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Minime. 634
- Subject: Minime. 634
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 9 Nov 2008 01:07:23 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 634 del 9 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Alessandro Pizzi: Solidarieta' con la popolazione del Congo vittima della guerra 2. Antonella Litta: Discariche abusive 3. Isabella Farinelli: Gibran Khalil Gibran 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. ALESSANDRO PIZZI: SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE DEL CONGO VITTIMA DELLA GUERRA [Ringraziamo Alessandro Pizzi (per contatti: alexpizzi at virgilio.it) per questo intervento. Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio] Voglio rendere pubblica l'adesione al digiuno a catena (a turni), promosso il 3 novembre dall'associazione Rete Pace per il Congo in solidarieta' con il popolo congolese per l'ennesima emergenza umanitaria che sconvolge il Kivu, regione della Repubblica democratica del Congo gia' segnata dalla sanguinosa guerra degli anni Novanta, costata piu' di quattro milioni di morti. La guerra in atto in queste settimane nella regione del Kivu vede contrapposte le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (Fardc) e le milizie del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp), guidate dall'ex generale tutsi Laurent Nkunda, appoggiato da paesi stranieri, in particolare dal Ruanda. Chi segue da tempo e da vicino le vicende del Congo non ha dubbi sulle ragioni della guerra che vanno ricercate nella grande disponibilita' di materie prime che si trovano nel Kivu. Materie prime necessarie alle multinazionali, come il Coltan, minerale utilizzato per la costruzione dei telefoni cellulari. Ben prima che i media si occupassero di questo evento i vescovi congolesi scrivevano: "una guerra paravento per coprire il saccheggio delle risorse". In un documento di qualche anno fa la Societe' Civile di Butembo, nel Nord Kivu, definiva il Congo uno "scandalo geologico e agricolo, la popolazione e' come un affamato dormiente su un materasso d'oro". La popolazione del Congo, e in particolare del Kivu, e' sottoposta da piu' di un decennio a guerre, stupri di massa, saccheggi; e' condannata allo stato di profughi; i giovani e i bambini sono costretti ad arruolarsi negli eserciti in lotta. Un dramma umanitario provocato dalla rapina delle risorse, da una classe dirigente corrotta e spesso incapace e da una comunita' internazionale (Europa, Usa, Cina, Russia) piu' interessata alla protezione delle imprese, delle multinazionali, che ai diritti umani. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse e' cosa conosciuta dalla comunita' internazionale. Ad esempio nell'ottobre 2002 al Consiglio di sicurezza dell'Onu veniva presentato un documento dal titolo "Rapporto finale del Gruppo di esperti sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali e altre forme di ricchezza della Repubblica Democratica del Congo". Tra le tante presenze armate nel Congo c'e' anche l'Onu, con una presenza di 17.000 soldati di cui 8.000 nel Kivu; la missione dell'Onu si chiama Monuc. La Monuc, come denunciato da piu' parti ed anche dal governo della Repubblica democratica del Congo, non e' al di sopra delle parti, ma si comporta in modo benevolo nei confronti dell'esercito irregolare di Nkunda. In questo atteggiamento ricorda la missione dell'Onu (Minuar) del 1994 quando opero' in intesa con il Ruanda di Paul Kagame. Si parla di "balcanizzazione" del Congo con il rischio di una scissione della regione del Kivu, che cosi' sarebbe piu' facilmente controllabile, con le sue immense ricchezze. Nonostante la lunga e sanguinosa guerra, la pesante eredita' della dittatura di Mobutu, la delusione seguita alle recenti elezioni, la serie di accordi firmati e disattesi, la popolazione congolese vuole costruire un percorso di pace e di riconciliazione. E la comunita' internazionale, dall'Onu all'Europa, dovrebbe invertire la rotta seguita negli ultimi anni e appoggiare la popolazione locale per costruire uno stato di diritto nel Congo e per favorire una pace duratura. Noi cittadini comuni possiamo aiutare quella popolazione denunciando pubblicamente le ragioni della guerra e cercando di combattere il modello di economia violenta che tanti danni provoca al pianeta Terra e che calpesta i diritti umani della maggior parte dell'umanita'. In occasione dell'azione internazionale nonviolenta per la pace nel Congo del 2001, organizzata da Beati i costruttori di pace, Chiama L'Africa e Associazione Giovanni XXIII - Operazione Colomba, lo scrittore e attore Moni Ovadia dichiaro': "L'Africa dimostra che il pianeta e' sull'orlo del baratro. Sono milioni le persone che soffrono. E' il problema piu' lancinante per il mondo oggi. Su questo si misura la nostra umanita': cos'e' che ci fa essere persone oggi? Il fatto di produrre, consumare e lasciare un pianeta di rifiuti? Io non resisto a queste sollecitazioni, quello che si puo' va fatto. Per questo ho risposto all'appello, perche' iniziative come questa danno un senso del nostro cammino di esseri umani". Queste parole sono ancora attuali e ci devono spronare a manifestare solidarieta' alla popolazione congolese e a riflettere sul fatto che le nostre azioni, anche quelle piu' piccole, hanno effetti sugli altri esseri viventi del pianeta. 2. DOCUMENTAZIONE. ANTONELLA LITTA: DISCARICHE ABUSIVE [Da Antonella Litta (per contatti: antonella.litta at libero.it) riceviamo e diffondiamo. Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente] Al Sindaco del Comune di Capranica, al Sindaco del Comune di Castel Sant'Elia. al Sindaco del Comune di Vetralla, al Direttore generale della Asl di Viterbo, al Presidente della Provincia di Viterbo, all'Assessore all'ambiente della Provincia di Viterbo, al Presidente della Giunta Regionale del Lazio, all'Assessore all'ambiente della Regione Lazio, all'Arpa Lazio - sezione di Viterbo, e per conoscenza: al Prefetto di Viterbo, al Presidente dell'Ordine dei medici di Viterbo L'Associazione italiana medici per l'ambiente, sezione di Viterbo, in merito allo sversamento illegale di rifiuti tossici, segnalato nel 2005 nelle discariche ubicate e sottoposte a sequestro nei comuni di Capranica, Castel Sant'Elia e Vetralla, chiede di conoscere quali indagini siano state eseguite al fine di rilevare il tipo, la composizione e il quantitativo di rifiuti tossici sversati nelle stesse, e l'eventuale contaminazione delle falde acquifere, dell'aria e del suolo. Chiede inoltre di conoscere quali atti e provvedimenti siano stati posti in essere per assicurare la messa in sicurezza delle suddette discariche ed avviare la loro bonifica, e se siano stati effettuati studi per il monitoraggio della salute dei cittadini residenti nelle aree limitrofe, della flora e della fauna. La presenza di discariche abusive con il loro contenuto di rifiuti tossici nel nostro territorio e' fonte di grande preoccupazione per l'elevato rischio sanitario ed ambientale che esse rappresentano, come gia' rilevato da studi condotti sulle popolazioni che vivono in prossimita' di discariche abusive. Certi della vostra attenzione e in attesa di un sollecito riscontro, vogliate gradire distinti saluti, dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) Viterbo, 6 novembre 2008 3. PROFILI. ISABELLA FARNELLI: GIBRAN KHALIL GIBRAN [Dal mensile "Letture" n. 651 del novembre 2008 col titolo "Gibran Khalil Gibran" e il sommario "L'ardore di cogliere la verita' profonda in un personaggio e, al tempo stesso, di specchiarvi se stesso e l'umana universale vicenda anima la produzione poetica dell'autore libanese, al cui centro regna un Gesu' trasfigurato"] "Un uomo venuto dal Libano diciannove secoli dopo" e' l'ultimo in una sequenza di personaggi che narrano, gridano, tacciono, intessono congetture e sogni sulla figura, l'opera e la fama di Gesu' di Nazaret, ciascuno secondo la propria esperienza o prospettiva. E' il tema di Gesu' Figlio dell'uomo, l'opera che Kahlil Gibran pubblico', in inglese, nell'autunno del 1928, cinque anni dopo Il profeta e sull'onda di quel successo. Se il resto degli ottanta monologhi e' posto sulle labbra di personaggi coevi, documentati o immaginari (Pietro, la Maddalena, una vicina di Maria, Tommaso, la sposa di Cana, Barabba, la mamma di Giuda), nell'epilogo parla lui stesso, il poeta pittore nato all'ombra dei cedri nel 1883 ed emigrato bambino in America, che, come certi artisti in ritratti corali, svela tra i personaggi il proprio volto. "Sette volte sono nato e sette volte sono morto / e ora nuovamente vivo, e ti guardo, / guerriero tra i guerrieri, / poeta dei poeti, / re al di sopra dei re, / nudo fino alla cintola a fianco dei compagni di viaggio. / ... / Vengono crocifissi, e nessuno assiste alla loro agonia. / Volgono il viso verso sinistra e verso destra, / e non trovano nessuno che prometta l'ingresso in un regno. / Ma un'altra volta e un'altra ancora si farebbero crocifiggere / perche' il tuo Dio fosse il loro Dio, / e Padre loro il Padre tuo". Posto a confronto con il canone, questo Gesu' risulta eterodosso, se non altro per l'insistita volonta', da parte dell'autore, di sfatare i fraintendimenti o addirittura i tradimenti che sarebbero stati perpetrati a danno della sua dottrina da alcuni interpreti, san Paolo in primis. Sfogandosi con l'amico e piu' tardi biografo Mikhail Naimy, Gibran contestava che la tradizione ne avesse fatto "una dolce signora con la barba". Se dal canto suo lo definisce "poeta dei poeti", non e' per allinearsi a chi ne sottolinea la mitezza, ma il contrario: il massimo dell'energia coincide per Gibran con il massimo della poesia, in quanto aderenza al dettato primario della natura e di Dio. Il Gesu' che emerge dai monologhi va visto infatti, e in primo luogo, come soggetto poetico, e la stessa chiave puo' aprire, al di la' delle tante letture che ne sono state fatte, un efficace spiraglio interpretativo sia dell'opera sia della vita di Kahlil, nel loro intimo intreccio. Se il Gesu' di Gibran e' fantastico ancorche' suggestivo, come viene giustamente notato dalla critica cattolica (tra i nomi piu' illustri Castelli e Ravasi), il Gibran di Gesu' Figlio dell'uomo e' invece scopertamente vero, forse al di la' delle intenzioni. Quanto piu' si appassiona nel cercare di restituire al personaggio la dimensione etica e insieme estetica che crede essergli stata sottratta, tanto piu' si lascia prendere la mano da questa tentazione di bellezza, con una densita' di paradossi, ossimori, endiadi e parallelismus membrorum che in altre opere (e nel canone scritturale) sono piuttosto simmetrie alluse, sapientemente sospese. Si stava allontanando, in quegli anni, la cometa della sua vita: l'amica, agente, mentore, mecenate Mary Haskell, che dal 1904 lo aveva seguito, portandolo a quel sereno approdo, anche formale, che e' Il profeta. Nel 1929, a una festa per il suo quarantaseiesimo compleanno organizzata presso l'amico artista messicano Jose' Clemente Orozco, Gibran dichiaro' di rimpiangere l'irruenza creativa degli esordi. In realta' siamo nella fase ultramatura della sua produzione, che suddivisa tra due idiomi, l'arabo madrelingua e l'angloamericano di adozione, era iniziata nel primo con un saggio poetico sulla musica (1905) e nel secondo con una raccolta di parabole dal significativo titolo, Il folle (1918), raggiungendo nel Profeta (1923) sia l'equilibrio tra le due culture, sia quello tra il dire e l'evocare. Sempre nel 1929, Gibran sottopose a Naimy il progetto di un libro composto di quattro storie: su Michelangelo, Shakespeare, Spinoza e Beethoven. "Che ne diresti se ciascuna delle storie fosse l'inevitabile esito del dolore, dell'ambizione, del senso di distacco e, infine, della speranza che sempre agita il cuore umano?". L'ardore di cogliere la verita' profonda di un personaggio noto, e al tempo stesso di specchiarvi se stesso e l'umana universale vicenda, anima Gibran sin dalla fase giovanile, ma solo in Gesu' Figlio dell'uomo assume forma di un'opera compiuta. Piu' volte, ai suoi confidenti, Kahlil racconta di avere incontrato il Nazareno in sogno, sempre in situazioni di grande prossimita' (Gesu' gli si avvicina con i sandali impolverati, condivide con gusto il crescione selvatico, discorre con lui di argomenti qualsiasi); addirittura Kahlil ci si e' immedesimato quando, bambino, ha subito una brutta frattura della scapola ed e' rimasto ancorato per quaranta giorni a una specie di barra orizzontale, alla quale si e' sentito crocifisso. Se anche non lo dichiarasse esplicitamente, il suo modo di esprimersi, sia nelle opere sia nell'eloquio, ricalca l'andamento delle Scritture, peraltro inseparabile dai moduli espressivi della letteratura semitica. Il "ma" che ricorre, oltre che nel lessico, nella tendenza di Gibran all'antitesi, riecheggia l'espressione secondo lui piu' significativa di Gesu' ai discepoli: "Ma io vi dico". Cosi' il Nazareno annunciava la propria novita' rispetto ai luoghi comuni. Dal canto suo Gibran, nato da famiglia maronita, educato in contesto musulmano e, piu' tardi, eclettico, ha sempre rifiutato di apporsi una qualsiasi etichetta, ribellandosi quando altri ci hanno provato, non solo in ambito religioso, ma anche politico, culturale e, addirittura, metrico. Se nella formazione, tanto letteraria quanto artistica, cio' lo ha portato a scegliere la liberta' di proposte flessibili (a Parigi l'Academie Julian, a Beirut certi corsi del Madrasat al-Hikmat), nell'eta' adulta, refrattario alla "cristallizzazione" di formule e man-made laws, vittima forse a sua volta di fraintendimenti e di filtri non suoi, ma consapevole di cosa significassero nella storia i fondamentalismi, non ha mai voluto "ismi" di alcun genere. Neanche il buddismo: lo dicono i biografi, lo ammettono autorevoli studiosi che, confrontando i suoi scritti con la dottrina del Nirvana, giungono alla stessa conclusione a cui giunge chi analizza il suo Gesu' o le sue assonanze sufite, bahai, induiste o altro. Nelle elaborazioni sulla trascendenza che Kahlil condivide con Mary Haskell si legge un credo in Dio penetrante e radicato, ma dottrinalmente innominato; e le sue allusioni letterarie alle molteplici "nascite", come il famoso finale del Profeta, traducono anzitutto la fiducia nel potere vitale e unificante - e con cio' sacro - della parola poetica. "Un ponte tra Oriente e Occidente": cosi' lo vede, non senza una sfumatura autobiografica, il critico libanese Suheil Bushrui; ma forse Gibran troverebbe limitante anche questa definizione. Barbara Young, che gli fu vicina negli ultimi anni, dedicandogli a sua volta una biografia, sceglie di intitolarla con le sue stesse parole, sigla di appartenenza e insieme di alterita': This Man from Lebanon. L'uomo venuto dal Libano diciannove secoli dopo non ha ancora concluso la sua appassionata ricerca sul Figlio dell'uomo e su se stesso. E' forse questo, a 77 anni dalla morte (avvenuta a New York nel 1931), a garantirne la non comune vitalita', attraverso e nonostante le molte edizioni e ristampe. Una divulgazione talvolta a suo sfavore, che tra l'altro contribuisce a perpetuare su di lui e sui suoi aforismi, citati talvolta in modo distorto, curiosi equivoci e luoghi comuni. Errori anche banali, emblematici del suo detachment: la vicenda erratica dell'acca (sono corretti l'originario Gibran Khalil Gibran o l'anglicizzato Kahlil Gibran, ma non l'ibrido Gibran Kahlil Gibran), le inesattezze sulla sua eta' e l'errore sulla sua data di nascita, che e' il sei gennaio e non il sei dicembre come alcuni continuano a scrivere. Per non parlare delle credenze, fedi e filosofie che gli vengono attribuite, proprio in forza della sua capacita' polisemica. * Il dialogo con le anime E' il 17 giugno 1895. Un ragazzino di dodici anni fa la fila a Ellis Island. In una babele di rumori, pacchi, odori, ansie, Kahlil lancia richiami per non perdere la mamma Kamila, il fratello maggiore Boutros e le due sorelline Mariana e Sultana; comunica in qualche modo con i funzionari portuali; ma soprattutto dialoga con se stesso, con le ombre profonde della Valle Sacra, con i cespugli del monastero di Mar Sarkis, con i fiumi incassati nelle gole, con le cime coperte di neve e di cedri che, ancora presenti, erano gia' mito. Mentre lo sottopongono ai controlli sanitari, lui corre incontro alla pioggia impetuosa dei suoi monti, al Mediterraneo appena scorto in cima all'erta salita a dorso di mulo, alle stelle che "lassu' proiettano ombre"... Quelle ombre ridisegna sulla bruma di "Al-Nayurk", iniziando cosi' a trasfigurarla in mist, simbolo ricorrente nei suoi scritti, intraducibile forse anche per l'assonanza con misticismo e mistero. Cosi' comincia ad amare la terra nuova, alla quale riconoscera' sempre il merito di averlo sostenuto e fatto crescere. E' difficile trovare una vicenda esposta quanto la sua a interferenze sociali e culturali, ed e' difficile enumerarle tutte; ma e' nel monologo interiore, avviato in eta' precocissima, che si innestano le successive esperienze, e non viceversa. Nel dialogo con le anime, dolente ma rasserenante, trovano un solco familiare anche i lutti che ben presto lo colpiscono. Quando Kahlil racconta alla Haskell - incontrata subito dopo - la morte di Sultana, di Boutros e della mamma, il tono, piu' che di tragedia, e' di trasfigurazione, sia degli eventi, sia delle figure, sia del contesto domestico. Non a caso il ritratto a memoria della madre morente - colei che, stando al racconto, lo introdusse a Leonardo e a san Tommaso d'Aquino - e' intitolato Verso l'infinito. A vent'anni, nei primi timidi colloqui con la direttrice di scuola che lo invitava a esporre nel proprio istituto, traspare gia' il riconoscimento della poesia e dell'arte come crinale tra nostalgia e futuro. Fu Mary a sua volta, per Kahlil, lo spartiacque tra i salotti neoplatonici di Boston e la crescita in forme espressive anche tecnicamente piu' mature, quando lo mando' a Parigi a studiare belle arti come primo atto di amorosa pedadogia. Nella capitale francese, com'era stato a Boston e come continuera' a essere dopo il trasferimento a New York, Kahlil continua a dar prova di un singolare approccio alle idee e alle persone: piu' che l'acquisizione di una conoscenza, spesso la sorpresa di un riconoscimento, un'intuizione, quasi un'agnizione, sia in positivo (Rodin, i romantici, Nietzsche, con cui tuttavia non si va oltre una parentela di simboli) sia in negativo (ad esempio Tagore, alla cui opera rimprovero' la scarsa "coscienza mondiale"). Significativo anche il modo di relazionarsi alle presenze femminili: i rapporti piu' stabili saranno quello con la Haskell, che trascende il piano della fisicita', e con May Ziadah, con la quale corrispose diciannove anni nella madrelingua senza mai incontrarla di persona, e alla quale scrisse che la vera comunicazione avviene tra i nostri "doppi invisibili". Kahlil parla anche di anima, nella cui immortalita' crede fermamente, come crede alla verita' che si svela al di la' della soglia terrena: ma nei suoi contesti sfumati questa e altre parole, che pure usa in traslato (resurrezione, incarnazione), perdono la consistenza teologica loro propria. Sul piano letterario, la preminenza del dialogo interiore lo porto' molto presto a elaborare una sequela originale, benche' ovviamente non asettica, di personaggi e personificazioni riconducibili sia a moltiplicazioni di identita' e di "maschere" (Folli, Eretici, Precursori, Scavatori di Fosse, Greater Self e Pigmy Selves) sia alla fiducia nel congiungersi e ricongiungersi degli esseri e di tutto l'Essere: due movimenti solo apparentemente contraddittori, evidentissimi nella sua pittura. Se ogni cosa e' visibile in due o piu' aspetti, d'altro canto Gioia e Dolore, come molte coppie di opposti, sono due aspetti dello stesso volto. Mentre, a cavallo tra Ottocento e Novecento, la letteratura occidentale propone modelli di frantumazione dell'io che sfociano tra problematicita' e incomunicabilita', in lui (che conobbe e ritrasse anche Jung) prevale il moto della conciliazione, nell'emblema dinamico di un half-embrace. Cio' e' evidente - talora piu' nella forma che nel contenuto - in quasi tutte le raccolte di aforismi e parabole, ma soprattutto nel poemetto Il profeta, nel quale l'esile cornice narrativa e' pretesto per la ricomposizione dei vari aspetti enunciati nei sermons, e la partenza del protagonista Almustafa prelude a un piu' grande ritorno. Esperienza forte dovette essere il riapprodare in Libano nell'adolescenza: in una terra dove, quindici chilometri a nord di Beirut, e' presente una rupe con diciannove iscrizioni in quasi altrettante lingue, il paesaggio stesso suggerisce il dialogo con "i fantasmi delle ere", come scrive in una poesia. Piu' avanti, tornato in America per rimanervi, Gibran ambientera' in quel Libano la scena culminante del suo unico romanzo, Le ali infrante, pubblicato nel 1912, ispirato a una frase della madre. Un antichissimo tempietto conserva i resti di due affreschi: in una parete Venere-Astarte di ascendenza fenicia, nell'altra una Crocifissione bizantina; proprio davanti a quest'ultima l'eroina rinuncia all'amore terreno in vista di un piu' sublime amore, quello che veramente unisce. * Il costruttore di aquiloni Settembre 1922. Gibran e Mary, ritrovandosi al solito dopo l'estate, si raccontano come hanno trascorso le vacanze. Lei, tornata dal Sud, gli confida la corte pressante dell'uomo che di li' a quattro anni diventera' suo marito; lui, tornato dal mare, la rassicura comunque vada: "La relazione tra te e me e' la cosa piu' bella della mia vita. E' la piu' splendida che io abbia conosciuto in qualsiasi vita. E' eterna". Forse proprio Nantasket, la spiaggia di Boston dove Kahlil trascorse alcune estati con la sorella - sempre piu' spesso negli ultimi anni, quando la salute declinava - gli ispiro' una splendida affermazione di poetica, riferita nel diario di Mary allo stile del Profeta: "I poeti dovrebbero prestare orecchio al ritmo del mare. E' il ritmo del libro di Giobbe e di tutte le parti magnifiche del Vecchio Testamento. Quel duplice modo di esprimere un'idea che era tipico degli ebrei. Si dice, e poi si dice nuovamente, in modo solo un poco diverso. Come accade per le onde del mare. Sai quando arriva una grande onda, frusciando, e porta con se' i sassolini con il loro caratteristico rumore. Poi alcuni dei ciottoli ruzzolano indietro, con un rumore piu' lieve, una specie di sottocorrente di suono; e arriva frusciando una seconda ondata, minore della prima... Poi, pausa. E ben presto, ecco un'altra onda, e tutto si ripete". Dinanzi al ritmo puro, lo stesso delle forme arcaiche di poesia, Gibran, che stringendo una meteorite disse di percepire la vita dell'intero universo, somiglia al protagonista di 2001 Odissea nello spazio, quando, scartati il teatro e la lirica che pure ha a disposizione nell'astronave, si fa accompagnare da una musica "senza architetture", e la spoliazione va di pari passo con la semplicita' dell'infinito. Racconta Kahlil a Mary: "Si', le persone che stavano in spiaggia devono aver capito che cercavo la solitudine... perche' gli adulti raramente si avvicinavano. Ma ci sono novantasette bambini su quella collina. E devo aver fabbricato, per loro, qualcosa come... sessanta o settanta aquiloni! Tutti i tipi di aquiloni: grandi, piccoli, colorati, bianchi. E aquiloni siriani. Hai mai visto gli aquiloni siriani?". Facile visualizzare, su quella spiaggia, molti pronunciamenti del Profeta: "Vorrei che andaste incontro al sole e al vento piu' con la pelle e meno col vestito...". Oppure: "Se e' Dio che vuoi conoscere, non essere per questo solutore di enigmi; guardati intorno, invece, e lo vedrai giocare con i tuoi figli". I bambini, notando la sua perizia nel fabbricare aquiloni, gli chiesero di essere giudice nella gara finale; e il trofeo, un enorme aquilone-segnale, ando' al ragazzone grassoccio di una famiglia numerosa che viveva la' tutto l'anno. Forse il poeta aveva letto nei suoi occhi l'anelito che era anche suo: "Non c'e' desiderio piu' profondo del desiderio di rivelarsi. Tutti vogliamo che la piccola luce che e' in noi sia tratta da sotto il moggio. Il primo poeta deve aver sofferto intensamente quando gli abitatori delle caverne si mettevano a ridere delle sue folli parole. Avrebbe dato arco e frecce e pelle di leone, tutto cio' che possedeva, solo per comunicare ai suoi compagni di umanita' l'intensa emozione e il trasporto che il tramonto gli creava nell'anima. E tuttavia, non e' questa oscura pena - la pena di non essere compresi - che genera l'arte e gli artisti?". I ragazzi si allontanano uno a uno dalla spiaggia: comincia a far freddo, e' la stagione del ritorno a scuola. Molti anni piu' tardi, le gare tra aquiloni, che nelle biografie di Gibran costituiscono un episodio marginale se mai menzionato, saranno al centro di un famoso struggente romanzo. Gibran non poteva prevederlo, ma e' qualcosa del genere che intende quando dice: "Ancora un poco, una pausa tra gli aliti dell'aria, e un'altra donna mi dara' alla luce". Piu' che il ritorno in una terra definita, e' l'unione trascendente, quella tra Goccia e Oceano, tra Sabbia e Schiuma (titolo del 1926) il richiamo del mare al quale Almustafa obbedisce, non senza lasciarne l'invito alla donna che ha creduto in lui: "Quando Amore ti chiama, segui il segno". Altro non spiegherebbe, se lo si intervistasse oggi. Ripeterebbe forse, lanciando un aquilone o, come nel giugno 1912, guardando il Cambridge Street Bridge: "Costruire un ponte... ecco cosa voglio fare: costruirne uno cosi' robusto e solido che lo si possa attraversare per sempre". * Diviso tra il disegno e il poema Gibran Khalil Gibran nasce il 6 gennaio 1883 a Bisharri, nel Libano settentrionale. Il 17 giugno 1895, sull'onda di un flusso migratorio che coinvolge numerosi connazionali, approda a New York insieme alla madre Kamila, al fratellastro Boutros e alle due sorelle Mariana e Sultana. Da li' si imbarcano immediatamente per Boston, dove si stabiliscono nel South End. Mentre gli altri membri della famiglia lavorano e Boutros allestisce un negozio di cereali, il ragazzo, dal 1895 al 1897, frequenta la Quincy Public School, dove viene registrato come "Kahlil Gibran", con la "h" spostata e uno dei tre nomi depennato. Qualunque sia stata l'origine della variazione e l'effetto sul giovane, sara' questa la formula con cui si firmera' in inglese. Dal 1898 al 1902 lo ritroviamo in Libano, dove frequenta corsi di istruzione superiore al Madrasat al-Hikmat di Beirut. Sulla via del ritorno gli giunge notizia della morte di una sorella, Sultana; nel giro di pochi mesi perde anche Boutros e la madre, rimanendo solo con Mariana, che continuera' per tutta la vita il lavoro di cucitrice. Ai lutti familiari si accompagna, sull'altro versante, una carriera in ascesa come disegnatore, ritrattista, scrittore. Nel 1896, tramite l'insegnante d'arte di una istituzione caritativa, colpita dal suo talento nel disegnare, Gibran ha incontrato il fotografo visionario Fred Holland Day, animatore di un gruppo di poeti e artisti di ispirazione tra decadente e preraffaellita, che lo ritrae in numerose pose esotizzanti; e' entrato cosi' nei salotti di Boston, conoscendo tra gli altri Josephine Peabody, con la quale ha intessuto un'intensa quanto effimera amicizia. Nel 1904, a una esposizione di alcuni suoi lavori presso Day, avviene l'incontro piu' importante: quello con Mary Haskell, direttrice, titolare e insegnante di una scuola per ragazze. Sara' lei che, dopo avergli finanziato un viaggio di due anni a Parigi per studiare belle arti, lo accompagnera' per tutta la vita con il sostegno economico e morale di un'incrollabile fiducia, garantendogli una guida costante nella conoscenza dell'inglese scritto e letterario e rivedendo i suoi manoscritti. Sara' cosi' che Kahlil, dopo aver concepito e pubblicato fin da adolescente poemetti, articoli, aforismi e racconti in madrelingua, giungera' alle opere della maturita' in inglese, culminanti nel Profeta (1923). Nel frattempo, sia per rinvigorire l'attivita' artistica sia per superare la delusione al rifiuto di Mary di diventare sua moglie, si e' trasferito da Boston a New York, senza interrompere con la Haskell una fitta corrispondenza, costellata di incontri. Mentre il rapporto con lei si mantiene nei margini di una casta, costante e affettuosa amicizia, l'artista intesse un intenso scambio epistolare con May Ziadah, scrittrice dimorante in Egitto, mai incontrata di persona; e stabilisce una rete di relazioni con famiglie americane influenti e numerosi connazionali (tra cui Mikhail Naimy), con i quali fonda un'associazione letteraria e condivide l'impegno per la terra d'origine, pur discordando talvolta sui criteri d'intervento. Nel 1926 Mary Haskell si sposa e si trasferisce in Georgia, senza troncare i rapporti con il poeta, a fianco del quale subentra come "assistente" Barbara Young, senza peraltro giungere alla stessa profondita' di condivisione. Minato nel fisico da una vita di lavoro senza risparmio, spesso condotto nelle ore notturne, Gibran trascorre gli ultimi anni tra New York e Boston, dove e' rimasta la sorella Mariana. Muore il 10 aprile 1931 al St. Vincent's Hospital di New York, a quarantotto anni. Mary Haskell, accorsa da Savannah per le esequie, recupera il prezioso carteggio tra lei e il poeta, donandolo, verso la fine della sua esistenza (1964), alla University of North Carolina, dove e' attualmente custodito. Gibran Khalil Gibran e' sepolto nel monastero di Mar Sarkis a Bisharri, secondo la sua volonta', che lasciava alla terra d'origine anche i diritti d'autore delle sue opere. * Un capolavoro e il suo seguito Il modo migliore per accostarsi a Kahlil Gibran e' leggere in parallelo The Prophet, indubbiamente il suo capolavoro, e Beloved Prophet, il volume tratto dal carteggio con Mary Haskell e dal diario di lei, che attraverso la narrazione dei loro incontri documenta la genesi di molte opere dell'artista. Data l'estensione della sua bibliografia, di seguito si segnalano, in sintetica sequenza cronologica, solo alcune delle principali edizioni e compilazioni attualmente disponibili in inglese e in italiano. Sulla produzione pittorica, si veda l'apparato di Francesco Medici alla sua versione di Twenty Drawings. Concludono l'elenco due monografie, tra le piu' complete disponibili in edizione italiana. The Madman, His Parables and Poems, Knopf, New York 1918 (ed. it. Il folle, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1988). Twenty Drawings, Knopf, New York 1919 (ed. it. Venti disegni, a cura di F. Medici, Laterza, Bari 2006). The Forerunner, His Parables and Poems, Knopf, New York 1920 (ed. it. Il precursore, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1994). The Prophet, Knopf, New York 1923 (ed. it. Il profeta, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 2001; Il Profeta, trad. di F. Medici, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005; prima ed. it. Il profeta, trad. di E. Niosi-Risos, Carabba, Lanciano 1936). Sand and Foam, a Book of Aphorisms, Knopf, New York 1926 (ed. it. Sabbia e schiuma, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1990). Jesus, the Son of Man: His Words and His Deeds as Told and Recorded by Those Who Knew Him, Knopf, New York 1928 (ed. it. Gesu' Figlio dell'uomo, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 1996; prima ed. SE, Milano 1987). The Earth Gods, Knopf, New York 1931 (ed. it. Gli dei della terra, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1989). The Wanderer: His Parables and His Sayings, Knopf, New York 1932 (ed. it. Il vagabondo, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1988). The Garden of the Prophet, Knopf, New York 1933 (ed. it. Il giardino del profeta, trad. di N. Crocetti, SE, Milano 1986). Prose Poems, trad. dall'arabo di A. Ghareeb, Knopf, New York 1934. Secrets of the Heart, a cura di A. R. Ferris, Philosophical Library, New York 1947 (ed. it. I segreti del cuore, a cura di N. Crocetti, Guanda, Milano 1982). Tears and Laughter, a cura di A. R. Ferris, Philosophical Library, New York 1947. Spirits Rebellious, trad. dall'arabo di M. H. Nahmad, Knopf, New York 1948 (ed. it. Spiriti ribelli, a cura di R. Rossi Testa e Y. Tawfik, trad. di G. Angarano, R. Rossi Testa e Y. Tawfik, Guanda, Milano 1995). Nymphs of the Valley, trad. dall'arabo di M. H. Nahmad, Knopf, New York 1948 (ed. it. Ninfe della valle, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 2000). A Tear and a Smile, trad. dall'arabo di M. H. Nahmad, Knopf, New York 1950. A Treasury of Kahlil Gibran, a cura di M. L. Wolf, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Citadel Press, New York 1951. The Broken Wings, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Citadel Press, New York 1957 (ed. it. Le ali infrante, a cura di S. Bushrui e I. Farinelli, Insieme Gruppo Editoriale, Recco 1992). The Procession, a cura di G. Kheirallah, The Wisdom Library, New York 1958. Kahlil Gibran: A Self-Portrait, a cura di A. R. Ferris, Heinemann, London 1960. Thoughts and Meditations, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Heinemann, London 1961 (ed. it. Scritti orientali, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1994). Spiritual Sayings, a cura di A. R. Ferris, Citadel Press, New York 1962 (ed. it. Massime spirituali, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1992). The Voice of the Master, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Citadel Press, New York 1963 (ed. it. La voce del maestro, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1991). Beloved Prophet: The Love Letters of Kahlil Gibran and Mary Haskell and her Private Journal, a cura di V. Hilu, Knopf, New York 1972 (ed. it. Mio amato profeta, trad. di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 2007). Dramas of Life: Lazarus and his Beloved and The Blind, a cura di K. Gibran e J. Gibran, Westminster Press, Philadelphia 1981 (ed. it. Lazzaro e il suo amore, introd. e trad. di F. Medici, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001; Il cieco, trad. e commento di F. Medici, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003). Blue Flame: The Love Letters of Kahlil Gibran to May Ziadah, a cura di S. Bushrui e S.H. al-Kuzbari, Longman, Burnt Mill 1983 (ed. it. a cura di I. Farinelli, in preparazione). Le tempeste, trad. dall'arabo di V. Colombo, Feltrinelli, Milano 1991. Kahlil Gibran: Le parole non dette, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 1991. Kahlil Gibran: Parole sussurrate, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 1993. Kahlil Gibran: Le parole dette, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 1994. Gibran l'amore, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 1997. Kahlil Gibran. Le parole dell'amore, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 2002. Kahlil Gibran. Le parole dell'amicizia, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 2004. Suheil Bushrui, Kahlil Gibran of Lebanon, Colin Smythe, Gerrard Cross 1987 (ed. it. Gibran del Libano, trad. di I. Farinelli, Insieme, Recco 1993). Robin Waterfield, Prophet, The Life and Times of Kahlil Gibran, London, Penguin Books, 1998 (ed. it. Profeta, Vita di Kahlil Gibran, trad. di A. Magagnino, Guanda, Parma 2000). 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 634 del 9 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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