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Minime. 624
- Subject: Minime. 624
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 30 Oct 2008 01:09:45 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 624 del 30 ottobre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: 4 novembre di lutto. Per tutte le vittime. Contro tutte le guerre 2. Ogni vittima ha il volto di Abele: Una proposta per il 4 novembre (2002) 3. Giobbe Santabarbara: Un altro 4 novembre, non ipocrita e non subalterno (2003) 4. Aldo Capitini: Principi dell'addestramento alla nonviolenza 5. Associazione "Respirare": Una lettera aperta al Prefetto di Viterbo 6. Non solum, sed etiam 7. Emiliano Brancaccio e Daniela Marconi presentano "Largo all'eros alato" di Alexandra Kollontaj 8. Silvia Calamandrei presenta "La piccola storia della grande famiglia Ji" di Liu Sola 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: 4 NOVEMBRE DI LUTTO. PER TUTTE LE VITTIME. CONTRO TUTTE LE GUERRE Per il 4 novembre riproponiamo questa iniziativa che gia' realizzammo anni fa. E la riproponiamo con maggior convinzione ed urgenza. Proprio perche' l'Italia e' in guerra, occorre riaffermare la legalita' costituzionale che la guerra proibisce. Proprio perche' le stragi continuano, occorre riaffermare l'opposizione della coscienza umana ad ogni uccisione. Proprio perche' tanti hanno ceduto alla guerra e al terrore, alla violenza e al razzismo, al riarmo e al militarismo, occorre riaffermare che pace e civilta' coincidono, che nel disarmo e nella smilitarizzazione dei conflitti e' la via per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. Proprio perche' la situazione e' cosi' grave, occorre opporsi a tutte le guerre, a tutte le armi, a tutti gli eserciti. Proprio perche' la situazione e' cosi' grave, occorre scegliere la nonviolenza. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. Ogni vittima ha il volto di Abele. 2. INIZIATIVE. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE: UNA PROPOSTA PER IL 4 NOVEMBRE (2002) [Riproduciamo ancora una volta un estratto da un comunicato del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo del 2002] "Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell). Abbiamo promosso l'idea che il 4 novembre in tutta Italia si realizzino cerimonie di commemorazione per le vittime di tutte le guerre da parte delle istituzioni, delle associazioni e delle persone impegnate per la pace e la nonviolenza. Cerimonie semplici e silenziose, di cordoglio sincero, di profonda austerita' e di rigoroso impegno al rispetto e alla promozione della dignita' umana di tutti gli esseri umani. Di solidarieta' dell'umanita' intera contro la violenza e la morte. Di opposizione alla guerra e ai suoi apparati. Un 4 novembre che nel ricordo di tutte le vittime delle guerre sia anche monito ed impegno contro le guerre presenti e future, contro tutte le violenze e contro tutti gli strumenti di morte. Un 4 novembre che non deve piu' essere strumentalizzato dai comandi militari che con il loro lavorare per la guerra e inneggiare alla guerra irridono oscenamente le vittime delle guerre; ma divenire giornata di lutto e di memoria, e di solenne impegno affinche' mai piu' degli esseri umani perdano la vita a causa di guerre, affinche' mai piu' si facciano guerre. "Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell). 3. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: UN ALTRO QUATTRO NOVEMBRE, NON IPOCRITA E NON SUBALTERNO (2003) [Riproduciamo ancora una volta questo editoriale del 2003] Ricorrendo il 4 novembre l'anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, varie persone impegnate per la pace - ed anche amici carissimi da cui tanto abbiamo imparato - pensano di doversi presentare in sparutissimi gruppi alle celebrazioni militari per dare volantini, inalberare cartelli, sventolar vessilli arcobaleno, esporsi al rischio di esser pretesto e scaturigine di indecenti schiamazzi in una situazione in cui si fa memoria di innumerevoli vittime, ed a tutti e' richiesta quindi la massima compostezza. E' un errore, un errore di subalternita'. Poiche' quale e' il messaggio che ne deduce chi osserva (poiche' quando si manifesta, si manifesta affinche' altri veda e pensi)? Che i pacifisti guastano le altrui cerimonie (e una cerimonia di commemorazione di caduti), che i pacifisti sono quattro gatti consapevoli di esserlo, che i pacifisti non sanno rispettare la dignita' altrui e la serieta' delle occasioni solenni; nella migliore delle ipotesi: che i pacifisti sono quella minimissima minoranza in cerca di pubblicita' che approfitta delle iniziative altrui e vi si scava la sua nicchia, e che purche' non disturbi il manovratore e si limiti a far colore sulla piazza viene paternalisticamente recuperata e quindi neutralizzata. Non e' questo il messaggio da dare. Il messaggio da dare e' che il 4 novembre deve essere ricordo delle vittime della guerra, e questo ricordo non puo' essere affidato a quelle strutture che quelle vittime hanno assassinato: gli eserciti tutti. Il messaggio da dare e' che i pacifisti non sono affatto una minoranza di guastafeste o di anime belle confuse; bensi' consapevoli portatori di valori che la stessa Costituzione italiana afferma, e rappresentativi della volonta' di vita e dialogo dell'intera umanita'. Sono i poteri militari ad essere l'arcaico inaccettabile residuo di una troppo lunga epoca di barbarie che avrebbe dovuto essere finita per sempre sotto il lampo sinistro dell'orrore assoluto di Hiroshima. * Di qui l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele" che a Viterbo abbiamo gia' realizzato lo scorso anno e quest'anno ripeteremo. Noi ricorderemo le vittime della guerra, noi renderemo loro omaggio il 4 novembre in silenzio e austerita', con una nostra cerimonia di deposizione di un omaggio floreale dinanzi al loro sacrario, in assoluto silenzio, in orario diverso e lontano da quello dell'ipocrita rumorosa sagra degli eserciti assassini. Questo significa la nostra posizione ed iniziativa nonviolenta: che non gli eserciti assassini hanno diritto a render omaggio alle loro vittime, ma chi alle guerre si oppone e quelle vite avrebbe voluto salvare; che solo chi e' costruttore di pace e si batte affinche' mai piu' si diano guerre puo' ricordare le vittime delle guerre senza offenderle ancora. E nel ricordo delle vittime delle guerre corroborare un impegno di pace e di nonviolenza. * Noi pensiamo che perseverando in questa azione rigorosamente nonviolenta anno dopo anno riusciremo a rendere sempre piu' partecipate le nostre iniziative di memoria, e rendere sempre piu' evidente l'ipocrisia e l'immoralita' dei militari scandalosamente in festa innanzi alle tombe delle vittime loro. Noi pensiamo che, perseverando in questa azione rigorosamente nonviolenta e sempre piu' persuadendo altre persone ad unirsi a noi, il 4 novembre possa e debba diventare, da oscena festa delle forze armate assassine, giornata di memoria e di impegno per la pace, e celebrazione infine del superamento e quindi dell'abolizione dell'istituzione militare. Superamento ed abolizione gia' oggi possibili con la realizzazione del programma costruttivo della difesa popolare nonviolenta, dei corpi civili di pace, con quella "Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" cui in molti in varie forme si sta gia' lavorando, e che e' merito del movimento delle donne aver tematizzato e proposto con grande tenacia e lucidita'. 4. MAESTRI. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA [Riproduciamo ancora una volta il testo del capitolo ottavo, Principi dell'addestramento alla nonviolenza, del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967). Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992 (alle pp. 253-347)] Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste: a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale; b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra; c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante; d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso; e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia. I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del nonviolento hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per la stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza, contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia della posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e' detta "il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era stato espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava umilmente"; l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato in vista all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio perche' sono l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della preghiera. Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana, sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative; "chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e' aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle circostanti: non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e' aperto anche agli avversari che considera uniti nella comune realta' di tutti; ne' puo' fare dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo, perche' l'addestramento nonviolento tende a formare abitudini di consenso e di cooperazione, riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali essa venga concordata, per condurre un'azione particolare. I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non chiusa; essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per es. la musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre il cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi' e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di una persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di voler vedere subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non significhi nulla. Anche se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come un sasso che cade nell'acqua e causa onde che vanno lontano. Questo animo di operare da un centro genera a poco a poco il sentimento della realta' di tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli esseri, un sentimento molto importante per la nonviolenza, che e' incremento continuo del rapporto con tutti. * Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento. E vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale: a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro cui si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento, un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta situazione; b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello d'incenso in loro onore. Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento: a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi e delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni, critiche, disprezzo o ridicolo; b) il mutamento della considerazione abituale della vita come amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male, veder distrutti oggetti propri. Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi: 1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola o dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante delle passate affermazioni della nonviolenza. Esempi: Gesu' Cristo al momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose; l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima; 2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese, ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere arrestato, legato). Vediamo ora alcuni elementi psicologici: a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza, senza amareggiarlo; b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la tenacia, l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la cultura che cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si forma lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi si stanca, chi ha paura; c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti; cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati; d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che la nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e rafforzare il proprio ordine interno; e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni di impegno. Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento: 1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e' un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente calmo e chiaro della voce; 2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti; essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza, non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose; 3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro; 4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove straordinarie. * Gli elementi sociali Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento. Vediamone alcuni: a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani. San Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti. b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del dialogo di "ascoltare e parlare". c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione. d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel mondo circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta. e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale, sull'importanza del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche' crea un senso di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben visibilmente, e abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno scopo. f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari, passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme. g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le promuove. h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti, processi, prigionia. L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a. sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni, aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due quarti e' coraggiosa pazienza. E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del metodo nonviolento. 5. DOCUMENTI. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": UNA LETTERA APERTA AL PREFETTO DI VITERBO [Riportiamo la seguente lettera aperta del 28 ottobre 2008. "Respirare" e' un'associazione viterbese per la promozione dell'azione legale, istituzionale e della societa' civile, finalizzata ad impedire il disastro ambientale e sanitario che sarebbe provocato dall'entrata in funzione della centrale a carbone di Tor Valdaliga Nord a Civitavecchia. L'associazione "Respirare" e' stata promossa dalla sezione di Viterbo dell'"Associazione medici per l'ambiente (Isde - Italia)" e dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] Egregio Prefetto, in occasione dell'incontro con i rappresentanti del governo che si terra' domani a Viterbo, con la presente la preghiamo di voler rappresentare ad essi che incombono sul territorio viterbese ed altolaziale due gravi minacce: l'avvio della centrale a carbone di Tor Valdaliga Nord a Civitavecchia e la realizzazione del mega-aeroporto a Viterbo. Sono due opere che provocherebbero un grave nocumento per la salute, la qualita' della vita e i diritti della popolazione dell'Alto Lazio. Sono due opere che devasterebbero irreversibilmente l'ambiente e rilevantissimi beni dell'Alto Lazio. Le chiediamo di voler mettere a disposizione dei rappresentanti del governo in visita a Viterbo la vasta documentazione che i movimenti locali in difesa dell'ambiente e del diritto alla salute le hanno a piu' riprese trasmesso. Le chiediamo altresi' di voler esortare i rappresentanti del governo al rispetto della legislazione italiana ed europea in vigore, legislazione il cui pieno rispetto sarebbe sufficiente ad impedire la realizzazione e l'attivita' delle due sciagurate opere. Distinti saluti, L'associazione "Respirare" Viterbo, 28 ottobre 2008 6. RIFLESSIONE. NON SOLUM, SED ETIAM [Riportiamo il seguente comunicato del 28 ottobre 2008 del responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo dal titolo completo "Non solum, sed etiam. Opporsi al mega-aeroporto a Viterbo e non solo. Occorre ridurre il trasporto aereo subito e drasticamente"] Non solo per ragioni legate alle specifiche realta' territoriali che ne verrebbero direttamente macroscopicamente investite, sconvolte ed avvelenate occorre opporsi al dissennato incremento del trasporto aereo, ma perche' esso fortemente contribuisce all'inquinamento globale e particolarmente al surriscaldamento del clima del pianeta, con conseguenze esiziali per l'intera umanita'. * Non solo per difendere il territorio in cui proprio noi viviamo, la sua natura e la sua storia, la sua cultura e le sue risorse, le persone e gli istituti nella trama delle relazioni con le quali ed i quali e' la nostra concreta vita affettiva, morale e civile, e quindi i nostri beni comuni, i nostri diritti di cittadini, i legittimi interessi e i diritti soggettivi in capo alle nostre comunita' e a noi stessi come individui e nelle formazioni sociali di cui facciamo parte; occorre opporsi al dissennato incremento del trasporto aereo anche perche' esso colpisce e danneggia la biosfera tutta e i diritti dell'umanita' intera, ed in primo luogo dei piu' deboli e dei piu' indifesi: le generazioni future - le quali, o ne avremo cura noi oggi nelle scelte di modello di sviluppo che operiamo, o si troveranno un mondo invivibile - e gli attuali quattro quinti dell'umanita' che privi di potere subiscono in modo e misura schiaccianti le sciagurate decisioni predatorie e vandaliche altrui e le conseguenze devastanti di esse gia' oggi pagandone il prezzo in termini di inique, orribili ed enormi sofferenze. * La situazione di crisi ecologica globale e' gia' ora giunta a un punto tale che se non si fanno oggi drastiche scelte per ridurre le emissioni che provocano il surriscaldamento del clima la catastrofe sara' inevitabile. Per questo dall'Onu all'Unione Europea, dagli scienziati dell'Ipcc agli statisti piu' avvertiti di tutto il mondo, alle grandi figure della riflessione morale e dell'impegno civile - come illustri premi Nobel, da Desmond Tutu a Wangari Maathai - ci chiedono scelte urgenti e rigorose di riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti. * Anche per tutto questo ci stiamo battendo per impedire la realizzazione del dissennato e criminale progetto del mega-aeroporto a Viterbo; ci stiamo battendo per la riduzione drastica e immediata del trasporto aereo. In nome della ragione, in nome della difesa della biosfera, in nome dell'umanita'. 7. LIBRI. EMILIANO BRANCACCIO E DANIELA MARCONI PRESENTANO "LARGO ALL'EROS ALATO" DI ALEXANDRA KOLLONTAJ [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 agosto 2008 col titolo "L'amore ai tempi della Rivoluzione" e il sommario "Urss. Un pamphlet 'bolscevico' di Alexandra Kollontaj"] Alexandra Kollontaj, Largo all'eros alato, Il Melangolo, pp. 77, euro 9, a cura di Luigi Cavallaro. * La Rivoluzione d'Ottobre non si limito' ad aprire la strada a un gigantesco stravolgimento nei rapporti di proprieta' e di potere, in Russia e nel mondo, ma offri' anche alla gioventu' sovietica una straordinaria occasione per sperimentare nuove concezioni della sessualita' e degli affetti. La ripubblicazione di un "incendiario" libretto dell'epoca, Largo all'Eros alato di Alexandra Kollontaj, consente di rivivere quei momenti eccezionali e offre qualche utile spunto di riflessione per l'oggi, sugli attuali conflitti familiari e tra i generi. Prima donna entrata a far parte del governo dei Soviet, prima ambasciatrice, Kollontaj pubblico' questo suo pamphlet nel 1923 e lo dedico' alla gioventu' proletaria della neonata repubblica socialista. Il suo obiettivo, dichiaratamente marxista, era quello di mostrare al lettore che anche l'amore ha una sua ineluttabile dinamica, una sua storicita'. Al mutare dei rapporti sociali, infatti, vengono stravolte anche le espressioni ammissibili delle pulsioni e dei sentimenti. "L'umanita', in tutte le tappe del suo sviluppo storico, ha dettato le norme per determinare come e quando l'amore doveva considerarsi legittimo e quando invece doveva considerarsi colpevole, criminale, cioe' in conflitto con gli obiettivi posti dalla societa'". La distinzione tra l'amore legittimo e quello illecito si determina, secondo Kollontaj, in virtu' degli interessi sociali prevalenti. Nelle antiche tribu', per esempio, era estremamente importante trovare legami morali per unire saldamente i componenti maschi di una collettivita' sociale ancora debole. Il sentimento da glorificare era quindi l'amore-amicizia, la fedelta' all'amico fino alla morte, e non certo l'amore tra i sessi. In epoca feudale, invece, trovo' piena legittimazione l'amore platonico del cavaliere per una dama inaccessibile, un amore che rendendolo capace di imprese belliche durissime si sarebbe rivelato fondamentale per la salvaguardia del feudo. Infine, con l'avvento della societa' borghese, dimensione carnale e spirituale arrivarono finalmente a riunirsi, ma esclusivamente sotto l'identificazione dell'amore con il matrimonio. Il nuovo ideale amoroso divento' quello della coppia sposata, chiusa contro il mondo esterno, che si faceva custode del capitale accumulato e si sintonizzava totalmente con lo spietato individualismo e la concorrenza tipici della borghesia. Con la rivoluzione bolscevica vennero posti nuovi interrogativi: quale avrebbe dovuto essere la concezione dell'amore tipica della societa' socialista? Stupefacente fu la risposta di Kollontaj: avrebbe dovuto essere un amore "da compagni", non piu' esclusivo, liberato dai vincoli del matrimonio borghese, un amore che proprio per il suo carattere diffuso e multiforme avrebbe contribuito al rafforzamento dei sentimenti di solidarieta' collettiva e di coesione sociale: "l'amore-solidarieta' - scrive Kollontaj - avra' un ruolo motore analogo a quello della concorrenza e dell'amor proprio nella societa' borghese". Le cose tuttavia non andarono come Kollontaj aveva auspicato. All'indomani della rivoluzione le nuove norme sul divorzio, sulle unioni di fatto, sulla parificazione dei figli nati fuori dal matrimonio, sulla soppressione della potesta' maritale e sull'aborto avevano suscitato grandi speranze di emancipazione sociale e di liberazione femminile. Ma dopo pochi anni la repubblica sovietica torno' sui propri passi, arrivando sotto Stalin a ripristinare gli antichi precetti: dal divieto di aborto, alla criminalizzazione della liberta' dei costumi, alla centralita' della famiglia tradizionale. Come spiegare un simile regresso? Luigi Cavallaro, nella sua bella nota introduttiva al libro, ribalta i nessi causali e offre una prima traccia per provare a rispondere. La sua idea e' che, ieri come oggi, l'estensione dei diritti civili e le relative attese di emancipazione dei costumi non possono concretizzarsi se non vengono affiancate da un contemporaneo accrescimento dei diritti sociali e soprattutto da una politica di socializzazione del lavoro di riproduzione e di cura. I bolscevichi non riuscirono a tenere assieme i due processi di trasformazione, civile e sociale. Cosi' la donna venne ben presto ricacciata nel focolare domestico e la rivoluzione sessuale e degli affetti invocata dall'autrice fu relegata al rango di improponibile utopia. Allo stesso modo per chi oggi, soprattutto a sinistra, ha la pretesa di abbandonare il terreno delle battaglie sociali per sostituirle - anziche' accompagnarle - con delle vaghe istanze liberali di emancipazione civile e sessuale, vale la lezione materialista di Kollontaj: "soltanto un buon numero di riforme radicali nella sfera dei rapporti sociali - riforme che trasferirebbero taluni doveri dalla famiglia alla societa' e allo stato - potrebbe creare un nuovo assetto in cui sarebbe realizzabile, entro certi limiti, il principio del libero amore". 8. LIBRI. SILVIA CALAMANDREI PRESENTA "LA PICCOLA STORIA DELLA GRANDE FAMIGLIA JI" DI LIU SOLA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 maggio 2008 col titolo "Da Liu Sola un controcanto della storia ufficiale cinese" e il sommario "In chiave mitica, alternando pagine di diario e ritagli di giornale, la scrittrice rievoca, nel romanzo La piccola storia della grande famiglia Ji, i drammi della guerra civile e delle lotte di potere"] Di Liu Sola e' uscito in Italia, una dozzina di anni fa, un romanzo, Caos e tutto il resto (Theoria 1995), ma l'autrice cinese e' forse piu' nota al nostro pubblico come musicista e interprete di blues (fra l'altro un suo spettacolo e' in programma all'Auditorium di Roma in giugno). Giunge quindi opportuna la pubblicazione per Einaudi di un altro testo narrativo della scrittrice, La piccola storia della grande famiglia Ji (pp. 250, euro 13,50), tradotto con maestria da Maria Rita Masci. Dotato di una struttura singolare che mescola racconti mitologici, brani di diario, spezzoni di soggetti cinematografici, canovacci teatrali e ritagli di giornale, il romanzo e' stato scritto nel 2000, all'estero, e pubblicato in cinese solo a Hong Kong, in quanto urta punti sensibili della memoria storica della rivoluzione cinese, di cui i genitori dell'autrice sono stati protagonisti non secondari. Nel poscritto Liu Sola presenta il libro come un tributo al padre, morto mentre lei si trovava all'estero e al quale non ha fatto a tempo a "chiedere scusa". L'uomo aveva vissuto tutta la sua esistenza animato dalla fede nel comunismo e si era visto mettere in discussione dalla figlia: "Per mio padre, la sua fede era la cosa piu' nobile del mondo, e benche' fosse stato messo in galera innumerevoli volte dai suoi stessi compagni, ogni volta che ne usciva ringraziava il Partito". Liu Sola non aveva accettato questo atteggiamento e se ne era andata "a sperimentare il capitalismo", con grande amarezza del padre, la cui ombra, dopo avere accompagnato Liu Sola nella travagliata stesura della storia, dal 1992 al 1997, alla fine le ha chiesto: "Dove sono le tue scuse?". E in effetti, ammette l'autrice, "ho scorso il libro, ma le ho cercate inutilmente". Mossa dall'intento di porgere il "tributo piu' sincero alla sua anima e alla sua generazione", Liu Sola ha deciso ("siccome non ho fede") di concentrarsi sullo stile. Ed e' proprio questo stile frammentario a spiazzare il lettore, costringendolo a ricostruire spezzoni di memoria, in una continua sovrapposizione di tempi e di luoghi. Il romanzo, che si propone come un controcanto della storia ufficiale, rivela come, fin dai suoi esordi ai tempi della guerra di liberazione, il Partito abbia divorato i suoi stessi figli. Protagonista e' il clan dei Ji, dalle origini semidivine, il cui capostipite, protetto dallo spirito Maiale-Tartaruga, ha sposato una donna-Pantera. La vicenda viene proiettata nel futuro, dopo che un meteorite ha distrutto nel 2100 la civilta' moderna, lasciando comunque la Cina al centro del mondo. Nell'isola di Dadao, all'inizio dei quarto millennio, si svolge la guerra tra il clan dei Ji e quello dei Zhang. Proposta nello stile delle antiche cronache cinesi dell'epoca dei Regni combattenti, la trama adombra la guerra tra l'Esercito popolare di liberazione e il Kuomintang. Ma nello stesso campo dell'Armata rossa covano le rivalita', e i fratelli Ji, Ji Tian e Ji Shukai vengono fatti uccidere a tradimento dal capo del Partito dell'Unita', Ke Xin, geloso della loro fama. Il Partito della Missione (Kuomintang) finisce comunque sconfitto e i vincitori si trasferiscono sul continente. I sopravvissuti dei Ji diventano funzionari del nuovo regime ma subiscono una ennesima "campagna di rettifica" ad opera dei compagni vittoriosi. Raccontata da vari protagonisti, vivi e morti, ma anche dalla Regina degli Inferi e dal missionario Giovanni, e ricostruita da spezzoni cinematografici e cronache, la vicenda ricalca l'epurazione del generale dell'Armata rossa Liu Zhidan, zio dell'autrice, morto nel 1936 e del padre, altro generale, travolto durante l'epurazione del gruppo di Gao Gang, dopo la Liberazione, nel 1953. Il filo narrativo si sposta continuamente dal regno dei vivi a quello dei morti, e gli spiriti dei defunti restano in gioco penetrando nell'esistenza dei vivi attraverso i sogni. Amori e amicizie si sviluppano in entrambe le dimensioni e le migliori scene erotiche sono quelle che avvengono in sogno. Spesso le voci narranti appartengono alle donne del clan che, spettatrici delle tragiche vicende degli eroi, sviluppano fra loro forti legami di simpatia e solidarieta', superando anche le rivalita' amorose. E' del resto una donna, Hongnu, ispirata in sogno dal padre morto, che decide di scrivere un libro su Dadao e i tanti misteri che caratterizzano la storia della sua famiglia. Tutti i familiari partecipano alla stesura, ma il sostegno principale viene dalla domestica di casa, Chen Xiang, devotissima alla memoria del clan. Consultando i compagni d'armi del padre, Hongnu si rende conto che e' pericoloso frugare nella storia per colmare i vuoti e smentire le falsificazioni. Infatti il libro, una volta pubblicato, viene accusato di essere materiale anti-Partito. Una riunione di storici decreta che la storia di Dadao e' un falso, che i due eroi non avevano dato nesun contributo speciale alla causa dell'Unita', e forse erano solo figure leggendarie. Dadao viene addirittura fatta sparire dalle carte geografiche, e neppure una spedizione di storici accompagnati da Hongnu riesce piu' a trovarla. Solo nel 4000 d.C., a Los Angeles compare un clan che sostiene di sapere tutto su quello che e' accaduto a Dadao e ai suoi abitanti, ma a nessun editore ormai interessa, perche' la gente e' preoccupata solo della caduta di un altro meteorite sulla terra. Nell'esperienza di ricostruzione storica frustrata di Hongnu, Liu Sola compendia la storia di sua madre, che aveva scritto un romanzo storico "pensando che rispettare la storia fosse il modo di salvare l'umanita'" ed era stata invece condannata dal partito. La figlia ha scelto un'altra strada, quella dell'elaborazione fantastica, per accostarsi alla verita' della storia facendo vibrare la corda dei sentimenti. La piccola storia della grande famiglia Ji e' un romanzo di memoria della nomenklatura comunista cinese, forgiata in decenni di guerra civile e di resistenza e di consolidamento nelle basi rosse: una storia tante volte riscritta in base alle lotte in seno al gruppo dirigente. Pur utilizzando tra i materiali assemblati il linguaggio stereotipato dei documenti ufficiali, Liu Sola proietta la vicenda in una dimensione extratemporale, al confine tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti: quei morti che non hanno pace finche' non si rende loro memoria. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 624 del 30 ottobre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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