Minime. 599



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 599 del 5 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Per Vicenza e per l'umanita'
2. Pax Christi Italia e Carovana missionaria della pace 2008 "Libera la
parola": Per la salvaguardia dei territori e della democrazia
3. Ogni giorno la nonviolenza
4. Daniele Aronne: Ipermorte
5. Daniele Dal Bon: Aiutare e ascoltare
6. Mario Di Marco: Guardando negli occhi
7. Lorenzo Guadagnucci: Un'iniziativa a Firenze
8. Michele Meomartino: La fiducia nella nonviolenza
9. Peppe Sini: Formare le forze dell'ordine alla nonviolenza
10. Gianni Sofri: Gandhi. Appunti per un compleanno
11. Annamaria Rivera: Del razzismo
12. Giuliana Sgrena: Per Malalai Kakar
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PER VICENZA E PER L'UMANITA'

Esprimiamo la nostra solidarieta' alla popolazione vicentina che domenica 5
ottobre terra' una importante consultazione popolare autogestita.
La popolazione di Vicenza ha il diritto di esprimersi rispetto ad una
gravissima minaccia, la minaccia costituita dalla realizzazione di una nuova
base militare statunitense.
E' scandaloso e inaccettabile il tentativo di imbavagliare la popolazione
vicentina, di impedire che essa esprima la sua volonta' di pace, che essa
eserciti un fondamentale diritto democratico garantito dall'ordinamento
giuridico.
*
La nuova base militare statunitense "Dal Molin" non solo e' un'opera che
aggredisce il territorio e promuove il riarmo, ma e' anche un'opera che
viola la legalita' costituzionale: e' un'opera finalizzata a preparare e
sostenere la guerra; e' un'opera che contribuisce a militarizzare il
territorio e la vita quotidiana e quindi a sottrarre democrazia, liberta',
sovranita' e diritti alla popolazione.
E' significativo che per imporla il governo precedente e quello attuale
abbiano mentito, abbiano violato le procedure, abbiano preso decisioni e
compiuto atti autoritari, irrituali, irregolari, illeciti, scandalosi e
inammissibili sotto il profilo giuridico come sotto il profilo morale.
*
L'umanita' ha bisogno di pace. Di disarmo. Di smilitarizzazione.
L'umanita' ha bisogno di giustizia, di democrazia, di solidarieta'.

2. VICENZA. PAX CHRISTI ITALIA E CAROVANA MISSIONARIA 2008 "LIBERA LA
PAROLA": PER LA SALVAGUARDIA DEI TERRITORI E DELLA DEMOCRAZIA
[Da Mariagrazia Bonollo (per contatti: grazia at koinecomunicazione.it) e da
varie altre persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Ancora una volta, come spesso abbiamo fatto nel corso degli ultimi anni,
esprimiamo la nostra piena solidarieta' con l'azione della societa' civile
di Vicenza, che si oppone fermamente alla costruzione della nuova base al
Dal Molin e rivendica la propria dignita' e diritto di comunita' locale ad
essere consultata in merito alle scelte economiche, politiche e militari che
inevitabilmente avranno gravi ripercussioni sul proprio territorio e sulla
vita dei singoli cittadini per molti anni a venire.
Torniamo percio' a denunciare la logica della sempre crescente
militarizzazione dei territori e la decisione, conseguente, di rilanciare e
rifinanziare il riarmo, come soluzione politica alla complessa
conflittualita' internazionale, con il conseguente aggravamento dello
squilibrio economico mondiale, a danno delle popolazioni gia' maggiormente
penalizzate.
Ma ancor piu', oggi denunciamo l'ulteriore aggravamento della crisi propria
delle democrazie occidentali, che si esprime nel modo di  prendere le
decisioni e nel deficit di riferimento al bene comune.
Nel contesto di tale logica, riteniamo pertanto che il Consiglio di stato,
con la delibera di proibizione della consultazione popolare indetta dal
Comune di Vicenza per domenica prossima, 5 ottobre 2008, abbia umiliato le
istituzioni locali e i singoli cittadini, nel loro diritto di espressione,
ponendo una grave ipoteca sul futuro della democrazia nel nostro paese.
Per questo, approviamo con pieno convincimento la scelta nonviolenta del
sindaco e della popolazione di Vicenza di realizzare ugualmente la
consultazione popolare, quale segno inequivocabile di volonta' di resistere
e tutelare il percorso democratico.
Alle autorita' vicentine e alla popolazione in resistenza civile nonviolenta
esprimiamo la nostra piena gratitudine e solidarieta', certi che tale
avvenimento costituira' una data significativa nella storia della ricerca di
soluzioni nonviolente ai conflitti e nella storia della costruzione di una
cultura alternativa di pace e di cittadinanza; un gesto importante a
salvaguardia della democrazia nel nostro Paese.

3. MATERIALI. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA

Continuiamo la pubblicazione degli interventi ricevuti in occasione della
Giornata internazionale della nonviolenza che si e' celebrata il 2 ottobre.
Altri ne pubblicheremo nei prossimi giorni.
Ancora una volta ringraziamo tutte le persone che ci hano inviato loro
contributi.

4. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. DANIELE ARONNE: IPERMORTE
[Ringraziamo Daniele Aronne (per contatti: daniele.aronne at libero.it) per
questo intervento]

A gennaio nascera' il mio secondogenito, una bimba (dicono...).
Penso ai miei due figli oggi, e penso ad un mondo diverso per loro, un mondo
a forma di famiglia, dove e' il piu' piccolo a dettare i tempi e determinare
i modi.
Per Federico questa notte mi sono alzato alle 3 e 45, per un goccio di
latte... e si' che e' stata dura alzarmi a quell'ora, col battito del cuore
in testa, e si' che e' stato ancor piu' difficile riaddormentarmi dopo... ma
lui e' il piu' piccolo della famiglia, il piu' debole... e' cosi' che deve
andare, e' cosi' che dovrebbe andare ovunque. Io non sono nonviolento,
questo mi e' chiaro ogni giorno, ma tutti, proprio tutti dovremmo aspirare
ad esserlo, dovremmo aspirare ad amare di piu', invece...
*
Proprio il 2 ottobre, l'anniversario della nascita di Gandhi, ho assistito
all'ennesima follia collettiva, questa volta proprio vicino casa.
Qualcuno ha deciso di organizzare a Viterbo la "Settimana della fierezza",
di cosa non lo so, ma so bene invece cosa ho visto: carri armati di ogni
genere, cingolati, anfibi, mitraglie, cannoni... tutti i "migliori mezzi"
del nostro esercito parcheggiati di fronte ad uno dei centri commerciali
piu' grandi di Viterbo.
Grande esposizione, tutti "fieri" di quello che possiamo fare con quei mezzi
(credo fosse questo il senso): sicuramente moltomale... tutti a far la spesa
al grande magazzino della violenza, all'Ipermercato della morte,
all'IperMorte!
E la cosa ancor piu' triste, vedere mamme e papa' far entrare nei blindati i
propri figli, piccoli, fieri anche loro di questa magnifica esperienza,
mentre fieri erano ovviamente i genitori per la foto ricordo scattata al
volo.
Tutti fieri, per la settimana della fierezza, petto in fuori e via, a scuole
di morte, e' l'ora di storia? No, e' l'ora di violenza.
*
Perche' la nonviolenza vincera'?
"Il nonviolento non deve cercare l'efficacia fine a se stessa, perche'
finirebbe per accettare qualsiasi mezzo. Per il nonviolento l'efficacia e'
essenzialmente fedelta' alla verita', alla giustizia e al rispetto assoluto
della persona umana" (Jean Goss).

5. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. DANIELE DAL BON: AIUTARE E ASCOLTARE
[Ringraziamo Daniele Dal Bon (per contatti: danieledalbon at yahoo.it) per
questo intervento]

Cosa dire del giorno della nonviolenza: ormai e' stato detto tutto, e' uno
dei tanti momenti in cui ricordarsi del nostro impegno per un mondo piu'
vivibile; ed anche se sembra che la situazione va peggiorando, in realta'
gia' stanno anche germogliando dei piccoli semi di speranza, sta a noi
saperli vedere e farli emergere.
Mia mamma mi diceva: "mi ricordo mia nonna che mi diceva 'Ah, non so dove
andremo a finire, con questi tempi!'". Forse adesso abbiamo piu' esigenza e
meno voglia di lottare, ma con tutti i mezzi che abbiamo, abbiamo anche
molta piu' facilita' nel superare tutte le difficolta' della vita. Parliamo
del nostro Nord, in cui si vive di sopravvivenza mentale, mentre nel Sud e'
in gioco quella fisica, cosa mettere nel piatto ogni giorno per mangiare.
E cosa possiamo fare? Aiutare chi sta peggio, gia' anche solo nelle piccole
cose; e poi ascoltare: abbiamo tutti bisogno di farci ascoltare.

6. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. MARIO DI MARCO: GUARDANDO NEGLI OCCHI
[Ringraziamo Mario Di Marco (per contatti: mdmsoft at tin.it) per questo
intervento]

2 ottobre 1869 - 2 ottobre 2008, quanti eventi di segno opposto sono
accaduti in questi 140 anni! L'umanita' e' peggiorata o migliorata in questo
tempo? Sinceramente non so dare una risposta convinta. Nei lager (nazisti e
non solo, di filo spinato e non solo, di ieri ma anche di oggi), la violenza
dell'uomo sull'uomo ha toccato livelli prima impensabili; ma anche la
scoperta, la consapevolezza e la condivisione dei diritti umani hanno fatto
molta strada e sono entrate negli "accordi tra gli uomini", dalla
Dichiarazione universale dei diritti umani alle varie Costituzioni.
L'esperienza della "Grande anima" ha avuto un seguito, sia a livello
individuale che, a volte, di popolo; tuttavia, oggi, 2 ottobre 2008, il
cittadino medio che, alle varie latitudini, accende un televisore, cosa vede
di questa realta'? Puo' credere che dalle varie situazioni di violenza, che
vanno dalle guerre tra i popoli al bullismo di ragazzini tredicenni, si
possa uscire soltanto con la nonviolenza?
Il 2 ottobre dell'anno scorso ero fermo a questa amara considerazione, ma
quest'anno no! Oggi, intorno a me, vedo un'ottantina di ragazze e ragazzi
che hanno iniziato l'anno di servizio civile volontario nelle Caritas del
Lazio. Oggi ci troviamo al corso di inizio servizio, che si e' aperto
proprio facendo menzione di questa giornata mondiale ed incentrando la
formazione sulla nonviolenza e l'obiezione di coscienza.
Guardando gli occhi dei ragazzi ed ascoltando i loro interventi capisco che
e' ancora possibile trasmettere ai giovani l'esperienza di Gandhi e,
umilmente, quella di noi "vecchi obiettori".
E tutto questo ci aiuta a non smettere di sognare un mondo migliore.

7. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. LORENZO GUADAGNUCCI: UN'INIZIATIVA A FIRENZE
[Ringraziamo Lorenzo Guadagnucci (per contatti: guadagnucci at libero.it) per
questo intervento]

Giovedi' 2 ottobre saro' in piazza della Signoria a Firenze. La Giornata
mondiale della nonviolenza e' stata scelta per la manifestazione conclusiva
di un campagna - "Il prossimo sono io"
(http://ilprossimosonoio.blogspot.com/) - ideata e condotta dal Centro delle
culture. E' una campagna che ho seguito da vicino: si e' innervata, almeno a
Firenze, la citta' dove vivo, sulle attivita' partite oltre un anno fa per
contestare l'ordinanza del Comune di Firenze contro i lavavetri e tutto cio'
che ne e' seguito, in citta' e nel resto d'Italia (www.autoconvocata.org).
Dopo quell'ordinanza-pilota, il tema della sicurezza urbana e' divenuto
un'ossessione che sta riducendo liberta' e diritti, attraverso la
moltiplicazione dei divieti e l'incitamento di ansie e paure nella
popolazione. Il fastidio dei cittadini benestanti e' diventato fonte di
legge. L'autoritarismo monta e viene presentato come la "naturale" e
necessaria evoluzione di una democrazia "che decide". Si tratta in realta'
di un'involuzione che sta peggiorando la  nostra gia' debole democrazia, al
punto che mi domando se abbia ancora senso - in Italia - parlare di
democrazia senza aggiungere un aggettivo: magari limitata, o autoritaria, o
immatura...
"Il prossimo sono io", dicevo, e' stata (ed e', perche' prosegue, sia a
Firenze sia in altre citta') un'azione di piazza: uno sgabello, una macchina
fotografica, un tabellone con un "target". I passanti, alcune centinaia, si
sono fatti fotografare con il target in mano e hanno aggiunto un messaggio
sulla propria condizione, sui propri timori, segnalando insomma che chiunque
puo' essere il prossimo obiettivo di provvedimenti vessatori. Si e' partiti
con rom e romeni, si e' passati a tutto cio' che reca disturbo reale o
potenziale ai "cittadini perbene", come i mendicanti, i suonatori di
violino, i venditori di giornali ai semafori, le persone che si fermano a
mangiare sulle panchine e cosi' via (le citazioni non sono fatte a caso, ma
corrispondono ad altrettanti divieti, in tutto sono 45, contenuti nel nuovo
Regolamento di polizia municipale del Comune di Firenze: il divieto di
lavare i vetri alle auto e' ora parte integrante di questa normativa, che
merita di essere letta perche' fa impressione e fara' scuola in altre citta'
(www.comune.firenze.it/comune/regolamenti/polizia/reg_polizia_urbana.pdf).
L'anno scorso, di questi tempi, eravamo impegnati in un digiuno a staffetta
che raggiunse qualche risultato. Porto' per quasi un mese tutte le mattine
in piazza, anzi proprio davanti all'ingresso di Palazzo Vecchio, sede del
potere cittadino, due persone con indosso cartelloni di protesta in italiano
e inglese per l'ordinanza contro i lavavetri. Consiglieri comunali,
assessori, sindaco non potevano non vedere. L'assessore Cioni, ideatore
dell'ordinanza, si fermava spesso a discutere coi digiunanti di turno e alla
fine fu spinto ad accettare un confronto pubblico con Alessandro Santoro, il
prete delle Piagge che era fra gli ideatori della staffetta. Nel confronto
fra il prete-attivista e il navigato assessore emerse molto bene la pochezza
delle motivazioni della giunta fiorentina: un'idea molto formale e molto
astratta di legalita'; l'abbandono delle politiche sociali, giudicate troppo
costose e poco popolari.
La campagna fotografica e il digiuno sono piccole cose, sicuramente
insufficienti rispetto all'impatto politico e mediatico delle scelte
dell'amministrazione pubblica, ma ci dimostrano che la nonviolenza ha un
potenziale comunicativo e politico molto alto, per quanto - purtroppo - in
gran parte inesplorato.
Giovedi' saremo in piazza Signoria con uno striscione lungo il quale saranno
appese seicento e piu' fotografie scattate nei mesi scorsi ai cittadini che
hanno messo la loro faccia come possibili "obiettivi" delle misure
vessatorie del Comune. Sara' un buon modo di "celebrare" la Giornata
internazionale, ma dev'essere anche l'occasione per riconoscere che
pratichiamo ancora troppo poco la nonviolenza, che non siamo stati finora
capaci di dispiegarne tutto il potenziale. Le nostre piccole azioni
rischiano di restare pura testimonianza. Perche' accade questo? Perche' anno
dopo anno la constatazione e' ancora questa? Non ho risposte.

8. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. MICHELE MEOMARTINO: LA FIDUCIA NELLA
NONVIOLENZA
[Ringraziamo Michele Meomartino (per contatti: michelemeomartino at tiscali.it)
per averci messo a disposizione il seguente articolo]

Provo inquietudine in certi momenti di incertezza, dove, tuttavia, la
coscienza dei propri limiti e' un segno di liberta' e di autenticita'. Spazi
di liberta' che si conquistano e si dilatano nella misura in cui noi non ci
consegniamo alla paura del nuovo e del diverso.
Quando non erigiamo steccati e barriere intorno a noi, e deposte ogni
arroganza e presunzione e' proprio la consapevolezza della nostra fragilita'
a renderci piu' disponibili nei confronti degli altri.
Parafrasando Qohelet, c'e' un tempo per riflettere e uno per agire, e ogni
momento ha la sua importanza. Si tratta di individuare le priorita' con il
necessario tempismo e senso del dovere. E questo presuppone una vigile e
costante attenzione, oltre alla capacita' di saper leggere e cogliere i
segni intorno a noi.
Bisogna lavorare e impegnarsi nella societa' per creare le condizioni
migliori, quell'humus che rende possibile e concreta la costruzione della
pace, a cominciare dalla  cultura, dalla societa', dall'economia, dalla
politica, dalla finanza, senza dimenticarsi della dimensione spirituale ed
etica.
I movimenti pacifisti sono chiamati, oggi, a fare un salto di qualita', a
trasformare la legittima protesta contro la guerra e la sopraffazione in una
proposta seria e ragionevole che sappia porre una meta e degli obiettivi, ma
soprattutto individuare dei percorsi non avulsi dai loro contesti storici.
La pace non scaturira' dall'imposizione di un dogma o di un'ideologia in
particolare, tanto meno dalla deterrenza delle armi, anche se quest'ultima,
in passato, in un determinato momento storico, ha instaurato il famigerato
"equilibrio del terrore"; quanto, piuttosto, dal saper trovare dei punti di
convergenza con chi la pensa diversamente da noi. La pace si fa con i nemici
e con gli avversari, e non con gli amici, con i quali si suppone di vivere
in pace. E' con i primi che dobbiamo trovare un accordo. Ovviamente, per
fare pace, oltre che con se stessi, bisogna essere almeno in due.
*
"La pace e' frutto dell'amore, non della paura, dell'amore per tutti",
scriveva don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi
Italia, nonche' autentico uomo di pace.
L'educazione alla pace e' innanzitutto il riconoscimento dell'esistenza del
conflitto - che non va confuso con la guerra che ne rappresenta solo una
delle possibili forme e il peggiore degli epiloghi -, conflitto che e'
insito in tutte le attivita' umane e nel mondo della natura in generale.
Il conflitto non va demonizzato aprioristicamente perche', figlio della
vita, e' un rischio, ma e' anche un'opportunita' che puo' diventare un
valore. Un'opportunita' che dobbiamo saper cogliere perche' genera molte
energie, le quali potrebbero farci crescere insieme, se solo imparassimo il
valore della cooperazione.
La gestione e la trasformazione dei conflitti attraverso una graduale
metodologia nonviolenta, inizia dal riconoscimento dell'altro, dalla
consapevolezza che l'errore, cosi' come lo spirito di verita' e di
giustizia, non e' patrimonio esclusivo di qualcuno, ne' di un gruppo.
Per ridurre la distanza che ci separa dall'altro, dobbiamo saper assumere il
suo punto di vista  e metterci nei suoi panni, anche quando l'altro non e'
disposto a fare altrettanto, nella speranza che si giunga, prima o poi, a
mettere in atto una vera e propria reciprocita'.
L'azione nonviolenta e' soprattutto, e non solo, un'azione preventiva, non
si puo' solo invocarla, per poi criticarla in male fede, chiamandola in
causa solo nelle situazioni estreme ed emergenziali, a guerre in corso o
quando bisogna disinnescare poi la montagna di odio che si e' accumulata
nelle coscienze delle persone che hanno perso tutto: case, parenti, amici,
lavoro.
*
Non e' facile intravedere la luce quando intorno a noi non ci sono che
tenebre e disperazione, ma la speranza, come sempre, e' l'ultima a morire.
Nella Bibbia c'e' scritto che Dio, un giorno, chiese a Geremia: "Cosa vedi
nel cuore dell'inverno?". E il profeta rispose: "Vedo un mandorlo in fiore".
Allora, "vedere" le cose prima che accadono, quando non esiste nulla o,
peggio, c'e' solo desolazione, e' avere fiducia nell'amore e nelle infinite
potenzialita' rigeneranti della vita.
Il sole esiste anche quando e' coperto dalle nuvole... e la vita ci chiede
sempre di avere fiducia e speranza perche', per quanto sia lunga la notte,
ci sara' sempre, prima o poi, un'alba ad aspettarci.

9. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. PEPPE SINI: FORMARE LE FORZE DELL'ORDINE ALLA
NONVIOLENZA

E tu - mi chiede il sacripante che mi ghigna dall'altro lato dello
specchio -, tu non scrivi neppure una misera riga per la Giornata della
nonviolenza?
E sia - gli rispondo, stancamente -, e sia.
*
Questo direi nella Giornata della nonviolenza, giornata che deve durare
tutti i giorni dell'anno per non essere una beffa. Questo direi: che oltre a
impegnarsi per far cessare l'illegale e criminale partecipazione italiana
alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan, e' necessario ed urgente
in Italia riprendere quell'iniziativa per la formazione delle forze
dell'ordine alla nonviolenza.
Anni fa grazie ad alcuni parlamentari amici riuscimmo a presentare una
proposta di legge in Parlamento a tal fine. Ma non riuscimmo a farla neppure
discutere.
Quell'iniziativa oggi mi sembra piu' necessaria ed urgente che mai.
*
Formare le forze dell'ordine alla nonviolenza, ovvero al rispetto dei
diritti umani di tutti gli esseri umani, ovvero al dovere di essere fedeli
all'umanita' propria e comune, ovvero al dettato della legge fondativa della
Repubblica Italiana, ovvero alla voce della coscienza.
Formare le forze dell'ordine alla nonviolenza, ovvero a una gestione
adeguata delle situazioni di conflitto; fornendo gli strumenti cognitivi,
interpretativi, critici, deliberativi ed operativi che la nonviolenza mette
a disposizione: coerenti col diritto e con la morale, efficaci nel
contrastare il crimine e nel promuovere la legalita', la giustizia e la
civile convivenza, efficaci nel difendere la sicurezza comune.
Formare le forze dell'ordine alla nonviolenza: esperienze sono gia' state
condotte con esiti assai positivi, occorre moltiplicarle; ed occorre che una
legge - regionale, statale, europea - o almeno, e in itinere verso la legge,
un regolamento - locale, settoriale, generale - questo subito stabilisca: la
formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza.

10. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. GIANNI SOFRI: GANDHI. APPUNTI PER UN
COMPLEANNO
[Ringraziamo di cuore Gianni Sofri (per contatti: g.sofri at tin.it) per questo
intervento, in cui ha rielaborato per l'occasione un suo articolo apparso
due anni fa sul settimanale "l'Espresso"]

Se fosse vivo, oggi, 2 ottobre 2008, Mohandas Karamchand Gandhi avrebbe 139
anni, essendo nato a Portbandar, nel Gujarat, per l'appunto in questo giorno
del 1869. Ma oggi non si festeggia solo il compleanno di Gandhi, bensi'
anche la Giornata internazionale della nonviolenza, votata l'anno scorso
dall'Assemblea generale dell'Onu.
Naturalmente, ci sono tanti modi di ricordare e onorare queste ricorrenze.
Qui possiamo farlo scegliendone uno, e cioe' tentando di rispondere a
quesiti come questi: Gandhi e la nonviolenza sono soltanto (o
prevalentemente) indiani oppure universali? L'esperienza di Gandhi si
racchiude nella storia dell'India, o tutt'al piu' anche in quella del Sud
Africa dello scorso secolo, o trova riscontri significativi altrove? In
altri termini, e' il retaggio (sia pure straordinario) di un luogo e di un
passato storico o ha un'attualita' e una validita' anche per noi?
*
Per contribuire alla risposta a questi quesiti si puo', per esempio,
indagare su Gandhi stesso e su quanto lui ci dice delle proprie ascendenze
culturali. Ma, per quanto possa sembrare strano, non sappiamo molto della
sua adolescenza e giovinezza (e cioe' del suo periodo formativo), benche'
gli studiosi di Gandhi abbiano scritto almeno cinquecento sue biografie solo
in inglese. E non c'e' accordo fra gli studiosi su quali siano le fonti
principali del suo pensiero. La ragione principale e' che i primi
quarantatre anni della sua vita sono stati ricostruiti a partire dai suoi
scritti autobiografici, due essenzialmente: la celebre autobiografia vera e
propria (che in italiano si intitola La mia vita per la liberta'), e uno
scritto piu' dettagliato, Satyagraha in South Africa, che la Libreria
Editrice Fiorentina ha meritoriamente tradotto per la prima volta in
italiano, tre anni fa, con il titolo: Una guerra senza violenza. La nascita
della nonviolenza moderna. Libri scritti (o dettati) a memoria, per lo piu'
in prigione, senza poter riscontrare nomi e date. Ma, soprattutto, libri
scritti non tanto per raccontare puntualmente dei fatti, quanto per offrire
ai militanti uno strumento utile "nella nostra lotta attuale". In essi,
Gandhi sembra prendere le distanze dalle interpretazioni cristiane del suo
pensiero per sottolineare piuttosto l'apporto della tradizione indiana.
*
In realta', quando Gandhi volle indicare alcuni significativi esempi di
precursori della nonviolenza, piu' o meno lontani nel tempo, li cerco' nella
storia o nei miti dell'Oriente come dell'Occidente. Se sfogliamo i suoi
scritti di tutta una vita rimaniamo stupiti della varieta' (Gandhi era
oltretutto persona di vasta cultura e di molte letture, fatte per lo piu'
durante i suoi molti soggiorni nelle prigioni di Sua Maesta' britannica). Si
va da dal nobile inglese John Hampden, oppositore di Carlo I, che nel 1636
aveva spinto la sua opposizione all'imposta navale fino al rifiuto di
pagarla, venendo per questo trascinato in tribunale in un celebre processo,
a John Tyler, futuro presidente degli Stati Uniti, che nel 1833 fu l'unico
senatore a votare contro il Force Bill; da Socrate a John Bunyan,
predicatore battista non conformista (1628-88), che passo' dodici anni e
mezzo in prigione per essersi rifiutato di adeguarsi ai decreti emanati
contro i dissidenti dalla Restaurazione inglese; da Daniele, rimasto fedele
alla legge mosaica alla corte di Nabucodonosor, alla principessa e poetessa
Mirabai (XVI secolo), fedele devota di Krishna nonostante la disapprovazione
del marito; a Prahlad, devoto di Vishnu e per questo osteggiato dal cattivo
padre, il re-demone Hiranyakashipu (Gandhi parlo' spesso di lui come di un
satyagrahi ideale). E ancora, troviamo le suffragette inglesi (cui Gandhi
riservo' grande attenzione) e H. D.Thoreau, l'americano autore della
Disobbedienza civile, 1849, che non si limito' a teorizzare, ma che mise in
pratica andando in prigione (sia pure per una notte) pur di non pagare le
tasse a un governo ritenuto iniquo.
Del resto, tutta la formazione di Gandhi e' un continuo trascorrere tra
Oriente e Occidente. A Londra (allora davvero caput mundi), dove ando' a
studiare legge, entro' in contatto - anche personalmente, in qualche caso -
con una cultura che oggi chiameremmo "alternativa", fatta di critici della
rivoluzione industriale, pacifisti, vegetariani, scopritori del corpo,
amanti dell'Oriente e delle sue filosofie, sperimentatori sociali di ogni
tipo. E fu a partire da quegli anni, a Londra e poi in Sudafrica, che lesse
i "suoi" autori, da Ruskin a Thoreau, da Carpenter a Tolstoj (quest'ultimo -
con cui intrattenne una breve ma intensa corrispondenza - sopra ogni altro).
Non amo' particolarmente l'Antico Testamento, ma nutri' un'ammirazione
sconfinata per il Vangelo, e in particolar modo per il Sermone della
montagna. Ma fu sempre a Londra, stimolato dalle simpatie europee per
l'Oriente, che comincio' anche ad accostarsi alle radici della cultura
indiana, prima trascurate o assopite, e a leggerne i grandi classici
religiosi e mitologici, che avrebbero poi accompagnato (soprattutto la
Bhagavad Gita) tutta la sua vita.
Che la tradizione religiosa indiana gli offrisse spunti straordinari sulla
strada della nonviolenza e' fuori di ogni dubbio. In particolare un'antica
ma sempre viva religione (o, secondo altri, una corrente dell'induismo), e
cioe' il giainismo, aveva teorizzato due millenni e mezzo prima l'idea e la
pratica dell'ahimsa, e cioe', letteralmente, della nonviolenza verso ogni
essere vivente, insetti e piante compresi. E l'influenza del giainismo su
Gandhi fu assai forte.
*
Ma forse, per capire l'approdo di Gandhi alla nonviolenza, non e'
sufficiente far ricorso a testi scritti, europei o indiani che siano.
Occorre tener presenti situazioni storiche ed esperienze concrete. Perche'
una delle fonti della nonviolenza gandhiana fu per l'appunto la
constatazione del potenziale di violenza presente nella societa' indiana di
allora, e dei rischi di disumanizzazione che esso conteneva.
Dell'India si e' spesso avuta l'idea di un Paese e di una cultura a se', la
cui storia, piu' sacra che profana, sarebbe diversa da quella di altri
Paesi; nonche' della terra d'elezione della tolleranza religiosa, della pace
e della convivenza. In realta', oggi sappiamo quali demoni agitino anche la
societa' indiana (si pensi anche solo al conflitto secolare tra indu' e
musulmani), e l'abbiano agitata anche in passato.
Gandhi incontro' personalmente la violenza - e se ne ritrasse inorridito -
appena comincio' a occuparsi dei suoi connazionali che vivevano in
Sudafrica, oppressi e vessati. Poi, nel 1909, in occasione di un viaggio a
Londra, ebbe modo persino di assistere a un omicidio politico da parte di un
terrorista indiano, e di incontrare, sia pure di sfuggita, Savarkar, il
leader estremista che aveva ordinato quell'omicidio: la stessa persona che
assai credibilmente, quasi quarant'anni dopo, avrebbe armato la mano degli
assassini di Gandhi (ma una Corte lo mando' assolto). Fu anche questa, per
Gandhi, un'esperienza decisiva. E il rapporto diretto e drammatico con
estremismi, terrorismi, fondamentalismi religiosi avrebbe poi accompagnato
tutta la sua vita, contrariamente a una visione idillica, ampiamente
diffusa, secondo cui il cammino dell'India verso l'indipendenza si sarebbe
in pratica identificato con la biografia di Gandhi. Se cosi' fosse, non si
spiegherebbero i conflitti e le contraddizioni dell'India di oggi.
*
Che ci sia o no un accordo sulle proporzioni dei componenti di cui e' fatta
la chimica della nonviolenza gandhiana, anche la sola incertezza (qui sopra
ricordata) sul numero e la consistenza di quei componenti giocherebbe a
favore dell'"universalita'" della sua esperienza e del suo insegnamento.
Se non bastasse, c'e' un'altra prova, ed e' quella che si riassume nei nomi
di Martin Luther King e di Rosa Parks, dell'ultimo Mandela, del Dalai Lama,
di Aung San Suu Kyi. O ancora, nelle esperienze degli insegnanti norvegesi
antinazisti o degli operai e intellettuali polacchi di Solidarnosc. Ma guai
ad accontentarsi di questo. Il rischio e' quello di una visione della
nonviolenza come pura testimonianza, di una incapacita' di adattare valori e
idee di fondo a contesti culturali e storico-sociali diversi, di cedere alle
lusinghe di un radicalismo astratto e mitologico, consolatorio ma
inefficace. Sarebbe un tradimento del significato piu' rivoluzionario della
nonviolenza come critica profonda della politica e volonta' di una sua nuova
fondazione.

11. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: DEL RAZZISMO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 settembre 2008 col titolo "Una
sensibilita' da Ku Klux Klan"]

"Possibile che le forze dell'ordine arrivano sempre dopo i rapimenti ma
prima dei linciaggi? Perche' la gente non fa mai in tempo a scuoiarne uno?",
con questa domanda retorica il 22 agosto un lettore di excite.it commentava
la notizia di una aggressione ai danni di persone immigrate o rom, a seguito
della solita falsa accusa di rapimento di bambini. Piu' pensoso, un altro
lettore, del corriere.it, il 14 settembre cosi' chiosava l'omicidio razzista
di Milano: "Se piove si accetta, se grandina si ha pazienza, ma quando
arriva la tempesta e gente da ogni dove e giustamente vuol soddisfare i
propri bisogni, qualcuno si difende da solo se non c'e' nessuno che provvede
per lui, come durante una tempesta". Non va meglio se, abbandonato il
pattume dei commenti in rete, passiamo al giornalismo mainstream. La prima
cronaca che repubblica.it ha dedicato alla strage di Castel Volturno recava
nel titolo e nel sottotitolo le parole chiave "scontro a fuoco" e "clan
degli immigrati". Se proprio si e' costretti a dar conto d'una mattanza di
"sporchi negri" - deve aver "ragionato" l'estensore del pezzo o chi lo ha
titolato - almeno si aggiunga che le vittime se la sono cercata. Oggi che i
magistrati ipotizzano "un'aggressione terroristica a tutti gli effetti, una
sorta di caccia al nero, una strage di persone apparentemente estranee a
ogni propensione criminale e tutte accomunate dal solo colore della pelle",
nessuno si scusa per la gaffe clamorosa.
*
I tre esempi bastano da soli a dare un'idea dell'abisso in cui e' caduto il
Belpaese. Non c'e' solo il dato, pur atroce, di un razzismo che in quattro
giorni uccide sette persone d'origine immigrata. C'e' anche un certo
consenso sociale, che si esprima apertamente o che venga dato col silenzio e
l'indifferenza. Se i lettori dei notiziari on line possono ostentare un
cinismo da Ku Klux Klan e l'estensore della cronaca di repubblica.it dare
per scontato che una strage di lavoratori immigrati non sia che uno scontro
a fuoco fra clan camorristici rivali, allora siamo nella piu' classica
situazione razzista.
Non c'e' bisogno di evocare l'Alabama o certi paesi europei sul finire
dell'Ottocento oppure gli anni Venti dell'Europa smarrita e in crisi. Piu'
sobriamente si puo' dire che in Italia si e' determinata la saldatura fra il
razzismo di stato e il razzismo popolare, a sua volta resa possibile dal
ruolo decisivo giocato dai mass media. La politica ufficiale ne ha solo da
guadagnare: quella saldatura permette di deviare il disagio e il risentiment
o popolari verso i soliti facili capri espiatori e di espellere la
forza-lavoro eccedente, rendendo ancora piu' docile e ricattabile quella che
resta.
E' il compimento di un lungo ciclo di riemersione e legittimazione del
razzismo latente, iniziato, se non nel 1989 con l'omicidio di Jerry Masslo,
almeno nel 1991, quando ai profughi albanesi sbarcati nel porto di Bari e
segregati nello stadio fu riservato un trattamento alla cilena. Esso ha
visto una tappa importante durante l'ultimo governo di centrosinistra,
quando sindaci democratici e membri del governo diedero fiato alle trombe
dell'allarmismo e delle campagne sicuritarie, senza peraltro essere capaci
di approvare una sola norma in difesa dei diritti dei migranti. Oggi i
migliori fra quegli apprendisti-stregoni, per dare un nome a cio' che non
avevano previsto ne' hanno collocato ai primi posti della loro agenda
politica, non sanno che cianciare di "guerra fra poveri": i pogrom, le
aggressioni e gli omicidi razzisti non possono essere definiti tali, essendo
"le masse" buone per definizione.
*
Non bisogna farsi illusioni: l'allarmante accelerazione che il governo di
destra ha impresso al ciclo del razzismo, nel contesto di una torsione
sempre piu' autoritaria, non troveranno subito a sinistra una risposta
adeguata. E tuttavia il corteo di Milano dopo l'assassinio di Abba e le
tante pur esili risposte antirazziste fiorite ovunque sono segni di un certo
risveglio delle coscienze, se non della politica. Nello stesso giorno, il 4
ottobre, due diversi cartelli antirazzisti hanno promosso, rispettivamente a
Caserta e a Roma, due cortei nazionali. Certo, sarebbe stato saggio
unificarli. Ma in tempi di vacche magre non c'e' da storcere il naso, c'e'
solo da partecipare.

12. RIFLESSIONE. GIULIANA SGRENA: PER MALALAI KAKAR
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 settembre 2008 col titolo "Malalai
Kakar, l'ultima tragica vittima del talebanesimo di stato" e il sommario "La
poliziotta di Kandahar e' stata freddata domenica di fronte a casa sua. Gli
'studenti di teologia' hanno rivendicato"]

Malalai Kakar e' una vittima del terrorismo, fomentato da quel
fondamentalismo islamico che non riconosce i diritti del genere femminile.
Ma nell'Afghanistan del dopo taleban, dove sono ancora i taleban a dettare
legge insieme ad altri signori della guerra non meno fondamentalisti, la
figura di Malalai non sara' celebrata dal potere. A farlo invece saranno le
donne, anche quelle che non hanno il coraggio di esporsi come Malalai, che
ha osato sfidare i fondamentalisti sul terreno piu' arduo, quello della
giustizia per le donne e per di piu' nella citta' roccaforte dei taleban,
Kandahar. Quei taleban che hanno rivendicato l'assassinio.
Malalai Kakar dirigeva il dipartimento crimini contro le donne nella citta'
del mullah Omar, dove le donne continuano a essere minacciate solo per il
fatto di lavorare. Ne abbiamo incontrate tante, e tante hanno trovato
ascolto da Malalai, mentre ora probabilmente dal dipartimento crimini
saranno rispedite a casa e abbandonate alla loro sorte. Una sorte spesso
tremenda: in Afghanistan la violenza contro le donne, iniziata con l'arrivo
dei mujahidin nel 1991, non e' mai cessata, aumenta il numero delle donne
che si suicidano o che vengono acidificate. In Afghanistan per le donne non
ci sono diritti, non c'e' giustizia e non c'e' protezione per chi ha il
coraggio di sfidare il talebanismo, o di denunciare la corruzione dei
signori della guerra come continua a fare Malalai Joya, deputata di Farah,
gia' sfuggita a diversi attentati.
Sono molte le Malalai (gia' il nome in Afghanistan e' un simbolo storico di
coraggio, ereditato da una donna che si era battuta contro l'occupazione
britannica) che lottano per i loro diritti. Le donne afghane non sono nate
con il burka in testa. I diritti delle donne in Afghanistan erano stati
sanciti dal re Amanullah, negli anni '20: abolizione del velo e diritto allo
studio. Anche allora i fondamentalisti aveva reagito contro il re. Ma anche
re Zahir Shah aveva difeso i diritti delle donne. Malalai Kakar era invece
diventata poliziotta al tempo dell'occupazione sovietica, che aveva commesso
molte nefandezze ma per quanto riguarda le donne ne aveva promosso
l'emancipazione. Con la vittoria del fondamentalismo islamico, sponsorizzato
dagli Usa, non c'e' piu' stato spazio per le donne. Malalai Kakar, con
l'arrivo dei talebani, era andata in esilio in Francia, per poi tornare a
Kandahar dopo la loro caduta, forse illudendosi di poter riprendere il
proprio posto nella societa'. Nonostante le difficolta', le minacce di
morte, gli attentati sventati, lei il suo posto l'aveva ripreso non solo per
se' ma soprattutto per le altre. Tante come lei, madre di sei figli uno dei
quali e' stato gravemente ferito, ma non per questo chiusa dentro le mura di
casa.
Non bastano le condoglianze, un pensiero che svanisce, per ricordare
Malalai; chi dice di voler combattere il terrorismo deve proteggere le donne
che piu' di altre lo combattono. Donne come Malalai combattono l'ideologia
che sorregge i taleban, ne minano le fondamenta, mentre chi bombarda con gli
aerei i villaggi non scalfisce minimamente il talebanismo, anzi lo alimenta.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 599 del 5 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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