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Nonviolenza. Femminile plurale. 210
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 210
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 25 Sep 2008 14:00:28 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 210 del 25 settembre 2008 In questo numero: 1. Antonella Litta: Oggi a Viterbo, un anno dopo 2. Marinella Correggia: Biodiversita' urbana 3. Marinella Correggia: Ozono 4. Marinella Correggia: Alberi 5. Marinella Correggia: Africa 6. Ranieri Polese intervista Silvia Ballestra 1. RIFLESSIONE. ANTONELLA LITTA: OGGI A VITERBO, UN ANNO DOPO [Ringraziamo Antonella Litta (per contatti: antonella.litta at libero.it) per questo intervento che anticipa alcuni punti della relazione che svolgera' oggi all'assemblea del comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo (l'assemblea si svolge presso la sede dell'Arci in via Garibaldi 34 a Viterbo, con inizio alle ore 17,30). Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente] L'assemblea di oggi vuole fare il punto delle attivita' del nostro comitato a poco piu' di un anno dalla sua costituzione, e vuole essere un momento di riflessione su quanto ancora c'e' da fare per evitare che a Viterbo si realizzi un aeroporto per voli low cost che si preannuncia come un'opera di immenso danno all'ambiente, alla salute, all'identita' stessa della citta', alle reali vocazioni e tradizioni di questo territorio e come immenso sperpero di pubbliche risorse. In questo anno ci siamo impegnati in un costante lavoro d'informazione rivolto ai cittadini attraverso convegni, distribuzione di materiale informativo, iniziative di conoscenza e approfondimento. Fra tante altre iniziative che abbiamo realizzato vorrei segnalare particolarmente le seguenti: per la prima volta nella storia di Viterbo nell'area del Bulicame la notte del 18 luglio scorso e' stato realizzato un concerto musicale e un spettacolo teatrale grazie all'impegno dei ragazzi del centro sociale autogestito "Valle Faul" e di Antonello Ricci. Sempre in questa area di grande pregio storico, archeologico, naturalistico e termale abbiamo organizzato passeggiate guidate che ci hanno fatto ripercorrere la storia e le tradizioni di Viterbo. Ringrazio ancora Antonello Ricci e il professor Giuseppe Giannini che con passione e competenza ci hanno fatto da guida e ci hanno permesso di comprendere ancora meglio e piu' da vicino l'insanabile ferita che la costruzione dell'aeroporto infliggerebbe a questa area che invece ha bisogno di cura, tutela e valorizzazione. In questo anno abbiamo intessuto e stiamo rafforzando una rete di relazioni con vari comitati che in Italia e all'estero si oppongono alla realizzazione e all'ampliamento delle strutture aeroportuali, soprattutto con i comitati di Ciampino dove e' necessario da subito ridurre il traffico aereo. Stiamo lavorando alla nascita di una campagna nazionale per la riduzione del traffico aereo e la ridiscussione di un piano nazionale per la mobilita' in generale. Un piano che favorisca i collegamenti ferroviari e quelli per mare a cominciare dal necessario ed urgente intervento per il potenziamento e il miglioramento della rete ferroviaria del viterbese, vera emergenza del nostro territorio e necessita' vitale per i nostri pendolari. Questo lavoro, che siamo riusciti a fare con il sostegno, il contributo, le idee di quanti condividono le nostre ragioni, ci rende orgogliosi e supplisce alle carenze altrui, in particolare alla mancanza di quella corretta ed obiettiva informazione che avrebbe dovuto e dovrebbe essere compito delle istituzioni e dei mezzi d'informazione. Sul sito del nostro comitato www.coipiediperterra.org abbiamo messo a disposizione una serie di documenti scientifici, alcuni tradotti anche in inglese, per un utile approfondimento degli argomenti a sostegno delle nostre ragioni, e tra questi anche una "lettera aperta ai colleghi medici dell'Alto Lazio" sui danni alla salute provocati dal traffico aereo che bene spiega le conseguenze dannose della presenza di un aeroporto che sorgerebbe praticamente dentro la citta'. Conseguenze drammaticamente gia' vissute sulla propria pelle dai cittadini di Ciampino. Esperienze che raccontano dell'aria irrespirabile, del frastuono continuo che impedisce il riposo e spesso anche la semplice conversazione nelle case, delle malattie gravi e in costante aumento, del deprezzamento delle case. Esperienze che una "politica" ormai divenuta nella maggior parte comitato d'affari vorrebbe trasferire, far vivere anche ai viterbesi. Ma siamo sicuri che questo non accadra' perche' non permetteremo che accada. * E' passato quasi un anno dalla stolta, irregolare e inammissibile decisione ministeriale che individuava in Viterbo la sede del cosiddetto terzo scalo aeroportuale del Lazio. Finora il mega-aeroporto di Viterbo annunciato come prima da 5, poi da 10, fino ad arrivare a 20 milioni di passeggeri l'anno, come hanno sostenuto e sostengono gli interessati sostenitori, dando letteralmente i numeri, e' solo un inconsistente aeroporto di carta. Di carta perche' tanta e' la carta che e' stata utilizzata durante la scorsa campagna elettorale per ricoprire i muri della nostra bella citta' di brutti manifesti con aerei in fase di decollo, tanta la carta usata per scrivere e diffondere e far circolare l'idea che l'aeroporto di Viterbo sara' bello, buono, utile, addirittura "ecocompatibile", che non inquinera', che sara' silenzioso, che dara' "migliaia e migliaia di posti di lavoro", insomma una manna: ma, aggiungiamo noi, ed ora lo sanno bene tutti i viterbesi, una manna per i soliti pochi e noti, e una sciagura per la collettivita'. L'inchiesta televisiva di Report "Chi non vola e' perduto" andata in onda su Raitre nell'aprile scorso ha ben documentato il disastro del sistema aeroportuale italiano. Ha evidenziato l'eccessivo numero di aeroporti sul nostro territorio, spesso inutilizzati, cattedrali nel deserto, realizzati per sfamare appetiti locali. L'attuale crisi di Alitalia conferma in tutta la sua tragicita' la mancanza di una seria e competente politica di gestione del trasporto aereo. La stessa politica che vorrebbe costruire a Viterbo l'ennesimo inutile e devastante mega-aeroporto per voli low cost, mentre lascia letteralmente asfissiare i cittadini di Ciampino. E a cio' si aggiunga che la compagnia Ryan Air, leader dei voli low cost, ribadisce di non essere assolutamente interessata a far scalo a Viterbo; che il prezzo del petrolio e di conseguenza quello del cherosene viaggia a costi elevatissimi; che, l'intera comunita' scientifica mondiale chiede una rapida riduzione delle emissioni di CO2: e il traffico aereo contribuisce per circa il 10% a queste emissioni nocive per ambiente e salute. E in questo contesto la maggior parte dei politici viterbesi continuano a dire che l'aeroporto "si deve fare". Strano modo di pensare, strano modo di intendere il bene comune. Strano ma non troppo se pensiamo che per costruire un aeroporto vengono spesi miliardi di euro in gran parte finanziati dallo Stato, quindi presi dalle tasche dei cittadini. E dove piu' grandi sono gli affari sempre maggiori sono le devastazioni. Lo scrittore Roberto Saviano ormai celebre per il suo bel libro Gomorra, in un recente intervento in cui descrive quanto sta accadendo a Castel Volturno, feudo del clan dei casalesi, dedica un passaggio all'aeroporto che si vuole realizzare a Grazzanise: "Alitalia sara' in crisi ma a Grazzanise, in territorio marcio di camorra, si sta per costruire il piu' grande aeroporto italiano, il piu' vasto del Mediterraneo. Una terra condannata a far circolare enormi capitali senza avere uno straccio di sviluppo vero, e invece ha denaro, profitto, cemento che ha il sapore del saccheggio, non della crescita". Questa e' l'analisi semplice, vera e lucida di Roberto Saviano. Un'analisi che potremmo anche trasferire a tante parti del territorio italiano aggredito da progetti che sono spacciati per sviluppo e invece si rivelano solo malaffare e saccheggio. * L'aeroporto a Viterbo non si fara', semplicemente perche' sarebbe un'opera illegale oltre che dannosa per la salute e l'ambiente, un affare di pochi e un oggettivo saccheggio di risorse, un'oggettiva devastazione. Un aeroporto che si vuole realizzare solo in virtu' di una decisione ministeriale viziata da scandalosi errori e mistificazioni nel merito e palesi vizi procedurali, contro la quale e' peraltro pendente un ricorso al Tar del Lazio. Attualmente non esiste neppure una adeguata progettazione dell'aeroporto, anzi non c'e' neppure una precisa definizione della collocazione e delle dimensioni, come ammesso dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo; la realizzazione del devastante mega-aeroporto e' in contrasto con il Piano territoriale paesaggistico regionale e le relative norme di salvaguardia, come riconosciuto dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo con l'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008; inoltre l'opera e' totalmente priva di fondamentali verifiche e di fondamentali requisiti previsti dalla legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale, Valutazione ambientale strategica, Valutazione d'impatto sulla salute, ed e' altresi' in contrasto con ulteriori normative europee e italiane. E si potrebbe continuare nell'elenco delle molte ragioni per cui questa nociva e distruttiva opera e' inammissibile. Ma bastera' qui rinviare a quanto abbiamo riassunto negli esposti che abbiamo presentato a varie autorita' istituzionali. 2. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: BIODIVERSITA' URBANA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 settembre 2008 col titolo "Biodiversita' urbana". Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007] La ricchezza di biodiversita' di un'area e' inversamente proporzionale alla presenza umana. Le pluvioforeste tropicali, abitate solo da piccoli gruppi di persone, letteralmente brulicano di specie a ogni metro quadrato. All'opposto, le citta' parrebbero destinate solo a umani, cani, gatti e piccioni. In realta' spesso il degrado degli habitat spinge in mezzo alle case gli stessi animali selvatici. I rappresentanti di 21 citta' di diversi paesi del mondo hanno firmato a Durban (Sudafrica) una dichiarazione per proteggere e sviluppare la biodiversita' fra i palazzi, assumendo cinque impegni vitali - che diventeranno operativi in diciotto mesi - per conservare piante, animali e risorse naturali. Il progetto si chiama Local Action for Biodiversity (Lab), lanciato nel 2006 dal Consiglio internazionale per le iniziative ambientali locali (Iclei, www.iclei.org/lab). Le citta' del mondo occupano per ora il 2% della superficie del pianeta ma assorbono il 75% delle risorse naturali mondiali. Sono abitate da oltre il 50% dei terrestri umani e il trend minaccia di continuare. Se non si vuole una situazione invivibile e insostenibile occorrono azioni a tutto campo. I cinque impegni vitali del Lab sono diversi a seconda dei contesti. In Europa, ad esempio, le citta' fanno i conti con una ridotta biodiversita' e cercheranno di proteggerla. In Africa si tratta di salvare quel che c'e' dagli attacchi di specie invasive, dei cambiamenti climatici e della perdita di habitat dovuta all'espansione urbana, perche' le citta' africane sono fra quelle che si stanno espandendo ai ritmi maggiori. Entro il 2009 le 21 citta' Lab - fra queste nessuna italiana e cinque africane - valuteranno i progressi ottenuti; in tempo per l'anno internazionale della biodiversita', nel 2010; sara' un anno di bilanci perche' nell'aprile 2002 i paesi firmatari della Convenzione Onu per la biodiversita' si sono impegnati ad arrivare in otto anni a una "riduzione significativa della perdita di biodiversita' globale, regionale e nazionale". Tornando alle citta' del Lab, in particolare quelle del Sud hanno bisogno di bilanciare economia, emergenze sociali e biodiversita', per una prospettiva a lungo termine. C'e' stato un grande impulso all'edilizia, certo inevitabile in citta' dove tante persone vivono in baracche e dove la riruralizzazione non appare certo all'orizzonte; ma i nuovi insediamenti abitativi sono stati costruiti senza alcun riguardo per l'ambiente. Per la biodiversita' urbana non c'e' mai stato un serio impegno politico o finanziario nemmeno in Sudafrica, paese dotato di leggi per l'ambiente. Citta' del Capo, con il territorio circostante di sua pertinenza, ospita meta' della biodiversita' vegetale della nazione e oltre il 70% delle 9.000 specie sono endemiche, uniche al mondo. Ma ha oltre 320 specie minacciate di estinzione e 13 gia' estinte. Ogni anno la zona perde 12 km quadrati di aree naturali. Varie le difficolta' nell'agire a tutela delle specie: procedure complicate, mancanza di dati accurati, risorse finanziarie scarse, pressanti bisogni umani d'emergenza, incapacita' di integrare e armonizzare i piani dei diversi dipartimenti. Dunque, il Piano delle 21 citta' e' volenteroso ma la sfida sara' applicarlo. A proposito di ricorrenze, se il 2010 e' l'anno internazionale della biodiversita', l'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) ha decretato il 2008 "anno degli anfibi". Perche' e' minacciato di estinzione un terzo delle specie di rane, rospi, salamandre, tritoni, cecilie. Ne sono responsabili la perdita degli habitat, i cambiamenti climatici, l'inquinamento, nuove malattie. 3. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: OZONO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 settembre 2008, col titolo "Problema ozono"] Il problema dell'assottigliamento della fascia di ozono nella stratosfera non e' piu' da tempo al centro dei riflettori, surclassato, fra l'altro, dal riscaldamento globale. Ma queste due spade di Damocle si incrociano in piu' punti, pericolosamente sopra le nostre teste. Lo strato di ozono funge da filtro per le radiazioni ultraviolette solari che possono essere dannose per la pelle umana, ed anche causare una parziale inibizione della fotosintesi delle piante e distruggere frazioni importanti del fitoplancton che e' alla base della catena alimentare marina. L'assottigliamento della fascia si e' manifestato a partire dagli anni '80, a causa dei clorofluorocarburi (Cfc), gas industriali impiegati in molti processi e merci, ad esempio nella refrigerazione. Il 16 settembre 1987 fu firmato il Protocollo di Montreal che li mise al bando, ma con periodi di tolleranza. L'accordo prevedeva una riduzione del 50% della produzione e uso dei Cfc entro il 1999. I Cfc furono sostituiti dagli Hcfc (idroclorofluorocarburi), meno dannosi per l'ozono ma comunque potenti gas serra, cosi' come gli Hfc (quantomeno innocui per la fascia di ozono). L'anno scorso si e' raggiunto un accordo per eliminare anche gli Hcfc ma non gli Hfc. Come spiega Greenpeace, e' come passare "dalla padella alla brace". Intanto, se tutto andra' bene la fascia non tornera' allo spessore originario prima del 2050. Se tutto andra' bene... ma non pare. L'Organizzazione meteorologica mondiale (www.wmo.ch), che fa parte del sistema Onu, ha un sistema di misurazione chiamato Global Atmosphere Watch (Gaw) e ha pubblicato alla fine di agosto uno dei suoi bollettini sullo stato dell'ozono stratosferico in Antartide, l'area dove l'assottigliamento e' piu' drammatico. Ebbene ieri in occasione della Giornata mondiale per la salvaguardia della fascia di ozono (nell'anniversario di Montreal) la Wmo ha comunicato che nel 2008 sull'Antartide il buco - che ogni anno raggiunge il suo massimo fra fine settembre e inizio ottobre - e' piu' esteso che nel 2007. Il 13 settembre le misurazioni davano un buco di 27 milioni di km quadrati contro i 25 di un anno fa. Un aumento record fu registrato nel 2006 quando, dopo cinque anni di stasi, il buco arrivo' a un'estensione di 29,5 milioni di km quadrati, la maggiore mai registrata dagli anni '70, all'inizio del problema. Gia' allora la Nasa aveva fatto sapere che le mutazioni climatiche e nuove emissioni massicce di gas e aerosol nei paesi in via di sviluppo come Cina e India peggioravano la situazione. Quest'anno ci risiamo. Gli scienziati della Wmo sottolineano i possibili collegamenti fra perdita dello strato di ozono e cambiamenti climatici: "L'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera porta a un innalzamento della temperatura nella troposfera e sulla superficie del globo. Nella stratosfera, al livello a cui si trova lo strato di ozono, c'e' un effetto di raffreddamento; negli scorsi decenni, in inverno, esso e' in effetti stato osservato, sia nell'Artico che nell'Antartico. Temperature piu' basse aumentano le reazioni chimiche che appunto distruggono l'ozono. Al tempo stesso la quantita' di vapore acqueo nella stratosfera aumenta al ritmo dell'uno per cento l'anno. Una stratosfera piu' umida e piu' fredda significa piu' nubi polari stratosferiche, il che conduce probabilmente a una corrispondente maggior perdita di ozono in quelle aree". La speranza viene dal fatto che nelle latitudini temperate dove vive la maggior parte della popolazione mondiale la situazione non dovrebbe aggravarsi e anzi dovrebbe migliorare - piano piano. 4. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: ALBERI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 settembre 2008 col titolo "Puericultori di alberi"] Il governo spagnolo piantera' 45 milioni di alberi nei prossimi quattro anni per combattere la desertificazione e il degrado dei suoli accentuati dai cambiamenti climatici, e al tempo stesso per contribuire a ridurre l'anidride carbonica in atmosfera. In un paese che per un terzo e' minacciato dalla desertificazione, il progetto creera' 670.000 giornate di lavoro. La riforestazione sara' realizzata con specie endemiche e interessera' in totale 61.300 ettari. Un'azione ugualmente importante anche se su scala molto piccola e' in corso nella riserva naturale Palmari', Amazzonia brasiliana. L'idea di base del progetto "Sembrando Selva" e' recuperare specie arboree (da frutto e non) native minacciate di estinzione piantandole nelle aree forestali distrutte dall'operato umano. Il progetto coinvolge i giovani brasiliani in campi di lavoro con la comunita' locale: un risvolto educativo che, si auspica, avra' un effetto moltiplicatore. Queste due esperienze rientrano nella campagna mondiale Plant for the Planet: Billion Tree Campaign (Pianta per il pianeta: campagna "miliardi di alberi", sito: www.unep.org/billiontreecampaign/) lanciata da Wangari Maathai, Premio Nobel per la Pace nel 2004. Keniana, per decenni ha guidato il Green Belt Movement (Movimento cintura verde), che a partire dal 1977 ha mobilitato centinaia di migliaia di donne africane nella sfida di fermare la deforestazione, piantando e creando vivai. Il Green Belt ha piantato negli anni 30 milioni di alberi in tutta l'Africa. L'idea di Wangari e' stata amplificata dall'Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, che chiede a individui, comunita', associazioni, organizzazioni della societa' civile, mondo dell'economia e governi di impegnarsi a riempire il pianeta di altri alberi, non solo piantandoli ma accompagnandone la crescita. All'inizio si puntava sul miliardo ogni anno, attualmente l'obiettivo e' arrivare a 9 miliardi entro la fine del 2009. La piantumazione e' incoraggiata nelle aree anche boschive degradate, nelle zone agricole, negli ambienti urbani. Gli alberi devono essere adatti alle condizioni locali e preferibilmente in policoltura. Il progetto e' un modo per proteggere le foreste naturali anche perche' nelle piantagioni la produttivita' per ettaro - in termini di legname - e' molto maggiore e quindi "convengono". Ricordiamo che la deforestazione divora 13 milioni di ettari all'anno; le maggiori perdite si registrano in Africa e America Latina, mentre in Europa il patrimonio forestale aumenta (malgrado gli incendi) e l'Asia conosce alterne vicende: da un lato la palma da olio che sostituisce la foresta tropicale, dall'altro i giganteschi programmi di riforestazione in Cina. Purtroppo negli ultimi anni i posti di lavoro formali nelle attivita' forestali si sono ridimensionati, ma tuttora un miliardo di persone vivono nei pressi di foreste o boschi da cui attingono risorse e 500 milioni di piccoli coltivatori nei tropici hanno alberi redditizi sui propri terreni. La campagna dell'Unep ha finora ricevuto impegni d'azione per 3,9 miliardi di alberi, mentre 2,297 miliardi sono stati gia' effettivamente piantati nei vari paesi. Il progetto chiama tutti noi a diventare, nel nostro piccolo, imitatori di Elzeard Bouffier, protagonista del mitico racconto - ma anche storia vera - di Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi. Che riusci' a riportare vita e persone in una regione diventata arida, ostica e spopolata. Possiamo essere tutti puericultori di alberi perche' un alberello si alleva anche su un balcone, e una volta cresciuto e piu' forte, si trovera' un terreno da fargli abitare. 5. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: AFRICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 settembre 2008 col titolo "Africa, ecocreditrice"] Prima ecoingiustizia. L'Africa e' fra le aree piu' ricche del mondo quanto a dotazioni in risorse naturali, non solo minerarie, eppure e' il continente piu' "ricco" di miseri e affamati. Seconda ecoingiustizia. L'Africa e' fra le zone che piu' soffrono e soffriranno per i cambiamenti climatici (secondo il rapporto Fao "Climate Change Adaptation and Mitigation: Challenges and Opportunities for Food Security", subira' un declino del 30% nei raccolti cerealicoli); eppure salvo eccezioni sono gli abitanti dell'Africa ad avere in media l'impronta climatica pro capite piu' leggera, ovvero a contribuire in misura minore al caos climatico (lo confermano, seppur con alcune inesattezze, i grafici riportati dal supplemento speciale del "Financial Times" intitolato "Climate Change. Part two: Policy"). Terza ecoingiustizia. L'Africa e' titolare di un importante credito ecologico nei confronti del resto del mondo e in particolare dell'Occidente; eppure e' considerata debitrice finanziaria e al tempo stesso destinataria di "aiuti" (virgolette d'obbligo) internazionali... che coprono una parte irrisoria dell'ecodebito mondiale verso l'Africa. Convenzionalmente si definisce "debito ecologico" il debito accumulato verso le nazioni impoverite durante lo sfruttamento delle risorse naturali il quale provoca spesso problemi di inquinamento idrico e atmosferico, distruzione di terre, spostamenti di popolazioni, malattie, concentrazione di ricchezza. Sul rapporto fra aiuti e danneggiamenti all'Africa si e' soffermato un articolo dell'agenzia stampa "Inter Press Service" riferendo di un Forum tenutosi ad Accra, capitale del Ghana, agli inizi di settembre. L'African Forum & Network on Debt & Development (Afrodad), coalizione basata in Zimbabwe che lavora sul problema del debito finanziario dei paesi africani, ha sottolineato che l'impatto ecologico (e dunque sociale: sulle vite dei poveri) legato allo sfruttamento delle risorse naturali non viene tenuto sufficientemente in conto nelle discussioni, appunto, sull'efficacia degli aiuto per lo "sviluppo". Senza negare le responsabilita' dei governi africani, Afrodad ritiene che sia proprio il prelievo internazionale di quelle abbondanti risorse naturali a tenere il continente con la testa sott'acqua impedendogli di uscire dal ciclo della poverta', e far si' che chieda sempre piu' aiuti. Attivisti dello Zambia hanno compiuto uno studio sull'impatto delle miniere di rame nel loro paese; uscira' fra poche settimane. Lo Zambia e' il settimo produttore mondiale di questo metallo. Nel 2007 ne ha prodotte 521.984 tonnellate e il governo prevede di salire a 600.000 tonnellate. E pero' secondo il rapporto sia il governo che - soprattutto - la popolazione zambiana vedono molto poco della ricchezza prodotta: le miniere sono nelle mani del settore privato, comprese molte compagnie straniere. Il governo riceve solo una minima percentuale del profitto annuale, e intanto i privati si arricchiscono e i problemi ecologici si moltiplicano. La "cintura del rame" (la fascia mineraria), che non rispetta gli standard internazionali, e' inquinata dalla polvere delle miniere e dai rifiuti dell'estrazione. Che fare? Per gli attivisti antidebito africani la risposta e' semplice - ma difficilissima da ottenere: i paesi coinvolti nello sfruttamento minerario in Africa devono pagare il debito accumulato. "Se vogliamo che gli africani escano dalla miseria". Insomma: quella che e' pomposamente chiamata "cooperazione internazionale" cominci a restituire il maltolto... 6. LIBRI. RANIERI POLESE INTERVISTA SILVIA BALLESTRA [Dal "Corriere della sera" del 18 settembre 2008 col titolo "Il mio viaggio nell'Italia della 194" e il sommario "Un libro inchiesta sul mondo dei consultori, dei reparti maternita', dei medici. E il lacerante dibattito sulla vita. Silvia Ballestra: E' in corso una campagna che trascura la realta'". Ranieri Polese (Pisa, 1946) laureato in filosofia, giornalista, ha lavorato alla "Nazione" e all'"Europeo", dal 1989 lavora al "Corriere della sera", di cui e' inviato culturale. Silvia Ballestra e' scrittrice e traduttrice. Dal sito www.municipio.re.it riprendiamo la seguente breve autopresentazione di alcuni anni fa: "Sono nata nelle Marche nel 1969. Sono laureata in lingue e letterature straniere moderne. Ho esordito nel 1990 nell'antologia Papergang, Under 25, terzo volume curata dallo scrittore Pier Vittorio Tondelli. Il mio primo libro Compleanno dell'iguana e' uscito nel 1991, contemporaneamente, da Transeuropa e Mondadori. E' stato tradotto in Francia, Portogallo, Germania. Segue il romanzo La guerra degli Anto', del 1992, sempre per Transeuropa e Mondadori. Da questo libro e' stato tratto il film, uscito nel 1999, per la regia di Riccardo Milani. Nel 1994 e' uscita la raccolta Gli orsi per la Feltrinelli, nel 1996 la lunga intervista biografica a Joyce Lussu: Joyce L., una vita contro (Baldini e Castoldi), nel 1998 il romanzo La giovinezza della signorina N.N., una storia d'amore (Baldini e Castoldi)... Insieme a Giulio Mozzi ho curato il primo volume dell'antologia Coda riservata ai giovani under 25 edita da Transeuropa. Ho curato poi diverse traduzioni dal francese e dall'americano. Attualmente vivo e lavoro a Milano. Ho iniziato a scrivere a 18 anni. Ero al primo anno di Universita', a Bologna, e ricordo di aver comprato il secondo volume dell'antologia curata da Pier Vittorio Tondelli, che conoscevo gia' come autore di Altri libertini e Pao Pao. Scrissi forse quattro o cinque racconti e li inviai alla Transeuropa: dopo circa un anno di silenzio fui contattata da Massimo Canalini, l'editor che si occupava della narrativa. Tondelli aveva letto le mie cose e promise di metterle nel nuovo volume. Nel frattempo (sono passati tre anni per arrivare alla pubblicazione) ogni volta che scrivevo qualcosa di nuovo lo sottoponevo a Canalini - la Transeuropa aveva sede bolognese - e insieme discutevamo il da farsi. Cosi', da un racconto intitolato "Yes, ya, oui, ya, si'" e' emersa la figura del giovane pescarese Anto' Lu Purk, un personaggio punk che in quella storia ambientata all'Isola del Kantiere svolgeva un ruolo secondario, sullo sfondo. Canalini mi suggeri' di lavorare su quel personaggio e su quella lingua, abbandonando certi miei toni piu' trucidi e cupi per dedicarmi a qualcosa di piu' comico e ridanciano. Nacque cosi' il racconto lungo "La via per Berlino" seguito poi da La guerra degli Anto', romanzo che era gia' pronto prima della pubblicazione d'esordio e cioe' prima del Compleanno dell'iguana. A quell'epoca - ma anche adesso, perche' certi autori fondamentali li leggo e rileggo spesso - leggevo soprattutto libri americani. Inutile dire che si scrive perche' si legge, perche' si conosce l'immenso piacere della scrittura. Per quanto mi riguarda, la mappa dei miei scrittori di riferimento me la sono costruita da sola, nel tempo, senza che nessuno mi aiutasse ad orientarmi, almeno all'inizio. Voglio dire, e' anche una grande soddisfazione fare le proprie scoperte, trovarsi da soli, in libreria o in biblioteca, un buono scrittore e leggere tutto quello che ha scritto. In seguito, a volte per strani percorsi, c'e' stata una ulteriore selezione che ha ristretto il campo agli autori 'utili' per scrivere. Carver e' sempre stato il mio preferito, ma c'erano anche Selby, Brautigan, Mc Inerney, Leavitt, ovviamente Hemingway, Steinbeck, Caldwell, il grandissimo Salinger (i racconti e i libri meno noti), Bukowski, Fante e Shepard. Ho confessato tutto, anche alcuni che oggi potrei rinnegare come questi ultimi tre. Poi c'e' stata la scoperta di alcune scrittrici come la O' Connor, Edna O' Brien, Grace Paley, piu' alcune giovani americane. Per quanto riguarda i classici, essendomi laureata in lingue, posso dire di conoscere bene la letteratura francese e inglese, piu', ovviamente, i grandi russi che spero tutti abbiano letto, in particolare Cechov. Fra gli italiani, fondamentali per me sono stati Arbasino, ovviamente Tondelli, Luigi di Ruscio e Joyce Lussu. Fra i giovani seguo con particolare attenzione il lavoro di Claudio Piersanti, Romolo Bugaro, Andrea Demarchi e Enrico Brizzi". Opere di Silvia Ballestra: (con Guido Conti e Raffaella Venarucci), Papergang (under 25 III), Transeuropa, 1990; Compleanno dell'iguana, Mondadori e Transeuropa, 1991; La Guerra degli Anto', Mondadori e Transeuropa, 1992; Gli orsi, Feltrinelli, 1994; (con Joyce Lussu), Joyce L. Una vita contro, Baldini & Castoldi, 1996; Il disastro degli Anto', Baldini Castoldi Dalai, 1997; La giovinezza della signorina N. N. Una storia d'amore, Baldini Castoldi Dalai, 1998; Romanzi e racconti, Theoria, 1999; Nina, Rizzoli, 2001; Il compagno di mezzanotte, Rizzoli, 2002; Senza gli orsi, Rizzoli, 2003; Tutto su mia nonna, Einaudi, 2005; La seconda Dora, Rizzoli, 2006; Contro le donne nei secoli dei secoli, Il Saggiatore, 2006; Piove sul nostro amore, Feltrinelli, Milano 2008] Il titolo, Piove sul nostro amore (Feltrinelli, pp. 174, euro 14), ripreso com'e' da Modugno - Piove: ma piove piove sul nostro amor - farebbe pensare a un romanzo sentimentale riveduto in chiave post-avanguardia, visto che l'autrice e' Silvia Ballestra (Il compleanno dell'Iguana, La guerra degli Anto'). Invece non e' un romanzo. E se di un sentimento si deve parlare, e' l'indignazione con cui la scrittrice compie un viaggio nell'Italia del 2008 per vedere se c'e' davvero, come dicono i cattolici e i pro life, "un'emergenza legata ai temi della vita, se davvero italiane e italiani si sentono minacciati dal dilagare dell'aborto, dall'abuso della pillola del giorno dopo, dal rischio dell'eugenetica". A 30 anni dalla 194 (promulgata il 22 maggio 1978, confermata tre anni dopo dalla sconfitta del referendum abrogativo proposto dal Movimento per la vita: il 67,9% di no), l'interruzione volontaria di gravidanza funziona: il numero di aborti e' dimezzato. Perche' dunque l'indignazione? "Perche' - dice Ballestra - e' in atto una campagna feroce contro l'aborto, che si prende grandissimi spazi su giornali e tv, e che vede un fronte d'attacco composito che va dal papa - dai papi, direi, anche Giovanni Paolo II non ci andava leggero - ai medici obiettori sempre piu' numerosi, dai movimenti pro life diffusi ovunque fino a Giuliano Ferrara, che ha partecipato alle ultime elezioni politiche con una lista a sostegno della sua proposta di moratoria sull'aborto". Si', ma la lista Ferrara ha preso solo lo 0,3% dei voti. "E' vero. Pero', intanto, si e' creato un clima di demonizzazione dell'aborto. Si sono usati termini come 'assassinio' o 'eugenetica', equiparando l'aborto terapeutico previsto dalla legge alle pratiche naziste. Quando, in febbraio, a Napoli la polizia entro' nel reparto di Ostetricia e ginecologia dove una donna aveva fatto un aborto terapeutico perche' il figlio concepito era affetto da gravi malformazioni...". La polizia era stata chiamata da un portantino che denunciava un infanticidio: falso, ma il giudice autorizzo' l'invio di una donna poliziotto. Il giornale di Ferrara denuncio' quel caso come l'omicidio di un bambino malato, un caso di eugenetica nazista. "E' stato uno dei picchi raggiunti da questa ondata antiabortista. Tutto era cominciato qualche anno prima, con la brutta legge 40 (19 febbraio 2004) sulla procreazione assistita: il riconoscimento dei diritti per l'embrione e' un primo passo per togliere diritti alle donne. E' chiaro che se quello e' un essere vivente con i suoi diritti, chi abortisce e' un'assassina. E' assurdo, perche' la donna e l'embrione non sono esseri indipendenti". Da allora, ricorda Ballestra nel libro, le donne sono tornate in piazza: nel 2006 con la manifestazione Usciamo dal silenzio, quest'anno per protestare contro i fatti di Napoli. "Le donne a quel diritto conquistato non vogliono piu' rinunciare. Ma non si puo' non vedere - dice Ballestra - come gli antiabortisti ormai, giorno dopo giorno, si fanno piu' insistenti". Proliferano siti pro life che mostrano feti maciullati; nelle strutture pubbliche ci sono sempre piu' medici obiettori; farsi prescrivere la pillola del giorno dopo ("un anticoncezionale, si badi bene - ribadisce l'autrice - che in altri Paesi e' in vendita tra i prodotti da banco") e' un'impresa; e per la Ru486 ("un farmaco abortivo") e' cominciato il turismo sanitario. Indignata contro questo clima ("sembra che tutti abbiano dimenticato la differenza sostanziale: i laici non vogliono imporre niente a nessuno, aborti o eutanasia; sono i cattolici che vogliono impedire agli altri di esercitare la propria liberta' di scelta"), Ballestra va in giro nell'Italia 2008 raccogliendo storie di donne, di medici, di ospedali, di consultori, di antiabortisti. L'inizio e' a Roma, l'8 marzo, con il ricevimento delle donne in Quirinale e il comizio della lista Ferrara a piazza Farnese; prosegue con la descrizione di due riunioni di Cav (Centri d'aiuto alla vita, ormai fortemente presenti anche negli ospedali), una a Magenta e una a Corbetta. A Corbetta parla il professor Mario Palmaro (docente di bioetica della Pontificia Universita' Regina Apostolorum) che dice che la legge 194 "trasforma un delitto in un diritto" e che contando 4 milioni e 800 mila aborti compiuti dall'entrata in vigore della legge, afferma che i 4 milioni e 800 mila donne che li hanno fatti "sono una bomba atomica antropologica spolverata sulla nostra societa'". Ci sono, poi, tre lunghe interviste. Una al professor Francesco Dambrosio, il medico-simbolo della Mangiagalli di Milano oggi in pensione, denunciato nell'88 per gli aborti terapeutici con la sua equipe, assolto nel 2000. Un'altra e' con il dottor Silvio Viale di Torino, che usa la Ru486 ed e' indagato per "violazione della legge 194". C'e' infine un lungo colloquio con la storica Anna Bravo, che in un'intervista a "La Repubblica" disse: ´"Tendevamo a sorvolare sul fatto che le vittime erano due, la donna e anche il feto". Scatenando le reazioni di tante che, preoccupate dalla crescente ondata cattolica, le rimproveravano di fare il gioco del nemico. Invece, sostiene la storica, proprio l'aver lasciato in ombra la questione etica ha concesso tanto terreno agli antiabortisti, che oggi si ergono come depositari della morale. Certo, di aborto le donne non parlano molto. Pochi film e libri ne trattano, anche se recentemente due pellicole - l'americano Juno, il rumeno Quattro mesi, tre settimane, un giorno - hanno fatto discutere. Rimane, l'aborto, l'oggetto di confidenze tra amiche, un pegno di complicita'. "Nessuna donna - scrive Ballestra - ha mai abortito con leggerezza". Pesa, comunque, il silenzio. Ora soprattutto che i pro life alzano la voce. E magari, dice Ballestra, andrebbe ricordato che i pro choice sostengono la liberta' per la donna di scegliere, e la donna puo' pure scegliere di avere il figlio. Senza forzature altrui, pero'. Del resto - ed e' il tema del bellissimo ultimo capitolo - quelli che gridano tanto di essere "per la vita", che ne sanno davvero della vita? E' il messaggio con cui Betty, infermiera in pediatria all'Ospedale di Padova, invita a visitare quelle corsie "dove si trovano bimbi costretti a una vita di sofferenze". In molti casi, dice, non c'e' stata una diagnosi prenatale, o e' stata fatta male. Ci sono i prematuri che vengono rianimati una, due, dieci volte: "A un certo punto, quando i genitori non ce la fanno piu', quando il bambino non ce la fa piu', lo lasci andare". A Padova, nella Basilica del Santo, dietro la tomba di Sant'Antonio ci sono le foto dei bambini che ce l'hanno fatta; ma anche i biglietti delle mamme che i bambini li hanno persi, ma ringraziano Dio che ha posto fine alle sofferenze di quei poverini. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 210 del 25 settembre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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