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Nonviolenza. Femminile plurale. 208
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 208
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 11 Sep 2008 08:37:17 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 208 dell'11 settembre 2008 In questo numero: 1. Fernanda Pivano: La beat generation 2. Fernanda Pivano: Haikai di Kerouac 3. Fernanda Pivano: Lou Reed 4. Fernanda Pivano intervista Fabrizio De Andre' (1971) 5. Fernanda Pivano: Intervista immaginaria a Edgar Lee Masters (1971) 6. Stefano Biolchini intervista Fernanda Pivano (2005) 1. FERNANDA PIVANO: LA BEAT GENERATION [Dal "Corriere della sera" del 17 gennaio 2006 col titolo "I poeti e le utopie di un'epoca. Il museo della beat generation" e il sottotitolo "Aperto a San Francisco. Parole e foto, da Kerouac a Ginsberg". Fernanda Pivano, intellettuale italiana impegnata nei movimenti per i diritti civili, studiosa della cultura americana e personalmente intensamente partecipe delle piu' rilevanti esperienze di impegno civile, artistiche, letterarie e culturali nordamericane novecentesche (e particolarmente di quelle legate alla cultura ed alla militanza democratica e radicale, pacifista ed antirazzista, di opposizione e di contestazione, ed agli stili di vita alternativi), generosa maestra, amica della nonviolenza. Tra le opere di Fernanda Pivano: oltre a numerose e giustamente celebri traduzioni (tra cui la classica versione dell'Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters; la stupenda raccolta di poesie di Allen Ginsberg, Jukebox all'idrogeno; la fondamentale antologia Poesia degli ultimi americani), ha pubblicato tra altri volumi: La balena bianca e altri miti, 1961; America rosso e nera, 1964; Le belle ragazze, 1965; L'altra America negli anni Sessanta, 1971; "Pianeta Fresco", 1967; Beat hippie yippie, 1972, Mostri degli anni Venti, 1976, C'era una volta il beat, 1976, Hemingway, 1985. Dal sito di "Rai news 24" riprendiamo la seguente scheda: "Ferdinanda Pivano e' una figura di rilievo nella scena culturale italiana soprattutto per il suo contributo alla divulgazione della letteratura americana in Italia. Ha iniziato l'attivita' letteraria sotto la guida di Cesare Pavese nel 1943 con la traduzione dell'Antologia di Spoon River di Edgard Lee Masters. Da allora ha tradotto molti romanzieri americani (fra gli altri Faulkner, Hemingway, Fitzgerald, Anderson, Gertrude Stein) e a quasi tutte le traduzioni ha preposto lunghi saggi bio-socio-critici. Come talent scout editoriale ha suggerito la pubblicazione degli scrittori contemporanei piu' significativi d'America, da quelli citati degli Anni Venti e a quelli del dissenso nero (come Richard Wright) ai protagonisti del dissenso nonviolento degli anni Sessanta (quali Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Ferlinghetti, Corso) agli autori ora giovanissimi quali Leavitt, McInerney, Ellis (per il quale ha scritto un lungo saggio che costituisce una breve storia del minimalismo letterario americano). Si e' presto affermata come saggista confermando in Italia un metodo critico basato sulla testimonianza diretta, sulla storia del costume e sull'indagine storico-sociale degli scrittori e dei fenomeni letterari. Opere di Fernanda Pivano: La balena bianca e altri miti, Mondadori, 1961, Il Saggiatore, 1995; America rossa e nera, Vallecchi, 1964; Beat hippie yippie, Arcana, 1972, Bompiani, 2004; Mostri degli anni Venti, Formichiere, 1976, Rizzoli, 1976; C'era una volta un Beat, Arcana 1976, Frassinelli, 2003; L'altra America negli anni Sessanta, Officina-Formichiere, 1971, 1993; Intervista a Bukowski, Sugar, 1982; Biografia di Hemingway, Rusconi, 1985; Cos'e' piu' la virtu', Rusconi, 1986; La mia kasbah, Rusconi, 1988, Marsilio, 1998; La balena bianca e altri miti, Il Saggiatore, 1995; Altri amici, Mondadori, 1996; Amici scrittori, Mondadori, 1996; Hemingway, Rusconi, 1996, Bompiani 2001; Dov'e' piu' la virtu', Marsilio, 1997; Viaggio americano, Bompiani, 1997; Album americano. Dalla generazione perduta agli scrittori della realta' virtuale, Frassinelli, 1997; I miei quadrifogli, Frassinelli, 2000; Dopo Hemingway. Libri, arte ed emozioni d'America, Pironti, 2000; Una favola, Pagine d'arte, 2001; Un po' di emozioni, Fandango, 2002; Mostri degli anni Venti, La Tartaruga, 2002; De Andre' il corsaro, con C. G. Romana e M. Serra, Interlinea, 2002; The beat goes on, Mondadori, 2004". Tra le piu' recenti pubblicazioni: Pagine americane. Narrativa e poesia 1943-2005, Frassinelli, 2005; I miei amici cantautori, Mondadori, 2005; (con William Willinghton), Spoon River, ciao, Dreams Creek, 2006; Ho fatto una pace separata, Dreams Creek, 2006; Lo scrittore americano e la ragazza per bene. Storia di un amore: Nelson Algren e Simone de Beauvoir, Pironti, 2007; Complice la musica. 30+1 cantautori italiani si raccontano a Fernanda Pivano, Rizzoli, 2008; Diari 1917-1973, Bompiani, 2008] Il Museo della beat generation di Jack Kerouac e Allen Ginsberg, la generazione che rivoluziono' la cultura Usa del dopoguerra, ha aperto i battenti la' dove visse: il rione di North beach di San Francisco. Lo ha inaugurato Carolyn Cassady, vedova di Neal Cassady, il compagno di viaggio di Kerouac in On the road. Il museo, fondato da Jerry Cimino, e' situato a Grant avenue, vicino alla Six Gallery dove Ginsberg lancio' il movimento con il suo poema Howl. Raccoglie manoscritti, fotografie, oggetti personali dei leader beat, da William Burroughs a Gregory Corso e a Lawrence Ferlinghetti, l'unico sopravvissuto. Ho ricevuto, mentre chiacchieravo con gioia con una mia amica bibliotecaria di New York, questa fantascientifica notizia di un museo dei beat organizzato in California. Pare che questo museo esponga il materiale caro al cuore di molti di noi che hanno assistito alla vita di questa incredibile avventura, quale e' stata l'esperienza dei miei amici beat. Il commento della mia amica bibliotecaria d'avanguardia e' stato: "Era ora", con un tono tra il sorpreso e il nostalgico. Forse nostalgia per i pochi che li hanno davvero conosciuti e sorpresa per chi non si aspettava piu' che un simile museo uscisse dopo 59 anni o giu' di li'. Io sono abbastanza vecchia da avere assistito alle prime parole di questi straordinari poeti che hanno distribuito per l'America sogni di liberta', sogni di pace, sogni di amore, piu' o meno combinati coi bottoni di Bertrand Russell "Fate l'amore e non fate la guerra"; cosi' vecchia che ricordo ancora quando questi bottoni li ho visti portare a una marcia per la pace durante la guerra in Vietnam e ho visto nella folla in marcia qualche coppia di ragazzi sdraiata per terra che faceva fede alle proposte di Russell. Strani giorni, strane proposte (mica tanto), migliaia di morti tra le paludi indescrivibili di uno dei piu' bei paesaggi del mondo e alcuni di noi affranti dal disastro che forse Bertrand Russell non prevedeva in misura cosi' sproporzionata. Quel bottone di Russell lo abbiamo portato in tanti anche senza andare a quelle marce; era stata una generazione affranta, che viveva quel disastro incoraggiata quasi soltanto dai poeti, i nostri poeti, i poeti dell'eternita' che invocavano l'amore al posto della guerra, che invocavano la pace al posto degli eccidi, che invocavano il Buddismo come spiraglio che proponesse la liberazione dal misterioso massacro che stava distruggendo la civilta' dei paesi piu' antichi del mondo. La guerra era finita dopo un numero ridicolo di anni che non finivano mai, le migliaia di morti salutavano morendo le migliaia di ragazzi che sarebbero morti molto presto, distrutti dall'oppio o distrutti da una delusione senza rimedio. Tutto sommato la cosiddetta firma sotto un cosiddetto trattato di cosiddetta pace non era finita mai e i messaggi delle guerre che hanno continuato a massacrare per questa o quella ragione le altre migliaia di ragazzi in altre guerre ancora piu' misteriose hanno continuato a confondere intere generazioni di ragazzi ai quali era stato insegnato con fatica non sempre fruttuosa che quei beat e quelle loro poesie erano ignari di cariche politiche predicatrici di guerre, di guerre, di guerre, e dunque di eccidi, di massacri, di elenchi interminabili di morti per lo piu' ignari. Questi poveri ragazzi innocenti che credevano nella vita e nell'amore, che credevano nella pace, non hanno smesso di venire derisi quando ne parlavano e le votazioni, quelle libere che parevano possibili solo in America, presentavano mercanti di petrolio e di armi come Presidenti e consiglieri di situazioni mortali. Ma dov'erano i poeti che davano idee di pace, idee di nonviolenza, idee di fiducia nel mondo? Erano i nostri amici, anzi, traducevamo i loro inni che invocavano la liberta', divulgavamo le loro immagini che proponevano fiori e sorrisi, che proponevano nudita' santificate dalla giovinezza, che proponevano mani tese verso un futuro ignaro di armi, ignaro di odio, ignaro di invidia. I nostri poeti non hanno smesso di sognare le loro utopie e peggio per chi non ci credeva. Seduti per terra sotto la luna nei vacant lots di New York o in quelli di San Francisco i piu' fortunati li hanno sentiti invocare i loro dei in nome dei ragazzi sempre piu' giovani che venivano massacrati da sanguisughe come da mitra efferati mentre i mercanti di oppio scendevano impuniti dalle colline piu' verdeggianti del mondo e mentre le migliaia di morti crescevano a dismisura saltando spesso dal Vietnam all'Iraq, da assassini legalizzati a kamikaze altrettanto legalizzati, da digiuni forzati a esplosioni cosiddette religiose. I nostri poeti, i nostri maestri di vita, i nostri sognatori di un mondo ricco di fiori e di profumi finivano in ospizi per rifugiati o in ospedali senza speranze. Queste cose si chiamavano droghe mortali o corruzioni sessuali, e peggio per chi ci ha creduto, chi ha creduto ora e sempre a ideali irrealizzabili. Presto nei vacant lots sotto la luna a New York e a San Francisco non si parlava piu' di fiori o di poetiche nudita' ma si parlava di acqua calda nelle soffitte, di rinuncia a sogni pericolosi. Era un elenco troppo lungo di desideri impossibili. Mentre i miei amici parlavano senza speranza di sogni non realizzati, la parola pace, la parola amore, venivano messe a tacere dai prezzi del petrolio, dai prezzi delle armi. Eppure quelli dei beat erano sogni infinitamente validi come sogni, le illusioni dei beat erano troppo vere per poter venire annullate, le voci, gli occhi, i silenzi erano troppo sinceri per non venire raccolti. A me, che ho conosciuto i beat, molto bene, non resta che augurare ai giovani sconsolati delle nuove generazioni di fare almeno qualcuna delle azioni liberatorie che liberino dall'odio, dall'invidia, dalla sfiducia. 2. FERNANDA PIVANO: HAIKAI DI KEROUAC [Dal "Corriere della sera" del 3 febbraio 2006 col titolo "Nel taschino di Kerouac", il sottotitolo "Affinita' americane" e la nota redazionale "Sulla strada. L'haiku e' una delle forme poetiche piu' amate da Jack Kerouac. Nel 1973 e' uscito (postumo) in America Trip Trap. Haiku on the Road (Grey Fox Press) In Italia si puo' leggere la raccolta Il libro degli haiku (Mondadori)"] Jack Kerouac e' Jack Kerouac e ormai e' difficile trovare molte persone a non sapere chi e' stato, figurarsi, l'autore di On the road e il titolare della Beat generation. Per molti e' collegato agli hipsters ribelli e a certe frasi della poetica buddhista come "first thought best thought", il verso famoso a base della poetica di Milarepa e poi di Chogyam Trungpa Rimpoche. Kerouac era un poeta supremo che lavorava in parecchie tradizioni di poesia, compresa quella dei blues; e ha adattato all'inglese i suoi haikus, e ne ha composto centinaia in taccuini rilegati datati dal 1956 al 1966, che potevano stare nel taschino della sua camicia a scacchi da boscaiolo e si potevano portare in giro dovunque per introduzioni fresche e spontanee. E' stato Gary Snyder, ispirato dai saggi sul buddhismo zen del 1927 di Daisetz T. Suzuki, a introdurre Kerouac a questi saggi, ma la pratica dello haiku gli e' rimasta per tutta la vita, diventando un mezzo importante per esprimere l'ideale beat e per creare un misticismo americano alla maniera di Thoreau. E' famosa l'immagine che trovare questi haikus, quelli di Kerouac, e' stato come estrarre l'oro da una base di metallo, ma e' stato molto importante che nel 1953 abbia trovato The life of Buddha di Asvaghosa e si sia immerso nello studio zen. E' stato allora, in quel 1953, che ha cominciato a scrivere il suo Some of the Dharma come una raccolta di note di lettura sulla Bibbia buddhista di Dwight Goddard. Di li' ha lasciato che questo sforzo si completasse nella compilazione di materiale spirituale, per esempio degli haikus, da considerare in un primo tempo come uno studio delle sue meditazioni sugli insegnamenti di Buddha. Nel 1955, mentre stava in Nord Carolina con la sorella, ha lavorato su altri due testi considerati buddhisti, Wake up, la sua biografia di Buddha, e Buddha tells us, traduzione di opere scritte dai grandi francesi rimbaudiani nelle abbazie del Tibet, in quello che nelle lettere ha chiamato un completo libro buddhista. A scrivere haikus Kerouac ha cominciato piu' o meno tra il 1953 e il 1956, nell'intervallo tra la composizione di On the road nel 1951-1952 e la sua pubblicazione nel 1957, insomma prima che la celebrita' cambiasse la situazione: soprattutto quando ha finito The Subterraneans nell'autunno 1953, stanco del mondo dopo il fallimento dell'amore su cui era basato il libro. Ma gia' alla fine degli anni Quaranta, mentre era a Denver col suo amico architetto Ed White, aveva ascoltato il suo consiglio di disegnare sulle strade, da pittore ma con le parole, e Kerouac aveva segnato nei suoi libri di appunti il suggerimento di Ed White come chiave alla sua pratica degli haikus mentre a Berkeley nel 1955 parlava con Allen Ginsberg e Gary Snyder e Philip Whalen. Ancora una volta e' stato Allen Ginsberg a lanciare, con la sua fiducia prima ancora che con la sua divulgazione questi haikus di Kerouac, definendolo l'unico maestro dell'haiku e l'unico a sapere negli Stati Uniti come scrivere uno haiku. 3. FERNANDA PIVANO: LOU REED [Dal "Corriere della sera" del 23 febbraio 2006 col titolo "Mi disse cantero' per te, Nenda. E mi accolse con un abbraccio"] Ah, questo Lou Reed. Quando l'ho incontrato, tanti anni fa, era gia' famoso come la grande stella del rock che aveva inventato lui, ma guai a parlargli delle sue invenzioni. Che lui era stato una creatura di Andy Warhol lo sapevamo tutti, perche' Andy Warhol era il piu' orgoglioso di tutti di quest'amicizia e Lou Reed era un po' piu' che di casa nella Factory di Andy. Lui diceva, senza farsi pregare, che Andy Warhol era un maestro per chiunque lo avvicinasse: un maestro, cioe' il piu' bravo di tutti, per le sue invenzioni sempre favolose e in realta' inimitabili. Il nome di Andy Warhol e' uno dei pochi rimasti magico, veramente magico per Lou Reed. Forse mi aveva accettata per amica perche' per me Andy Warhol era sempre senza problemi e senza sforzo uno dei geni del suo tempo, se non addirittura "il" genio del suo tempo. Forse qualcuno gli aveva raccontato la mia storia con Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gregory Corso e soprattutto William Burroughs. Mi aveva mandato dei fiori e quando il pubblico gli aveva chiesto di cantare, invece di rifiutarsi come al solito, aveva risposto senza esitazioni: "Si', cantero' per la mia amica Nanda", anzi "Nenda", con la "e". Questo era il nome che mi dava. Ero andata a salutarlo nel camerino dopo un concerto e mi aveva chiamato a squarciagola: "Nenda, Nenda", con uno "hug", un abbraccio, in cui c'erano Andy Warhol e Allen Ginsberg e New York e la mia giovinezza. 4. FERNANDA PIVANO INTERVISTA FABRIZIO DE ANDRE' (1971) [Dal sito www.creuzadema.net/deandre riprendiamo la seguente intervista pubblicata nelle note dell'lp di Fabrizio De Andre', "Non al denaro non all'amore ne' al cielo", 1971] - Fernanda Pivano: Hai voglia di raccontarci come ti e' venuto in mente di fare questo disco? - Fabrizio De Andre': Spoon River l'ho letto da ragazzo, avro' avuto 18 anni. Mi era piaciuto, e non so perche' mi fosse piaciuto, forse perche' in questi personaggi si trovava qualcosa di me. Poi mi e' capitato di rileggerlo, due anni fa, e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente. Soprattutto mi ha colpito un fatto: nella vita, si e' costretti alla competizione, magari si e' costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte, invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerita', perche' non hanno piu' da aspettarsi niente, non hanno piu' niente da pensare. Cosi' parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare. * - Fernanda Pivano: Cioe', tu hai sentito in queste poesie che nella vita non si riesce a "comunicare"? Quella che a me pare la denuncia piu' precorritrice di Masters, la ragione per la quale queste poesie sono ancora attuali, specialmente tra i giovani? - Fabrizio De Andre': Si', decisamente si'. A questo punto ho pensato che valesse la pena ricavarne temi che si adattassero ai tempi nostri, e siccome nei dischi racconto sempre le cose che faccio, racconto la mia vita, certo di esprimere i miei malumori, le mie magagne (perche' penso di essere un individuo normale e dunque penso che queste cose possano interessare anche agli altri, perche' gli altri sono abbastanza simili a me), ho cercato di adattare questo Spoon River alla realta' in cui vivo io. Perche' ho scelto Spoon River e non le ho addirittura inventate io, queste storie? Dal punto di vista creativo, visto che c'era stato questo signor Lee Masters che era riuscito a penetrare cosi' bene nell'animo umano, non vedo perche' avrei dovuto riprovarmici io. * - Fernanda Pivano: Sicche' le grosse manipolazioni che hai fatto sui testi sono state come delle operazioni chirurgiche per rendere il libro attuale, contemporaneo? - Fabrizio De Andre': Si'. Addirittura per rendere piu' attuali i personaggi, per strapparli alla piccola borghesia della piccola America del 1919 ed inserirli nel nostro tipo di vita sociale. Quando dico borghesia non dico babau, dico la classe che detiene il potere e ha bisogno di conservarselo, no? il suo potere. Ma anche nel nostro tipo di vita sociale abbiamo dei giudici che fanno i giudici per un senso di rivalsa, abbiamo uno scemo di turno di cui la gente si serve per scaricare le sue frustrazioni (e' tanto comodo a tutti, uno scemo...). * - Fernanda Pivano: Dal libro hai preso nove poesie, scegliendole tra le piu' adatte a spiegare due temi che sembravano le piu' insistenti costanti della vita di provincia: l'invidia (come molla del potere esercitato sugli individui e come ingnoranza nei confronti degli altri) e la scienza (come contrasto tra l'aspirazione del ricercatore e la repressione del sistema). Perche' proprio questi due temi? - Fabrizio De Andre': Per quanto riguarda l'invidia perchÈ direi che e' il sentimento umano in cui si rispecchia maggiormente il clima di competitivita', il tentativo dell'uomo di misurarsi continuamente con gli altri, di imitarli o addirittura superarli per possedere quello che lui non possiede e crede che gli altri posseggando. Per quanto riguarda la scienza, perche' la scienza e' un classico prodotto del progresso, che purtroppo e' ancora nelle mani di quel potere che crea l'invidia e, secondo me, la scienza non e' ancora riuscita a risolvere i problemi esistenziali. * - Fernanda Pivano: Chi ha fatto questa scelta dei temi e delle poesie? - Fabrizio De Andre': Dopo aver fatto la scelta ne ho parlato con Bentivoglio al quale ho proposto di aiutarmi in questo lavoro. Tra noi ci sono state molte discussioni, come e' ovvio e come e' giusto. Bentivoglio tendeva a fare un discorso politico e io volevo fare un discorso essenzialmente umano. Alla fine la fatica piu' dura e' stata, mai rinunciando a esprimere dei contenuti, quella di accostarsi il piu' possibile alla poesia. Fatica a parte devo dire che vorre incontrare un centinaio di Bentivoglio nella vita: se vivessi cent'anni, un disco all'anno, sarei l'autore di canzoni piu' prolifico del mondo. * - Fernanda Pivano: Puoi spiegarmi meglio l'idea del malato di cuore come alternativa all'invidia? - Fabrizio De Andre': Se ci riuscissi... Gli altri personaggi si sono lasciati prendere dall'invidia e in qualche maniera l'hanno risolta, positivamente o negativamente (lo scemo che per invidia studia l'Enciclopedia britannica a memoria e finisce in manicomio, il giudice che per invidia raggiunge abbastanza potere da umiliare chi l'ha umiliato, il blasfemo che e' un esegeta dell'invidia e per risalirne alle origini la va a cercare in Dio); invece il malato di cuore pur essendo nelle condizioni ideali per essere invidioso compie un gesto di coraggio e... * - Fernanda Pivano: Possiamo dire che ha scavalcato l'invidia perche' a spingerlo non e' stata la molla del calcolo ma e' stata la molla dell'amore? - Fabrizio De Andre': Ma si', l'avrei detto io se non lo avessi detto tu. * - Fernanda Pivano: E allora possiamo concludere con la vecchia proposta di Masters, che a trionfare nella vita e' soltanto chi e' capace di amore? - Fabrizio De Andre': Si', a trionfare sono i "disponibili". * - Fernanda Pivano: Anche per il gruppo della scienza hai trovato un'alternativa, vero? Bentivoglio mi diceva che per rappresentare il tema della scienza hai scelto il medico che ha cercato di curare i malati gratis ma non ci e' riuscito perche' il sistema non glielo ha permesso, il chimico che per paura si rifugia nella legge e nell'ordine come fatto repressivo e l'ottico che vorrebbe trasformare la realta' in luce e nel quale hai visto una specie di spacciatore di hashish, una specie di Timothy Leary, di Aldous Huxley. In che modo il suonatore di violino e' un'alternativa? - Fabrizio De Andre': Il suonatore di violino (che e' diventato per ragioni metriche di flauto) e' uno che i problemi esistenziali se li risolve, e se li risolve perche', ancora, e' disponibile. E' disponibile perche' il suo clima non e' quello del tentativo di arricchirsi ma del tentativo di fare quello che gli piace: e' uno che sceglie sempre il gioco, e per questo muore senza rimpianti. Non ti pare perche' ha fatto una scelta? La scelta di non seppellire la liberta'? * - Fernanda Pivano: Allora si puo' dire che e' questo il messaggio che hai voluto trasmettere con questo disco? Perche' siamo abituati a pensare che tutti i tuoi dischi hanno proposto un messaggio: quello libertario e nonviolento delle tue prime ballate, come nella Guerra di Piero, quello liberatorio della paura della morte come in Tutti morimmo a stento, quello demistificante dei personaggi del Vangelo, come nel Testamento di Tito. Qual e' il messaggio di questo Spoon River? - Fabrizio De Andre': Direi, tutto sommato, che siamo usciti dall'atmosfera della morte per tentare un'indagine sulla natura umana, attraverso personaggi che esistono nella nostra realta', anche se sono i personaggi di Masters. * - Fernanda Pivano: E' chiaro che le poesie le hai tutte rifatte. Per esempio, nella poesia del blasfemo, tu hai aggiunto un'idea che non era in Masters, quella della "mela proibita", cioe' della possibilita' di conoscenza, non piu' detenuta da Dio ma detenuta dal potere poliziesco del sistema. - Fabrizio De Andre': Non mi bastava il fatto traumatico che il blasfemo venisse ammazzato a botte: volevo anche dire che forse e' stato il blasfemo a sbagliare, perche' nel tentativo di contestare un determinato sistema, un determinato modo di vivere, forse doveva indirizzare il suo tipo di ribellione verso qualcosa di piu' consistente che non un'immagine cosi' metafisica. * - Fernanda Pivano: Mi diceva Bentivoglio che se la "mela proibita" non e' in mano a un Dio ma al potere poliziesco, e' il potere poliziesco che ci costringe a sognare in un giardino incantato. Cioe', il giardino incantato non e' piu' quello divino dove secondo Masters l'uomo non avrebbe dovuto sapere che oltre al bene esiste il male. - Fabrizio De Andre': Si', in realta' per il blasfemo il giardino incantato non e' stato creato da Dio ma e' stato addirittura inventato dall'uomo e comunque la "mela proibita" e' ancora sulla terra e noi non l'abbiamo ancora rubata. A questo punto hai capito che cosa voglio dire io per sognare: voglio dire pensare nel modo in cui si e' costretti a pensare dopo che il sistema e' intervenuto a staccarci decisamente dalla realta'. * - Fernanda Pivano: Mi pare che la tua aggiunta non sia una forzatura, perche' anche nella denuncia della manipolazione del pensiero, del lavaggio mentale esercitato dal sistema, Masters e' un precorritore dei nostri problemi. Cerca di dirmi in che modo, quando eri ragazzo, a un ragazzo della tua generazione Masters e' sembrato un contestatore. - Fabrizio De Andre': Perche' denuncia i difetti di gente attaccata alle piccole cose, che non vede al di la' del proprio naso, che non ha alcun interesse umano al di fuori delle necessita' pratiche. * - Fernanda Pivano: Cioe' piu' che la sua contestazione politica ti ha interessato la sua contestazione umana? - Fabrizio De Andre': Si', secondo me il difetto sostanziale sta nella natura umana. * - Fernanda Pivano: Ritornando alle tue manipolazioni del testo, possiamo dire che l'aggiunta di questo concetto della "mela proibita" non detenuta da Dio ma dal potere del sistema e' la manipolazione piu' grossa. D'altronde e' passato mezzo secolo da quando Masters ha scritto queste poesie, sicche' se questa galleria di ritratti la potesse riscrivere adesso non c'e' dubbio che la sua vena libertaria gli farebbe inserire elementi che si e' limitato a sfiorare come precorritore. Questo vale anche per l'altra grossa manipolazione che hai fatto, quella dell'ottico visto come proposta di un'espansione della coscienza. Ma proprio dal punto di vista stilistico, perche' hai sentito la necessita' di cambiare la forma poetica di Masters? Bentivoglio mi diceva che il verso libero di queste poesie non ti serviva, avevi bisogno di ritmo e di rima, questo e' chiaro. Ma sembra quasi che tu abbia voluto divulgare, spiegare a tutti i costi. - Fabrizio De Andre': Si'. Mi pareva necessario spiegare queste poesie; poi c'era la necessita' di farle diventare delle canzoni. Cioe' delle storie, e una storia non e' un pretesto per esprimere un'idea, dev'essere proprio la storia a comprendere in se' l'idea. * - Fernanda Pivano: Ma come spieghi per esempio il fatto di aver usato parole di un linguaggio contemporaneo quasi brutale, per esempio nel verso della poesia del giudice "un nano e' una carogna di sicuro perche' ha il cuore troppo vicino al buco del c..." e di avere per esempio inserito immagini come "le cosce color madreperla" in poesie che pur essendo piene di sesso sono espresse per lo piu' in forma asettica, quasi asessuata? - Fabrizio De Andre': Perche' anche il vocabolario al giorno d'oggi e' un po' cambiato, e io ero spinto soprattutto dallo sforzo di spiegare il vero significato di queste cose. Quanto alla definizione del guidice, questo e' un personaggio che diventa carogna perche' la gente lo fa diventare carogna: e' un parto della carogneria generale. Questa definizione e' una specie di emblema della cattiveria della gente. * - Fernanda Pivano: Tutto sommato mi pare che queste siano state le manipolazioni piu' pesanti che hai fatto ai concetti e al testo di Masters; e d'altra parte quando il libro e' uscito, ai suoi contemporanei e' sembrato tutt'altro che asettico e asessuato: il gruppo dei Neo-Umanisti lo aggredi' come "iniziatore di una nuova scuola di pornografia e sordido realismo". - Fabrizio De Andre': Capirai. * - Fernanda Pivano: Comunque sono certa che non deluderai i tuoi ammiratori, perche' le poesie le hai proprio scritte tu, con quella tua imprevedibile, patetica inventiva nelle rime e nelle assonanze, proprio come nelle poesie dell'antica tradizione popolare. Ma fino a che punto, per esempio, ti sei identificato col suonatore di violino (Jones, che nel '71 suona il flauto) che conclude il disco? E non voglio alludere al fatto che da ragazzo ti sei accostato alla musica studiando il violino. - Fabrizio De Andre': Non c'e' dubbio che per me questa e' stata la poesia piu' difficile. Calarsi nella realta' degli altri personaggi pieni di difetti e di complessi e' stato relativamente facile, ma calarsi in questo personaggio cosi' sereno da suonare per pure divertimento, senza farsi pagare, per me che sono un professionista della musica e' stato tutt'altro che facile. Capisci? Per Jones la musica non e' un mestiere, e' un'alternativa: ridurla a un mestiere sarebbe come seppellire la liberta'. E in questo momento non so dirti se non finiro' prima o poi per seguire il suo esempio. Intervista registrata a Roma il 25 ottobre 1971. * - Fabrizio De Andre': Ti sei dimenticata di rivolgermi una domanda: chi e' Fernanda Pivano? Fernanda Pivano per tutti e' una scrittrice. Per me e' una ragazza di venti anni che inizia la sua professione traducendo il libro di un libertario mentre la societa' italiana ha tutt'altra tendenza. E' successo tra il '37 e il '41: quando questo ha significato coraggio. 5. FERNANDA PIVANO: INTERVISTA IMMAGINARIA A EDGAR LEE MASTERS (1971) [Dal sito www.creuzadema.net/deandre riprendiamo la seguente "Intervista immaginaria a E. L. Masters" pubblicata nelle note dell'lp di Fabrizio De Andre', "Non al denaro non all'amore ne' al cielo", 1971] La prima volta che riuscii ad andare in America, nel 1956, Edgard Lee, Masters era morto da sei anni. Con l'aiuto di un senatore radicale amico di James Farrelli riuscii ad arrivare nelle zone dell'Illinois che ispirarono l'Antologia di Spoon River: su automobili di giornalisti pre-rivoluzionari o su monoplani dal volo a dir poco imprevedibile mi ritrovai a Petersburg, il villaggio di 3.000 abitanti vicino al fiume Sangamon dove Masters trascorse l'infanzia; e di li', nel villaggio ancora piu' piccolo di Lewistown, a pochi chilometri dal fiume Spoon, dove Masters ando' a vivere a 11 anni e dove rimase finche' ando' a tentare la fortuna a Chicago. Invece di parlare con Masters dovetti accontentarmi di parlare coi suoi ormai vecchi amici e nemici, la bibliotecaria che gli prestava i libri greci, il figlio dei direttore del giornale (il direttore che gli rubo' la fidanzata) e cosi' via. A quei tempi non usavano ancora le interviste, ne' le registrazioni su nastro. Ma nel 1915 quando il volume usci' in America e di anno in anno divento' sempre piu' popolare fino a restare ininterrottamente un best-seller, e tanto piu' adesso con le edizioni tascabili (anche in Italia Einaudi dal 1943 ne ha fatto 36 edizioni), Masters scrisse varie autobiografie e molti articoli: da queste autobiografie e da questi articoli ho ricostruito una pseudo-intervista. * - Fernanda Pivano: Come ti e' venuto in mente di scrivere l'antologia di Spoon River? - Edgar Lee Masters: Mentre facevo l'avvocato a Chicago e mi aggiravo nei tribunali e frequentavo la cosiddetta societa'... giunsi alla conclusione che il banchiere, l'avvocato, il predicatore, le antitesi del bene e del male non erano diverse nella citta' e nel villaggio... Cominciai a sognare di scrivere un libro su una citta' di campagna che avesse tanti fili e tanti tessuti connettivi da diventare la storia del mondo intero. * - Fernanda Pivano: Qual e' il villaggio che hai ritratto, Lewistown o Petersburg? - Edgar Lee Masters: Ho trascorso piu' o meno lo stesso numero di anni nei due villaggi. Ma a Lewistown ho visto la gente con occhi maturi e in circostanze che avevano acuito la mia osservazione. Petersburg era soltanto una fiera di campagna con molta gente; Lewistown era un microcosmo organizzato... E' stato il fiume Sangamon, non lo Spoon a fornirmi lo spunto per l'Antologia. Pero' 53 poesie sono ispirate a nomi delle regioni di Petersburg, 66 a nomi della regione del fiume Spoon... Le tombe che ho descritto sono di Petersburg, ma la collina e' di Lewistown. * - Fernanda Pivano: Quanti personaggi hai descritto nel libro? - Edgar Lee Masters: 244. Ci sono 19 storie sviluppate in ritratti intrecciati. Ho trattato tutte le occupazioni umane consuete, tranne quelle del barbiere, del mugnaio, dello stradino, dei sarto e del garagista (che sarebbe stato un anacronismo). * - Fernanda Pivano: Quando hai cominciato a scriverlo, questo Spoon River? - Edgar Lee Masters: Il 10 maggio 1914 mia madre venne a trovarmi a Chicago... Chiacchierando riandammo al pssato di Lewistown e di Petersburg, rievocando personaggi e avvenimenti che mi erano sfuggiti di mente... Una domenica, dopo averla accompagnata al treno, mentre suonava la campana della chiesa e la primavera era nell'aria, scrissi "La collina" e i ritratti di Fletcher MeGee e Hod Putt... Mi venne quasi subito l'idea: perche' non fare cosi' il libro che avevo immaginato nel 1906, in cui volevo rappresentare il macrocosmo descrivendo il microcosmo? * - Fernanda Pivano: Quando e dove uscirono queste prime poesie? - Edgar Lee Masters: Sulla rivista di William Marion Reedy, il "Mirror" di St. Louis. Uscirono il 29 maggio 1914, sotto lo pseudonimo di Webster Ford. * - Fernanda Pivano: E le poesie successive? - Edgar Lee Masters: Dal 20 maggio 1914 al 5 gennaio 1915 inondai di epitafi il "Mirror"... nell'estate erano gia' citati e parodiati in tutta l'America ed erano gia' arrivati in Inghilterra... Scrivevo quando potevo, il sabato pomeriggio e la domenica. Gli argomenti, i personaggi, i drammi mi venivano in mente piu' in fretta di quanto li potessi scrivere. Cosi' presi l'abitudine di annotarmi le idee, o magari scrivere le poesie, sui rovesci delle buste, sui margini dei giornali. quando ero in tram o in tribunale o al ristorante. * - Fernanda Pivano: Fino a quando hai conservato l'incognito? - Edgar Lee Masters: Reedy pubblico' il mio vero nome nel numero del "Mirror" del 20 novembre. * - Fernanda Pivano: E quando e' uscito il volume? - Edgar Lee Masters: Nell'aprile 1915. * - Fernanda Pivano: Come l'hanno preso quelli che hanno ispirato le poesie? - Edgar Lee Masters: Come un rozzo attacco di un figlio sleale della comunita' e cominciarono subito a identificare nei vari epitafi persone viventi o che avevano vissuti li' attorno... A mia madre non piacque, a mio padre piacque moltissimo... John Cowper Powys fece una conferenza a Chicago e cio' che disse mi atterri' e mi attribui' una responsabilita' che non potevo sopportare. * - Fernanda Pivano: In realta' qual'era la sua intenzione? - Edgar Lee Masters: Di ridestare quella visione americana, quell'amore della liberta' che gli uomini migliori della Repubblica si sono sforzati di conquistare per noi e di tramandare nel tempo. Ottobre 1971 6. STEFANO BIOLCHINI INTERVISTA FERNANDA PIVANO (2005) [Dal quotidiano "Il sole - 24 ore" del 23 dicembre 2005 col titolo "I consigli per la lettura di Fernanda Pivano"] Un braccio fratturato per una caduta, la voce stanca ma sempre ferma, a conclusione di un anno di recensioni abbiamo chiesto a Fernanda Pivano, di segnalare ai nostri lettori i libri imperdibili dell'anno, gli scrittori da tenere d'occhio, i cantautori piu' significativi. La scrittrice e saggista, oltre che traduttrice fra gli altri di Fitzgerald, Hemingway, Faulkner e degli autori della beat generation (che frequento' ed ebbe come amici), reduce dalle sue ultime fatiche (Pagine americane. Narrativa e poesia 1943-2005 edito da Frassinelli e I miei amici cantautori di Mondadori) con il fiuto di sempre non si e' sottratta all'incombenza. * - Stefano Biolchini: Cominciamo con la domanda piu' difficile: qual e' il libro che lei segnala per questo 2005? - Fernanda Pivano: Direi Lunar Park di Brt Easton Ellis (edito da Einaudi). Non c'e' dubbio che insieme a Jay McInerney questo autore resta fra i piu' interessanti della sua generazione, cosa che ha confermato con questo suo ultimo libro, in cui peraltro scrive proprio del suo amico e collega McInerney. Entrambi pero' fanno gia' parte della storia della letteratura americana. * - Stefano Biolchini: Guardiamo allora alla generazione successiva. Chi segnalerebbe? - Fernanda Pivano: Tra i giovanissimi sicuramente Jonathan Safran Foer e Nick McDonnell. * - Stefano Biolchini: Parliamo di Foer e del suo Molto forte, incredibilmente vicino, edito da Guanda. - Fernanda Pivano: Si tratta davvero di un autore particolarmente interessante, che, come nel bellissimo Ogni cosa e' illuminata - sempre per le edizioni Guanda - presenta personaggi e storie al confine tra la realta' e il fantastico, gioca sulla consistenza e la veridicita' dei fatti. Foer ha poi una caratteristica stilistica eccezionale per la letteratura americana: accompagna le sue affermazioni ad un forse, cosa piuttosto insolita per per gli scrittori statunitensi, sempre solidi e sicuri di quanto dicono. Questo dubbio che mette nelle cose che scrive e' una cifra davvero molto interessante. * - Stefano Biolchini: Poi c'e' il giovanissimo Nick McDonnell (e' nato il 18 febbraio 1984)... - Fernanda Pivano: E' venuto in Italia, accompagnato dalla madre, per presentare il suo magnifico Twelve (pubblicato in italiano dalla Bompiani). McDonnell rappresenta bene questa nuova generazione: a diciassette anni ha scritto Twelve, libro su una droga immaginaria che ha per protagonista un ragazzo giovane e insoddisfatto, White Mike. Ebbene trovo interessantissimo il fatto che questo giovane scrittore dica: "Non mi piacciono le persone che si drogano, e nel mio libro ho fatto in modo che si uccidessero tra loro". E' un po' primitivo, ma per un ragazzo di 18 anni va davvero bene. Sia lui sia Foer appartengono all'alta societa' colta (Foer e' cresciuto in una famiglia fortemente impegnata nell'attivismo culturale, mentre Nick McDonnell e' figlio di una scrittrice e di un influente editore - ndr) e questo la dice lunga sul loro coraggio di pubblicare da giovanissimi, con i rispettivi genitori che li hanno incoraggiati in ogni modo. Questi giovanissimi rispecchiano la realta' dei loro coetanei statunitensi che non hanno alcuna voglia di aspettare. E questo a differenza di quanto avviene da noi, con scrittori impegnati ad ottenere l'insegnamento in un liceo prima di poter pubblicare qualcosa. * - Stefano Biolchini: Non vorra' dire che il panorama italiano e' desolante, ci sara' pure anche da noi qualche giovane autore degno del suo acclarato fiuto? - Fernanda Pivano: Senza dubbio Ivan Cotroneo. Lo trovo straordinario. Ha inventato un nuovo linguaggio che rispecchia molto il modo di parlare dei ragazzi italiani d'oggi. * - Stefano Biolchini: Vuole smentire chi e' convinto del vuoto generazionale in cui versa la nostra letteratura... - Fernanda Pivano: I vecchi, ed io lo posso dire, sono invidiosi: ecco perche' parlano cosi' dei giovani autori. Proprio il libro di Cotroneo, che trovo bellissimo, sta a dimostrare che non e' cosi'. Il suo Cronaca di un disamore, edito da Bompiani, e' costruito molto bene, con tutti i sentimenti, i valori, e le gioie dosati in misura perfetta per non farli prevalere uno sull'altro. * - Stefano Biolchini: Non sara' l'unico italiano che si sente di segnalare... - Fernanda Pivano: Oggi e' davvero l'unico scrittore italiano che mi sento di consigliare, l'unico scrittore che abbiamo, e dico cio' ben conscia di quanto affermo. * - Stefano Biolchini: Andra' meglio dal fronte della poesia... - Fernanda Pivano: Per quanto riguarda la poesia italiana non siamo messi per niente meglio: a parte i vecchi maestri come Edoardo Sanguineti, ebbene di poeti nuovi non vedo alcuna traccia. E questo nonostante esamini diverse raccolte al giorno: non trovo una personalita', una voce italiana che possa rappresentare questo periodo. * - Stefano Biolchini: Va un po' meglio sul fronte dei cantautori? - Fernanda Pivano: Da tener presente in modo assoluto c'e' Vasco Rossi, il miglior cantautore che abbiamo. E' al contempo un poeta e un uomo civile, sostiene idee molto moderne, e' una persona straordinaria. Anche se lui non e' piu' un ragazzo. Tra i giovani mi convince Pino Marino: scrive canzoni davvero molto belle. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 208 dell'11 settembre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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