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La domenica della nonviolenza. 179
- Subject: La domenica della nonviolenza. 179
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 31 Aug 2008 11:37:24 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 179 del 31 agosto 2008 In questo numero: Fulvio Panzeri: Kenzaburo Oe PROFILI. FUVIO PANZERI: KENZABURO OE [Dal mensile "Letture", n. 552, dicembre 1998, col titolo "Kenzaburo Oe. Un samurai per la pace" e il sommario "Spregiudicato nell'affrontare la realt‡ interiore, il Premio Nobel e' stato segnato dall'esperienza del figlio handicappato. Lucido nel leggere le ambiguita' del suo Paese, si e' molto impegnato contro guerra e nucleare". Fulvio Panzeri e' nato nel 1957 a Renate, in Brianza. Insegnante elementare e critico letterario, collabora a vari quotidiani e riviste, occupandosi, in particolare, della nuova narrativa italiana. Ha curato l'edizione delle opere complete di Pier Vittorio Tondelli e di Giovanni Testori per i "Classici Bompiani". Tra le opere di Fulvio Panzeri: I nuovi selvaggi, Guaraldi, 1995; Altre storie, Marcos y Marcos, 1996; Senza rete. Conversazioni sulla "nuova" narrativa italiana, Pequod, 1999; L'occhio della trota, Guanda, 2000; (con Generoso Picone), Tondelli. Il mestiere di scrittore. Un libro intervista, Bompiani, 2001; Vita di Testori, Longanesi, 2003. Kenzaburo Oe, scrittore giapponese, premio Nobel per la letteratura nel 1994, di forte impegno per la pace, i diritti e la dignita' umana. Dal sito del Premio Grinzane-Cavour riprendamo la seguente scheda: "Kenzaburo Oe e' nato nel 1935 nell'isola di Shikoku, nel sud-ovest del Giappone, da una famiglia che ha vissuto rispettando e tramandando attraverso gli anni le tradizioni del villaggio. Le donne del clan Oe sono state per molto tempo le narratrici degli eventi storici della regione: l'immaginazione di Kenzaburo si e' cosi' nutrita dei fatti che gli venivano raccontati sin dall'infanzia. All'eta' di 18 anni Kenzaburo lascia il suo villaggio per raggiungere Tokyo, dove studia al dipartimento di letteratura francese dell'Universita', sotto la guida del professor Kazuo Watanabe, specialista della rivoluzione francese. Si laurea nel 1959 con una tesi su Jean-Paul Sartre. I pensieri di Watanabe sull'Umanesimo e sul Rinascimento francese influenzano la visione di Oe sulla societa' e la condizione umana. La sua prima opera e' del 1958: e' il racconto Animale d'allevamento, vincitore del premio Akutagawa. Nel 1961 scrive Seevuntiin in cui descrive l'ambiente del fanatico estremismo nazionalista di destra. Nel 1963 nasce il suo primo figlio, affetto da una gravissima lesione cerebrale. Quest'eperienza lascia una traccia profonda nella sua opera. Con Un problema personale (1964) Oe descrive la vicenda di un padre che rifiuta la menomazione del figlio e pensa di ucciderlo: il libro e' un atto d'accusa contro i pregiudizi sociali nei confronti dell'handicap. Nel 1967 vince il premio Tanizaki con Il grido silenzioso. In quest'opera recupera poeticamente l'esperienza della realta' rurale descrivendo un ritorno al villaggio d'origine del protagonista e la riscoperta delle tradizioni e del folklore originari. Nel 1969 riceve il premio letterario Noma con Insegnaci a superare la nostra pazzia, titolo che cita un verso del poeta inglese W. H. Auden. Profondo conoscitore della letteratura occidentale, Oe usa spesso richiami piu' o meno evidenti ad autori stranieri. Nel 1994 vince il premio Nobel per la letteratura, secondo giapponese a ricevere questo riconoscimento internazionale dopo lo scrittore Kawabata. Il mondo descritto da Oe nei suoi libri e' spesso un mondo colmo di contraddizioni, a cui lo scrittore si approccia con sguardo severo per descrivere una societa' giapponese che fatica a fare un riesame critico della sua storia piu' recente. Nel 1996 riceve il Premio Grinzane Cavour - sezione internazionale 'Una vita per la letteratura'". Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente selezione bibliografica di opere di Kenzaburo Oe: Uno strano lavoro (Kimyona Shigoto, racconto) 1957; L'orgoglio dei morti (Shisha no Ogori, racconto) 1957; Animale d'allevamento (Shiiku, racconto) 1958; Tribu' belante (Ningen no Hitsuji, racconto) 1958; Strappa il germoglio, spara al bambino (Memushiri Kouchi, romanzo) 1958; Da qualche parte altrove (Koko yori Hoka no Basho, racconto) 1959; Il fratello minore dell'eroico guerriero (Yukanna Heishi no Ototo, racconto) 1960; Seventeen (Sebuntiin, racconto) 1961; Morte di un giovane militante (Seiji Shonen Shisu, racconto) 1961; L'Uomo Scatola (Seiteki Ningen, racconto) 1963; L'urlo (Sakebigoe, racconto) 1963; Un'esperienza personale (Kojinteki na taiken, romanzo) 1964; Agui, il mostro del cielo (Sora no Kaibutsu Aguii, racconto) 1964; Appunti di Hiroshima (Hirshima no Noto, raccolta di appunti) 1965; Il grido silenzioso (Man'en gannen no huttoboru, romanzo) 1967; Insegnaci a superare la nostra pazzia (Warera no kyoki o ikinobiru michi o oshieyo, racconto) 1969; Forza immaginativa dell'era nucleare (Kakujidai no Sozoryoku, raccolta di testi di conferenze) 1970; Appunti di Okinawa (Okinawa noto, raccolta di appunti) 1970; Il giorno in cui lui mi asciughera' le lacrime (Mizukara Waga Namida o Nugui Tamau Hi) 1972; Il dopoguerra da me vissuto come contemporaneo (Dojidai to shite no Sengo, saggio) 1973; Le acque hanno invaso la mia anima (Kozui wa Waga Tamashii ni Yobi, racconto) 1973; Memorie di un velocista (Pinchirannaa Chosho, romanzo) 1976; Il metodo del romanzo (Shosetsu no Hoho, saggio) 1978; Il gioco della contemporaneita' (Dojidai Gemu, romanzo) 1979; Raccolta di storie grottesche moderne (Gendai Denkishu) 1980; Un albero da pioggia intelligente (Atama no Ii Rein Tsurii, racconto) 1982; Svegliati, giovane della nuova era (Atarashii Hito yo Mezameyo, testo per il Convengo del Pen Club su "La Letteratura nell'epoca nucleare: perche' scriviamo") 1983; Come uccidere un albero (Ika ni Ki o Korosu Ka, racconto) 1984; M/T e la storia delle meraviglie della foresta (M/T to Mori no Fushigi no Monogatari, romanzo) 1986; Gli anni della nostalgia (Natsukashii toshi e no Tegami, romanzo) 1987; Per una nuova letteratura (AtarashiiBungaku no tame ni, saggio) 1988; L'ultimo romanzo (Saigo no Shosetsu, saggio) 1988; Un'esistenza tranquilla (Shizukana Seikatsu, romanzo) 1990; Ieri 50 anni fa (carteggio con Guenter Grass) 1991; E il Salvatore sara' percosso, vol. I della trilogia "Il verde albero in fiamme" (Sukuinushi ga Nagurareru made), vol. II della trilogia "Moegaru Midori no Ki", romanzo) 1993; Vacillamento, vol. II ("Yureugoku", vol. II della trilogia, romanzo) 1994; Verso il grande giorno, vol. III (Oinau no Hi, vol. III della trilogia, romanzo) 1995; Una famiglia (Kaifuku suru Kazoku, raccolta di articoli apparsi sulla rivista "Sawarabi") 1995; Il figlio dell'imperatore (raccolta di racconti contenente: Sebuntiin, Morte di un giovane militante, Io e il mio ambiguo Giappone) 1997". Tra le opere di Kenzaburo Oe tradotte in italiano: Il grido silenzioso, Garzanti, Milano 1987, 1999; Insegnaci a superare la nostra pazzia, Garzanti, Milano 1992, 2000; Un'esperienza personale, Garzanti, Milano 1996, Corbaccio, Milano 2005; Il figlio dell'Imperatore, Marsilio, Venezia 1997; Gli anni della nostalgia, Garzanti, Milano 1997, 2001; (con Guenter Grass), Ieri, 50 anni fa, Archinto, Milano 1997; Una famiglia, Mondadori, Milano 1998; (con Susan Sontag), La nobile tradizione del dissenso, Archinto, Milano 2005; Il salto mortale, Garzanti, Milano 2006; Note su Hiroshima, Alet, 2008; alcuni suoi testi sono anche in AA VV., Novelle e saggi giapponesi, Istituto giapponese di cultura in Roma, 1985; e in AA. VV., Racconti dal Giappone, Mondadori, Milano 1992] Il Premio Nobel per la letteratura assegnato nel 1994 a Kenzaburo Oe ha avuto un grande merito, quello di far scoprire una diversa identita' della letteratura giapponese moderna. Letteratura finora probabilmente conosciuta dagli occidentali per le lezioni storiche importanti, di natura e di livello soprattutto estetico-contemplativo, di autori quali Yasunari Kawabata, Junichiro Tanizaki, Yukio Mishima. Oppure, sempre per il lettore comune e rivolta verso il "nuovo" delle giovani generazioni, quella di Banana Yoshimoto e di Haruki Murakami. * Tra modernita' e tradizione Kenzaburo Oe, nato nel 1935, e' uno dei rappresentanti piu' significativi della generazione di mezzo e soprattutto racconta un Giappone diverso, quello drammatico, lacerato dalle contraddizioni e da un estremo bisogno di leggere la realta' in rapporto allo sradicamento della modernita' e al peso della tradizione. Cosi' la realta', anche nelle sue pieghe piu' impietose, diventa il centro espressivo intorno a cui si muove un autore come Oe, il quale contrae il suo stile intorno alle lacerazioni di un se' tormentato da esperienze dolorose, e a una realta' sociale spesso ambigua, difficile da interpretare. Questa necessita' imperiosa comporta per la sua scrittura un tratto distintivo, oggi assai raro, quello di affidarsi a una specie di "moralita'" che nel fare letteratura privilegia le immagini di una contemporaneita' che ha bisogno di essere interpretata e rivelata al di la' degli aspetti ambigui che la contraddistinguono. Del resto nel discorso pronunciato in occasione del Premio Nobel, intitolato emblematicamente "Io e il mio ambiguo Giappone", Oe fa riferimento a Kawabata, il primo scrittore giapponese a salire su quel podio, che aveva parlato di se' e del "suo bel Giappone", un'immagine forse contrassegnata da troppa "vaghezza". Lui invece "come uomo che vive nel presente, serbando dolorosa memoria del passato", confessa di avere la sensazione che il Giappone contemporaneo, pur dopo centovent'anni di modernizzazione, "sia ancora lacerato da due tipi di ambiguita' di segno opposto. Le stesse che vivo anch'io in prima persona, come scrittore che ne porta su di se' i segni profondi. Ambiguita' che si manifestano in vari modi, tanto da creare lacerazioni in un'intera nazione e nel suo popolo". Kenzaburo Oe sceglie di non abbassare mai lo sguardo, di indagare sempre la radice di queste ambiguita', derivanti proprio da una modernizzazione che imita il modello occidentale, pur sapendo di appartenere all'Asia e pur volendo con determinazione mantenere gli aspetti tradizionali della propria cultura. Per Oe, "questo ambiguo concetto di progresso ha condotto il Paese ad assumere esso stesso il ruolo di invasore in Asia". * Scuse per le atrocita' E' la generazione dei cosiddetti "scrittori del Dopoguerra" ad aver intuito con maggior forza la necessita' di testimoniare questa frattura. Sono gli scrittori della "sua" generazione e Oe li definisce "i piu' consapevoli e onesti", proprio perche', "sebbene feriti dalla catastrofe, si sono adoperati, instancabili, a favore di una speranza di rinascita; lo hanno fatto cercando con umilta' la riconciliazione con il resto del mondo, tentando di ricompensare con immenso dolore le disumane atrocita' compiute in Asia dall'esercito giapponese". Aggiunge, cercando di dare una ragione al suo impegno civile: "Non e' mai venuta meno in me l'ispirazione a pormi sulla loro scia, ripartendo dagli esiti finali delle loro elaborazioni". Kenzaburo Oe si batte continuamente contro il conservatorismo del modello politico giapponese, un modello che, in qualche modo, ha impedito lo sviluppo di un processo democratico del Paese. Durante la sua infanzia sente che e' possibile una specie di evoluzione verso l'educazione alla democrazia della societa' giapponese, soprattutto grazie all'elaborazione di una nuova Costituzione: "Leggevo con grande interesse, sentivo la forza liberatoria che avevano gli ideali del sistema democratico, spiegati da insegnanti che li affrontavano come novita' anche per loro stessi: era una forza liberatoria rispetto al penetrante 'bastone' dello Stato, a cui ero cosciente di essere stato, nonostante la giovane eta', seriamente legato durante la guerra, e da cui, devo ammettere, ero pure stato affascinato". Eppure cinquant'anni dopo si deve ricredere sull'effettiva penetrazione di quei valori: pesa ancora il ricordo della guerra e la spinta espansionistica. Per Oe solo una mozione di rinuncia alla guerra e un atto di scuse verso i popoli asiatici possono rappresentare un primo serio tentativo "per restituire dignita' ad una Costituzione troppo spesso trascurata". Solo in questo modo e' possibile ridare un senso allo sviluppo civile di un popolo. Infatti in questi anni, pur essendo rimasta immutata la Costituzione, per Oe, "e' aumentata in continuazione la forza di difesa giapponese". Proprio la constatazione di questa involuzione gli fa scrivere considerazioni amare che esprimono appieno pero' la forza con cui affronta i temi dell'impegno morale e civile: "Data la situazione, devo riconoscere, anche in base alle mie esperienze personali, con amarezza, che da noi la democrazia non e' ancora profondamente radicata". Con spietatezza a volte crudele la narrativa di Oe registra e impone il suo percorso scomodo di attraversamento di quei temi-emblemi che ossessivamente appaiono nei suoi romanzi: l'handicap del figlio, lo spettro del nucleare, il fanatismo religioso, il potere e le discriminazioni razziali. Una interpretazione della necessita' dell'impegno sociale nella narrativa di Oe viene data da Kato Shuichi nella Storia della letteratura giapponese dall'Ottocento ai giorni nostri, curata da Adriana Buscaro e pubblicata da Marsilio nel 1996, che sottolinea quanto Oe nei suoi romanzi abbia trattato "quasi tutti i piu' latenti elementi di instabilita' del sistema sociale dal 1960 in poi". Cita, per esemplificare, due romanzi non tradotti in italiano: Kozui wa waga tamashii ni oyobi (L'inondazione raggiunge la mia anima), del 1993, una critica all'efficienza aggressiva e distruttrice della civilta' contemporanea, vista attraverso gli occhi di un ragazzo ritardato; e Dojdai gemu (Giochi contemporanei), del 1979, che discute il mito dell'autonomia regionale e il potere accentratore dello Stato, attraverso il racconto della guerra tra un villaggio-Stato nelle montagne dello Shikoku e l'impero giapponese. Shuichi si chiede perche' Oe protesti e opponga resistenza. La risposta la trova in queste affermazioni: "Non e' un critico della linea politica. Non e' nemmeno, come i critici marxisti, un rivoluzionario che proponga un sistema alternativo alla 'superpotenza economica'. Per mezzo di racconti fantastici e descrizioni di vita, da Rabelais agli hippies, si schiera in modo inequivocabile contro i valori che sostengono l'attuale societa'. Su quali valori positivi si basa tale rigetto? Sulla pace, sulla difesa della natura e sull'importanza della vita umana. E questi fragili valori rimarrebbero inespressi se uno scrittore non li formulasse. Le condizioni di un'epoca - o la realta' di una generazione - appaiono quelle che sono non tanto quando le si accettano e le si descrivono, ma piuttosto - e soltanto - per quello che significano le critiche, il rigetto e i tentativi di superarle". * Drammi di persone sole Oe e' un innovatore, soprattutto per quanto riguarda l'impatto stilistico: lavora per salti logici, attraverso una sintassi spezzata, alla ricerca di un senso che possa restituire un ordine; quello che lo scrittore racconta e' un tempo claustrofobico, in cui si consumano i drammi esistenziali dei personaggi, colti nel momento della solitudine piu' aspra, stremati dalla disperazione, lacerati da un isolamento in cui la comunicazione si fa sempre piu' precaria. Il suo non e' uno stile sempre identificabile, in quanto continuamente oscillante dal grottesco all'invettiva, espedienti usati per rendere assai piu' determinati e incisivi questi suoi atti d'accusa, tanto da qualificare la sua come una letteratura strettamente anticonsolatoria, spesso segnata dal senso della "terribilita'" di cio' che racconta, senza abbassare mai lo sguardo di fronte al dolore, alla falsita', al pregiudizio, al luogo comune. Del resto, concludendo il suo discorso per il Nobel, cosi' definisce la sua natura di scrittore, ma pone anche dei punti fermi per interpretare la sua idea di arte: "E' una mia convinzione priva di qualsiasi verifica, ma da persona debole quale sono aspiro a farmi carico con dolore delle sofferenze accumulate nel XX secolo a causa di una mostruosa espansione della tecnologia e dei trasporti: e vorrei allora ricercare, come uomo ai margini del mondo, prospettive da offrire insieme a un contributo, spero corretto e umanistico, alla riconciliazione e alla cura di tutto il genere umano". A conferma di quanto sia importante per lo scrittore il confronto serrato con la realta', Michela Morresi e Cristiana Ceci, le curatrici dell'ultimo romanzo di Oe tradotto in italiano, in realta' risalente al 1961, come pubblicazione in lingua originale su rivista, Il figlio dell'Imperatore, raccontano della decisione di Oe, nel 1995, di non voler piu' scrivere romanzi, ma di sentire la necessita' di ritrovare un "nuovo senso" nel suo fare "arte" attraverso il pensiero filosofico. Allora sembrava una decisione irrevocabile, che pero' proprio recentemente e' stata contraddetta dalla pubblicazione di un nuovo romanzo, che, come dice lo stesso Oe, "racconta la storia di una comunita' di preghiera formata da giovani, che alla fine viene emarginata dalla societa' perche' considerata un gruppo di culto". Come nel caso del Figlio dell'Imperatore, anche il nuovo romanzo, L'albero verde che sprizza fiamme, non ancora tradotto in italiano, potrebbe ricollegarsi a recenti fatti di cronaca, come l'attentato al gas nervino nella metropolitana di Tokyo, nel 1995. Anche se poi il romanziere tende a una lettura meno "codificata": "Non posso fare altro che ammettere il mio ritardo rispetto alla realta' attuale: il mio romanzo non tratta infatti la sconfinata ostilita' e aggressivita' che un gruppo di culto potrebbe nutrire; questo problema, dunque, e' proprio cio' che io stesso sento ora di dover affrontare con particolare attenzione". Il perche' di questa svolta viene spiegato dalle curatrici come un ripensamento che richiama Oe "al dovere di fornire la sua personale lettura della societa' giapponese contemporanea proponendosi di restituire potere e autorita' al romanzo". * Minacciato e censurato E' una lettura che Oe offre anche nel Figlio dell'Imperatore, che proprio per il tono sarcastico e per l'irriverenza dura e beffarda, spesso grottesca nell'affrescare il vuoto di certa retorica, all'epoca venne censurato e provoco' minacce di morte all'autore. Questo romanzo definisce la posizione morale e civile di Oe, che qui mette in discussione, attraverso un'invettiva contro l'ideologia dell'estrema destra, la rispettabilita' della massima figura del potere nipponico, l'imperatore, appunto. A partire da un episodio di cronaca, quello di un giovane ossessionato e fanatico che accoltella, negli studi televisivi, in diretta con milioni di giapponesi, il segretario del Partito socialista, il romanzo rende un ritratto psicologico di questo "eroe" vuoto, questo giovane "Io" che per definire la propria grandezza giunge all'omicidio. Non c'e' la necessita' di giudicare, in Oe, e anche quando si affrontano i rituali di un uomo che crede ciecamente all'imperatore, definito il suo "vero sole", il suo "solo Dio che vince anche la morte", arrivando a uccidere proprio per una sorta di devozione a questa figura, c'e' una necessita' di capire le ragioni dell'umana debolezza, le frustrazioni latenti, l'irragionevolezza di fondo. * La tragedia dell'atomica Nel romanzo e' molto efficace anche il riferimento agli scontri di Hiroshima, luogo simbolo nel Giappone del Dopoguerra, nonche' il ricordo delle vittime della bomba atomica. Del resto nel 1963 Oe intraprende un viaggio a Hiroshima: la constatazione della tragedia atomica sposta il centro del suo impegno su un versante pacifista e antinuclearista. Su questo argomento ha scritto due libri: Appunti su Hiroshima, del 1965, e Appunti su Okinawa, del 1970. Quello della memoria della bomba atomica e' un tema che ricorre spesso nella recente letteratura giapponese. Il romanzo simbolo, un capolavoro, e' La pioggia nera di Ibuse Masuji, tradotto in italiano da Marsilio. Non si tratta di un reportage sul primo bombardamento atomico della storia: e' la ricostruzione a posteriori, e a distanza, di un'esperienza di cui l'autore non e' stato diretto testimone, ma che come "uomo di Hiroshima" e come "sopravvissuto" ha avuto su di lui un impatto profondo. Nell'introduzione, Luisa Bienati, che si segnala proprio per l'approfondimento del rapporto tra la letteratura giapponese e Hiroshima, scrive: "In questo romanzo non c'e' una immagine della bomba, ma tante quante gli occhi che l'hanno vista. Solo frammenti di scene che vediamo srotolarsi con la lentezza di una moviola senza sonoro, con un sereno distacco da brivido: immagini in quello strano 'silenzio di morte' che molti sopravvissuti ricordano di avere avvertito sulle rovine di Hiroshima e Nagasaki". E' la stessa meditazione silenziosa che propone Oe in un suo saggio: "L'uomo di Hiroshima preferisce rimanere in silenzio fino a quando sara' di fronte alla morte. Vuole avere una sua vita e una sua morte. Non desidera che le sue miserie vengano messe in mostra e usate come dati dai movimenti contro le bombe atomiche o in altre lotte politiche... Noi non possiamo celebrare il sei di agosto; possiamo solo lasciare che se ne passi via con i suoi morti". E' un tema che viene sviluppato e approfondito anche in Ieri, 50 anni fa, pubblicato da Archinto, che raccoglie lo scambio epistolare di Oe con lo scrittore tedesco Guenter Grass. I due scrittori sono uniti dall'essere stati due bambini segnati dalla guerra mondiale e dalla necessita' di riflettere sul tema della "violazione della loro giovinezza", sicche' decidono di rileggere la storia, l'attualita' e i problemi dei loro Paesi. Centrale, nell'evolversi del colloquio, e' il riferimento alle "due bombe atomiche che cambiarono il mondo". Oe sente forte il problema di non appartenere al passato, ma all'oggi e al domani, "come dimostrano chiaramente le malattie dovute alla radioattivita' sofferte dai superstiti e le mutazioni genetiche di cui sono vittime i loro figli". Da questa precisa constatazione nasce nello scrittore la "volonta' di sopravvivere" con la scelta di dedicarsi a tematiche fortemente radicate nella societa': "Nelle attivita' letterarie avviate frettolosamente, non potevo allora far altro che trattare tematiche di forte impatto sociale ispirate dall'attualita', impegnando tutto me stesso e sfidando le mie debolezze". * Un groviglio di tristezza Il tema centrale della narrativa di Oe e' quello del rapporto con l'handicap, quello del figlio Hikari, che pian piano lo scrittore impara ad amare, a comprendere, ma soprattutto a vedere in quell'oscurita' che lo tormenta. Lo ricorda anche nel discorso tenuto a Stoccolma, quando chiede di consentirgli di tornare su un tema "personale, su mio figlio portatore di handicap mentale congenito". Racconta dell'amore del figlio per la musica, un amore che segue un itinerario in crescita, dal canto degli uccelli fino alla musica di Bach e di Mozart, fino ad arrivare a delle proprie composizioni musicali. Racconta Oe: "Man mano che scriveva, io che ero suo padre iniziai a percepire dell'altro nella sua musica, la voce di un'anima oscura e in lacrime. Nonostante l'handicap, grazie a sforzi assidui le sue composizioni, che sono la sua 'consuetudine esistenziale', hanno acquisito una crescente tecnica e profondita' concettuale, quella stessa che gli ha permesso di scoprire 'il groviglio di oscura tristezza' che sentiva in se'". E' un'esperienza raccontata anche in Una famiglia, una serie di interventi pubblicati per la prima volta sulla rivista scientifica "Sawarabi", tradotto da Mondadori, un libro in cui con grande chiarezza e lucidita', oltre a seguire tappa per tappa la vicenda del figlio, affronta questioni essenziali, legate ai diritti degli emarginati e all'accettazione dell'handicap come problema dell'intera societa'. * Il figlio Hikari: una ricchezza Il problema dell'handicap ha bisogno di essere valorizzato all'interno di una "nuova cultura", la quale si costruisce a partire dalla valorizzazione del disabile stesso, non dal suo occultamento da parte della societa'. Potrebbero sembrare problematiche ormai superate, visti i tentativi di integrazione che sono stati fatti in questi anni. Sono essenziali pero' le sottolineature "umane", strettamente affettive, che Oe usa per sviluppare il tema. Cita ad esempio la grande scrittrice Flannery O'Connor, soprattutto in virtu' del suo estremismo che ben sintetizza la forza morale di un "nuovo" sguardo, quando "sostiene che l'atteggiamento sentimentale nei confronti dei bambini portatori di handicap, che implica il tentativo di tenere loro e la loro sofferenza lontani dagli occhi della gente, e' paragonabile alla mentalita' che ha portato ad alimentare il fumo nei forni crematori di Auschwitz". Cosi' il figlio portatore di handicap non diviene qualcosa da occultare, ma da valorizzare. Oe racconta di se stesso e del suo microcosmo familiare, della consapevolezza cui tutti sono giunti di una impossibilita' a vivere senza Hikari, del vederlo come elemento indispensabile, al punto che afferma: "Il fatto che uno di noi sia un portatore di handicap ha fatto si' che gli altri dovessero compensare le sue debolezze facendo appello alla propria creativita'". Come e' avvenuto per la sorella, che proprio grazie a questo rapporto con Hikari riesce a rivelare le sue doti e la sua raggiunta maturita'. E' proprio la famiglia che puo' "rivelarsi" e "rivelare" questa "vivibilita'", prima alla comunita' in cui e' inserita e poi diffondendo il messaggio a strati piu' larghi della societa'. Alla fine Oe fa risuonare una domanda carica di pieta', come atteggiamento assolutamente umano. E' una domanda ripresa da Simone Weil, quando parla della preghiera che richiede concentrazione e cita una leggenda legata al Santo Graal. Cosi' e' grato a coloro che hanno rivolto al figlio Hikari la stessa domanda: "In che modo stai soffrendo?". Forse la risposta e' nella sua musica. Molti dei libri piu' importanti di Oe hanno come tema quel "groviglio" che non pesa solo sull'anima del figlio, ma sull'intero nucleo familiare, in primis sul corpo del padre. Con tutte le incognite che questa condizione comporta: l'esclusione dal mondo e il rifiuto della societa', salvati forse da un grido, una sorta di invocazione laica, quella stessa scelta come titolo per un racconto: Insegnaci a superare la nostra pazzia. Questo testo e' stato tradotto in italiano nel 1992, con altri tre romanzi brevi, scritti in tempi diversi (dal 1958 al 1972) e fondamentali per ripercorrere l'itinerario letterario e umano dello scrittore giapponese, in quanto sono tutti di ispirazione autobiografica. Sono testimonianza di una profondita' di ricerca interiore attraverso la confessione letteraria. Oe si racconta, attraverso una spietata forza di analisi, nell'esprimere i propri tormenti, nello scavare dolorosamente nel profondo di se stesso, tra le proprie sconfitte e i sensi di colpa che le accompagnano, per trovare una ragione e forse una luce nella propria angoscia esistenziale. * Provocazione e raccapriccio Il breve romanzo che da' il titolo alla raccolta, imperniato sul rapporto tra lo scrittore e il figlio handicappato, diventa una traversata lucidissima, in cui le pagine sembrano un sudario, su cui ogni parola incide i contorni di un dramma in cerca di pieta': quella di un uomo che aspetta la nascita del figlio come una liberazione, "il primo passo verso una nuova vita, libera dall'ombra del padre morto", e si ritrova a condividere tutto il dolore con il figlio, "che non avrebbe mai potuto allontanare da se'". E' il racconto di un rapporto doloroso, contrassegnato dall'immagine di due mani che si congiungono: "Le sofferenze fisiche del figlio gli vennero sempre comunicate attraverso le loro mani unite, facendo sperimentare al suo corpo una sorta di risonanza istantanea del dolore", quasi un desiderio di portar "ordine nel caos di paura e di dolore all'interno della testa buia e annebbiata del figlio". E' anche una storia che nulla cela: forse questa spregiudicatezza nell'affrontare la realta' interiore e' la ragione dello scandalo dei libri di Oe, in cui la provocatorieta' dei temi, fino a giungere al raccapriccio, diventa un affondo nel gorgo dell'indicibile delle "espressioni dei morti", come avviene nei suoi racconti d'esordio, in cui i protagonisti giocano una partita-beffa con la morte o come nella parte finale dell'Animale d'allevamento, in cui il bambino e' costretto a fare i conti con "il grido silenzioso del cadavere" del soldato negro. Le pagine di Oe registrano spesso un dramma angoscioso in cui la forma del dolore si fa roca e dura. Lo dimostra il romanzo del 1964, Un'esperienza personale, che segna un passaggio netto nella sua esperienza di scrittore, dando inizio a quella necessita' di mettere in scena la propria autobiografia. Insegnaci a superare la nostra pazzia mette a nudo due differenti disperazioni, quella del padre e quella del figlio, in un rapporto gia' consolidato, di persone che si interrogano sulla natura della sofferenza. Un'esperienza personale racconta invece la lacerante origine di quel rapporto, la nascita di un figlio malformato. Il protagonista, Tori-bird, e' cosi' chiamato perche' come un uccello sente dentro di se' la necessita' della fuga, da tutto e da tutti, innanzitutto da questa nuova presenza. Ecco allora il figlio abbandonato in ospedale che lui non ha nemmeno il coraggio di guardare, temendo di trovare dentro la deformita' del bambino una forma della propria natura destituita nel nulla. Quel bambino diventa la sua ossessione, il centro del suo fallimento: anch'egli designa il baratro che lo separa dal mondo, quel senso della lontananza tra se' e gli altri. Il padre, che vive questa "disgrazia personale" come "una sua personale vergogna", diventa "un vero e autentico nemico per il suo bambino, il primo e il piu' grande nemico della sua vita". Fuggito di casa, subito dopo il matrimonio, sempre in bilico su un'incertezza esistenziale, Tori-bird si trova a guardare a questo avvenimento come a una sfida a se stesso. Non c'e' consolazione nel suo vagare un po' allucinato nella citta', in cui incontra, piu' che persone, fantasmi di una realta' inquieta. In questo "procedere solitario e disperato" c'e' l'esasperato desiderio di non affrontare il problema di se stesso in rapporto agli altri, con la necessita' di immergersi in una caverna senza luce in attesa di "arrivare ad una via d'uscita con una prospettiva di verita' che coinvolga gli altri". Il nodo tragico per Tori-bird sta in un dilemma che da una parte lo porta a pensare di "strangolare il figlio con le proprie mani" e dall'altra lo invita ad "accettarlo e crescerlo, non certo fuggire dal suo fantasma". Una volta cancellata la presenza del figlio come maschera delle proprie ossessioni, il protagonista accetta la seconda risoluzione, quella che gli permette di riconoscere, come identita' per il futuro, non il termine "speranza", ma la parola "pazienza" con tutto il senso che puo' avere e i valori che comporta. * La metafora della foresta Anche gli altri due romanzi dello scrittore tradotti in italiano, pur se scritti in periodi diversi, a vent'anni di distanza l'uno dall'altro, Il grido silenzioso nel 1967 e Gli anni della nostalgia nel 1987, rimandano sempre a tracce e a metafore di una forte incidenza autobiografica e, per qualche verso, hanno una struttura che li apparenta. Il grido silenzioso e' imperniato sulla figura di due fratelli, Mitsu e Taka, i quali si trovano a dover affrontare il senso dello sradicamento dalle proprie tradizioni, dopo aver fatto ritorno al loro villaggio d'origine nel sud-est del Giappone. Per loro ricostituire il rapporto con la propria terra equivale anche a ridarsi un'identita', a ricomporre un universo interiore e sociale insieme. Ognuno dei due pero' vive in modo assai diverso questo ritrovarsi e il romanzo registra, in un affresco di grande forza simbolica, i contrasti tra lo scetticismo di Mitsu, introverso e pensatore, e l'idealismo di Taka, il fratello minore, colui che si riconosce nell'immagine del perdente. Anche Gli anni della nostalgia, grande romanzo di formazione, strutturato secondo un incedere cerimonioso e lento, quasi un trascorrere entro il tempo della meditazione, trova la sua forza nel mettere a confronto due personaggi "forti": il giovane Kei, alter-ego dello scrittore, e Gii, l'eremita, misterioso, enigmatico nella sua ambivalenza, misto di saggezza e follia, acuto e profondo nei suoi giudizi, gran lettore di Dante. L'amicizia che rende forte e consolida il loro rapporto, un'amicizia che e' in grado di scrutare le profondita' dell'essere, che si fonda su una fiera capacita' di dialogo che non teme le critiche, anzi le pone come caposaldo di questa forma d'intesa, e' anche un riconoscimento del tutto particolare che Kei offre all'amico: il considerarlo anche un "maestro", intuito come figura non certo impositiva, ma fluidamente presente, quasi in una condizione di veglia rispetto al destino del "discepolo". Questo potrebbe essere definito il romanzo-summa dell'esperienza letteraria e umana di Oe: vi si rintracciano profonde connessioni religiose e uno sguardo intenso "al mondo immanente e trascendente", da interpretare attraverso il valore della "nostalgia"; importanti considerazioni sulla letteratura, richiami all'apprendistato letterario e ai significati profondi che hanno portato lo scrittore giapponese all'elaborazione delle varie opere; ma anche riflessioni sulla realta' della letteratura e sull'essere scrittore, identificato, secondo la lettura dantesca, come "soggettivita' del pellegrino", sempre teso, pur nell'impegno sociale, a misurarsi con la propria capacita' immaginativa. Questo accordo perfetto tra reale e immaginario, nel romanzo, trova la propria identificazione metaforica nel rapporto profondo con gli alberi e con l'immagine della foresta. La foresta, pur se continuamente corrosa dalla rottura degli equilibri primigeni che la governano, diventa la metafora della stessa vicenda umana: raccoglie e rivela il senso della felicita' e dell'infelicita', i contrasti tra bene e male. E' un luogo e una presenza intuiti come "mito" del mondo celeste, soglia di una purezza, ma anche dimensione di un "tempo eterno del sogno". Cio' le conferisce una sacralita' entro la quale "il tempo" si libera dal peso della realta', mentre "il sogno" acquista una sua lucida concretezza e nel suo essere "eterno" si rende presente al tempo della realta'. * Molti romanzi, ma pochi quelli tradotti Kenzaburo Oe nasce nel 1935 nell'isola di Shikoku. Si trasferisce a Tokyo dove si laurea in letteratura francese. Il suo esordio letterario risale agli anni del periodo universitario. Dal 1957 al 1963 scrive altri racconti brevi e romanzi. Agli inizi degli anni Sessanta inizia a impegnarsi politicamente in un gruppo di intellettuali progressisti, e nel 1963 compie un viaggio a Hiroshima, per constatare la portata della tragedia atomica. E' autore di numerosi romanzi, molti dei quali non ancora tradotti in italiano, pubblicati quasi regolarmente ogni tre-cinque anni. Nel 1994 e' stato insignito del Premio Nobel per la letteratura. * Opere principali tradotte in italiano - Uno strano lavoro (Kimyona shigoto, 1957) e L'orgoglio dei morti (Shisha no ogori, 1957) in Racconti dal Giappone, a cura di Cristiana Ceci, Mondadori, Milano, 1992. - Il fratello minore dell'eroico guerriero (Yukan'na heishi no ototo, 1960),in Novelle e saggi giapponesi, a cura di Takata Hideki, Istituto giapponese di cultura in Roma, 1985. - Il giorno in cui lui mi asciughera' le lacrime (Warera no kyoky o ikinobiru michi o oshie yo, 1969); L'animale d'allevamento (Shiku, 1958); Insegnaci a superare la nostra pazzia (Mizukara waga namida o nugui tamau hi, 1972); Aghwee, il mostro celeste (Sora no kaibutsu agui, 1964) in Insegnaci a superare la nostra pazzia, traduzione di Nicoletta Spadavecchia, Garzanti, Milano, 1992. - Il figlio dell'Imperatore (Aimaina Nihon no watakushi, 1961), traduzione di Michela Morresi, Marsilio, Venezia, 1997. - Un'esperienza personale (Kojinteki na Taiken, 1964), traduzione di Nicoletta Spadavecchia, Garzanti, Milano, 1996. - Il grido silenzioso (Man'en Gannen no Huttobohru, 1967), traduzione di Nicoletta Spadavecchia, Garzanti, Milano, 1987. - Gli anni della nostalgia (Natsukashii toshi e no tegami, 1987), traduzione di Emanuele Ciccarella, Garzanti, Milano, 1997. - Ieri, 50 anni fa (con Guenter Grass), traduzione di Maria Luisa Cantarelli e Mariko Muramatsu, Archinto, Milano, 1997. - Una famiglia (Kaifuku suru kazoku, 1995), traduzione di Elena Dal Pra', Mondadori, Milano, 1998. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 179 del 31 agosto 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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