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Minime. 617
- Subject: Minime. 617
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 23 Oct 2008 01:29:44 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 617 del 23 ottobre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. La pace si costruisce col disarmo e la smilitarizzazione 2. Enrico Piovesana: La "guerra sporca" della Nato 3. "Peacereporter": Il "Fuoco amico" fa ancora stragi 4. "Peacereporter": Frattanto nella provincia di Oruzgan altre decine di vittime 5. Roberto Saviano: Una tale reazione a catena di affetto e solidarieta' 6. Il 24 ottobre a Palermo 7. Il 27 ottobre 2008 la VII edizione della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico 8. "We have a dream": L'aeroporto a Viterbo? No grazie! 9. Sam Biesemans intervista Bruno Segre 10. Alfredo Giuliani ricorda Ferdinando Tartaglia (2002) 11. Letture: Suad Amiry, Sharon e mia suocera. Se questa e' vita 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA PACE SI COSTRUISCE COL DISARMO E LA SMILITARIZZAZIONE Non si puo' sconfiggere il terrorismo con piu' terrorismo. Non si possono fermare le uccisioni con piu' uccisioni. Non si possono difendere i diritti umani violando i diritti umani. * La guerra e' il crimine supremo. La pace si costruisce col disarmo e la smilitarizzazione. * Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA "GUERRA SPORCA" DELLA NATO [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 22 ottobre 2008 col titolo "Guerra sporca in Helmand" e il sommario "La Nato, sempre piu' in difficolta', ricorre agli ascari"] La provincia meridionale di Helmand, epicentro della produzione afgana di oppio ed eroina, e' il fronte piu' caldo della guerra tra le forze d'occupazione della Nato e la guerriglia talebana. Quello dove i talebani sono piu' forti e dove le truppe occidentali, e quelle governative afgane, sono in maggiore difficolta'. * I talebani all'attacco L'11 ottobre, per la prima volta dall'inizio della guerra nel 2001, la guerriglia ha attaccato la capitale provinciale, Lashkargah. I talebani si sono mossi in forze dalla loro nuova roccaforte, la sperduta oasi di Baramcha', nel mezzo del Deserto della Morte, vicino al confine con il Pakistan. Sono penetrati fino alla periferia della citta' attraverso il distretto rurale di Nad Ali', subito a ovest di Lashkargah, che avevano gia' conquistato all'inizio del mese. Hanno bombardato con razzi e artiglieria leggera i palazzi governativi del centro, ingaggiando violenti combattimenti con l'esercito afgano. Solo l'intervento delle forze britanniche e dell'aviazione Usa ha scongiurato la presa della citta'. Pochi giorni dopo i talebani hanno sferrato una massiccia offensiva anche piu' a nord, vicino alla cittadina di Grishk, costringendo le truppe Nato danesi e quelle governative afgane ad abbandonare le loro basi nei villaggi di Attal e Barakzai. Ora si teme un attacco talebano contro il vicino centro urbano di Sangin, difeso da settecento marines britannici. * Gli ascari della Nato In attesa di rinforzi, le truppe della Nato, ormai assediate dai talebani nelle cinque citta' della provincia (Lashkargah, Grishk, Sangin, Musa Qala e, a sud, Garmsir), si affidano ai bombardieri americani e alle milizie private dei signori della droga locali che si sono venduti alla Nato. La piu' quotata e' quella di Abdul Wali Khan, detto "Koka", che dopo aver passato 14 mesi nella prigione Usa di Bagram per i suoi legami con la resistenza talebana, due anni fa e' stato arruolato dai generali inglesi assieme ai suoi 220 uomini per combattere contro i talebani. I miliziani di Koka, con indosso la divisa della polizia afgana, hanno combattuto la resistenza compiendo stragi di civili e terrorizzando gli abitanti dei villaggi sotto il loro controllo (violenze, stupri, rapimenti, estorsioni). Tutti lo sanno, ma chiudono un occhio. "Gli uomini di Koka - ha dichiarato al "Times" di Londra uno dei loro addestratori, il sergente Don Wilson del II battaglione dei marines del Reggimento Reale di Scozia - non sono certo dei vigili urbani, ma la gente li rispetta e i talebani li temono". 3. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": IL "FUOCO AMICO" FA ANCORA STRAGI [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 22 ottobre 2008 col titolo "Fuoco amico uccide 4 poliziotti nella provincia di Helmand"] Quattro poliziotti afgani sono stati uccisi questa mattina da "fuoco amico" nella provincia di Helmand, secondo quanto riferito a "PeaceReporter" da fonti locali. Gli agenti di polizia si trovavano vicino alla strada tra Grishk e Bastion, nei pressi di Kandahar, quando sono stati colpiti da "fuoco amico" proveniente da un elicottero che li ha scambiati per guerriglieri talebani. I quattro poliziotti, tutti in borghese, avevano infatti intenzione di preparare un'imboscata a un gruppo di talebani che avrebbe dovuto percorrere la strada. I talebani non sono passati, e gli agenti stavano facendo ritorno alla centrale di polizia di Grishk. L'elicottero, probabilmente proveniente dalla base militare britannica di Camp Bastion, sita a pochi chilometri dal luogo dell'incidente, ha aperto il fuoco uccidendo i quattro. I loro cadaveri sono stati portati all'ospedale Boosti di Lashkargah. Si tratta del secondo episodio di "fuoco amico" verificatosi oggi, dopo la morte di 9 militari afgani uccisi da un altro elicottero nella provincia di Khost. 4. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": FRATTANTO NELLA PROVINCIA DI ORUZGAN ALTRE DECINE DI VITTIME [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 22 ottobre 2008 col titolo "Provincia di Oruzgan, uccisi 35 talebani e 3 poliziotti"] Infuria la guerra in Afghanistan, dove nella provincia di Oruzgan ieri sono rimasti uccisi 35 talebani e tre poliziotti. Secondo quanto riferito dalla polizia afgana "piu' di cento talebani hanno sferrato un attacco con l'obiettivo di conquistare il distretto di Dihraud. La polizia locale ha opposto resistenza e ha ucciso 35 talebani". "Negli scontri sono morti anche tre poliziotti e altri nove sono rimasti feriti", ha aggiunto il capo della polizia provinciale, Juma Gul Hemat, precisando che la polizia e' stata appoggiata da un intervento aereo delle Forze internazionali. 5. TESTIMONIANZE. ROBERTO SAVIANO: UNA TALE REAZIONE A CATENA DI AFFETTO E SOLIDARIETA' [Dal quotidiano "La Repubblica" del 22 ottobre 2008 col titolo "Ogni voce che resiste mi rende meno solo", il sommario "Grazie a chi in questi giorni ha sentito che il mio dolore era anche il suo dolore" e la nota "Su Repubblica.it oltre 150.000 firme. Aderiscono altri premi Nobel"] Grazie per tutto quanto state facendo. E' difficile dimostrare quanto sia importante per me quello che e' successo in questi giorni. Quanto mi abbia colpito e rincuorato, commosso e sbalordito sino a lasciarmi quasi senza parole. Non avrei mai immaginato che potesse accadere niente di simile, mai mi sarei sognato una tale reazione a catena di affetto e solidarieta'. Grazie al Presidente della Repubblica, che, come gia' in passato, mi ha espresso una vicinanza in cui non ho sentito solo l'appoggio della piu' alta carica di questo paese, ma la sincera partecipazione di un uomo che viene dalla mia terra. Grazie al presidente del Consiglio e a quei ministri che hanno voluto dimostrarmi la loro solidarieta' sottolineando che la mia lotta non dev'essere vista disgiunta dall'operato delle forze che rappresentano lo Stato e anche dall'impegno di tutti coloro che hanno il coraggio di non piegarsi al predominio della criminalita' organizzata. Grazie allo sforzo intensificato nel territorio del clan dei Casalesi, con la speranza che si vada avanti sino a quando i due latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine - i boss-manager che investono a Roma come a Parma e Milano - possano essere finalmente arrestati. Grazie all'opposizione e ai ministri ombra che hanno appoggiato il mio impegno e quanto il governo ha fatto per la mia sicurezza. Scorgendo nella mia lotta una lotta al di la' di ogni parte. Le letture delle mie parole che sono state fatte in questi giorni nelle piazze mi hanno fatto un piacere immenso. Come avrei voluto essere li', in ogni piazza, ad ascoltare. A vedere ogni viso. A ringraziare ogni persona, a dirgli quanto era importante per me il suo gesto. Perche' ora quelle parole non sono piu' le mie parole. Hanno smesso di avere un autore, sono divenute la voce di tutti. Un grande, infinito coro che risuona da ogni parte d'Italia. Un libro che ha smesso di essere fatto di carta e di simboli stampati nero su bianco ed e' divenuto voce e carne. Grazie a chi ha sentito che il mio dolore era il suo dolore e ha provato a immaginare i morsi della solitudine. Grazie a tutti coloro che hanno ricordato le persone che vivono nella mia stessa condizione rendendole cosi' un po' meno sole, un po' meno invisibili e dimenticate. Grazie a tutti coloro che mi hanno difeso dalle accuse di aver offeso e diffamato la mia terra e a tutti coloro che mi hanno offerto una casa non facendomi sentire come uno che si e' messo nei guai da solo e ora e' giusto che si arrangi. Grazie a chi mi ha difeso dall'accusa di essere un fenomeno mediatico, mostrando che i media possono essere utilizzati come strumento per mutare la consapevolezza delle persone e non solo per intrattenere telespettatori. Grazie alle trasmissioni televisive che hanno dato spazio alla mia vicenda, che hanno fatto luce su quel che accade, grazie ai telegiornali che hanno seguito momento per momento mutando spesso la scaletta solita dando attenzione a storie prima ignorate. Grazie alle radio che hanno aperto i loro microfoni a dibattiti e commenti, grazie specialmente a Fahrenheit (Radio 3) che ha organizzato una maratona di letture di Gomorra in cui si sono alternati personaggi della cultura, dell'informazione, dello spettacolo e della societa' civile. Voci che si suturano ad altre voci. Grazie a chi, in questi giorni, dai quotidiani, alle agenzie stampa, alle testate online, ai blog, ha diffuso notizie e dato spazio a riflessioni e approfondimenti. Da questo Sud spesso dimenticato si puo' vedere meglio che altrove quanto i media possano avere talora un ruolo davvero determinante. Grazie per aver permesso, nonostante il solito cinismo degli scettici, che si formasse una nuova sensibilita' verso tematiche per troppo tempo relegate ai margini. Perche' raccontare significa resistere e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento. Grazie ai social network Facebook e Myspace, da cui ho ricevuto migliaia di messaggi e gesti di vicinanza, che hanno creato una community dove la virtualita' era il preludio piu' immediato per le iniziative poi organizzate in piazza da persone in carne e ossa. Grazie ai professori delle scuole che hanno parlato con i ragazzi, grazie a tutti coloro che hanno fatto leggere e commentare brani del mio libro in classe. Grazie alle scuole che hanno sentito queste storie le loro storie. Grazie a tutte le citta' che mi hanno offerto la cittadinanza onoraria, a queste chiedo di avere altrettanta attenzione a chi concedono gli appalti e a non considerare estranei i loro imprenditori e i loro affari dagli intrecci della criminalita' organizzata. E grazie al mio quotidiano e ai premi Nobel e ai colleghi scrittori di tante nazionalita' che hanno scritto e firmato un appello in mio appoggio, scorgendo nella vicenda che mi ha riguardato qualcosa che travalica le problematiche di questo paese e facendomi sentire a pieno titolo un cittadino del mondo. Eppure Cesare Pavese scrive che "un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'e' qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti". Io spesso in questi anni ho pensato che la cosa piu' dura era che nessuno fosse li' ad aspettarmi. Ora so, grazie alle firme di migliaia di cittadini, che non e' piu' cosi', che qualcosa di mio e' diventato qualcosa di nostro. E che paese non e' piu' - dopo questa esperienza - un'entita' geografica, ma che il mio paese e' quell'insieme di donne e uomini che hanno deciso di resistere, di mutare e di partecipare, ciascuno facendo bene le cose che sa fare. Grazie. 6. INCONTRI. IL 24 OTTOBRE A PALERMO [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo] Venerdi' 24 ottobre 2008, dalle ore 15 alle ore 19, presso la sede dell'associazione "I draghi locopei", in via Filippo Parlatore 12, a Palermo, avra' luogo il seminario condotto dal professor Fabio Levi dal titolo "Costruttori di ponti e saltatori di muri", che vertera' sui seguenti temi: la nonviolenza e la gestione dei conflitti secondo il modello di Alexander Langer; Differenze e convivenza interculturale. Approcci e strategie d'intervento nell'esperienza concreta di Alexander Langer. Per ulteriori informazioni e iscrizioni al seminario: cell. 329.0163992, e-mail: mauro_burgio at yahoo.it A conclusione, alle ore 19, il professor Fabio Levi presentera' il libro In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer, Feltrinelli, Milano 2007. 7. INIZIATIVE. IL 27 OTTOBRE 2008 LA VII EDIZIONE DELLA GIORNATA ECUMENICA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO [Dal comitato organizzatore della VII edizione della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico (per contatti: webmaster at ildialogo.org) riceviamo e diffondiamo] Mancano pochi giorni alla celebrazione della VII edizione della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico del 27 ottobre 2008. Le iniziative previste si sono moltiplicate in varie parti d'Italia, citta' grandi e piccole del nord come del sud. Alle circa trenta iniziative segnalate lo scorso 20 settembre si sono aggiunte quelle delle citta' di Faenza, Fiorano, Novellara, Vicenza, Licata, Padova, Trento, Roma, Torino, Genova, Serdiana (CA), Rieti, Torino, Brescia, Comune di Cornuda (TV), Milano, Verona, Tregnago (VR), Ravenna, Napoli, Acqui Terme, Caserta, Salerno, Avellino, Cento. Altre iniziative sono previste per gli inizi del mese di novembre. Sono una settantina le associazioni che finora hanno aderito e che promuoveranno iniziative nelle loro citta'. Per tutti gli aggiornamenti si veda la relativa pagina web nel sito www.ildialogo.org La giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico riconferma tutta la sua vitalita' che poggia sulla iniziativa dal basso e sulla volonta' di pace e di accoglienza reciproca che sono radicate nel nostro popolo nonostante i tanti profeti di sventura che, soprattutto dopo la tragedia dell'11 settembre, promuovono la paura e il cosiddetto "scontro di civilta'". Grande successo, a tale proposito, ha avuto il tema che quest'anno abbiamo proposto, quello de "la gioia del dialogo", un tema controcorrente, che invita le comunita' cristiane e musulmane a superare la paura reciproca che viene diffusa a piene mani da chi ha interesse a difendere i propri privilegi e la propria presunta superiorita'. * Segnaliamo un importante contributo al dialogo cristiano-islamico che ci e' giunto dal Burkina Faso, da mons. Joachim Ouedraogo, vescovo cattolico di Dori, presidente della Commissione episcopale per il dialogo con l'Islam del Burkina e del Niger. Nel messaggio di auguri alla comunita' musulmana del Burkina Faso per la fine del Ramadan, mons. Joachim Ouedraogo fra l'altro scrive: "Di fronte ad un mondo imbarcato nell'intolleranza socio-culturale e religiosa che crea un clima di paura e di insicurezza ed in cui l'altro diventa un pericolo che genera paura, siamo chiamati, noi credenti, ad avviare un dialogo interreligioso ed interculturale per creare una geopolitica spirituale, vale a dire, entrare nel cuore dell'uomo per seminarvi i germi della tolleranza, del rispetto reciproco, della conoscenza e della riconoscenza verso l'altro" (il testo completo del documento nel sito www.ildialogo.org). Mons. Joachim Ouedraogo e' promotore in Burkina Faso, fra l'altro, della realizzazione di "Dudal Jam" (che in lingua peul significa "scuola di pace" o "centro di pace") che coinvolge cristiani e musulmani del Burkina Faso e che in Italia e' appoggiata da una rete di Comuni del Piemonte. Per maggiori dettagli su questa importante iniziativa vi rimandiamo al sito di "Cem-mondialita'" che la sostiene e la diffonde in Italia (Cem-Mondialita', Via Piamarta 9, 25121 Brescia, tel 0303772780, fax: 0303772781, e-mail: cemsegreteria at saveriani.bs.it, sito: www.cem.coop). * Abbiamo diritto alla gioia, abbiamo diritto alla diversita' che e' connaturata con il mistero della vita che insieme, qualsiasi sia il colore della pelle la religione la cultura la nazionalita' o l'etnia, possiamo vivere meglio dando un futuro all'umanita'. La paura invece e' morte, come i tanti e terribili fatti di cronaca recenti purtroppo dimostrano. Occorre ritrovare nel cuore di ciascuno il coraggio di sperare. Ed e' questo l'augurio che facciamo a quanti il 27 ottobre si riuniranno per celebrare "la gioia del dialogo". Con un sincero augurio di Shalom - Salaam - Pace Il comitato organizzatore 21 ottobre 2008 * Il sito di riferimento della Giornata e' www.ildialogo.org Nel sito e' disponibile anche l'elenco delle riviste e associazioni che finora hanno promosso e sostenuto la Giornata; inoltre tutte le notizie, appuntamenti, interventi, materiali, le modalita' per aderire, la locandina della Giornata. 8. DIRITTI. "WE HAVE A DREAM": L'AEROPORTO A VITERBO? NO GRAZIE! [Ringraziamo l'associazione "We have a dream" di Roma (per contatti: e-mail: associazione at wehaveadream.info, sito: www.wehaveadream.info) per questo intervento] L'associazione di volontariato "We have a dream" sostiene la lotta del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Perche' la realizzazione di un mega-aeroporto per voli low cost a Viterbo sarebbe solo l'ennesimo capitolo di una storia cittadina che ha visto spesso sacrificare il bene della collettivita' a interessi privati, sostenuti da una classe politica connivente. Perche' sarebbe un'opera nociva per la salute dei cittadini, distruttiva dell'ambiente e di rilevanti beni paesaggistici, culturali e sociali, come le terme e il Bulicame, storico simbolo di Viterbo. Perche' danneggerebbe l'intera popolazione dell'Alto Lazio, le vocazioni produttive del viterbese e la qualita' della vita di chi vi abita. Perche' ne trarrebbe vantaggio soltanto una ristretta oligarchia di soggetti speculativi (come quelle compagnie aeree low cost che violano i diritti dei lavoratori e non promuovono occupazione stabile e qualificata, ma forme di precariato e di lavoro sottoposto a meccanismi di pressione ai limiti del ricatto). Perche' e' necessario pensare a una riduzione del trasporto aereo, in quanto contribuisce notevolmente al surriscaldamento del clima, e' fortemente inquinante e dannoso per la salute. 9. TESTIMONI. SAM BIESEMANS INTERVISTA BRUNO SEGRE [Ringraziamo il mensile "Azione nonviolenta" (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per averci messo a disposizione la seguente intervista apparsa nel fascicolo dell'ottobre 2008 col titolo "Incarcerato dai fascisti per disfattismo, poi fu l'avvocato del primo obiettore" e il sottotitolo "Intervista a Bruno Segre a cura di Sam Biesemans" (Sam Biesemans fa parte del Beoc - Ufficio europeo per l'obiezione di coscienza)] L'avvocato Bruno Segre, combattente per le liberta' civili e per la separazione fra Chiesa e Stato, festeggia a Torino i novant'anni. E' una buona ragione per intervistarlo, poiche' la sua vita e' impegnata nella lotta per la giustizia e le liberta' civili. Resistente, socialista, laico, massone, Bruno Segre e', nel ricordo dei pacifisti, l'avvocato che ha difeso centinaia di obiettori di coscienza quando in Italia non c'era ancora una legge sul servizio civile alternativo al servizio militare. E' lui che difese Pietro Pinna, primo obiettore italiano, davanti al tribunale militare di Torino il 31 agosto 1949. * - Sam Biesemans: Bruno Segre, il 2008 e' per te un anno particolare. - Bruno Segre: Sono nato il 4 settembre 1918, quando ancora tuonava il cannone della prima guerra mondiale. In questo mese festeggiamo anche i 60 anni de "L'incontro", fondato nel 1949, giornale pacifista, in difesa dei diritti civili e della collaborazione internazionale. * - Sam Biesemans: Sei tu il fondatore di questo mensile pubblicato a Torino? - Bruno Segre: Si'. Lo fondai perche' la situazione mondiale era allora particolarmente tesa: guerra fredda, equilibrio del terrore. Anche l'Italia era divisa - come un tempo tra guelfi e ghibellini - tra democristiani e comunisti, e mi pareva fosse opportuno, sia pure entro limiti estremamente modesti perche' mancavano i mezzi finanziari, che ci fosse una voce libera e indipendente che richiamasse i valori della pace e della collaborazione internazionale, la memoria della Resistenza, che riconoscesse la fedelta' alla Costituzione della Repubblica. "L'incontro" e' uscito dieci volte all'anno per 60 anni, con articoli di attualita', rievocazioni storiche, contributi all'intesa, alla lotta contro il razzismo, l'antisemitismo, gli estremismi e i fanatismi ideologici. * - Sam Biesemans: Come avvocato hai avuto un ruolo importante nella difesa agli obiettori di coscienza. - Bruno Segre: Mi sono impegnato per l'introduzione di una legge che riconoscesse l'obiezione di coscienza al servizio militare. Questa battaglia fu molto aspra: gli ambienti conservatori e reazionari difendevano l'ordine costituito e accusavano gli obiettori di coscienza di essere vili, traditori. L'obiezione di coscienza e' difesa di valori spirituali e sociali che consentono di orientare lo scenario universale contro la guerra, contro la violenza e la sopraffazione. Ho condotto questa battaglia su due fronti: a livello giornalistico attraverso "L'incontro", e a livello legale e giudiziario difendendo gli obiettori in centinaia di processi davanti a tribunali militari, non solo di Torino ma anche di Roma, Napoli, Padova, Verona e La Spezia. Gli obiettori di coscienza erano nella maggioranza Testimoni di Geova. Ci furono anche pacifisti non legati ad una confessione religiosa. Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza che ho difeso, nell'agosto 1949 a Torino, fu un caso clamoroso perche' suscito' problemi ideologici, politici, sociali e non solo religiosi. Agli inizi i processi furono difficili: la sanzione di un anno di reclusione e le sentenze non prevedevano il beneficio della sospensione della pena. I testimoni di Geova, una volta scarcerati, venivano richiamati alle armi, ripetevano il rifiuto, finivano di nuovo in carcere, e cosi' via. Alcuni Testimoni di Geova scontarono fino a quattro anni di reclusione per aver fatto quattro rifiuti successivi. Poi, poco alla volta, l'opinione pubblica comprese che l'obiezione di coscienza non era vigliaccheria e anche la chiesa cattolica, al principio contraria, cambio' atteggiamento. Ricordo che la rivista "Civilta' cattolica" tuonava contro l'obiezione di coscienza perche' temeva fosse il cavallo di Troia dei comunisti. Invece i comunisti volevano il servizio militare. Chi difendeva in parlamento l'obiezione di coscienza erano i socialisti e i liberali. * - Sam Biesemans: Come laico, hai difeso persone che hanno obiettato per motivi religiosi. - Bruno Segre: Mi sono impegnato a difendere gli obiettori di coscienza perche' vedevo in essi la rivendicazione di un'autonomia ideologica o religiosa nei confronti del potere dello Stato e della Chiesa. Anche riguardo l'obiezione di coscienza, con il passare degli anni, si e' assistito ad una forte evoluzione. Insieme ad Umberto Calosso, deputato socialista, ad Aldo Capitini, fondatore delle teorie della nonviolenza mio amico e maestro, a Calogero, Jemolo e ad altri intellettuali, ci impegnammo finche' l'obiezione di coscienza trovo' via via maggiori consensi e finalmente, dopo molti anni, fu approvata una legge nel 1972. Ci fu un processo, a cui io partecipai, a carico di un cattolico, Fabrizio Fabbrini: fu uno dei pochi casi in cui un cattolico praticante rifiuto' il servizio militare; cio' creo' anche in ambito religioso un certo fermento: egli scelse, per fedelta' al Vangelo, di non impugnare le armi, considerando la guerra un delitto contro l'umanita'. * - Sam Biesemans: Tu a Torino sei conosciuto anche come un massone. Vedi un legame tra obiezione di coscienza al servizio militare e i principi che sono alla base della massoneria? - Bruno Segre: Quando sono entrato in loggia nel 1975 la legge sull'obiezione di coscienza esisteva gia'. Anche la massoneria ha moralmente una certa vicinanza a queste tematiche. Ricordo, quando mi trovai al tribunale militare di Napoli per un processo ad un obiettore, negli anni Cinquanta, che un fratello venne a stringermi la mano, "Ti porto il saluto e l'adesione dei massoni di Napoli". Penso percio' che fin da allora la massoneria fosse favorevole all'obiezione di coscienza. Il rispetto della coscienza umana, la liberta' interiore sono i principi che animano pacifisti e obiettori. Vivere in conformita' con la propria coscienza nel rispetto e nella tolleranza verso il prossimo e' un principio importante anche in massoneria. * - Sam Biesemans: Come resistente antifascista hai condotto azioni armate o solo azioni di Resistenza nonviolenta, quali ad esempio pubblicazioni clandestine? - Bruno Segre: La Resistenza in Italia e' durata circa venti mesi. Dopo esser stato in carcere nel 1942 per disfattismo, sfollai da Torino nel cuneese. Proprio qui, dopo l'8 settembre 1943, si sciolse ingloriosamente la IV armata che scendeva dalla Francia in uno stato di completo sfinimento. Senza ordini, i soldati buttavano la divisa e le armi e regalavano le vettovaglie ai contadini: un'armata intera si scioglieva come neve al sole per paura dei tedeschi, che stavano arrivando per occupare il territorio. Alcuni di questi soldati della IV armata, non potendo raggiungere il Meridione per via della Linea Gotica, salirono in montagna e formarono i primi gruppi di Volontari della Liberta', come venivano chiamati questi gruppi di militari senza generali, senza colonnelli che si erano nascosti nei conventi. Ad essi si aggiunsero operai, giovani, intellettuali, vecchi antifascisti che spontaneamente scelsero di combattere il nazifascismo e formarono i gruppi della Resistenza: i garibaldini, legati al Partito Comunista, i "giellisti" di Giustizia e Liberta' guidati dal Partito d'Azione, i socialisti della "Matteotti" e infine gli autonomi cioe' i "badogliani", piuttosto militaristi, e altre formazioni cattoliche e monarchiche. Anche io salii in montagna in quel settembre del '43. Venni poi a Torino ma nel '44 fui catturato dai fascisti che mi spararono addosso tre colpi di pistola. Per fortuna l'unico colpo che mi colpi' venne deviato dal portasigarette che tenevo in tasca. La pallottola accartoccio' il portasigarette (che ancora conservo) pero' caddi, fui catturato e tornai di nuovo nel carcere dove rimasi alcuni mesi. Fui liberato perche' in definitiva contro di me non c'erano prove, pero' ero in cattive condizioni di salute e soltanto all'inizio del '45 potei ritornare in montagna sempre nel cuneese. Feci parte della prima divisione alpina "Giustizia e Liberta'" insediata in val Grana e partecipai alla liberazione di Caraglio. Da Caraglio arrivammo a Cuneo dove ai primi di maggio aprii la sede del Comitato di Assistenza Ebraica, fondata nel periodo clandestino per mandare agli ebrei nascosti nelle baite i soldi che arrivavano dalla Svizzera. Questo comitato aiutava i superstiti che da anni giravano l'Europa, perseguitati dai nazisti. Ricordo un terribile episodio. Quando arrivammo a Cuneo, sotto il viadotto, i nazifascisti in fuga fucilarono cinque ebrei stranieri, fra cui padre e figlio originari del Lussemburgo, per odio. Fui smobilitato a fine maggio e ritornai a Torino. Ricominciava la vita normale, si assisteva al risveglio dopo la Liberazione: luci accese nella citta', fino allora oscurata, riaprirono le sale da ballo, la gente danzava per le strade. 10. MEMORIA. ALFREDO GIULIANI RICORDA FERDINANDO TARTAGLIA (2002) [Dal quotidiano "La Repubblica" del 21 febbraio 2002 col titolo "L'eretico che parlava del nuovo Dio"] Nel 1947 a Roma circolava, non so come, una rivistina che veniva da Bergamo e si chiamava "La Cittadella". Da li' appresi che esisteva un recente Movimento di Religione nebulosamente escatologico, promosso da Aldo Capitini, primo propagandista in Italia della nonviolenza, e dal teologo Ferdinando Tartaglia. Chi era costui? Non conoscevo nessuno che ne sapesse qualcosa di preciso. Si favoleggiava che era un prete cattolico accusato di eresia e scomunicato, che era un profeta e suscitava molte speranze. Era tutto vero, anche se in quel periodo m'era sembrata una leggenda balzata fuori dal medioevo. Giovincello, studente di filosofia, estraneo per vocazione alle fedi religiose ero apertissimo al senso del sacro, o meglio del numinoso, secondo la categoria escogitata da Rudolf Otto (ma i miei numi prediletti erano i filosofi presocratici). Sfogliando "La Cittadella" mi colpi' un articolo di Tartaglia, dal tono perentorio e tormentato, con scorci di lingua molto personali, che annunciava una indefinita e inaudita "novita'" di Dio. Per me, la scrittura dell'eretico aveva il fascino dell'oltranza e dell'assurdo. Mi tenni in mente il suo nome, dimenticai la rivistina bergamasca e il fantomatico Movimento, pensando che una volta o l'altra ne avrei saputo di piu' (se il silenzio non avesse inghiottito leggenda e realta'). La volta buona arrivo' due anni dopo. Stavo per laurearmi con una tesi su La persuasione e la rettorica di Carlo Michelstaedter, che in Facolta' quasi nessuno conosceva o considerava. Era una scelta azzardata, ma non me ne rendevo veramente conto, non volevo sfidare nessuno. Avevo scovato Michelstaedter in una eccellente bottega di libri d'occasione, era l'edizione Vallecchi del 1922 e allora, come imparai piu' tardi, non avrei potuto trovare di meglio; quel libro intransigente che metteva in luce la possibile ragione della vita contro il disvalore, che per amore dell'autentica "persuasione" analizzava con spietata lucidita' le mancanze e magagne, le violenze, la falsa coscienza, i trucchi del linguaggio, inchiodando gli individui e la societa' (o "comunella") alla morte della miserabile esistenza quotidiana, ebbene quel libro aveva spostato nella mia testa tutti gli orizzonti filosofici. Se avessi dovuto scegliere per la mia tesi un altro argomento, avrei tradito me stesso. A che cosa mirava il giovane Michelstaedter con la sua etica metafisica? Esplicitamente all'impossibile, dal punto di vista dell'esistenza. Mirava a una coscienza che posa su se stessa, senza dialettica, sempre trasparente e sempre "ultima", una coscienza che non aspetta, non cerca, non vuole, non teme. Che non si piega all'obbligo di esistere. Una specie di Nirvana? Sia pure. Ma ascoltate un fatto perturbante. Quel genio goriziano di ventitre' anni, spedita all'universita' di Firenze la sua anomala tesi di laurea (questo e non altro era La persuasione e la rettorica prima di venir pubblicata), in tutta calma e persuasa tranquillita' si uccise con un colpo di pistola; accadeva il 17 ottobre 1910. Aveva scritto nella sua tesi: "L'assoluto non l'ho mai conosciuto, ma lo conosco cosi' come chi soffre d'insonnia conosce il sonno, come chi guarda l'oscurita' conosce la luce... l'Assoluto non l'ho finche' non sono assoluto". Nirvana? Misticismo? E se fosse stato il suicidio un atto, appunto, di assoluta incondizionata coerenza filosofica? Dalla mia scarna bibliografia risultava che soltanto Papini, in un suo vecchio articolo, l'aveva capito. Ho fatto questa digressione per tornare a Tartaglia. Dopo Michelstaedter potevo riconoscere un altro pensiero "impossibile" del nostro Novecento. Dunque, sul principio del 1949, per iniziativa di un gruppo di docenti, che aveva costituito un "Centro Romano di Studi" con l'intenzione di perlustrare a forza di pubblici colloqui il "tramonto della storia", usci' in volume una raccolta di tredici conferenze: Il problema di Dio. Il testo piu' allettante era quello di Tartaglia, in verita' un lungo saggio martellato con implacabile logica alle prese contro se stessa, per superarsi senza deragliare nell'insensatezza. La scrittura incalzante voleva porre termine "alla vecchia lotta DiononDio, che tanto ci ha annoiati e distrutti...". Titolo del saggio: Tesi per la fine del problema di Dio. Era ora che fosse prelevato dal polveroso volume del 1949 e svelato per cio' che e': una potente operazione di capovolgimento della teologia cristiana ai limiti dell'assurdo, forse la premessa per trasformare il pensiero teologico in poesia liberante. Lo pubblica l'Adelphi (pp. 160, euro 8) facendolo seguire da un bel commento di Sergio Quinzio scritto nel 1973 quando Tartaglia da molti anni si era rifugiato nel silenzio (continuando furiosamente a riempire migliaia e migliaia di carte) e da una breve biografia di Germaine Muehlethaler Tartaglia che per una decina d'anni fu sua moglie. In opuscoli oggi e ieri introvabili, di cui Quinzio ci fornisce ampie citazioni, Tartaglia aveva fatto precedere l'assalto alla teologia da un'analisi filosofica tranciante. "Caduta ormai dalle coscienze desiderose la favola cattolica", l'Italia aveva conosciuto in rapida successione tre miti sempre piu' spenti: il neoidealismo, l'esistenzialismo, il neomarxismo. E giu' botte: non si puo' fare infinito l'uomo dicendolo infinito; non si puo' rendere libero l'uomo dandogli "coscienza" della necessita', ne' si puo' renderlo felice dandogli "coscienza" del dolore e cosi' via. Questo e' il trionfo della retorica, dell'inganno verbale, dell'illusione logica (echeggiano gli accenti di Michelstaedter). Basta con questi epigonismi e raggiri e servilismi mentali. L'unico problema che importi sul serio e' posto da una domanda di confine: "l'uomo, la realta' possono cambiare sostanzialmente, si' o no?". Dietro la retorica di fine di un'epoca si nasconde "l'istanza a una fine di tutta la realta' e di ogni eventuale soprarealta' finora esistita, pensata o vagheggiata...". Cosi' parla il profeta nelle Tesi. "Se vogliamo riferirci piu' direttamente a una tradizione religiosa occidentale, dobbiamo dire che il problema di Dio e' rimasto puramente irrisolto tanto prima come dopo Cristo, tanto in Cristo come fuori da Cristo. E' inutile volere adulare Cristo per quello che Cristo non ha fatto. (...) Libri sacri, tradizioni sacre non sono mai stati strumenti, ma solo pretese e simulazioni. (...) Finora non si e' fatto veramente teologia, ma solo buffonerie presuntuose e tediose fingenti il discorso teologico". Tutto cio' che chiamavano Dio, era demonicita' pura, era un "male essenziale". Cosi' parla il profeta. Finora il problema di Dio era preso in due modi: o dal "prima" di se', o dalla "presenza" di se' (a se' o ad altro da se'). Ossia, se ho capito bene, o fissandone la Trascendenza e affidandosi alla "memoria" di una rivelazione (favoleggiata), o fissandolo in un sentimento, una interiorita' formale secondo ragione o "fede". Entrambi i modi non conducono a niente di concluso e di veramente liberato. Entrambi hanno un centro di riferimento nella cosiddetta "coscienza" (luogo che ha, direi, una pessima reputazione logica, e massima inaffidabilita'). Allora, che fare? Il profeta annuncia che dobbiamo affrontare il problema "da un luogo radicalmente avverso e superiore"; non piu' dal "prima" o dalla equivoca "presenza", ma dal puro "dopo". E s'intende: secondo un rapporto di puro "dopo" al problema di Dio "e ai suoi contenuti reali o irreali". Di la' da trascendenza e immanenza, affermazione e negazione, possibile e impossibile, ragione e fede, intuizione e sentimento, e via dicendo con i concetti del mondo vecchio, del Dio vecchio. Il centro di riferimento sara' una superiore "anticoscienza". Il profeta sostiene che il problema di Dio si risolve nel puro "dopo" non dal punto di vista dell'uomo o dell'universo, non dal punto di vista di Dio e non Dio, "ma dal punto di vista della novita' pura". Le operazioni secondo puro "dopo" risultano operazioni "di presenze nuove puramente oltre l'uomo, l'universo, Dio e non Dio e loro vari rapporti". Come Michelstaedter, Tartaglia aborriva il peso mostruoso della necessita' (dea tanto presente negli Inni orfici): "necessita' puo' essere giudicata la categoria e condizione peggiore di tutta la realta' irrealta' soprarealta' data finora". Il Dio necessitante, vertice piu' alto di tale realta', e' un Dio erroneo. Ma quando sara' che le "presenze nuove" del puro dopo fonderanno il nuovo Dio, non piu' necessitante dominatore, ma Dio liberante e "tramutante"? Possiamo immaginare questo Dio svincolato dalle categorie della temporalita' e dell'eternita, il Dio anti-origine, anticreatore, anti-Padre, anti-causa, questo Dio che secondo il profeta viene dal futuro? Non sara', invece, per me, quello intravisto in qualche frammento di Eraclito? Tra circa un mese l'Adelphi pubblichera' la ristampa di un delizioso "racconto" di Giulio Cattaneo, che usci' da Garzanti nel 1968, L'uomo della novita'. Mentre io dalla mia citta' mi domandavo chi fosse il Tartaglia, Cattaneo a Firenze lo conosceva e frequentava facendo parte di un gruppo di studenti che lo seguivano in tutte le sue apparizioni pubbliche e andavano anche a trovarlo in casa. La cronaca di quei primi anni del dopoguerra, poveri agitati e pittoreschi, e il ritratto del profeta modesto e di mente inespugnabile, hanno briosa vivezza, parecchie venature ironiche e tratti di umorismo, che toccano soprattutto gli ascoltatori e seguaci e oppositori del maestro di religione. Verso il quale, con discrezione, Cattaneo mostra un grande rispetto, una curiosita' ammirata e attenta a non giudicare. Lo segnalo a chi ama leggere storie di personaggi eccentrici. 11. LETTURE. SUAD AMIRY: SHARON E MIA SUOCERA. SE QUESTA E' VITA Suad Amiry, Sharon e mia suocera. Se questa e' vita, Feltrinelli, Milano 2003 e 2005, 2007, pp. 288, euro 8.50. In un unico volume due libri che occorre aver letto. Nei diari dell'intellettuale palestinese - con una lucidita' morale e politica che si traduce in una scrittura narrativa che conosce tutti i registri, dalla commozione allo sdegno all'affilata ironia - la vita quotidiana nei Territori occupati, la resistenza esistenziale all'oppressione dell'occupazione militare e alle sue infinite violenze, l'affermazione della dignita' di ogni essere umano. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 617 del 23 ottobre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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