. Senza una chiara rimessa in discussione del ruolo della figura maschile (non a caso a infliggere la violenza spesso sono padri, mariti, compagni, amici o conoscenti), difficilmente questo fenomeno puo' essere efficacemente contrastato. Con la consapevolezza che le donne non si lasciano certo ricondurre unicamente al ruolo di vittime. Non da oggi, sono tante le donne che contribuiscono giorno dopo giorno alla realizzazione di un mondo migliore, lottando primariamente contro il pregiudizio di genere che, anche nelle societa' e nelle aree piu' insospettabili, rappresenta ancora un pesante condizionamento. Sono storie di innegabile impegno nella costruzione di un mondo migliore alla ricerca di un benessere collettivo senza distinzioni. La speranza e' che nel mondo che queste donne tessitrici di speranza stanno contribuendo a costruire, l'uguaglianza di genere non sia piu' un argomento di discussione, ma un valore acquisito. Che le donne non siano piu' costrette a dover dimostrare quello che sono. Non a caso, l'unica rivoluzione vittoriosa sul campo nel Novecento e' stata quella femminista. * Per concludere, una poesia di Gioconda Belli, poetessa nicaraguense: "Amo a las mujeres...": Amo le donne, a partire dallo loro pelle - che e' la mia. Amo quella che si ribella e duella con la penna e la voce sguainate, quella che si alza la notte a vedere il figlio che piange, quella che piange un bambino che si e' addormentato per sempre, quella che lotta intrepida sulle montagne, quella che lavora - malpagata - in citta', quella grassa e contenta che canta cucinando tortillas, quella che cammina con il peso di una creatura nel ventre enorme e fecondo. Le amo tutte e mi compiaccio di far parte della specie. Mi rallegro perche' partecipo a un'epoca nuova qui, sotto questo cielo, sopra questa terra tropicale e fertile, ondeggiante ricoperta d'erba. Mi compiaccio perche' partecipo a una nuova epoca perche' comprendo l'importanza della mia esistenza, l'importanza della tua esistenza, l'esistenza di tutti, la vitalita' della mia mano unita ad altre mani, del mio canto unito ad altri canti. 4. MONDO. UNA RETE INTERNAZIONALE DELLE DONNE PER LA PACE [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo il seguente articolo del 23 ottobre 2008 dal titolo "Nasce a Roma la Rete internazionale delle donne per la pace"] Si e' formalmente costituita la "Rete internazionale delle donne per la pace", associazione che intende lavorare in rete con donne, associazioni e reti di diversi Paesi. Nata come semplice movimento nel 2005 a Roma, la Rete si e' attualmente costituita come associazione grazie alla volonta' di un gruppo di donne italiane, africane e immigrate, alcune in rappresentanza di associazioni o istituzioni, tutte gia' attive da tempo nella difesa dei diritti umani e nella realizzazione di progetti concreti a favore della promozione dei diritti delle donne. Le finalita' della Rete sono: - promuovere l'empowerment delle donne e facilitarne l'accesso alle risorse - economiche, sociali, culturali - in direzione di una effettiva uguaglianza di genere; - migliorare le condizioni sociali ed economiche delle donne grazie allo scambio di conoscenze tra donne di paesi diversi, facendosi promotrice di stimoli culturali e informativi e di azioni di sviluppo; - combattere ogni forma di razzismo, di xenofobia e di discriminazione; combattere ogni forma di violenza, in particolare quella contro le donne e le bambine. La Rete puo' essere considerata il punto di partenza di un cammino da compiere insieme, durante il quale realizzare campagne e progetti, frutto di scambi intensi, dialoghi e incontri che approfondiscano la reciproca conoscenza e rafforzino la determinazione di ognuna nella costruzione di un mondo piu' giusto e senza discriminazioni di alcun genere. Vista la trasversalita' di finalita' e obiettivi, la Rete si propone, sebbene nata in Africa, di coinvolgere le associazioni femminili di altri Paesi. Tutte le donne, siano esse riunite o meno in gruppi o associazioni, possono quindi aderire al progetto: la Rete avra' infatti maggiore incisivita' e possibilita' di crescita quanto piu' ampio sara' il contributo di idee e competenze che ricevera'. Recentemente la Rete ha organizzato a Kigali (Rwanda), grazie ad un contributo economico del Comune di Roma, e in collaborazione con le associazioni femminili rwandesi, la "Settimana della donna", un'iniziativa che si e' svolta dal 2 all'8 marzo 2008 a Kigali, all'interno della Casa della pace e della riconciliazione, primo progetto realizzato dalla Rete, e che ha visto lavorare, insieme alla delegazione delle italiane, donne provenienti da dieci paesi africani. Si sta gia' lavorando al prossimo incontro del 2009, che dovrebbe svolgersi in Burundi. * Per saperne di piu': Rete Internazionale delle Donne per la Pace, c/o la Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19, Roma, e-mail: womenetworkforpeace at gmail.com, sito: www.womenetworkforpeace.net/spip (ancora in costruzione). 5. MONDO. DA TORINO LA CITTADINANZA ONORARIA A MARISELA ORTIZ [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo la seguente notizia] Con una mozione del 4 novembre 2008, il Consiglio Comunale di Torino ha conferito la cittadinanza onoraria a Marisela Ortiz de Rivera, psicologa messicana, attivista dei diritti delle donne e dei diritti umani nell'associazione "Nuestras Hijas de Regreso a Casa", che combatte il femminicidio di Ciudad Juarez, orribile fenomeno noto grazie alla denuncia di Amnesty International e di numerose associazioni. La proposta era stata avanzata da Tati Almeyda (delle Madres de Plaza de Mayo e a sua volta cittadina onoraria di Torino), Patricio Bustos (direttore nazionale dell'Istituto di medicina legale del Ministero della Giustizia del Cile), da professori universitari ed esponenti della societa' civile, e da diverse associazioni: Amnesty International, che da tempo appoggia la sua causa, Sur, Arci, Donne di Sabbia, Casa delle Donne, Donne in Nero. Marisela Ortiz sara' a Torino dall'8 al 10 dicembre: si stanno preparando un convegno universitario e una iniziativa al Museo diffuso della Resistenza. In quella occasione dovrebbe avere luogo anche la cerimonia di conferimento della cittadinanza. Nella stessa seduta, il Consiglio comunale ha approvato anche il conferimento della cittadinanza onoraria a Roberto Saviano. 6. MONDO. LA LOTTA DI AMAL SOLIMAN [Dal sito di "Peacereporer" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 21 novembre 2008 col titolo "La fede di Amal" e il sommario "Una donna egiziana si batte per il diritto a celebrare matrimoni. E vince"] Amal Soliman, donna egiziana di 32 anni, sposata e madre di tre figli, potrebbe entrare nella storia del suo Paese. Potrebbe, infatti, essere la prima donna a diventare mazouna, il funzionario amministrativo che celebra i matrimoni e sancisce i divorzi. In un Paese islamico, la figura del celebrante e' a meta' strada tra il religioso e il burocratico, e il ruolo di celebrante prevede la recita di alcune sure del Corano e vidima i certificati ufficiali. Niente di che, ma comunque il Committe of Egyptian Mazouns, l'organizzazione di categoria, vieta ad Amal l'accesso alla professione. "Nel 2007 uno dei due mazouns della mia zona e' morto. A me, che volevo lavorare ma anche passare molto tempo con i miei figli, e' sembrata una buona opportunita' di lavoro", ha raccontato Amal alla tv al-Jazeera, "mi sono presentata alla Corte nei termini previsti per presentare la mia candidatura. Ero sicura di vincere: su dieci candidati ero l'unica ad avere un dottorato in diritto islamico. Ma non avevo fatto i conti con il mio essere donna". Eppure, ai sensi della religione, questo non significa nulla. "Nulla osta al fatto che una donna faccia questo mestiere, me l'ha confermato anche un grande Mufti' (esperto giureconsulto islamico), secondo cui e' un lavoro amministrativo e non religioso". Le cose, pero', non vanno cosi'. "Quando mi sono presentata con mio marito presso la Corte, la mia domanda non e' stata accettata. Il motivo: ero una donna e per il consiglio dei mazouns la mia candidatura era irricevibile, nonostante gli stessi giudici della Corte mi ritenessero qualificata. Il mio caso e' diventato d'interesse nazionale, grazie anche all'aiuto di alcuni giornalisti e di alcune organizzazioni femministe. Questa vicenda mi ha causato momenti terribili: minacce, insulti a me a alla mia famiglia. Alla fine pero' ho vinto, anche se aspetto la nomina definitiva del ministero della Giustizia egiziana. Non saro' davvero contenta fino a quando non comincero' a lavorare, anche se mi rendo conto di aver segnato un momento importante per l'emancipazione dei diritti delle donne in questo Paese". 7. AFGHANISTAN. LA TESTIMONIANZA DI MALALAI JOYA [Dal sito "Combonifem. Mondo donna missione" (www.combonifem.it) riprendiamo il seguente articolo del 21 ottobre 2008 dal titolo "Malalai Joya: La tragedia delle donne in Afghanistan" e il sommario "In Italia per ritirare la medaglia d'oro conferitale dalla Regione Toscana, la giovane parlamentare afghana denuncia la condizione femminile nel proprio Paese: 'La situazione delle donne e' peggiore di sette anni fa'"] "Dire che gli Stati Uniti abbiano portato l'affermazione dei diritti delle donne in Afghanistan equivale a dire il falso. La situazione e' peggiore di sette anni fa. L'invasione degli Stati Uniti e dei Paesi che li sostengono ha gettato l'Afghanistan dalla padella nella brace. Il governo dell'Alleanza del Nord e' tanto fondamentalista e violento quanto lo era quello dei talebani. Continuero' la mia battaglia per raccontare la verita' a sostegno della mia gente, contro i signori della guerra, anche se so che probabilmente prima o poi riusciranno ad uccidermi". Non usa giri di parole Malalai Joya, la giovane parlamentare afghana allontanata dall'assemblea legislativa per aver criticato i potenti manovratori al governo. In Italia per ritirare la medaglia d'oro conferitale dalla Regione Toscana, Malalai continua a denunciare la condizione del suo popolo. Soprattutto delle donne come lei, costrette a portare il burqa per proteggersi. "Le violenze in Afghanistan cominciano in famiglia. L'87% delle donne del mio Paese lamenta violenze domestiche e sessuali. L'80% dei matrimoni sono forzati. I casi di suicidio tra le donne sono in aumento, 250 quelli certi nel primo semestre del 2007, ma certo i dati reali sono ben peggiori. Il 65% delle 5.000 vedove di Kabul pensa al suicidio come unica possibilita' di scampare alle sofferenze... per le donne l'aspettativa di vita e' di 44 anni. A questo si aggiunge - ha proseguito Malalai - che l'alfabetizzazione femminile in tutto il Paese e' tra il 3 e il 4%". 8. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: I TALEBANI SONO TORNATI AL POTERE IN GRAN PARTE DELL'AFGHANISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendamo il seguente articolo del 24 novembre 2008 dal titolo "Afghanistan, talebani al potere" e il sommario "Fuori dalle citta' governano loro, anche alle porte di Kabul"] I talebani sono tornati al potere in Afghanistan. Non nella capitale e nelle principali citta' del Paese - dove la presenza delle guarnigioni Nato garantisce ancora la sopravvivenza dell'autorita' del governo Karzai - ma in quasi tutte le zone rurali, comprese quelle immediatamente fuori dalla capitale. Qui i talebani hanno nominato i loro governatori locali, i loro sindaci, i loro giudici, i loro esattori delle tasse, i loro comandanti di polizia, i loro responsabili per l'istruzione. * Il fallimento del potere centrale Se da tempo tutte le aree extraurbane delle province meridionali (Kandahar, Helmand, Nimruz, Farah, Uruzgan, Zabul) e orientali (Paktika, Khost, Paktia, Nangarhar, Kunar, Nuristan) sono tornate sotto l'autorita' dei talebani, da alcuni mesi e' cosi' anche nelle province centrali vicine a Kabul come Ghazni, Wardak e Logar, dove i barbuti governano rispettivamente 13 distretti su 18, 6 su 8 e 4 su 7. Secondo l'analista politico Waheed Muzhda "i talebani stanno avanzando da sud verso Kabul esattamente come fecero dodici anni fa, quando andarono al potere la prima volta, ovvero guadagnandosi il sostegno popolare grazie alla loro capacita' di garantire legge e ordine". "I talebani - spiega Seth Jones, della Rand Corporation - stanno operando uno 'state-bulding' alternativo a quello del governo e della Nato, tutto centrato sulla sicurezza". Esasperati dall'anarchia, dall'insicurezza, della paura e dalla corruzione che hanno regnato sovrane negli ultimi anni, gli afgani rurali (che costituiscono il 90% della popolazione) sono ben felici di barattare la radio e la televisione in cambio della sicurezza e dell'ordine che i talebani sanno bene come garantire. La corrotta polizia afgana, impegnata a taglieggiare i commercianti e a derubare la gente ai posti di blocco, non ha mai saputo proteggere la popolazione dalle scorribande di ladri e predoni, con i quali spesso e' anzi in combutta. L'inefficiente giustizia governativa non e' mai stata minimamente in grado di amministrare i problemi quotidiani della gente. I talebani, con i loro modi sbrigativi, sono molto piu' efficaci. * Il successo del contropotere talebano Comandano i talebani, la sicurezza e' garantita dalle pattuglie della "polizia talebana" che a bordo di pick-up sorveglia di giorno e di notte strade e villaggi, tenendo lontani banditi e polizia. La giustizia e' amministrata dalle corti talebane composte da due giudici per distretto nominati da un mullah che, applicando la sharia, risolvono "per direttissima" dispute sulla proprieta' dei terreni, sui diritti di pascolo, su casi di divorzio e assegnazione di eredita'. L'istruzione e' sotto il controllo degli "emiri dell'educazione e della cultura", i quali vagliano i programmi d'insegnamento di ogni singola scuola assicurandosi che essi prevedano lezioni di Corano e sharia. Se cosi' non e', o se la scuola e' mista o addirittura femminile, scatta la chiusura forzata. Nove scuole su dieci fanno questa fine. "Per lungo tempo i villaggi di questa zona - racconta al "Christian Science Monitor" un abitante della provincia di Logar - venivano terrorizzati da una banda di ladri. Siamo andati decine di volte alla polizia per chiedergli di arrestarli, dicendogli anche dove si nascondevano. Ma non hanno mai fatto nulla. Alla fine ci siamo stancati e ci siamo rivolti ai talebani. Loro sono andati a prenderli, li hanno processati, hanno cosparso i loro visi di catrame e li hanno fatti sfilare cosi' per le strade, minacciando di tagliar loro le mani se fossero stati beccati ancora a rubare. Da allora i ladri non si sono piu' fatti vedere". "Con i talebani non abbiamo piu' la tv, non possiamo piu' ascoltare musica e non possiamo piu' ballare alle feste, e' vero - ammette Abdul Halim, della provincia di Ghazni - ma almeno abbiamo sicurezza e giustizia". 9. RIFLESSIONE. CURZIO MALTESE: IN CLASSE IL NAZISMO [Dal quotidiano "La Repubblica" del 24 novembre 2008 col titolo "L'onda anomala del professor Jones. Cosi' in classe si costruisce il nazismo" e il sommario "In concorso lo sconvolgente film tedesco 'Die Welle' tratto da una storia vera. L'esperimento di un insegnante con gli studenti: la creazione di una dittatura. All'uscita in Germania qualche mese fa scateno' un fiume di polemiche e divise l'opinione pubblica. C'e' chi lo ha definito il piu' importante film degli ultimi anni perche' spiega il fascino del totalitarismo"] Torino. La trama e' fedelissima al fatto reale, l'esperimento ideato dal professor Ron Jones nel liceo Cubberley di Palo Alto, California, nel 1967. Lo scopo era di capire come si diventa nazisti. "La domanda degli studenti e' stata: come ha potuto il popolo tedesco tollerare, anzi aderire in massa al totalitarismo, accettare i campi di sterminio, obbedire ciecamente a Hitler?" scrive Jones nel suo diario. La lezione di storia naturale si rivela inadeguata. Gli studenti prendono un'aria annoiata, del genere: "Ok, abbiamo capito, oggi da noi non potrebbe succedere". Il professore allora propone un esperimento. Per qualche giorno i ragazzi dovranno sottomettersi alla sua autorita', chiamarlo "signor professore" e seguire le lezioni con la testa dritta e il petto all'infuori. La risposta degli studenti e' dapprima divertita, poi entusiasta. Sono loro stessi a proporre i sistemi per rendere compatto e disciplinato il gruppo. Si danno un nome, "l'Onda", con un logo e un saluto: una mano tesa all'altezza del cuore. Quindi una divisa, jeans e camicia bianca, per diventare tutti uguali. Si alzano in piedi all'ingresso del signor professore, compiono esercizi ginnici, urlano slogan ad alta voce: "La forza e' nella comunita'". Il professor Jones e' stupito del suo successo e anche affascinato. Confida alla moglie: "In un certo senso, ho scoperto un metodo di insegnamento che funziona. I ragazzi imparano in fretta e alla grande. E' assurdo, ma prima non avevano neppure posti fissi in classe, e ora che non c'e' piu' liberta' stanno seduti ai loro posti, rispondono a tutte le domande e si aiutano a vicenda". Dopo i primi giorni, compaiono alcuni effetti collaterali. Gli studenti isolano e denunciano i compagni che esprimono dubbi. Gli alunni delle altre classi si dividono, alcuni chiedono di far parte dell'Onda, altri sono disgustati e reclamano la fine dell'esperimento. Scoppiano le prime violenze. Un mattino Jones viene affiancato da un suo studente che si qualifica come guardia del corpo. Capisce che l'esperimento gli e' completamente sfuggito di mano, ha creato un nucleo perfetto di nazisti, ma e' troppo tardi. Si corre verso l'epilogo, dal gioco al massacro. La storia vera racchiusa nel diario di Ron Jones, il bel libro di Morton Ruhe ("Die Welle") divenuto un classico della letteratura per ragazzi, e il notevole film di Dennis Gansel presentato a Torino, hanno in comune una doppia lettura. Una antropologica, il bisogno primordiale della scimmia umana di sottoporsi al comando di un capo. Un bisogno tanto piu' emergente nell'eta' della crisi, nell'adolescenza in cui non si sa chi si e' e quindi si puo' diventare qualsiasi cosa. L'altra lettura e' l'attualita'. A meta' dell'esperimento il professore protagonista del film, ambientato nella Germania di oggi, scrive sulla lavagna, sotto dettatura degli studenti, l'elenco delle cause che possono portare a un regime. Nell'ordine: la globalizzazione, la crisi economica, la disoccupazione, l'aumento dell'ingiustizia sociale, la manipolazione dei mezzi di informazione, la delusione della politica democratica, il ritorno del nazionalismo e la xenofobia. Sono le sementi che negli anni Venti hanno fecondato il terreno del fascismo e del nazismo in Europa. Sono gli stessi problemi, qui e ora. All'uscita in Germania, nella primavera scorsa, Die Welle ha scatenato un prevedibile fiume di polemiche. "Der Spiegel" l'ha definito uno dei film piu' importanti degli ultimi anni, perche' racconta l'eterno fascino del totalitarismo. Un fascino reale e in definitiva anche semplice da capire, quasi naturale, per quanto negato da un eccesso di politicamente corretto. "Die Welt" ha opposto l'opinione che i meccanismi totalitari, cosi' inesorabili sulla pellicola, troverebbero oggi enormi resistenze nella realta'. Una parte della stampa ha mosso un'obiezione etica: i giovani neonazisti dell'Onda, nel loro solidarismo, possono risultare al pubblico delle sale assai piu' simpatici e normali degli studenti anarcoidi degli altri corsi. L'obiezione sarebbe giustificata, se non fosse che nella realta' funziona quasi sempre cosi'. Fra molte brave persone del Nord, per rimanere dalle nostre parti, i protagonisti delle ronde padane risultano assai piu' vicini degli intellettualoidi difensori di rom e immigrati. Ron Jones, la cui vita e' stata sconvolta per sempre dal gioco dell'Onda, ha scritto: "L'esperimento ha funzionato perche' molti di quei ragazzi erano smarriti, non avevano una famiglia, non avevano una comunita', non avevano un senso di appartenenza. E a un certo punto e' arrivato qualcuno a dirgli: io posso darvi tutto questo". 10. INCONTRI. LUCA BENASSI: UN CONVEGNO SU ANTONIA POZZI [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "... e di cantare non puo' piu' finire..." e il sommario "Poesia. Antonia Pozzi. 24-26 novembre, a Milano un convegno in tre giornate nel settantesimo anniversario della morte della poetessa, intellettuale e fotografa milanese"] In occasione del settantesimo anno dalla morte di Antonia Pozzi (1912-1938), poetessa, intellettuale e fotografa milanese, l'Associazione Phos onlus ha promosso una serie di iniziative volte a diffondere la conoscenza di questa straordinaria figura di donna e di artista. Evento culminante, dopo varie manifestazioni, e' il convegno che si svolgera' presso l'Universita' degli Studi di Milano, a cura dei Dipartimenti di Filologia Moderna e Filosofia (con il contributo della Regione Lombardia e della Provincia di Milano). Il convegno si articolera' in tre giornate. Lunedi' 24 novembre (presso la Sala Napoleonica, via S. Antonio 12), a partire dalle ore 15 interverranno Fulvio Papi, Gabriele Scaramazza, Onorina Dino, Graziella Bernabo', Ludovica Pellagatta con il coordinamento di Silvia Morgana. Martedi' 25 novembre (presso la Sala Napoleonica, via S. Antonio 12) a partire dalle ore 9,30 interverranno Claudio Milanini, Liana Nissim, Gabriella Rovagnati, Stefano Raimondi, Chiara Cappelletto con il coordinamento di Claudio Milanini; mentre nel pomeriggio, dalle ore 15,00 e sotto la presidenza di Liana Nissim, si ascolteranno gli interventi di Cristiana Dobner e Eugenio Borgna. I lavori si concluderanno mercoledi' 26 novembre (presso la Sala di rappresentanza del Rettorato, via Festa del Perdono 7). Dalle ore 9,30 interverranno Tiziana Altea, Michele Beatrice Ferri, Ida Travi, Giuseppe Sergio, Matteo Mario Vecchio con il coordinamento di Gabriella Rovagnati. Alle ore 15 i lavori ripartiranno sotto la presidenza di Graziella Bernabo' e con gli interventi di Adriana Mormina, Marina Santini e Gemma De Magistris. Il convegno, oltre all'intervento dei numerosi studiosi, vedra' la realizzazione di uno spettacolo teatrale a cura dell'attrice Elsa Fonda (martedi' 25), la proiezione di alcune anticipazioni dal film inedito su Antonia Pozzi Poesia che mi guardi per la regia di Marina Spada, produzione di Renata Tardani per Miro Film (mercoledi' 26) e una mostra fotografica a cura di Ludovica Pellegatta e Filippo Bianchi (da lunedi' 24). Graziella Bernabo', studiosa e biografa di Antonia Pozzi fin dagli anni Ottanta, e tra i responsabili scientifici del convegno, ha commentato l'evento: "l'opera di Antonia Pozzi e' talmente ricca sul piano dello stile e delle forme che ha consentito un'analisi e uno studio condotti con rigore scientifico attraverso diversi approcci metodologici. Per questo al convegno, risultato di due anni di lavoro di preparazione, saranno presenti intellettuali di diversa estrazione: letterati, medici, teologi, interni ed esterni all'ambiente accademico, uomini e donne, cattolici e laici. Non e' stato trascurato un approccio artistico all'opera della poetessa milanese: saranno quindi presenti fotografe, registe, attrici. Si tratta di un tentativo, sicuramente non esaustivo, di mettere in luce nel suo complesso l'attivita' della Pozzi poetessa, fotografa e intellettuale". Per ulteriori informazioni: Michela Beatrice Ferri, tel 3386892218, e-mail: michelabeatrice.ferri at gmail.com, sito: www.antoniapozzi.it 11. LIBRI. ADELE CAMBRIA PRESENTA "FEMMINICIDIO" DI BARBARA SPINELLI [Dal quotidiano "L'Unita'" del 22 novembre 2008 col titolo "Tanti delitti. E' femminicidio" e il sommario "Tra le mura di casa gran parte delle brutalita'. Il marito o il convivente e' spesso l'aguzzino. All'origine ci sono sessismo e misoginia"] Cosi' Barbara Spinelli, una giovane giurista bolognese che collabora con l'Associazione Giuristi Democratici, descrive nel suo libro Femminicidio (Franco Angeli) la strage di donne scoperta alla meta' degli anni Novanta in Messico. Le domande su quella discarica di corpi femminili nel deserto sono tante. Quanti corpi vi furono seppelliti? C'era una organizzazione che convogliava gli assassini verso quel cimitero clandestino? "Si calcola che ne furono seppelliti oltre 4.500. Purtroppo non e' stata provata l'esistenza del reato di associazione a delinquere nei processi che si sono svolti. Nonostante che Patricia Gonzales, il Pubblico Ministero speciale nominato dal Governo, abbia chiesto l'incriminazione di 231 funzionari corrotti che tendevano a coprire gli assassinii". Le ipotesi piu' credibili sulla strage di Ciudad Juarez sono, nell'ordine: vendette tra bande rivali di narcotraffico, tentativi di immigrazione clandestina attraverso il confine con gli Usa, "punizioni esemplari" per scoraggiare le rivendicazioni sindacali delle donne indigene che lavorano nelle multinazionali Usa delocalizzate in Messico. "Queste donne erano pagate un dollaro al giorno" - mi dice Barbara. E conclude: "La vita di giovani donne povere, spesso indigene, non ha nessun valore in una cultura machista". Ed e' proprio qui il nodo - la cultura machista - che, alla luce del termine "femminicidio", da poco immesso anche nel femminismo militante italiano, consente di collegare l'horror del cimitero clandestino messicano con le cifre degli assassinii di donne in Italia. Secondo le statistiche compilate dalla Casa delle Donne di Bologna, dal primo gennaio 2007 al 31 gennaio 2008 le donne assassinate in Italia sono state 126. In testa, tra gli autori dei delitti, il marito (35%), quindi l'ex marito (8%),seguono gli altri ex: convivente, fidanzato, amante(7%). La prima parte del libro di Barbara e' dedicata alla genesi della parola "femminicidio". Vi si analizza l'antologia curata dalla sociologa e criminologa femminista statunitense Diana Russell ed intitolata The politics of women killing (1992). L'autrice identifica la caratteristica dell'uccisione di una donna nella misoginia o nel sessismo. Nel primo caso e' l'odio per il genere femminile ad armare la mano dell'assassino, nel secondo il virus "femminicida" si scatena dalla convinzione maschile della propria superiorita'. Piu' o meno inconsciamente, l'assassino vuole punire chi, donna, "non sta al proprio posto". Chiedo ancora a Barbara: che cosa si sta facendo in Italia per ottenere il riconoscimento politico e giuridico del femminicidio? Pensate di sviluppare anche una azione diretta a introdurre nel nostro Codice Penale il reato di "femminicidio"? "Non credo che si debba pensare alla formulazione di un nuovo reato. Abbiamo invece proposto che misoginia e sessismo siano considerati, al pari del razzismo, una aggravante nell'assassinio di una donna". 12. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009". - 1 copia: euro 10 - 3 copie: euro 9,30 cad. - 5 copie: euro 8,60 cad. - 10 copie: euro 8,10 cad. - 25 copie: euro 7,50 cad. - 50 copie: euro 7 cad. - 100 copie: euro 5,75 cad. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 13. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia. E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani. Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro Impastato o all'editore. * Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 650 del 25 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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