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Minime. 632
- Subject: Minime. 632
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 7 Nov 2008 01:51:00 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 632 del 7 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. "Azione nonviolenta" di novembre 2008 2. Vandana Shiva: L'uomo cacciatore 3. Giobbe Santabarbara: La nonviolenza in sette semplici lezioni (e pure in lingua italiana) 4. Opporsi alla guerra, salvare le vite 5. Enrico Piovesana: Afghanistan, la strage infinita 6. Francesco Adinolfi ricorda Yma Sumac 7. Gianpasquale Santomassimo ricorda Roberto Ruffilli 8. Chinghiz Ajtmatov 9. Giuseppe Bonura 10. Pietro Cascella 11. Giuseppe Cassieri 12. Albert Cossery 13. Tony Hillerman 14. Levi Stubbs 15. Studs Terkel 16. Jonathan Williams 17. Licha Zubasnabar 18. Riletture: Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali 19. Riletture: Silvana Castignone, Povere bestie. I diritti degli animali 20. Riletture: Paola Cavalieri, La questione animale. Per una teoria allargata dei diritti umani 21. La "Carta" del Movimento Nonviolento 22. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI NOVEMBRE 2008 [Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: an at nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] E' uscito il numero di novembre 2008 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. In questo numero: Vinoba Bhave, l'erede di Gandhi che voleva liberare la societa' dallo Stato, di Antonio Vigilante; Don Milani criticava la ricreazione per condannare i disvalori del mercato, di Adriano Moratto; A Padova il Giardino dei Giusti del mondo, di Alberto Trevisan; La storia infinita del nucleare italiano: da farsa a tragedia, di Giorgio Nebbia; I costi umani e ambientali del vicolo cieco nucleare, di Michele Boato; Opporsi alla mafia ed essere censurati. La liberta' di informazione e' abolita, di Alessio Di Florio; La base militare di Sigonella si prepara alle prossime guerre, di Antonio Mazzeo; Antenne satellitari militari Usa nella bella isola a stelle e strisce, di Antonio Mazzeo. Le rubriche: Educazione. Il turismo responsabile scolastico nella Locride, a cura di Pasquale Pugliese; Economia. Quei piccoli, maledetti sacchetti di plastica, a cura di Paolo Macina; Per esempio. La Scuola delle Americhe che diploma i torturatori, a cura di Maria G. Di Rienzo; Cinema. La scuola impossibile. Tre film da vedere in classe, a cura di Enrico Pompeo; Musica. Disertare dalla guerra per amare una prostituta, a cura di Paolo Predieri; Giovani. Comunicare la nonviolenza, Seminario invernale per i giovani, a cura di Elisabetta Albesano; Libri. Storie d'amore del Sessantotto e poesie di carcere e droga, a cura di Sergio Albesano. In copertina: La storia infinita del nucleare italiano. In seconda: Una buona notizia dal 5 per 1000. In terza di copertina: Materiale disponibile. In ultima: Il frate e il cardinale. Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org , sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una email all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". 2. MAESTRE. VANDANA SHIVA: L'UOMO CACCIATORE [Da Vandana Shiva, Terra madre, Utet, Torino 2002, p. 63. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008] ... l'uomo cacciatore, di cui il paradigma patriarcale ha fatto un perfetto esempio di produttivita' umana, "e' fondamentalmente un parassita, non un produttore". 3. MANUALI MINIMI. GIOBBE SANTABARBARA: LA NONVIOLENZA IN SETTE SEMPLICI LEZIONI (E PURE IN LINGUA ITALIANA) 1. La nonviolenza come favola e come battaglia Chi nulla sa di cosa la nonviolenza sia la scambia per una forma di pazienza, o peggio: di rassegnazione. Sapesse invece quanto dolore e quanta furia ribolle in essa, ed essa li doma perche' vuol essere piu' forte di ogni altra forza. Poiche' la nonviolenza questo e': lotta. La lotta interiore contro il male che e' in te, la lotta politica contro l'ingiustizia sociale. * 2. La nonviolenza come rivolta e come specchio Non si arriva alla nonviolenza in naturalezza e letizia. Vi si arriva passando per lo strazio e per la rivolta. Poiche' essa eminentemente e' scandalo e rivolta. E scandaglio nel profondo degli abissi. E nozione del male e della morte. E la scelta di sapere e di combattere. E nella rivolta preservare la responsabilita' dell'io, scoprire la solidarieta' del noi, avere per il mondo quell'atto di rivolgimento amoroso che nel tu include tutti, che in tutti vede un tu, che sa la reciprocita' per cui ognuno e' anche un tu per l'altro io. "Il prossimo tuo come te stesso": e' la massima da non dimenticare. * 3. La nonviolenza come intreccio e come sentiero Non e' autosufficiente la nonviolenza. Non e' una teoria ma l'incrocio di molte tradizioni. Non e' una pratica, ma una pluralita' di esse. Non esiste di per se', e' solo un orientamento. Non e' una cosa, sei tu che cammini con altre persone e che pensi: ecco, l'umanita' e' cammino. E in questo cammino allevia l'altrui dolore, contrasta il male, condividi il pane, mantieni la meraviglia, sappi vedere il cielo stellato e le buche per terra, educati ed educa ad aver rispetto. Di essere vivo sii degno e di tutto cio' che incontri celebra la dignita'. Da ogni persona - e da te stesso per primo - chiedi secondo le sue possibilita'; ad ogni persona - e a te stesso al pari degli altri - dona secondo i suoi bisogni. * 4. Ex pluribus Tante persone alla nonviolenza si accostano, tante immagini diverse di essa tu vedi. La nonviolenza e' nemica dell'omologazione. La nonviolenza e' nemica dell'ottundimento. La nonviolenza e' nemica delle tetragone certezze e degli indefettibili comandi. La nonviolenza non e' mai ovvia, non e' mai facile. Ogni persona deve inventarla per se'. La nonviolenza non e' la salvezza: e' la via della lotta per la salvezza comune. La nonviolenza non e' mai quel che se ne dice, ma sempre in nuove forme rinasce. * 5. La trama e l'ordito La nonviolenza e' attenersi a criteri, che sempre vanno contestualizzati. E questi criteri possono essere detti in molti modi. Ad esempio cosi'. Alla violenza, all'ingiustizia, alla menzogna, tu opponiti sempre. Abbi a cuore di salvare le vite. Non compiere il male e' gia' l'azione giusta. O ad esempio cosi'. Coerenza tra i mezzi e i fini. La medesima cura per le ragioni e per gli esiti. Sapere che ogni gesto e' sempre anche un esempio. Preferire per se' stessi subire il male anziche' compierlo. A chiunque subisce ingiustizia recare soccorso. O ad esempio cosi'. Cercare la verita'. Cercarla nella pieta'. Ove verita' non vi sia, recarla. La nonviolenza e' attenzione al contesto, e in quel contesto recare una luce, una parola vera. Analisi concreta della situazione concreta. Misericordia che comprende e che lotta. * 6. I compiti dell'ora Ove e' oppressione, e tu combatti. Ove e' rassegnazione, e tu suscita la lotta. Ove e' narcosi, e tu risveglia. Ove e' vilta', e tu scuoti. Ove e' la rotta, e tu forma il caposaldo. Ove sono rovine, e tu riedifica. Ove e' devastazione, e tu ripristina possibilita' di vita. E' una frusta morale la nonviolenza, e' la voce tormentosa e insopprimibile della coscienza della propria e dell'altrui dignita'. * 7. Timore e tremore Tutte le scelte sono tragiche. Tutti i saperi sono imperfetti. Ogni esistenza e' degna. Ogni esperienza dolorosa. Nulla e' fatale. Generosa e tremenda e' la vita. Tremenda e generosa. Alla voce che ti chiama rispondi. 4. EDITORIALE. OPPORSI ALLA GUERRA, SALVARE LE VITE Cosa si attende ancora ad opporsi alla carneficina afgana? Cosa si attende ancora a chiedere che l'Italia cessi di partecipare a questo immane crimine? Cosa si attende ancora a chiedere che l'Italia torni al rispetto del diritto internazionale e della legalita' costituzionale? Cosa si attende ancora a impegnarsi per la pace e i diritti umani in Afghanistan come in Italia? 5. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: AFGHANISTAN, LA STRAGE INFINITA [Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net/) riprendiamo la seguente notizia del 6 novembre 2008 col titolo "Afghanistan, la strage infinita. Almeno 620 civili uccisi quest'anno dalla Nato"] La sposa e lo sposo sono feriti ma vivi. Lei ha perso la madre, i due fratelli minori, tre cuginetti e uno zio. Lui ha perso il padre, la madre e una sorella minore. Nel villaggio di Wech Bakhta, 80 chilometri a nord di Kandahar, si cercano ancora i cadaveri tra le macerie della casa rasa al suolo lunedi' sera dalle bombe sganciate da un caccia Usa, mentre decine di persone si trovavano li' riunite per il banchetto matrimoniale. I primi bilanci parlavano di 37 cadaveri, di cui 23 bambini e 10 donne. Ma ieri sera l'onorevole Shakiba Hashemi, parlamentare di Kandahar, ha dichiarato alla stampa iraniana che i civili uccisi a Wech Bakhta sono 95. * La reazione dei comandi Usa Ieri un portavoce militare statunitense ha dichiarato: "Ci scusiamo per l'incidente ed esprimiamo le nostre condoglianze". Oggi e' stata diffusa la versione ufficiale, secondo la quale i civili colpiti erano stati usati come scudi umani dai guerriglieri talebani che si erano appostati sul tetto della casa colpita: "Sappiamo che i civili hanno provato a fuggire, ma gli insorti li hanno costretti a rimanere". Secondo Abdul Jalil, zio della sposa e padrone della casa distrutta, un gruppo di talebani in fuga dalle truppe Nato si era rifugiato nella sua vigna e subito dopo sono arrivati i jet e le bombe. * E ieri sera e' successo ancora I caccia Usa sono entrati in azioni dopo un'imboscata dei talebani a un convoglio della Nato nella provincia nord-occidentale di Badghis, nell'area di competenza del Comando regionale italiano di Herat. Le autorita' locali hanno riferito che nel raid sono rimasti uccisi una quindicina di guerriglieri e almeno sette civili. Ma secondo Qari Dawlat, membro del Consiglio provinciale, le vittime civili sarebbero almeno 30. A meta' settembre, la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) aveva calcolato almeno 577 civili uccisi quest'anno dalle forze occidentali. A questi vanno aggiunti i 18 civili uccisi lo scorso 16 ottobre nella provincia di Helmand e gli almeno 44 civili (forse 125) morti nei bombardamenti a Kandahar e Badghis. 6. MEMORIA. FRANCESCO ADINOLFI RICORDA YMA SUMAC [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 novembre 2008 col titolo "Yma Sumac, la regina exotica" e il sommario "E' scomparsa a 86 anni la mitica cantante di origini peruviane. La sua incredibile estensione vocale trasportava l'ascoltatore in mondi sospesi popolati da vegetazioni tropicali, leggende incas e pettegolezzi urbani. Riscoperti dal movimento lounge, i brani dell'artista sono stati spesso utilizzati al cinema e in spot tv"] E' morta a 86 anni la cantante peruviana Yma Sumac, regina della musica exotica, genere che si affermo' negli anni Cinquanta e a cui le recenti riscoperte lounge hanno riconferito grande attualita'. La cantante - stroncata da un tumore al colon contro cui si batteva da otto mesi - si impose negli anni della Guerra fredda, rassicurando con la sua voce e la sua iconografia accesa un paese, gli Usa, atterrito dal rapporto con l'altro (comunista, nero o orientale faceva poca differenza) e alla ricerca di "un posto al caldo" che potesse scatenare immaginari confortevoli e al contempo profondamente addomesticati. L'exotica venne in aiuto. Dal giorno alla notte l'America piu' adulta, bianca e borghese anni '50 comincio' a piegarsi alle lusinghe sonore di strumenti quali kazoo, ukulele, gong e tanti altri ammennicoli percussivi. A movimentare le serate ci pensarono artisti come Les Baxter, Martin Denny, Arthur Lyman, Korla Pandit o la stessa Yma Sumac. Il loro compito fu quello di disegnare i tratti stilistici di un mondo in netta contrapposizione alle furie adolescenziali del rock'n'roll, creando uno spazio sonoro fitto di canzoni-cartolina (perlopiu' strumentali) e di rimandi a isole beate e vegetazioni incontaminate: suoni e colori profusi dagli atolli del Pacifico, dalla vicina America Latina o dall'Africa piu' stereotipata, "americanizzata" ed "esoticamente" definita. Questo non implica ovviamente un biasimo a priori di una musica che ha prodotto musicisti, cantanti e arrangiatori eccellenti, serve piuttosto a posizionare una mania/genere musicale in uno spirito del tempo che fece dell'assimilazione e dell'annientamento culturale dell'"altro" uno dei suoi tratti caratteristici. Oggi viene quasi spontaneo guardare all'exotica con occhi politicamente corretti, o criticare con virulenza appropriazioni indebite e snaturanti di suoni e culture "altre". In realta' il clima culturale e politico del secondo dopoguerra era ben diverso e gli stessi artisti si trovarono spesso a subirlo e - piu' o meno inconsciamente - ad avallarlo. L'essenziale e' prevenire che ogni futuro revival torni a rinfocolare quell'esotismo becero e razzista che caratterizzava il genere e che cinquant'anni dopo puo' essere annientato anche attraverso un consapevole distacco e una debita ironia. Nel senso che anche noi - come gli Usa di ieri - possiamo fermarci a vagheggiare mondi altri e distanti; diversamente dal passato, pero', s'e' fatta strada (o almeno e' auspicabile) la consapevolezza che dietro l'appropriazione di una cultura altra puo' sempre annidarsi una qualche forma di denigrazione. A tal proposito il ruolo politico e culturale di Yma Sumac si rivela davvero centrale. Da un lato l'artista fu "la voce" unica e geniale dell'exotica, dall'altro rappresento' il bisogno di esotismo e infinita meraviglia che un paese gelato dalla Guerra fredda andava appunto anelando. Nella sua voce e nella sua iconografia eccentrica si stemperava il travaglio politico che l'America Latina stava attraversando in quegli anni. Basti ricordare che nel '52 Cuba soccombeva alla dittatura di Fulgencio Batista e che in quello stesso anno si era instaurato in Bolivia il Movimento Nazionalista Rivoluzionario. Nel '54 un colpo di stato organizzato dalla Cia in Guatemala deponeva, invece, il presidente Arbens e poneva fine alla riforma agraria. Personaggi come Yma Sumac offrirono un quadro addomesticato e variopinto di quei luoghi, sollecitando un immaginario esotico in cui potevano coesistere gli incas, lo scacchiere della Guerra fredda e Hollywood. Rassicurante e "americano" era, inoltre, il divismo dell'artista. Il pubblico restava affascinato dalla sua abitudine di spostarsi a bordo di una Cadillac nera e rosa con i cerchioni dorati, cosi' come dalla produzione di bamboline con la sua effigie vendute in grandi magazzini quali Woolworths. La regina dell'esotismo era nata in Peru' nel 1927 nel piccolo villaggio andino di Ichocan sul Monte Cumbemayta. Sua madre, di sangue nobile quechua, si chiamava Imma Sumack Emilia Atahualpa Chavarri ed era discendente di Atahualpa, ultimo re degli incas; suo padre si chiamava Sixto Chavarri, di discendenza indo-ispanica. Da giovane Yma aveva incontrato Moises Vivanco, musicista, musicologo, direttore d'orchestra, arrangiatore, produttore e suo futuro marito con cui nel '46 si trasferira' negli Usa. Fu lui a scoprire l'Usignolo delle Ande come sarebbe stata soprannominata. La ragazza che dal vivo si presentava con una gonna di velluto nero e una mantella rosso fuoco folgorando il pubblico con pezzi come Hymn to the Sun, Tumpa o Birds. La sua estensione vocale di quattro ottave trasportava l'ascoltatore in mondi sospesi popolati da vegetazioni tropicali, leggende incas e pettegolezzi urbani. Si diffuse, ad esempio, la notizia che Yma Sumac fosse l'anagramma di Amy Camus, una cantante di Brooklyn. Quando le chiedevano ragguagli lei si infuriava e smentiva con rabbia. Le recenti ristampe dei suoi dischi hanno attualizzato una vocalist in grado di imitare con la voce il fragore del terremoto (Tumpa), di ricreare i suoni delle foreste amazzoniche (Chuncho) o il cinguettio dei piu' svariati uccelli tropicali (Birds); e soprattutto di padroneggiare le piu' ardue tecniche vocali o di lanciarsi in sfrenatissimi mambo. La capacita' di esprimere indifferentemente una voce da contralto, mezzosoprano, soprano e di esibire una "coloratura" capace di grandi virtuosismi, avevano indotto i critici ad accomunarla a geni come la tedesca Erna Sack, la statunitense Lily Pons o la stessa Maria Callas. Ma anche a voci jazz quali Rachelle Ferrell, Cleo Laine o Minnie Ripperton. Manuel de Falla, il noto compositore spagnolo, addirittura consiglio' ad Yma Sumac di cantare in maniera spontanea evitando insegnanti e lezioni di musica. Nel 1954 anche il nostro paese rimase folgorato dalla cantante: venti concerti in giro per l'Italia, tutti accolti in maniera entusiastica. Di lei si parlera' a lungo e al festival di Sanremo del 1956 Tonina Torrielli, "la caramellaia di Novi Ligure", verra' addirittura soprannominata "la Yma Sumac italiana". Con la Generazione Cocktail e il movimento lounge in genere, sono tornati nei negozi dischi storici di Yma Sumac come Voice of the Xtabay, prodotto nel 1950 da Les Baxter, direttore d'orchestra, produttore e re della musica exotica; fondamentali anche Legend of the Sun Virgin (1953), Inca Taqui (1953), Mambo! (1954), Legend of the Jivaro (1957) e Fuego del Ande (1959). Yma Sumac viveva (in condizioni molto modeste) a Los Angeles e dalla fine degli anni '90 la sua voce e le sue musiche erano tornate in grande auge, non solo tra i cultori del revival exotica ma anche in ambito cinematografico e pubblicitario. La canzone Ataypura (dall'album Voice of the Xtabay) compariva, ad esempio, nella colonna sonora de Il grande Lebowsky, il film del '98 dei fratelli Cohen mentre sempre nello stesso anno Taki Rari (da Mambo!) fu scelta per la pubblicita' televisiva dell'autovettura Smart. Fino allo scorso anno quando Evolution of Robin Thicke, l'album dell'artista Usa, si e' imposto nelle radio di mezzo mondo con Everything I Can't Have, un pezzo tutto costruito intorno al campione di Malambo n. 1, un mambo tiratissimo della cantante. La carriera di Yma Sumac - anche attrice in film come Il segreto degli Incas o Le avventure e gli amori di Omar Khayyam - e' stata accompagnata da un vortice di leggende che ne hanno aumentato il fascino esotico. Le note di dischi come Legend of the Sun Virgin attingevano dalla mitologia incas descrivendo la cantante come la reincarnazione della "vergine prescelta", colei che in tempi remoti era preposta alla cura della sacra fiamma perennemente accesa in onore del dio Sole. Biografie a meta' tra verita' e leggenda hanno invece raccontato di sciamani che tentarono di estirpare dalla sua gola gli spiriti maligni del giaguaro e del chiwako, l'usignolo. Yma era questo, e molto di piu'. * Appendice prima: Epigoni. La leggenda di Bas Sheva Alla voce di Yma Sumac si ispirarono anche altre cantanti passate alla storia della musica exotica. Tra queste Bas Sheva, lanciata da Les Baxter al termine del suo rapporto artistico con la vocalist peruviana. Bas Sheva, che pubblichera' Soul of a People sara' presente anche su The Passions, l'album del '53 di Baxter. Leda Annest fu, invece, la risposta della Columbia a Yma Sumac, in particolare con Portrait of Leda, il suo disco del '58. E ancora Miriam Burton vocalist in African Lament, un album in cui sfoggiava una voce inquietante. Importante anche Sondi Sodsai, artista indonesiana, che pubblico' Sondi, il suo unico 33 giri. Curiosamente la cantante sarebbe tornata in Indonesia subito dopo essersi laureata alla University of California a Los Angeles (Ucla). Anche la Kapp records cerco' di contrastare il successo di Yma Sumac con East of the Sun, il disco di Anita Dorian, un'armena-americana. Legato alla cantante peruviana e' anche il nome di Elizabeth Waldo, specializzata in musica precolombiana e gia' violinista di Yma Sumac in alcuni show degli anni '50. Dal Peru' proveniva anche Wara Wara (alias Judith Acuna), cantante di "coloratura" e imitatrice di Yma. * Appendice seconda: Space age pop. Il ritmo elettrizzante della nuova frontiera La musica Exotica era parte del cosiddetto Space Age Pop ovvero di quell'universo musicale che caratterizzo' gli anni di Eisenhower e di Kennedy e che coincise negli Usa con un'era affascinata, e ossessionata, da conquiste tecnologiche e nuove frontiere spaziali. Le classifiche si rimbalzarono generi come Mood Music, Space Sound, Latin Music e tanti altri subgeneri riscoperti dalla Generazione Cocktail. I dischi incarnavano i sogni e l'euforia del tempo, con copertine ebbre di colori e di immagini che ritraevano paradisi tropicali, donne sensuali, scene di armoniosa quotidianita' familiare, cocktail party elettrizzanti, sfrenati ballerini di mambo e cha cha cha. Erano musiche eseguite da adulti e rivolte al mercato dei genitori e dei fratelli maggiori; gli adolescenti preferivano Presley. 7. MEMORIA. GIANPASQUALE SANTOMASSIMO RICORDA ROBERTO RUFFILLI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 aprile 2008 col titolo "Un ricordo di Roberto Ruffilli a vent'anni dal suo assassinio"] Vent'anni fa Roberto Ruffilli veniva assassinato dalle Brigate Rosse. Il suo nome non era noto al grande pubblico, e credo non fosse mai apparso in televisione. Il suo omicidio non fu "eroico", e nessuna "geometrica potenza" venne dispiegata. Abitava da solo nel centro di Forli', e la consegna di un finto telegramma basto' a far aprire la porta ai suoi assassini. Avevo avuto la fortuna di collaborare con lui in diverse occasioni, a partire dalla grande ricerca promossa dalla Regione Toscana e da lui coordinata in occasione del trentennale della Costituzione. Sempre apprezzandone la capacita' organizzativa e la disposizione all'ascolto, la vera passione razionale per la democrazia italiana nelle sue forme concrete e nei suoi quadri di sviluppo, storicamente determinati. Cattolico democratico, democristiano senza tessera (come amava definirsi con qualche civetteria) era stato chiamato da Ciriaco De Mita ad assumere un ruolo di rilievo nella Commissione Bozzi per la riforma costituzionale. Ci arrivava attraverso una esperienza di storico delle istituzioni e dell'amministrazione, di attento conoscitore del dibattito novecentesco su crisi e trasformazione dello Stato. Storico e non politologo, a differenza di quasi tutti gli intellettuali che avrebbero assunto un ruolo nelle elaborazioni successive. Quello infatti che va sottolineato, oggi, e' che la piattaforma su cui Ruffilli si muoveva era lontana da forzature teoriche, da "modelli" astratti. Nelle sue parole si apriva "la possibilita' di sviluppare una democrazia politica e sociale, attorno allo Stato dei partiti e dei sindacati, delle autonomie e delle riforme, della programmazione e della partecipazione. Tutto questo non richiede tanto accordi su modelli globali di societa'. Richiede invece l'accordo sulla definizione delle regole del gioco democratico, che fissi le responsabilita' politiche per la progettazione del cambiamento e le responsabilita' sociali per la gestione dei servizi, e che metta le une e le altre sotto il controllo effettivo, elettorale e non, delle masse e consenta ad esse di gestire direttamente i sacrifici per una nuova espansione". Semplificazione del rapporto tra eletti ed elettori, che riuscisse a proporre il "cittadino come arbitro" (cosi' suona il titolo di un suo libro) e ponesse un freno alla degenerazione dell'originaria supplenza istituzionale, svolta dai partiti, nella progressiva occupazione delle istituzioni. Possiamo dire oggi che il tentativo di Ruffilli e' stato l'ultimo a muoversi nel solco della fedelta' a lettera e valori della civilta' costituzionale, senza scorciatoie demagogiche. Di questo, paradossalmente, sembravano rendersi conto i suoi assassini. Nella rivendicazione delle Brigate Rosse si legge, infatti, che Ruffilli era "uno dei migliori quadri politici della DC, uomo chiave del 'rinnovamento', vero e proprio cervello politico del progetto demitiano, progetto teso ad aprire una nuova fase 'costituente'. Era altresi' l'uomo di punta che ha guidato in questi anni la strategia democristiana sapendo concretamente ricucire attraverso forzature e mediazioni, tutto l'arco delle forze politiche intorno a questo progetto, comprese le opposizioni istituzionali; questo senza nulla concedere alle spinte demagogiche di stile craxiano ne' tantomeno a proposte tanto onnicomprensive quanto impraticabili. Quindi un politico puro e perno centrale del progetto di riformulazione delle 'regole del gioco' all'interno della piu' complessiva rifunzionalizzazione dei poteri e degli apparati dello Stato. Questo progetto politico si ricollega nella sostanza alla 'terza fase morotea' pur necessariamente in un contesto politico e sociale assai mutato". Le sottolineature sono mie, ed evidenziano come proprio l'ampliamento delle basi della democrazia nella fedelta' alla civilta' repubblicana fosse nel mirino. La proposta di Ruffilli si muoveva su un terreno di mediazione molto arduo, ma cominciava a realizzare convergenze e assonanze di una maggioranza in costruzione, in una fase in cui ancora era possibile tessere una trama unitaria e responsabile, pochi anni dopo travolta dal crollo della prima Repubblica, dal carnevale referendario e dall'adozione della barbara "religione del maggioritario". Non sappiamo se quel tentativo avesse possibilita' di andare in porto. La feroce stupidita' dei suoi assassini ha reciso, con la sua vita, anche quel filo esile di futuro possibile. 8. MEMORIA. CHINGHIZ AJTMATOV [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 giugno 2008 col titolo "Commiati. Se ne va Chinghiz Ajtmatov, nei suoi libri miti e passioni delle steppe kirghise"] Ai tempi dell'Urss il kirghiso Chinghiz Ajtmatov - morto martedi' ottantenne a Norimberga - era, fra gli scrittori sovietici, uno dei piu' noti, nel paese e all'estero: dal suo romanzo Il primo maestro, del '61, trasse un film il giovanissimo Andrej Konchalovskij, mentre il racconto lungo "Giamilja" - per il quale ricevette il premio Lenin - ebbe l'onore di una versione francese firmata da Louis Aragon (che lo defini' "la piu' bella storia d'amore del mondo"), su cui si baso' Andrea Zanzotto per tradurre il testo in italiano. Grande risonanza ebbe soprattutto Il battello bianco, nel quale Ajtmatov attingeva alle leggende delle steppe kirghise per raccontare il doloroso disincanto di un bambino davanti alle cattiverie del mondo. Il romanzo fu tradotto in una infinita' di lingue, e divenne una sorta di piccolo classico contemporaneo (in Italia usci' nel '73 da De Donato a cura di Gigliola Venturi). Con il crollo dell'Urss, la fama letteraria di Ajtmatov - come di altri autori della sua generazione - parve appannarsi, mentre lo scrittore veniva nominato ambasciatore del Kirghizistan presso l'Unione europea. Ma di recente i suoi libri, capaci di parlare in termini non banali del rapporto con la natura e delle fasi della vita, hanno di nuovo attirato l'attenzione dei lettori italiani: merito di due piccoli editori, Besa e Marcos y Marcos, che hanno proposto rispettivamente la raccolta di racconti Occhio di cammello (2006) e le due opere piu' note di Ajtmatov, Melodia della terra. Giamilja (2006) e Il battello bianco (2007). 9. MEMORIA. GIUSEPPE BONURA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 luglio 2008 col titolo "Giuseppe Bonura fra la critica e gli intrighi della storia"] I suoi ultimi libri - Biografia di un delitto e Le radici del tempo, editi da Avagliano - risalgono entrambi a pochi mesi fa. Un'autobiografia e un romanzo giallo, genere quest'ultimo insolito per un critico letterario che ama calarsi in prima persona nei panni dello scrittore. Insolito ma non sorprendente, se il critico rispondeva al nome di Giuseppe Bonura. Giornalista, pittore, osservatore attento del panorama culturale italiano, ma anche lettore onnivoro e pronto alla sfida, Bonura si e' spento lunedi' a Milano, all'eta' di settantaquattro anni. Nato a Fano, ma trasferitosi nel capoluogo lombardo nel pieno del boom economico degli anni Sessanta, Bonura era riuscito a evocare il clima di quel cambiamento sociale e culturale e l'euforia spesso ingiustificata dell'arricchimento e del consumo in uno dei suoi libri piu' belli, Le notti barbare. Nel 1995 e nel 2001 - rispettivamente per Il segreto di Alias e Le notti del Cardinale - era stato insignito del premio Grinzane. 10. MEMORIA. PIETRO CASCELLA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 maggio 2008] Pietro Cascella e' morto all'eta' di 87 anni. Per la sua citta' natale (Pescara, 1921) stava realizzando una grande "Porta della citta'"... Cascella si avvicino' all'arte sulla scia dell'esperienza del padre Tommaso e del fratello Andrea. Nel 1938 si trasferi' a Roma per seguire i corsi all'Accademia, con Ferruccio Ferrazzi. Giovanissimo, partecipo' alla Quadriennale e nel 1948 fu invitato alla prima Biennale di Venezia post-bellica. Lavorava insieme al fratello e la ceramica era la materia prescelta. Nel tempo, la scultura divenne la sua attivita' preponderante e nel 1958 progetto', con Andrea e l'architetto Lafuente, un monumento di Auschwitz da installarsi nell'ex campo di concentramento. Nove anni dopo, un disegno tutto suo dette vita al memoriale. L'uso della pietra significo' il ritorno alle origini, il recupero di forme archetipiche che l'artista corrodeva, levigava, spezzava in volumi articolati, facendo implodere le sue sculture. Fra le opere degli anni '70, si ricordano l'"Arco della pace" di Tel Aviv, l'"Omaggio all'Europa" a Strasburgo, "Bella Ciao" a Massa. Tra le sculture degli anni '80 vi sono "Cento anni di lavoro allo stabilimento Barilla" a Parma e la piazza di Milano Tre. Gli anni '90 furono segnati dalla grandiosita' delle composizioni... 11. MEMORIA. GIUSEPPE CASSIERI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 ottobre 2008 col titolo "Addio all'autore di Ingannare l'attesa. Se ne va Giuseppe Cassieri] E' morto l'altra notte a Roma lo scrittore e commediografo Giuseppe Cassieri. Era nato nel 1926 a Rodi Garganico, in Puglia, e nella sua lunga carriera di intellettuale poliedrico, capace di spaziare dalla narrativa alla scrittura teatrale e televisiva, aveva ottenuto numerosi consensi e riconoscimenti. Finalista al Campiello nel '79 con quello che e' forse il suo romanzo piu' noto, Ingannare l'attesa, e allo Strega nel '65 con Le trombe (presentato al premio da Giuseppe Ungaretti e da Sandro De Feo) era stato tra i primi, insieme a Natalia Ginzburg, a puntare - fin dagli anni Sessanta - sulla televisione. In particolare, nel '77 firmo' una fortunata trasposizione per la televisione del Don Giovanni in Sicilia di Vitaliano Brancati, con Domenico Modugno e Rosanna Schiaffino, che riscosse un enorme successo, tanto da risultare il programma piu' visto del piccolo schermo. Anche negli ultimi anni Cassieri aveva continuato a scrivere, mantenendo la cifra ironica e beffarda che aveva spesso contraddistinto le sue opere: "In Giuseppe Cassieri sorride con maliziosa imperturbabilita' il demone del paradosso" aveva scritto nel 2006 Mario Lunetta a proposito della sua raccolta di racconti Scommesse, pubblicata dall'editore Manni di San Cesareo di Lecce, lo stesso per cui nella primavera di quest'anno e' uscita l'ultima opera dello scrittore pugliese, Poetica di un infelice. 12. MEMORIA. ALBERT COSSERY [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 giugno 2008 col titolo "La morte di Albert Cossery, il 'Voltaire del Nilo'"] Lo scrittore egiziano di lingua francese Albert Cossery, autore del fortunato Gli uomini dimenticati da Dio, e' morto a Parigi. Soprannominato "il Voltaire del Nilo" per la sua sferzante ironia, Cossery ha messo in scena ladri, prostitute, assassini e mendicanti. Tradotto in sedici lingue, tra i suoi libri pubblicati in italiano figurano, oltre Gli uomini dimenticati da Dio (Bur Rizzoli), Un complotto di saltimbanchi (Giunti), Ambizione nel deserto (Spartaco) e Mendicanti e orgogliosi (Edizioni e/o). Nato al Cairo il 3 novembre 1913, Albert Cossery si trasferi' in Francia nel 1945. Amico di Albert Camus, Boris Vian, Alberto Giacometti e Jean Genet, ha vinto numerosi premi letterari, tra cui il Grand Prix de la Francophonie, il Grand Prix Audiberti. Nel 2005 ha ottenuto il Prix Poncetton della Societe' des gens des lettres. 13. MEMORIA. TONY HILLERMAN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 ottobre 2008 col titolo "E' morto Tony Hillerman, il padre del 'poliziesco etnico'"] Profondo conoscitore del mondo dell'ovest americano e delle riserve indiane, il cui contesto ha riversato nei suoi gialli, Tony Hillerman e' morto a Albuquerque, nel Nuovo Messico, all'eta' di ottantatre anni. Era considerato il massimo esponente del "poliziesco etnico" grazie alla sistematica immersione dei suoi libri negli aspetti religiosi, culturali, storici degli indiani d'America e grazie alla credibilita' dei detective, anche loro navajo, ai quali affidava le indagini di cui si nutrono le sue trame. Quasi tutti i suoi libri sono stati tradotti in italiano nella collana dei gialli Mondadori: tra questi Il canto del nemico, Il popolo delle tenebre, Il vento oscuro, Lo stregone deve morire e La via dei fantasmi. Recentemente le Edizioni Piemme hanno pubblicato Il mistero della riserva indiana e Morte nel canyon. Da un suo romanzo e' stato tratto il film di Errol Morris La collina del demonio. 14. MEMORIA. LEVI STUBBS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 ottobre 2008 col titolo "Soul in lutto. Addio a Levi Stubbs, favoloso baritono dei Four Tops"] Levi Stubbs, lo splendido baritono voce solista dei Four Tops, se ne e' andato venerdi' all'eta' di 72 anni. I Four Tops sono stati fenomeno musicale e commerciale nei '60, 40 top ten e decine di milioni di dischi venduti sono cifre che parlano da sole. Dalla voce di Levi dai caldi toni blues e dalle armonizzazioni dei compagni Lawrence Payton, Abdul "Duke" Fabkir e Renaldo "Obie" Benson sono uscite canzoni intramontabili come: Reach Out (I'll be there) - (che da noi i Nuovi angeli e Jimmy Fontana tradussero in "Gira gira" e nei '70 Gloria Gaynor trasformo' in classico disco), Baby I Need Your Loving e I Can't Help Myself (Sugar Pie, Honey Bunch). Nel 1990 hanno fatto il loro ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame. Sulla breccia da piu' di mezzo secolo, senza mai cambiare, i Four Tops si definivano semplicemente "operai della canzone", cantavano ma non intervenivano mai nella fase compositiva. I loro successi fecero grande (e molto ricca) la Motown, ma soprattutto traghettarono la musica nera dalle chiese ai club. Mai nel tempo i componenti furono tentati dall'idea di ritagliarsi spazi personali o incidere album solisti. 15. MEMORIA. STUDS TERKEL [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre 2008 col titolo "Se ne va Studs Terkel, il maestro della storia orale americana"] Circa quarant'anni fa, il Saggiatore pubblico' un libro singolare, Indagine su Division Street, Chicago: in tempi in cui non si parlava ancora di storia orale, il suo autore, Louis "Studs" Terkel, aveva ricostruito un segmento di vita americana dando voce alle persone "comuni" - cameriere, casalinghe, operai. Questa scelta, Terkel - morto venerdi' a 96 anni nella sua Chicago - la spiegava con una battuta: "Chi ha costruito le piramidi? Non certo quei faraoni del piffero, sono stati gli schiavi senza volto". Ai "senza volto" lo scrittore e giornalista ha dedicato la sua lunga carriera, subendo negli anni '50 le persecuzioni del Comitato per le attivita' anti-americane e vincendo nel '95 un Pulitzer. Notissimo negli Usa, Terkel e' stato ora riscoperto in Italia, grazie a Sellerio, che nel 2005 ha pubblicato I giganti del jazz, e a Rizzoli, da cui e' appena uscito Americani. Un grande paese si racconta in prima persona. 16. MEMORIA. JONATHAN WILLIAMS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 giugno 2008 col titolo "E' morto l'americano Jonathan Williams. L'intellettuale poco ortodosso"] E' morto Jonathan Williams, 79 anni, il fondatore della Jargon Society, una piccola casa editrice americana situata nelle montagne della North Carolina che per piu' di 50 anni ha pubblicato i lavori di sconosciuti, autori poco noti, fotografi e artisti. Lo stesso Williams era un poeta, saggista, fotografo e artista grafico come dimostrano gli oltre cento raffinati libri di poesia d'avanguardia, romanzi, fotografia pubblicati dal 1952 a oggi (con un paio di copertine ideate da Robert Rauschenberg, il geniale pop artist scomparso recentemente). Amico di Ezra Pound, poco personaggio e molto eterodosso nei gusti e nelle scelte (boccio' Howl di Allen Ginsberg), Williams nella sua lunga carriera ha lanciato scrittori come James Broughton, Basil Bunting, Robert Creeley, Robert Duncan, Denise Levertov, Paul Metcalf, Lorine Niedecker, Charles Olson e Louis Zukofsky. La sua ultima raccolta di poesie, Jubilant Ticket, pubblicata nel 2004, raccoglieva oltre mille sue liriche e un altro centinaio Blackbird Dust del 2000. Nella sua poetica legava insieme le grandi figure della moderna letteratura americana con gli sconosciuti poeti dialettali degli Appalachi. Sebbene abbia vissuto a lungo a New York e San Francisco, credeva profondamente che ci fosse una grande temperie culturale da scoprire nelle piccole regioni e localita'. 17. MEMORIA. LICHA ZUBASNABAR [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 giugno 2008 col titolo "Licha Zubasnabar non ce l'ha fatta"] Il primo giugno scorso, a novantadue anni di eta', e' morta Alicia "Licha" Zubasnabar de la Cuadra. Insieme a Maria "Chicha" Chorobik de Mariani, nel 1977 aveva fondato il movimento delle "Abuelas", le Nonne della Piazza di Maggio, che affianco' le Madres e poi gli Hijos, i figli dei desaparecidos, nella lotta implacabile contro l'impunita' dei genocidi e nella ricerca ostinata dei figli nati dalle donne in prigionia che poi venivano fatte sparire nel nulla mentre i neonati venivano dati come bottino di guerra a coppie sterili, sovente costituite da militari e torturatori. Licha, una donna che ispirava un'enorme tenerezza, aveva sofferto nel settembre del '76 la desaparecion di suo figlio Roberto Jose', che lavorava nella compagnia petrolifera statale, la Ypf. Nel febbraio successivo, i militari sequestrarono sua figlia Elena, che era incinta di cinque mesi, e suo genero Hector Baratti, entrambi militanti del Partito comunista marxista-leninista. Contrariamente ad altre abuelas, Licha non e' mai riuscita a ritrovare sua nipote, Ana Libertad, nata durante la prigionia della figlia. Un militare una volta si lascio' scappare che Ana, appena nata, era finita nella mani di "una famiglia molto importante". 18. RILETTURE. LUISELLA BATTAGLIA: ETICA E DIRITTI DEGLI ANIMALI Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. XVI + 192, lire 15.000. Una chiara ed acuta monografia introduttiva della prestigiosa docente di filosofia morale all'universita' di Genova e direttrice dell'Istituto italiano di bioetica. 19. RILETTURE. SILVANA CASTIGNONE: POVERE BESTIE. I DIRITTI DEGLI ANIMALI Silvana Castignone, Povere bestie. I diritti degli animali, Marsilio, Venezia 1997, 1999, pp. 120, euro 5,16. Una piana e vivace introduzione al tema della docente di filosofia del diritto all'universita' di Genova autrice di altri rilevanti studi sulle frontiere attuali del diritto. 20. RILETTURE. PAOLA CAVALIERI: LA QUESTIONE ANIMALE. PER UNA TEORIA ALLARGA TA DEI DIRITTI UMANI Paola Cavalieri, La questione animale. Per una teoria allargata dei diritti umani, Bollati Boringhieri, Torino 1999, pp. 192, lire 24.000. Una rigorosa proposta di riflessione della direttrice della rivista filosofica internazionale "Etica e animali". 21. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 22. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 632 del 7 novembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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