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Minime. 594
- Subject: Minime. 594
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 30 Sep 2008 01:16:32 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 594 del 30 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Care cittadine e cari cittadini di Vicenza, grazie 2. Forum per la partecipazione: Da Vicenza un appello alla partecipazione 3. Il 5 ottobre a Vicenza 4. Il 2 ottobre si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza 5. Solo la nonviolenza puo' contrastare il neonazismo 6. Peppe Sini: Ultime notizie dalla torre di Babele 7. Lorenzo Ferrero: Francis Poulenc 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: CARE CITTADINE E CARI CITTADINI DI VICENZA, GRAZIE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] Care "inopportune", cari "inopportuni", cittadine e cittadini di Vicenza: grazie in anticipo. Naturalmente metto tutto il mio cuore nella speranza che il 5 ottobre segni la vittoria del referendum, ma abbiamo gia' tanto per cui ringraziarvi. Ad esempio per aver capito, e per aver fatto capire a molti, che smilitarizzare un territorio e l'economia di quel territorio sono i soli modi per muoversi verso una reale sicurezza umana, fatta di diritti umani, di relazioni sane con l'ambiente, di istruzione, lavoro, casa, salute. Come ormai sappiamo tutti, se i fondi stanziati per scopi militari venissero indirizzati a programmi inerenti il benessere dei cittadini, compresa l'istituzione di forze civili di pace, molta della violenza che sperimentiamo quotidianamente sparirebbe per mancanza di alimentazione. Grazie per aver mostrato una grande capacita' di mobilitazione, integrando settori diversi e promovendo la partecipazione della gente comune, delle donne, dei giovani. Grazie per aver tolto la maschera agli uomini del palazzo, quelli che al di la' del loro colore politico e dei loro proclami hanno detto e continuano a dire regolarmente di si' ad ogni progetto di spoliazione del nostro paese, senza mai interpellare coloro che dovranno convivere con i suoi effetti. Grazie per aver generato coesione, senso di unita' e persino pure e semplice buon senso. Grazie per aver preteso di essere ascoltati, grazie per aver ascoltato. Nella circostanza del referendum non posso esservi vicina se non con i miei auguri, ma vi prego di credere che siete molto, molto "opportuni", per non dire necessari. Vi abbraccio, Maria G. Di Rienzo 2. APPELLI. FORUM PER LA PARTECIPAZIONE: DA VICENZA UN APPELLO ALLA PARTECIPAZIONE [Da Adriana Chemello (per contatti: achemello at alice.it) e da varie altre persone amiche riceviamo e diffondiamo] Siamo cittadine e cittadini di Vicenza, alcuni considerati illustri, altri meno noti perche' riservati, altri sconosciuti del tutto perche' persone semplici, "normali", lontane dagli strumenti e dai luoghi dell'apparire (siano essi lo spettacolo o la politica), quelle persone che incontrate tutti i giorni per strada, al mercato, nei luoghi di lavoro, nei punti commerciali, ecc. Ci unisce in questa occasione una sola cosa. Non l'appartenenza ad una chiesa, un partito, un'associazione, un comitato ma l'amore per Vicenza, la nostra citta' che vorremmo sempre "bellissima" come la definivano nel Cinquecento. Purtroppo non e' piu' tale. Anch'essa e' vittima della modernita', della logica dei profitti, e vediamo nuove nubi minacciose che si profilano all'orizzonte. Lo diciamo francamente: siamo preoccupati per la nuova base militare che si vorrebbe installare a Vicenza. Sulla questione abbiamo un nostro punto di vista. Ma non e' di questo che vogliamo parlare. Ancora di piu' ci preoccupa l'inerzia e l'indifferenza di molti vicentini: - ci preoccupa il fastidio e il disprezzo di alcuni di loro nei confronti di chi manifesta pubblicamente il proprio dissenso riguardo a decisioni prese in modo non trasparente e irrispettoso delle regole democratiche; - ci preoccupa la sfiducia nelle istituzioni e la rassegnazione di chi e' convinto che non ci sia piu' niente da fare e accetta impotente il fatto compiuto, facilitando e confermando cosi' il suo compimento; - ci preoccupa il degrado progressivo della convivenza civica e civile nella nostra comunita' vicentina, causata da contrapposizioni ideologiche o da interessi privati non sempre dichiarati; - ci preoccupa la faziosita', l'estremismo, la minaccia, il disprezzo di chi la pensa diversamente, la comunita' divisa, il ritorno nella vita della citta' di guelfi e ghibellini; - ci preoccupa l'occultamento della verita', la mancanza di trasparenza, l'ambiguita', l'insufficienza di informazione, il silenzio; - ci preoccupa il non ascolto delle ragioni dei vicentini; - ci preoccupa il disinteresse, il qualunquismo, la mancanza di senso civico di tanti. * Riteniamo che informarsi e partecipare sia in democrazia un diritto e un dovere di tutti. Pensiamo che la consultazione del 5 ottobre prossimo, voluta dall'attuale amministrazione comunale, sia per la nostra comunita' un'occasione storica per esprimere serenamente il proprio punto di vista. Non perdiamola. Non si ripetera' piu'. Per questo invitiamo i nostri concittadini a partecipare alla consultazione. Non chiediamo di votare in un modo o in un altro. Ognuno fara' secondo coscienza. Chiediamo ad ognuno di prendere sul serio la propria responsabilita' di cittadino, di prendere la parola, di esercitare il proprio piccolo potere di esprimere il consenso o il dissenso. Questo e' democrazia. E quanto piu' alto sara' il numero dei partecipanti, tanto piu' sara' autentica la democrazia, che e' il solo metodo per trovare soluzioni piu' giuste e condivise. Il Forum per la partecipazione Vicenza, 22 settembre 2008 * Per informazioni e contatti: Casa per la pace, Contra' Porta Nova 2' 36100 Vicenza, tel. 0444327395, fax: 0444327527, e-mail: casaperlapace at gmail.com Il Forum per la partecipazione e' fatto di cittadini. 3. INIZIATIVE. IL 5 OTTOBRE A VICENZA Si svolgera' il 5 ottobre a Vicenza il referendum per impedire la realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin". Sosteniamo l'impegno della popolazione vicentina per la pace, l'ambiente, la democrazia, la legalita', i diritti umani di tutti gli esseri umani. Per informazioni e contatti: www.dalmolin5ottobre.it 4. INIZIATIVE. IL 2 OTTOBRE SI CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA Dallo scorso anno l'assemblea generale dell'Onu ha dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza" il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi. In questa occasione si svolgeranno molte iniziative anche in varie citta' italiane. Ovunque possibile si promuovano incontri, e particolarmente nelle scuole. 5. EDITORIALE. SOLO LA NONVIOLENZA PUO' CONTRASTARE IL NEONAZISMO Solo la nonviolenza come proposta politica, come azione politica, come movimento politico, puo' contrastare la crescita delle destre neonaziste in Europa. * Solo la scelta dell'intransigente difesa di tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani. Solo la scelta della responsabilita' comune, della solidarieta' che tutte e tutti raggiunge, della lotta comune per la comune liberazione da ogni violenza, da ogni oppressione, da ogni menzogna. Solo la scelta dell'opposizione alla guerra, agli eserciti, alle armi; la scelta dell'opposizione a tutti i poteri criminali, a tutti i poteri dispotici, a tutti i poteri sfruttatori, a tutti i poteri che discriminano e devastano; la scelta dell'opposizione al maschilismo e al patriarcato, al militarismo e all'autoritarismo; la scelta dell'opposizione all'ecocidio. * Solo la nonviolenza come proposta politica, come azione politica, come movimento politico, puo' contrastare la crescita delle destre neonaziste in Europa. * Femminista, ecologista, socialista e libertaria: solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 6. LINGUISTICA MINIMA. PEPPE SINI: ULTIME NOTIZIE DALLA TORRE DI BABELE Se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. Come potremmo passare le lunghe serate dell'inverno nucleare prossimo venturo noi poveri meschinetti accanto al focolare in mancanza di televisione, se non potessimo raccontarci le favole che in guisa di minestrone l'amministrazione comunale di Viterbo ci somministra a calde cucchiaiate? Ad esempio questa: che a Viterbo il nocivo e distruttivo mega-aeroporto che devastera' l'area termale del Bulicame ed avvelenera' i cittadini sara' nientemeno che un "aeroporto ecologico". * E' la confusione delle lingue, il rovesciamento della realta'. Roba da far schiattar d'invidia il biblico Nembrot, quell'enfiata labbia del dantesco Pluto, e le streghe di Macbeth. Della serie: il veleno fa bene alla salute; le stragi belliche sono interventi umanitari; se il presidente del consiglio viola le leggi allora le leggi sono sbagliate; la centrale a carbone tonifica i polmoni, i picchiatori razzisti sono bravi giovinetti e un mafioso e' un eroe come spiego' l'ineffabile Dell'Utri in campagna elettorale. E cosi' via, direbbe Kilgore Trout. * La realta', invece, e' che il devastante mega-aeroporto e' un'opera illecita e insensata, un crimine e una follia. E la popolazione viterbese sapra' impedire questo crimine e questa follia: con la forza della verita', con la forza della democrazia, con la forza della legalita'. 7. PROFILI. LORENZO FERRERO: FRANCIS POULENC [Dal mensile "Letture", n. 596, aprile 2003, col titolo "Francis Poulenc" e il sommario "Musicista elegante e raffinato, si batte' per il recupero delle forme classiche contro le mode del momento. I suoi lavori, solo apparentemente 'facili', e la colta sensibilita' ne fanno un compositore eclettico e singolare"] Sulla figura di Poulenc si e' accumulato nel tempo un gran numero di luoghi comuni di cui andrebbe fatta pulizia. Come tutti i compositori apparentemente facili, e' in realta' difficile: non per un ascolto distratto o una piacevole compagnia sonora, ma per un'autentica comprensione. Non va nascosta una sua complicita' nel seminare l'idea dell'irridente indifferenza e del gioco superficiale, ma la maggior parte degli atteggiamenti piu' frivoli e salottieri risalgono alla prima parte della sua vita, e non e' corretto giudicare con tale metro la seconda. Da sempre bersaglio di ogni avanguardia per non aver aderito ad alcuno spirito di ricerca (tranne, e sempre col sospetto del gioco, nella prima gioventu'), Poulenc non e' totalmente ascrivibile nemmeno al neoclassicismo, in cui lo collocano l'amicizia con Cocteau e Stravinskij e il Gruppo dei Sei di cui faceva parte, autori in realta' diversissimi che hanno preso nel tempo strade praticamente opposte. La sua omosessualita', una manna per gli autori di biografie pruriginose, e' stata vissuta meno superficialmente di quanto potesse apparire, e comunque in un difficile e problematico rapporto con i sentimenti religiosi che negli ultimi anni di vita lo hanno posto fra gli autori delle migliori pagine cattoliche del Novecento. Una nascita borghese, sul finire del secolo precedente, nel 1899. Una famiglia benestante, una madre affettuosa e buona pianista che preferiva Mozart, Scarlatti e Couperin a Beethoven e Brahms, con qualche incursione nella "adorabile cattiva musica" da salotto, stando alle parole del figlio, che gia' a due anni fingeva di improvvisare sul suo pianoforte giocattolo. La figura paterna, un uomo d'affari, sembra assente dalla vita quotidiana del piccolo Francis, mentre protagonista della sua adolescenza sara' lo zio materno Marcel, detto zio Papoum, il tipico zio scapolo con un debole per lo spettacolo e che poteva vantare una trascorsa amicizia con Toulouse-Lautrec. Grazie alla madre e allo zio, l'incontro con le avanguardie letterarie, pittoriche e musicali del primo Novecento gli viene offerto nel modo piu' naturale possibile. Tanto che, anche rintracciando le sue prime e precoci composizioni, si individua immediatamente una familiarita' col mondo dell'arte contemporanea. La famiglia inoltre lo manda a lezioni di piano da un noto concertista, Ricardo Vines, divulgatore della musica nuova e particolarmente sensibile ai problemi timbrici posti dalla letteratura impressionista (Debussy, e poi Ravel). Vines gli fa conoscere la musica di Granados, Albeniz, De Falla, e gli presenta Satie e Georges Auric, futuro componente del Gruppo dei Sei, cui si aggiungera' di li' a poco la conoscenza con Milhaud, Arthur Honegger e Germaine Talleferre. La presentazione a Ravel ebbe meno successo. Forse Ravel era di cattivo umore quel giorno, fatto sta che interruppe il giovane Francis che gli suonava qualcosa, e da allora non ebbero piu' particolari rapporti fino alla prima de L'enfant et les sortileges, nel 1925, che Poulenc ammiro' moltissimo. Altrettanto male ando' il primo tentativo di entrare al Conservatorio, dal professor Paul Vidal. Gli presento' una sua composizione, Rhapsodie negre, frutto delle varie esperienze e frequentazioni delle avanguardie. Vidal ne fu scandalizzato. Il pezzo fu eseguito di li' a poco in pubblico, e gli guadagno' l'apprezzamento di Diaghilev e di Stravinskij, stupiti che fosse l'opera di un quasi adolescente. Era l'anno 1917. Dopo aver perso la madre nel 1915, Francis perde il padre. E' la guerra. Viene arruolato, ma non tutti i mali vengono per nuocere: sotto le armi conosce l'estroso poeta Guillaume Apollinaire. Nel 1918 scrive una Sonata per pianoforte a quattro mani, memore della scrittura percussiva di Stravinskij e della moda per l'art negre, ma anche pervasa di spirito francese. La Sonata gli vale un nuovo ammiratore nel gia' noto e futuro grande direttore d'orchestra Ernest Ansermet. A meno di vent'anni, Poulenc e' dunque un compositore di talento riconosciuto: ciononostante mantenne per tutta la vita una sorta di insicurezza che lo spingeva a sottomettere spesso i suoi lavori al giudizio di altri. Il talento e' confermato da una delle prime composizioni, che benche' scritta a vent'anni, possiamo quasi considerare matura: Le bestiaire, liriche su testi di Apollinaire per voce e pianoforte. Sia il poeta che il compositore giocano con l'apparente semplicita' del bestiario, privo pero' di gioia infantile e anzi venato di una sottile malinconia. Cio' che piu' lascia stupiti e' pero' il linguaggio musicale: non ha nulla di accademico, ne' sul piano armonico, ne' ritmico, ne' melodico, ne' del trattamento del testo. Che Poulenc sia pienamente cosciente di avere dietro di se' una Sagra della primavera di Stravinskij o un Pierrot Lunaire di Schoenberg, lo si avverte da una serie di indizi piu' che dall'impressione di una lavoro di ricerca: il tutto in una semplicita' sconcertante, eppure apparente. Anche a leggerlo sembrerebbe facilissimo da suonare, ma non e' proprio cosi'. Come ha scritto Wilfrid Mellers, autore di uno dei libri piu' interessanti su Poulenc, a proposito dei lavori di questo periodo, si ha quasi l'impressione di trovarsi di fronte a una sensibilita' postmoderna, che si accentuera' con quel "viaggiare nel tempo" caratteristico del periodo neoclassico. E' anche l'inizio di una lunga serie di liriche per canto e piano, oltre cento, uno sterminato catalogo tutto da riesplorare, in cui continua a frequentare la poesia francese, da Apollinaire a Jacob, da Valery, ad Aragon, e soprattutto Eluard. * Il periodo cosiddetto neoclassico Abbiamo gia' avuto modo di considerare la genericita' dell'espressione "neoclassico" applicata alla musica fra le due guerre. Certo, a qualcosa serve, se si tratta di raggruppare autori molto diversi sotto alcuni punti di convergenza. Piu' che uno sguardo al passato, lo sguardo neoclassico e' il rifiuto del passato immediato, del tardoromanticismo di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento. Il passato remoto, a cui veniva, spesso erroneamente, attribuita un'assoluta oggettivita' e assenza di sentimento, diventa un luogo a cui guardare e anche un baluardo con cui difendersi da ceneri ancora troppo calde. Il successo dello "stile" neoclassico e' anche causa di molte delle riserve che la critica ha avanzato successivamente. Per i compositori di minor talento sarebbe diventato un troppo facile rifugio in un'accademia fatta di vezzi e movenze settecentesche. Ma per i compositori degni di questo nome non e' quasi mai stato cosi', senza dimenticare che all'epoca, in assenza di dischi e altri mezzi di diffusione, molta musica del Settecento era tutta da scoprire, e suonava in qualche modo "nuova" agli ascoltatori, non meno di quanto suonino nuovi oggi gli arcaismi medievaleggianti di certi compositori recenti. I rapporti di Poulenc con la tendenza del momento sono, come al solito, estremamente personali. Non ha il radicalismo di Pulcinella o di Oedipus Rex di Stravinskij, non ha la pomposa riscoperta del contrappunto all'apparenza severo di Hindemith. Ha piuttosto il sapore di un aggiornamento della biblioteca, di un ampliamento di orizzonti, per un compositore cresciuto e nutrito nel presente. Ne e' un ottimo esempio il Trio per oboe, fagotto e pianoforte del 1926. Se l'inizio puo' definirsi lulliano, e il movimento finale cita direttamente Gluck, dopo l'introduzione assistiamo a un incrocio fra Offenbach e lo stile rococo', possibile solo nel clima di disincanto parigino apres-guerre. Le spericolate ibridazioni non si limitano all'antico e al moderno, ma anche agli stili "alti" e "bassi" della musica. La musica "volgare" assume per Poulenc un valore di riscoperta e di riappropriazione, simile all'atteggiamento che Stravinskij aveva per il passato. Tanto sono presenti gli echi della musica di strada o di quella che oggi definiremmo "leggera", che possiamo perfino concederci il piacere di immaginare che il giovane Poulenc l'abbia assimilata durante le lunghe ore passate con lo zio Papoum. Nello stesso tempo si deve a queste escursioni, da cui Poulenc trasse soprattutto suggestioni melodiche, il luogo comune sulla facilita' della sua musica: e sappiamo che il termine "facilita'" e' spesso usato, quando si tratta di Novecento, come sinonimo di superficialita', per non dire di banalita'. Certamente si tratta di musica perlopiu' accessibile, ma non si puo' definirla facile, perche' impone una vasta cultura musicale per coglierne anche le sfumature nascoste. Uno dei primi titoli che vengono in mente parlando del nostro e' certamente il balletto Les Biches, frutto di quella gigantesca macchina per capolavori che sono stati i Ballets Russes di Diaghilev, che ne diedero la prima esecuzione all'opera di Montecarlo nel 1924. Il titolo, come e' noto, significa "le cerbiatte", e sembra suggerire doppi sensi che la trama incoraggia solo se li si vogliono vedere a tutti i costi. Non c'e' una storia vera e propria, ma alcune scene di corteggiamento in una festa elegante (uno dei doppi sensi e' anche "le mantenute"). La musica, pur attraversando stili brillanti, accenni al ragtime e a varie forme di danza, e' straordinariamente coerente e porta in ogni momento il marchio del suo autore. Il pubblico dell'epoca, e soprattutto la societa' elegante delle prime teatrali, si riconobbe talmente in questa totale assenza di finalizzazione della trama (altro segno post-moderno?) da decretare un assoluto successo. Sorprende non poco che in un mondo totalmente diverso come il nostro il lavoro non sia per nulla invecchiato. Anzi, la sua freschezza sembra crescere a ogni ascolto. * Al pianoforte Altre due notevoli composizioni appartengono allo stesso periodo: il Concert champetre (1928) e Aubade (1929). Il primo fu scritto per la sacerdotessa della rinascita del clavicembalo Wanda Landowska (se uno dei meriti del neoclassicismo fu la riscoperta del Settecento, in questo caso lo fu anche per uno dei suoi strumenti). Nei suoi tre movimenti non e' la natura incontaminata a prevalere, ma la grazia suburbana di boschi e castelli intorno a Parigi, gli echi di Couperin e di marcette militari. L'atteggiamento di Poulenc verso il passato non e' dissacrante, come talvolta in Stravinskij, ma condiscendente e amichevole, come se il passato riaffermasse la sua continuita' in un confortevole presente di civilta' e di gusto (francese, beninteso). Quanto ad Aubade, scritta per pianoforte e piccola orchestra, il tema mitologico di Diana cacciatrice porta ad affondare le radici in movenze rococo', mai prive, pero', dei consueti scarti armonici e ritmici, con un costante senso di malinconia. Sull'argomento del balletto, scritto dallo stesso Poulenc e che descrive la solitudine di Diana in attesa dell'alba, si e' molto speculato, volendo vedere nella dea un autoritratto dell'omosessualita' dell'autore. Il dramma di Diana, condannata alla castita', sembra essere lo stesso del compositore. In quegli anni aveva infatti cercato senza successo di sposarsi e al tempo stesso stava vivendo una travolgente storia d'amore con un uomo, nella quale alternava momenti di esaltazione ad altri di depressione perche' la sentiva come "impura". Le buone origini familiari non permisero a Poulenc di vivere di rendita. Un'importante fonte di sussistenza fu l'attivita' concertistica. Probabilmente il suo carattere schivo lo tenne lontano dall'attivita' solistica e lo porto' a esercitare la professione soprattutto come accompagnatore di cantanti. Tuttavia ha lasciato un corpus considerevole di lavori per pianoforte solo. Pochi hanno una particolare intensita' virtuosistica, anche se non bisogna mai dimenticare che la semplicita' di Poulenc e' solo apparente e anche le pagine piu' scarne nascondono qualche insidia tecnica. Come per le liriche per canto e piano, si tratta di un repertorio da esplorare; alcune pagine hanno raggiunto una certa notorieta', come la Pastourelle, del 1927, derivata da un pezzo a piu' mani che si chiamava L'eventail de Jeanne; o La Valse, del 1919; o ancora il gradevole Embarquement pour Cythere, per due pianoforti, un divertissement del 1951. Del 1925 e' l'impegnativa suite Napoli, in piu' movimenti, di particolare intensita' virtuosistica. In tutti questi lavori la scrittura stempera, o, se si preferisce, fa piu' intimamente propri certi cliche' del neoclassicismo. Fra gli anni '30 e '40 troviamo le Improvvisations, la Suite francaise e, soprattutto, gli otto Notturni. Scritti nel corso degli anni e poi raccolti, sono un interessante laboratorio per la scrittura dell'ultimo Poulenc, similmente alle raccolte di liriche su testo di Eluard che si prolungano fino ai primi anni '40. Qui Poulenc sembra smentire il luogo comune di autore gradevole e salottiero, elegantemente a' la page, ma privo di impegno. Non e' in realta' un cambiamento di rotta, ma una ricerca di essenzialita', priva di citazioni e di facili disincanti. Straordinariamente vivace e' l'apertura del Concerto per due pianoforti e orchestra, del 1932, un pezzo di bravura, assolutamente brillante, dove Poulenc sa mirare dritto all'effetto e non perde mai contatto con la forma, assai libera per la verita', ma proprio per questo piu' difficile da difendere da sbavature e indugi eccessivi. Alla maniera di Franck, c'e' un collegamento tematico fra il finale del primo e del terzo movimento, una sorta di sospensione del tempo, che puo' ricordare l'ultimo Satie, di fatto uno scarto notevole anche sul piano emotivo che poco ha a che fare con la leggerezza banale e fine a se stessa. Dopo una simile sospensione del tempo, il gracile temino del larghetto sembra venire da un altro mondo, lasciando una traccia impercettibile, prima che attacchi il rutilante finale, sospeso, come abbiamo visto, dal ritorno del primo movimento. Nello stesso anno, ma con una gestazione che si protrae fino al 1939, e' il Sestetto con pianoforte e strumenti a fiato. E' un pezzo di divertente e piacevole intrattenimento, giocato sul ritmo e sul colore, spesso eseguito, anche perche' appartiene al non grande repertorio per strumenti a fiato. * La crisi spirituale Nel 1936 l'amico Pierre-Octave Ferroud muore orribilmente in un incidente d'auto. Poulenc ne e' duramente colpito, tanto che una sorta di crisi spirituale lo porta a effettuare un pellegrinaggio a Rocamadur. Per via di questa esperienza mistica scrive le Trois litanies a' la Vierge Noire de Rocamadur. E' un lavoro in cui Poulenc sceglie per il coro e l'organo una scrittura modaleggiante senza indugiare in stereotipi, vicina alla pronuncia delle parole, e conduce l'opera attraverso un percorso drammatico che solo nella conclusione trova la sua pace. Seguono una Messa nello spirito gagliardo del cattolicesimo militante dell'epoca, priva stranamente di Credo, e soprattutto i quattro Motets pour un temps de penitence che, nella loro scrittura per voci sole su tradizionali testi latini, rivelano un nuovo Poulenc, che non si preoccupa piu' di nascondere umanita' e sofferenza dietro gli spiritosi calembours della buona societa'. E' una scrittura corale che unisce semplicita' e potenza, chiarezza ed espressione dolorosa, e che proprio per questo cominciamo solo ora a capire, dopo anni di luoghi comuni della critica che volevano sempre una rigorosa coincidenza fra profondita' di espressione e durezza e astrusita' di scrittura. Ancor meglio rappresenta il nuovo Poulenc un lavoro profano, su testo di Eluard, legato alla Resistenza, destinato a celebrare la Liberazione: Figure umaine del '43-'44, per doppio coro. Una scrittura estremamente sofisticata e difficile, e insieme un'espressione diretta che colpi' fin dalla prima esecuzione. La scrittura a due cori ha in se' qualcosa di teatrale, che trova le sue origini nel Rinascimento, ma Poulenc concede poco sia a soluzioni di rifacimento stilistico o retoriche, quali ad esempio il testo finale avrebbe potuto dettare: "je suis ne' pour te connaitre, pour te nommer, Liberte'". E a proposito della collaborazione con Paul Eluard, dobbiamo citare qui almeno uno dei suoi importanti cicli di liriche, Tel jour telle nuit, del 1937, altro lavoro del "nuovo" Poulenc. Capita spesso anche ai compositori piu' grandi di fare un passo indietro dopo averne fatti due in avanti. All'intensita' e alla linearita' dei lavori "impegnati" di cui abbiamo parlato, seguono: un Concerto per organo, archi e timpani (1939), parzialmente di ispirazione religiosa, ma con ritorni neoclassici ormai datati (il che non impedisce, come sempre, un piacevole ascolto); un balletto, iniziato in tempo di guerra, come Les animaux modeles (1942), basato sulle favole di La Fontaine, che meriterebbe forse una riproposta coreografica; e infine un'opera buffa, Les mamelles de Tiresias, del 1947, tratto da un lavoro di Apollinaire. Se quest'ultimo lavoro ha avuto successo, e' soprattutto grazie a una complessa trama che adombra i temi della sessualita' e dei generi con una certa verve comica, la cui attualita' Poulenc ha voluto sottolineare portando l'azione in tempi e luoghi contemporanei rispetto all'esotico originale di Apollinaire: guarda caso a Montecarlo, quasi un'evocazione del tempo spensierato di Les Biches. Il lavoro e' condotto con grande abilita', ma forse ha un che di invecchiato nello spirito e risente del malinconico vezzo dell'autocitazione. Anche Poulenc aveva qualche insicurezza al riguardo, tanto da proclamare che era il lavoro a lui piu' caro, affermando curiosamente: "il peggio di me e' forse il meglio di me". Fu comunque il suo primo vero lavoro teatrale, una sorta di prologo, anche se di tutt'altro genere, a due capolavori impegnativi e fondamentali come Dialogues des carmelites (1953-1957), e La voix humaine (1957-1959). * All'opera con Bernanos L'argomento dei Dialoghi delle carmelitane e' una storia drammatica ambientata ai tempi della Rivoluzione francese che finisce con la ghigliottina per sedici suore e per la tormentata protagonista Blanche. E' una grande opera in tre atti, a cui Poulenc si mise al lavoro con entusiasmo febbrile. Scrive a Bernac che gli sembra di aver sempre conosciuto le protagoniste del dramma. La continua tensione poetica del testo di Bernanos non concede le tradizionali alternanze di recitativi e arie, ma invita alla continuita' dell'azione, in una vocalita' congeniale a Poulenc e alla tradizione francese fin dal Pelleas di Debussy, e giustifica pienamente il titolo di "dialoghi". La tensione emotiva e teatrale non cede mai il passo alla distrazione, su temi che tuttavia muovono intorno a domande metafisiche sulla morte e sul senso della Storia. Il fatto e' che Poulenc si colloca sempre accanto alle ragioni, potremmo dire alle vibrazioni psicologiche dei personaggi. Il suo mondo conventuale e' in costante movimento, fatto di attese, colpi di scena, litigi, e si mantiene lontano dalle convenzionalita' rituali, ad esempio, della Suor Angelica di Puccini. L'opera, rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala, fu un notevole successo, legato anche al vertice assoluto di teatro musicale che e' la scena finale. Dopo un breve periodo di eclissi, l'opera ha ripreso a circolare, e oggi e' entrata a tutti gli effetti in repertorio, con rappresentazioni, fra l'altro, in quasi tutti i principali teatri italiani. Quasi avesse un surplus di energie, Poulenc scrive negli stessi anni un altro lavoro teatrale, non meno famoso, La voix humaine, su un testo gia' noto dell'amico Cocteau e per la fedele interprete Denise Duval. Una donna sola, non giovanissima, al telefono, ci fa assistere alla conclusione di un amore, un amore che non vuole finire, che si trascina fino al punto in cui e' lei stessa a chiedere di troncare la conversazione. Il mondo e' quello moderno, il tema, sempre attuale, e' quello dell'alienazione e dell'incomunicabilita'. La scrittura vocale e' spesso impervia, drammatica, l'ideale cavallo di battaglia di molti "addii alle scene" di cantanti celebri. Il tema e' assolutamente laico e mondano rispetto alle Carmelitane, ma e' stato osservato che il tratto comune e' la determinazione e il coraggio femminili, lontano ormai dai languori delle Diane cacciatrici. * La produzione strumentale Poulenc soffriva di depressione. I primi segnali possono farsi risalire all'incidente del '36, ma hanno radici precedenti. L'uso di farmaci contro la depressione e' forse all'origine della debolezza del suo cuore, che lo lascio' ad appena sessantaquattro anni. Essendo tra l'altro il piu' giovane rappresentante di una generazione, si trovo' spesso di fronte alla morte di amici cari o compositori ammirati. Tuttavia gli ultimi anni della sua vita sono ricchi di una produzione di alta qualita', legata soprattutto all'ambito cameristico. E' una produzione per la quale l'aggettivo neoclassico non ha piu' senso, tanto e' diventata personale la scrittura, senza perdere di vista accessibilita' e facilita' melodica. Se un senso puo' aver avuto, e' per il contrasto che pagine di tanto luminosa scrittura possono aver avuto con la musica che in quegli stessi anni Pierre Boulez e le nuove generazioni andavano elaborando sulle ceneri di Webern. Ma anche definire semplicemente luminosa la scrittura dell'ultimo Poulenc e' un luogo comune. In realta' si intrecciano motivi perfino orecchiabili a forme complesse e a pagine drammatiche, purche' non le si ascolti col metro o col filtro di cio' che le neoavanguardie producevano in quegli stessi anni. La pagina piu' famosa e' senz'altro la Sonata per flauto e pianoforte (1957). Difficile tentare di spiegare con l'analisi un pezzo che e' soprattutto costante e fresca ispirazione, e come tale fluisce dall'inizio alla fine, tanto che e' ormai diventato il brano standard nel repertorio di ogni flautista. Meno conosciute, ma meritevoli di esserlo, le Sonate per clarinetto e per oboe (1962), quest'ultima con la sua sorprendente conclusione in una accorata deploration, in morte di Honegger e Prokofiev. Bella anche la piu' breve Elegie (1957), per corno e pianoforte, in memoria del grande Dennis Brain. Nel 1951 era tornato al pianoforte, con la sonata per due pianoforti, un lavoro massiccio e tragico, complesso formalmente, che dopo la diffusione datane dal duo Gold-Fitzdale non ha incontrato grande fortuna. Scrisse anche un Concerto per pianoforte e orchestra (1949) per se stesso, da suonarsi in una tournee americana, eccessivamente tradito dal desiderio di piacere, ma con un bell'adagio di sapore mozartiano. * Il compositore cattolico Se molte delle pagine che abbiamo ora citato meritano appieno la loro fama e la loro diffusione, e' certamente nella musica di ispirazione religiosa che troviamo il Poulenc piu' caratteristico di questo periodo. Fra i numerosi lavori, dedicati fra l'altro al Natale e a sant'Antonio di Padova e, nelle intenzioni dell'autore, non tutti destinati alla sala da concerto, ma alla chiesa, richiameremo l'attenzione soprattutto sue due: lo Stabat Mater (1950) e il Gloria (1959). Due pagine molto diverse, com'e' naturale aspettarsi, ma complementari nel disegnare il suo stile ultimo: un perfetto controllo della vocalita', una partecipazione emotiva che non ha pari nemmeno nei lavori sacri di Stravinskij e forse nemmeno nel piu' giovane Messiaen, una semplicita' apparente che nasconde sofisticate soluzioni armoniche e formali. Se la sobrieta' e' il carattere distintivo dello Stabat Mater, una pagina piu' apprezzata dai musicisti che dal grande pubblico, che si conclude con un Amen sospeso su una dissonanza, una pacata e matura estroversione e' il carattere dominante del Gloria, di cui al soprano solo e' destinata la piu' intima e variegata declinazione umana (il Domine Deus - Agnus Dei e' diventata ormai una pagina staccata da concerto). E' abbastanza sorprendente che questo lavoro sia stato scritto in un momento storico in cui perfino Stravinskij cominciava a subire il fascino dell'avventura seriale: totalmente indifferente ai travagli linguistici del dopoguerra, la musica di Poulenc si affida alla melodia e talvolta a semplici accordi tonali per raggiungere un ascoltatore che ne puo' cogliere solo oggi, forse, una modernita' lontana da mode e datati cliche'. Una delle ultime composizioni di Poulenc e' un ciclo di liriche per bambini, che si ricollega alla notissima Histoire de Babar, le petit elephant, che aveva improvvisato per la nipote e poi pubblicato nel '45. La Courte paille (1960), fu scritta infatti per divertire il figlio di Denise Duval, ed e' basata su brevi nonsense di Maurice Careme. Brevi incisi, pause accuratamente prescritte, e il tema del sonno, che apre e chiude il ciclo sembrano lasciare la porta aperta all'inconscio e alle sue tenebre, che la musica di Poulenc, anche nei momenti piu' drammatici, aveva sempre tenuto lontano. Quasi uno scherzo del destino accompagna invece l'impegnativo Sept repons des tenebres, destinato all'inaugurazione del Lincoln Center, che non fu finito in tempo, e percio' eseguito postumo sotto la direzione di Thomas Schippers, poco dopo la morte del suo autore. * Note biografiche 1899 Nasce a Parigi il 7 gennaio. Compone e suona precocemente. 1914 Assiste alla prima (sinfonica) della Sagra della primavera e ne e' entusiasta. 1917 Rhapsodie negre, prima composizione significativa, gli vale il rifiuto di entrare in Conservatorio, ma attrae la curiosita' del mondo musicale. Perde il padre due anni dopo la perdita della madre. 1918 E' arruolato nell'esercito, dove conosce Apollinaire, sui cui testi scrive l'anno dopo Le bestiaire, per voce e pianoforte, che stupisce per la precoce maturita'. 1920 Nascita del Gruppo dei Sei, riunito intorno a Cocteau, per iniziativa di Blaise Cendrars. Ne fanno parte Poulenc, George Auric, Louis Durey, Arthur Honegger, Darius Milhaud e Germaine Talleferre. 1921-24 Prende lezioni di composizione da Charles Koechlin, illustre didatta. 1924 Prima di Les Biches da parte dei Ballets Russes a Montecarlo. 1926 Incontra il baritono Pierre Bernac, di cui sara' accompagnatore ai concerti a partire dal 1935. 1928 Concert champetre, per clavicembalo e orchestra scritto per Wanda Landowska. 1929 Aubade per pianoforte e 18 strumenti. 1936 La morte, in un incidente automobilistico, dell'amico Pierre-Octave Ferroud, lascia una tragica ombra sulla vita di Poulenc. 1936 Litanies a' la Vierge Noire de Rocamadur, primo lavoro religioso, dove trova la sua dimensione di autore cattolico. 1939 Concerto per organo, archi e timpani. 1947 Les mamelles de Tiresias, lavoro burlesco da un testo di Apollinaire. 1950 Stabat Mater, uno dei suoi capolavori di ispirazione religiosa. 1953-57 Opera Dialogues des carmelites, con la collaborazione di Georges Bernanos. 1957 Sonata per flauto e pianoforte, uno dei suoi lavori piu' eseguiti. 1959 Gloria e La voix humaine. 1960 La courte paille, ultimo ciclo di liriche. 1963 Muore, d'attacco cardiaco, il 30 gennaio. * Discografia essenziale La musica di Francis Poulenc e' edita prevalentemente da Salabert, Paris, ma anche da Ricordi, Eschig, Heugel, Chester e altri. Il sito delle edizioni Salabert offre un catalogo completo, con riferimenti agli inediti e alle altre edizioni. Raccolte complete: - Complete Chamber Music (tutta la musica da camera). Interpreti vari Rca 74321 632122 (2 cd). - Complete Piano Music (tutta la musica per pianoforte). Eric Le Sage, piano Rca 74321 632143 (3 cd). oppure Pascal Roge', piano Decca 460 598-2 (3 cd). - Complete Orchestral Music and Concertos (tutta la musica orchestrale e i concerti). Orchestre National de France, Philharmonia Orchestra, direttore Charles Dutoit Decca 460 597-2 (3 cd). - Les mamelles de Tiresias / Le bal masque', Saito Kinen Orchestra, direttore Seiji Ozawa Philips 456 504-2 (1 cd). - Concertos, orchestral & sacred music (Concerti, musica sacra e religiosa). Interpreti e orchestre varie, di vari periodi. Direttori Georges Pretre, Pierre Dervaux, Michel Plasson, Rene' Duclos, Yvonne Gouverne', Jacques Jouineau Emi 5 66837 2 (5 cd). - Vocal works (Opere vocali): Dialogues des carmelites; Les mamelles de Tiresias; La voix humaine; Le gendarme incompris; L'histoire de Babar le petit elephant; La dame de Monte Carlo; Le bal masque'; L'invitation du chateau; Secheresses; Figure humaine; Un soir de neige. Interpreti vari Emi 5 66843 2 (5 cd). * Singole incisioni: - Concerto per organo / Concert champetre. Philippe Lefebvre, organo, Elisabeth Chojnacka, clavicembalo, Orchestre National de Lille, direttore Jean-Claude Casadesus, Naxos 8.554241. - Melodies (Banalites - Montparnasse - Rosemonde - Bleuet - Quatre poemes d'Apollinaire - Tel jour telle nuit - Chansons gaillardes - C'est ainsi que tu es - Dernier poeme - Priez pour paix - Chansons villageoises). Christine Lajarrige, pianoforte, Michel Piquemal, baritono, Naxos 8.553642. - Stabat Mater / Gloria. Danielle Borst, soprano Orchestre de la Cite' Choeur Regional Vittoria de l'Ile-de-France, conductor Michel Piquemal, Naxos 8.553176. * Bibliografia essenziale Pierre Bernac, Francis Poulenc et ses melodies, Buchet/Chastel, Paris 1978; Francis Poulenc, Journal de mes melodies, Cicero, Paris 1993 (ristampa da Grasset); Wilfrid Mellers, Francis Poulenc, Oxford University Press, Oxford 1993 (con analisi musicali); Benjamin Ivry, Francis Poulenc, Phaidon Press, London 1996 (con belle fotografie); Francis Poulenc, Correspondance 1910-1963, Fayard, Paris 1999 (la corrispondenza praticamente completa); Carl B. Schmitt, Entrancing Muse. A Documentary Biography of Francis Poulenc, Pendragon Press, London 2002 (documentazione ricchissima, ma per addetti ai lavori e biblioteche). 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 594 del 30 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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