Minime. 617



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 617 del 23 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La pace si costruisce col disarmo e la smilitarizzazione
2. Enrico Piovesana: La "guerra sporca" della Nato
3. "Peacereporter": Il "Fuoco amico" fa ancora stragi
4. "Peacereporter": Frattanto nella provincia di Oruzgan altre decine di
vittime
5. Roberto Saviano: Una tale reazione a catena di affetto e solidarieta'
6. Il 24 ottobre a Palermo
7. Il 27 ottobre 2008 la VII edizione della Giornata ecumenica del dialogo
cristiano-islamico
8. "We have a dream": L'aeroporto a Viterbo? No grazie!
9. Sam Biesemans intervista Bruno Segre
10. Alfredo Giuliani ricorda Ferdinando Tartaglia (2002)
11. Letture: Suad Amiry, Sharon e mia suocera. Se questa e' vita
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA PACE SI COSTRUISCE COL DISARMO E LA SMILITARIZZAZIONE

Non si puo' sconfiggere il terrorismo con piu' terrorismo.
Non si possono fermare le uccisioni con piu' uccisioni.
Non si possono difendere i diritti umani violando i diritti umani.
*
La guerra e' il crimine supremo.
La pace si costruisce col disarmo e la smilitarizzazione.
*
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA "GUERRA SPORCA" DELLA NATO
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del  22 ottobre 2008 col titolo "Guerra sporca in Helmand" e il
sommario "La Nato, sempre piu' in difficolta', ricorre agli ascari"]

La provincia meridionale di Helmand, epicentro della produzione afgana di
oppio ed eroina, e' il fronte piu' caldo della guerra tra le forze
d'occupazione della Nato e la guerriglia talebana. Quello dove i talebani
sono piu' forti e dove le truppe occidentali, e quelle governative afgane,
sono in maggiore difficolta'.
*
I talebani all'attacco
L'11 ottobre, per la prima volta dall'inizio della guerra nel 2001, la
guerriglia ha attaccato la capitale provinciale, Lashkargah.
I talebani si sono mossi in forze dalla loro nuova roccaforte, la sperduta
oasi di Baramcha', nel mezzo del Deserto della Morte, vicino al confine con
il Pakistan. Sono penetrati fino alla periferia della citta' attraverso il
distretto rurale di Nad Ali', subito a ovest di Lashkargah, che avevano gia'
conquistato all'inizio del mese. Hanno bombardato con razzi e artiglieria
leggera i palazzi governativi del centro, ingaggiando violenti combattimenti
con l'esercito afgano. Solo l'intervento delle forze britanniche e
dell'aviazione Usa ha scongiurato la presa della citta'.
Pochi giorni dopo i talebani hanno sferrato una massiccia offensiva anche
piu' a nord, vicino alla cittadina di Grishk, costringendo le truppe Nato
danesi e quelle governative afgane ad abbandonare le loro basi nei villaggi
di Attal e Barakzai. Ora si teme un attacco talebano contro il vicino centro
urbano di Sangin, difeso da settecento marines britannici.
*
Gli ascari della Nato
In attesa di rinforzi, le truppe della Nato, ormai assediate dai talebani
nelle cinque citta' della provincia (Lashkargah, Grishk, Sangin, Musa Qala
e, a sud, Garmsir), si affidano ai bombardieri americani e alle milizie
private dei signori della droga locali che si sono venduti alla Nato. La
piu' quotata e' quella di Abdul Wali Khan, detto "Koka", che dopo aver
passato 14 mesi nella prigione Usa di Bagram per i suoi legami con la
resistenza talebana, due anni fa e' stato arruolato dai generali inglesi
assieme ai suoi 220 uomini per combattere contro i talebani. I miliziani di
Koka, con indosso la divisa della polizia afgana, hanno combattuto la
resistenza compiendo stragi di civili e terrorizzando gli abitanti dei
villaggi sotto il loro controllo (violenze, stupri, rapimenti, estorsioni).
Tutti lo sanno, ma chiudono un occhio. "Gli uomini di Koka - ha dichiarato
al "Times" di Londra uno dei loro addestratori, il sergente Don Wilson del
II battaglione dei marines del Reggimento Reale di Scozia - non sono certo
dei vigili urbani, ma la gente li rispetta e i talebani li temono".

3. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": IL "FUOCO AMICO" FA ANCORA STRAGI
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 22 ottobre 2008 col titolo "Fuoco amico uccide 4 poliziotti
nella provincia di Helmand"]

Quattro poliziotti afgani sono stati uccisi questa mattina da "fuoco amico"
nella provincia di Helmand, secondo quanto riferito a "PeaceReporter" da
fonti locali.
Gli agenti di polizia si trovavano vicino alla strada tra Grishk e Bastion,
nei pressi di Kandahar, quando sono stati colpiti da "fuoco amico"
proveniente da un elicottero che li ha scambiati per guerriglieri talebani.
I quattro poliziotti, tutti in borghese, avevano infatti intenzione di
preparare un'imboscata a un gruppo di talebani che avrebbe dovuto percorrere
la strada. I talebani non sono passati, e gli agenti stavano facendo ritorno
alla centrale di polizia di Grishk.
L'elicottero, probabilmente proveniente dalla base militare britannica di
Camp Bastion, sita a pochi chilometri dal luogo dell'incidente, ha aperto il
fuoco uccidendo i quattro. I loro cadaveri sono stati portati all'ospedale
Boosti di Lashkargah.
Si tratta del secondo episodio di "fuoco amico" verificatosi oggi, dopo la
morte di 9 militari afgani uccisi da un altro elicottero nella provincia di
Khost.

4. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": FRATTANTO NELLA PROVINCIA DI ORUZGAN ALTRE
DECINE DI VITTIME
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 22 ottobre 2008 col titolo "Provincia di Oruzgan, uccisi 35
talebani e 3 poliziotti"]

Infuria la guerra in Afghanistan, dove nella provincia di Oruzgan ieri sono
rimasti uccisi 35 talebani e tre poliziotti. Secondo quanto riferito dalla
polizia afgana "piu' di cento talebani hanno sferrato un attacco con
l'obiettivo di conquistare il distretto di Dihraud. La polizia locale ha
opposto resistenza e ha ucciso 35 talebani".
"Negli scontri sono morti anche tre poliziotti e altri nove sono rimasti
feriti", ha aggiunto il capo della polizia provinciale, Juma Gul Hemat,
precisando che la polizia e' stata appoggiata da un intervento aereo delle
Forze internazionali.

5. TESTIMONIANZE. ROBERTO SAVIANO: UNA TALE REAZIONE A CATENA DI AFFETTO E
SOLIDARIETA'
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 22 ottobre 2008 col titolo "Ogni voce
che resiste mi rende meno solo", il sommario "Grazie a chi in questi giorni
ha sentito che il mio dolore era anche il suo dolore" e la nota "Su
Repubblica.it oltre 150.000 firme. Aderiscono altri premi Nobel"]

Grazie per tutto quanto state facendo. E' difficile dimostrare quanto sia
importante per me quello che e' successo in questi giorni. Quanto mi abbia
colpito e rincuorato, commosso e sbalordito sino a lasciarmi quasi senza
parole. Non avrei mai immaginato che potesse accadere niente di simile, mai
mi sarei sognato una tale reazione a catena di affetto e solidarieta'.
Grazie al Presidente della Repubblica, che, come gia' in passato, mi ha
espresso una vicinanza in cui non ho sentito solo l'appoggio della piu' alta
carica di questo paese, ma la sincera partecipazione di un uomo che viene
dalla mia terra.
Grazie al presidente del Consiglio e a quei ministri che hanno voluto
dimostrarmi la loro solidarieta' sottolineando che la mia lotta non
dev'essere vista disgiunta dall'operato delle forze che rappresentano lo
Stato e anche dall'impegno di tutti coloro che hanno il coraggio di non
piegarsi al predominio della criminalita' organizzata. Grazie allo sforzo
intensificato nel territorio del clan dei Casalesi, con la speranza che si
vada avanti sino a quando i due latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine -
i boss-manager che investono a Roma come a Parma e Milano - possano essere
finalmente arrestati.
Grazie all'opposizione e ai ministri ombra che hanno appoggiato il mio
impegno e quanto il governo ha fatto per la mia sicurezza. Scorgendo nella
mia lotta una lotta al di la' di ogni parte.
Le letture delle mie parole che sono state fatte in questi giorni nelle
piazze mi hanno fatto un piacere immenso. Come avrei voluto essere li', in
ogni piazza, ad ascoltare. A vedere ogni viso. A ringraziare ogni persona, a
dirgli quanto era importante per me il suo gesto.
Perche' ora quelle parole non sono piu' le mie parole. Hanno smesso di avere
un autore, sono divenute la voce di tutti. Un grande, infinito coro che
risuona da ogni parte d'Italia. Un libro che ha smesso di essere fatto di
carta e di simboli stampati nero su bianco ed e' divenuto voce e carne.
Grazie a chi ha sentito che il mio dolore era il suo dolore e ha provato a
immaginare i morsi della solitudine.
Grazie a tutti coloro che hanno ricordato le persone che vivono nella mia
stessa condizione rendendole cosi' un po' meno sole, un po' meno invisibili
e dimenticate.
Grazie a tutti coloro che mi hanno difeso dalle accuse di aver offeso e
diffamato la mia terra e a tutti coloro che mi hanno offerto una casa non
facendomi sentire come uno che si e' messo nei guai da solo e ora e' giusto
che si arrangi. Grazie a chi mi ha difeso dall'accusa di essere un fenomeno
mediatico, mostrando che i media possono essere utilizzati come strumento
per mutare la consapevolezza delle persone e non solo per intrattenere
telespettatori.
Grazie alle trasmissioni televisive che hanno dato spazio alla mia vicenda,
che hanno fatto luce su quel che accade, grazie ai telegiornali che hanno
seguito momento per momento mutando spesso la scaletta solita dando
attenzione a storie prima ignorate.
Grazie alle radio che hanno aperto i loro microfoni a dibattiti e commenti,
grazie specialmente a Fahrenheit (Radio 3) che ha organizzato una maratona
di letture di Gomorra in cui si sono alternati personaggi della cultura,
dell'informazione, dello spettacolo e della societa' civile. Voci che si
suturano ad altre voci.
Grazie a chi, in questi giorni, dai quotidiani, alle agenzie stampa, alle
testate online, ai blog, ha diffuso notizie e dato spazio a riflessioni e
approfondimenti.
Da questo Sud spesso dimenticato si puo' vedere meglio che altrove quanto i
media possano avere talora un ruolo davvero determinante. Grazie per aver
permesso, nonostante il solito cinismo degli scettici, che si formasse una
nuova sensibilita' verso tematiche per troppo tempo relegate ai margini.
Perche' raccontare significa resistere e resistere significa preparare le
condizioni per un cambiamento.
Grazie ai social network Facebook e Myspace, da cui ho ricevuto migliaia di
messaggi e gesti di vicinanza, che hanno creato una community dove la
virtualita' era il preludio piu' immediato per le iniziative poi organizzate
in piazza da persone in carne e ossa.
Grazie ai professori delle scuole che hanno parlato con i ragazzi, grazie a
tutti coloro che hanno fatto leggere e commentare brani del mio libro in
classe. Grazie alle scuole che hanno sentito queste storie le loro storie.
Grazie a tutte le citta' che mi hanno offerto la cittadinanza onoraria, a
queste chiedo di avere altrettanta attenzione a chi concedono gli appalti e
a non considerare estranei i loro imprenditori e i loro affari dagli
intrecci della criminalita' organizzata.
E grazie al mio quotidiano e ai premi Nobel e ai colleghi scrittori di tante
nazionalita' che hanno scritto e firmato un appello in mio appoggio,
scorgendo nella vicenda che mi ha riguardato qualcosa che travalica le
problematiche di questo paese e facendomi sentire a pieno titolo un
cittadino del mondo.
Eppure Cesare Pavese scrive che "un paese ci vuole, non fosse che per il
gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella
gente, nelle piante, nella terra c'e' qualcosa di tuo, che anche quando non
ci sei resta ad aspettarti". Io spesso in questi anni ho pensato che la cosa
piu' dura era che nessuno fosse li' ad aspettarmi. Ora so, grazie alle firme
di migliaia di cittadini, che non e' piu' cosi', che qualcosa di mio e'
diventato qualcosa di nostro. E che paese non e' piu' - dopo questa
esperienza - un'entita' geografica, ma che il mio paese e' quell'insieme di
donne e uomini che hanno deciso di resistere, di mutare e di partecipare,
ciascuno facendo bene le cose che sa fare. Grazie.

6. INCONTRI. IL 24 OTTOBRE A PALERMO
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Venerdi' 24 ottobre 2008, dalle ore 15 alle ore 19, presso la sede
dell'associazione "I draghi locopei", in via Filippo Parlatore 12, a
Palermo, avra' luogo il seminario condotto dal professor Fabio Levi dal
titolo "Costruttori di ponti e saltatori di muri", che vertera' sui seguenti
temi: la nonviolenza e la gestione dei conflitti secondo il modello di
Alexander  Langer; Differenze e convivenza interculturale. Approcci e
strategie d'intervento nell'esperienza concreta di Alexander Langer.
Per ulteriori informazioni e iscrizioni al seminario: cell. 329.0163992,
e-mail: mauro_burgio at yahoo.it
A conclusione, alle ore 19, il professor Fabio Levi presentera' il libro In
viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer, Feltrinelli,
Milano 2007.

7. INIZIATIVE. IL 27 OTTOBRE 2008 LA VII EDIZIONE DELLA GIORNATA ECUMENICA
DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
[Dal comitato organizzatore della VII edizione della Giornata ecumenica del
dialogo cristiano-islamico (per contatti: webmaster at ildialogo.org) riceviamo
e diffondiamo]

Mancano pochi giorni alla celebrazione della VII edizione della Giornata
ecumenica del dialogo cristiano-islamico del 27 ottobre 2008. Le iniziative
previste si sono moltiplicate in varie parti d'Italia, citta' grandi e
piccole del nord come del sud. Alle circa trenta iniziative segnalate lo
scorso 20 settembre si sono aggiunte quelle delle citta' di Faenza, Fiorano,
Novellara, Vicenza, Licata, Padova, Trento, Roma, Torino, Genova, Serdiana
(CA), Rieti, Torino, Brescia, Comune di Cornuda (TV), Milano, Verona,
Tregnago (VR), Ravenna, Napoli, Acqui Terme, Caserta, Salerno, Avellino,
Cento. Altre iniziative sono previste per gli inizi del mese di novembre.
Sono una settantina le associazioni che finora hanno aderito e che
promuoveranno iniziative nelle loro citta'. Per tutti gli aggiornamenti si
veda la relativa pagina web nel sito www.ildialogo.org
La giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico riconferma tutta la sua
vitalita' che poggia sulla iniziativa dal basso e sulla volonta' di pace e
di accoglienza reciproca che sono radicate nel nostro popolo nonostante i
tanti profeti di sventura che, soprattutto dopo la tragedia dell'11
settembre, promuovono la paura e il cosiddetto "scontro di civilta'". Grande
successo, a tale proposito, ha avuto il tema che quest'anno abbiamo
proposto, quello de "la gioia del dialogo", un tema controcorrente, che
invita le comunita' cristiane e musulmane a superare la paura reciproca che
viene diffusa a piene mani da chi ha interesse a difendere i propri
privilegi e la propria presunta superiorita'.
*
Segnaliamo un importante contributo al dialogo cristiano-islamico che ci e'
giunto dal Burkina Faso, da mons. Joachim Ouedraogo, vescovo cattolico di
Dori, presidente della Commissione episcopale per il dialogo con l'Islam del
Burkina e del Niger.
Nel messaggio di auguri alla comunita' musulmana del Burkina Faso per la
fine del Ramadan, mons. Joachim Ouedraogo fra l'altro scrive: "Di fronte ad
un mondo imbarcato nell'intolleranza socio-culturale e religiosa che crea un
clima di paura e di insicurezza ed in cui l'altro diventa un pericolo che
genera paura, siamo chiamati, noi credenti, ad avviare un dialogo
interreligioso ed interculturale per creare una geopolitica spirituale, vale
a dire, entrare nel cuore dell'uomo per seminarvi i germi della tolleranza,
del rispetto reciproco, della conoscenza e della riconoscenza verso l'altro"
(il testo completo del documento nel sito www.ildialogo.org).
Mons. Joachim Ouedraogo e' promotore in Burkina Faso, fra l'altro, della
realizzazione di "Dudal Jam" (che in lingua peul significa "scuola di pace"
o "centro di pace") che coinvolge cristiani e musulmani del Burkina Faso e
che in Italia e' appoggiata da una rete di Comuni del Piemonte. Per maggiori
dettagli su questa importante iniziativa vi rimandiamo al sito di
"Cem-mondialita'" che la sostiene e la diffonde in Italia (Cem-Mondialita',
Via Piamarta 9, 25121 Brescia, tel 0303772780, fax: 0303772781, e-mail:
cemsegreteria at saveriani.bs.it, sito: www.cem.coop).
*
Abbiamo diritto alla gioia, abbiamo diritto alla diversita' che e'
connaturata con il mistero della vita che insieme, qualsiasi sia il colore
della pelle la religione la cultura la nazionalita' o l'etnia, possiamo
vivere meglio dando un futuro all'umanita'. La paura invece e' morte, come i
tanti e terribili fatti di cronaca recenti purtroppo dimostrano.
Occorre ritrovare nel cuore di ciascuno il coraggio di sperare. Ed e' questo
l'augurio che facciamo a quanti il 27 ottobre si riuniranno per celebrare
"la gioia del dialogo".
Con un sincero augurio di Shalom - Salaam - Pace
Il comitato organizzatore
21 ottobre 2008
*
Il sito di riferimento della Giornata e' www.ildialogo.org
Nel sito e' disponibile anche l'elenco delle riviste e associazioni che
finora hanno promosso e sostenuto la Giornata; inoltre tutte le notizie,
appuntamenti, interventi, materiali, le modalita' per aderire, la locandina
della Giornata.

8. DIRITTI. "WE HAVE A DREAM": L'AEROPORTO A VITERBO? NO GRAZIE!
[Ringraziamo l'associazione "We have a dream" di Roma (per contatti: e-mail:
associazione at wehaveadream.info, sito: www.wehaveadream.info) per questo
intervento]

L'associazione di volontariato "We have a dream" sostiene la lotta del
Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione
del trasporto aereo.
Perche' la realizzazione di un mega-aeroporto per voli low cost a Viterbo
sarebbe solo l'ennesimo capitolo di una storia cittadina che ha visto spesso
sacrificare il bene della collettivita' a interessi privati, sostenuti da
una classe politica connivente.
Perche' sarebbe un'opera nociva per la salute dei cittadini, distruttiva
dell'ambiente e di rilevanti beni paesaggistici, culturali e sociali, come
le terme e il Bulicame, storico simbolo di Viterbo.
Perche' danneggerebbe l'intera popolazione dell'Alto Lazio, le vocazioni
produttive del viterbese e la qualita' della vita di chi vi abita.
Perche' ne trarrebbe vantaggio soltanto una ristretta oligarchia di soggetti
speculativi (come quelle compagnie aeree low cost che violano i diritti dei
lavoratori e non promuovono occupazione stabile e qualificata, ma forme di
precariato e di lavoro sottoposto a meccanismi di pressione ai limiti del
ricatto).
Perche' e' necessario pensare a una riduzione del trasporto aereo, in quanto
contribuisce notevolmente al surriscaldamento del clima, e' fortemente
inquinante e dannoso per la salute.

9. TESTIMONI. SAM BIESEMANS INTERVISTA BRUNO SEGRE
[Ringraziamo il mensile "Azione nonviolenta" (per contatti: via Spagna 8,
37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per averci messo a
disposizione la seguente intervista apparsa nel fascicolo dell'ottobre 2008
col titolo "Incarcerato dai fascisti per disfattismo, poi fu l'avvocato del
primo obiettore" e il sottotitolo "Intervista a Bruno Segre a cura di Sam
Biesemans" (Sam Biesemans fa parte del Beoc - Ufficio europeo per
l'obiezione di coscienza)]

L'avvocato Bruno Segre, combattente per le liberta' civili e per la
separazione fra Chiesa e Stato, festeggia a Torino i novant'anni. E' una
buona ragione per intervistarlo, poiche' la sua vita e' impegnata nella
lotta per la giustizia e le liberta' civili. Resistente, socialista, laico,
massone, Bruno Segre e', nel ricordo dei pacifisti, l'avvocato che ha difeso
centinaia di obiettori di coscienza quando in Italia non c'era ancora una
legge sul servizio civile alternativo al servizio militare. E' lui che
difese Pietro Pinna, primo obiettore italiano, davanti al tribunale militare
di Torino il 31 agosto 1949.
*
- Sam Biesemans: Bruno Segre, il 2008 e' per te un anno particolare.
- Bruno Segre: Sono nato il 4 settembre 1918, quando ancora tuonava il
cannone della prima guerra mondiale. In questo mese festeggiamo anche i 60
anni de "L'incontro", fondato nel 1949, giornale pacifista, in difesa dei
diritti civili e della collaborazione internazionale.
*
- Sam Biesemans: Sei tu il fondatore di questo mensile pubblicato a Torino?
- Bruno Segre: Si'. Lo fondai perche' la situazione mondiale era allora
particolarmente tesa: guerra fredda, equilibrio del terrore. Anche l'Italia
era divisa - come un tempo tra guelfi e ghibellini - tra democristiani e
comunisti, e mi pareva fosse opportuno, sia pure entro limiti estremamente
modesti perche' mancavano i mezzi finanziari, che ci fosse una voce libera e
indipendente che richiamasse i valori della pace e della collaborazione
internazionale, la memoria della Resistenza, che riconoscesse la fedelta'
alla Costituzione della Repubblica. "L'incontro" e' uscito dieci volte
all'anno per 60 anni, con articoli di attualita', rievocazioni storiche,
contributi all'intesa, alla lotta contro il razzismo, l'antisemitismo, gli
estremismi e i fanatismi ideologici.
*
- Sam Biesemans: Come avvocato hai avuto un ruolo importante nella difesa
agli obiettori di coscienza.
- Bruno Segre: Mi sono impegnato per l'introduzione di una legge che
riconoscesse l'obiezione di coscienza al servizio militare. Questa battaglia
fu molto aspra: gli ambienti conservatori e reazionari difendevano l'ordine
costituito e accusavano gli obiettori di coscienza di essere vili,
traditori. L'obiezione di coscienza e' difesa di valori spirituali e sociali
che consentono di orientare lo scenario universale contro la guerra, contro
la violenza e la sopraffazione. Ho condotto questa battaglia su due fronti:
a livello giornalistico attraverso "L'incontro", e a livello legale e
giudiziario difendendo gli obiettori in centinaia di processi davanti a
tribunali militari, non solo di Torino ma anche di Roma, Napoli, Padova,
Verona e La Spezia. Gli obiettori di coscienza erano nella maggioranza
Testimoni di Geova. Ci furono anche pacifisti non legati ad una confessione
religiosa. Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza che ho difeso,
nell'agosto 1949 a Torino, fu un caso clamoroso perche' suscito' problemi
ideologici, politici, sociali e non solo religiosi. Agli inizi i processi
furono difficili: la sanzione di un anno di reclusione e le sentenze non
prevedevano il beneficio della sospensione della pena. I testimoni di Geova,
una volta scarcerati, venivano richiamati alle armi, ripetevano il rifiuto,
finivano di nuovo in carcere, e cosi' via. Alcuni Testimoni di Geova
scontarono fino a quattro anni di reclusione per aver fatto quattro rifiuti
successivi. Poi, poco alla volta, l'opinione pubblica comprese che
l'obiezione di coscienza non era vigliaccheria e anche la chiesa cattolica,
al principio contraria, cambio' atteggiamento. Ricordo che la rivista
"Civilta' cattolica" tuonava contro l'obiezione di coscienza perche' temeva
fosse il cavallo di Troia dei comunisti. Invece i comunisti volevano il
servizio militare. Chi difendeva in parlamento l'obiezione di coscienza
erano i socialisti e i liberali.
*
- Sam Biesemans: Come laico, hai difeso persone che hanno obiettato per
motivi religiosi.
- Bruno Segre: Mi sono impegnato a difendere gli obiettori di coscienza
perche' vedevo in essi la rivendicazione di un'autonomia ideologica o
religiosa nei confronti del potere dello Stato e della Chiesa. Anche
riguardo l'obiezione di coscienza, con il passare degli anni, si e'
assistito ad una forte evoluzione. Insieme ad Umberto Calosso, deputato
socialista, ad Aldo Capitini, fondatore delle teorie della nonviolenza mio
amico e maestro, a Calogero, Jemolo e ad altri intellettuali, ci impegnammo
finche' l'obiezione di coscienza trovo' via via maggiori consensi e
finalmente, dopo molti anni, fu approvata una legge nel 1972. Ci fu un
processo, a cui io partecipai, a carico di un cattolico, Fabrizio Fabbrini:
fu uno dei pochi casi in cui un cattolico praticante rifiuto' il servizio
militare; cio' creo' anche in ambito religioso un certo fermento: egli
scelse, per fedelta' al Vangelo, di non impugnare le armi, considerando la
guerra un delitto contro l'umanita'.
*
- Sam Biesemans: Tu a Torino sei conosciuto anche come un massone. Vedi un
legame tra obiezione di coscienza al servizio militare e i principi che sono
alla base della massoneria?
- Bruno Segre: Quando sono entrato in loggia nel 1975 la legge
sull'obiezione di coscienza esisteva gia'. Anche la massoneria ha moralmente
una certa vicinanza a queste tematiche. Ricordo, quando mi trovai al
tribunale militare di Napoli per un processo ad un obiettore, negli anni
Cinquanta, che un fratello venne a stringermi la mano, "Ti porto il saluto e
l'adesione dei massoni di Napoli". Penso percio' che fin da allora la
massoneria fosse favorevole all'obiezione di coscienza. Il rispetto della
coscienza umana, la liberta' interiore sono i principi che animano pacifisti
e obiettori. Vivere in conformita' con la propria coscienza nel rispetto e
nella tolleranza verso il prossimo e' un principio importante anche in
massoneria.
*
- Sam Biesemans: Come resistente antifascista hai condotto azioni armate o
solo azioni di Resistenza nonviolenta, quali ad esempio pubblicazioni
clandestine?
- Bruno Segre: La Resistenza in Italia e' durata circa venti mesi. Dopo
esser stato in carcere nel 1942 per disfattismo, sfollai da Torino nel
cuneese. Proprio qui, dopo l'8 settembre 1943, si sciolse ingloriosamente la
IV armata che scendeva dalla Francia in uno stato di completo sfinimento.
Senza ordini, i soldati buttavano la divisa e le armi e regalavano le
vettovaglie ai contadini: un'armata intera si scioglieva come neve al sole
per paura dei tedeschi, che stavano arrivando per occupare il territorio.
Alcuni di questi soldati della IV armata, non potendo raggiungere il
Meridione per via della Linea Gotica, salirono in montagna e formarono i
primi gruppi di Volontari della Liberta', come venivano chiamati questi
gruppi di militari senza generali, senza colonnelli che si erano nascosti
nei conventi. Ad essi si aggiunsero operai, giovani, intellettuali, vecchi
antifascisti che spontaneamente scelsero di combattere il nazifascismo e
formarono i gruppi della Resistenza: i garibaldini, legati al Partito
Comunista, i "giellisti" di Giustizia e Liberta' guidati dal Partito
d'Azione, i socialisti della "Matteotti" e infine gli autonomi cioe' i
"badogliani", piuttosto militaristi, e altre formazioni cattoliche e
monarchiche. Anche io salii in montagna in quel settembre del '43. Venni poi
a Torino ma nel '44 fui catturato dai fascisti che mi spararono addosso tre
colpi di pistola. Per fortuna l'unico colpo che mi colpi' venne deviato dal
portasigarette che tenevo in tasca. La pallottola accartoccio' il
portasigarette (che ancora conservo) pero' caddi, fui catturato e tornai di
nuovo nel carcere dove rimasi alcuni mesi. Fui liberato perche' in
definitiva contro di me non c'erano prove, pero' ero in cattive condizioni
di salute e soltanto all'inizio del '45 potei ritornare in montagna sempre
nel cuneese. Feci parte della prima divisione alpina "Giustizia e Liberta'"
insediata in val Grana e partecipai alla liberazione di Caraglio. Da
Caraglio arrivammo a Cuneo dove ai primi di maggio aprii la sede del
Comitato di Assistenza Ebraica, fondata nel periodo clandestino per mandare
agli ebrei nascosti nelle baite i soldi che arrivavano dalla Svizzera.
Questo comitato aiutava i superstiti che da anni giravano l'Europa,
perseguitati dai nazisti. Ricordo un terribile episodio. Quando arrivammo a
Cuneo, sotto il viadotto, i nazifascisti in fuga fucilarono cinque ebrei
stranieri, fra cui padre e figlio originari del Lussemburgo, per odio. Fui
smobilitato a fine maggio e ritornai a Torino. Ricominciava la vita normale,
si assisteva al risveglio dopo la Liberazione: luci accese nella citta',
fino allora oscurata, riaprirono le sale da ballo, la gente danzava per le
strade.

10. MEMORIA. ALFREDO GIULIANI RICORDA FERDINANDO TARTAGLIA (2002)
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 21 febbraio 2002 col titolo "L'eretico
che parlava del nuovo Dio"]

Nel 1947 a Roma circolava, non so come, una rivistina che veniva da Bergamo
e si chiamava "La Cittadella". Da li' appresi che esisteva un recente
Movimento di Religione nebulosamente escatologico, promosso da Aldo
Capitini, primo propagandista in Italia della nonviolenza, e dal teologo
Ferdinando Tartaglia.
Chi era costui? Non conoscevo nessuno che ne sapesse qualcosa di preciso. Si
favoleggiava che era un prete cattolico accusato di eresia e scomunicato,
che era un profeta e suscitava molte speranze. Era tutto vero, anche se in
quel periodo m'era sembrata una leggenda balzata fuori dal medioevo.
Giovincello, studente di filosofia, estraneo per vocazione alle fedi
religiose ero apertissimo al senso del sacro, o meglio del numinoso, secondo
la categoria escogitata da Rudolf Otto (ma i miei numi prediletti erano i
filosofi presocratici). Sfogliando "La Cittadella" mi colpi' un articolo di
Tartaglia, dal tono perentorio e tormentato, con scorci di lingua molto
personali, che annunciava una indefinita e inaudita "novita'" di Dio. Per
me, la scrittura dell'eretico aveva il fascino dell'oltranza e dell'assurdo.
Mi tenni in mente il suo nome, dimenticai la rivistina bergamasca e il
fantomatico Movimento, pensando che una volta o l'altra ne avrei saputo di
piu' (se il silenzio non avesse inghiottito leggenda e realta').
La volta buona arrivo' due anni dopo. Stavo per laurearmi con una tesi su La
persuasione e la rettorica di Carlo Michelstaedter, che in Facolta' quasi
nessuno conosceva o considerava. Era una scelta azzardata, ma non me ne
rendevo veramente conto, non volevo sfidare nessuno. Avevo scovato
Michelstaedter in una eccellente bottega di libri d'occasione, era
l'edizione Vallecchi del 1922 e allora, come imparai piu' tardi, non avrei
potuto trovare di meglio; quel libro intransigente che metteva in luce la
possibile ragione della vita contro il disvalore, che per amore
dell'autentica "persuasione" analizzava con spietata lucidita' le mancanze e
magagne, le violenze, la falsa coscienza, i trucchi del linguaggio,
inchiodando gli individui e la societa' (o "comunella") alla morte della
miserabile esistenza quotidiana, ebbene quel libro aveva spostato nella mia
testa tutti gli orizzonti filosofici. Se avessi dovuto scegliere per la mia
tesi un altro argomento, avrei tradito me stesso.
A che cosa mirava il giovane Michelstaedter con la sua etica metafisica?
Esplicitamente all'impossibile, dal punto di vista dell'esistenza. Mirava a
una coscienza che posa su se stessa, senza dialettica, sempre trasparente e
sempre "ultima", una coscienza che non aspetta, non cerca, non vuole, non
teme. Che non si piega all'obbligo di esistere. Una specie di Nirvana? Sia
pure. Ma ascoltate un fatto perturbante. Quel genio goriziano di ventitre'
anni, spedita all'universita' di Firenze la sua anomala tesi di laurea
(questo e non altro era La persuasione e la rettorica prima di venir
pubblicata), in tutta calma e persuasa tranquillita' si uccise con un colpo
di pistola; accadeva il 17 ottobre 1910. Aveva scritto nella sua tesi:
"L'assoluto non l'ho mai conosciuto, ma lo conosco cosi' come chi soffre
d'insonnia conosce il sonno, come chi guarda l'oscurita' conosce la luce...
l'Assoluto non l'ho finche' non sono assoluto". Nirvana? Misticismo? E se
fosse stato il suicidio un atto, appunto, di assoluta incondizionata
coerenza filosofica? Dalla mia scarna bibliografia risultava che soltanto
Papini, in un suo vecchio articolo, l'aveva capito.
Ho fatto questa digressione per tornare a Tartaglia. Dopo Michelstaedter
potevo riconoscere un altro pensiero "impossibile" del nostro Novecento.
Dunque, sul principio del 1949, per iniziativa di un gruppo di docenti, che
aveva costituito un "Centro Romano di Studi" con l'intenzione di perlustrare
a forza di pubblici colloqui il "tramonto della storia", usci' in volume una
raccolta di tredici conferenze: Il problema di Dio. Il testo piu' allettante
era quello di Tartaglia, in verita' un lungo saggio martellato con
implacabile logica alle prese contro se stessa, per superarsi senza
deragliare nell'insensatezza. La scrittura incalzante voleva porre termine
"alla vecchia lotta DiononDio, che tanto ci ha annoiati e distrutti...".
Titolo del saggio: Tesi per la fine del problema di Dio. Era ora che fosse
prelevato dal polveroso volume del 1949 e svelato per cio' che e': una
potente operazione di capovolgimento della teologia cristiana ai limiti
dell'assurdo, forse la premessa per trasformare il pensiero teologico in
poesia liberante. Lo pubblica l'Adelphi (pp. 160, euro 8) facendolo seguire
da un bel commento di Sergio Quinzio scritto nel 1973 quando Tartaglia da
molti anni si era rifugiato nel silenzio (continuando furiosamente a
riempire migliaia e migliaia di carte) e da una breve biografia di Germaine
Muehlethaler Tartaglia che per una decina d'anni fu sua moglie.
In opuscoli oggi e ieri introvabili, di cui Quinzio ci fornisce ampie
citazioni, Tartaglia aveva fatto precedere l'assalto alla teologia da
un'analisi filosofica tranciante. "Caduta ormai dalle coscienze desiderose
la favola cattolica", l'Italia aveva conosciuto in rapida successione tre
miti sempre piu' spenti: il neoidealismo, l'esistenzialismo, il neomarxismo.
E giu' botte: non si puo' fare infinito l'uomo dicendolo infinito; non si
puo' rendere libero l'uomo dandogli "coscienza" della necessita', ne' si
puo' renderlo felice dandogli "coscienza" del dolore e cosi' via. Questo e'
il trionfo della retorica, dell'inganno verbale, dell'illusione logica
(echeggiano gli accenti di Michelstaedter). Basta con questi epigonismi e
raggiri e servilismi mentali. L'unico problema che importi sul serio e'
posto da una domanda di confine: "l'uomo, la realta' possono cambiare
sostanzialmente, si' o no?". Dietro la retorica di fine di un'epoca si
nasconde "l'istanza a una fine di tutta la realta' e di ogni eventuale
soprarealta' finora esistita, pensata o vagheggiata...".
Cosi' parla il profeta nelle Tesi. "Se vogliamo riferirci piu' direttamente
a una tradizione religiosa occidentale, dobbiamo dire che il problema di Dio
e' rimasto puramente irrisolto tanto prima come dopo Cristo, tanto in Cristo
come fuori da Cristo. E' inutile volere adulare Cristo per quello che Cristo
non ha fatto. (...) Libri sacri, tradizioni sacre non sono mai stati
strumenti, ma solo pretese e simulazioni. (...) Finora non si e' fatto
veramente teologia, ma solo buffonerie presuntuose e tediose fingenti il
discorso teologico". Tutto cio' che chiamavano Dio, era demonicita' pura,
era un "male essenziale".
Cosi' parla il profeta. Finora il problema di Dio era preso in due modi: o
dal "prima" di se', o dalla "presenza" di se' (a se' o ad altro da se').
Ossia, se ho capito bene, o fissandone la Trascendenza e affidandosi alla
"memoria" di una rivelazione (favoleggiata), o fissandolo in un sentimento,
una interiorita' formale secondo ragione o "fede". Entrambi i modi non
conducono a niente di concluso e di veramente liberato. Entrambi hanno un
centro di riferimento nella cosiddetta "coscienza" (luogo che ha, direi, una
pessima reputazione logica, e massima inaffidabilita'). Allora, che fare?
Il profeta annuncia che dobbiamo affrontare il problema "da un luogo
radicalmente avverso e superiore"; non piu' dal "prima" o dalla equivoca
"presenza", ma dal puro "dopo". E s'intende: secondo un rapporto di puro
"dopo" al problema di Dio "e ai suoi contenuti reali o irreali". Di la' da
trascendenza e immanenza, affermazione e negazione, possibile e impossibile,
ragione e fede, intuizione e sentimento, e via dicendo con i concetti del
mondo vecchio, del Dio vecchio. Il centro di riferimento sara' una superiore
"anticoscienza".
Il profeta sostiene che il problema di Dio si risolve nel puro "dopo" non
dal punto di vista dell'uomo o dell'universo, non dal punto di vista di Dio
e non Dio, "ma dal punto di vista della novita' pura". Le operazioni secondo
puro "dopo" risultano operazioni "di presenze nuove puramente oltre l'uomo,
l'universo, Dio e non Dio e loro vari rapporti".
Come Michelstaedter, Tartaglia aborriva il peso mostruoso della necessita'
(dea tanto presente negli Inni orfici): "necessita' puo' essere giudicata la
categoria e condizione peggiore di tutta la realta' irrealta' soprarealta'
data finora". Il Dio necessitante, vertice piu' alto di tale realta', e' un
Dio erroneo.
Ma quando sara' che le "presenze nuove" del puro dopo fonderanno il nuovo
Dio, non piu' necessitante dominatore, ma Dio liberante e "tramutante"?
Possiamo immaginare questo Dio svincolato dalle categorie della temporalita'
e dell'eternita, il Dio anti-origine, anticreatore, anti-Padre, anti-causa,
questo Dio che secondo il profeta viene dal futuro? Non sara', invece, per
me, quello intravisto in qualche frammento di Eraclito?
Tra circa un mese l'Adelphi pubblichera' la ristampa di un delizioso
"racconto" di Giulio Cattaneo, che usci' da Garzanti nel 1968, L'uomo della
novita'. Mentre io dalla mia citta' mi domandavo chi fosse il Tartaglia,
Cattaneo a Firenze lo conosceva e frequentava facendo parte di un gruppo di
studenti che lo seguivano in tutte le sue apparizioni pubbliche e andavano
anche a trovarlo in casa. La cronaca di quei primi anni del dopoguerra,
poveri agitati e pittoreschi, e il ritratto del profeta modesto e di mente
inespugnabile, hanno briosa vivezza, parecchie venature ironiche e tratti di
umorismo, che toccano soprattutto gli ascoltatori e seguaci e oppositori del
maestro di religione. Verso il quale, con discrezione, Cattaneo mostra un
grande rispetto, una curiosita' ammirata e attenta a non giudicare. Lo
segnalo a chi ama leggere storie di personaggi eccentrici.

11. LETTURE. SUAD AMIRY: SHARON E MIA SUOCERA. SE QUESTA E' VITA
Suad Amiry, Sharon e mia suocera. Se questa e' vita, Feltrinelli, Milano
2003 e 2005, 2007, pp. 288, euro 8.50. In un unico volume due libri che
occorre aver letto. Nei diari dell'intellettuale palestinese - con una
lucidita' morale e politica che si traduce in una scrittura narrativa che
conosce tutti i registri, dalla commozione allo sdegno all'affilata ironia -
la vita quotidiana nei Territori occupati, la resistenza esistenziale
all'oppressione dell'occupazione militare e alle sue infinite violenze,
l'affermazione della dignita' di ogni essere umano.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 617 del 23 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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