Minime. 634



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 634 del 9 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Alessandro Pizzi: Solidarieta' con la popolazione del Congo vittima della
guerra
2. Antonella Litta: Discariche abusive
3. Isabella Farinelli: Gibran Khalil Gibran
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ALESSANDRO PIZZI: SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE DEL CONGO
VITTIMA DELLA GUERRA
[Ringraziamo Alessandro Pizzi (per contatti: alexpizzi at virgilio.it) per
questo intervento.
Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt),
citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono
diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel
volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta',
ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione
diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha
promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di
Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei
principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto
aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e
sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti
umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio]

Voglio rendere pubblica l'adesione al digiuno a catena (a turni), promosso
il 3 novembre dall'associazione Rete Pace per il Congo in solidarieta' con
il popolo congolese per l'ennesima emergenza umanitaria che sconvolge il
Kivu, regione della Repubblica democratica del Congo gia' segnata dalla
sanguinosa guerra degli anni Novanta, costata piu' di quattro milioni di
morti.
La guerra in atto in queste settimane nella regione del Kivu vede
contrapposte le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (Fardc)
e le milizie del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp),
guidate dall'ex generale tutsi Laurent Nkunda, appoggiato da paesi
stranieri, in particolare dal Ruanda.
Chi segue da tempo e da vicino le vicende del Congo non ha dubbi sulle
ragioni della guerra che vanno ricercate nella grande disponibilita' di
materie prime che si trovano nel Kivu. Materie prime necessarie alle
multinazionali, come il Coltan, minerale utilizzato per la costruzione dei
telefoni cellulari. Ben prima che i media si occupassero di questo evento i
vescovi congolesi scrivevano: "una guerra paravento per coprire il
saccheggio delle risorse".
In un documento di qualche anno fa la Societe' Civile di Butembo, nel Nord
Kivu, definiva il Congo uno "scandalo geologico e agricolo, la popolazione
e' come un affamato dormiente su un materasso d'oro". La popolazione del
Congo, e in particolare del Kivu, e' sottoposta da piu' di un decennio a
guerre, stupri di massa, saccheggi; e' condannata allo stato di profughi; i
giovani e i bambini sono costretti ad arruolarsi negli eserciti in lotta. Un
dramma umanitario provocato dalla rapina delle risorse, da una classe
dirigente corrotta e spesso incapace e da una comunita' internazionale
(Europa, Usa, Cina, Russia) piu' interessata alla protezione delle imprese,
delle multinazionali, che ai diritti umani. Lo sfruttamento indiscriminato
delle risorse e' cosa conosciuta dalla comunita' internazionale. Ad esempio
nell'ottobre 2002 al Consiglio di sicurezza dell'Onu veniva presentato un
documento dal titolo "Rapporto finale del Gruppo di esperti sullo
sfruttamento illegale delle risorse naturali e altre forme di ricchezza
della Repubblica Democratica del Congo".
Tra le tante presenze armate nel Congo c'e' anche l'Onu, con una presenza di
17.000 soldati di cui 8.000 nel Kivu; la missione dell'Onu si chiama Monuc.
La Monuc, come denunciato da piu' parti ed anche dal governo della
Repubblica democratica del Congo, non e' al di sopra delle parti, ma si
comporta in modo benevolo nei confronti dell'esercito irregolare di Nkunda.
In questo atteggiamento ricorda la missione dell'Onu (Minuar) del 1994
quando opero' in intesa con il Ruanda di Paul Kagame.
Si parla di "balcanizzazione" del Congo con il rischio di una scissione
della regione del Kivu, che cosi' sarebbe piu' facilmente controllabile, con
le sue immense ricchezze.
Nonostante la lunga e sanguinosa guerra, la pesante eredita' della dittatura
di Mobutu, la delusione seguita alle recenti elezioni, la serie di accordi
firmati e disattesi, la popolazione congolese vuole costruire un percorso di
pace e di riconciliazione. E la comunita' internazionale, dall'Onu
all'Europa, dovrebbe invertire la rotta seguita negli ultimi anni e
appoggiare la popolazione locale per costruire uno stato di diritto nel
Congo e per favorire una pace duratura.
Noi cittadini comuni possiamo aiutare quella popolazione denunciando
pubblicamente le ragioni della guerra e cercando di combattere il modello di
economia violenta che tanti danni provoca al pianeta Terra e che calpesta i
diritti umani della maggior parte dell'umanita'.
In occasione dell'azione internazionale nonviolenta per la pace nel Congo
del 2001, organizzata da Beati i costruttori di pace, Chiama L'Africa e
Associazione Giovanni XXIII - Operazione Colomba, lo scrittore e attore Moni
Ovadia dichiaro': "L'Africa dimostra che il pianeta e' sull'orlo del
baratro. Sono milioni le persone che soffrono. E' il problema piu'
lancinante per il mondo oggi. Su questo si misura la nostra umanita': cos'e'
che ci fa essere persone oggi? Il fatto di produrre, consumare e lasciare un
pianeta di rifiuti? Io non resisto a queste sollecitazioni, quello che si
puo' va fatto. Per questo ho risposto all'appello, perche' iniziative come
questa danno un senso del nostro cammino di esseri umani".
Queste parole sono ancora attuali e ci devono spronare a manifestare
solidarieta' alla popolazione congolese e a riflettere sul fatto che le
nostre azioni, anche quelle piu' piccole, hanno effetti sugli altri esseri
viventi del pianeta.

2. DOCUMENTAZIONE. ANTONELLA LITTA: DISCARICHE ABUSIVE
[Da Antonella Litta (per contatti: antonella.litta at libero.it) riceviamo e
diffondiamo.
Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla
realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di
medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in
Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica
presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione
di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani
sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato
sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11,
pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per
l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia).
Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale
ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni
medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi
africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di
programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato
"Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla
legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente]

Al Sindaco del Comune di Capranica, al Sindaco del Comune di Castel
Sant'Elia. al Sindaco del Comune di Vetralla, al Direttore generale della
Asl di Viterbo, al Presidente della Provincia di Viterbo, all'Assessore
all'ambiente della Provincia di Viterbo, al Presidente della Giunta
Regionale del Lazio, all'Assessore all'ambiente della Regione Lazio,
all'Arpa Lazio - sezione di Viterbo, e per conoscenza: al Prefetto di
Viterbo, al Presidente dell'Ordine dei medici di Viterbo
L'Associazione italiana medici per l'ambiente, sezione di Viterbo, in merito
allo sversamento illegale di rifiuti tossici, segnalato nel 2005 nelle
discariche ubicate e sottoposte a sequestro nei comuni di Capranica, Castel
Sant'Elia e Vetralla, chiede di conoscere quali indagini siano state
eseguite al fine di rilevare il tipo, la composizione e il quantitativo di
rifiuti tossici sversati nelle stesse, e l'eventuale contaminazione delle
falde acquifere, dell'aria e del suolo.
Chiede inoltre di conoscere quali atti e provvedimenti siano stati posti in
essere per assicurare la messa in sicurezza delle suddette discariche ed
avviare la loro bonifica, e se siano stati effettuati studi per il
monitoraggio della salute dei cittadini residenti nelle aree limitrofe,
della flora e della fauna.
La presenza di discariche abusive con il loro contenuto di rifiuti tossici
nel nostro territorio e' fonte di grande preoccupazione per l'elevato
rischio sanitario ed  ambientale che esse rappresentano, come gia' rilevato
da studi condotti sulle popolazioni che vivono in prossimita' di discariche
abusive.
Certi della vostra  attenzione e in attesa di un sollecito riscontro,
vogliate gradire distinti saluti,
dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Associazione italiana
medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the
Environment - Italia)
Viterbo, 6 novembre 2008

3. PROFILI. ISABELLA FARNELLI: GIBRAN KHALIL GIBRAN
[Dal mensile "Letture" n. 651 del novembre 2008 col titolo "Gibran Khalil
Gibran" e il sommario "L'ardore di cogliere la verita' profonda in un
personaggio e, al tempo stesso, di specchiarvi se stesso e l'umana
universale vicenda anima la produzione poetica dell'autore libanese, al cui
centro regna un Gesu' trasfigurato"]

"Un uomo venuto dal Libano diciannove secoli dopo" e' l'ultimo in una
sequenza di personaggi che narrano, gridano, tacciono, intessono congetture
e sogni sulla figura, l'opera e la fama di Gesu' di Nazaret, ciascuno
secondo la propria esperienza o prospettiva. E' il tema di Gesu' Figlio
dell'uomo, l'opera che Kahlil Gibran pubblico', in inglese, nell'autunno del
1928, cinque anni dopo Il profeta e sull'onda di quel successo. Se il resto
degli ottanta monologhi e' posto sulle labbra di personaggi coevi,
documentati o immaginari (Pietro, la Maddalena, una vicina di Maria,
Tommaso, la sposa di Cana, Barabba, la mamma di Giuda), nell'epilogo parla
lui stesso, il poeta pittore nato all'ombra dei cedri nel 1883 ed emigrato
bambino in America, che, come certi artisti in ritratti corali, svela tra i
personaggi il proprio volto.
"Sette volte sono nato e sette volte sono morto / e ora nuovamente vivo, e
ti guardo, / guerriero tra i guerrieri, / poeta dei poeti, / re al di sopra
dei re, / nudo fino alla cintola a fianco dei compagni di viaggio. / ... /
Vengono crocifissi, e nessuno assiste alla loro agonia. / Volgono il viso
verso sinistra e verso destra, / e non trovano nessuno che prometta
l'ingresso in un regno. / Ma un'altra volta e un'altra ancora si farebbero
crocifiggere / perche' il tuo Dio fosse il loro Dio, / e Padre loro il Padre
tuo".
Posto a confronto con il canone, questo Gesu' risulta eterodosso, se non
altro per l'insistita volonta', da parte dell'autore, di sfatare i
fraintendimenti o addirittura i tradimenti che sarebbero stati perpetrati a
danno della sua dottrina da alcuni interpreti, san Paolo in primis.
Sfogandosi con l'amico e piu' tardi biografo Mikhail Naimy, Gibran
contestava che la tradizione ne avesse fatto "una dolce signora con la
barba". Se dal canto suo lo definisce "poeta dei poeti", non e' per
allinearsi a chi ne sottolinea la mitezza, ma il contrario: il massimo
dell'energia coincide per Gibran con il massimo della poesia, in quanto
aderenza al dettato primario della natura e di Dio. Il Gesu' che emerge dai
monologhi va visto infatti, e in primo luogo, come soggetto poetico, e la
stessa chiave puo' aprire, al di la' delle tante letture che ne sono state
fatte, un efficace spiraglio interpretativo sia dell'opera sia della vita di
Kahlil, nel loro intimo intreccio.
Se il Gesu' di Gibran e' fantastico ancorche' suggestivo, come viene
giustamente notato dalla critica cattolica (tra i nomi piu' illustri
Castelli e Ravasi), il Gibran di Gesu' Figlio dell'uomo e' invece
scopertamente vero, forse al di la' delle intenzioni. Quanto piu' si
appassiona nel cercare di restituire al personaggio la dimensione etica e
insieme estetica che crede essergli stata sottratta, tanto piu' si lascia
prendere la mano da questa tentazione di bellezza, con una densita' di
paradossi, ossimori, endiadi e parallelismus membrorum che in altre opere (e
nel canone scritturale) sono piuttosto simmetrie alluse, sapientemente
sospese.
Si stava allontanando, in quegli anni, la cometa della sua vita: l'amica,
agente, mentore, mecenate Mary Haskell, che dal 1904 lo aveva seguito,
portandolo a quel sereno approdo, anche formale, che e' Il profeta. Nel
1929, a una festa per il suo quarantaseiesimo compleanno organizzata presso
l'amico artista messicano Jose' Clemente Orozco, Gibran dichiaro' di
rimpiangere l'irruenza creativa degli esordi. In realta' siamo nella fase
ultramatura della sua produzione, che suddivisa tra due idiomi, l'arabo
madrelingua e l'angloamericano di adozione, era iniziata nel primo con un
saggio poetico sulla musica (1905) e nel secondo con una raccolta di
parabole dal significativo titolo, Il folle (1918), raggiungendo nel Profeta
(1923) sia l'equilibrio tra le due culture, sia quello tra il dire e
l'evocare.
Sempre nel 1929, Gibran sottopose a Naimy il progetto di un libro composto
di quattro storie: su Michelangelo, Shakespeare, Spinoza e Beethoven. "Che
ne diresti se ciascuna delle storie fosse l'inevitabile esito del dolore,
dell'ambizione, del senso di distacco e, infine, della speranza che sempre
agita il cuore umano?". L'ardore di cogliere la verita' profonda di un
personaggio noto, e al tempo stesso di specchiarvi se stesso e l'umana
universale vicenda, anima Gibran sin dalla fase giovanile, ma solo in Gesu'
Figlio dell'uomo assume forma di un'opera compiuta. Piu' volte, ai suoi
confidenti, Kahlil racconta di avere incontrato il Nazareno in sogno, sempre
in situazioni di grande prossimita' (Gesu' gli si avvicina con i sandali
impolverati, condivide con gusto il crescione selvatico, discorre con lui di
argomenti qualsiasi); addirittura Kahlil ci si e' immedesimato quando,
bambino, ha subito una brutta frattura della scapola ed e' rimasto ancorato
per quaranta giorni a una specie di barra orizzontale, alla quale si e'
sentito crocifisso. Se anche non lo dichiarasse esplicitamente, il suo modo
di esprimersi, sia nelle opere sia nell'eloquio, ricalca l'andamento delle
Scritture, peraltro inseparabile dai moduli espressivi della letteratura
semitica. Il "ma" che ricorre, oltre che nel lessico, nella tendenza di
Gibran all'antitesi, riecheggia l'espressione secondo lui piu' significativa
di Gesu' ai discepoli: "Ma io vi dico". Cosi' il Nazareno annunciava la
propria novita' rispetto ai luoghi comuni.
Dal canto suo Gibran, nato da famiglia maronita, educato in contesto
musulmano e, piu' tardi, eclettico, ha sempre rifiutato di apporsi una
qualsiasi etichetta, ribellandosi quando altri ci hanno provato, non solo in
ambito religioso, ma anche politico, culturale e, addirittura, metrico. Se
nella formazione, tanto letteraria quanto artistica, cio' lo ha portato a
scegliere la liberta' di proposte flessibili (a Parigi l'Academie Julian, a
Beirut certi corsi del Madrasat al-Hikmat), nell'eta' adulta, refrattario
alla "cristallizzazione" di formule e man-made laws, vittima forse a sua
volta di fraintendimenti e di filtri non suoi, ma consapevole di cosa
significassero nella storia i fondamentalismi, non ha mai voluto "ismi" di
alcun genere. Neanche il buddismo: lo dicono i biografi, lo ammettono
autorevoli studiosi che, confrontando i suoi scritti con la dottrina del
Nirvana, giungono alla stessa conclusione a cui giunge chi analizza il suo
Gesu' o le sue assonanze sufite, bahai, induiste o altro.
Nelle elaborazioni sulla trascendenza che Kahlil condivide con Mary Haskell
si legge un credo in Dio penetrante e radicato, ma dottrinalmente
innominato; e le sue allusioni letterarie alle molteplici "nascite", come il
famoso finale del Profeta, traducono anzitutto la fiducia nel potere vitale
e unificante - e con cio' sacro - della parola poetica.
"Un ponte tra Oriente e Occidente": cosi' lo vede, non senza una sfumatura
autobiografica, il critico libanese Suheil Bushrui; ma forse Gibran
troverebbe limitante anche questa definizione. Barbara Young, che gli fu
vicina negli ultimi anni, dedicandogli a sua volta una biografia, sceglie di
intitolarla con le sue stesse parole, sigla di appartenenza e insieme di
alterita': This Man from Lebanon. L'uomo venuto dal Libano diciannove secoli
dopo non ha ancora concluso la sua appassionata ricerca sul Figlio dell'uomo
e su se stesso. E' forse questo, a 77 anni dalla morte (avvenuta a New York
nel 1931), a garantirne la non comune vitalita', attraverso e nonostante le
molte edizioni e ristampe. Una divulgazione talvolta a suo sfavore, che tra
l'altro contribuisce a perpetuare su di lui e sui suoi aforismi, citati
talvolta in modo distorto, curiosi equivoci e luoghi comuni. Errori anche
banali, emblematici del suo detachment: la vicenda erratica dell'acca (sono
corretti l'originario Gibran Khalil Gibran o l'anglicizzato Kahlil Gibran,
ma non l'ibrido Gibran Kahlil Gibran), le inesattezze sulla sua eta' e
l'errore sulla sua data di nascita, che e' il sei gennaio e non il sei
dicembre come alcuni continuano a scrivere. Per non parlare delle credenze,
fedi e filosofie che gli vengono attribuite, proprio in forza della sua
capacita' polisemica.
*
Il dialogo con le anime
E' il 17 giugno 1895. Un ragazzino di dodici anni fa la fila a Ellis Island.
In una babele di rumori, pacchi, odori, ansie, Kahlil lancia richiami per
non perdere la mamma Kamila, il fratello maggiore Boutros e le due sorelline
Mariana e Sultana; comunica in qualche modo con i funzionari portuali; ma
soprattutto dialoga con se stesso, con le ombre profonde della Valle Sacra,
con i cespugli del monastero di Mar Sarkis, con i fiumi incassati nelle
gole, con le cime coperte di neve e di cedri che, ancora presenti, erano
gia' mito. Mentre lo sottopongono ai controlli sanitari, lui corre incontro
alla pioggia impetuosa dei suoi monti, al Mediterraneo appena scorto in cima
all'erta salita a dorso di mulo, alle stelle che "lassu' proiettano
ombre"... Quelle ombre ridisegna sulla bruma di "Al-Nayurk", iniziando cosi'
a trasfigurarla in mist, simbolo ricorrente nei suoi scritti, intraducibile
forse anche per l'assonanza con misticismo e mistero. Cosi' comincia ad
amare la terra nuova, alla quale riconoscera' sempre il merito di averlo
sostenuto e fatto crescere.
E' difficile trovare una vicenda esposta quanto la sua a interferenze
sociali e culturali, ed e' difficile enumerarle tutte; ma e' nel monologo
interiore, avviato in eta' precocissima, che si innestano le successive
esperienze, e non viceversa. Nel dialogo con le anime, dolente ma
rasserenante, trovano un solco familiare anche i lutti che ben presto lo
colpiscono. Quando Kahlil racconta alla Haskell - incontrata subito dopo -
la morte di Sultana, di Boutros e della mamma, il tono, piu' che di
tragedia, e' di trasfigurazione, sia degli eventi, sia delle figure, sia del
contesto domestico. Non a caso il ritratto a memoria della madre morente -
colei che, stando al racconto, lo introdusse a Leonardo e a san Tommaso
d'Aquino - e' intitolato Verso l'infinito. A vent'anni, nei primi timidi
colloqui con la direttrice di scuola che lo invitava a esporre nel proprio
istituto, traspare gia' il riconoscimento della poesia e dell'arte come
crinale tra nostalgia e futuro. Fu Mary a sua volta, per Kahlil, lo
spartiacque tra i salotti neoplatonici di Boston e la crescita in forme
espressive anche tecnicamente piu' mature, quando lo mando' a Parigi a
studiare belle arti come primo atto di amorosa pedadogia.
Nella capitale francese, com'era stato a Boston e come continuera' a essere
dopo il trasferimento a New York, Kahlil continua a dar prova di un
singolare approccio alle idee e alle persone: piu' che l'acquisizione di una
conoscenza, spesso la sorpresa di un riconoscimento, un'intuizione, quasi
un'agnizione, sia in positivo (Rodin, i romantici, Nietzsche, con cui
tuttavia non si va oltre una parentela di simboli) sia in negativo (ad
esempio Tagore, alla cui opera rimprovero' la scarsa "coscienza mondiale").
Significativo anche il modo di relazionarsi alle presenze femminili: i
rapporti piu' stabili saranno quello con la Haskell, che trascende il piano
della fisicita', e con May Ziadah, con la quale corrispose diciannove anni
nella madrelingua senza mai incontrarla di persona, e alla quale scrisse che
la vera comunicazione avviene tra i nostri "doppi invisibili". Kahlil parla
anche di anima, nella cui immortalita' crede fermamente, come crede alla
verita' che si svela al di la' della soglia terrena: ma nei suoi contesti
sfumati questa e altre parole, che pure usa in traslato (resurrezione,
incarnazione), perdono la consistenza teologica loro propria.
Sul piano letterario, la preminenza del dialogo interiore lo porto' molto
presto a elaborare una sequela originale, benche' ovviamente non asettica,
di personaggi e personificazioni riconducibili sia a moltiplicazioni di
identita' e di "maschere" (Folli, Eretici, Precursori, Scavatori di Fosse,
Greater Self e Pigmy Selves) sia alla fiducia nel congiungersi e
ricongiungersi degli esseri e di tutto l'Essere: due movimenti solo
apparentemente contraddittori, evidentissimi nella sua pittura. Se ogni cosa
e' visibile in due o piu' aspetti, d'altro canto Gioia e Dolore, come molte
coppie di opposti, sono due aspetti dello stesso volto. Mentre, a cavallo
tra Ottocento e Novecento, la letteratura occidentale propone modelli di
frantumazione dell'io che sfociano tra problematicita' e incomunicabilita',
in lui (che conobbe e ritrasse anche Jung) prevale il moto della
conciliazione, nell'emblema dinamico di un half-embrace. Cio' e' evidente -
talora piu' nella forma che nel contenuto - in quasi tutte le raccolte di
aforismi e parabole, ma soprattutto nel poemetto Il profeta, nel quale
l'esile cornice narrativa e' pretesto per la ricomposizione dei vari aspetti
enunciati nei sermons, e la partenza del protagonista Almustafa prelude a un
piu' grande ritorno.
Esperienza forte dovette essere il riapprodare in Libano nell'adolescenza:
in una terra dove, quindici chilometri a nord di Beirut, e' presente una
rupe con diciannove iscrizioni in quasi altrettante lingue, il paesaggio
stesso suggerisce il dialogo con "i fantasmi delle ere", come scrive in una
poesia. Piu' avanti, tornato in America per rimanervi, Gibran ambientera' in
quel Libano la scena culminante del suo unico romanzo, Le ali infrante,
pubblicato nel 1912, ispirato a una frase della madre. Un antichissimo
tempietto conserva i resti di due affreschi: in una parete Venere-Astarte di
ascendenza fenicia, nell'altra una Crocifissione bizantina; proprio davanti
a quest'ultima l'eroina rinuncia all'amore terreno in vista di un piu'
sublime amore, quello che veramente unisce.
*
Il costruttore di aquiloni
Settembre 1922. Gibran e Mary, ritrovandosi al solito dopo l'estate, si
raccontano come hanno trascorso le vacanze. Lei, tornata dal Sud, gli
confida la corte pressante dell'uomo che di li' a quattro anni diventera'
suo marito; lui, tornato dal mare, la rassicura comunque vada: "La relazione
tra te e me e' la cosa piu' bella della mia vita. E' la piu' splendida che
io abbia conosciuto in qualsiasi vita. E' eterna".
Forse proprio Nantasket, la spiaggia di Boston dove Kahlil trascorse alcune
estati con la sorella - sempre piu' spesso negli ultimi anni, quando la
salute declinava - gli ispiro' una splendida affermazione di poetica,
riferita nel diario di Mary allo stile del Profeta: "I poeti dovrebbero
prestare orecchio al ritmo del mare. E' il ritmo del libro di Giobbe e di
tutte le parti magnifiche del Vecchio Testamento. Quel duplice modo di
esprimere un'idea che era tipico degli ebrei. Si dice, e poi si dice
nuovamente, in modo solo un poco diverso. Come accade per le onde del mare.
Sai quando arriva una grande onda, frusciando, e porta con se' i sassolini
con il loro caratteristico rumore. Poi alcuni dei ciottoli ruzzolano
indietro, con un rumore piu' lieve, una specie di sottocorrente di suono; e
arriva frusciando una seconda ondata, minore della prima... Poi, pausa. E
ben presto, ecco un'altra onda, e tutto si ripete".
Dinanzi al ritmo puro, lo stesso delle forme arcaiche di poesia, Gibran, che
stringendo una meteorite disse di percepire la vita dell'intero universo,
somiglia al protagonista di 2001 Odissea nello spazio, quando, scartati il
teatro e la lirica che pure ha a disposizione nell'astronave, si fa
accompagnare da una musica "senza architetture", e la spoliazione va di pari
passo con la semplicita' dell'infinito. Racconta Kahlil a Mary: "Si', le
persone che stavano in spiaggia devono aver capito che cercavo la
solitudine... perche' gli adulti raramente si avvicinavano. Ma ci sono
novantasette bambini su quella collina. E devo aver fabbricato, per loro,
qualcosa come... sessanta o settanta aquiloni! Tutti i tipi di aquiloni:
grandi, piccoli, colorati, bianchi. E aquiloni siriani. Hai mai visto gli
aquiloni siriani?".
Facile visualizzare, su quella spiaggia, molti pronunciamenti del Profeta:
"Vorrei che andaste incontro al sole e al vento piu' con la pelle e meno col
vestito...". Oppure: "Se e' Dio che vuoi conoscere, non essere per questo
solutore di enigmi; guardati intorno, invece, e lo vedrai giocare con i tuoi
figli". I bambini, notando la sua perizia nel fabbricare aquiloni, gli
chiesero di essere giudice nella gara finale; e il trofeo, un enorme
aquilone-segnale, ando' al ragazzone grassoccio di una famiglia numerosa che
viveva la' tutto l'anno. Forse il poeta aveva letto nei suoi occhi l'anelito
che era anche suo: "Non c'e' desiderio piu' profondo del desiderio di
rivelarsi. Tutti vogliamo che la piccola luce che e' in noi sia tratta da
sotto il moggio. Il primo poeta deve aver sofferto intensamente quando gli
abitatori delle caverne si mettevano a ridere delle sue folli parole.
Avrebbe dato arco e frecce e pelle di leone, tutto cio' che possedeva, solo
per comunicare ai suoi compagni di umanita' l'intensa emozione e il
trasporto che il tramonto gli creava nell'anima. E tuttavia, non e' questa
oscura pena - la pena di non essere compresi - che genera l'arte e gli
artisti?".
I ragazzi si allontanano uno a uno dalla spiaggia: comincia a far freddo, e'
la stagione del ritorno a scuola. Molti anni piu' tardi, le gare tra
aquiloni, che nelle biografie di Gibran costituiscono un episodio marginale
se mai menzionato, saranno al centro di un famoso struggente romanzo. Gibran
non poteva prevederlo, ma e' qualcosa del genere che intende quando dice:
"Ancora un poco, una pausa tra gli aliti dell'aria, e un'altra donna mi
dara' alla luce". Piu' che il ritorno in una terra definita, e' l'unione
trascendente, quella tra Goccia e Oceano, tra Sabbia e Schiuma (titolo del
1926) il richiamo del mare al quale Almustafa obbedisce, non senza lasciarne
l'invito alla donna che ha creduto in lui: "Quando Amore ti chiama, segui il
segno".
Altro non spiegherebbe, se lo si intervistasse oggi. Ripeterebbe forse,
lanciando un aquilone o, come nel giugno 1912, guardando il Cambridge Street
Bridge: "Costruire un ponte... ecco cosa voglio fare: costruirne uno cosi'
robusto e solido che lo si possa attraversare per sempre".
*
Diviso tra il disegno e il poema
Gibran Khalil Gibran nasce il 6 gennaio 1883 a Bisharri, nel Libano
settentrionale. Il 17 giugno 1895, sull'onda di un flusso migratorio che
coinvolge numerosi connazionali, approda a New York insieme alla madre
Kamila, al fratellastro Boutros e alle due sorelle Mariana e Sultana. Da li'
si imbarcano immediatamente per Boston, dove si stabiliscono nel South End.
Mentre gli altri membri della famiglia lavorano e Boutros allestisce un
negozio di cereali, il ragazzo, dal 1895 al 1897, frequenta la Quincy Public
School, dove viene registrato come "Kahlil Gibran", con la "h" spostata e
uno dei tre nomi depennato. Qualunque sia stata l'origine della variazione e
l'effetto sul giovane, sara' questa la formula con cui si firmera' in
inglese.
Dal 1898 al 1902 lo ritroviamo in Libano, dove frequenta corsi di istruzione
superiore al Madrasat al-Hikmat di Beirut. Sulla via del ritorno gli giunge
notizia della morte di una sorella, Sultana; nel giro di pochi mesi perde
anche Boutros e la madre, rimanendo solo con Mariana, che continuera' per
tutta la vita il lavoro di cucitrice. Ai lutti familiari si accompagna,
sull'altro versante, una carriera in ascesa come disegnatore, ritrattista,
scrittore. Nel 1896, tramite l'insegnante d'arte di una istituzione
caritativa, colpita dal suo talento nel disegnare, Gibran ha incontrato il
fotografo visionario Fred Holland Day, animatore di un gruppo di poeti e
artisti di ispirazione tra decadente e preraffaellita, che lo ritrae in
numerose pose esotizzanti; e' entrato cosi' nei salotti di Boston,
conoscendo tra gli altri Josephine Peabody, con la quale ha intessuto
un'intensa quanto effimera amicizia.
Nel 1904, a una esposizione di alcuni suoi lavori presso Day, avviene
l'incontro piu' importante: quello con Mary Haskell, direttrice, titolare e
insegnante di una scuola per ragazze. Sara' lei che, dopo avergli finanziato
un viaggio di due anni a Parigi per studiare belle arti, lo accompagnera'
per tutta la vita con il sostegno economico e morale di un'incrollabile
fiducia, garantendogli una guida costante nella conoscenza dell'inglese
scritto e letterario e rivedendo i suoi manoscritti. Sara' cosi' che Kahlil,
dopo aver concepito e pubblicato fin da adolescente poemetti, articoli,
aforismi e racconti in madrelingua, giungera' alle opere della maturita' in
inglese, culminanti nel Profeta (1923).
Nel frattempo, sia per rinvigorire l'attivita' artistica sia per superare la
delusione al rifiuto di Mary di diventare sua moglie, si e' trasferito da
Boston a New York, senza interrompere con la Haskell una fitta
corrispondenza, costellata di incontri. Mentre il rapporto con lei si
mantiene nei margini di una casta, costante e affettuosa amicizia, l'artista
intesse un intenso scambio epistolare con May Ziadah, scrittrice dimorante
in Egitto, mai incontrata di persona; e stabilisce una rete di relazioni con
famiglie americane influenti e numerosi connazionali (tra cui Mikhail
Naimy), con i quali fonda un'associazione letteraria e condivide l'impegno
per la terra d'origine, pur discordando talvolta sui criteri d'intervento.
Nel 1926 Mary Haskell si sposa e si trasferisce in Georgia, senza troncare i
rapporti con il poeta, a fianco del quale subentra come "assistente" Barbara
Young, senza peraltro giungere alla stessa profondita' di condivisione.
Minato nel fisico da una vita di lavoro senza risparmio, spesso condotto
nelle ore notturne, Gibran trascorre gli ultimi anni tra New York e Boston,
dove e' rimasta la sorella Mariana. Muore il 10 aprile 1931 al St. Vincent's
Hospital di New York, a quarantotto anni. Mary Haskell, accorsa da Savannah
per le esequie, recupera il prezioso carteggio tra lei e il poeta,
donandolo, verso la fine della sua esistenza (1964), alla University of
North Carolina, dove e' attualmente custodito. Gibran Khalil Gibran e'
sepolto nel monastero di Mar Sarkis a Bisharri, secondo la sua volonta', che
lasciava alla terra d'origine anche i diritti d'autore delle sue opere.
*
Un capolavoro e il suo seguito
Il modo migliore per accostarsi a Kahlil Gibran e' leggere in parallelo The
Prophet, indubbiamente il suo capolavoro, e Beloved Prophet, il volume
tratto dal carteggio con Mary Haskell e dal diario di lei, che attraverso la
narrazione dei loro incontri documenta la genesi di molte opere
dell'artista. Data l'estensione della sua bibliografia, di seguito si
segnalano, in sintetica sequenza cronologica, solo alcune delle principali
edizioni e compilazioni attualmente disponibili in inglese e in italiano.
Sulla produzione pittorica, si veda l'apparato di Francesco Medici alla sua
versione di Twenty Drawings. Concludono l'elenco due monografie, tra le piu'
complete disponibili in edizione italiana.
The Madman, His Parables and Poems, Knopf, New York 1918 (ed. it. Il folle,
a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1988).
Twenty Drawings, Knopf, New York 1919 (ed. it. Venti disegni, a cura di F.
Medici, Laterza, Bari 2006).
The Forerunner, His Parables and Poems, Knopf, New York 1920 (ed. it. Il
precursore, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1994).
The Prophet, Knopf, New York 1923 (ed. it. Il profeta, a cura di I.
Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 2001; Il Profeta, trad. di F.
Medici, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005; prima ed. it. Il profeta, trad.
di E. Niosi-Risos, Carabba, Lanciano 1936).
Sand and Foam, a Book of Aphorisms, Knopf, New York 1926 (ed. it. Sabbia e
schiuma, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1990).
Jesus, the Son of Man: His Words and His Deeds as Told and Recorded by Those
Who Knew Him, Knopf, New York 1928 (ed. it. Gesu' Figlio dell'uomo, a cura
di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 1996; prima ed. SE, Milano
1987).
The Earth Gods, Knopf, New York 1931 (ed. it. Gli dei della terra, a cura di
I. Farinelli, SE, Milano 1989).
The Wanderer: His Parables and His Sayings, Knopf, New York 1932 (ed. it. Il
vagabondo, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1988).
The Garden of the Prophet, Knopf, New York 1933 (ed. it. Il giardino del
profeta, trad. di N. Crocetti, SE, Milano 1986).
Prose Poems, trad. dall'arabo di A. Ghareeb, Knopf, New York 1934.
Secrets of the Heart, a cura di A. R. Ferris, Philosophical Library, New
York 1947 (ed. it. I segreti del cuore, a cura di N. Crocetti, Guanda,
Milano 1982).
Tears and Laughter, a cura di A. R. Ferris, Philosophical Library, New York
1947.
Spirits Rebellious, trad. dall'arabo di M. H. Nahmad, Knopf, New York 1948
(ed. it. Spiriti ribelli, a cura di R. Rossi Testa e Y. Tawfik, trad. di G.
Angarano, R. Rossi Testa e Y. Tawfik, Guanda, Milano 1995).
Nymphs of the Valley, trad. dall'arabo di M. H. Nahmad, Knopf, New York 1948
(ed. it. Ninfe della valle, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 2000).
A Tear and a Smile, trad. dall'arabo di M. H. Nahmad, Knopf, New York 1950.
A Treasury of Kahlil Gibran, a cura di M. L. Wolf, trad. dall'arabo di A. R.
Ferris, Citadel Press, New York 1951.
The Broken Wings, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Citadel Press, New York
1957 (ed. it. Le ali infrante, a cura di S. Bushrui e I. Farinelli, Insieme
Gruppo Editoriale, Recco 1992).
The Procession, a cura di G. Kheirallah, The Wisdom Library, New York 1958.
Kahlil Gibran: A Self-Portrait, a cura di A. R. Ferris, Heinemann, London
1960.
Thoughts and Meditations, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Heinemann,
London 1961 (ed. it. Scritti orientali, a cura di G. e I. Farinelli, SE,
Milano 1994).
Spiritual Sayings, a cura di A. R. Ferris, Citadel Press, New York 1962 (ed.
it. Massime spirituali, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1992).
The Voice of the Master, trad. dall'arabo di A. R. Ferris, Citadel Press,
New York 1963 (ed. it. La voce del maestro, a cura di I. Farinelli, SE,
Milano 1991).
Beloved Prophet: The Love Letters of Kahlil Gibran and Mary Haskell and her
Private Journal, a cura di V. Hilu, Knopf, New York 1972 (ed. it. Mio amato
profeta, trad. di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano 2007).
Dramas of Life: Lazarus and his Beloved and The Blind, a cura di K. Gibran e
J. Gibran, Westminster Press, Philadelphia 1981 (ed. it. Lazzaro e il suo
amore, introd. e trad. di F. Medici, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001; Il
cieco, trad. e commento di F. Medici, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003).
Blue Flame: The Love Letters of Kahlil Gibran to May Ziadah, a cura di S.
Bushrui e S.H. al-Kuzbari, Longman, Burnt Mill 1983 (ed. it. a cura di I.
Farinelli, in preparazione).
Le tempeste, trad. dall'arabo di V. Colombo, Feltrinelli, Milano 1991.
Kahlil Gibran: Le parole non dette, a cura di I. Farinelli, Paoline
Editoriale Libri, Milano 1991.
Kahlil Gibran: Parole sussurrate, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale
Libri, Milano 1993.
Kahlil Gibran: Le parole dette, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale
Libri, Milano 1994.
Gibran l'amore, a cura di I. Farinelli, Paoline Editoriale Libri, Milano
1997.
Kahlil Gibran. Le parole dell'amore, a cura di I. Farinelli, Paoline
Editoriale Libri, Milano 2002.
Kahlil Gibran. Le parole dell'amicizia, a cura di I. Farinelli, Paoline
Editoriale Libri, Milano 2004.
Suheil Bushrui, Kahlil Gibran of Lebanon, Colin Smythe, Gerrard Cross 1987
(ed. it. Gibran del Libano, trad. di I. Farinelli, Insieme, Recco 1993).
Robin Waterfield, Prophet, The Life and Times of Kahlil Gibran, London,
Penguin Books, 1998 (ed. it. Profeta, Vita di Kahlil Gibran, trad. di A.
Magagnino, Guanda, Parma 2000).

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 634 del 9 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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