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Minime. 585
- Subject: Minime. 585
- From: "nbawac at tin.it" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 21 Sep 2008 22:19:40 +0100 (GMT+01:00)
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 585 del 21 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Ricciardo Aloisi: Il cinque ottobre il voto vicentino 2. Uccidere ed essere uccisi e' la guerra 3. Umberto Eco ricorda Kurt Vonnegut (2007) 4. Marina Verzoletto: Bela Bartok 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. RICCIARDO ALOISI: IL CINQUE OTTOBRE IL VOTO VICENTINO [In vista del referendum del 5 ottobre a Vicenza per impedire la realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin" anche il nostro vecchio amico Ricciardo Aloisi ha scritto queste righe di amicizia e sostegno alle persone vicentine impegnate per la pace, la legalita' costituzionale, il diritto alla vita dell'umanita' intera (per informazioni sul referendum del 5 ottobre a Vicenza si visiti il sito: www. dalmolin5ottobre.it)] Il cinque ottobre il voto vicentino non tratta solo di un lembo di terra riguarda invece se di pace o guerra vogliamo sia il comun nostro destino. Alla crudele man dell'assassino, al riarmo stritolante cio' che afferra, al riarmo che tutto atterrisce e atterra, si opponga del diritto il buon cammino. Si opponga al male la volonta' buona si opponga alla barbarie il civil lume si opponga alla violenza la saggezza prevalga sulle tenebre chiarezza ceda il pessimo all'ottimo costume: tutti i diritti umani a ogni persona. 2. EDITORIALE. UCCIDERE ED ESSERE UCCISI E' LA GUERRA Uccidere ed essere uccisi e' la guerra. Vivere insieme aiutandosi e' la pace. * Cessi la guerra afgana stragista e terrorista. Cessi la scellerata partecipazione italiana ad essa. * Solo la pace salva le vite. Dell'umanita' e' nemica la guerra. 3. MEMORIA. UMBERTO ECO RICORDA KURT VONNEGUT (2007) [Dal settimanale "L'espresso", n. 18, 2007, col titolo "L'anti-utopia di Vonnegut" Umberto Eco e' nato ad Alessandria nel 1932, docente universitario, saggista, romanziere, e' probabilmente il piu' noto intellettuale italiano a livello internazionale. Tra le opere di Umberto Eco segnaliamo particolarmente Opera aperta, Diario Minimo (Mondadori), Apocalittici e integrati, La struttura assente, Trattato di semiotica generale, Il superuomo di massa (Cooperativa scrittori, poi Bompiani), Lector in fabula, Semiotica e filosofia del linguaggio (Einaudi), I limiti dell'interpretazione, Il secondo diario minimo, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea (Laterza), Sei passeggiate nei boschi narrativi, Cinque scritti morali, Kant e l'ornitorinco, La bustina di Minerva, Sulla letteratura, Dire quasi la stessa cosa, A passo di gambero, tutti editi presso Bompiani (ad eccezione di quelli diversamente segnalati). Opere su Umberto Eco: Teresa De Lauretis, Umberto Eco, La Nuova Italia, Firenze 1981; Renato Giovannoli (a cura di), Saggi su "Il nome della rosa", Bompiani, Milano 1985, 1999; AA. VV., Semiotica: storia, teoria, interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani, Milano 1992 (con una utile bibliografia di e su Eco); Roberto Cotroneo, Eco: due o tre cose che so di lui, Bompiani, Milano 2001. Kurt Vonnegut (Indianapolis, 1922 - New York, 2007) e' uno dei maggiori scrittori del Novecento; nel 1944 prigioniero di guerra in Germania assistette alla distruzione di Dresda. Per tutta la vita ha lottato contro la guerra e contro ogni fascismo con le armi della poesia. Opere di Kurt Vonnegut: romanzi: Player Piano,1952; The Sirens of Titan, 1959; Mother Night; 1961; Cat's Cradle, 1963; God Bless You, Mr. Rosewater or Pearls Before Swine, 1965; Slaughterhouse-Five or the Children's Crusade, 1969; Breakfast of the Champions or Goodbye Blue Monday!, 1973; Slapstick or Lonesome No More, 1976; Jailbird, 1979; Deadeye Dick, 1982; Galapagos, 1985; Bluebeard, 1987; Hocus Pocus, 1990; Fates worse than death, 1991; Timequake, 1997; God Bless You, Dr. Kevorkian, 1999; raccolte di racconti: Welcome to the Monkey House, 1968; raccolte di saggi: Wampeters, Foma & Granfalloons, 1974; Palm Sunday: An Autobiographical Collage, 1981; A Man without a Country, 2005; opere di Kurt Vonnegut in traduzione italiana: Mattatoio n. 5 o la crociata dei bambini, Mondadori, 1970, Feltrinelli, 2003; La colazione dei campioni. Ovvero addio triste lunedi', Rizzoli, 1974, Eleuthera, 1992, 1999, Feltrinelli 2005; Le sirene di Titano, Nord, 1981, Eleuthera, 1993, Feltrinelli, 2006; Un pezzo da galera, Rizzoli, 1981, Feltrinelli 2004; Madre notte, Rizzoli, 1984, Bompiani 2000, Feltrinelli 2007; Il grande tiratore, Bompiani, 1984, 1999; Ghiaccio nove, Rizzoli, 1986, Feltrinelli, 2003; Comica finale. Ovvero non piu' soli, Eleuthera, 1990, 1998; Galapagos, Bompiani, 1990, 2000; Perle ai porci. Ovvero Dio la benedica Mr. Rosewater, Eleuthera, 1991, 1998, poi col titolo Dio la benedica, Mr Rosewater o perle ai porci, Feltrinelli, 2005; Benvenuta nella gabbia delle scimmie, SE, 1991; Hocus pocus, Bompiani, 1991, 2001; Il potere, il denaro, il sesso secondo Vonnegut, Eleuthera, 1992; Barbablu', Bompiani, 1992; Piano meccanico, Mondadori, 1994, SE, Feltrinelli, 2004; Catastrofi di universale follia, Mondadori, 1994; Buon compleanno Wanda June, Eleuthera, 1995; Cronosisma, Bompiani, 1998; Dio la benedica dott. Kevorkian, Eleuthera, 2000; Divina idiozia. Come guardare al mondo contemporaneo, E/O, 2002; Destini peggiori della morte. Un collage autobiografico, Bompiani, 2003; Un uomo senza patria, Minimum Fax, 2006. Nel nostro notiziario cfr. anche "Minime" n. 64, "La domenica della nonviolenza" n. 108, "Voci e volti della nonviolenza" n. 58] Una quindicina di giorni fa e' morto un amico, Kurt Vonnegut. Aveva ottantacinque anni, ma al giorno d'oggi si poteva vivere ancora un poco, e sono molto triste. D'altra parte aveva rischiato di morire gia' nel 1945: aveva combattuto nella battaglia delle Ardenne, era stato preso prigioniero e mandato a Dresda, giusto in tempo per gustarsi il famoso bombardamento di quella citta' (fatto dai suoi), che gli aveva poi ispirato uno dei suoi libri piu' belli e disperati (diventato poi libro di culto per pacifisti). Si era trovato tra i soli sette prigionieri americani sopravvissuti al bombardamento, perche' era rinchiuso nella cella sotterranea di un mattatoio, ed ecco il perche' del titolo del libro, Mattatoio n. 5 (Slaughterhous-five). Molti suoi libri sono stati pubblicati piu' volte da editori diversi, forse perche' inizialmente passava per scrittore di fantascienza - e in un certo senso lo era - ma solo dopo si e' capito che era un moralista che scriveva utopie negative, come Orwell. Il suo primo libro del 1952, Player Piano, e' apparso per la prima volta nel 1969 come La societa' della camicia stregata in una collana sf, poi nel 1979 come Distruggete le macchine in un'altra collana sf, infine nel 2004 come Piano meccanico da Feltrinelli. Come dice la prefazione "non e' un libro sulle cose come sono ma come potrebbero essere", ed e' apologo amarissimo sul trionfo della tecnologia. Anche il suo secondo libro, del 1959, Le sirene di Titano, viene pubblicato nel 1965 sempre da La Tribuna, con una mia prefazione. Non ne ho piu' una copia, non lo trovo sulle bancarelle e non ricordo piu' che cosa ne avevo scritto. Poi e' riapparso nel 1993 presso Eleuthera e recentemente di nuovo da Feltrinelli. E' un libro delirante e difficile da riassumere, se non si va a coglierne il senso negli ultimi capitoli. Quasi 500.000 anni avanti Cristo dal pianeta Tralfamadore (di cui Vonnegut parla anche in altri romanzi) viene inviato un automa messaggero per recare un messaggio segretissimo agli estremi confini della Galassia. Un 300.000 anni dopo il messaggero deve fermarsi per un guasto su Titano, e gli mancano ancora 18 milioni di anni luce alla meta. Manda appelli a casa per chiedere un indispensabile pezzo di ricambio, ma a quelle distanze le comunicazioni viaggiano lentamente e il naufrago stellare si rende conto che da Tralfamadore gli inviano messaggi interlocutori in forma di misteriosi geroglifici che egli vede sulla superficie della Terra. Queste "scritture" sono Stonehenge, la Grande Muraglia cinese, la Domus Aurea, il Cremlino, il palazzo della Societa' delle Nazioni, e questo scambio epistolare prende piu' di duemila anni. Alla fine si capisce che tutta la storia della Terra era stata finalizzata dai tralfamadoriani al solo scopo di far pervenire il pezzo di ricambio su Titano. Una volta il ricambio finalmente arrivato (a prezzo di molte stragi che coinvolgono la Terra e Marte), il messaggero (contravvenendo agli ordini, per esasperazione) apre il messaggio e si rende conto che dice "Saluti". Se si avesse qualche dubbio sul pessimismo di Vonnegut, questa storia basterebbe. Ma ricordero' anche, tutti tradotti in italiano, Comica finale, Dio la benedica signor Rosewater, La colazione dei campioni, Dio la benedica dottor Kevorkian, Hocus pocus, Il grande tiratore, Barbablu', Destini peggiori della morte, Cronosisma e Galapagos, Ghiaccio-nove e Un pezzo da galera. Feltrinelli ha appena ripubblicato, dopo un'edizione Se (1993), Madre notte. Qui trovo questo dialogo: "- Tu odi l'America, non e' vero?, disse. - Odiarla sarebbe stupido almeno quanto amarla - dissi. - Non riesco a provare nessuna emozione; la terra di per se' non mi interessa. Non riesco a pensare in termini di confini. Per me quelle linee immaginarie non sono piu' reali degli elfi e dei folletti. Non posso credere che indichino veramente l'inizio o la fine di qualche cosa di importante per un essere umano. Le virtu' e i vizi, il piacere e il dolore attraversano le frontiere a loro piacimento". 4. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: BELA BARTOK [Dal mensile "Letture", n. 625, marzo 2006, col titolo "Bela Bartok" e il sommario "Tra avanguardia dodecafonica e ripiegamento neoclassico, il maestro ungherese trovo' nel canto popolare e nelle profonde sonorita' della natura l'alternativa per un rinnovamento 'umanistico' del linguaggio musicale"] Alla musica colta del Novecento fu luogo comune rimproverare il distacco dal pubblico e l'astrattezza intellettualistica. L'accusa colpi' soprattutto l'avanguardia atonale e dodecafonica, imputata di aver abbandonato il "naturale" linguaggio armonico-tonale per un'organizzazione dei suoni estranea all'orecchio e al cuore, ma non risparmio' neppure i "neoclassici", biasimati come sterili, accademici ripetitori. Tra gli autori che con maggiore coerenza e originalita' tentarono di evadere da questo dilemma, l'ungherese Bela Bartok occupa una posizione di rilievo. Bartok nacque da una famiglia piccolo-borghese, in un paese periferico dell'impero di Francesco Giuseppe. Per trovare Nagyszentmiklos (San Nicola Maggiore) oggi dovete cercare Sinnicolau Mare, in Romania; nella geografia politica del 1881 si trovava nel regno d'Ungheria. Il padre, Bela senior, era direttore di una scuola agraria, ma, come non era infrequente nella civilissima provincia asburgica, era un appassionato musicista dilettante. Mori' tuttavia quando il figlio era ancora bambino e fu piuttosto la madre Paula, maestra di scuola e insegnante di pianoforte, a introdurre Bela junior all'arte dei suoni. La vita del ragazzino fu segnata dai frequenti trasferimenti della madre, dettati dalla precarieta' professionale ma anche dal desiderio di trovare residenza in una citta' adatta a dare al piccolo Bela una formazione musicale all'altezza del talento precocemente manifestato. Volendo cedere alle tentazioni psicologistiche non sarebbe difficile infiorare di speculazioni "freudiane" questo legame di dipendenza dalla figura femminile materna, che emerge ricorrente nella vicenda umana e nella personalita' artistica di Bartok. Connesso a questo tema e' un altro dato biografico: a tre mesi, una reazione alla vaccinazione antivaiolosa provoco' un eczema deturpante, che lo tormento' fino all'eta' di cinque anni privandolo della vita affettiva normale per un bambino di quell'eta'. Scrive Massimo Mila: "La sua prima infanzia conobbe il trauma psichico di quell'umiliante sfigurazione che lo segregava dalla compagnia e dai giochi dei coetanei, lo privava delle carezze materne, poneva una barriera disumana tra lui e il mondo esterno. Chi potra' mai esplorare i fantasmi che popolarono, nella notte dell'inconsapevolezza infantile, il buio di quella solitudine?". E vede qui "la fonte misteriosa di quelle visioni allucinate, di quei brividi immateriali che fremono nella sua musica". La dedizione della madre consenti' a Bela di fare buoni studi ginnasiali e musicali, in particolare a Posonio, l'antica residenza dei re d'Ungheria che oggi conosciamo come Bratislava, mentre per l'ufficialita' asburgica era la tedesca Presburgo. Bartok visse in prima persona l'intreccio linguistico e multietnico dell'Impero: nella famiglia materna, i Voit, si parlava tedesco. A diciott'anni, alla ricerca di un conservatorio prestigioso dove completare la propria formazione, dopo aver esitato tra Vienna e Budapest opto' per la scelta nazional-patriottica. A Budapest si scontro' con un milieu socio-culturale molto diverso da quello contadino o provinciale al quale era abituato. In fase di brillante crescita urbanistica, la citta', nelle sue elites musicofile, mostrava un melting pot di ebrei assimilati e cosmopoliti, folta comunita' germanofona, piccola nobilta' inurbata e borghesia magiara medio-alta. In tale contesto dovette chiarire, in primo luogo a se stesso, la sua posizione rispetto al "nazionalismo" politico e musicale. * Popolare e popolaresco La sua carriera di compositore era iniziata a nove anni, quando con la madre risiedeva a Nagyszollos (oggi Vinogradov, in Ucraina). Fu qui che nacquero brevi pezzi pianistici, perlopiu' convenzionali forme di danza, e brani a programma tra cui Il corso del Danubio. Il riferimento e' evidentemente la Moldava di Smetana: siamo ancora a un nazionalismo musicale romantico che dipinge quadretti con le bellezze del suolo natio, citando motivi popolareschi. A quattordici anni il catalogo era arrivato all'opera 31. A quel punto intraprese la composizione di una Sonata per pianoforte e ricomincio' da capo la numerazione, disconoscendo i lavori precedenti. Ma anche questa era una falsa partenza e la definitiva Opera 1 fu la Rapsodia per pianoforte e orchestra del 1904. La Sonata coincide con il trasferimento, nel 1894, a Bratislava e con l'inizio di piu' regolari studi di pianoforte e composizione con Laszlo Erkel. Nella scelta della forma classica per eccellenza leggiamo la vicinanza con la Vienna di Brahms e di Eduard Hanslick, il teorico del Bello musicale. Erkel, anche se il suo rapporto con Bartok fu breve (mori' nel 1896 e fu sostituito da Anton Hyrtl), rappresento' invece il legame con l'altra corrente della musica germanica di fine Ottocento, quella lisztiana, e al tempo stesso con un certo retaggio "ungherese": Laszlo era figlio di Ferenc Erkel, artefice del primo tentativo sistematico di creare nell'Ottocento una musica nazionale ungherese. Ferenc Erkel aveva assunto come base del suo linguaggio quella che nel XIX secolo si considerava espressione originale e tipica del popolo magiaro, il cosiddetto verbunkos. L'etnomusicologia sa oggi, anche grazie agli studi dello stesso Bartok e di Kodaly, che questa musica di danza usata dall'esercito imperiale nella Werbung, ossia l'arruolamento di reclute, deriva invece dal folclore tzigano. Bartok eredito' quindi da Erkel l'equivoco tipicamente ottocentesco che aveva fatto denominare ungheresi le Rapsodie di Liszt e le Danze di Brahms, caratteristicamente strutturate sulla successione lassu (parte lenta) - friss (parte veloce e progressivamente accelerata). Lo stesso verbunkos aveva poi dato origine alla csardas e in questo passaggio si era ulteriormente accentuato il suo carattere "inautentico". Non si trattava in effetti di vera musica "popolare", bensi' di generi "popolareschi", frutto della contaminazione del materiale ritmico- melodico tzigano con il lessico armonico della musica classica e con le sue tecniche strumentali virtuosistiche. In questa forma equivoca la musica di fine Ottocento aveva accolto lo stile "all'ungherese" come una moda di successo. Un personaggio significativo di questa situazione e importante per la carriera di Bartok fu Erno Dohnanyi. Di quattro anni piu' anziano, Dohnanyi fu per il giovane Bartok modello e mentore. Fu lui a orientarlo verso l'Accademia di Budapest e non verso il Conservatorio di Vienna; successivamente si adopero' con il suo grande prestigio di interprete (fu anche direttore d'orchestra) per divulgare in tutto il mondo la nuova musica ungherese. A Budapest, Bartok scopri' Wagner e si accese d'entusiasmo per il nuovo, smaliziato modernismo tedesco di Richard Strauss. Prodotto di umori patriottico-nazionalisti contraddittoriamente tradotti nel linguaggio dei dominatori germanici, aggiornato al variopinto turgore orchestrale straussiano, lo stile al termine di questa lunga e complessa formazione giovanile e' illustrato dal poema sinfonico "risorgimentale" Kossuth (1903) e, con piu' originale riuscita artistica, dalla Rapsodia op. 1, con le sue "immagini araldiche di un'Ungheria cavalleresca e feudale" (Mila). * Alla ricerca del canto perduto Il 1904 fu l'anno della svolta. Kossuth venne eseguita a Budapest il 13 gennaio, con entusiastiche reazioni del pubblico precedute invece, durante le prove, dalle proteste degli orchestrali di etnia tedesca per il trattamento caricaturale dell'inno imperiale haydniano Gott erhalte. Decollo' anche la carriera internazionale, sia del pianista, sia dell'autore, con lo stesso Kossuth presentato a Manchester dal grande direttore wagneriano Hans Richter. Di ritorno dalla lunga tournee in Inghilterra e Germania, scelse Gerlicepuszta (ora Ratko'), nella campagna slovacca, per una tranquilla villeggiatura estiva da dedicare alla composizione e alla preparazione dei concerti pianistici della prossima stagione invernale. Nella sua stessa casa soggiornava una famiglia di Budapest con la cameriera, una certa Lidi Dosa, di etnia szekely (minoranza magiara della Transilvania). Fu dalla sua voce che Bartok udi' per la prima volta un vero canto popolare ungherese, Piros alma (Mela rossa): tanto lo colpi' che la invito' a cantargliene altri. Ci vorra' tempo perche' questo interesse maturi in una scelta estetica radicale e produca frutti compositivi, ma il seme era gettato. Nel 1905 nuove esperienze arricchirono i registri linguistici di Bartok, aiutandolo a liberarsi dai modelli germanici. In agosto si reco' a Parigi per concorrere al Premio Rubinstein. La ville lumiere lo affascino', ma a fargli apprezzare la nuova musica francese di Debussy fu piuttosto l'inizio dell'amicizia e della collaborazione con Zoltan Kodaly. Mentre Bartok aveva scoperto il canto popolare per caso, Kodaly vi si era accostato fin dall'inizio in modo sistematico e scientifico. Oltre a possedere una formazione di piu' rigorosa qualita' accademica, aveva una personalita' affascinante, che spiega perche', nonostante fosse di un anno piu' giovane, diventasse agli occhi di Bartok un punto di riferimento morale e intellettuale. L'amicizia uni' la recente passione di Bartok e le salde competenze filologiche di Kodaly in un'alleanza vincente, che si concretizzo' in una richiesta di finanziamento per una campagna di raccolta di canti szekely. Questo progetto fu attuato solo nel 1907, ma gia' il 1906 fu occupato da frenetiche spedizioni lungo il Danubio, nelle quali Bartok, quasi volesse recuperare il tempo perduto e fare ammenda degli equivoci sul verbunkos, si impadroni' dei segreti d'arte custoditi dalla cultura contadina. Un articolo del 1931 dal titolo "L'influsso della musica contadina sulla musica colta moderna" e' un'efficace sintesi dei possibili trattamenti che la melodia popolare puo' ricevere da parte del compositore. Il primo modo e' "usare la melodia contadina senza portarle alcuna modifica oppure variandola lievemente, limitandosi ad aggiungere un accompagnamento o, secondo l'occasione, includendola fra un preludio e un postludio". Non ci si faccia ingannare dall'apparente innocenza di questo approccio: si tratta in effetti dello stadio basilare, senza il quale i due successivi sarebbero impensabili. L'accompagnamento non deve tradire la melodia, in particolare non deve ingabbiarla negli schemi armonici tonica-dominante ne' tra gli accordi perfetti della tradizione occidentale colta, dato che le melodie ungheresi, di altri popoli dell'Europa orientale, della Turchia e dell'Africa settentrionale studiati da Bartok, di solito non fanno uso delle scale tonali maggiore- minore, ma di altri modi ecclesiastici o greci ovvero di scale pentatoniche o d'altro tipo, ma che in ogni caso "non portano richiamo alcuno al cosiddetto 'accordo perfetto'". Questo da' al compositore una grande possibilita' di liberarsi dalle concatenazioni tradizionali e gli permette "di far vivere le melodie nei modi piu' diversi, ricorrendo agli accordi delle tonalita' piu' lontane" o addirittura arrivando a "nuove concezioni armoniche". In secondo luogo, il compositore puo' inventare egli stesso nuove melodie secondo gli stilemi (intervalli melodici e di conseguenza armonici, scale, ritmi) della musica popolare. Bartok cita il caso di Stravinskij, che non si preoccupa di rivelare quali dei suoi temi "russi" sono citazioni e quali sono di sua creazione: circostanza che "ha importanza solo per la musicologia e non interessa affatto l'estetica". Infine, il musicista puo' astenersi sia dalla citazione, sia dall'imitazione, riuscendo comunque "a dare alla sua musica la stessa atmosfera che distingue la musica contadina". Questo accade quando la familiarita' con questo idioma e' tale che il compositore lo domina come una lingua madre: l'esempio citato e' l'amico Kodaly, in particolare lo Psalmus Hungaricus. Le tre tipologie si ritrovano, ovviamente, nella produzione dello stesso Bartok. Alla prima possiamo ascrivere, per esempio, i Venti canti popolari ungheresi e simili cicli per voce e pianoforte, le numerose raccolte per coro a cappella, i Canti contadini ungheresi per pianoforte o i cicli pianistici "rumeni" (Danze popolari, Colinde rumene). Il secondo modello e' efficacemente esemplificato fin dai Dieci pezzi facili per pianoforte, del 1908, nei nn. 5 Sera dai szekely e 10 Danza dell'orso. Il terzo, il piu' importante in quanto dimostra che nel canto popolare si possono trovare le risorse per rinnovare il linguaggio colto, si incontra pure fin dal 1907-1908 nei Due ritratti per orchestra e nelle 14 Bagatelle per pianoforte. E' poi pienamente realizzato nell'opera matura, a partire dagli anni Venti. Questo non esclude che vi si possano riconoscere influssi di altre correnti contemporanee e un radicamento nella tradizione classica, di cui fu interprete non banale come pianista. * Suoni barbari e scandalosi Nel 1907 Bartok venne nominato professore di pianoforte presso l'Accademia nazionale di musica di Budapest. Tenne la cattedra fino al 1934, quando assunse insieme a Kodaly l'incarico di organizzare la raccolta nazionale di canti popolari per l'Accademia ungherese delle scienze. Per ventisette anni la sua vita fu spartita tra l'attivita' di insegnante e di concertista in patria e all'estero, dall'autunno alla primavera, e le estati riservate alla composizione e alle spedizioni etnomusicologiche. Ventisette anni come professore di pianoforte furono un'ottima ragione per dedicare ampio spazio, anche come compositore, alla didattica dello strumento: i citati Dieci pezzi facili, la raccolta Per i bambini (1908-9, edizione riveduta 1945), Il primo contatto col pianoforte (1913) e soprattutto Mikrokosmos (1926-39), 153 brani in ordine di difficolta' progressiva in 6 volumi, "una serie di pezzi in stile diverso che rappresentano nell'insieme un piccolo universo, oppure un mondo musicale per i bambini", secondo la duplice descrizione dell'autore. Questa musica riveste un'importanza che va al di la' della sua efficacia didattica, che non si esaurisce in ginnastica digitale, ma comporta una completa educazione dell'orecchio, del gusto e dell'intelligenza del testo musicale in tutti i suoi parametri linguistici. Ma soprattutto, in un secolo di reciproche chiusure comunicative tra artisti e pubblico, dimostra che una musica decisamente innovativa non e' necessariamente astrusa e difficile, puo' essere capita... anche da un bambino. Dopo un'opera di rottura rispetto alla tradizione tonale come le Bagatelle, il pianoforte fu nuovamente protagonista di un brano provocatorio il primo febbraio 1913, quando venne per la prima volta eseguito l'Allegro barbaro composto piu' di due anni prima. Dopo un secolo durante il quale lo strumento e' stato sottoposto a ben altri maltrattamenti ci riesce difficile capire lo scalpore che accolse un brano diventato poi quasi popolare. Occorre immedesimarsi in ascoltatori avvezzi a pretendere dalla tastiera l'amabile eloquio melodico di una voce cantante o, se amanti del moderno, infervorati per le perlacee evanescenze debussyane e le scintillanti iridescenze alla Ravel. Bartok riportava il pianoforte alla natura percussiva, con una timbrica aspra, atta a far emergere un'invenzione ritmica di protervo dinamismo, uno scatenamento di energie primordiali che giustificano il titolo, non senza saporite irregolarita' d'accenti: il 1913 e' l'anno della Sagra della primavera. Una simile capacita' di inventare nuove sonorita' per destinazioni strumentali cariche di storia si consolido' come tratto distintivo del linguaggio bartokiano, diventandone elemento strutturale e non solo esteriore coloritura timbrica. Tocca in primo luogo il pianoforte, culminando nella Sonata per due pianoforti e percussione ed esprimendosi con grande originalita' nei primi due Concerti per pianoforte e orchestra e nella suite All'aria aperta, con i famosi esempi di rabbrividente, misteriosa "musica notturna" che sembra trarre il suo materiale sonoro dalle vibrazioni piu' segrete della Madre Terra. Ma investe anche, in modo forse ancora piu' sorprendente, gli archi. In particolare i sei Quartetti costituiscono una sorta di "diario intimo" del compositore e ciascuno sintetizza le piu' importanti conquiste estetiche di un periodo creativo. Viene sviluppata una tecnica di contrappunto germinale che ha il suo capolavoro nella Musica per archi, percussione e celesta. Un capitolo breve ma intenso dell'arte di Bartok e' il teatro musicale. Si apri' con l'unica opera lirica, Il castello del principe Barbablu', su libretto di Bela Balazs da un dramma di Maurice Maeterlick (lo stesso del Pelleas et Melisande di Debussy). Composta nel 1911 ma rappresentata solo nel 1918, segna la prima maturita' dell'autore e ben piu' dei tentativi di Erkel inventa ex novo l'opera ungherese, ossia un declamato melodico plasmato sulle sonorita' uniche di quella lingua. Grondante di oscuro e un po' macabro simbolismo fin de siecle, il soggetto offre a Bartok abbondanti spunti per sortilegi di invenzione timbrica, quasi un'epitome anticipatrice di quelle atmosfere notturne e inquietanti, di quelle tenebre della natura e dell'anima, che costituiscono un registro espressivo cosi' frequente e caratteristico in tanti suoi capolavori. Il secondo esperimento scenico fu Il principe di legno (piu' letteralmente, Il principe scolpito nel legno), anch'esso su soggetto fiabesco e simbolista elaborato da Balazs, ma in forma di balletto, ovvero di pantomima. Composto tra il 1914 e il 1917, anno della prima rappresentazione, reca tracce wagneriane e di Debussy, ma anche del Petruska di Stravinskij. Il vero capolavoro teatrale e' la successiva pantomima Il mandarino meraviglioso, su soggetto alquanto scabroso di Menyhert Lengyel ideato forse fin dal 1912 per una commissione dei Balletti russi di Djagilev che non ebbe seguito. Il tema, dalla novellistica orientale, dell'amante invulnerabile viene trasformato in una vicenda di attualita' con forte valenza di denuncia sociale. Iniziata nel 1917 e terminata nel 1921, ma nell'orchestrazione solo nel 1925, bloccata dalla censura ungherese, ando' in scena infine nel 1926 a Colonia e anche qui il sindaco, Konrad Adenauer, ritenne opportuno vietare dopo lo scandalo della prima rappresentazione questa "commedia di prostitute e di ruffiani", come la defini' il critico del "Koelner Stadt- Anzeiger". Con incandescente violenza espressionistica, il "contadino" Bartok vi enuncia una drammatica protesta contro l'alienazione della metropoli, rispetto alla quale l'istinto sessuale ha almeno il rango di forza vitale autentica. * L'esilio americano Nonostante il carattere schivo e riservato, Bartok non pote' evitare un certo coinvolgimento "politico" della sua arte. Desta sorpresa, per esempio, consultare i documenti di una querelle sorta quando un musicologo rumeno lo accuso' di condividere le tesi della destra ungherese che voleva la revisione dei confini stabiliti dal trattato del Trianon, solo perche' in un articolo aveva sottolineato il valore artistico della musica della minoranza magiara nella Transilvania ora rumena. Nessuno stupore invece suscita dover leggere articoli degli anni Trenta e Quaranta nei quali respinge ogni tentazione di accostare gli studi etnomusicologici a ideologie nazionaliste o, peggio, razziste. Una simile confusione nel suo caso e' impossibile, solo che si consideri il ventaglio di etnie non solo ungheresi ma slave, bulgare, turche, arabe, alle quali dedico' fatiche scientifiche e creativita' artistica. Nessuno meglio di lui sapeva quante ricchezze fossero nate, non certo dall'isolamento di presunte "razze pure", ma dai reciproci influssi che le culture da sempre si scambiano. Cooptato dalla Repubblica dei Consigli comunista di Bela Kun nel Direttorio musicale, Bartok non serbo' memoria troppo positiva di quell'esperienza; ancor meno apprezzo' la successiva "reggenza" conservatrice dell'ammiraglio Horthy. La situazione precipito' con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nell'autunno del 1940 si trasferi' negli Stati Uniti, nelle intenzioni temporaneamente, andando a infoltire la colonia di artisti esuli dall'Europa nazifascista. Sulla produzione degli anni americani i critici "modernisti" fecero piovere accuse di regressione linguistica, se non addirittura di cedimento commerciale ai gusti del pubblico. In realta' l'orientamento verso un'espressivita' piu' pacata e un linguaggio piu' limpido e lineare si era gia' manifestato nelle ultime composizioni "europee". Dopo un periodo di sterilita' dovuto alle difficolta' pratiche di ambientamento e al declinare della salute, gia' minata dalla leucemia, nacquero in questi ultimi anni due delle composizioni piu' popolari, il Concerto per orchestra, con la famosa parodia della Settima sinfonia di Sostakovic, il Terzo concerto per pianoforte e orchestra, scritto per la moglie Ditta; ma anche un lavoro "esoterico" come la Sonata per violino solo, per Yehudi Menuhin. Il Terzo concerto fu l'ultima composizione completata, anche se non perfettamente rifinita. Allo stato di abbozzo rimase il Concerto per viola, commissionato da William Primrose. Fu l'amico e allievo Tibor Serly, su incarico del figlio e della moglie di Bartok, a preparare per l'esecuzione queste partiture, con interventi che nel caso del Concerto per viola furono molto consistenti e quindi contestati nella loro aderenza alle intenzioni dell'autore. Nel 1995 e' uscita una nuova edizione piu' fedele all'autografo, curata da Peter Bartok con il violista Paul Neubauer. Essa comunque non altera la fisionomia di questo opus ultimum, estrema decantazione del "terzo stile" bartokiano. Rispetto alle opere "barbariche" ed espressioniste vi troviamo un'aspirazione alla semplicita' comunicativa: armonie piu' chiare, centri tonali piu' evidenti, dissonanze meno aspre; il canto popolare e' ormai assimilato nell'invenzione melodica. A Serly si e' rimproverato di aver adottato per il movimento lento del Concerto per viola la stessa indicazione agogica dell'omologo luogo del Terzo pianistico, "Adagio religioso". Quella di Bartok fu una religiosita' laica, che ha il suo capolavoro nella purtroppo raramente eseguita Cantata profana: un naturalismo panico, che contempla il mistero non in una trascendenza ultraterrena, ma nel segreto brulicare vitale della materia. Ma nell'ultimo periodo si ha "una depurazione dei grumi troppo spessi della materia vitale", "un posare stanco dall'affanno del vivere, che se non e' proprio assoluta certezza di pace futura, e' almeno distacco, acquisita convinzione della vanita' di tanto gioire, soffrire, sperare, lottare" (Mila). * Tra "mandarini" e Barbablu' Esiste un'integrale "doc": Bartok Bela - Complete Edition; 19 cd Hungaroton 41002 (anche in volumi per genere e cd singoli delle opere piu' importanti). L'incisione storica per eccellenza (1938), in origine Tournabout, e' documento prezioso di precaria qualita' acustica e non facile reperibilita': Sonata per due pianoforti e percussione, Bela Bartok e Ditta Pasztory-Bartok, pianoforti; cd Pearl Opal 0179. Altro famoso live, il concerto con Joseph Szigeti alla Washington Library of Congress (1940): Beethoven, Sonata "a Kreutzer"; Debussy, Sonata; Bartok, Sonata n. 2, Rapsodia n. 1, cd Hungaroton 12330. Per conoscere meglio il pianista: Bartok at the piano, 6 cd Hungaroton Hun 12326/31; Bartok recordings from Private Collections 1910/1944, 4 cd Hungaroton 12334/37. Interpretazioni storiche: Concerto per violino n. 2, Sonata per violino solo, Yehudi Menuhin, Wilhelm Furtwaengler, cd Emi 574799; Opere per pianoforte solo (integrale), Gyorgy Sandor, 4 cd Sony 68275; Mikrokosmos, Gyorgy Sandor, 2 cd Sony 52528; Quartetti per archi, Quartetto Vegh, 2 cd Music & Arts 1169. Infine, qualche titolo piu' recente: Concerti per pianoforte, Maurizio Pollini, Claudio Abbado, cd Deutsche Grammophon 415 371; Concerto per orchestra, Il mandarino meraviglioso, Simon Rattle, cd Emi 555094; Mikrokosmos, Per i bambini, Dezso Ranki, 3 cd Teldec 903176139; Quartetti per archi, Quartetto Takacs, 2 cd Decca 455 297; Il Principe di legno, Musica per archi, percussione e celesta, Antal Dorati, cd Philips 434357; Il principe di legno, Musica per archi, percussione e celesta, Suite di danze, Pierre Boulez, 2 cd Sony 64100; Il castello del principe Barbablu', Ivan Fischer, sacd Philips 470633. * Etnomusicologo oltre che compositore 1881 Nasce il 25 marzo a Nagyszentmiklos. 1886 Prime lezioni di pianoforte dalla madre Paula. 1888 Morte del padre. 1890 Prime composizioni (Il corso del Danubio). 1892 Prima apparizione in un concerto pubblico. 1894 Trasferimento a Bratislava. Studia con Laszlo Erkel. 1898-99 Ammesso al Conservatorio di Vienna, preferisce l'Accademia di Budapest. 1900-1903 Conosce la musica di Wagner e Richard Strauss. Kossuth. 1904 Primo contatto con la musica popolare. Rapsodia per pianoforte op. 1. 1905 Inizia l'amicizia e collaborazione con Zoltan Kodaly. Prima suite per orchestra. 1906 Prime spedizioni per raccogliere canti popolari registrati su fonografo. Canti popolari ungheresi per voce e pianoforte. 1907 Assume la cattedra di pianoforte all'Accademia di Budapest. Quartetto n. 1 (terminato nel 1909). 1908 Quattordici Bagatelle; Dieci pezzi facili, primo di molti cicli didattici per pianoforte (Per i bambini, 1909; Mikrokosmos, 1939). 1909 Sposa la giovane allieva di pianoforte Marta Ziegler. 1910 A Budapest, primo concerto interamente dedicato alla sua musica. Nascita del figlio Bela. 1911 Il castello del Principe Barbablu'. 1914-1918 Cicli pianistici: Sonatina, Danze popolari rumene, Colinde, 15 Canti contadini ungheresi, Quartetto n. 2. 1918-19 Il mandarino meraviglioso. 1919 Membro, con Zoltan Kodaly e Erno Dohnanyi, del Direttorio musicale della Repubblica dei Consigli. 1921-22 Due sonate per violino e pianoforte. 1923 Divorzia da Marta e sposa un'altra allieva, Ditta Pasztory. 1924 Nascita del figlio Peter. 1926 Concerto per pianoforte n. 1. 1927 Quartetto n. 3. 1928 Quartetto n. 4, Due rapsodie per violino. 1930 Cantata profana. 1931 Concerto per pianoforte n. 2. 1934 Quartetto n. 5. Lascia l'insegnamento per dedicarsi, su incarico dell'Accademia delle Scienze, alla raccolta e pubblicazione del patrimonio di canti popolari ungheresi. 1936 Musica per archi, percussione e celesta. Ricerche etnomusicologiche in Turchia. 1937 Sonata per due pianoforti e percussione. 1938 Concerto per violino n. 2. 1939 Morte della madre. Divertimento, Quartetto n. 6. 1940 Emigra negli Stati Uniti. 1941 Lavora alla Columbia University di New York (ricerche sulla musica popolare serbocroata). 1942 Concerto per orchestra. 1944 Sonata per violino solo, per Yehudi Menuhin. 1945 Concerto per pianoforte n. 3, Concerto per viola (incompiuto). Muore di leucemia a New York il 26 settembre. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 585 del 21 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it? subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza- request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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