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Minime. 571
- Subject: Minime. 571
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 7 Sep 2008 00:42:04 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 571 del 7 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Una cosa che so 2. Peppe Sini: Masanobu Fukuoka 3. Fondazione Alexander Langer: La scomparsa di Dan Bar-On 4. A Cinisi l'11 e 12 settembre 5. A Sant'Anna di Stazzema il 21 settembre 6. Alfredo Barberis presenta "L'ingegnere in blu" di Alberto Arbasino 7. Giorgio Boatti presenta "L'infanzia e' un terremoto" di Carola Susani 8. Roberto Carnero presenta "L'uomo che cade" di Don DeLillo 9. Lorenzo Mondo presenta "Introduzione alla Divina Commedia. Le lezioni di Cambridge e di Yale" di Natalino Sapegno 10. Paolo Pegoraro presenta "Un'etica del lettore" di Ezio Raimondi 11. Paola Sorge presenta "Erinnerungen" di Hans Jonas 12. Armando Torno presenta "Leggere Wittgenstein" di Ray Monk 13. Claudio Toscani presenta le "Opere scelte" di William Faulkner 14. Riletture: Madame de Lafayette, La princesse de Cleves 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UNA COSA CHE SO So che la guerra uccide gli esseri umani, il mondo devasta. So che e' dovere di ogni essere umano salvare le vite, aver cura del mondo. 2. LUTTI. PEPPE SINI: MASANOBU FUKUOKA E' deceduto alcuni giorni fa Masanobu Fukuoka, un maestro. Quando molti anni fa lessi La rivoluzione del filo di paglia, pensai che erano idee interessanti e discutibili - molte e ovvie obiezioni potendosi naturalmente porre. Quello che appresi non dimenticai. Passarono gli anni e i decenni, s'ingrigi' e s'imbianco' la mia barba. Sempre piu' m'accostai a quel sentire, a quel ragionare, a quella proposta - molte e ovvie obiezioni potendosi naturalmente porre. Quanto prezioso mi e' stato quel sapere. E' deceduto alcuni giorni fa Masanobu Fukuoka, un maestro. Qui lo ricordo grato, qui m'inchino a rendergli omaggio. 3. LUTTI. FONDAZIONE ALEXANDER LANGER: LA SCOMPARSA DI DAN BAR-ON [Dalla Fondazione Alexander Langer (per contatti: foundation at alexanderlanger.org) riceviamo e diffondiamo] Abbiamo ricevuto la triste notizia che il 4 settembre, all'eta' di 69 anni, e' morto a Tel Aviv lo studioso israeliano Dan Bar-On. Con il suo amico e compagno di lavoro Sami Adwan, era stato insignito nel 2001 del Premio Alexander Langer. Nato a Haifa, figlio di emigranti ebreo-tedeschi, era stato per 25 anni membro del Kibbuz Revivim, dove aveva lavorato in ambito agricolo mentre studiava psicologia sociale. Per molti anni si e' occupato dei figli delle vittime dellíOlocausto e dei figli dei loro carnefici analizzando le conseguenze dei traumi subiti da entrambe le parti. I suoi libri su questo argomento sono stati tradotti in molte lingue e diffusi dalla Koerber Stiftung, una fondazione tedesca molto attiva nel campo della promozione dei processi di pace. Come docente dell'universita' di Beer Sheva Dan Bar On, ancor prima che si arrivasse agli accordi di Oslo, aveva istituito gruppi di dialogo fra studenti israeliani e palestinesi sulla base di una concezione del conflitto che considera la convivenza all'interno della societa' civile la cosa per cui lottare senza pero' tralasciare di elaborare i motivi del conflitto. Dopo la stipulazione degli accordi di pace di Oslo Dan Bar On ha allacciato stretti contatti con organizzazioni non governative palestinesi che intendevano promuovere il processo di pace al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione palestinese. La sua opera piu' nota, edita dalla cooperativa di Forli' "Una citta'" nel 2003, e' stata La storia dell'altro, frutto del lavoro di un gruppo di docenti israeliani e palestinesi organizzato dal Peace Research Institute in the Middle East. Un manuale di storia, adottato da diverse scuole, in cui si trovano fronte a fronte le interpretazioni storiografiche di parte, di alcuni momenti cruciali della vita di quei territori contesi. E con un mezzo uno spazio bianco dedicato appunto al confronto e alla speranza di arrivare prima o poi a una condivisione promotrice di pace e di convivenza. Alla sua famiglia, a Sami Adwan, ai suoi amici e collaboratori va il segno della nostra affettuosa partecipazione. Fondazione Alexander Langer Stiftung Bolzano * Per ulteriori notizie: - sito della Fondazione Alexander Langer: www.alexanderlanger.org - sito della rivista "Una citta'": www.unacitta.it - una biografia di Dan Bar-On: www.bgu.ac.il/~danbaron/ - sito della Koerber-Stiftung: www.koerber-stiftung.de 4. INCONTRI. A CINISI L'11 E 12 SETTEMBRE [Dall'Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria (per contatti: casamemoriaimpastato at gmail.com) riceviamo e diffondiamo] Vi chiediamo di partecipare e diffondere la notizia degli eventi organizzati dall'"Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria" di Cinisi e dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo che si svolgeranno l'11 e il 12 settembre 2008 nello spazio antistante alla Pizzeria Impastato sita sulla strada statale 113 al km 288,800, Contrada Vallecera-Cinisi. * Emergenza nazionale contro il fascismo e la politica mafiosa La "minaccia" costituita dai flussi di migrazione pare non dare riposo al nuovo governo, che ne approfitta per applicare provvedimenti fascisti e incoraggiare la diffusione di comportamenti e idee razziste. Si moltiplicano le aggressioni e gli abusi di potere nei confronti degli immigrati, condotti anche da uomini in divisa, che calpestano prima dei diritti altrui la propria coscienza civile. E a che punto sono le analisi e la lotta contro le mafie? Sono delle emergenze delittuose, controllabili con gli arresti di boss e gregari, o sempre piu' fenomeni radicati in un contesto sociale e politico quanto mai ospitale, in Sicilia, nelle regioni meridionali e nell'intero Paese? Da cosa nascono il potere e il consenso di Berlusconi e di molti altri, piu' o meno coinvolti in rapporti con le mafie? Chi ci guadagna nell'attuale gestione del "Piano sicurezza", speculando sulla paura gonfiata degli italiani e le necessita' di chi fugge per paura e disperazione dalla propria terra? Tutto lascia pensare che l'amministrazione della giustizia, nei piani piduisti di chi governa, dovra' essere un'arma di controllo, puntata contro i piu' deboli, i dissidenti e coloro che ricercano la verita', e assolvendo mafiosi, politici corrotti e potenti collusi. Nonostante il fumo gettato continuamente ci prodighiamo per mantenere gli occhi aperti. * Per fare il punto della situazione vi invitiamo a partecipare ai seguenti incontri, promossi dall'Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria e dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, che si svolgeranno nello spazio antistante alla Pizzeria Impastato sulla strada statale 113 al Km 288,800. * 11 settembre 2008 Ore 19: dibattito con la partecipazione e gli interventi di don Luigi Ciotti, Fulvio Vassallo Paleologo, Maurizio Pagani e Giorgio Bezzecchi dell'Opera Nomadi Milano, Francesco Viviano de "La Repubblica". Ore 21: in collaborazione con Liberaterra e Cinemovel, libero cinema in libera terra, proiezione del film La Terramadre. Sara' presente il regista Nello la Marca. * 12 settembre 2008 Ore 20,30: dibattito con la partecipazione e gli interventi di Lirio Abbate, Antonio Ingroia, Francesco La Licata, Umberto Santino e Giovanni Impastato. Presentazione del libro Chi ha paura muore ogni giorno, di Giuseppe Ayala. Sara' presente l'autore. * Per aderire basta inviare un'e-mail all'indirizzo: casamemoriaimpastato at gmail.com o all'indirizzo: csdgi at tin.it 5. INCONTRI. A SANT'ANNA DI STAZZEMA IL 21 SETTEMBRE [Da Giovanni Mandorino (per contatti: gmandorino at interfree.it) riceviamo e dffondiamo] Sant'Anna di Stazzema, domenica 21 settembre 2008 "La minaccia nucleare e le nuove guerre" * Il gruppo Jagerstatter di Pisa, in collaborazione con il Comune di Stazzema e il Parco della Pace di S. Anna di Stazzema, organizza un incontro di discussione e approfondimento su "La minaccia nucleare e le nuove guerre", domenica 21 settembre 2008, al Museo della Resistenza di S. Anna di Stazzema (LU). Vent'anni dopo la conclamata fine della guerra fredda, il "nuovo ordine mondiale" si regge sul ricorso sempre piu' frequente a conflitti regionali, limitati, asimmetrici. In una parola, sulla guerra, volta a volta mascherata sotto l'etichetta di peace-building, intervento umanitario, lotta al terrorismo... Da un lato, decine di conflitti sanguinosi sono in atto in regioni "periferiche", senza suscitare molto clamore ma con un carico pesantissimo di vittime e un effetto di destabilizzazione permanente di intere aree (per esempio quasi tutto il continente africano). Dall'altro, le grandi potenze si stanno riarmando e riorganizzando per continuare il confronto su livelli piu' alti e pericolosi. Le "guerre al terrorismo" giustificano uno stato permanente di cancellazione dei diritti civili e della partecipazione democratica, e permettono di controllare con gli eserciti regioni strategicamente importanti. Per continuare a difendere i valori della pace e della nonviolenza, il primo compito e' capire cosa sta succedendo, in che direzione si muovono il riarmo e le strategie militari in questi anni. * Interventi: - Luca Rastello (giornalista di "Diario" e "La Repubblica"): "La situazione del Medio Oriente e dell'Est Europa con paricolare riguardo ai Balcani". - Angelo Baracca (professore di fisica all'Universita' di Firenze, esperto di problemi inerenti agli armamenti nucleari e alle relazioni internazionali): "La peoliferazione nucleare e le nuove armi atomiche" - Carmine Curci (direttore della rivista dei missionari comboniani "Nigrizia"): "Africa: il continente scomparso, le guerre dimenticate". * Programma: ore 10-13 relazioni; ore 13,30 pranzo in loco offerto dal Comune di Stazzema; ore 14,30 ripresa dei lavori con l'apertura del dibattito e l'esposizione di materiale informativo (proiezione audiovisivi, mostra libri e riviste). * Per programmare al meglio il pranzo e i trasporti dei partecipanti da Pietrasanta a S. Anna chi e' interessato a partecipare e' pregato di comunicarlo via e-mail (Maria Francesca, myrtil at gmail.com) oppure ai numeri 3403455119 (Maurizio) o 3355292888 (Silvia). 6. LIBRI. ALFREDO BARBERIS PRESENTA "L'INGEGNERRE IN BLU" DI ALBERTO ARBASINO [Dal mensile "Letture", n. 646, aprile 2008, col titolo "Ritratto critico di un gran lombardo"] Alberto Arbasino, L'Ingegnere in blu, Adelphi, 2008, pp. 186, euro 11. * Quest'ultimo pamphlet di Arbasino appare come il riuscito, divertito collage di: a) una raccolta di ghiotti pettegolezzi soprattutto pescati nell'ambiente letterario e artistico; b) un imperdibile repertorio di motti, detti, ricordi d'antan che qualcuno ha chiamato alla Guido Gozzano, ma che mi sembrano piu' legati ai "cataloghi" del francese Perec, e tutti rigorosamente targati Milano-Brianza; c) un ritratto a tutto tondo e accuratissimo di Carlo Emilio Gadda scrittore - ritratto che, non tanto sorprendentemente, conoscendo l'affetto del nipotino Alberto per il cerimonioso Ingegnere in blu - risulta il piu' convincente contributo critico sull'autore del Pasticciaccio, testo del quale - sara' bene ricordarlo - Arbasino qui riscopre e rivaluta da par suo un dimenticato trattamento "cinematografico" assai illuminante sulla poetica dell'inventore di Ciccio Ingravallo e dell'Adalgisa. Da questa raffinata "macedonia" o "insalata russa" (ma si', osiamo unire l'alto e il basso) nasce un saggio insieme lieve e rigoroso che scava alle radici della nevrotica cognizione del dolore del Grande Lombardo mescolando, appunto, le canzonette del Trio Lescano con i tecnologismi del linguaggio da Politecnico, gli sketches della Compagnia dei Legnanesi o le scale della Wanda (ovviamente Osiris) con certi illuminanti giudizi sul Manzoni, in polemica con l'interpretazione di Alberto Moravia, i soprannomi maliziosi di dame e damazze in particolare meneghine, che paiono uscite dalle pagine del Porta, di Delio Tessa e intelligenti riletture di altri due "nipotini dell'Ingegnere", Pier Paolo Pasolini e Giovanni Testori, frecciatine contro Foscolo poeta e irriverenti strofette da avanspettacolo. Insomma, un libro serio e scanzonato, che batte in breccia tanti ponderosi testi accademici sull'argomento. Ecco, viene davvero voglia di salutarlo, alla maniera di Carlo Emilio Gadda, con uno spiritoso (e speranzoso): "insci' aveghen!". Traduzione per i non lombardi: "avercene, di saggi cosi'!". 7. LIBRI. GIORGIO BOATTI PRESENTA "L'INFANZIA E' UN TERREMOTO" DI CAROLA SUSANI [Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 2 febbraio 2008, col titolo "Quel '68 in soccorso del Belice"] Due scosse di terremoto, l'una all'ora di pranzo e l'altra, a tarda sera, di potenza devastante, portarono la distruzione, il 15 gennaio 1968, nella valle del Belice, in Sicilia. I morti furono diverse centinaia, i feriti migliaia. Centri come Montevago, Santa Margherita Belice, Gibellina, Salaparuta furono rasi al suolo. Lo Stato nella sua opera di soccorso, ancora una volta, arrivo' tardi e arrivo' male. Tra i tanti che non si tirarono indietro nel fronteggiare le conseguenze del disastro vi furono centinaia di giovani volontari: richiamati da un tam-tam che aveva percorso le principali sedi universitarie della penisola parteciparono ai soccorsi. Tra quelli che arrivarono in Sicilia e vi rimasero per contribuire alla ricostruzione vi erano anche i genitori di Carola Susani, autrice de L'infanzia e' un terremoto, pubblicato ora da Laterza (pp. 142, e 9). L'autrice, in pagine intense e bellissime, va a ripercorrere luoghi e volti della propria infanzia, racconta di quando giunge dal Veneto con mamma e papa' e con i fratelli, e - assieme ai figli di altri volontari - trascorre anni decisivi nelle baracche delle prime, provvisorie riedificazioni. Tra queste baracche c'e' anche la sede del "Centro Studi e Iniziative valle Belice" in cui opera Lorenzo Barbera, figura carismatica gia' a fianco di Danilo Dolci nell'impegno per l'emancipazione delle zone piu' povere della Sicilia. Dolci e Barbera divisero le loro strade proprio nel modo opposto di concepire il coinvolgimento delle popolazioni terremotate nella difesa di diritti fondamentali. Inizialmente fu comune il battersi per l'acqua, su cui voleva metter mano la mafia, e poi unanime l'impegno per l'esenzione dal servizio di leva dei giovani terremotati. A opporli fu poi il clamoroso "processo popolare" - sostenuto da Barbera e intentato dai terremotati, con tanto di istruttoria e documentati dossier di accusa - contro ministri e direttori di ministero, rei di ritardi e inerzie colossali. Era un procedere che non convinse Dolci, allarmato dai toni "giustizialisti" della piazza, diffidente verso una demagogia spettacolare che non aveva molto da spartire con la sua pedagogia del riscatto. Di tutto questo e molto altro, ma soprattutto dei protagonisti di una stagione irripetibile di speranze e partecipazione, parla questo libro, che va alla ricerca, e trova con sincerita' e franchezza, la generazione dei padri: quella che nel '68 aveva vent'anni e che nel terremoto siciliano, come gia' nella Firenze alluvionata, comincia a prendere posto sul palcoscenico italiano. E' un apparire dove, nonostante recenti polemiche contro un '68 accusato di aver osteggiato quella meritocrazia che pare stesse tanto a cuore ai baroni accademici del tempo, il riconoscimento del ruolo e del talento effettivo di ciascuno si poneva in modo centrale. Anche se forse era un merito poco "meritocratico", ovvero non finalizzato ne' al potere ne' alle rampanti scalate ma, tuttavia, concreto e prezioso: si trattasse di ripulire Firenze alluvionata o di riedificare i paesi siciliani terremotati. 8. LIBRI. ROBERTO CARNERO PRESENTA "L'UOMO CHE CADE" DI DON DELILLO [Dal mensile "Letture", n. 645, marzo 2008 col titolo "Cadono le persone crolla la civilta'"] Don DeLillo, L'uomo che cade, (traduzione di Matteo Colombo), Einaudi, 2008, pp. 262, euro 17,50. * Ce lo aspettavamo, e caso mai sembrava in ritardo sul tema. Ed ecco che, sei anni dopo quegli eventi, e' uscito, nella versione originale nel 2007, il romanzo in cui Don DeLillo ha provato a fare i conti con l'11 settembre 2001. O, meglio, con le conseguenze dell'11 settembre sulla vita dei suoi connazionali, dopo che l'11 settembre e' diventato mito collettivo e, a sua volta, evento generatore di mito. La mano del maestro si riconosce fin dalle prime righe, in cui rapidi tratti visivi fotografano la scena di quella terribile mattinata newyorkese: "Non era piu' una strada ma un mondo, un tempo e uno spazio di cenere in caduta e semioscurita'. Camminava verso Nord tra calcinacci e fango e c'erano persone che gli correvano accanto tenendosi asciugamani sul viso o giacche sulla testa. Avevano fazzoletti premuti sulle bocche. Avevano scarpe in mano, una donna gli corse accanto, una scarpa per mano. Correvano e cadevano, alcuni, confusi e sgraziati, fra i detriti che scendevano tutt'intorno, e qualcuno cercava rifugio sotto le automobili". Protagonista del libro e' Keith Neudecker, un avvocato quarantenne che lavora nelle Torri Gemelle e che sopravvive al crollo. Si trova per strada, miracolosamente illeso, con una valigetta non sua, che in seguito sara' all'origine dell'incontro di una donna capace di turbare il suo gia' precario equilibrio personale. Keith e' sposato con Lianne, hanno un figlio di sette anni, Justin, ma il loro menage coniugale e' da tempo in crisi (i due sono separati da un anno). Lianne vive una tormentata condizione spirituale, in cui una sincera ansia religiosa si unisce all'impossibilita' di uníadesione incondizionata al credo religioso, anche se da un certo punto in poi sembrera' trovare nel cattolicesimo una risposta ai suoi interrogativi. Intanto, nella seconda parte del libro, si profila il personaggio di Nina, madre di Lianne, e quello del suo compagno, Martin, forse ambiguamente implicato nelle attivita' del terrorismo internazionale. E al terrorismo rimandano esplicitamente le pagine dedicate ad Hammad, uno dei dirottatori, che seguiamo nei suoi spostamenti alla fine di ognuna delle tre sezioni in cui e' suddiviso il libro. Mentre nelle ultime pagine, la scena dell'impatto dell'aereo su cui si trova Hammad si collega a quella che rimanda all'incipit del romanzo, cioe' il punto di vista di Hammad slitta impercettibilmente in quello di Keith, dal carnefice alla vittima, riallacciando il discorso all'esordio del libro, secondo la classica struttura (qui ovviamente citata in una chiave tutta postmoderna) della "composizione ad anello". Il titolo del libro, L'uomo che cade, allude al performer che si lancia in caduta statica da vari punti della citta' nelle posizioni assunte da un uomo che si era gettato da una delle Torri prima del crollo. Ma rimanda anche alla caduta verticale di Keith, in viaggio per il mondo in una fuga da se stesso di cui il vizio del gioco d'azzardo rappresenta il sintomo piu' eclatante. E si tratta, in fondo, della caduta di un intero mondo, di tutta una societa', messa in discussione nei suoi fondamenti pratici e teorici da un evento come l'11 settembre. Un'indagine, questa di DeLillo, sviluppata non tanto nella dimensione pubblica e collettiva, quanto sul piano individuale e psicologico. Senza peraltro offrire risposte al caos di domande e di punti interrogativi che segna la societa' americana di oggi. Come se la narrativa, l'arte, il linguaggio volessero dichiarare la loro incapacita' a fare davvero luce sui nodi cruciali di una realta' complessa e difficile da interpretare. Anche se paradossalmente - come Lianne che insegna creative writing ad alcuni anziani malati di Alzheimer - forse solo la scrittura e' in grado di riempire gli spazi di vuoto. Un romanzo suggestivo e articolato, a partire dalla struttura narrativa, costituita dall'intersezione tra piani diversi, in cui i vari personaggi si avvicendano l'uno all'altro, senza che ogni volta appaia da subito chiaro al lettore di chi si stia parlando. Un effetto straniante forse dovuto anche alla traduzione dall'inglese - ipotizza don Antonio Rizzolo -, una lingua in cui il soggetto grammaticale deve essere sempre espresso, cosa che invece non accade in italiano. Uno straniamento che pero' e' prima di tutto degli stessi personaggi, assoggettati a una perdita di senso e a una caduta nell'insignificanza, dalla quale non sembra esserci via di salvezza. E' come se l'11 settembre avesse determinato in loro una trasformazione psicologica, al punto da farli girare a vuoto, quasi fantasmi di se stessi, in preda al caso piu' che alla volonta' o anche solo al destino. Per Ferruccio Parazzoli - che pure si dichiara ammiratore dell'arte di questo grande scrittore americano, da Rumore bianco a Underworld - il limite del libro va ricondotto alla tendenza dell'autore a scrivere un po' "alla maniera di se stesso". Spiega: "E' come se DeLillo si compiacesse a 'delilleggiare'. Certo, lo fa inconsapevolmente, ma in tal modo rischia di risultare, appunto, manieristico. Detto questo, pero', gli vanno riconosciuti alcuni scatti di genio che qua e la' nel libro emergono con prepotenza". Tali momenti piu' felici vanno ricercati nei punti dove il narratore offre un improvviso ribaltamento della realta', quando cioe' egli da' quelle stoccate capaci di rovesciare la situazione di partenza. Nella lettura di questo libro, a Parazzoli rimane pero' la sgradevole impressione di una certa falsita' di fondo: come se il tema dell'11 settembre fosse stato per DeLillo un argomento obbligato, senza che egli lo sentisse in profondita', senza che esso toccasse la sua natura piu' intima. Tanto che l'11 settembre raccontatoci da DeLillo non appare in grado di superare quella dimensione tutta americana in cui, in un libro come questo, esso appare confinato. Non e' d'accordo Aldo Giobbio, il quale ritiene che alcuni fatti storici, indipendentemente da come vengono percepiti, appartengono di diritto alla storia dell'umanita': cosi' e' stato per la Rivoluzione francese (che evidentemente non riguarda solo la Francia) e cosi' e' stato per l'attacco alle Twin Towers (che non ha toccato solo gli Stati Uniti). Per Giobbio l'aspetto interessante del romanzo di DeLillo e' il suo inserirsi in quell'importante filone narrativo che si interroga su come sia possibile sopravvivere dopo un'immane tragedia storica e collettiva: a proposito potremmo citare molta produzione concentrazionaria o anche, come fa lo stesso Giobbio, un libro quale Dissipatio H. G. (1977) di Guido Morselli. Anche se nel romanzo di DeLillo i molti spunti offerti - come sia possibile vivere l'affettivita' dopo aver sfiorato la morte; di che natura sia l'universo interiore degli attentatori; quanto il mondo occidentale abbia cooperato, seppure involontariamente, ma forse colpevolmente, a quella tragedia - non vengono ricondotti ad unita'. Tuttavia - sottolinea Sergio Tosatto - tutta la narrazione e' giocata sul piano della percezione psicologica degli eventi, piu' che su quello di un'analisi storica e oggettiva. Il fatto che spesso non troviamo i nomi dei personaggi sta forse ad indicare proprio la volonta' dell'autore di renderli, in qualche modo, interscambiabili. A mostrare la loro "quieta disperazione, una vita su cui si riflette molto, ma che si vive decisamente poco". 9. LIBRI. LORENZO MONDO PRESENTA "INTRODUZIONE ALLA DIVINA COMMEDIA. LE LEZIONI DI CAMBRIDGE E DI YALE" DI NATALINO SAPEGNO [Dal quotidiano "La Stampa" del 21 gennaio 2003 col titolo "L'utopia di un geniale pessimista" e il sommario "La Divina Commedia nella lettura del grande studioso"] Maestri cercando... Il nome di Natalino Sapegno e' familiare, fuori dalla cerchia degli specialisti, ai molti che si sono serviti del suo commento alla Divina Commedia, per lungo tempo adottato nelle nostre scuole. Ma Dante fu, per il critico valdostano, l'amore di una vita. E ne costituiscono la riprova due lezioni dantesche, finora inedite in Italia, che tenne a Cambridge e a Yale in occasione delle celebrazioni centenarie del 1965, ora pubblicate dall'editore Aragno con il titolo Introduzione alla Divina Commedia. Nella prima, Genesi e struttura della Commedia, Sapegno chiarisce limpidamente come gli riusci' di superare i limiti dell'interpretazione crociana, che riscontrava nel poema un contrasto insanabile fra struttura e poesia, fra impianto teologico-filosofico e lirico abbandono, giungendo a un apprezzamento unitario del poema: sulla scorta di Francesco De Sanctis, che si arrovello' per recuperare dialetticamente il valore del preteso dualismo, nonostante la residua sordita', d'impronta illuministica, nei riguardi del Paradiso. Quanto a Sapegno, approda a uno "storicismo integrale" che nulla si nega dell'umano sentire: "Perche' la Commedia e' prima d'ogni altra cosa tutta la vita di Dante, la sua passione e il suo pensiero; e oltre la personalita' stessa dello scrittore, e' l'opera riassuntiva e emblematica di un grande momento della civilta' umana, colto nella sua fase culminante e alle soglie della sua crisi, e pertanto ritratto con una coloritura fortemente emotiva, patetica e drammatica". L'antica querelle appare oggi superata, piu' nessuno pretende di leggere Dante a frammenti. Gli studiosi sono attratti da problemi piu' "interni" e capillari che toccano la filologia testuale, il significato dei numeri, l'arte della citazione scoperta o allusa, i rapporti tra Dante e l'Islam... Ma quello di Sapegno resta, nell'ordine dei suoi interessi, un punto fermo. Conserva un fascino particolare la seconda lezione che viene oggi riproposta, Come nasce la Commedia (anche questa nel testo inglese e italiano) dove il discorso teorico resta sottinteso e l'indagine critica si anima di fervore morale. E' nel trauma dell'esilio che Dante prende coscienza del tramonto di una civilta' secolare, di quello che sara' chiamato l'autunno del Medioevo. Sono in crisi la Chiesa e l'Impero, supremi regolatori della vita spirituale e civile. La decadenza investe anche i Comuni l'un contro l'altro armato, attraversa l'edificio compatto della Scolastica che sapeva armonizzare fede e ragione, non risparmia il costume pubblico e privato. E Dante giudica l'apparente anarchia, che prelude a un nuovo mondo, confrontandola genialmente con l'eterno, l'immobile, il perfetto. Non importa che il suo pessimismo abbia una impronta conservatrice, sia contrassegnato da una utopia a' rebours, perche' certi valori (il senso della giustizia, una religiosita' piu' pura, una autorita' condivisa che trascenda gli interessi particolari e porti la pace tra gli uomini) appartengono a ogni tempo. Dante - conclude Sapegno - ci offre "qualcosa di piu' di un puro messaggio poetico: non soltanto una parola bella, ma una parola persuasiva e vivente". 10. LIBRI. PAOLO PEGORARO PRESENTA "UN'ETICA DEL LETTORE" DI EZIO RAIMONDI [Dal mensile "Letture", n. 645, marzo 2008 col titolo "Lettura come etica: l'arte dell'incontro"] Ezio Raimondi, Un'etica del lettore, Il Mulino, 2007, pp. 76, euro 7. * Niente e' piu' destabilizzante di un libro. D'improvviso le rivoluzioni sono dentro di noi, invece che fuori. Ospitiamo nell'animo maremoti e margherite, teogonie e cosmogenesi, la fine della vita e l'incerta speranza della sua nascita; ospitiamo nell'animo altri animi umani. A patto di essere buoni lettori, ammonisce Ezio Raimondi, con i suoi 87 anni di esperienza. Perche' niente e' piu' indifeso di un libro. Raimondi parte da un'osservazione semplice e acuta: leggiamo investendo sempre la voce - esteriore o interiore - ovvero declinando un tratto intimamente distintivo della nostra personalita' come lo e' il volto, un tratto che e' espressione relazionale e che svicola il testo dalla sua scritturalita' - forma compiuta e morta - per rianimarlo in una dimensione sospesa tra l'acustico e il figurativo, tra la semantica e la fonetica. In quanto esecuzione, la semplice lettura e' gia' atto interpretativo che "verifica l'unione del suono con il significato nella temporalita' della sua esperienza". E la lettura e' gia' etica, perche' la voce di un altro che invoca rispetto per la propria irriducibile identita' deve affidarsi alle labbra dell'io. Che il testo possa manifestarsi integralmente per cio' che e' - "epifania dell'altro" - e' responsabilita' affidata al lettore. Un'interpretazione completamente soggettiva non puo' scrollare le spalle e autogiustificarsi quale gioco innocente o consapevole scorrettezza ermeneutica, perche' e' reductio ad unum di un altro individuo, inflizione del totalitarismo allo spirito. Pertanto "l'estetica della parola si integra e si adempie nell'etica del lettore". Le riflessioni di Raimondi spaziano dalla liberalita' insita nella lettura al significato della tradizione, sempre pero' a partire da una dimensione dialogica che anima e riempie persino la piu' profonda solitudine. Quasi a dire che la scrittura non e' mai conclusa: perche' si prolunga nella lettura. 11. LIBRI. PAOLA SORGE PRESENTA "ERINNERUNGEN" DI HANS JONAS [Dal quotidiano "La Repubblica" del 29 luglio 2003 col titolo "A dieci anni dalla scomparsa esce la sua autobiografia. Quella cotta per la Arendt di Hans Jonas"] La notorieta' arrivo' tardi per Hans Jonas: il filosofo aveva 75 anni quando Il principio responsabilita'. Un'etica per la civilta' tecnologica - un libro che ebbe una diffusione rapida e vastissima come pochi altri nel mondo del pensiero - gli diede fama internazionale; da allora, era il 1979, il pensatore originario di Monchengladbach che aveva studiato con Husserl e Heidegger, l'insegnante entusiasta e appassionato che faceva della filosofia qualcosa di vivo e affascinante, divenne estremamente popolare, onnipresente nei dibattiti sul futuro del mondo. La sua intensa vita che abbraccia quasi tutto il Novecento (dal 1903 al 1993) la racconta lui stesso in maniera semplice e disarmante in un volume uscito ora in Germania (Hans Jonas: Erinnerungen, ed. Insel, pp. 500); nulla di accademico ne' di costruito nelle memorie di questo grande filosofo che paiono piuttosto le confidenze di un amico che sente il bisogno di confessarsi, di rivelare con estrema franchezza non solo le tappe del suo iter intellettuale - dall'analisi della spiritualita' antica a quella della tecnologia moderna fino alla preoccupazione per il futuro dell'umanita' -, ma anche le sue vicende personali, gli aspetti meno conosciuti della sua formazione e della sua carriera, i lati oscuri della sua personalita'. Jonas rievoca con dovizia di particolari la sua infanzia, il rapporto con il padre, un agiato fabbricante tessile che stenta a capire le aspirazioni e le tensioni spirituali del figlio e il suo impegno per il sionismo, il tenero legame con la madre e la ferita sempre aperta per la sua tragica morte ad Auschwitz; come la maggior parte dei suoi compagni di studi, Hans prova una forte attrazione per Hannah Arendt, conosciuta a Marburg nel 1924, ma lei gli confessa subito la sua relazione con Heidegger per non illuderlo e ne fa il suo confidente e amico per la vita. La descrizione dell'ambiente universitario di Friburgo e poi di Marburg e delle lezioni tenute dai due grandi, allora mitici maestri di Jonas, Husserl e Heidegger, e' a dir poco disincantata. Il primo, fondatore della fenomenologia, riteneva che tutti i pensatori dell'era moderna, da Descartes in poi, non erano riusciti a risolvere certi problemi della consapevolezza o della teoria della conoscenza perche' non conoscevano il suo metodo, l'unico che dava soluzioni. Tra l'altro, si diverte a ricordare Jonas, era presente alle lezioni la moglie di Husserl che, come un cerbero, controllava che gli studenti fossero attenti e prendessero appunti. Quanto a Heidegger, il giovane Hans ne riconosce il grande valore e la suggestione esercitata dalla sua personalita', ma non esita a dichiarare che spesso non lo capiva: il suo messaggio era cifrato, destinato a pochi iniziati e inoltre, intorno a lui, si avvertiva un'atmosfera "malsana" dovuta agli adoratori del filosofo. "Non riuscivo a sopportare quella congrega di cultori di Heidegger dall'atteggiamento bigotto e altezzoso" - osserva Jonas ricordando i seminari frequentati a Marburgo dal 1924 - "essi credevano di possedere la verita' rivelata: quella non era filosofia ma qualcosa di settario, quasi una nuova fede...". Queste prime, sgradevoli impressioni saranno poi rafforzate dal celebre discorso tenuto da Heidegger nel '33 in favore di Hitler e dal suo vergognoso comportamento nei riguardi di Husserl. In realta' per il giovane studente pieno di ideali, che credeva che la filosofia dovesse proteggere l'uomo da errori, migliorarlo e nobilitarlo, l'inaspettata adesione del grande filosofo al nazismo non significa solo il crollo di un idolo, ma anche il fallimento catastrofico della filosofia stessa, "la bancarotta del pensiero filosofico". Dopo la guerra Hans Jonas si distacchera' definitivamente dalla filosofia dell'esistenzialismo contrapponendole la "filosofia della vita"; a differenza della Arendt, non perdonera' mai colui che ritiene il piu' profondo pensatore del suo tempo, anche se accettera' di incontrarlo brevemente nel 1969, in occasione del suo ottantesimo compleanno. "Ma tra noi ci fu solo uno scambio di ricordi del tempo di Marburg", nota Jonas. Dopo la notizia dell'avvento di Hitler al potere appresa durante un'allegra festa in maschera, Hans si rifugia a Gerusalemme, partecipa alla seconda guerra mondiale arruolandosi nell'esercito inglese, combatte in Italia, a Taranto, a Forli', a Udine, e rimane piacevolmente sorpreso nel constatare che la popolazione protegge e nasconde gli ebrei in barba alle leggi razziali. Quando nel '45 torna in Germania e vede le citta' tedesche rase al suolo - citta' fantasma che sembravano paesaggi lunari, piene di crateri e di rovine -, prova una gioia incontenibile per la vendetta che si e' compiuta: "E' qualcosa che non vorrei mai piu' provare", confessa Jonas, "ma che non voglio tacere". E, senza remore aggiunge che per molti anni quello e' stato per lui il momento di piu' intensa felicita'. "Oggi non lo potrei piu' dire", nota il filosofo, "perche' nella mia vita ho vissuto momenti ben piu' felici". A New York, dove dal 1955 ha la cattedra di filosofia, ritrova Hannah Arendt e frequenta la sua cerchia di amici a Manhattan fino a quando la pubblicazione degli articoli della scrittrice sul processo di Eichmann a Gerusalemme lo sconvolge profondamente: Jonas non crede ai suoi occhi, non riesce a capacitarsi delle dure critiche mosse dalla Arendt agli stessi ebrei, del tono tagliente e sarcastico da lei usato nei loro confronti, della sua posizione antisionista. Lo scontro fra i due amici di un tempo e' inevitabile: Hans rimprovera a Hannah - che non ha mai letto la Bibbia - la sua ignoranza sulla religione e sulla storia ebraica antica, tenta inutilmente di farla desistere dalle sue posizioni, si rifiuta infine di vederla. Solo dopo due anni riprendera' i contatti con la donna da lui stesso definita "un genio dell'amicizia". 12. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA "LEGGERE WITTGENSTEIN" DI RAY MONK [Dal "Corriere della sera" del 31 agosto 2008 col titolo "Il grande austriaco" e il sommario "Wittgenstein e la filosofia da ripulire in tre parole"] Ray Monk, Leggere Wittgenstein, Vita e pensiero, Milano 2008, p. 110, euro 12. * Wittgenstein non studio' i grandi pensatori del passato, pubblico' in vita soltanto il Tractatus logico-philosophicus (tutti i libri che circolano con il suo nome sono sistemati da altri) e considerava la filosofia non una scienza ma un'attivita'. Forse per questo fece il maestro elementare, l'architetto, ricerche aeronautiche e l'aiuto giardiniere al convento di Huetteldorf. Su di lui fioccano aneddoti; di certo egli visse tutte le liberta' possibili senza curarsi delle convenzioni, sino ad abitare - dopo aver insegnato a Cambridge - in una capanna a Galway, in completa solitudine, sulla costa irlandese occidentale. Noi italiani, poi, lo amiamo in modo particolare, forse perche' lo ospitammo come prigioniero nel 1918 presso Montecassino. Combatteva nell'esercito austriaco e nello zaino aveva il manoscritto del Trattato. Ray Monk, professore a Southampton, specialista di filosofia della matematica, dedico' al pensatore una fondamentale biografia (Il dovere del genio, tradotta da Bompiani) e ora vede la luce da Vita & Pensiero un lavoro del 2005: Leggere Wittgenstein. E' uno svelto libretto che spiega con quale spirito vada affrontata l'opera di chi voleva ripulire la filosofia in tre parole, che cosa significa raffigurare il mondo, quale rivoluzione linguistica ci sia nella sua eredita' e che senso ebbe la rinuncia alla purezza cristallina della logica. Intuizioni che e' possibile spiegare anche a un vasto pubblico, dalle quali e' nata molta parte del pensiero attuale. 13. LIBRI. CLAUDIO TOSCANI PRESENTA LE "OPERE SCELTE" DI WILLIAM FAULKNER [Dal mensile "Letture", n. 611, novembre 2004, col titolo "Il fallito che vinse il Premio Nobel"] William Faulkner, Opere scelte, Mondadori, 2004, pp. CLX-1185, euro 49. * Appariva nove anni fa il primo "Meridiano" dedicato all'opera narrativa di Faulkner (Romanzi), che raccoglieva, oltre al fondamentale L'urlo e il furore (1929), Santuario (1931) e Luce d'agosto (1932). Oggi Mondadori pubblica il secondo e ultimo volume, Opere scelte, contenente Gli invitti (1938), Scendi, Mose' (del '42), Non si fruga nella polvere (del '48) e Requiem per una monaca (del '51). Come l'altro, anche questo e' curato da Fernanda Pivano, che vi ripete il completo e informatissimo saggio introduttivo, con in piu' un apparato, tra filologico e aneddotico, relativo ai testi qui presentati. Nel '50, al conferimento del Nobel, Faulkner disse che il rango di uno scrittore era direttamente proporzionale alla grandezza dei suoi fallimenti (nessun suo libro, infatti, risulta perfetto, tra azzardo strutturale, stile sovraccarico, sfrenata visionarieta' e tortuosita' delle trame). Ma gia' nel '37, recensendolo, Borges aveva sancito la statura di Faulkner, autore cui interessavano in egual misura sia le tecniche romanzesche sia il destino e il carattere dei personaggi; sia l'intensita' della prosa sia la dura materialita' dei protagonisti, al tempo stesso uomini ed eroi, annientati dall'invidia, dall'alcol, dalla solitudine e dall'odio, ma sostenuti da un sacro rispetto per la natura e da una proiezione metafisica dei loro pur crudi rituali. Uno spinto simbolismo pervade i testi faulkneriani: il simbolismo individuale, familiare e sociale di una nazione in fieri che all'atto del racconto si stacca da colpe quasi inconsce, ma di primordiale barbarie. In attesa che tutto rientri pessimisticamente nel buio: quello prossimo venturo della distruzione della terra, della tecnica, del consumo e del guadagno. 14. RILETTURE. MADAME DE LAFAYETTE: LA PRINCESSE DE CLEVES Madame de Lafayette, La princesse de Cleves, Garnier Flammarion, Paris 1966, 1985, pp. 190. Questo libro diremmo l'archetipo di un'intera letteratura, e l'epitome anche di un'intera civilta'. 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 571 del 7 settembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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